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Riassunti Politica Economica e Strategie Aziendali- Nicola Acocella, Sintesi del corso di Politica Economica

Capitoli 1-5 + 9-15 + Paragrafo 7.6 MANCANTI Capitoli 16-20

Tipologia: Sintesi del corso

2019/2020

Caricato il 31/05/2020

pierluigicelentano7
pierluigicelentano7 🇮🇹

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Scarica Riassunti Politica Economica e Strategie Aziendali- Nicola Acocella e più Sintesi del corso in PDF di Politica Economica solo su Docsity! POLITICA ECONOMICA SLIDE 1 – : PARETO E TEOREMI DELL’ECONOMIA DEL BENESSERE Il ruolo del mercato e dello Stato Il mercato e lo Stato sono due diverse istituzioni economiche orientate al perseguimento, rispettivamente, di interessi individuali (privati) e collettivi. Le due istituzioni possono essere valutate secondo due criteri: EFFICIENZA ed EQUITA’. E’ soddisfatta l’efficienza se gli obiettivi vengono raggiunti con il minor impiego di risorse, e quindi non si può raggiungere un risultato migliore con quei mezzi. E’ soddisfatta l’equità se gli obiettivi vengono raggiunti rispettando una qualche idea di “giustizia”, come l’uguaglianza dei risultati o delle opportunità. Se il mercato garantisce sempre i due criteri allora è sufficiente e non è necessario l’intervento dello Stato, in caso contrario diviene necessario. TIPI DI EFFICIENZA Statica: riguarda ciò che accade ora in un determinato “Stato del mondo” (una condizione in cui si trovano i soggetti in un determinato luogo). Si divide in Efficienza allocativa ed Efficienza X: la prima si basa sul Criterio Paretiano di efficienza; la seconda riguarda la miglior combinazione di risorse, guardando alle modalità organizzative Dinamica: Date le risorse, mi preoccupo di vedere il prodotto che ottengo oggi e domani quale sia. Si divide in efficienza adattiva ed efficienza innovativa: la prima è la capacità di apprendimento e cambiamento a fronte di novità; la seconda riguarda la capacità di introdurre delle innovazioni che cambiano il mondo. IL CRITERIO PARETIANO (Economia del Benessere) E’ un criterio in cui vi è una situazione collettiva “A” ( tutte le persone hanno 10) ed una situazione collettiva “B” che consta di condizioni diverse da “A”. Il criterio Paretiano ci dice che un mondo “B” è preferibile ad un mondo A quando 1 persona sta meglio nel mondo B e nessuno sta peggio. Due situazioni si dicono inconfrontabili quando non posso stabilire quale dei due stati sia migliore o peggiore, e cioè se qualcuno sta meglio in B che in A, ma qualcun altro in B sta peggio che in A. Limiti del criterio Paretiano Si basa sull’individualismo etico, secondo cui nella valutazione del benessere sociale si guarda solo al benessere del singolo individuo (ognuno è il miglior giudice di se stesso); è un criterio che non si preoccupa della diversità tra individui (ricco-povero), né dei punti di partenza di essi; definirà sempre un ordinamento incompleto degli stati del mondo; è rappresentato da un forte giudizio di valore (valutazioni aventi carattere personale, che esprimono posizioni soggettive). L’OTTIMO PARETIANO L’ottimo Paretiano è una situazione di efficienza allocativa (statica), secondo la quale una situazione A è considerata “ottima” se comunque ci si sposti da essa, non sarà possibile apportare miglioramenti ad un individuo, senza peggiorare la situazione di un altro. Tuttavia, l’”ottimo” paretiano porta con sé le limitazioni del criterio dello stesso, perciò vi è un uso equivoco del termine “ottimo”. 1 IL PRIMO TEOREMA DELL’ECONOMIA DEL BENESSERE: Efficienza Paretiana ed equilibrio di Concorrenza perfetta Condizioni per l’ottimo paretiano in un’economia di produzione, consumo e scambio: 1. SMSab=SMScd Efficienza allocativa nel consumo. 2. SMSTab=SMSTcd Efficienza produttiva 3. SMS=SMT Efficienza generale (Il SMS è il rapporto tra le utilità marginali; il SMT è la quantità a che deve ridursi per produrre 1 unità di b). 4. Rapporto tra i prezzi di equilibrio dei due beni deve essere uguale a SMS=SMT. Le suddette 3 condizioni sono esattamente realizzate in un equilibrio di concorrenza perfetta. La concorrenza perfetta è una forma di mercato caratterizzata da: omogeneità dei beni (definizione del numero di mercati); ampia numerosità degli operatori (assenza di rendimenti crescenti di scala), assenza di intese tra essi, assenza di barriere di E/U (garantisce che gli operatori nelle loro scelte considerino il prezzo come un dato (price-taker); perfetta informazione (requisito di trasparenza). I TEOREMA: In un sistema economico di Concorrenza perfetta, nel quale vi sia un insieme completo di mercati, in equilibrio concorrenziale, se esiste, è un ottimo paretiano Questo teorema stabilisce l’equivalenza tra le condizioni di concorrenza perfetta e quelle di Ottimo Paretiano Limiti  Non considera l’equità ma solo l’efficienza  Poco realistico (considerabile come uno dei limiti della mano invisibile teorizzata da A.Smith) per via dei presupposti di completezza dei mercati e mercato in CP. La completezza dei mercati implica l’assenza di ESTERNALITA’, cioè quei vantaggi/danni prodotti dall’azione di un individuo su un altro individuo; l’assenza di BENI PUBBLICI; l’assenza di costi di transazione e asimmetrie informative.  Gli equilibri non è detto siano unici e stabili. EFFICIENZA ED EQUITA’: IL SECONDO TEOREMA DELL’ECONOMIA DEL BENESSERE Un’ulteriore limitatezza del I Teorema dell’EB è quello di non creare situazioni realmente efficienti ed ottimali (ad esempio la schiavitù è considerabile pareto efficiente) ma solo di assicurare l’efficienza data una distribuzione delle risorse. Premessa al II TEB: esiste un sistema concorrenziale (è quindi valido il I teorema dell’EB). Le utilità finali dipendono dalla dotazione di risorse. II TEOREMA: Se son rispettate alcune condizioni delle funzioni di utilità (convesse) e delle funzioni di produzione (convesse) Ovvero vi è assenza di rendimenti di scala; ...in presenza di mercati completi, ogni posizione di ottimo paretiano può essere realizzata, previa un’appropriata redistribuzione delle risorse (dotazioni iniziali) tra gli individui. 2 TEOREMA DI COASE: a) le esternalità nascono quando mancano i diritti di proprietà e per eliminarle vanno assegnati questi diritti; b) non è detto che le esternalità si risolvano con regolamentazioni dettate dall’intervento pubblico mediante scelte di sussidi/tassazioni (pigouviana). Proposizioni del Teorema: Caso 1 (preferito): Assenza di costi di transazione  i diritti di proprietà vengono assegnati e vi sarà un accordo tra le parti che eliminerà l’esternalità (sarà cioè ottimale). Il soggetto a cui sono assegnati questi diritti non è rilevante per l’efficienza, ma lo è per l’equità. l’assenza di costi di transazione vuol dire che le parti hanno difficoltà ad accordarsi; in secondo luogo vuol dire che non esiste una parte con forza contrattuale maggiore dell’altra. Caso 2: Presenza di costi di transazione  i diritti di proprietà andranno assegnati ad uno specifico soggetto, così da raggiungere l’efficienza. I costi di transazione sono tutti quei costi connessi all’organizzazione dell’attività economica I BENI PUBBLICI Sono caratterizzati da un Beneficio Sociale Marginale talmente elevato, rispetto al B.Ma del privato, che nessuno è disposto a produrlo. Sono beni caratterizzati da due proprietà: − non escludibilità: non è conveniente (inaccettabile o costoso o tecnicamente impossibile) escludere qualcuno dal godimento di un bene e non posso, inoltre, imporre il pagamento di un prezzo: nessun privato è disposto a produrlo. − Non rivalità (condizione oggettiva): il consumo di un bene pubblico da parte di un individuo non riduce la possibilità ad altri di consumarlo (entro una certa soglia-limite di congestione) (CMA=0; CF > 0). L’assenza di beni pubblici genera un’inefficienza grave sul benessere sociale. Ne sono esempi: la difesa nazionale, i segnali di un faro, la luce del condominio ecc… Beni pubblici globali: beni pubblici che oltrepassano i confini nazionali e ricadono su aree sovranazionali (stabilità finanziaria). Rappresenta un fallimento del mercato perché se non vi è nessun privato disposto a produrlo, oppure ad avere incentivi nel farlo, si crea un’assenza del mercato (cioè del bene) ed è quindi necessario l’intervento pubblico. Beni pubblici e intervento pubblico Non essendoci alcun privato disposto a produrre un bene pubblico e nessun incentivo alle produzioni private, si genera un’assenza del mercato (cioè del bene), legato inoltre al fenomeno del free-riding, cioè tutti aspettano che il prossimo produca il bene per poterne usufruire. Si vede quindi necessario un intervento pubblico di tipo ALLOCATIVO, il quale dovrà: a) mirare a facilitare (o imporre) gli accordi cooperativi tra gli agenti; b) oppure supplire al problema finanziando/producendo lui stesso il bene mediante il gettito fiscale (imposte e tasse). Le condizioni di efficienza generale nell’allocazione delle risorse in presenza di beni pubblici è che la somma dei SMS dei vari soggetti sia uguale al SMT. 5 COSTI DI TRANSAZIONE E ASIMMETRIE INFORMATIVE (ultima causa di incompletezza dei mercati) L’asimmetria informativa è una situazione in cui due parti, interessate ad una transazione, hanno una diversa disponibilità delle informazioni; la parte meno informata è detta “principale” ( delegante) e l’altra invece “agente” (o delegato), infatti i problemi di asimmetria informativa sono anche detti “di delega”. Nei mercati in cui è presente asimmetria informativa sono presenti elevati costi di transazione, sia nei mercati a pronti (beni scambiati contro il prezzo nel periodo considerato) sia nei mercati a termine (beni scambiati contro il prezzo ad una scadenza futura prestabilita) ma hanno più rilevanza in questi ultimi per via dell’elevato grado di incertezza. L’informazione asimmetrica può dar luogo a due diverse situazioni: 1. Selezione avversa (dei potenziali contraenti): è una situazione di asimmetria informativa che si realizza prima dello scambio (ex ante) ed ha a che fare con il bene/servizio oggetto dello scambio  fa realizzare gli scambi meno vantaggiosi. 2. Azzardo morale: è una forma di opportunismo post contrattuale (ex post) nella quale una delle parti persegue il proprio interesse a discapito della controparte. 1Selezione avversa: a) presupposti: asimmetria informativa del bene / servizio oggetto di scambio; si ha prima del contratto; b) manifestazione: la controparte acquirente è consapevole di non sapere e teme di acquistare un bene/servizio con caratteristiche negative (es: Bidoni di Akerlof 1970, in cui la caratteristica che genera asimmetria informativa è la qualità del bene oggetto di scambio); c) conseguenze: non vengono realizzati scambi mutuamente vantaggiosi o se si realizzano sono incompleti. E’ un ulteriore causa di allontanamento dall’OP; d) soluzioni: giochi dinamici, reputazione, certificazioni. 2Azzardo morale: a) presupposti: il delegante, successivamente alla decisione di effettuare la transazione, non riesce a osservare le azioni compiute dal delegato; b) manifestazione: mancata adozione da parte del soggetto richiedente di precauzioni, al fine di evitare l’elusione; c) conseguenze: il delegato non è incentivato ad effettuare la prestazione nei termini contrattualmente previsti. Il rischio morale potrebbe determinare inoltre disoccupazione, perché induce il delegato a compiere scelte inefficienti sul piano macroeconomico; d) soluzioni: intervento pubblico, sotto forma di regolamentazione e la creazione di aziende pubbliche. IL TEOREMA DEL SECONDO OTTIMO (SECOND BEST) Il teorema del secondo ottimo (o second best) si riferisce ai teoremi dell’economia del benessere e nello specifico afferma che: Una situazione nella quale un numero di condizioni di CP, ma non tutte, siano soddisfatte, non necessariamente è superiore ad una situazione in cui ne siano soddisfatte un numero inferiore. Quindi non è detto che si raggiunga un ottimo peggiore, oppure che la situazione migliore sia quella che soddisfa il maggior numero possibile di condizioni. La ricerca di una soluzione che ha come obiettivo il benessere sociale non sempre è semplice e l’analisi andrebbe svolta caso per caso, poiché anche in presenza di un’allocazione distorta delle risorse è possibile che un’ulteriore distorsione sia migliorativa dell’efficienza. Esempio: impresa in monopolio (violazione condizione First Best) che producendo crea danni all’ambiente (esternalità negativa, ulteriore violazione); se la situazione migliore fosse la ricerca del first best bisognerebbe sostituire il monopolio con la concorrenza perfetta, ma questo 6 comporterebbe un aumento della produzione e quindi dell’inquinamento. Il second best consiste nel preferire il monopolio. BENI MERITORI I beni meritori sono quei beni meritevoli di tutela pubblica che giustificano un’azione paternalistica, cioè l’azione di un esterno che guidi le scelte individuali, poiché i soggetti non essendo a conoscenza di tutte le informazioni necessarie (“miopia”), compiono azioni sub-ottimali (ne sono esempi: lo Stato, il quale obbliga a pagare i contributi (risparmio obbligatorio) a vaccinarsi ecc). Il paternalismo è inoltre giustificato poiché vincola l’azione individuale al fine di evitare la creazione di esternalità negative (danni collettivi derivanti dall’ignoranza). Ne sono esempi tipici: risparmio previdenziale e assistenziale; la spesa per l’ istruzione; la copertura sanitaria ecc, cioè tutte quelle categorie di rischio a cui gli individui o i lavoratori sono esposti e che il Welfare State copre. L’equità L’ottimo paretiano non garantisce l’equità, la quale può definirsi secondo diverse concezioni: − Dottrina liberale: uguaglianza delle opportunità (es: sussidi, borse di studio, cioè misure volte a diminuire le iniquità tra individui) − Dottrina socialista: uguaglianza dei risultati (es: tassazione progressiva, reddito di cittadinanza). Relazione tra equità ed efficienza: vi è separabilità, cioè sono del tutto indipendenti (come nel II teorema EB); esiste tra le due un trade-off, poiché una maggior equità “costa” una perdita di efficienza (la redistribuzione avviene come un “secchio bucato” – Okun). La proporzionalità inversa tra i due concetti è causata da: costi amministrativi e disincentivi all’offerta di lavoro e di risparmio; tra le due inoltre vi è complementarietà, poiché maggiore equità migliora l’efficienza (statica e dinamica). SLIDE 4: FALLIMENTI MACROECONOMICI DEL MERCATO E TEORIE MACROECONOMICHE Fallimenti macroeconomici del mercato Per fallimenti macroeconomici del mercato si intendono dinamiche economiche caratterizzate da:  Inflazione  Disoccupazione  Squilibri della bilancia dei pagamenti (BP=PC+MK)  Sottosviluppo Cioè tutte quelle manifestazioni dell’instabilità delle economie di mercato capitalistiche, dove per instabilità si intende la mancata convergenza del sistema economico verso un determinato equilibrio e la possibilità che l’economia evolva e permanga su sentieri non ottimali dal punto di vista dell’efficienza e dell’equità. I fallimenti macroeconomici, inoltre, si definiscono:  Fallimenti in quanto denotano inefficienza e iniquità;  Macroeconomici perché possono essere spiegati tramite teorie macroeconomiche, di cui difficilmente la teoria microeconomica tiene conto, se non considerando la rigidità dei prezzi e il conseguente coinvolgimento dell’intervento pubblico. La teoria tradizionale, nella spiegazione dei 4 fenomeni di fallimenti, non considera la disoccupazione come involontaria (infatti assume vi sia equilibrio in tutti i mercati); considera i prezzi come relativi e non assoluti; trascura le relazioni internazionali (economia chiusa). 7 Per i collaboratori il sussidio è detto DISCOLL; la durata della misura si intende per un numero di mesi pari alla metà di quelli lavorati (in ogni caso al massimo 6 mesi). Le istituzioni del mercato del lavoro Le istituzioni del mercato del lavoro sono gli aspetti legislativi che ne regolano i rapporti:  Protezione dell’occupazione: il grado di flessibilità del mercato del lavoro. Art. 18 in Italia: fissa i vincoli al licenziamento. Ha un effetto ambiguo perché scoraggia sia i licenziamenti che le assunzioni. [L’art. 18 è Stato eliminato con il Jobs Act].  Flessibilizzazione del mercato del lavoro: la flessibilità può essere in uscita, cioè quanto è facile interrompere il rapporto di lavoro, sia da parte del datore che del lavoratore. Flessibilità in entrata, cioè la facilità di accesso.  Ammortizzatori sociali: non sempre disincentivano il disoccupato a cercare effettivamente lavoro.  Sindacati e contrattazione: numero di iscritti ed estensione del grado di contrattazione; obiettivi di salario e occupazionali. Gli indicatori di disoccupazione Il tasso di disoccupazione (u) viene calcolato tenendo in considerazione gli studenti come DISOCCUPATI. Tasso di disoccupazione : u= U FL oppure u= U N+U Indicatore migliore nella determinazione della situazione del mercato del lavoro Tasso di occupazione: o= N POP 15−64 oppure o= N FL+ I Tasso di attività: FL POP 15−64 La disoccupazione è valutata secondo il parametro della Forza Lavoro (FL). Esiste il Trade-off nel lungo periodo? L’emergere della stagflazione (stagnazione + inflazione), cioè quel fenomeno in cui il ciclo- economico è caratterizzato da un’elevata inflazione e contemporaneamente ad una crescita bassa dell’espansione dell’attività prodotta mette in discussione la versione statica della Curva di Phillips (Trade off disoccupazione e inflazione). La stagflazione è un fenomeno che và contro le teorie keynesiane, secondo le quali ad una recessione segue un tasso di inflazione calante, e ad un’espansione del tasso di inflazione in aumento. La curva di Phillips è un trade off tra U e Ṗ poiché: 10 dati i prezzi attesi  U diminuisce; W aumenta; P aumentano e quindi Ṗ aumenta. Secondo i monetaristi la curva di Phillips statica non è un buon modello poiché non incorpora le aspettative sul tasso di inflazione ed eventualmente esiste solamente nel breve periodo  Curva di Phillips aumentata con le aspettative. TEORIE MACROECONOMICHE Visione “classica” della macroeconomia La visione “classica” della macroeconomia ha come punti cardine: − La mano invisibile macroeconomica, e cioè ogni individuo compie le scelte che lo conducono alla massimizzazione della propria utilità, al miglior risultato collettivo e all’allocazione efficiente delle risorse; − I fenomeni economici (ad esempio la determinazione del prezzo) si realizza mediante le forze di mercato (manifestazione di leggi naturali) e non vi è spazio per il contesto istituzionale (lo Stato)  autoregolazione automatica dei mercati. − La moneta è un mezzo di scambio (economia simile al baratto), non ha quindi valore reale  dicotomia tra economia monetaria e reale. − E’ valida la legge di Say: “l’offerta crea la propria domanda” e quindi a livello macroeconomico non può esserci mai sovrapproduzione (AD=AS). La legge di Say implica che i soggetti spendano interamente il proprio reddito (sottoforma di consumi o investimenti) e quindi ogni scelta di risparmio è automaticamente anche una scelta di investimento (S=I). − Operatori perfettamente razionali (homo aeconomicus) − Perfetta flessibilità di tutti i prezzi; assenza di equilibri di non piena occupazione (la disoccupazione involontaria perciò non esiste) perché il mercato lasciato a sé stesso conduce all’equilibrio. 2. Visione Keynesiana della Macroeconomia La teoria macroeconomica Keynesiana supera le teorie neoclassiche, fondate su due ipotesi:  Agenti razionali ottimizzanti che massimizzano la propria utilità;  “L’offerta crea la propria domanda”, ovvero la Legge di Say, secondo la quale il sistema economico genera un volume di domanda aggregata tale da assorbire la produzione di piena occupazione (in un contesto, perciò, di assenza di disoccupazione involontaria); la variazione del tasso “i” conduce all’equilibrio tra S e I. Keynes giudica errata la legge di Say poiché non sempre i mercati sono spontaneamente capaci di raggiungere un equilibrio di piena occupazione, con un livello di I che assorbe un livello di S di 11 pieno impiego (e che quindi la domanda assorbe interamente la produzione); secondo Keynes, quindi, la domanda può essere inferiore all’offerta e l’equilibrio (con disoccupazione involontaria) si raggiunge diminuendo la produzione, per farla coincidere con la domanda, e diminuendo S che si adatterà ad I. Possibili effetti macro di una caduta dei salari reali Con il termine caduta dei salari reali si intende quando i salari monetari (w) si riducono più di quanto stanno salendo i prezzi. Gli effetti sulla Domanda Aggregata agiscono su: propensione al consumo, efficienza marginale del capitale, tasso di interesse. Gli effetti positivi sull’occupazione ci possono essere purché non vi siano ricadute sulle componenti della D aggregata, che potrebbero essere di segno opposto: − Effetti negativi sui consumi : quando il salario reale diminuisce aumentano i profitti. Se la propensione al consumo (c) dei lavoratori è maggiore di coloro che percepiscono il profitto (capitalisti), può esserci una caduta del consumo e un maggior profitto in capo a questi ultimi. − Effetti incerti sulle esportazioni: se si riduce il salario, i prezzi dei beni nazionali sono più competitivi, a meno che non diminuiscano quelli esteri. − Effetti sugli investimenti : si riduce il tasso di interesse; si riduce la domanda di moneta per transazioni (L1d) – per il pagamento del salario – compensata da un aumento di domanda speculativa di moneta (L2d) (a parità di Ls). Per la risoluzione degli equilibri di domanda e offerta del Mercato del Lavoro (MdL) non sempre basta il salario reale, AL PARI dell’equilibrio S=I per cui non basta variare il tasso di interesse (i) – Ricordiamo che la curva IS rappresenta l’equilibrio sul mercato dei beni, in funzione del tasso (i). L’instabilità della piena occupazione DD’: produttività marginale dell’impresa (domanda di lavoro) L: numero di lavoratori impiegati nell’economia in pieno impiego ODEL (rosso più blu): prodotto totale dell’economia OWEL (rosso): totale salari reddito dei lavoratori WDE (blu): profitti reddito dei capitalisti. Si supponga che i lavoratori consumino tutto il loro reddito, mentre i capitalisti non lo consumino affatto ed investano: se l’investimento è pari ai loro profitti, allora la domanda sarebbe uguale a ODEL, cioè la produzione di pieno impiego. Ma qualora gli investimenti fossero inferiori rispetto al profitto dei capitalisti, potrebbe esserci una caduta dei salari reali, con la conseguente caduta della domanda e dei consumi Disoccupazione. WDE non è detto che venga utilizzato tutto in investimenti (poiché la scelta di investire dipende dal rendimento atteso); quindi se si riducono i salari reali sotto il livello OW, diminuirebbe la domanda per consumi e si peggiorerebbe la situazione. 12 Per Keynes lo strumento principale per la stabilizzazione macroeconomica è la politica fiscale, mediante la spesa pubblica (G), che ha un impatto diretto sulla produzione e sulla capacità di compensare l’eccesso di risparmio privato sull’investimento (S e I) mediante un risparmio negativo (deficit) del settore pubblico: S – I = G – T. Un aumento della spesa pubblica comporta automaticamente un aumento di domanda, produzione e reddito, il quale sarà consumato o risparmiato; la parte di reddito non spesa (tasso di risparmio) determina la dimensione del MOLTIPLICATORE: il moltiplicatore è un importo che dipende dalla propensione degli agenti a consumare (perciò inversamente dalla propensione a risparmiare – s) che va moltiplicato alla spesa iniziale degli agenti per ottenere DI QUANTO G ha fatto aumentare Y. La dimensione del moltiplicatore (e quindi l’efficacia della politica fiscale) è tanto più elevata quanto più gli agenti consumano. Paradosso del risparmio (o della parsimonia) Per Keynes non tutto il risparmio si traduce in investimento (visione neoclassica) e il paradosso della parsimonia consiste in un incremento della quota risparmiata da ciascun agente (quindi aumenta la propensione al risparmio, che a livello aggregato fa diminuire il reddito) che però percependo un reddito più basso, moltiplicato ad una propensione al risparmio maggiore, mantiene il risparmio invariato. Lo Stato secondo Keynes Nelle teorie Keynesiane il ruolo dello Stato è proattivo nell’intervenire laddove vi siano delle carenze nel sistema economico, anche determinate dall’incapacità dei mercati di raggiungere un equilibrio efficiente. Obiettivo dello stesso è inoltre sopprimere le RENDITE di posizione che appaiono nel momento in cui un insufficiente investimento privato riduce il capitale presente nell’economia. La crisi del paradigma keynesiano La crisi del paradigma keynesiano avviene negli anni ’70, quando si manifesta una forte crisi economica caratterizzata da un’elevata inflazione ed una stagnazione della crescita (c.d. STAGFLAZIONE). Le cause furono molteplici: due crisi petrolifere e l’aumento del tasso “naturale” di disoccupazione, con effetti sull’OFFERTA di beni. Le autorità reagirono con politiche fiscali e monetarie per aumentare la domanda aggregata, creando ulteriormente un divario tra D e S aggregata; l’approccio keynesiano è stato criticato anche perché trascurava il lato dell’offerta. 3. La sintesi neoclassica La sintesi neoclassica trionfa nel secondo dopo guerra a partire dal modello IS – LM, un modello che rappresenta un’economia di breve periodo (con salari e prezzi fissi) che, tramite il simultaneo equilibrio del mercato dei beni (IS) e il mercato della moneta (LM), determina la domanda aggregata (a cui l’offerta si adegua). Tale equilibrio non è detto che sia di piena occupazione, e anzi può produrre una domanda insufficiente sul mercato dei beni, creano disoccupazione involontaria (visione keynesiana). Disoccupazione nella sintesi neoclassica La sintesi neoclassica differisce però dal keynesismo perché considera la rigidità di prezzi e salari come la causa della disoccupazione: se l’economia versa in una condizione persistente di domanda insufficiente e disoccupazione, prima o poi vi sarà una pressione al ribasso di salari e prezzi che farà aumentare il potere d’acquisto e crescerà la domanda di titoli, diminuirà il tasso “i” e 15 la spesa per investimenti aumenterà (effetto Keynes ≠ effetto Pigou in cui un aumento del salario reale fa aumentare la spesa per consumi delle famiglie, solo se in trappola della liquidità). Critica alla politica fiscale keynesiana Per i sostenitori della sintesi neoclassica l’investimento è maggiormente reattivo al tasso di interesse piuttosto che alla domanda di moneta (la quale è la semplice risultante di scelte di portafoglio fondata sul rischio calcolabile – abbandono dell’incertezza) e quindi la POLITICA FISCALE è INEFFICACE poiché se aumenta la spesa pubblica G aumenta anche il tasso “i” e vi è lo SPIAZZAMENTO dell’investimento. Per i keynesiani l’investimento è autonomo, mentre la domanda di moneta è molto sensibile ad “i”. La politica fiscale keynesiana, secondo la sintesi neoclassica, causa SPIAZZAMENTO, poiché nel lungo periodo G ↑Y ↑L 1d↑ L2d ↓i ↑ I ↓quindi Y ↑=G ↑↑ i↑ I ↓←SPIAZZAMENTO La teoria keynesiana è una parte della sintesi neoclassica, più nello specifico: è un caso di breve periodo in cui vi sono P e W fissi. I passi della controrivoluzione neoclassica  Il monetarismo supera la NON neutralità keynesiana della moneta  Politiche economiche di gestione della domanda sono inefficaci/dannose se non fatte bene.  La nuova macroeconomia classica: aspettative razionali e coerenti, mediamente corrette e formate sfruttando tutta l’informazione disponibile.  La teoria dei cicli reali (anni ’80): la domanda aggregata perde di significato nella determinazione delle fluttuazioni del reddito  solo l’offerta (shock tecnologici) conta. 4. Il Monetarismo Il monetarismo è una corrente economica nata intorno alla fine degli anni ’60 dal lavoro dell’economista Milton Friedman. Costui, contrariamente alla teoria keynesiana, riteneva che nel lungo periodo valesse la Teoria Quantitativa: la moneta è neutrale, ed ha effetti solo sul livello dei prezzi (non sui prezzi relativi, e quindi il salario reale) e il sistema economico è intrinsecamente stabile.  I monetaristi considerano la disoccupazione come conseguenza della rigidità dei salari (visione sintesi neoclassica) e se nel lungo periodo il sistema economico si adatta ai cambiamenti, mediante la variazione di prezzi e salari, allora le politiche macroeconomiche sarebbero inutili, se non nel breve periodo.  I sostenitori del monetarismo introducono le ASPETTATIVE ADATTIVE (opposte alle aspettative razionali) secondo cui gli agenti si adattano sulla base dei valori passati delle grandezze di riferimento. La Curva di Phillips “monetarista” (al pari di quella teorizzata dai neoclassici) è una curva molto inclinata (negativamente) nella quale gli aggiustamenti avvengono attraverso variazioni di prezzo (inflazione). La Curva di Phillips, nel lungo periodo è verticale – (u t=u ¿ ) e pt=pt e – ossia per qualunque tasso di inflazione, la disoccupazione rimane sul suo livello naturale (uN). Non vi è trade off (non vi è sostituibilità) se non nel breve periodo. Le politiche di domanda divengono inefficaci perché l’aumento dell’inflazione che ne consegue sposta in alto la Curva di Phillips fino al livello iniziale di disoccupazione ma con un’inflazione più alta. La curva di Phillips “keynesiana” è la relazione inversa tra il tasso di variazione dei salari nominali e il tasso di disoccupazione. E’ più piatta (quasi orizzontale), è unica e rappresenta un 16 semplice menù di scelta tra inflazione e disoccupazione, in cui il policy maker poteva scegliere tramite politiche di domanda se posizionarsi su un punto a bassa inflazione ma alta disoccupazione e viceversa (perciò le politiche di domanda sono efficaci). La CP monetarista, se aumentata delle aspettative (cioè si introducono le variazioni che le aspettative comportano sulla curva) nel lungo periodo tende a verticalizzarsi e le politiche di domanda divengono inefficaci, ponendo la disoccupazione al suo livello “naturale” (Un NAIRU) ma al “costo” di un’inflazione più alta perché la curva di Phillips si è spostata verso l’alto. Inizialmente l’inflazione attesa si trova nel punto che incontra Un ed è quindi = 0; Se le autorità adottano una politica espansiva per ridurre la disoccupazione, i salari monetari aumentano. Se aumentano i salari aumentano i prezzi e quindi il potere d’acquisto dei lavoratori, i quali perciò chiederanno un salario maggiore (la CP si sposta verso l’alto perché l’inflazione attesa è aumentata). L’aumento dei prezzi porta l’offerta reale di moneta al punto iniziale e la disoccupazione torna in Un. nel lungo periodo la curva di Phillips è verticale. IMPOSIZIONE DI REGOLA RIGIDE ALLA POLITICA MONETARIA. I monetaristi, differentemente dai keynesiani, giungono alla conclusione che le politiche macroeconomiche (fiscali o monetarie) hanno un effetto nullo nel lungo periodo e incerto nel breve: la politica fiscale che fa aumentare G può portare a SPIAZZAMENTO FINANZIARIO (cioè aumenta il tasso di interesse) se non vi è una politica monetaria accomodante, cioè un contestuale aumento dell’offerta di moneta; allo stesso modo la politica monetaria influenza Y e U solo nel breve periodo poiché mantiene il livello di u < uN solo nel breve periodo. Regola semplice di Friedman: Friedman contesta la discrezionalità utilizzata nelle politiche monetarie, poiché un aumento della quantità di moneta in circolazione nell’economia comporta un aumento dei prezzi (inflazione). Perciò la regola “fissa” consiste nella tesi che: la variazione della quantità offerta di moneta deve essere contestuale alla variazione della domanda di moneta, purché la velocità di circolazione sia costante (ḳ = 0), e quindi del reddito reale. Le autorità pubbliche non devono, inoltre, intervenire continuamente nel sistema economico a fronte di sue fluttuazioni (il cosiddetto FINE TUNING, considerato positivamente dai keynesiani), ma attenersi a regole di politica economica certe, vincolanti e trasparenti (abolita la discrezionalità). 5. La nuova macroeconomia classica La Nuova Macroeconomia Classica, nata dalle teorie di Lucas, reintroduce le aspettative razionali degli agenti, cioè costoro utilizzano tutta l’informazione disponibile per formulare aspettative sui valori futuri delle variabili, e la perfetta competitività dei mercati mantenuti costantemente in equilibrio dai prezzi flessibili. Anche i nuovi macroeconomisti abbandonano l’idea keynesiana dell’incertezza radicale, a favore invece del rischio calcolabile, e delle aspettative esogene (sempre keynesiane) che stavolta sono razionali (e non adattive o statiche) che congiuntamente all’idea monetarista del tasso di disoccupazione naturale, contribuiscono a confermare l’inefficacia della politica economica attivista anche nel breve periodo. I governi possono influenzare il sistema economico con politiche impreviste, ma che hanno effetto solo sul livello dei prezzi, e soprattutto se possiedono informazioni migliori degli agenti; in caso contrario il sistema economico sarà in grado di auto-correggersi verso l’equilibrio. politica monetaria espansiva :Ls↑P ↑Offerta ↑Y ↑ 17 Elementi di un programma di politica economica OBIETTIVI: sono traguardi di politica economica misurabili mediante variabili: tasso di inflazione, di disoccupazione, equilibrio della BP ecc. STRUMENTI: sono grandezze economiche (anch’esse misurabili tramite variabili) controllabili dai policy maker per il raggiungimento dell’obiettivo desiderato: spesa pubblica, imposte, tasso di cambio. MODELLO: insieme delle variabili economiche messe in relazione tramite un modello matematico. I modelli descrivono il funzionamento del sistema economico. La scelta degli obiettivi Gli obiettivi dell’intervento pubblico vengono scelti e perseguiti per motivazioni collettive e non individuali: l’intervento deve essere capace di superare e risolvere le carenze del mercato ( i fallimenti dello stesso ). Una scelta è ottimale quando, dati i vincoli esistenti l’operatore può massimizzare i suoi obiettivi. Nello spettro della scelta sociale esistono obiettivi NON paretianamente efficienti (cioè che implicano un guadagno per qualcuno ed una perdita per qualcun altro)? Scelta sociale e criterio paretiano Nonostante il criterio paretiano offra una regola di scelta sociale che assicura l’efficienza (seppur generando un ordinamento incompleto) nella scelta tra gli “ottimi” possibili si crea comunque un conflitto DISTRIBUTIVO: l’esistenza di più ottimi implica necessariamente la scelta tra vari obiettivi, i quali potrebbero favorire qualcuno e svantaggiare qualcun altro. Non basta operare delle scelte guardando solo al criterio dell’efficienza; si può scegliere mediante una funzione del Benessere Sociale (FBS) che può essere rappresentata mediante curve di indifferenza sociale. I SMS di curve di indifferenza sono costanti! Indipendentemente che siano curve convesse o rette. La curva di trasformazione rappresenta la massima utilità di un individuo per ogni livello di utilità dell’altro (luogo dei punti di ottimo paretiano dell’economia). A,B,C sono tutti ottimi (tra loro non confrontabili) ma non sono uguali al punto di vista distributivo dei beni, è una curva concava. Il metodo di scelta degli obiettivi 1. OBIETTIVI FISSI (non sempre possibile): il policy maker decide il valore di un determinato obiettivo (ad esempio massimizzare disoccupazione e inflazione) decisione ex-ante. 2. IL METODO DELLE PRIORITA’: si fissa un obiettivo e lascio che l’altra variabile si muova da sola (decido U e lascio che l’inflazione si muova). 3. OBIETTIVI FLESSIBILI CON SMS VARIABILE 4. OBIETTIVI FLESSIBILI CON SMS COSTANTE 1 OBIETTIVI FISSI La curva di trasformazione indica il massimo valore raggiungibile di una variabile – obiettivo per ogni dato livello dell’altra variabile obiettivo. Il punto sulla curva è scelto dalla collettività. Si fissa un punto sul vincolo e si assume che lo Stato sia sempre perfettamente informato sul vincolo che si trova a fronteggiare (quindi lo Stato è sempre in grado di raggiungere A). 2 METODO DELLE PRIORITA’ 20 Qualora vi sia incertezza da parte dello Stato circa la posizione della curva di trasformazione, il policy maker fissa il valore dell’obiettivo prioritario e massimizza (o minimizza nel caso della curva di Phillips poiché le curve più sono distanti dall’origine e più indicano un peggioramento del benessere sociale) quello dell’altro obiettivo. Obiettivi flessibili Quando il SMS è flessibile, le curve di indifferenza sociale (o isobenessere) sono convesse. La scelta dell’operatore pubblico sarà la massimizzazione del benessere sociale (problema di massimizzazione vincolata) dato il vincolo delle risorse A. A è il punto di tangenza tra la curva di trasformazione, che rappresenta il vincolo nelle scelte dell’operatore pubblico e la curva di indifferenza sociale (luogo di tutte le possibili combinazioni dei due obiettivi affinché il benessere non cambi (W)) che rappresenta i livelli di benessere della collettività; il punto di tangenza rappresenta il punto di massimo benessere sociale. SMS tra obiettivi Data una funzione di benessere sociale con due obiettivi (U e inflazione)  W= f (Ṗ ; U) dove W sta per benessere sociale e il saggio marginale tra i due obiettivi rappresenta il rapporto al quale è possibile “scambiare” le quote degli obiettivi e mantenere invariato il benessere sociale. SMS variabile: la curva di indifferenza è curvilinea e il SMS varia a seconda di quanto variano U e inflazione. SMS costante: curva di indifferenza lineare, e cioè quando lo scambio tra inflazione e disoccupazione non fa variare il benessere sociale (W) 3 OBIETTIVI FLESSIBILI CON SMS VARIABILE Il valore degli obiettivi non è fissato ex ante dal policy maker, ma è ricavato mediante la massimizzazione di una funzione di benessere sociale (la curva d indifferenza) dato il vincolo della curva di trasformazione 4 OBIETTIVI FLESSIBILI CON SMS COSTANTE Ad esempio: W= aYn + bYs  Yn = W/a – (b/a) Ys L’indice di malessere di Okun L’indice di malessere di Okun è una funzione di “benessere” sociale data da: upW   e si ricava a partire da una tipica funzione di BS  dove a e b sono i pesi attribuiti ai due mali dal policy maker (quindi i mali vengono ponderati). (b/a) rappresenta il SMS costante e qualora a=b=1 e quindi i due mali hanno lo stesso “peso”, la stessa importanza relativa, si giunge alla formula precedentemente esplicata. GLI STRUMENTI L’utilizzo degli strumenti per il/i policy maker/s dipendono dal contesto, ma per poter essere tali devono avere queste 3 proprietà: 1. CONTROLLABILITA’: uno strumento è tale se il policy make ne può alterare il valore. Esistono degli strumenti che in alcune condizioni non divengono più controllabili, come nel caso del tasso di cambio nel momento in cui si entra in un’UM (trattato di Maastricht); 21 esistono inoltre dei vincoli al loro uso, sempre derivanti dal trattato, come nel caso del deficit di bilancio inferiore/uguale al 3% del PIL. 2. EFFICACIA: la relazione tra obiettivo e strumento deve avere una derivata non nulla. La politica monetaria non è efficace rispetto alla domanda (sintesi neoclassica) 3. INDIPENDENZA (o separabilità): gli strumenti devono avere efficacia diversa su obiettivi diversi  n strumenti maggiore/uguale del n obiettivi. I tipi di strumenti  intensità di introduzione:  Politiche quantitative: politiche in cui si varia il valore di uno strumento già esistente;  Politiche qualitative: introduzione di un nuovo strumento o l’eliminazione di un altro Cambiamento parametrico  Politiche di riforma: introduzione di un nuovo strumento con modifiche sostanziali Cambiamento strutturale.  modalità di azione:  Controllo diretto: lo strumento ha effetto sull’obiettivo imponendo un comportamento (uso del casco)  Controllo indiretto: inducono un determinato comportamento (pagamento delle spese mediche a fronte di un incidente)  libertà del policy maker:  Misure discrezionali: il policy maker decide volta per volta se e come variare un determinato strumento  è una misura che subisce ritardi (di percezioni, di decisione e di effetti sulle politiche)  Regole automatiche: la variazione di uno strumento segue le oscillazioni cicliche del sistema economico  il policy maker non decide. Le regole automatiche subiscono ritardi solamente negli effetti e sono stabilite su regole fisse; un esempio di regole sono gli Stabilizzatori Automatici (sussidi, imposizione progressiva) i quali agiscono in automatico a fronte di sbalzi ciclici positivi e negativi. LE VARIABILI DEL MODELLO DI POLITICA ECONOMICA Esistono due tipi di variabili:  Variabili esogene : variabili che all’interno del modello influenzano altre variabili ma non sono determinate dal modello preso in esame Strumenti (G) e dati (I, c);  Variabili endogene : variabili che sono influenzate da altre variabili e che ne influenzano altre. Obiettivi (N); variabili irrilevanti (Y, C) Le variabili possono essere di definizione, di comportamento, tecniche, di equilibrio, istituzionali. MODELLI DI POLITICA ECONOMICA  Forma strutturale: esprime le relazioni tra variabili che descrivono la realtà economica; rappresenta variabili endogene in funzione di variabili esogene ed altre endogene.  Forma ridotta: dalla forma strutturale passo alla forma ridotta eliminando per sostituzione tutte le variabili irrilevanti e si esprimono gli obiettivi (Y endogeni) in funzione degli 22  Elettori con “memoria corta”, cioè votano considerando solamente la situazione economica attuale.  Elettori maggiormente interessati al reddito (Y) e alla disoccupazione (U) piuttosto che all’inflazione. Le tesi:  Per essere rieletti i politici fanno una politica espansiva (Y cresce; U diminuisce); una volta eletti fanno una politica rielettiva per l’aumento dell’inflazione (comportando uno spostamento verso l’alto della curva di Phillips) il risultato è un’instabilità dell’economia per effetto del ciclo causato dalla politica. Conseguenza dell’opportunismo: corruzione La corruzione è quel fenomeno che fa prendere al politico una determinata decisione, che in buona fede non avrebbe preso, poiché ha ricevuto “la tangente”. Le conseguenze economiche di questo fenomeno ricadono sull’equità e sull’efficienza: sull’equità perché il politico si arricchisce e l’impresa che non ha pagato la tangente ne risulterà svantaggiata; sull’efficienza perché ostacola la nascita di nuove imprese, penalizzando l’innovazione e scoraggiando gli investimenti esteri. Si deve rinunciare allora all’intervento pubblico? Secondo i sostenitori del Public Choice (tesi estremamente liberista) i fallimenti dello Stato implicano una rinuncia allo stesso; in molti casi è probabile che si perdono i benefici dell’intervento pubblico, come – ad esempio – agevolazioni per gli invalidi, che se fossero eliminate, andrebbero a risolvere il problema di coloro che dichiarano mendacemente la propria invalidità, ma svantaggerebbero chi lo è davvero. Quando si può parlare di fallimento dello Stato Da un punto di vista grafico vi è la frontiera delle utilità possibili che incontra la curva di benessere sociale (o isobenessere) nel punto A. Questo punto è equo ed efficiente; è pur vero che una posizione non efficiente (B) non è detto che sia un fallimento, poiché una situazione di fallimento (punto E) si ha quando l’intervento dello Stato è peggiorativo rispetto allo status quo, ma non per questo è giusto pensare che debba essere eliminato a priori. Soluzione La soluzione ai fallimenti dello Stato sono:  Creazione di regole fisse, così da ridurre sempre di più la discrezionalità di politici e burocrati;  Definire un sistema elettorale efficace e l’applicazione di regole in grado di sanzionare continuamente i responsabili dei fallimenti dello Stato, selezionando inoltre coloro che sono meno propensi a fare politica solo per motivazioni estrinseche e opportunistiche.  Definire criteri di retribuzione dei burocrati che li incentivano a comportamenti corretti (tuttavia la retribuzione legata ai risultati è difficile da perseguire) SLIDE 7: LA BILANCIA DEI PAGAMENTI Con il termine economia aperta si intende la possibilità di ciascun paese si effettuare scambi commerciali e finanziari con il Resto del Mondo (RdM). La registrazione sistematica di tutti gli scambi commerciali (Partite Correnti) e finanziari (Movimenti di capitale) tra paesi è raccolta in un documento contabile chiamato BILANCIA DEI PAGAMENTI (BP). La bilancia dei pagamenti (o meglio il suo equilibrio) rappresenta un nuovo obiettivo (o vincolo) per l’azione pubblica, la quale 25 può avvalersi di nuovi strumenti: le politiche del tasso di cambio (e) – per via della valuta estera – (oltre che i “soliti”: politica fiscale e monetaria) e politiche dei prezzi e dei redditi. LA BILANCIA DEI PAGAMENTI Nella bilancia dei pagamenti si registrano:  A credito: le transazioni che comportano un incasso per il paese considerato (es: Italia) dal RdM; si registra perciò un afflusso di capitali (valuta estera): esportazioni di beni e servizi; vendita di titoli nazionali ai non residenti (ai residenti esteri).  A debito: le transazioni che comportano un pagamento per il paese considerato verso il RdM; si registra un deflusso di capitali (valuta estera): importazioni di beni e servizi; acquisto di titoli esteri da parte dei residenti. La bilancia dei pagamenti si compone di: MOVIMENTI DEI BENI (O PARTITE CORRENTI – PC): che a sua volta si divide in:  Conto corrente , al cui interno vi è l’import/export di merci, servizi, redditi ei trasferimenti unilaterali.  Conto Capitale , al cui interno vi sono diritti d’autore, brevetti, transazioni di beni capitali, avviamento commerciale. CONTO FINANZIARIO (O MOVIMENTI DI CAPITALE – MK): in cui si ha: Investimenti diretti: acquisto/vendita di azioni e partecipazioni finalizzate al controllo di imprese dislocate all’estero. Investimenti di portafoglio: acquisto/vendita di azioni e partecipazioni senza controllo: obbligazioni; SALDO CONTABILE: C/C + C/CAP + C. FINANZ. VARIAZIONE DI RISERVE UFFICIALI: rappresentano tutte le altre attività con cui le autorità fronteggiano eventuali problemi nella bilancia dei pagamenti (oro; valuta estera; altre attività) SALDO ECONOMICO: C/C+C/CAP+C.FIN – VAR.RIS.UFF. BP = PC + MK IL TASSO DI CAMBIO NOMINALE Negli scambi tra i vari operatori (o meglio i vari paesi) ogni transazione di merce, servizio e titoli genera un nuovo mercato: domanda e offerta di valuta estera. Il tasso di cambio rappresenta “il prezzo di una moneta in termini di un’altra moneta”, cioè il prezzo di 1 unità di valuta nazionale (€1) in termini di valuta estera (dollari). e= $ € 1 Tale prezzo, il cambio, può definirsi: 1. Certo per incerto: quando l’unità di riferimento è quella nazionale; questo tipo di cambio è oggi adottato per l’€. Il cambio si apprezza (deprezza) quando aumenta (diminuisce) 2. Incerto per certo: quando l’unità di riferimento è quella estera. Dati n paesi il tasso di cambio nominale effettivo è la media ponderata di n – 1 tassi di cambio bilaterale, i cui pesi sono dati dal numero di transazioni commerciali tra paesi. Come ogni prezzo, anche il tasso di cambio, risente della domanda e dell’offerta (in questo caso di valuta estera) Quando la DOMANDA DI VALUTA aumenta, il cambio si deprezza (e viceversa). CAMBI FISSI E FLESSIBILI 26 La Banca Centrale ha il potere di regolare la variazione del tasso di cambio nominale bilaterale (diverso dal tasso di cambio nominale effettivo).  In cambi flessibili: vi è libertà di fluttuazione del prezzo, risultante di D e S relativa di valuta. La BC interviene in modo discrezionale, non obbligatorio.  In cambi fissi: le autorità monetarie di due paesi hanno fissato per legge la parità tra le 2 valute, mediante accordi (SME prima dell’Unione Monetaria in Europa). Il cambio, seppur fisso, può prevedere delle bande di oscillazione, differentemente dal caso precedente, la BC è obbligata a intervenire per bloccare il tasso di cambio, mediante operazioni di acquisto o vendita di valuta nazionale/estera. Il cambio fisso potrebbe avvantaggiare l’attacco degli speculatori poiché scommettono sulla svalutazione di una valuta. Cambi Flessibili Il tasso di cambio nominale bilaterale è determinato in un mercato delle valute (o dei cambi), nel quale domanda e offerta di valuta si confrontano Le esportazioni generano OFFERTA di valuta (X  S); le importazioni generano domanda di valuta estera (M  D). Se BP > 0 (surplus) vuol dire che vi è eccesso di D di € nel mercato della valuta e cioè un eccesso di offerta di valuta estera (X >M  e aumenta (apprezzamento)). La BC cede € e l’offerta di dollari aumenta  + riserve. Se BP < 0 (deficit) vuol dire che vi è un eccesso di S di € nel mercato e cioè un eccesso di domanda di valuta estera (M > X  e diminuisce (deprezza)). Può avvenire la fluttuazione sporca quando la BC utilizza le variazioni di riserve per manovrare il cambio. Cambi fissi In questo caso il tasso di cambio nominale bilaterale è determinato mediante l’accordo tra due paesi, che definisce la PARITA’, cioè i valori a cui i tassi devono essere ancorati  a fronte di oscillazioni in positivo o negativo la BCE è obbligata ad intervenire. Se BP > 0 vi è un eccessi di domanda di € nel mercato = eccesso d offerta di valuta estera e quindi la BC cede € in cambio di valuta estera (+ riserve di v.estera). Se BP < 0 vi è un eccesso di offerta di € = eccesso di domanda di valuta estera e quindi la BC li assorbe e cede valuta estera (– riserve di valuta estera). SE IL MANTENIMENTO DELLA PARITA’ E’ INSOSTENIBILE, LE AUTORITA’ CONCORDANO UN NUOVO VALORE DI PARITA’, E PIU’ PRECISAMENTE LA PARITA’ AUMENTA SE LA BP > 0 E VICEVERSA. IL TASSO DI CAMBIO REALE BILATERALE Il tasso di cambio reale è un indicatore sintetico della competitività di un paese negli scambi internazionali e di conseguenza definisce in una qualche misura anche il prezzo delle merci. E’ dato da: er= P ×e Pw in termini statici; dove P sono i prezzi interni, “e” il tasso di cambio nominale, Pw i prezzi esteri; Se il numeratore aumenta il paese diviene meno competitivo (er aumenta); se denominatore aumenta il paese diviene + competitivo (er diminuisce). ėr=Ṗ+ė−P˙ w in termini dinamici. VARIAZIONI DEL CAMBIO NOMINALE SUI MOVIMENTI DEI BENI 27 Il modello non considera l’inflazione come determinante dell’equilibrio complessivo, infatti P è esogeno ed è un dato; abbiamo però come strumento il tasso di cambio. La curva della BP, nel caso di buona (ma non perfetta) mobilità dei capitali è più piatta (meno inclinata) della curva LM (i cui spostamenti dipendono tra l’altro dal saldo della BP)  Ogni curva è creata immaginando un determinato tasso di cambio (e). Effetti di una svalutazione del tasso di cambio (e) in regime di cambi fissi Se vi è una svalutazione del tasso di cambio (e < ē) la BP si sposta verso il basso (e viceversa); avrò quindi maggiori combinazioni di Y e i che mi portano la curva BP in equilibrio. Deprezzando, inoltre, le PC (partite correnti) vanno in avanzo (PC > 0) ed avrò un deflusso di capitali (MK < 0). Se e diminuisce allora (X – M) aumenta e la IS si sposta a destra (IS  IS’) (se Y aumenta i aumenta  BP > 0); nel punto B vi è un nuovo equilibrio interno (cioè un equilibrio in economia chiusa) dato dall’unione di IS’ e LM, il quale comporta un aumento dell’afflusso di capitali verso l’estero ed una diminuzione delle PC. La BCE allora, per riportare l’equilibri complessivo dei tre mercati emette moneta nazionale (+ RISERVE), aumentando così l’offerta di moneta (Ls), la quale infine sposterà a destra la curva LM (LM  LM’) – punto C. La curva LM inoltre si è spostata verso destra perché un aumento delle esportazioni nette ( X – M) ha portato ad un incremento del reddito reale (Y aumenta) e del tasso (i aumenta), accrescendo il surplus della bilancia dei pagamenti, il quale ha portato ad un aumento della quantità di moneta (Ls aumenta) e quindi LM si sposta a destra. (Se BP > 0 allora LM ) I limiti del modello Mundell – Fleming e la possibilità di superarli Tale modello presenta alcune limitazioni: 1. I prezzi sono costanti e dati, infatti è un modello possibile solo nel brevissimo periodo, poiché nella realtà una svalutazione tende ad essere seguita da un’inflazione; un modello che non considera i prezzi come variabili, assume che il tasso d’interesse nominale sia uguale a quello reale (i = i r), il quale nella realtà influenza le scelte d’investimento dell’impresa. 2. E’ valida la critica di Lucas: nel modello non si considerano le aspettative sulla variazione del tasso di cambio. 3. Si guarda all’equilibrio complessivo della BP e non al suo equilibrio pieno, infatti avere le PC in avanzo è più importante che avere una BP in equilibro. 30 Le movimentazioni dei capitali in avanzo (MK > 0 ) si traducono in una vendita dei titoli di stato all’estero, comportando un aumento del debito estero, e quindi dovrò rimborsare gli investitori internazionali problemi di solvibilità. 4. Nei confronti dell’estero sono considerati i flussi e non gli stock di debito e credito(?) SLIDE 8 – CAPITOLO 12: GLI OBIETTIVI MACROECONOMICI E LA POLITICA MONETARIA L’economia monetaria L’economia monetaria è un sistema economico nel quale le transazioni sono regolate dalla moneta (e non dal baratto); ed è inoltre caratterizzata dal trasferimento di risparmio dalle unità in surplus (famiglie) alle unità in deficit (imprese e P.A.). La moneta è un mezzo che svolge 3 funzioni: − Unità di conto (numerario): serve a esprimere i prezzi dei beni; − Mezzo di pagamento: trasferisce valore tra i soggetti; − Riserva di valore: cioè un mezzo per poter trasferire potere d’acquisto nel tempo. I mezzi di pagamento comunemente accettati e che possono fungere da moneta sono: − Moneta legale: le banconote emesse dalla BCE (autorità titolare della politica monetaria) e l’accettazione di esse come mezzo di pagamento è imposto per legge (CORSO FORZOSO, cioè l’uso della moneta imposto dallo Stato ≠ CORSO LEGALE, che significa che la moneta ha potere liberatorio – dei debiti ad esempio –) − Depositi bancari: circolano mediante assegni e sono su base fiduciaria − Altri mezzi di pagamento: certificati di deposito, raccolta bancaria pronti c/o termine. Gli intermediari finanziari Gli intermediari finanziari, insieme con i mercati finanziari (o mercati dei capitali) consentono il suddetto trasferimento dei crediti dalle unità in surplus (le famiglie, il cui reddito in parte è consumato ed in parte risparmiato) alle unità in deficit (le imprese, le quali si trovano in eccesso di spesa poiché domandano una quantità di beni superiore al loro reddito INVESTIMENTO). I crediti DIRETTI (obbligazioni, prestiti) sono negoziati nei mercati finanziari, i quali possono essere primari (titoli di nuova emissione) secondari (titoli già emessi) e derivati (titoli legati ad altri titoli); un paese il cui sistema finanziario si basa su questi mercati è detto MERCATOCENTRICO (market-based – Inghilterra). Gli intermediari finanziari invece fungono da mediatore nel trasferimento dei crediti, detti INDIRETTI, e ne sono esempi le banche, società di leasing, factoring, credito al consumo, fondi comuni d’investimento. Mediante tali soggetti si può abbassare il costo del credito per 3 motivi: − Utilizzo di economie di scala e di varietà: si riducono i costi di gestione grazie alla loro specializzazione ma anche per l’esistenza di costi fissi di informazione sulla qualità e i rischi del prenditore di fondi (unità deficit). − Diversificazione dei rischi, mediante la diversificazione del portafogli dei piccoli risparmiatori in aggiunta ad una cessione del credito a persone fidate, così da ridurre il rischio di insolvenza. − Trasformazione qualitativa del credito, cioè gli intermediari possono raccogliere fondi a breve scadenza e trasformarli in prestiti a lunga scadenza (tenendo per loro una riserva precauzionale – o riserva libera), così da allungare la scadenza del credito. separazione tra crediti a breve e a medio-lungo termine:  Banche di tipo inglese: vi sono banche specializzate nel credito a breve termine e banche di credito a lungo termine; i mercati finanziari sono considerati più efficienti nell’allocazione delle risorse e consentono una diminuzione delle asimmetrie informative. La critica mossa nei confronti dei mercati finanziari è che spesso gli speculatori sono interessati maggiormente ad una remunerazione di breve periodo anziché di lungo periodo. Secondo Keynes i mercati finanziari funzionano come un 31 concorso di bellezza (beauty contest), cioè conta solo la capacità di prevedere il valore futuro dei titoli secondo l’opinione media prevalente, senza tenere conto della redditività di lungo periodo.  Banche di tipo tedesco (detta anche mista o europea): non esiste tale separazione. Il ruolo della Banca Centrale La Banca Centrale è l’autorità preposta alla politica monetaria, e la esercita in modo indipendente dal governo (modello tedesco): si parla di indipendenza economica quando il governo decide gli obiettivi della politica monetaria (stabilità monetaria interna – inflazione; stabilità monetaria esterna – stabilità del cambio; oltre che i livelli di reddito e occupazione), e la BC decide gli strumenti (manovre per variare Ls/P) con cui attuarli; si parla di indipendenza politica quando la BC pone gli obiettivi e sceglie gli strumenti. La BC ricopre alcuni ruoli: 1. Prestatore di ultima istanza: cioè fornisce liquidità ai governi in crisi, coprendo il rischio della “corsa agli sportelli”; 2. Vigilanza bancaria: cioè effettua un controllo sulle banche, anche riguardo la loro condotta, a fronte del “rischio morale” derivante dal precedente ruolo, cioè non consentire alle banche di effettuare operazioni troppo rischiose, sicure di essere “protette” dalla BC. La funzione di regolamentazione include inoltre la fissazione dell’obbligo di mantenere una RISERVA OBBLIGATORIA a fronte dei depositi (oltre che di una riserva libera) 3. Creazione/distruzione della BM (base monetaria): La base monetaria (banconote + altre attività finanziarie) detenibile come riserva dalle banche ordinarie. La banca centrale nazionale perde questo ruolo quando entra in un’Unione Monetaria. Creazione di Base Monetaria da parte della BC IMPIEGHI: DOMANDA CANALI DI CREAZIONE (FONTI): OFFERTA I canali sono individuati come i settori istituzionali che fungono da contropartita alle operazioni di credito della BC. Riserva Libera e Obbligatoria (BMB): cioè quanto viene trattenuto dalle Banche. 1: CANALE ESTERO: se BP > 0 (avanzo), vi è creazione di BM; se BP < 0 (disavanzo) c’è distruzione della stessa. In un regime di cambi fissi la creazione (distruzione) di moneta si vede necessaria per mantenere fisso il cambio, eliminando l’eccesso di domanda o offerta di valuta estera. In regime di cambi flessibili gli interventi della BC sono discrezionali. Uno svantaggio che ha questo canale è la bassa controllabilità, venendo meno alle 3 caratteristiche che devono avere gli strumenti (indipendenza, efficacia, controllabilità) Circolante presso il pubblico (BMP): cioè quanto viene trattenuto dal pubblico. 2: OPERAZIONI DI MERCATO APERTO (O SECONDARIO): acquistando titoli sul mercato integra la BM esistente (e viceversa) 3: CANALE BANCA (“la banca delle banche”): la banca crea base monetaria (POLITICA ESPANSIVA) facilitando il credito alle banche private; oppure può operare una POLITICA RESTRITTIVA aumentando le riserve obbligatorie che le banche devono detenere. Fino al 1981 la Banca d’Italia era tenuta ad 4: CANALE TESORO: La BC crea BM acquistando titoli di Stato sul mercato primario (titoli di nuova emissione) oppure mediante il c/c di Tesoreria e anticipazioni straordinarie. acquistare i BOT che il governo non era riuscito a 32 CAMBI FISSI P.M.E.  Ls aumenta; i diminuisce; LM si sposta a destra. Il punto B di “nuovo” equilibrio interno è un punto di disavanzo (trovandosi sotto la BP), e un disavanzo (avanzo) della Bilancia dei Pagamenti comporta una variazione solo della Base Monetaria affinché si mantenga fisso il cambio. Essendo in disavanzo (BM diminuisce), vi sarebbe un deprezzamento del cambio, e le autorità per evitare che il cambio vada oltre il limite inferiore, cedono valuta estera e acquistano moneta nazionale (Riserve diminuiscono) che comporta un progressivo riassorbimento della liquidità inizialmente creata (BM diminuisce) Ls diminuisce; LM ritorna al punto A; i aumenta; Y diminuisce. PME NON EFFICACE CAMBI FLESSIBILI P.M.E.  Ls aumenta; i diminuisce; LM si sposta a dx. Il punto di equilibrio interno ora è B che però trovandosi sotto la curva BP è un punto di disavanzo BP diminuisce e contestualmente si deprezza il tasso di cambio ( e diminuisce )comportando uno spostamento a destra della IS perché sono aumentate le esportazioni (punto C). La politica monetaria si accompagna alle politiche sul tasso di cambio, ed è tanto più efficace quanto più è perfetta la mobilità dei capitali BP più piatta della LM PME EFFICACE perché Y AUMENTA Indicatori e obiettivi intermedi L’azione della politica monetaria non è sempre di facile prevenzione, a causa della notevole incertezza, con la conseguenza di non raggiungere sempre gli obiettivi finali prefissati. Da qui l’esigenza di porre l’attenzione sulle variabili intermedie, poste tra gli strumenti e gli obiettivi finali:  Indicatori : legati agli strumenti; si tratta di variabili, come il tasso di crescita o il tasso di interesse a breve (tasso sui BOT a 6 mesi), che consentono una valutazione sintetica del grado di espansione o restrizione monetaria anche quando la manovra è affidata a più strumenti.  Obiettivi intermedi : sono variabili che anticipano l’effetto della manovra monetaria sugli obiettivi ultimi, ad esempio gli aggregati monetari (BM, CIRCOLANTE, DEPOSITI, OBBLIGAZIONI). Quando vengono utilizzati gli obiettivi intermedi nella determinazione di un obiettivo finale, si formula uno schema di intervento a DUE STADI (perseguimento dell’obiettivo finale in via indiretta, cioè mediante 35 quello intermedio) oppure se viene perseguito direttamente l’obiettivo finale vi è uno schema di intervento ad UNO STADIO, utilizzato dalla BCE nel raggiungimento dell’INFLACTION TARGETING. [Obiettivi operativi: si trovano in posizione mediana tra gli strumenti e gli obiettivi intermedi, e si tratta di variabili che la BCE osserva quasi senza ritardo e che sono direttamente influenzati dall’uso degli strumenti]. Ritardi negli effetti della Politica Monetaria Ritardo di osservazione: La politica monetaria ha un tempo di attuazione e osservazione uguale alle altre politiche; ha però lo svantaggio di essere più efficace nelle fasi restrittive e questo sia perché il moltiplicatore dei depositi (1/h + j) è più alto in fase restrittiva, e sia perché il livello del tasso di interesse non può scendere oltre una certa soglia positiva se c’è “trappola della liquidità” La trappola della liquidità è una condizione in cui gli operatori economici, a fronte di aspettative negative, preferiscono trattenere l’eccesso di moneta invece che spenderlo (tesaurizzazione); conseguirà un crollo dei tassi di interesse fino quasi allo 0 e la politica monetaria non produrrà più effetti reali sull’economia (cioè le variazioni di base monetaria non avranno effetti sulle variazioni dei prezzi). Ritardo amministrativo: L’indipendenza politica della BCE dal Governo garantisce un ritardo amministrativo della P.M. inferiore a quello della P.F., poiché quest’ultima deve seguire un ITER legislativo prima di essere attuata. Ritardo negli effetti: La PM ha un ritardo più elevato perché agisce in modo indiretto sulle variazioni di “i”. (contrastabile inoltre da “h” e “j”). OPERAZIONI NON CONVENZIONALI DELLA BCE Le operazioni non convenzionali della BCE si accompagnano a quelle tradizionali:  QUANTITATIVE EASING: La BC acquista titoli di stato nazionale e privati a lungo termine per abbassare il tasso di interesse del sistema economico.  FORWARD GUIDANCE: La banca centrale annuncia esplicitamente le sue intenzioni per il futuro così da influenzare le aspettative degli operatori e per risultare più credibile (ad esempio: per mantenere bassi i tassi di interesse fin quando l’inflazione rimane al di sotto degli obiettivi). SLIDE 9 – CAPITOLO 13: LA POLITICA FISCALE La politica fiscale consiste nell’uso del bilancio dello Stato e di altre istituzioni pubbliche per conseguire obiettivi di variazione del reddito e dell’occupazione nel breve periodo. I soggetti della politica fiscale sono: il settore statale, le amministrazioni pubbliche, le aziende pubbliche, gli enti di previdenza. IL BILANCIO PUBBLICO (grandezza flusso) ENTRATE (T) USCITE (G) Entrate correnti (T): imposte su patrimonio, consumo, reddito. Conto Corrente: Consumo pubblico (Cg), come stipendi dei dipendenti + acquisti per pubblici servizi; Trasferimenti correnti, alle famiglie, alle imprese (Trc) Contributi sociali: verso i contributi per la pensione o per quando e se andrò in Cassa Int. Conto Capitale: Investimenti pubblici (Ig); Trasferimenti alle imprese pe agevolarle negli investimenti (Trk) = T = SPESA PUBBLICA PRIMARIA T – SPESA PUBB. PRIMARIA = SALDO PRIMARIO + INT = TOTALE SPESA PUBBLICA Interessi sul Debito Pubblico (INT): tanto più alto è il tasso “i” sul debito, tanto maggiore è la quota di bilancio che va agli interessi. T – TOTALE SPESA PUBBLICA = SALDO COMPLESSIVO: alla luce della condizione del Trattato di Maastricht deve essere inferiore o almeno uguale al 3%. 36 Diversi sistemi di imposizione fiscale Le entrate tributarie T, al netto dei trasferimenti, influiscono sia sul consumo (C=f(Y ; T)) sia sull’investimento (I=g(i ; T) e se quando sono rapportate al PIL rappresentano la PRESSIONE FISCALE (t = T/Y) dove “t” è anche detta ALIQUOTA MEDIA. L’imposizione si divide in: a) Imposizione in somma fissa: quando l’imposta è determinata su un valore assoluto indipendente dal reddito (Y) degli individui.  T=Ŧ. Quando l’imposizione è in somma fissa, e il consumo dipende dal reddito (C= c ● (Y – T)), il moltiplicatore della tassazione −c (1−c) è minore di quello della spesa pubblica 1 (1−c) perciò anche se aumenta la spesa pubblica e la tassazione di pari importo, avrò comunque un effetto moltiplicativo della spesa pubblica. b) Imposizione proporzionale: quando l’imposta è collegata al livello del reddito, ma è una quota costante di esso (ad esempio il 20% sul reddito, indipendentemente da quanto sia elevato). Nell’imposizione proporzionale l’aliquota media è uguale all’aliquota marginale (t’), la quale rappresenta la percentuale dell’ultimo scaglione di reddito che deve essere pagata in imposte. Il moltiplicatore sarà 1 1−c (1−t) e T = t ● Y. Più è alto “t” e minore sarà il moltiplicatore. c) Imposizione progressiva (Es: IRPEF): quando si applica un’aliquota di imposta crescente rispetto al reddito (Y aumenta; t aumenta) e l’aliquota media è inferiore all’aliquota marginale ( t < t’). Gli effetti sul reddito di un’imposizione progressiva saranno: Y= 1 1−c (1−t) [G+ I ] quindi variazioni della spesa autonoma [A= G + I] fanno variare anche il reddito (pro-capite  Ŷ) e l’aliquota “t”. Se A aumenta il moltiplicatore diminuisce e l’aumento di reddito (Y) sarà “frenato” da queste variazioni in senso opposto del moltiplicatore dovute a variazioni dell’aliquota media. Gli effetti sul reddito, a fronte di un aumento della spesa autonoma A, in presenza di imposizione progressiva sono: 1. Stabilizzazione automatica del reddito , che si verifica quando in aumento della spesa autonoma(G) fa sia aumentare il reddito pro-capite (Ŷ), sia, di conseguenza, l’aliquota media “t”; l’aumento di “t” fa ridurre il moltiplicatore 1 1−c (1−t) e quindi “smorzerà” l’aumento del reddito (Y) generato dall’aumento del reddito pro-capite. 2. Drenaggio fiscale (fiscal drag) : di contro, può aversi se nel modello consideriamo le grandezze in termini reali e non nominali (cioè consideriamo la variazione dei prezzi). Il fiscal drag si ha quando: un aumento della domanda aggregata comporterà un aumento dei prezzi, che andranno ad aumentare i salari NOMINALI (e non quelli reali, cioè il potere d’acquisto) e la relativa tassazione su di essi. Il risultato è un aumento del prelievo fiscale senza un reale aumento del reddito. Il fiscal drag può essere contrastato mediante il credito di imposta equivalente (si tratta di ogni genere di credito di cui sia titolare il contribuente nei confronti dello stato) e quindi una sorta di restituzione del fiscal drag, oppure mediante un’indicizzazione degli scaglioni di reddito (cioè un agganciamento di deduzioni e aliquote all’inflazione) Imposte ed equità Il gettito fiscale T e l’efficacia perequativa delle imposte, cioè un’azione che ha lo scopo di eliminare le discriminazioni, sono indeboliti da:  Erosione: per motivi di tutela posso dedurre totalmente o parzialmente una parte della base imponibile. In questo modo vengono avvantaggiati i più svantaggiati (es: le donne lavoratrici part-time)  Elusione: Trovare un modo legale per pagare meno tasse (come nel caso di Apple, Amazon, che godono di imposizioni fiscali inferiori poiché essendo e-commerce possono avere sedi legali in paesi con più basse tasse). In questo modo si crea una distorsione distributiva, sia sul bilancio pubblico sia sull’equità. 37 Finanziamento con Base Monetaria e inflazione Il finanziamento mediante politiche monetarie può essere molto efficace sul reddito (Y) ma comporta un aumento indesiderato del tasso di inflazione Ṗ (Po P1 e Uo U1), che porta a non effettuare le politiche monetarie espansive necessarie. Il policy maker dovrà allora adottare politiche dell’offerta che spostino la curva di Phillips verso il basso (retta a  retta b). POLITICA FISCALE ESPANSIVA (non finanziata da BM) – ECONOMIA APERTA CAMBI FISSI E CAPITALI MOBILI Si opera una p.f.e. (IS IS’) e si trova il punto B, il quale è un punto in avanzo. Il cambio essendo fisso non può “far muovere” la curva BP verso l’alto, quindi le autorità aumentano le riserve (+ riserve) e la LM si sposta a destra (punto D). *La Politica Fiscale è MOLTO EFFICACE (il tasso di interesse aumenta un po’); se i capitali fossero stati perfettamente mobili (BP orizzontale), la politica fiscale sarebbe totalmente efficace (i non aumenta). CAMBI FISSI E CAPITALI POCO MOBILI Si opera una p.f.e. (IS  IS’) e il nuovo equilibrio interno è B, che però è un punto in disavanzo, trovandosi sotto la curva BP. I cambi sono fissi, perciò non può variare il cambio, ma varierà di conseguenza l’offerta di moneta (LM  LM’) Punto C. Nel punto C vi è stato un aumento del reddito (Yo Y1), ma a causa di una retroazione monetaria non è stato completo (Y2). *La Politica Fiscale è POCO EFFICACE perché i capitali (MK) sono poco mobili e l’espansione del reddito non è stata massima. CAMBI FLESSIBILI E PERFETTA MOB MK Si opera una p.f.e. (IS  IS’) e il nuovo equilibrio interno (punto B) è un punto di avanzo (BP > 0) perché si trova sopra la curva della bilancia dei pagamenti. Il cambio è flessibile (quindi può variare) e nello specifico aumento a causa di un aumento del tasso di interesse “i”, il quale comporta un apprezzamento del cambio (e aumenta), una PERDITA di competitività per il paese considerato e infine una riduzione delle esportazioni nette (X diminuisce) che riporta la curva IS al punto iniziale (IS’ IS) punto A. *La Politica Fiscale è TOTALMENTE INEFFICACE. CAMBI FLESSIBILI E CAPITALI POCO MOBILI Si opera una p.f.e. (IS IS’) e il “nuovo” equilibrio interno è rappresentato dal punto B, il quale però è un punto di disavanzo (BP < 0) poiché si trova al di sotto della curva della BP. Un punto di disavanzo implica un deprezzamento del tasso di cambio (e diminuisce) che fa spostare a destra la curva della BP e la curva IS comportando un ulteriore aumento del reddito (Y) poiché il paese è diventato Più COMPETITIVO e le esportazioni nette sono aumentate (X aumenta) (IS’  IS’’) (BP BP’) Punto C. *La Politica Fiscale è MOLTO EFFICACE. Quando i cambi sono fissi, si varia l’offerta di Quando i cambi sono flessibili si varia il cambio 40 moneta per raggiungere l’equilibrio; In cambi fissi una politica fiscale espansiva fa aumentare sia il reddito che il tasso di interesse (Y e i aumentano) e: a) Se i capitali sono molto mobili (MK aumenta) la bilancia dei pagamenti sarà in avanzo e quindi aumenterà Ls; b) se vi è una diminuzione delle partite correnti (PC diminuisce) la bilancia dei pagamenti sarà in disavanzo e la Ls scende. e quindi la curva BP. In cambi flessibili una politica fiscale espansiva fa aumentare sia il reddito che il tasso di interesse (Y e i aumentano) e: a) se i capitali sono molto o perfettamente mobili (MK aumenta) un aumento di “i” comporta un apprezzamento del tasso di cambio (e) che fa ridurre il reddito (Y); b) se i capitali sono poco mobili, una riduzione delle PC porterà la bilancia dei pagamenti in disavanzo, con il conseguente deprezzamento del tasso di cambio ed un aumento del reddito. Cos è il debito pubblico Il debito pubblico è il debito che ha lo Stato nei confronti di altri soggetti economici (nazionali o esteri) i quali hanno sottoscritto un credito allo Stato sottoforma di obbligazioni o titoli di Stato; lo scopo è la copertura del fabbisogno monetario del paese richiedente e i relativi interessi. Il debito pubblico potrebbe crescere senza limiti, teoricamente, sia in misura assoluta che in rapporto al PIL; la sua misura è data dal rapporto tra DEBITO/TOTALE ATT. FIN, oppure: B PY B: stock deficit passati; PY: flusso annuo del reddito (PIL) Per poter controllare questo rapporto è importante mantenere ad un livello basso la spesa per gli interessi sul debito ( i ● B), componente della voce “totale spesa pubblica) del bilancio statale. Quando il debito diventa insostenibile (anche se c’è qualcuno che sostiene “non esiste un debito pubblico insostenibile” poiché conta la dinamica del PIL, cioè le entrate statali), vi sono due possibili esiti: a) Dichiarare l’insolvenza; b) Totale o parziale cessazione del credito ai finanziatori (i “mercati”). Le cause di crescita del debito pubblico Dal rapporto B PY prendiamo i tassi di variazione, e otteniamo la VERSIONE DINAMICA: Ḃ - Ṗ - Ẏ. Se Ḃ > Ṗ - Ẏ il rapporto debito/PIL aumenta; se Ḃ < Ṗ - Ẏ il rapporto diminuisce. L’aumento del debito, in assenza di finanziamento monetario e in pareggio di bilancio (G=T) cresce all’aumentare solo degli interessi maturati sullo stock di debito ( i ● B) perché: ∆B=(G – T) + i ● B e Ḃ=∆B/B  (0 + i ● Ƀ)/Ƀ )/Ƀ)/Ƀ  Ḃ = i e quindi alternativamente possiamo scrivere: i - Ṗ - Ẏ ; si può concludere quindi affermando che se il tasso di interesse reale è maggiore del saggio di crescita del PIL ( i - Ṗ > Ẏ)  Se G > T (deficit primario, perché si escludono gli interessi), allora il debito cresce maggiormente;  Se T > G (surplus primario) il debito cresce meno Il debito pubblico in Italia In Italia nel corso degli anni 80 e dei primi anni 90, vi fu una crescita del rapporto debito/PIL, dovuta innanzitutto ad un aumento dei tassi di interesse mondiali, per via di una stretta monetaria negli Stati Uniti; il “divorzio” tra BC e Tesoro comportò un aumento dei tassi di interesse interni poiché un accresciuto controllo della Banca d’Italia sulla base monetaria consentì l’adozione di politiche monetarie moderatamente restrittive (sancendo la fine della politica monetaria accomodante); una debole crescita del PIL per la suddetta politica e per la politica del “CAMBIO FORTE”. POLITICHE DI RIENTRO DEL DEBITO PUBBLICO La riduzione del rapporto fra debito pubblico e prodotto interno lordo (PIL) è possibile mediante molteplici strumenti:  Disconoscimento del debito , da evitare per via di possibili disastri sulla reputazione del paese che ha contratto il debito; 41  Politiche di sviluppo del reddito (Y) , le quali troverebbero però difficoltà di attuazione qualora si volesse aumentare la spesa pubblica e vi sia un elevato debito pubblico. Più utili sarebbero invece alcune politiche di ricomposizione della spesa pubblica (G) e dei tributi (T), oppure politiche strutturali dell’offerta (approfondire on line).  Politiche del Saldo primario (caso italiano): mediante le quali si creerebbe un avanzo primario (T > G, senza contare gli interessi calcolati sul debito pubblico) che ridurrebbe il rapporto B PY . Tuttavia, una riduzione della spesa primaria ed un aumento delle entrate comporta effetti negativi sul reddito. Si può percorrere la via delle PRIVATIZZAZIONI delle imprese pubbliche, così da ridurre il fabbisogno finanziario netto.  Politiche del tasso di interesse sul debito pubblico (scelta più sensata): cioè una diminuzione del tasso “i”, attuabile mediante: a) Gestione adeguata del debito pubblico, ottenuto attraverso le ASTE, così da abbassare il costo del servizio del debito, e allungando la scadenza del debito (specialmente quando vi sono tassi di interesse bassi); b) Operazioni di mercato aperto: vendendo il debito alle banche ottengo più liquidità, riducendo così il tasso di interesse richiesto dai sottoscrittori; c) Strumenti di controllo diretto (a partire dal 1973), attuabili obbligando le banche nazionali ad acquistare titoli del debito pubblico. d) Riduzione della mobilità dei capitali (MK), così da mantenere tassi interni più bassi che all’estero, oppure l’introduzione dell’imposta sugli impieghi di capitali all’estero (TASSA DI TOBIN – è una tassa sulla durata di detenzione di un titolo, cioè tanto minore è la detenzione di un titolo nel portafogli e maggiore sarà il valore della tassa). e) Rafforzare la stabilità del cambio e indurre la fiducia degli investitori nella solvibilità del governo, in modo da ridurre i tassi “i” interni (agendo perciò sulle aspettative). SLIDE 10 – CAPITOLO 3 “TEMI SCELTI”: L’INCOERENZA TEMPORALE Regole e discrezionalità della Politica Economica Nella Politica Economica parliamo di regole e discrezionalità nell’ambito del grado di libertà di azione da lasciare ai policy makers: la discrezionalità prevede un ampio grado di libertà, unito con la possibilità di cambiare gli strumenti a seconda di come si sta muovendo la situazione economica; le regole invece vengono imposte nella conduzione della politica economica e possono essere più o meno rigide. La discrezionalità è preferibile quando i mercati sono instabili e si vede quindi necessaria un’azione correttiva discrezionale da parte degli organi pubblici (visione Keynesiana); le regole sono preferibili quando si ritiene che i mercati siano stabili e giungano spontaneamente a risultati di equilibrio di PIENA OCCUPAZIONE, e, inoltre, l’intervento pubblico è causa di instabilità e peggioramento dei risultati (visione Monetarista). Regola Semplice di Friedman (monetarista) “L’offerta di moneta dovrebbe crescere allo stesso tasso al quale si espande il PIL reale, così da assicurare la stabilità dei prezzi”; questa regola si basa sulla tesi che il reddito (Y) non dipenda dall’offerta di moneta (Ls) e ha lo scopo di sottrarre ai decisori di politica monetaria la libertà di decidere su Ls e sul suo tasso di espansione. Se al quadro si introducono le ASPETTATIVE RAZIONALI degli agenti, cioè tutti gli agenti sono razionali e fanno sempre la scelta più corretta dato il set informativo, uguale per tutti, a loro disposizione, e l’esistenza di INTERAZIONE STRATEGICA tra i comportamenti del policy maker e gli agenti economici, secondo cui i comportamenti degli agenti economici dipendono dalle politiche pubbliche adottate, le quali dipendono però dall’azione (poiché non sono soggetti passivi) degli agenti stessi, il contesto di analisi diviene multi periodale (cioè si prendono in considerazione altre dimensioni, come la credibilità delle politiche e la reputazione del policy maker). 42 Nel primo caso si agisce sulla competitività del paese, quindi se ad esempio la BP > 0 aumenteranno le riserve e quindi aumenterà la BM; se vale la TEORIA QUANTITATIVA DELLA MONETA (secondo la quale i prezzi generali sono direttamente proporzionali alla quantità di moneta in circolazione), aumenteranno anche i prezzi, che aumenteranno il tasso di cambio reale e faranno perdere competitività al paese con la conseguente diminuzione delle PC che faranno scendere la BP fino allo 0. Il limite di questo meccanismo è che nella realtà i prezzi sono abbastanza flessibili, hanno una tendenza verso il basso, e che l’effetto di ∆BM sui prezzi è debole. Nel caso di un riequilibrio attraverso variazioni di reddito (Ỹ): se la BP è in avanzo aumenteranno le esportazioni (X) che faranno aumentare il saldo dei movimenti dei beni (PC), MA un aumento delle esportazioni farà aumentare il reddito e quindi le importazioni (M) che faranno automaticamente diminuire PC e quindi BP. Il riequilibrio di BP non è completo (anche se più rapido del precedente) perché un aumento di X non è compensato da un aumento di M (a meno che non si abbia una propensione marginale ad importare “m” = 1). Inoltre, se la BP < 0 diminuirebbe il reddito e ciò comporterebbe la sopportazione di un costo in termini di disoccupazione.  Politiche di riequilibrio mediante nuovi strumenti che agiscono sulle cause degli squilibri e attraverso il riequilibrio delle partite correnti (PC = X – M) o il riequilibrio dei movimenti di capitale (MK) (MK=0= i + ėe = iw). Il riequilibrio di MK si effettua tramite la POLITICA MONETARIA se controllabile. La politica monetaria può soddisfare la condizione “i=iw – ėe” e cioè il tasso di interesse interno deve essere uguale a quello internazionale (iw) meno le aspettative sulla variazione del cambio certo per incerto, ed è sempre in grado di riequilibrare MK tramite “i” (MK diminuisce; i aumenta); il problema sussiste poiché non sappiamo se una diminuzione dell’offerta di moneta Ls comporti un aumento del tasso “i”, che fa inoltre aumentare il rischio di svalutazione oppure fa aggravare gli interessi sul debito pubblico. Le politiche di riequilibrio dei movimenti dei beni si attuano mediante politiche della DOMANDA AGGREGATA (politiche fiscali o monetarie), oppure mediante politiche (microeconomiche) che modificano la COMPETITIVITA’ (salariali, produttività). Le partite correnti si compongono così: fattori di competitività fattori di domanda PC = X – M = f (-P; +Pw; -e; -Y; +Yw) Il policy maker potrà operare sul livello della propria domanda interna (poiché il reddito estero – Yw – non è controllabile dal singolo paese) per espanderlo/ridurlo a seconda che le PC sono in avanzo o disavanzo. Y diviene quindi un obiettivo intermedio (rispetto a quello finale PC =0) e gli strumenti sono la politica monetaria e la politica fiscale  se PC > 0 una politica fiscale espansiva farà aumentare il reddito e le importazioni (Y; M) facendo ridurre PC; ma se PC < 0 il reddito diminuirà insieme alle importazioni e PC aumenterà e il riequilibrio della BP = 0 va a contrastare con l’obiettivo interno di aumento del reddito. Gli squilibri delle PC possono derivare anche da eccessi/difetti di competitività. Un paese in una situazione P ● e > Pw PERDE competitività, cioè i prezzi delle sue merci espresse in valuta estera sono maggiori dei prezzi esteri. Il cambi fissi se ho PC < 0 agisco diminuendo i prezzi ma otterrò un peggioramento delle condizioni di vita; posso agire con politiche protezionistiche per far aumentare i Pw, aumentando i dazi (con il rischio però di incorrere in guerre commerciali); in cambi flessibili posso far variare il cambio e indurre un aggiustamento di PC e quindi di BP. QUANDO IL TASSO DI CAMBIO E’ EFFICACE Quali sono le condizioni di efficacia di una svalutazione del cambio su PC? Analizziamo il saldo delle partite correnti (PC= X – M) in termini monetari espressi in valuta estera (PCm): 45 PCm = (Px ● e) qx – pm qm x: export m: import Quando il cambio (e) si deprezza succedono 3 eventi: aumentano le esportazioni (qx) e diminuiscono le importazioni (qm) perché il paese ha guadagnato competitività e questo fa aumentare le partite correnti; al contempo tuttavia fa diminuire anche il valore in valuta estera delle esportazioni: [(Px ● e)qx] cioè peggiorano le RAGIONI DI SCAMBIO e quindi PC diminuisce. La ragione di scambio è il rapporto tra il prezzo ponderato delle esportazioni di un paese e il prezzo ponderato delle sue importazioni ( RS= Px × e Pm ). Se il prezzo dei beni che esporto (Px) aumenta oppure diminuiscono i prezzi dei beni che importo (Pm diminuisce) le ragioni di scambio migliorano. La variazione delle partite correnti dipende da come variano le quantità esportate e importate al variare dei loro prezzi; affinché prevalga un miglioramento di PC, al diminuire di “e” è necessario che le esportazioni aumentino più della variazione del cambio e le importazioni diminuiscano più della variazione del cambio ovvero quando vi è una sufficiente elasticità delle quantità al prezzo. Questa condizione è detta di Marshall – Lerner: dove “εx” p l’elasticità delle esportazioni al cambio e “εm” è l’elasticità delle importazioni al cambio (e diminuisce e PC aumenta quando): |εx|+|εm|>1 Le ipotesi sottostanti questa condizione sono:  Prezzi interni (Px) e prezzi esterni (Pm) costanti quando il tasso di cambio varia (ẽ);  Non devono esserci limiti di offerta, cioè deve sempre essere in grado di soddisfare la domanda  mancanza di restrizioni dell’offerta, altrimenti di incorre nel rischio di spirale “svalutazione-inflazione”  Le politiche di svalutazione interpretate dagli operatori come temporanee e non ulteriormente peggiorative;  Devono esserci reazioni istantanee delle quantità  Considerare politiche alternative (monetarie o fiscali) perché la svalutazione ha effetti incerti. La curva a J La curva a J rappresenta l’andamento temporale che segue il saldo delle PC in termini monetari a fronte di una svalutazione del tasso di cambio: solo dopo un certo lasso di tempo si avrà un miglioramento. Ciò avviene perché le qm e qx, rispettivamente, diminuiscono e aumentano lentamente. La Bilancia dei pagamenti come vincolo Per migliorare l’occupazione e il reddito di un paese si possono introdurre politiche PROTEZIONISTICHE (introduzione dei dazi, i quali aumenteranno i prezzi esteri – Pw); una politica di questo genere fa aumentare il moltiplicatore del reddito poiché fa diminuire la propensione ad importare (m) e fa diminuire la 46 qx PC e qm PC? (px● e)qx PC disoccupazione (U). Tuttavia, una maggiore occupazione interna fa diminuire le esportazioni del Resto del Mondo (minor occupazione nel RdM) e quindi sarebbe una politica che impoverisce il vicino (beggar-my- neighbour); la soluzione possibile è l’associazione di politiche protezionistiche con politiche, fiscali o monetarie, espansive così da far aumentare BP e il reddito Y. La politica fiscale espansiva (IS  IS’) fa aumentare il reddito e l’occupazione; nel punto B però la BP è < 0 (disavanzo) e quindi andrebbero associate politiche protezionistiche che facciano spostare a destrala BP (BP BP’) – in questo caso si suppone mobilità dei capitali nulla – Il risultato è maggiore occupazione senza far diminuire quella dei RdM. SLIDE 12 – CAPITOLO 14: LA POLITICA DEI REDDITI La politica dei redditi, in Italia dal 1980, è un insieme di misure volte alla risoluzione del conflitto distributivo del reddito tra i lavoratori (tramite i sindacati) e le imprese (PARTI SOCIALI), insieme con il Governo, per tenere sotto controllo l’inflazione (Ṗ -- esito dei suddetti conflitti –), attraverso il controllo dei salari e dei profitti. L’inflazione è vista come una specie di esternalità negativa risultante dalle pressioni su prezzi e salari: da una parte le imprese fissano i prezzi (dati W – salari nominali) [poiché in un mercato non concorrenziale le stesse divengono PRICE-MAKER], e aggiungono si costi di produzione il c.d. “mark-up”, un margine di profitto lordo che copre i CF e assicura un profitto netto [(i + g)]; dall’altra i sindacati chiedono aumenti sul salario nominale (dati i prezzi). Teoricamente è basato sul “principio del costo pieno”  Ṗ=Ẇ−π+(1∔ g) (curva di Phillips derivata), dove un aumento di Ẇ se coerente con un aumento di π (=Y/N) l’inflazione non aumenta (Ṗ = 0). Distribuzione del reddito e inflazione Sotto alcune ipotesi (un solo bene; assenza di capitale fisso; economia chiusa; due tipologie di percettori di reddito – salariati e capitalisti), il prodotto nazionale in termini nominali può esprimersi come: P ● Y = W + R Dove W rappresenta il salario dei lavoratori mentre R rappresenta i profitti aggregati dei capitalisti. Dato che W = W x N, la formula si potrà scrivere come: (WN) / Y è la quota SALARI R/Y è la quota PROFITTI che le imprese applicano sui costi (mark-up) ed è dato da  R= g● W ● N il quale in termini dinamici è esprimibile come Ṗ=Ẇ−π+(1∔ g) LA REGOLA AUREA (PER IL CONTROLLO DELL’INFLAZIONE) La regola Aurea rappresenta una condizione necessaria ma non sufficiente per il controllo dell’inflazione mediante il controllo delle quote distributive (Ẇ; π ; (1 ∔ g)); se, per ipotesi, il mark-up è = 0 [(1 + g) = 0 ], cioè il potere di mercato delle imprese non aumenta (reso possibile mediante la liberalizzazione dei settori); e se la produttività media aumenta tanto quanto aumentano i salari ( π =Ẇ) si mantiene l’inflazione Ṗ = 0. La costanza dei prezzi (inflazione) non implica necessariamente la costanza delle quote distributive poiché potrebbe esservi una situazione in cui  W cresce molto; π cresce; (1∔g) scende di pari quota dei salari  P costanti. Se però vale la “Regola Aurea” le quote distributive sono costanti. 47 1. TASSAZIONE PIGOUVIANA: tasso coloro che producono l’esternalità, calcolata sulla quantità prodotta, in modo tale che le imprese, nell’effettuare la scelte ne tengano conto. La tassazione non mira ad eliminare l’esternalità, ma a generare la quantità ottimale (es: inquinamento). E’ una politica di controllo indiretto. 2. SUSSIDI: all’eliminazione delle diseconomie, cioè chi produce le esternalità riceve un incentivo, un “premio” per la riduzione della produzione do un vantaggio alle imprese. E’ una politica di controllo indiretto 3. PERMESSO/DIRITTO NEGOZIABILE: colui che vuole creare un’esternalità negativa elevata paga un costo per “scambiarla” con chi ne crea una in misura inferiore (se voglio inquinare pago un costo, “scambiandomi” con chi inquina poco). E’ una politica di controllo indiretto. 4. REGOLAMENTO: E’ una politica di controllo diretto che vieta di generare un’esternalità negativa oltre una certa soglia. 1  Mediante l’imposta (di valore pari all’esternalità) a carico dell’impresa si ristabilisce l’uguaglianza tra costo marginale privato e costo marginale sociale, poiché data una quantità prodotta ad un dato prezzo, si paga l’imposta rispetto alla quantità prodotta (anche in termini di esternalità prodotta), sarò incentivato a ridurre la quantità per pagare meno Raggiungo la quantità socialmente ottima. 2I sussidi incentivano le imprese a non generare esternalità ed a introdurre tecnologie non inquinanti. L’effetto negativo nel lungo periodo potrebbe essere una riduzione dei costi medi delle imprese, a causa dei sussidi, che consentono perciò l’ingresso nel mercato di nuove imprese, anch’esse inquinanti. 3 Come nei primi due casi, anche i permessi negoziabili rendono costoso generare esternalità; l’impresa che vorrà inquinare dovrà possedere (“acquistandoli”) i permessi per farlo, venduti all’asta dalle autorità, dopo che questa avrà sancito il livello “ottimale” di produzione inquinante possibile. Se il costo marginale sommato al costo di acquisto del diritto è = al prezzo di vendita del prodotto, l’impresa troverà conveniente acquistare tali diritti. 4Le norme vietano i comportamenti che creano esternalità negative e fissano gli standard quantitativi da rispettare. Si impongono limiti massimi per le esternalità negative (divieto di disturbo alla quiete dopo un certo orario) e limiti minimi per le esternalità positive (istruzione almeno fino al 15° anno d’età). Confronti: Regolamentare ha un costo amministrativo più basso perché impongo un divieto; è più difficile quantificare il costo sulla collettività delle tasse pigouviane. I diritti negoziabili e la regolamentazione sono da preferire in contesti di incertezza, poiché nei primi due casi (tasse e sussidi) non si conosce la reazione delle imprese. Le tasse, a differenza dei sussidi, agiscono positivamente sull’entrata del bilancio pubblico (+ risorse). Infine, i permessi negoziabili creano meno vincolo a livello globale nel raggiungimento di un obiettivo (riduzione cambiamento climatico) libera contrattazione tra paesi. FINANZIAMENTO E PRODUZIONE DI BENI PUBBLICI Nella produzione di un bene pubblico esistono 3 problemi: 1. Quantità di bene pubblico di cui la collettività ha bisogno; 2. Chi finanzia il bene pubblico 3. Chi effettivamente lo produce (soggetto che produce) I primi due punti vengono risolti mediante l’intervento dello Stato; per quanto riguarda il terzo punto vi è il problema del “free riding” (comportamento opportunista) poiché nessun privato è incentivato a creare un bene pubblico. Il problema è risolvibile poiché si può decidere se l’impresa produttrice sia pubblica oppure sia un privato regolamentato è rilevante la capacità pubblica di controllo della regolamentazione del privato. 50 SLIDE 17: POLITICHE COMMERCIALI: LIBERISMO E PROTEZIONISMO Le politiche commerciali consistono nelle scelte di politica economica (politiche micro, perché agiscono sul prezzo, con effetti macro) operate da un paese verso il resto del mondo (es: dazi). Vi sono 3 orientamenti di politiche commerciali:  LIBERISMO : (massima apertura) implica politiche commerciali in cui non si pone alcun freno ad importazioni ed esportazioni (FREE TRADE). Il liberismo è basato sul Principio Ricardiano dei COSTI COMPARATI: ogni paese trova vantaggioso il commercio internazionale, poiché comporta mutui vantaggi ai paesi che lo intraprendono. Secondo il principio dei costi comparati due paesi A e B trovano convenienza nello specializzarsi sulla produzione di quel solo bene per cui hanno un vantaggio comparato (cioè relativamente un minor costo di produzione). Il paese, produttore specializzato di un bene, consumerà una parte di esso e la restante parte sarà esportata  PROTEZIONISMO : esistono delle ragioni per limitare il commercio estero, a vantaggio della produzione nazionale.  AUTARCHIA : (minima apertura) totale chiusura rispetto al resto del mondo, come possibilità di mantenersi da solo, cioè soddisfa la sua domanda senza dover importare. PROTEZIONISMO: a tutela della produzione interna dalla concorrenza estera. Il protezionismo può essere: − Protezione NON TARIFFARIA: limiti fisici o di valore mediante licenze ai consumatori (contingenti); regolamentazione; sussidi all’esportazione; limitazioni volontarie delle esportazioni (VER); deposito infruttifero previo all’importazione (cioè importo un bene e ne deposito il valore in un conto che non mi frutta nulla) − Protezione TARIFFARIA: dazi Yz: offerta nazionale (produttori) VW: domanda nazionale (consumatori) U: equilibrio se non esistesse il resto del mondo P(1+d1): prezzo a cui è Stato sommato il dazio le importazioni AE prima del dazio ora sono BD Dato Pw, i produttori produrranno OA; i consumatori invece chiederanno OE, e riusciranno a soddisfare la propria domanda mediante le importazioni (AE). Il dazio (d1) è una tassa aggiuntiva rispetto al prezzo del prodotto estero che voglio acquistare (P=(1+d1)). Al nuovo prezzo le imprese offrono una quantità OB; i consumatori stavolta chiederanno OD (e non AE); quindi i dazi riducono le importazioni e fanno aumentare la produzione nazionale. 51 EFFETTI DEL DAZIO:  Effetto consumo: – DE del grafico (prima del dazio era OE). Prezzo aumenta, consumo si riduce.  Effetto produzione: + AB del grafico (prima era OA). Il prezzo aumenta, la produzione aumenta.  Effetto importazione: – (AB + DE) =BD. Le importazioni scendono.  Effetto entrate fiscali : P(1+d1) = P + DAZIO. P va alle imprese nazionali; il dazio allo Stato. Pagando un dazio solo sulle importazioni, e non su tutta la produzione nazionale, l’area del dazio è + HLRS (nuovo livello delle importazioni per il livello del dazio)  Effetto redistribuzione: FLSN di cui un parte va allo Stato GIUSTIFICAZIONI DEL PROTEZIONISMO 1. Difesa dell’industria nascente 2. Miglioramento delle ragioni di scambio (RS= (Px ● e)/Pm) 3. Difesa del lavoro a buon mercato (prezzi bassi perché non tutelo il lavoratore concorrenza sleale) 1  L’ipotesi è che i costi unitari per la produzione sono decrescenti rispetto alla Q complessivamente prodotta Ci vuole molto più tempo per imparare a produrre questo bene. A: paese nuovo senza esperienza: industria nascente; B: paese che lo produce la più tempo C: paese che ha reso matura la produzione. Se il paese A dovesse competere con C la situazione sarebbe ìmpari e quindi A non entrerà nel mercato Ho bisogno di protezione nel frattempo che imparo a produrlo. 2La ragione di scambio, se migliora, vuol dire che aumenta il prezzo dei beni che esporto (Px). Se diminuiscono i prezzi dei beni importati (Pm) avrò comunque un miglioramento delle ragioni di scambio (RS). Se impongo un dazio ho un effetto consumo negativo e una riduzione della domanda di un bene, che fa scendere il prezzo del bene nel momento in cui lo importo (Pm scende) aumentando le ragioni di scambio. DAZIO: c scende, D scende, Pm scende, RS sale 3 se c’è competizione sleale, giocando sui diritti dei tuoi lavoratori che hanno salari bassi e conseguentemente faranno prezzi bassi, ti faccio internalizzare questo costo facendoti pagare un dazio. 52
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