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riassunti manuali Sozzi per esame letteratura francese, Schemi e mappe concettuali di Letteratura Francese

riassunti dei manuali Sozzi per esame di letteratura francese II a Roma tre con Pietromarchi anno 22/23

Tipologia: Schemi e mappe concettuali

2022/2023

Caricato il 14/08/2023

giulia.noce
giulia.noce 🇮🇹

4.5

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Scarica riassunti manuali Sozzi per esame letteratura francese e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Letteratura Francese solo su Docsity! Riassunto volume 1 (Sozzi) Introduzione Un secolo “classico”? Tendiamo a riconoscere un’identificazione tra il regno di Luigi XIV e il secolo intero del ‘600, che viene considerato come il secolo del Classicismo. Boileau nella sua “Art Poétique” (1674) parla di come il classicismo costituisca una normalizzazione di linguaggio e di stile, facendo un elogio a Malherbe. La “generazione classica”, composta da Molière, Racine, Boileau, La Fontaine e Corneille affermava di aver ritrovato le regole universali dell’arte. Queste regole, norme, erano incarnate nei modelli dell’Antichità, ma anche in parte dal Cinquecento, in cui si usava molto la traduzione o l’imitazione degli Antichi. L’imitazione della “generazione classica” però non era “quella della scimmia”, ma doveva mantenere il buon senso. Le regole che governavano l’imitazione dei Classici erano quelle nominate nella “Poetica” di Aristotele. Questo viene fatto vanto della letteratura francese nello specifico, a differenza delle altre letterature europee. C’è un forte richiamo alla “natura”, e al “buon senso”, con base sulla "nécessité", “justesse” et "verité", e sulle tre unità di spazio, tempo e azione con forte attenzione alla ragionevolezza. La vraisemblance, e la bienséance, sono due pilastri del Classicismo. La seconda indica il decoro, la decenza come reinterpretazione del decorum latino. Per Rapin, la vraisemblance è più importante del “vrai” perché infonde un’aria di perfezione. C’è molta attenzione al lettore, e c’è forte necessità di piacere. La bienséance è ciò che è conveniente a una cosa e le dona grazia, piacevolezza. Fu criticato il “Cid” di Corneille proprio in nome della bienséance: Chimène non rispettava i principi di quest’ultima, e del suo stesso sesso venendo meno alla pietà filiale e alle esigenze del diritto familiare. Emerge anche un’esigenza di convenienza, ogni personaggio deve parlare in modo adeguato rispetto alla sua posizione. Inoltre il drammaturgo moderno censura la violenza e spesso modifica la fabula antica. la differenza tra antichi e moderni in questo senso emerge in particolare nell'attenzione ai mutamenti del gusto nei Moderni. Da questo si sviluppa un dibattito nella “Querelle des Anciens et des Modernes”. La querelle è un genere ricorrente nella letteratura francese. Durante buona parte del ‘600 ci si scontra in diverse querelles, alcuni si schierano dalla parte degli Anciens ed altri dalla parte dei Modernes. Da un lato Corneille ad esempio si schiera dalla parte degli Anciens, mentre Racine dalla parte dei Modernes. Il dibattito sulla periodizzazione del Barocco e del Classicismo è lungo ma si stabilisce sull’idea che il Barocco duri fino alla seconda metà del ‘600, e il Classicismo inizi dalla seconda metà del ‘600 in poi. Emerge come a partire dalla seconda metà del ‘600 il re si serve della lingua come modalità di accentramento del potere. Anche in letteratura nasce lo “Stile Luigi XIV” con particolari scelte artistiche e letterarie volte ad elogiare la modernità ed il regno. Nel ‘600 si apre dal punto di vista della religione la speranza per il peccatore, con l’insistenza sul tema della costrizione e sull’importanza degli sforzi personali per ottenere la salvezza, con un atteggiamento ottimista. Francois de Sales offre il manifesto di questo Umanesimo devoto nella sua “Introduction à la vie dévote” (1608). L’Umanesimo devoto trova espressione attraverso l’opera dei gesuiti. Alcuni scrittori e drammaturghi del ‘600 erano stati cresciuti dai gesuiti, come Corneille, Cartesio e Molière. Dall’altra parte altri accuseranno i gesuiti di lassismo, come fece Pascal nelle sue “Lettres provinciales” (1657). I gesuiti portano una forte influenza sugli intellettuali con un rapporto ininterrotto con la classicità. In letteratura favorivano uno stile fluente e scorrevole in una prospettiva rigorosamente ciceroniana, stile nello stesso tempo ridondante ed “asiano”, in un certo “classicismo di colorazione barocca”. Tuttavia ad una spiritualità ottimistica se ne contrappone una pessimista con ripresa dell’agostinismo nell’idea che senza la grazia di Dio (che cade a caso), l’uomo sprofonda nella più completa miseria. A questo atteggiamento corrisponde quello dei giansenisti e quello del gruppo di Port–Royal che ne rappresenterà nei secoli l’immagine. Uno dei grandi scrittori del ‘600 che apprezza questa visione è Pascal. I giansenisti avevano interesse verso una vita frugale e devota, nella solitudine e nel raccoglimento. Per questa differenza esibita nei confronti della mondanità che il potere monarchico sarà ostile a una cultura in cui riconoscerà una sfida. I giansenisti infatti credevano che l’uomo fosse irrimediabilmente peccatore, dominato dall’amor proprio e della concupiscenza. 1. La tragedia Nel Seicento malgrado il continuo richiamo al modello classico, ci sono anche modelli moderni, appartenenti al teatro europeo, ma anche generi diversi da quello teatrale, come la novella e il romanzo. Il primo Seicento si basa più sull’idea di “barocco”, pur essendo il Seicento classico per vraisemblance, la regola dell’unità, in un linguaggio più semplice di quello di Corneille, che è più complesso. In Racine vi è un forte agostinismo di fondo che impone una visione profondamente negativa e pessimistica della natura umana, come quella dei moralisti, così come alla scuola dei gesuiti Corneille ha appreso la sua concezione volontaristica ed eroica dell’uomo che trionfa anzitutto sulle proprie passioni. Nelle tragedie di Racine emerge un'illustrazione della teologia giansenista in cui domina l’amour propre invece della carità. In Phèdre, si ispira ad Euripide e Seneca, ma aggiunge una maggiore colpevolezza di Fedra e un maggior rimorso. Infatti nelle tre confessioni di Fedra sui suoi sentimenti emerge una confessione cristiana, con riconoscimento di colpa: è consapevole di peccare, ha in orrore il proprio peccato, pur nella convinzione di non avere le forze per opporsi alla tentazione. Il lessico stesso appartiene al campo morale cristiano e c’è molta terminologia biblica per esprimere il terrore sacro. In questo pessimismo di fondo, emerge anche il motivo ricorrente della tragedia raciniana, che è l’amore deluso , la delusione connessa all’impossibilità di essere ricambiati, perché la persona amata ama a sua volta ma altrove. La passione emerge come forza rovinosa con percezione della morte. Un altro grande tema raciniano è quello dell’amore come dedizione e sacrificio come amore-dedizione, che è agape, con rilettura cristiana dei personaggi del mito. La componente dell’eros in Racine è una componente multiforme, emerge come passione sfrenata e come dono di sé gratuito, amore come perdita della ragione: questo svela anche caratteri morbosi e perversi con ambiguità del sentimento a cui la modernità si è appassionata a partire dal decadentismo. Anche Roland Barthes parla della consonanza della sensibilità raciniana con la sensibilità moderna, in Sur Racine (1963), il libro offre una repertoriazione delle tematiche su cui si scandisce l'antropologia di Racine, con gli spazi esterni, i due Eroi, il turbamento, la scena erotica, il “tenebroso”, la divisione, il Padre etc. Nella vecchiaia Corneille sente una forte insoddisfazione esistenziale con un senso di disillusione che condiziona l’esercizio stesso dell’eroismo: Sertorius (1662) e Suréna (1674) sono le tragedie della stanchezza. In queste l’amore diventa sofferenza senza fine e masochismo con compiacimento. Corneille dunque modifica il suo schema eroico, sempre complesso se paragonato alla semplicità raciniana, seguendo le direttive di un pessimismo disilluso. Emerge in lui infatti un desiderio di concorrenzialità con Racine. Questo emerge con il fatto che fanno a distanza di due settimane la rappresentazione teatrale della stessa opera “Tite et Berenice”. La Berenice corneliana afferma la sua gloire come trionfo gioioso sullo scorrere del tempo, mentre la Berenice raciniana ha una gloire dolorosa, in quanto è peso da portare, un dovere crudele da adempiere. E anche nell’addio, quello di Corneille è gioioso, mentre quello di racine no, porta una dolorosa malinconia. Emerge alla fine del secolo anche la tragédie lyrique a seguito del successo della tragédie à machines, con argomento mitologico classico ispirato spesso alle Metamorfosi di Ovidio, e a poemi cavallereschi, o con racconti fantastici con effetti scenici particolari. Il più famoso a comporne in Francia è Philippe Quinault. 2. La commedia Nella seconda metà del Cinquecento emerse una volontà di differenziarsi della commedia dalle farse popolari di tradizione medievale e quattrocentesca, nel tentativo di riprodurre i modelli classici, Terenzio e i grandi testi plautini. I grandi classici sono limitati spesso attraverso la mediazione della commedia dotta italiana con amori contrastati mutando lo schiavo nel valletto etc. ma l’operazione filologia cinquecentesca fallisce. Nel primo Seicento le commedie subiscono fortemente l’influsso di quella farsa cui la commedia umanistica aveva voluto opporsi ma che conosce un periodo di grande vitalità nei primi decenni del secolo. Emergono delle “maschere fisse”, tra cui Tabarin, il personaggio di un valletto. Le farse e i dialoghi tabarinesques permettono di misurare la persistenza del vecchio spirito farsesco medievale. La farsa lascia uno spazio essenziale alla recitazione fisica, spesso sotto una forma violenta con una comicità visuale in cui il corpo emerge con una presenza massiccia e spesso oscena. Accanto alla farsa di tradizione francese, agisce sul rinnovamento del genere quella commedia dell’arte di origine italiana che in Francia animerà una vera e propria corrente e un teatro specifico, Les italiens. Questi comici dell’arte italiani animano anche la corte di Enrico III e in piant stabile sotto Luigi XIV dividendo con Molière la sala del Petit-Bourbon. Porteranno ad accentuare la gestualità e l’utilizzo dell’improvvisazione dando libero corso all'inventiva, condizionata dal fatto che ogni attore si specializza in un tipo fisso, la cosiddetta “maschera”. Fra i tipi che sono ripresi anche nella commedia francese ricordiamo Pantalone, Arlecchino, Brighella, il Dottore, il Capitano. Il successo della commedia dell’arte in Francia in stupisce, anche per la contiguità con la farsa nazionale, con cui ha in comune gestualità, alcuni personaggi e situazioni. Vennero fatte accuse di immoralità al teatro da parte dei purismo classicista, accuse di grossolanità. Boileau muoverà alcune critiche a Molière proprio per non aver rinnegato la farsa e la commedia dell'arte. Negli anni Trenta e Quaranta agisce la politica di Richelieu che riserva al teatro un ruolo centrale. C’è un assestamento sociale segnato dai teatri stabili, come l’ Hotel de Bourgogne e il teatro del Marais. La commedia emerge quindi come genere letterario “classico”. In questa operazione si distingue la volontà di riscrivere i capolavori antichi, come Rotrou che riscrisse Plauto e il suo Anfitrione, come anche Molière, affascinati dal gioco di scambio di identità dei personaggi. Nel processo di riduzione della commedia a “genere illustre” emergono le influenze della letteratura italiana e della letteratura spagnola: alcune commedie sembrano dei veri e propri rifacimenti di un originale o italiano o spagnolo. Influenzano la commedia anche la tradizione romanzesca, il romanzo ellenistico, il romanzo cavalleresco spagnolo e il romanzo prezioso. La presenza della Spagna è fortissima soprattutto degli anni Quaranta e Cinquanta, si parla del periodo come heure espagnole. La costituente romanzesca tratta una trama più semplice della commedia dell’arte, senza imbrogli. Troviamo disseminate imprese galanti di innamorati irascibili e il senso dell’onore , che è il motore che aziona la vicenda. Il patetico e il romanzesco però sono sempre controbilanciati, con una forte componente comica, dovuta alla presenza del servo che accompagna il padrone, che non è lo “zanni” italiano che risolve l’imbroglio, ma il gracioso spagnolo, servitore codardo, ghiottone, e sciocco. Pierre Corneille si rifà ai modelli spagnoli, ma emerge una “regolarizzazione” della commedia francese con sforzo di creare una “commedia originale classica” nel rispetto della regola dell’unità. Nel filone di maggiore successo, Corneille si mantiene fedele alla commedia à la française che aveva cercato di inventare nel primo periodo della sua produzione comica. Le sue commedie infatti si muovono su caratteristiche comuni: giovani della società mondana del tempo, Parigi e i luoghi alla moda, la stessa lingua delle tradizione molieriana e classica (misantropia, avarizia), ma è un carattere strettamente legato a situazioni sociali del momento. Emerge anche la commedia di costume, con i nouvelles moeurs, che raccolgono la mania sfrenata per la moda, la seduzione al fine di interesse. Tuttavia il confine tra commedia di carattere e commedia di costume è estremamente labile in quanto i caratteri trovano rilievo dal contesto sociale e il quadro di costume acquista concretezza drammatica dalla caratterizzazione dei personaggi. Emerge anche in questa fase finale del Seicento il filone del “teatro italiano” con attori che impersonano personaggi fissi come Arlecchino. Il carattere fresco di queste pièces porta una maggiore carattere parodico e il carattere parodico perdurerà anche nella prima metà del Settecento. Emerge in questo periodo anche il Theatre de la Foire in occasione di due grandi fiere parigine, quella di Saint Germain des Prés e quella di Saint Laurent in cui vengono fatte scenette farsesche e a partire da questo momento anche scrittori illustri scriveranno per questo teatro. La letteratura d’idee Lungo tutto il Seicento si sviluppa una letteratura fortemente concettuale, in cui pensiero filosofico e scientifico si intrecciano. Inoltre c'è la volontà di formare un pubblico molto più vasto che nel secolo precedente, interessato ad ambiti culturali in cui non è necessariamente versato. Il gusto per un sapere pluridisciplinare c’è anche nelle accademie, come l’Academie Francaise de l'Academie de Sciences con il suo “Journal de Savants” come organo ufficiale. Si favoriscono qui contatti tra personalità scientifiche e filosofiche. Si sviluppa un libertinage érudit, con interesse verso le scienze sperimentali con messa in discussione del principio di autorità. Uno degli esponenti è Pierre Gassendi che sostiene un certo libertinismo epicureo che è espressione della modernità scientifica che non sia incompatibile con le esigenze della fede religiosa. In tutto il Seicento si sviluppa anche una forma di libertinage più radicale come movimento sotterraneo accompagnato talvolta da gesti empi e sacrileghi con una forte espressione irreligiosa e rappresentato in letteratura anche spesso come fenomeno mondano. Le filiere portanti del libertinismo sono epicureismo e scetticismo. Fondatore del razionalismo è René Descartes, che cerca la verità nelle scienze, per lui tutto è spiegabile razionalmente. Il suo linguaggio è semplice ed accessibile, con molte metafore. La grande acquisizione è quella della clarté. Dal punto di vista religioso ci sono querelle tra gesuiti e giansenisti e tra gallicani e quietisti che si sentono anche nella letteratura. Emerga anche una trattatistica morale con Pierre Nicole che ha però di base una lingua chiara e precisa e si apparenta dunque alla letteratura d’idee con agostinismo. Viene definito come un “Pascal senza stile”. La trattatistica viene esemplificata nella letteratura come esercizio di retorica basato sulla clarté. Pascal scrive prose d’idee, cioè prose scientifiche, filosofiche, polemiche e condivide con Cartesio l’amore per la chiarezza. Ha un forte esprit de finesse, di finezza psicologica. Vive tra scoperte ed invenzioni, fino al 1654 in cui è preso da un forte malanno che lo fa avvicinare alla religiosità, più ad una visione giansenista dell’uomo. La natura dell’uomo per lui è corrotta e l’unica cosa che può fare l’uomo è guardare a Dio, e a Gesù Cristo, come suo mediatore, dato che è nascosto. Pascal più di Cartesio è per la ragione, ma sa che non può spiegare tutto razionalmente, sa che la ragione ha i suoi limiti. La sua passione scientifica si intreccia con le esigenze della fede. Scrive le Provinciales e Pensées. Emerge dai suoi scritti la constatazione della grandezza e miseria dell’uomo, l’analisi della necessità di volgersi al cristianesmo per trovare la felicità, e l’affermazione della verità della sola religione cristiana e della falsità delle altre religioni. Per lui l’uomo è corrotto ma grande nell’essersi reso conto di essere piccolo, insignificante, e lo dice proprio nel suo “Roseau pensant”, è sia grandezza che miseria. Emerga una retorica della sincerità e semplicità. Pascal rifiuta le “fausses beautés”, le bellezza artefatte. Nell'ambito emergono anche i moralisti, che indagano sulla morale, sul pensiero umano, e su come lo spirito umano sia sostanzialmente corrotto, dunque i moralisti sono fortemente pessimisti. Tra i molti emergono La Rochefoucauld e La bruyère. Il primo dice che vede una realtà popolata da esseri mediocri, egoisti, infidi e ipocriti. E per lui la fonte di tutte le passioni è l’amour propre. Per LRF non c’è un guardare alla religione e a Dio per trovare la felicità, ma solo un mascherarsi socialmente per vivere in serenità attraverso le abitudini dell’honnete homme. La bruyere è pessimista per quanto concerne la natura umana ma si riferisce di più alla società che all’uomo singolo. Vede la società in un quadro amarissimo, rappresenta con durezza gli ambienti di potere come la corte e fa un quadro estremamente cupo della Francia di Luigi XIV. Bousset e Fénelon rappresentano invece bene le tensioni e contrapposizioni all’interno della Chiesa di Francia. Bousset supporta i gallicani, coloro che volevano l’indipendenza dei vescovi dalla Santa Sede. Bousset entra in scontro con Fénelon per la questione del quietismo da lui sostenuto. Fenelon sosteneva infatti l’idea della quiete dell’animo, che doveva abbandonarsi a Dio senza ostacolo, rinunciando a preoccuparsi della propria salvezza eterna, confidando solo nella sua grazia. Nel Seicento si sviluppa dunque una letteratura di idee con accentuazione sul ruolo della retorica e la volontà di fare “prosa d’arte”. Emerge la querelle sui diversi modelli da adottare, se quello ciceroniano o quello senechiano. Emerge anche l’uso dell’ epistolografia, scritti con corrispondenza epistolare e molto spesso alcune lettere diventavano veri e propri prototipi di generi letterari. In questo caso la letteratura applicava la retorica della conversazione che dava più leggerezza all’argomento, nel senso di négligence, cioè con uno stile senza cerimonie. Fine primo volume Secondo volume Capitolo primo L’illuminismo, fisionomia e problemi 1. L'âge des Lumières Quando parliamo di Illuminismo parliamo di difesa dei valori, di investigazione scientifica della natura e anche il coraggio di manifestare spirito più aperto e sensibile. In generale si combatte ogni forma di fanatismo in nome di ragione e tolleranza con esercitazione del dubbio metodico, in un’ottica in cui il mondo religioso non è estraneo ai lumi e difende in ogni caso la legittimità della fede. Per quanto riguarda il deismo, c’è chi vede in Dio un abile orologiaio, come Voltaire, che ha creato la macchina del mondo ma non si interessa degli uomini, e chi invece crede, come Rousseau, che ogni male è parte di uno schema più grande attuato da Dio.In questa ottica emerge una “religione naturale”, si adora Dio in mille forme diverse. La testimonianza dell'orientamento deistico è fornita da Rousseau, nell’Emile, del 1762, in cui parla di una connessione tra natura umana e aspirazione religiosa attraverso il cuore, che avverte la presenza del divino nel mondo, che genera la convinzione dell’impossibilità che il tutto, in perenne movimento, non sia mosso da una volontà e da una intelligenza. Per la religion naturelle, l’unico culto valido è quello che pratichiamo col cuore. La religione è vista così come religione del sentimento. Per Rousseau la ricerca del divino avviene nella natura e nello spazio interiore. In questo senso emerge la tolleranza in un’ottica di tolleranza religiosa portata avanti da Voltaire e ancor prima da Locke. 5. Il pensiero politico Nel ‘700 è importante l’orientamento giusnaturalistico del “diritto naturale” secondo cui si basano tutti gli altri diritti. Emergono gli ideali di giustizia, libertà e uguaglianza con una serie di iniziative riformistiche con una volontà da un certo lato di un dispotismo illuminato . Altri però, come Rousseau pensano che il potere debba venire dal basso e non dall’alto, con un principio democratico (questa idea ispirerà più avanti la Rivoluzione). C’è quindi da un lato una volontà di mantenere lo status quo, con un dispotismo illuminato, e dall’altro c’è chi propone il dominio di una massa, di una classe, dei ceti subalterni. 6. L’utopia Nel ‘700 nascono le fantasie utopiche con progetti di rigenerazione della convivenza umana che si rifanno al mito del perfetto ordinamento e del progetto impossibile. In questo senso, il riformismo illuministico è vitalizzato da fermenti utopici e l’utopia non si oppone al riformismo ma anzi ne è la premessa. Si pone in questo senso la storia dei Troglodytes di Montesquieu nelle Lettres Persanes, in cui gli uomini si rendono conto di poter collaborare solo contro un “male comune”, lo fanno gestendo la natura, ma ben presto ad una certa forma di liberalismo si oppone la volontà della tirannia. L’utopia appare come bifronte, tradisce ad un tempo il desiderio di una pienezza individuale, e la tensione verso un ordine assoluto, una regola che tutto preveda e disponga. 7. Il pensiero storico Nel ‘700 permane la ricostruzione storica improntata principalmente su un relativismo critico, sul modello dei memorialisti, che testimoniarono la loro esperienza raccontando anche del contesto storico. Emerge però nella storiografia l’idea che la storia non è tanto un avvicendarsi di poteri e sovrani, ma una ricostruzione degli ambienti, della vita degli uomini, una filosofia della storia che vede una linea di progresso, positiva all’ascesa. Anche Turgot, ministro delle Finanze nel 1774-1775 avverte l’avvicinarsi di benessere e verità, perché il secolo dei Lumi garantisce lo sviluppo della “ricchezza delle nazioni”. Capitolo terzo I grandi 1. Montesquieu Fu un magistrato che scrisse moltissimo, ma principalmente conosciuto per essere il fondatore della scienza politica. Scrisse l’ Esprit de lois, che pone nuove basi alla scienza giuridica, ma anche l’Essai sur le gout, in cui emerge l’idea secondo cui la bellezza non è né nelle cose, né in noi, ma nella relazione particolare che si stabilisce tra le cose e noi stessi, nell’incontro tra emozioni personali e regole generali. Scrive trattati, pensieri, dialoghi, ma in particolare le Lettres persanes nel 1721 sono importanti perché sottolineano la crisi della coscienza europea, ed è una satira spiritosa e pungente dei costumi contemporanei. Emerge uno scambio epistolare tra due persiani in viaggio in Francia, Usbek e Rica, mettendo a nudo e smascherando costumi e usi francesi spesso ridicoli e assurdi. Scrive inoltre un’opera importante che riguarda il successo e il decadimento dei Romani: Considérations sur les causes de la grandeur des Romains et de leur décadence, del 1734. La grandezza di Roma era generata da una eccellenza nell’organizzazione militare, dalla libertà e dallo spirito civico, ma la decadenza dall’eccessiva grandezza dell’impero e dai costumi corrotti e dalla fine della repubblica. Per Montesquieu dunque ci sono cause fisiche che determinano la decadenza dei popoli. Nasce la scienza politica con i Troglodytes, in cui tratta delle leggi, dei costumi, delle istituzioni esistenti e tra la difformità che c’è tra i popoli. Per lui le leggi hanno inoltre cause umane, e lo stato di natura presuppone una società già una società costituita. Più concretamente egli distingue tra tre tipi di governo: repubblicano, monarchico e dispotico. Inizialmente ha simpatia per quello monarchico inglese, ma si rende conto che i poteri esecutivo, legislativo e giudiziario erano spesso poco indipendenti l’uno dall’altro, quindi malfunzionanti. 2. Marivaux Conosciuto per teatro, romanzo e giornalismo. La sua è una scrittura ibrida, in cui si incrociano sottigliezza preziosa, freddo intellettualismo e galanteria raffinata. Usa un linguaggio insieme preciso e aereo, nitido e inafferrabile, il linguaggio delle cose appena accennate e dei significati sottintesi. C’è sempre connotazione ed allusione con un eterno gioco tra l’essere e l’apparire, il confessare e il nascondersi. Il marivaudage è aggettivo che definisce l’arte di far cogliere con emergere del problema dell’autenticità, è il tema del divario tra il volto e la maschera. Nel Paysan , in particolare pone al centro un tema sociale, quello dell’ingresso in società dell’individuo che proviene da un rango inferiore e si serve dell’amore come di un gioco certo piacevole ma utile se abilmente condotto. Il gioco amoroso viene usato per ragioni di interesse e calcolo, con una sorta di “educazione sentimentale” rovesciata. C’è un respiro polemico per una società che corrompe i più sani costumi di un mondo primitivo e campestre, in cui il paysan considera questa sua corruption una positiva conquista. Marivaux è lontano dal razionalismo imperante, ma sostiene esplorazioni ed inventari, invita non a censurare ma a capire e concepisce l’invenzione come esperienza. 3. Voltaire Nasce da famiglia borghese, allevato in una scuola di gesuiti, e la sua fortuna fu prima da tragediografo. Viaggiò in Inghilterra, in Svizzera, in Prussia e poi tornò a Parigi. Emerge nella sua scrittura, una ricchezza del pensiero religioso, e variegata finezza della sensibilità. Fa suoi gli ideali di parlamentarismo, delle libertà civili, della difesa dei diritti, e riconosce l’importanza dello sviluppo economico e finanziario e l’incremento dell’industria. Tuttavia fa suoi personaggi principali delle figure candide ed Capitolo quarto La mondanità 1. I salotti Nel Settecento la Francia era modello di bon ton e bienséance, a causa dei suoi salons aveva imposto i suoi modelli anche agli altri paesi europei. Emerge anche il primato della femminilità, la donna infatti assicurava un clima di giocosa e galante amabilità da cui scaturivano universali norme di diplomatico comportamento. Spesso la donna era infatti salonnière, padrona di una mondanità, che secondo Rousseau era emblema di una società fatua e corrotta. Alla frequentazione dei salotti Rousseau preferisce la solitudine, mentre altri sono capaci di equilibrare, come Diderot e Chamfort. Sicuro è che i salotti garantivano un certo grado di allegria all’Europa. 2. Figure femminili Emergono donne che erano anche philosophes, e valide scrittrici, in particolare ispirate da recenti scoperte geografiche e non solo. Tra le molte emerge Madame du Deffand, che scrive affascinanti lettere a Voltaire e che nei suoi scritti tende ad idoleggiare non la “verità”, ma i sentimenti, e tesse l’elogio delle illusioni e delle chimere. Emerge poi anche Madame du Chatelet, che medita sull'umana felicità e scrive sul tema le Réflexions sur le bonheur, che racchiudono il nucleo delle contraddizioni dei Lumi e di ogni astratto razionalismo. Suggerisce una saggia sobrietà assieme ad un perseguimento libero dei piaceri del vivere, perché rinunziare vuol dire garantire al piacere un duraturo e raffinato proseguimento. Capitolo quinto I generi 1. La poesia Il secolo è poco florido di poesia però ci sono poeti minori, che seguono principalmente tre tendenze: la prima è quella classicistica, sulla linea Boileau-Voltaire, la seconda individualistica, caratterizzata da fluidità, gentilezza, grazia e sensibilità, e quella legata all’idea di impegno. Emerge in questo periodo anche il rapporto tra musica e poesia e il trionfo dell’ elegia come genere. La poesia nel Settecento subisce un forte influsso anglosassone e germanico, con un ritorno anche all’ispirazione biblica. C’è Louis Racine, figlio del grande tragico del Seicento, che usa la poesia con entusiasmo, e ne parla come il rapido linguaggio delle passioni. Se ne serve anche per illustrare le verità cristiane. Emerge poi il cardinale de Bernis, poeta e memorialista, che scrive epistole e poemetti con polemica antimaterialistica. La sua poetica sfrutta il tradizionale arsenale mitologico e vari accessori galanti. Emerge anche Jean-Baptiste Rousseau, soprannominato le grand Rousseau, che scrive parecchio , ma fu più conosciuto per le Odes apprezzate per l’eloquente energia e lo sfoggio di immagini “sublimi”. Jean Baptiste Gresset invece scrive con una certa ironia di un pappagallo conteso dalle suore di due conventi, in Vert-Vert (1734). Fa una satira della vita monacale ma che viene apprezzata perché inoffensiva presa in giro, legata al brillante e singolare svago. Jacques Delille è invece poeta descrittivo che viene apprezzato per la rappresentazione di temi naturalistici e campestri con riferimenti a Virgilio nelle sue ingenti opere in versi. Altri lo disdegnano successivamente, come Baudelaire, che lo definì come la caricatura della vera poesia. Emerge poi Lebrun, poeta lirico, che viene ammirato per la sua “vena neoclassica” più vibrante del periodo rivoluzionario. La sua produzione è vastissima e comprende più di duecentoquarantuno odi. In La nature ou le bonheur philosophique et champêtre, segna l’avvio di una poetica nuova, impegnata, civile, preromantica e addita le vie della saggezza con entusiasmo. Uno dei poeti più importanti del Settecento è André Chénier che morì durante il periodo del Terrore, pochi giorni e si sarebbe salvato. Poeta impegnato politicamente, si schierò su posizioni moderate, legalitarie e costituzionali. Fu infatti condannato per i suoi contatti con gruppi legati alla difesa del re e per la conoscenza di un progetto legato alla salvezza del sovrano. Fu esponente di un certo journalisme de combat per i suoi pamphlet coraggiosi . In carcere scrisse molte liriche che gli valsero il ritratto del poeta infelice della tipica coloritura romantica. Emerge dunque nella sua figura il nesso tra neoclassicismo e preromanticismo, venne visto infatti come un “romantico tra i classici”. Inoltre nelle sue poetiche si rifece spesso alla tradizione latina, greca e italiana, scrisse infatti delle Bucoliques e Essai sur les causes et les effets de la perfection et de la décadence des lettre et des arts, opera modellata sul trattato Del principe e delle lettere di Vittorio Alfieri. La sua poesia è dunque emblema della poetica neoclassica con conoscenza diretta di poeti greci . Il suo è un messaggio dunque sia politico, che eloquente che estremo che eroico. 3. Il romanzo Il romanzo settecentesco nasce sempre dall’influsso anglosassone, Michel de la Roche pubblica in cinque volumi 1717 e il 1719 una Bibliothèque anglaise ou histoire littéraire de la Grande Bretagne in cui spazio è dato ai grandi romanzieri inglesi come Pope, Swift. In particolare emerge Lesage, L’abbé Prévost, che ebbe una vita molto movimentata divisa tra rigore religioso e gusto per l’avventura, poi Crébillon fils, che scrive gli Egarements du coeur et de l’esprit del 1736-38, in cui l’incomunicabilità è totale. La Bretonne, esplora il terreno utopico, con “sensibilità settecentesca”, anche erotico, e quello legato alle vicende della Rivoluzione, e quello autobiografico. Il romanziere più importante è Choderlos de Laclos che scrive Les liaisons dangereuses, in cui emerge l’essenza del problema del male, che esiste e trionfa facilmente e ha un’enorme fascination. Il libro intende dimostrare che le passioni sono pericolose non solo per i rischi che comporta ogni libertinaggio, ma anche perché il rifiuto del coinvolgimento affettivo è di fatto impossibile. Il vero senso del libro dunque si rivela essere di rendere il possesso indipendente da ogni complicazione sentimentale. Anche il romanzo settecentesco non trascura la natura, Bernardin de Saint-Pierre scrive infatti Etudes de la Nature nel 1788. Altro romanziere importante è il marchese De Sade che subisce anche condanne per immoralità ed è nominato spesso in termini di leggenda. Da un lato formula in termini eccessivi e provocatori i principi etici correnti, dall’altro
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