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La Letteratura Italiana: Naturalismo e Verismo - Zola, Verga, D'Annunzio e Pascoli, Appunti di Italiano

Il naturalismo e il verismo in Francia e in Italia, con un focus sui movimenti letterari di Emile Zola e Giovanni Verga. Il testo tratta anche della influenza di Zola su Verga e della visione del mondo di quest'ultimo. Inoltre, vengono presentati i romanzi di Gabriele D'Annunzio e di Giovanni Pascoli, con una particolare attenzione alla loro poetica e alle loro vite. inoltre informazioni sulla crisi della realtà e sull'influenza dei romanzieri russi sui due autori.

Tipologia: Appunti

2020/2021

Caricato il 09/10/2022

martinaceo
martinaceo 🇮🇹

4.3

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Scarica La Letteratura Italiana: Naturalismo e Verismo - Zola, Verga, D'Annunzio e Pascoli e più Appunti in PDF di Italiano solo su Docsity! IL REALISMO E NATURALISMO: Il Realismo è un movimento che nasce negli anni 40 del 800 con l’intento di fotografare la realtà, rappresentandola per ciò che è (collegamento diretto con il realismo e l’importanza della fotografia per arte), si punta dunque ad una narrazione/descrizione realistica ed oggettiva. Il realismo dà origine a due movimenti letterari: il Naturalismo in Francia (Emile Zola) e il verismo in Italia (Giovanni Verga). IL NATURALISMO FRANCESE (l’impegno sociale) Tra gli anni 30-50 del 800 si afferma una forte tendenza al realismo in tutta Europa-> ne deriva un recupero dell’oggettività e del realismo in opposizione al sentimentalismo e all’irrazionalismo romantico (“Le ultime lettere di Jacopo Ortis” di Foscolo). Negli anni 30’ nasce dunque una narrativa orientata all’oggettività che pertanto inserisce i personaggi all’interno di vicende negative e torbide come nel caso di Stendhal, tra i precursori dell’orientamento realista insieme a Manzoni e de Balzac, noto per “La commedia umana”. Si cita inoltre Gustave Flaubert celebre per l’opera “Madame Bovary” dove narra la storia di una giovane donna borghese moglie di un marito medico che tradirà più volte. In questo genere di romanzi il narratore è sempre esterno in modo che il lettore abbia maggiore spazio e una facoltà di giudizio più ampia. Il Naturalismo è una corrente del realismo letterario compresa tra gli anni 60 e 90 che si diffonde in Francia e vede come massimo esponente Emile Zola. La Francia vive ora un momento di fortissimo sviluppo tecnologico, diffusione della produzione meccanizzata, nascita dei grandi magazzini ed espansione dei sistemi di comunicazione. La letteratura risponde a tutto ciò assumendo un ruolo sociale e contribuendo al miglioramento della società tramite il metodo delle scienze naturali. Ora lo scrittore come lo scienziato e il medico analizza la realtà e formula delle leggi per curare le malattie della società, le disuguaglianza sociali, le conseguenze dell’espansione sociale, le ipocrisie e le dinamiche del potere. Zola inizia a trattare delle disuguaglianza sociali, dell’impossibilità di uscire da contesti di violenza e povertà. I suoi sono romanzi ciclici, tra questi i più importanti sono “L’Assomoir” e “Nana”. “L’Assomoir” (= lo Scannatoio) è un romanzo che parla delle vicende di Gervaise che avvengono attorno all’Assomoir, una famosa taverna nella periferia di Parigi, un ambiente malfamato. Questa donna lavora duramente prepotere aprire un giorno una sua lavanderia, nel frattempo il marito sperpera il suo denaro e cade nell’oblio dell’Assomoir lasciando sole moglie e figlia. Gervaise tenta di riabilitarsi trovando un nuovo marito che si rivela purtroppo peggiore del primo, così anche lei si abbandona all’Assomoir e l’alcol. “Nana” racconta invece la storia della figlia di Gervaise, che diviene la cortigiana più famosa di Parigi. Gli scrittori italiani prenderanno Zola come modello di riferimento rifiutando però l’impegno sociale. Il romanziere è per Zola un osservatore ed uno sperimentatore che opera applicando il metodo scientifico che richiede una meticolosa raccolta di dati-> prima di scrivere l’Assomoir Zola visita il quartiere popolare parigino della taverna. Per restituire al meglio la realtà sceglie di adottare il linguaggio che caratterizza l’ambiente sociale, nel caso dell’Assomoir un linguaggio basso e volgare. In questo modo la lingua letteraria viene contaminata dalla parlata popolare-> ciò genera scandalo ed un coro di accuse contro il romanzo e il suo autore. Nella prefazione dell’Assomoir Zola si difende dalla critiche ricevute dal pubblico che lo accusava di dare un’immagine troppo negativa e la volgarità nella forma. Egli dichiara che la lingua tanto dispiaciuta ai suoi accusatori è quella autenticamente parlata nei sobborghi parigini. La sua opera si configura come opera di verità. Per maggiore realismo utilizza inoltre il discorso indiretto libero, fondendo la voce del narratore a quella dei personaggi. IL NATURALISMO IN ITALIA, I VERISTI ITALIANI: Le novità del naturalismo francese vengono diffuse in Italia da alcuni letterati siciliani: Luigi Capuana (“Giacinta”), Giovanni Verga e Federico de Roberto (scrive l’opera “I Vicerè”), tre autori attratti dall’esigenza di una maggiore adesione al reale espressa dalla letteratura naturalista francese. Essi operano come letterati soprattutto a Firenze e Milano, questi si scambiano molteplici opinioni critiche sulla cultura del tempo, discutono di letteratura nel loro epistolario e riconoscono come modello comune quello dei romanzieri naturalisti. In Italia quesi autori prendono il nome di “veristi”. In particolare accettano del naturalismo la scelta tematica di rappresentare nelle loro opere la condizione di tutte le classi sociali anche quella misera e degradata degli strati più bassi, accolgono inoltre la narrazione impersonale e l’invisibilità dell’autore (in questo modo l’idea che il lettore si fa di un personaggio/situazione non può essere compromessa)-> la narrazione è dunque distaccata e in III° persona ; tuttavia rifiutano sia l’ottimista fiducia nella scienza (positivismo) sia le posizioni ideologiche e politiche proprie della letteratura naturalista, cioè l’idea che la letteratura sia uno strumento di osservazione ma anche un’occasione per intervenire attivamente sulla realtà allo scopo di migliorarla. (Luigi Capuana appoggia la lingua impiegata da Zola definendola del tutto appropriata al soggetto rappresentato). GIOVANNI VERGA: Giovanni Verga nasce in Sicilia, terra a cui rimarrà molto legato e da cui riceve una forte impronta culturale che influenzerà parte della sua produzione letteraria. La prima fase della sua produzione risente delle idee romantiche e patriottiche ricevute durante la formazione giovanile. Fanno parte di questa fase il romanzo storico “Amore e patria”, i romanzi storico-patriottici “I carbonari della montagna” e “Sulle lagune”. Si tratta però di scritti dallo scarso valore letterario e caratterizzati dall’utilizzo di una lingua incerta. Dopo essersi iscritto alla “Guardia nazionale” Verga comprende che l’unificazione dell’Italia non era vantaggiosa per il sud le quali aspirazioni erano state presto troncate dal nuovo Regno d’Italia (questione meridionale). L’autore si trasferisce poi in un primo momento a Firenze, nuova capitale del Regno d’Italia, dove ha modo di partecipare ai salotti letterari e frequentare assiduamente ambienti intellettuali. Qui conosce Capuana, autore grazie a cui si avvicina al verismo. Cercando il consenso dei lettori scrive 2 opere minori di tema passionale, “Una peccatrice” e “Storia di una capinera”, seguite da 3 nuovi romanzi mondani su temi romantici appartenenti al periodo milanese: “Tigre reale”, “Eros” e “Eva”. La prima novella di successo è “Nedda” dove per la prima volta appare l’ambiente siciliano nella sua integrità, aspri paesaggi e miseria. La vera svolta avviene però con “Rosso Malpelo”, la prima novella verista di Verga, in cui la narrazione subisce una radicale trasformazione. L’interesse del pubblico per le vicende del Sud era assai diffuso per via delle inchieste varie sulle condizioni economiche della zona. Verga ottiene così il consenso che desiderava. Lo scrittore iniziò così a proiettare la vita reale, la vita contadina della Sicilia di fine ‘800 nelle sue opere, non più la vita borghese (che aveva caratterizzato la I° fase della sua produzione). Queste novelle iniziano ad essere riunite periodicamente all’interno di raccolte quali “Novelle Rusticane e “Vita dei Campi”. Segue l’opera “I Malavoglia”, la prima di una serie di 5 romanzi (mai terminati, si interrompe al II° romanzo) riuniti prima sotto il titolo di “La Marea” modificato poi in “I vinti”-> i cinque romanzi dovevano essere “I Malavoglia”, “Mastro don Gesualdo”, “La Duchessa di Leyra”, “L’onorevole Scipioni” e “L’uomo di lusso”. La visione del mondo di Verga e la poetica verista: -Pur avendo vissuto nelle grandi città nel Centro-Nord, Verga rimane fortemente legato alla Sicilia, ambiente che rimane estraneo al progresso e alla modernizzazione economica che caratterizza il periodo successivo all’Unità d’Italia. Alla luce di ciò Verga si convince che le condizioni del Sud siano destinate a peggiorare sempre più compromettendone i già precari equilibri interni. La sua visione del mondo si incupisce e si sedimenta in lui il pessimismo materialista ed assoluto. Nonostante ciò egli si limita a registrare la sopraffazione e la violenza con lo sguardo oggettivo dello scienziato, senza intenzione di denuncia, speranza di cambiamento o nostalgia per il passato. -> -> La grande differenza tra Naturalismo francese e Verismo italiano consiste nell’atteggiamento del romanziere: Zola voleva cambiare la società, Verga e amici invece non hanno alcuna fiducia nel fatto che la società possa cambiare. Per Verga nulla cambierà mai. Tutto cambia a livello di sviluppo, ma il progresso è per pochissimi. I poveri restano sempre poveri, i ricchi restano ricchi. Il pessimismo che caratterizza il Verismo italiano è molto forte. -La lettura dei romanzi di Zola è per Verga una rivelazione, un nuovo modo di documentare la realtà “dal vero”, rinunciando all’espressone diretta di giudizi da parte del narratore. Per realizzare sintattica. Il simbolo è dunque soggettivo ed allo tesso tempo universale. In questo modo si vanno ad evocare realtà differenti, lontane, misteriose e nascoste. Il Decadentismo è inoltre caratterizzato da languore e decadenza. Il poeta è consapevole del declino che attraversa la società, di conseguenza si parla di fine del mondo e la vita diviene prima di senso anche perché ogni via è già stata tentata. Infine si può parlare di sensualità esasperata. La ricerca di esperienze mai provate sfocia nella fantasia amoroso-perversa che si lega ai piaceri carnali. Nasce dunque la figura della “femme fatale”, una donna spregiudicata, senza pudore e passionale che sfrutta la sua sensualità come potere. Un esempio letterario di questo tipo di figura è Elena, uno dei personaggi dell’opera “Il piacere” di D’Annunzio. Agli antipodi troviamo invece la figura della donna angelo e quindi la rappresentazione della purezza, che si riscontra nella figura di Maria. In Italia si distinguono 2 fasi: 1) necessità di costruire miti decadenti-> D’Annunzio e Pascoli, 2) la crisi della realtà è accettata e si cerca di indagarla in modo critico e lucido-> Pirandello e Svevo. Dal decadentismo derivano alcune correnti: 1) simbolismo, rappresentato da Baudelaire in Francia e Pascoli in Italia, 2) estetismo, rappresentato da Oscar Wilde in Inghilterra e D’Annunzio in Italia, 3) panismo, vede il mescolarsi dell’uomo con la natura: massimo esempio è “La pioggia nel pineto” di D’Annunzio GABRIELE D’ANNUNZIO: Un’espressione che spesso accompagna il nome di G. D’Annunzio è “vivere inimitabile”. Inventata da egli stesso questa espressione riassume la sua esistenza e le sue esperienze: una vita che non può essere citata. D’Annunzio volle fare della sua vita un’opera d’arte e visse in tal modo. Sin da giovane mostra un grande interesse per la letteratura e studia alla facoltà di Lettere senza però terminare il suo percorso di studi poiché preferisce partecipare vivamente nei salotti letterari e aristocratici. Questi anni sono caratterizzati dall’attività giornalistica, con il fine di mantenersi economicamente. Successivamente esce il romanzo “Il Piacere” che ottiene un grande successo presso il pubblico. Ispirandosi a Dostoevskij e Tolstoj scrive poi i romanzi “Giovanni Episcopo” e “L’Innocente”. Segue la fase del “superuomo” che risente molto della lettura della filosofia di Nietzsche-> “Il trionfo della morte”. Compone poi le “Laudi”, una raccolta di poesie dove va delineandosi la figura del superuomo. All’interno di queste la poesia più celebre è “La pioggia nel pineto”. D’Annunzio sceglie di arruolarsi partecipando così in prima persona alla I° guerra mondiale-> diviene pertanto un poeta-soldato. In questo periodo viene però ferito ad un occhio a causa di un incidente aereo. Divenuto temporaneamente ceco si dedica alla scrittura del “Notturno”, divenendo un poeta completamente differente, vulnerabile e fragile. Dopo aver terminato il periodo di convalescenza D’Annunzio ritorna in guerra partecipando all’impresa di Fiume, tra le città non assegnate all’Italia con il Trattato di Londra. A seguito di ciò D’Annunzio parla di “vittoria mutilata” esprimendo la frustrazione e il dissenso diffuso tra gli italiani. Con l’ascesa di Mussolini, si ritira dalla vita politica e trascorre l’ultima parte della sua vita nella sua villa sul Lago di Garda. IL PIACERE: Per quanto concerne le caratteristiche letterarie, il “Piacere” si caratterizza formalmente da una parte per la sua ricostruzione di un preciso ambiente sociale, portando con sé dei tratti del Verismo, e dall’altra si caratterizza per l’introspezione psicologica. La narrativa, secondo D’Annunzio, aveva proprio lo scopo di far convergere una componente descrittiva ad un’attenta analisi psicologica. Il romanzo, inoltre, si caratterizza per una trama tersa di simbolismi e per una lingua estremamente aulica che lo proietta nell’ambito dell’Estetismo: il protagonista, Andrea Sperelli (esteta), è infatti il tipico eroe decadente cultore di un piacere raffinato e di una bellezza in cui rifugiarsi dalla piattezza della realtà. Egli è spregiatore delle convenzioni sociali della morale e disprezza fortemente la borghesia e la democrazia. Per quanto concerne questi ultimi aspetti, è possibile notare come D’Annunzio si sia ispirato alla sua persona e alle sue esperienze personali, nonché ai suoi ideali di una bellezza artefatta e del completo disprezzo della democrazia. Nel romanzo è possibile scorgere inoltre un senso di sconfitta, di fallimento e di tristezza legate ad un protagonista che acquisisce la consapevolezza di dover rallentare per adeguarsi ai ritmi di un mondo che non è stato in grado di domare, ritrovandosi solo e disperato. -> l’esteta rimane sconfitto. Trama: Andrea Sperelli è un nobile romano dalla vita lussuosa e carica di amori adulteri. Si innamora inizialmente di Elena Muti, emblema della passione e della “femme-fatale” e poi di Maria Ferres, espressione al contrario della purezza della donna angelo. La donna diviene dunque solo un oggetto ad uso e consumo del desiderio maschile. L’INFLUENZA DEI ROMANZIERI RUSSI, TOLSTOJ E DOSTOEVSKIJ: D’Annunzio fu un assiduo lettore di narrativa straniera, appassionandosi nello specifico ai romanzieri russi Tolstoj e Dostoevskij. Dal primo viene ripresa l’esigenza di una rigenerazione e di purezza, mentre dal secondo l’attitudine ad uno studio delle passioni più buie e recondite dell’animo umano. Si tratta di aspetti che influenzano fortemente la produzione dell’autore in quella che viene definita la fase della “bontà”, di durata piuttosto esigua. Ben presto infatti D’Annunzio inizia ad appassionarsi alla lettura di Nietzsche, da cui riprende la figura del “superuomo”. L’autore ridefinisce quindi la figura dell’esteta, che si incarica ora di agire attivamente sulla realtà imponendo il dominio di un’élite ristretta di aristocratici che hanno lo specifico compito di epurare il mondo dalla mediocrità della borghesia. Da Nietzsche vengon ripresi i principi più affini alla sua persona, quali il vitalismo dionisiaco, la già citata teoria del “superuomo”, la libertà d’azione e l’indipendenza da qualsiasi fattore esterno da parte dell’individuo superiore, il culto della bellezza e il rifiuto dell’etica comune mossa dal pietismo. La filosofia diviene quindi azione pratica e politica e il superuomo un profeta in grado di eliminare la borghesia e la democrazia. La poetica di D’Annunzio: unitaria nella sua volontà di ricongiungere passato e modernità segue diverse fasi: 1) fase dell’estetismo: intesa come il culto quasi religioso dell’arte e della bellezza->“Il Piacere” 2) Fase della bontà: ispirata dalla lettura delle letture dei narratori russi (Dostoevskij e Tolstoj)-> caratterizzata dallo studio delle passioni più buie (è una fase transitoria prima del superuomo) 3) Fase del superuomo e del vitalismo dionisiaco: ispirata dalla lettura degli scritti di Nietzsche; l’esteta ha il compito di agire sulla realtà imponendo il dominio di un’elite aristocratica sul mondo borghese, mediocre e vile. Il vitalizio dionisiaco si traduce con D’Annunzio in violenza, rifiuto della democrazia, bellicismo e disprezzo delle masse-> il superuomo d’annunziano è il profeta, che deve libera la società dalla borghesia… 4) Fase delle prime “Laudi”: il poeta canta la segreta bellezza del mondo moderno, non opponendosi più ad esso 5) Fase notturna: comprende “Alcyone”, l’ultima delle Laudi e il “Notturno”. Interessa dunque una prosa più intima che vede l’io lirico fondere con la natura circostante Concetti fondamentali: Poeta-vate- una figura che come lo stesso D’Annunzio, attraverso il tono elevato delle sue opere, la musicalità dei versi e l’eloquente uso della parola, cercava di interpretare e guidare i sentimenti delle masse orientandole nella società. D’Annunzio si può considerare tale perché come intellettuale, si impegnò attivamente durante tutta la sua vita in diversi ambiti e settori: dalla scrittura alla politica, prendendo parte a diverse imprese militari. Inoltre influenzò ampiamente gli usi e i costumi della società inventando molteplici parole tutt’oggi in uso e condizionando gran parte della letteratura novecentesca (Montale, Prezzolini e Ungaretti) che attingono alle novità sintattiche, lessicali, metriche e ritmiche) Esteta- colui che fa della propria vita un’opera d’arte, ha la capacità di elevare la propria esistenza nella sfera di una bellezza raffinata ed elitaria NOTTURNO: Il “Notturno” costituisce l’opera del tumulto interiore dannunziano: il protagonista è l’autore in persona, che non potendo più contare sulla vista dopo essere stato ferito in guerra, racconta delle sue esperienze derivate dagli altri sensi e guidate dai sussulti di un’interiorità travagliata. Emerge a pieno una riflessione sulla morte e sull’oscurità, ma soprattutto un nuovo volto del poeta, lontano ormai dal vitalismo dionisiaco, sensibile al destino altrui e soprattuto vulnerabile, più vicino all’uomo che all’oltreuomo. L’autore mostra ogni sua fragilità e supera la visione del superuomo. Quella che ne deriva è dunque una prosa di sogni, ricordi, emozioni, visioni, memorie dove viene esplorata l’interiorità tormentata dell’autore. Si parla perciò di prosa di memoria. Di particolare interesse in questo romanzo è la prosa impiegata, incredibilmente moderna per quei tempi. Si tratta di una prosa spezzata, parallattica e fatta di annotazioni frammentarie e di proposizioni estremamente concise ridotte talvolta addirittura ad una sola parola. Per la sua entità, questa scrittura conduce ad un incedere delle immagini per libere associazioni, immergendo l’intero scenario nel presente. Grazie a questa prosa si ha un effettivo superamento del romanzo ottocentesco, avviandosi ora verso una prosa di memoria, lirica e frammentaria caratterizzata da un crudo realismo. Le percezioni sensoriali vengono esaltate più che mai, riuscendo a cogliere la totalità del reale come mai prima d’ora. CHARLES BAUDELAIRE: Le poesie di Baudelaire sono state raccolte in un grande libro dal titolo “I fiori del male” .Questo libro creò così tanto scandalo che provoco un processo, a Baudelaire, per una presunta offesa alla morale e al buon costume. SPLEEN: Secondo l’estetica di Baudelaire, la poesia esprime una tensione dello spirito verso una bellezza superiore in modo che il nostro si possa liberare dallo spleen, parola inglese che indica la noia, ma non una noia generale, è la noia che nasce dalla coscienza del relativo. È una specie di aspirazione ad arrivare a qualcosa, ad un mondo più vero, che si è liberato dalla contingenza.____________________________________ __
 Baudelaire ha quindi quest’idea il superamento delle contingenze, il superamento del mondo quotidiano per approdare a qualcosa di più puro, di più bello, anche perché Baudelaire sostiene che la natura appare ai nostri sensi attraverso una foresta di simboli, il poeta deve decifrarli, deve scoprire il loro senso nascosto, deve riuscire a comprendere la trama di analogie che i simboli intrecciano «nella tenebrosa e profonda unità dell’universo». GIOVANNI PASCOLI: Al contrario di D’Annunzio quella di Pascoli fu una vita appartata nella quiete domestica, sconvolta da un primo evento drammatico: la morte del padre, ucciso da dei sicari. Seguono poi una serie di lutti: madre, sorella e fratello. A causa di problemi economici si sposta terminando gli studi in un tra città, le sorelle Ida e Maria vengono invece mandate in un convento. Si iscrive infine alla facoltà di Lettere di Bologna, dove insegna Carducci. Qui studia i classici e scopre poeti contemporanei quali Hugo. Partecipa alle assemblee dei socialisti. Quando il ministro dell’istruzione visita l’università, lui gli fischia contro, perdendo la borsa di studio. Carducci lo aiuta a riottenere la borsa di studio, si laurea e diviene insegnante in un liceo. Intenzionato a ricostruire il nido familiare perduto nell’infanzia affitta una villa dove invita le due sorelle ad abitare. In questi anni scrive la raccolta “Myricae”, che contiene la poesia “X Agosto”. Si tratta di una pace che ancora una volta è destinata ad essere passeggera: la sorella Ida infatti si fidanza e dopo pochi mesi si sposa. Il matrimonio fu vissuto da Pascoli come un tradimento, una profanazione della sacralità del nido-> ciò provocò un grande turbamento nel poeta. Il legame con la sorella era comunque molto morboso, soffocante. Pascoli aveva progettato un matrimonio con una cugina molto ricca, che aveva accettato. Maria è contrariata e cerca di separare la coppia, scatenando una disputa. Pascoli rinuncia così al matrimonio e vive il resto della sua vita unicamente con la sorella. I due si traferiscono a Castelvecchio dove l’autore scrive i “Poemetti”. Infine ottiene una cattedra all’Università di Bologna dove le sue lezioni sono molto apprezzate e frequentate. Lavora poi alla stesura dei “Canti di Castelvecchio”. Nell’ultima fase della sua vita l’autore interviene nella vita pubblica scrivendo molteplici articoli, assumendo il ruolo dell’intellettuale che guida la società. Le ultime raccolte sono caratterizzate da una poesia di tipo risorgimentale: “Odi e Inni”. Pascoli prende poi posizione sulla campagna militare di conquista della Libia. Egli giustifica l’atto con le condizioni dell’Italia, terra di emigranti e che ha bisogno di una terra dove mandare i suoi cittadini dove possano vivere e lavorare. L’Italia ha quindi il diritto di conquistare la sua terra per riscuotere il suo spazio vitale. Pascoli giustifica il colonialismo poiché l’Italia è un paese povero e ha necessità di espandersi. Pascoli trasforma quindi il suo socialismo utopico in nazionalismo. Curiosità: Pascoli amava ideare rebus ed indovinelli per le sorelle, era dunque un enigmista-> collegamento con Enigma (strumento elettromeccanico utilizzato per cifrare e decifrare i messaggi in codice dai tedeschi durante la II° guerra mondiale), la crittografia->la II° guerra mondiale Ad un certo punto della vita avviene una drammatica vicenda familiare: il padre ha un’amante da cui nasce una figlia. Il rapporto con il padre diviene dunque sempre più difficile. Riesce a laurearsi in lettere e si stabilisce a Roma, dove intende diventare scrittore di professione. Non riesce a trovare editori e quindi guadagna da qualche collaborazione con i giornali. Nella sua vita avviene però una svolta: la miniera di zolfo dei genitori si allaga e la famiglia cade in rovina; inizia a manifestarsi la malattia mentale della moglie che la costringerà a vivere in una casa di cura fino alla morte. Dissesto economico, follia e prigione familiare diventano allora temi centrali delle sue opere. Le difficoltà economiche lo portano a intensificare l’attività di scrittore e nascono i suoi romanzi più famosi: -“Il fu Mattia Pascal”. Stringe amicizia con un commediografo siciliano che inizia a promuovere le sue opere teatrali. Scrive poi “Uno, nessuno e centomila”. Autentica rivoluzione è “Sei personaggi in cerca di un editore”, opera teatrale che ha diviso profondamente l’opinione pubblica. L’opera riscuote successo anche all’estero. Nel 1924 aderisce pubblicamente al Fascismo, pubblicando una lettera su un quotidiano in cui esplicava le sue motivazioni. Aderisce al fascismo probabilmente per la delusione degli ideali risorgimentali che si erano rivelati fallimentari, specie per la sua Sicilia. Vede in Mussolini una figura forte in grado di liberare l’Italia da una democrazia di incapaci. Prenderà infine il Premio Nobel. Il centro dell’opera di Pirandello, estremamente vasta, si basa su alcuni nuclei tematici: • Identità personale nel rapporto con la società • Famiglia • Teatro come luogo e metafora della vita • Rapporto con lo stato e la società Questi nuclei sono correlati sempre al concetto di identità personale. Per Pirandello l’identità personale diviene una sofferenza atroce in una società che impone maschere, che lo rendono estraneo a sé stesso e agli altri. -ti impone di essere quello che non sei, in una famiglia che ti domanda di essere quello che vuole per te, senza premurarsi che tu voglia essere in quel dato modo. UNO NESSUNO E CENTOMILA: Il protagonista è un giovane sposato ed impiegato in un lavoro regolare. Un giorno si guarda allo specchio e la moglie gli domanda se stesse controllando da che parte gli pendesse il naso. Scopre, chiedendo anche agli amici, che tutti lo vedono diversamente da come egli si vede, con il naso pendente a sinistra. Si accorge che tutti hanno un’immagine di lui differente da quella che egli ha di sé. Si rende conto dunque di essere uno, ma al contempo centomila. Essendo la componente “centomila” qualcosa in cui non si riconosce, allora è allo stesso tempo nessuno. IL BERRETTO A SONAGLI: Qui appare chiaro come la vita sociale sia una farsa in cui ciascuno deve svolgere il ruolo che gli viene affiliato. La vita diviene ancora una volta un grande teatro. Emerge come l’unica persona in grado di dire la verità all’interno della società sia il pazzo o la pazza. La vita è dunque tragica, ma può essere al contempo umoristica L’UMORISMO: Pirandello scrive un saggio intitolato “L’umorismo” in cui esprime la sua poetica. La sua arte analizza e scompone la realtà in quello che egli chiama “il sentimento contrario”. Si rifà all’umorismo, sorriso amaro che consente di comprendere come la vita sia di fatto tragica. Il sorriso tipico dell’umorismo è piuttosto amaro, una sorta di smorfia che in fondo perde la sua essenza di sorriso. Nasce così un sentimento di pietà e di compassione, messaggio ultimo di Pirandello. Si tratta di una compassione che nasce dalla consapevolezza della tragedia, che riguarda tutti. Siamo immersi in un contesto che ci strappa il volto e ci mette una maschera, citando Pirandello stesso. Molti elementi biografici conducono Pirandello a sviluppare delle simili riflessioni, dovendo egli stesso rivestire un ruolo impostogli. La vita è il contrario di quello che dovrebbe essere e chi apprende ciò sviluppa il sentimento della compassione. SEI PERSONAGGI IN CERCA DI AUTORE: La sua opera più celebre è “Sei personaggi in cerca di autore”, del 1921. L’opera si incentra attorno ad una compagnia di attori che provano le parti di un’altra opera di Pirandello. La genialità dell’opera è incredibile, a partire dal fatto che alcuni personaggi inizino la loro azione a partire dal pubblico. Le vicende che vengono inscenate sono le drammatiche vite dei personaggi stessi. Quanto presentato è l’osceno, ossia ciò che sta al di fuori della scena tendenzialmente. Il dramma conclude con il suicidio di un bambino che si spara ad una tempia giocando con una pistola: tendenzialmente non si rappresentava la morte in scena, essa era solo annunciata da un personaggio.L’opera riscuoterà tuttavia un successo incredibile in tutto il mondo. Pirandello va sfidando tutte le convenzioni. L’ordine possibile è per lui quello crudele del caos ed è per questo che aderisce al Fascismo. IL FU MATTIA PASCAL: Il Fu Mattia Pascal (1904) è il primo capolavoro di Pirandello, ma all’epoca non ottenne molto successo. La storia inizia con la fuga di Mattia Pascal a Montecarlo, dove vince una grande somma al gioco. Tornando a casa scopre di essere stato dichiarato morto, scambiato per un cadavere trovato suicida. Il protagonista decidere di cogliere al volo l’occasione per liberarsi di tutti i legami sociali, fingersi veramente morto e ricominciare tutto da capo. Si trasferisce a Roma sotto un falso nome e si innamora della figlia del suo padrone di casa con la quale vorrebbe iniziare una nuova vita. Ma non può farlo perché di fronte alla legge lui non esiste. Decide allora di fingersi nuovamente morto, di tornare al suo paese e riprendere il suo ruolo di Mattia Pascal. Ma qui scopre che la moglie ha ormai una nuova famiglia. ITALO SVEVO: Italo Svevo fu un autore che visse per molto tempo visse la propria attività letteraria come una colpa sociale: La letteratura fu per lui, in alcuni momenti, una sorta di "secondo mestiere" avviato con fatica linguistica e quasi di nascosto in quanto né l'ambiente né la famiglia d'origine e quella acquisita dopo il matrimonio favorirono questa sua vocazione. Dopo la pubblicazione a sue spese di due romanzi senza successo si prese un periodo di pausa. Il suo capolavoro fu "la Coscienza di Zeno'", romanzo in cui è evidente un'apertura al mondo della psicoanalisi e come la scrittura sia per l’autore una necessità profonda e interiore. In Svevo infatti vi è una corrispondenza tra letteratura e autoanalisi in quanto la scrittura è lo strumento utilizzato per aprire sé stessi, una valvola di sfogo. A testimonianza di questo suo pensiero si citano le parole dello stesso Svevo, all'interno di un suo diario scrive:"fuori dalla penna non vi è salvezza". In Svevo il romanzo non ha lo scopo di raccontare o intrattenere un pubblico bensì quello di conoscere, si parla pertanto di funzione conoscitiva in quanto attraverso la scrittura si può avere uno studio o meglio ancora un'analisi approfondita di sé stessi, della propria condizione umana-›la scrittura è conoscenza. (Se la letteratura di D'annunzio era sempre orientata fuori da sé, ossia al successo e all'esibizione al contrario la produzione di Svevo è rivolta dentro di sé nel tentativo di comprendere e risolvere i conflitti interiori dell’autore). Pertanto possiamo affermare che il tema dell’inetto (uomo inadatto a vivere, non sa e non vuole scegliere) e dell’adattamento attraversano la vita dell’autore stesso e non solo dei suoi personaggi. L’esistenza di Svevo è pertanto incerta ed irrequieta e caratterizzata da un forte contrasto tra essere e apparire. Vediamo ora quelli che furono i grandi conflitti interiori che scandirono la vita di Italo Svevo e i principali eventi biografici 1)il primo conflitto è dato dal luogo e la data di nascita: Svevo nacque a Trieste nel 1861, da madre italiana e padre tedesco di origini ebraiche. Il 1861 è la data dell'Unità d'Italia, tuttavia Trieste è una di quelle terre che entreranno a far parte del territorio italiano molti decenni dopo. Svevo si sente italiano ma in realtà ha una carta d'identità austriaca. Sostiene l'italianità di Trieste (tanto che scriverà i propri romanzi in italiano) ma si sente anche legato alla cultura tedesca ed europea. Il suo vero nome è Ettore Schmitz ma sceglie lo pseudonimo Italo Svevo che sta ad indicare la doppia natura delle sue origini e la sua formazione culturale italiana e tedesca. Trieste è una città vive in questo momento una straordinaria stagione di fioritura sia a livello economico che culturale; è l'unico vero porto commerciale dell'impero austriaco, è inoltre al centro di un crocevia di nazioni. Qui si incontrano molteplici popolazioni che oltre a scambiarsi merci instaurano un vivace dialogo culturale-artistico. Trieste accoglie infatti una popolazione di provenienza etnica, culturale e religiosa assai variegata: è una città cosmopolita. A Trieste si incontrano anche figure di alto rilievo: autori internazionali quali James Joyce ma anche filosofi quali Freud. In questo clima economico favorevole, il padre di Svevo aveva raggiunto la stabilità finanziaria: grazie al commercio di vetrami e perciò voleva che anche il figlio si approcciasse al suo stesso lavoro. Svevo frequentò perciò un collegio in Baviera e in seguito un istituto commerciale a Trieste, dove capì che il commercio non era la sua strada. Nacque così l'interesse per la letteratura. Ebbe però una formazione letteraria disordinata in quanto autodidatta-> lo affascinarono gli scritti dei grandi filosofi ottocenteschi e novecenteschi: Marx, Nietzsche, Schopenhauer, Darwin e Freud. Diviene corrispondente commerciale a Trieste della Union Bank di Vienna, lavora dunque come dipendente per questa azienda. Si tratta di un lavoro che l'autore odia. Gli unici rifugi da questa vita da impiegato sono la biblioteca dove si ritira per leggere e recensire libri. Il giovane Svevo si interessa al teatro (inizialmente come spettatore, commentatore su alcune riviste di Trieste e per tutta la vita come autore- scrive commedie di minore importanza e poco conosciute). La sua attività letteraria si concentra sulla produzione di romanzi. I primi vengono pubblicati a sue spese e si tratta di "Una vita" e "Senilità" . (il problema di questi testi è l'uso della lingua, è sgrammaticato- scrive in italiano usando però costruzioni tedesche e spesso utilizza metafore legate al campo commerciale per il suo lavoro). Questi purtroppo non riscuotono il successo da lui sperato e pertanto rinuncia alla passione letteraria dedicandosi a tempo pieno alla carriera d'affari. Svevo vorrebbe infatti affermarsi come autore letterario ma non trova successo e così deluso decise di non pubblicare più e smettere di scrivere per ben 25 anni. La letteratura rimane in lui come una tentazione segreta, egli la nega ma al contempo prova un senso di colpa e tradimento nell'abbandonarla. Pur imponendosi di rinunciare al mestiere dello scrittore si trovò a comporre novelle, racconti, favole, pagine di diario mosse da una profonda necessità personale. Tentò di sostituire la passione per la scrittura con il violino, strumento studiato da bambino e con il vizio del fumo (Svevo era dunque un accanito fumatore e non riuscirà mai a smettere). Solo allo scoppio della Prima Guerra Mondiale inizierà a scrivere il suo capolavoro "la Coscienza di Zeno" nel 1923, lo pubblicherà all'età di 60 anni e otterrà il successo sperato grazie a James Joyce. Ripercorrendo la sua vita è importante sottolineare il 1892, anno in cui muore il padre ed esce il primo romanzo "Una vita", quasi come se la morte del padre avesse comportato la caduta del divieto da lui impostogli. Sposa infine una ricca cugina ma nemmeno questa nuova famiglia approva la professione letteraria. Viene così assunto nell’azienda del suocero ed assume l’immagine di uomo serio e pratico che gli altri si aspettano da lui (collegamento a Pirandello, la maschera imposta dalla società). -La lingua sarà per Svevo una grande limitazione in ambito letterario, per tutta la vita. (Le sue costruzioni sono quelle del dialetto triestino, non ha mai studiato la lingua italiana) La poetica: Svevo attinge dal pensiero di Schopenhauer e Darwin, dai quali riprende l’idea che la realtà sia una lotta per la vita in cui solo il più adatto è in grado di prevalere. Svevo riflette e conclude che il massimo gradino dell’evoluzione non sarebbe il più forte che al contrario va a cristallizzarsi, bensì l’abbozzo, individuo disponibile al cambiamento. Inetto- è un uomo eternamente indeciso, incapace di prendere in mano le situazioni. 
 Inadeguato a vivere nel mondo borghese di cui fa parte, si sente a disagio e prova un continuo senso d’inferiorità. A far emergere i limiti dell’inetto è l’antagonista, personaggio perfettamente adattato alla società. Ironia- Nei testi di Svevo è sempre presente, al di là della serietà degli argomenti, un velo di ironia che agisce prima di tutto verso l'autore stesso e i suoi discorsi, oltre che sui personaggi delle sue storie. L’ironia è utilizzata per reagire alle difficoltà della vita. La coscienza di Zeno: Il protagonista de "La coscienza di Zeno" è Zeno Cosini, che ha deciso di smettere di fumare e che per farlo inizia un percorso di incontri con uno psicologo che gli consiglia di tenere un diario. Nella prefazione il Dottor S., da cui Zeno è in cura, spiega che le pagine che si stanno per leggere non sono altro che gli appunti presi dal paziente, il quale ha interrotto la terapia proprio nel momento in cui cominciava a funzionare. Il romanzo, dunque, non è altro che la pubblicazione, da parte del dottore, del diario di vita che Zeno Cosini ha scritto. Negli otto capitoli del libro Zeno racconta allora vari episodi della sua vita: il tentativo di smettere di fumare, la morte del padre, il matrimonio, la storia con l’amante Carla e l’impresa aperta in società con il cognato. 
 Alla fine, che coincide col presente e lo scoppio della guerra, Zeno decide di abbandonare la cura e il romanzo si conclude. Il rapporto con gli altri letterati: Italo Svevo- La lettura di Svevo rafforza negli stessi anni in Montale l’inclinazione a considerare se stesso come affine agli inetti dei romanzi sveviani, inadatti alla vita pratica e frustrati I simbolisti francesi- ne condivide la musicalità del verso Pascoli e D’Annunzio- influenza sul pano lessicale e metrico, si allontana invece dalla loro visione del mondo rifiutando le pretese di eccezionalità della poesia dannunziana e la funzione profetica del poeta vate così come l’idea del poeta-fanciullino. Ungaretti- si allontana dalla frattura tra poesia e significato dell’ermetismo La figura della donna: Le figure femminili sono ricorrenti nella poesia di Montale e rappresentano un tu a cui il poeta si rivolge e a cui assegna di volta in volta funzioni diverse, emblema di un valore potenzialmente salvifico, occasione di ricordo, fantasma del passato con cui dialogare per fuggire la negatività del presente, evocazione di un altro tempo OSSI DI SEPPIA: Temi- L’unico modo di fuggire da questo male di vivere è attraverso uno stoico distacco dal mondo. Il poeta, che assume un punto di vista simile a quello di Leopardi, si pone però alla ricerca di uno spazio, un anello debole, che consenta di uscire dalla prigionia esistenziale e attingere al “nulla” che si cela dietro alla parvenza della realtà. Per Montale la poesia non è più capace di arrivare all’essenza profonda della realtà di attingere all’assoluto, né tantomeno riesce a dare messaggi positivi o certezze di qualunque tipo. Montale non usa più il linguaggio analogico in corrispondenza con la natura, ma una poetica degli oggetti che vengono citati nella poesia come equivalenti della condizione interiore del poeta o concetti astratti. La poetica degli oggetti tende a creare un rapporto razionale con il mondo: gli oggetti a cui Montale fa riferimento restano sempre oggetti umili e dimessi. Gli ossi di seppia si caratterizzano per i suoni aspri, i ritmi rotti e anti-musicali e per l’andamento a volte prosastico. Montale inoltre usa il verso libero, ma spesso utilizza anche l’endecasillabo. “LA CASA DEI DOGANIERI” tratta da “Le occasioni”: -il linguaggio ricorda quello del Dante della “vita Nova”, si parla dunque di “Neostilnovismo” -La poesia si rivolge al “tu”, di norma ad una figura femminile. Emerge il tema della memoria, del ricordo. Dal punto di vista stilistico i versi sono tradizionali, endecasillabo, settenario, diverse rime (parte finale rime baciate). Dal punto di vista lessicale vengono utilizzati alcuni termini un po’ arcaici, desueti ed altri dialettali (come nel caso di “frangente” per parlare di onda), per il resto rimane molto chiara e concreta nelle immagini. L’ambiente è quello della Liguria e i doganieri avevano le case a strapiombo sul mare. Nella casa entrano lui e una persona, una donna dai “pensieri irrequieti” ma lei non ricorda di questo episodio. Questa donna è caratterizzata da un sentimento di inquietudine. •“Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale”: tratta da “Xenia” Anche in questa poesia emerge l’immagine di una donna autentica, non una immaginaria o idealizzata (nel bene o nel male). Emerge in questa poesia la dimensione del quotidiano: spesso ci si confronta con l’amore in senso astratto, qui invece si ha a che fare con l’amore di tutti i giorni, un amore in cui la donna guida il cammino, pur essendo ipovedente. È la luce che dà senso alla realtà del poeta, costituita da trappole. Il vuoto ad ogni gradino non è un’immagine poetica, è un effettivo fenomeno neurologico. La realtà però è diversa da quella vista dalla gente e a vedere effettivamente è proprio la donna scomparsa. L’amore è qui estremamente concreto, caratterizzato dai piccoli gesti del quotidiano. L’amore è dunque un viaggio concreto, non meramente astratto (si pensi al fenomeno culturale del matrimonio e soprattuto del viaggio di nozze). L’ANGUILLA - da “La bufera e altro” (pagina 621) La poesia si costituisce per un unico periodo, una domanda nello specifico. Si parla subito di una sirena, creatura mitologicamente spaventosa incarnante una femminilità selvaggia: una donna bella che uccide. Si esegue un paragone tra la sirena e l’anguilla, visto soprattutto dal punto di vista del movimento sinuoso tipico dell’incedere femminile. L’anguilla va dunque richiamando una femminilità arcaica e mitizzata. L’anguilla di propone come un correlativo oggettivo. ->consiste nel rappresentare sulla pagina una determinata sensazione o emozione attraverso alcuni oggetti concreti che dovrebbero suscitare nel lettore ciò che prova il poeta L’anguilla cerca la vita dove c’è arsura e desolazione, essendo una freccia d’amore in terra, una scintilla generatrice là dove c’è distruzione. Gli occhi sono visti come gioielli incastonati nella donna, in ripresa della tradizione poetica classica orientale, soprattutto araba. PRIMO LEVI: Nasce a Torino da famiglia ebraica; si diploma e si iscrive alla facoltà di chimica->Nei suoi due romanzi più importanti è evidente un lessico scientifico e tecnico perché era un chimico Nonostante l’approvazione delle leggi razziali in Italia si laurea con il massimo dei voti. Con il crollo del fascismo aderisce alla resistenza (valle D'Aosta) ma essendo inesperto viene catturato e mandato nel campo di concentramento di Fossoli (Modena) perché ebreo. Viene poi trasferito ad Auschwitz: gode di qualche "privilegio" perché era un chimico e conosceva il tedesco e quindi inizia a lavorare in una fabbrica. Liberato dai sovietici inizia il viaggio di ritorno (scrive "La tregua"), gira tutta l'Europa centro- orientale. Ritornato a Torino, si sposa e lavora presso una fabbrica di vernici. Il ritorno alla vita normale è problematico: Decide di usare la scrittura come terapia > "Se questo è un uomo" inizialmente non ebbe successo, solo negli anni ’60. Se questo è un uomo (1947) è il romanzo più conosciuto dello scrittore italiano Primo Levi, uno dei testi più importanti del '900. La sua rilevanza risiede in molti fattori, ma tre sono fondamentali:      1-È una testimonianza importante di un periodo centrale della storia del '900, ossia la Seconda Guerra Mondiale. 2-È il racconto in prima persona dell’esperienza in un campo di concentramento nazista. 3-Pone al centro l’importanza della memoria. Emerge in “Se questo è un uomo” l’intreccio di testimonianza (racconto dei fatti) e riflessione Sull’uomo. Si tratta inoltre di un racconto commentato. Tratta la riflessione sul male e sulla violenza umana. La lingua utilizzata presenta la struttura dell’italiano classico, ma frammista di lingue diverse (lingue dei prigionieri).
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