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Capitolo 6: Mercato e Analisi Domanda - Opportunità e Strategie Marketing, Dispense di Marketing

Sulla determinazione quantitativa degli andamenti della domanda e l'importanza di capire le opportunità che si generano dal mercato per l'impresa. Viene esplorata la definizione del mercato potenziale e la stima della domanda potenziale attraverso due approcci: valutazione induttiva di mercato e indici a fattori multipli. Inoltre, vengono presentate le strategie di approccio al mercato, quali concentrazione, specializzazione e copertura completa.

Tipologia: Dispense

2018/2019

Caricato il 02/07/2019

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Scarica Capitolo 6: Mercato e Analisi Domanda - Opportunità e Strategie Marketing e più Dispense in PDF di Marketing solo su Docsity! Capitolo 6 - La definizione del mercato dell’impresa e l’analisi della domanda A completamento dell’analisi qualitativa della domanda diviene rilevante per l’impresa la determinazione anche a livello quantitativo degli andamenti della domanda stessa. L’obiettivo è quello di comprendere appieno l’attrattività del mercato in cui l’impresa già opera o ha intenzione di operare e determinare il riscontro sul mercato delle azioni che l’impresa ha intrapreso o intende intraprendere. Si tratta di capire quali siano le opportunità che si generano a partire dal mercato, quanto estese siano in linea con gli obiettivi generali dell’impresa e come a partire dalla dimensione analitica si possa giungere ad una + efficace definizione dei mercati cui l’impresa intende rivolgersi e dei risultati che in questi può ottenere. Obiettivo finale è quello di determinare attraverso quali modalità la relazione con il mercato può approfondirsi e fino a che punto. 6.1 Il mercato: presupposti e definizione del mercato potenziale La corretta definizione del mercato cui l’impresa intende fare riferimento costituisce un elemento fondamentale per lo sviluppo delle strategie di marketing dell’impresa finalizzate alla continua creazione di valore per il cliente. L’analisi della struttura della domanda che caratterizza un certo mercato rappresenta un momento cardine che consente all’impresa di valutare con attenzione l’attrattività del mercato stesso in cui l’impresa già opera o intende operare, stimandone in modo accurato la dimensione attuale e il suo potenziale di sviluppo. Ai fini decisionali si può rilevare come: - l’ingresso di un’impresa in un nuovo mercato sia condizionato dalle dimensioni attuali e future di quest’ultimo; - l’allocazione delle risorse tra i diversi business deve tenere conto delle dinamiche della domanda; - gli investimenti per la crescita o la riduzione della capacità produttiva devono essere giustificati da accurate previsioni di mercato. La misurazione della domanda pone come presupposto fondamentale una chiara comprensione del mercato in cui l’azienda è già presente o in cui intende inserirsi, il quale inoltre rappresenta il riferimento chiave alla base delle attività legate alla misurazione della domanda. Evidentemente il crescente processo di differenziazione dei prodotti e le strategie di diversificazione delle imprese pongono problematiche nuove alla definizione del mercato di riferimento. Se in termini economici il mercato è riconducibile al luogo teorico di incontro tra domanda e offerta, nella prospettiva manageriale il mercato per un certo prodotto è rappresentato dai soggetti, siano essi consumatori o utilizzatori finali, che in un definito contesto spaziale e in un periodo di tempo determinato cercano di dare soddisfazione ai propri sistemi di bisogni attraverso il prodotto stesso. In una prospettiva maggiormente operativa, una modalità di definizione del mercato può essere rappresentata dall’adozione del modello di Abell; attraverso la specificazione delle tre componenti fondamentali che sono alla base del modello, le imprese possono giungere a una determinazione del mercato di riferimento cui si atterranno nello sviluppo dell’attività di misurazione della domanda. La concettualizzazione dello spazio economico di riferimento viene in questa prospettiva a definirsi in termini di: - gruppi di clienti di riferimento; - funzioni d’uso del prodotto; - tecnologie di prodotto. E’ a partire dalla specificazione del mercato a cui l’impresa intende riferirsi che muovono tutte le attività connesse all’analisi più tipicamente quantitativa della domanda, attuale o potenziale, effettiva o futura che sia. In questa prospettiva, la prima dimensione di analisi usualmente posta in essere dalle imprese di riconduce alla quantificazione del mercato stesso. Per potere procedere alle necessarie valutazioni legate all’opportunità o meno di essere presenti in un mercato e alla determinazione dell’entità delle risorse necessarie per competere efficacemente al suo interno occorre comprendere quale sia la dimensione del mercato stesso nella sua globalità. L’interpretazione del concetto di mercato da parte dell’impresa è riconducibile all’insieme di tutti gli acquirenti attuali e potenziali di un certo prodotto o servizio. La dimensione totale del mercato in 1 questi termini è rappresentata dal numero totale di potenziali acquirenti di una specifica forma di offerta, ovvero da tutti coloro che manifestano nei confronti dell’offerta stessa tre condizioni fondamentali: 1. l’interesse, funzionale alla capacità dell’impresa di soddisfare il sistema di bisogni e quindi di creare valore per il cliente; 2. il reddito, ovvero la disponibilità economica che consente al potenziale acquirente di trasformare l’interesse in un vero e proprio atto d’acquisto; 3. l’accesso, cioè la presenza di precondizioni strutturali dell’individuo o del sistema di offerta dell’impresa che possano davvero consentire l’acquisto. 6.2 La definizione di domanda del mercato Per procedere alla misurazione dei risultati che l’impresa può conseguire sul mercato occorre precisare quale sia la dimensione oggetto di misurazione, ossia occorre specificare il concetto di domanda espressa da parte del mercato. La domanda di mercato per un prodotto consiste nel volume o nel valore totale degli acquisti che sono o potrebbero essere effettuati: • da un determinato gruppo di clienti; • in una determinata area geografica; • in un determinato periodo di tempo; • in determinate situazioni di mercato; • nell’ambito di un determinato programma di marketing, cui corrispondono specifici investimenti. La domanda è una grandezza, numerica, fisica o monetaria, che esprime le dimensioni della richiesta di un bene o di un servizio. Questa definizione vuole sottolineare come i comportamenti degli acquirenti non siano dati, ma piuttosto funzione di un sistema di fattori che coinvolgono l’impresa stessa, i suoi concorrenti e le strategie da questi poste in essere e le dinamiche micro e macroeconomiche. Si rileva come le attività di marketing sviluppate dalle imprese abbiano un impatto diretto sia sulla dimensione quantitativa della domanda sia sulla dimensione qualitativa. La domanda di mercato può essere stimata in quantità e in valore a due livelli: 1. sell in: si considera il volume e/o il valore di ciò che le imprese hanno venduto ai distributori; 2. sell out: si considera il volume e/o il valore di ciò che i distributori hanno venduto al mercato finale. Il sell in e il sell out nel lungo termine dovrebbero coincidere ma di fatto, spesso, sono grande diverse perché: • il sell out a volume può essere inferiore al sell in se il trade privilegia altre marche oppure accumula scorte dovute alla scarsa rotazione del prodotto sullo scaffale; • nel sell out a valore è compreso il margine del distributore; • il sell out riflette eventuali promozioni di prezzo che il distributore realizza verso il consumatore. Per completare l’analisi del concetto di domanda occorre precisare come si possano identificare diverse tipologie di domanda, cui corrisponderanno differenti considerazioni legate al momento e alle modalità di misurazione. Occorre distinguere tra: • domanda globale o primaria: cioè il volume totale delle vendite realizzate in un dato periodo di tempo e in un dato luogo, relativo a una certa tipologia di prodotto, da parte di tutte le aziende operanti in quel mercato; • domanda aziendale o secondaria: ovvero la quota di vendite relativa alla domanda globale detenuta da una singola impresa o da una singola marca. Possiamo individuare ulteriori categorie di domanda che possono essere oggetto di misurazione e che implicheranno interpretazioni e valutazioni differenti in relazione alle decisioni che dovranno essere prese dalle aziende: • la domanda di prodotti industriali: ossia la domanda generata da operatori economici che agiscono + che altro sulla base di strette considerazioni di convenienza economica; • la domanda di prodotti di consumo: dove i soggetti acquirenti sono consumatori non guidati in maniera rigorosa da criteri di tipo economico nei loro processi d’acquisto; in questo caso si può distinguere tra domanda di beni destinati all’immediato consumo e domanda di beni di consumo durevoli; • la domanda finale: la domanda espressa dal mercato finale; 2 Nel caso di prodotti ad acquisto ricorrente, si può utilizzare la seguente formula matematica per il calcolo del potenziale di mercato Vi sono due approcci generalmente utilizzati per la stima della domanda potenziale: nell’approccio di tipo break-down il marketing manager in primo luogo definisce una previsione generale degli andamenti economici in un periodo di tempo dato. Successivamente perviene alla stima del potenziale sulla base delle previsioni effettuate e sulla base degli andamenti storici delle vendite. Nell’approccio di tipo built-up la stima del potenziale del mercato avviene a partite da singole aree geografiche, di business. In questo caso è possibile ricorrere a due metodi di valutazione fondamentali: 1. metodo della valutazione induttiva di mercato: utilizzato in prevalenza dalle imprese operanti nel mercato industriale, implica che vengano identificati tutti i potenziali acquirenti in ogni area e che ne vengano stimati i possibili acquisti; 2. metodo degli indici a fattori multipli: un metodo di misurazione indiretta che viene utilizzato più di frequente dalle imprese operanti nel settore dei beni di largo consumo e che assume l’esistenza di una correlazione tra il livello delle vendite nell’area e indicatori quali la numerosità della popolazione, l’intensità di consumo del prodotto. La stima della domanda potenziale o potenziale di mercato assume grande rilevanza nei processi decisionali e valutativi che riguardano in particolare: - definizione degli obiettivi in termini di quote di vendita; - modalità di allocazione degli investimenti di marketing; - introduzione di nuovi prodotti sul mercato; - selezione di nuovi canali distributivi; - attivazione e sfruttamento degli impianti di produzione. La determinazione del potenziale di mercato consente di stimare l’indice di sviluppo del mercato inteso come rapporto tra il livello della domanda effettiva e il potenziale del mercato Questo indice esprime l’attrattività di un mercato in termini di potenzialità di sviluppo. Un indice di sviluppo del mercato inferiore al 33% suggerisce che vi sono considerevoli spazi di crescita. Quando l’indice di sviluppo supera il 67% vi sono ancora spazi di manovra potenzialmente attivabili dalle imprese. Le dimensioni dell’agire sostenibile delle imprese trovano in questo contesto un momento di particolare efficacia, dal momento che consentono alle realtà, che si muovono in contesti caratterizzati da indici di sviluppo svelati di attivare politiche non solo rivolte ai singoli 5 individui ma che tengono in considerazione le esigenze della collettività affinché lo sviluppo sia inteso in termini realmente sostenibili. 6.5 La misurazione della domanda effettiva di mercato La misurazione della domanda effettiva del mercato costituisce un momento particolarmente rilevante dell’attività di marketing, dal momento che consente di valutare i risultati, in termini di vendite, che l’impresa ha ottenuto a fronte delle decisioni di marketing che sono state definite dal management in sede di pianificazione. Due sono le finalità di base della misurazione della domanda effettiva: - la determinazione dell’indice di sviluppo del mercato per una valutazione dell’attrattività del mercato per l’impresa; - la valutazione da parte di ogni singola impresa della propria posizione competitiva sul mercato stesso. Un indicatore sintetico di performance rispetto alla concorrenza, in grado di dare significato alla dimensione della domanda effettiva di mercato, è rappresentato dalla quota di mercato. La quota di mercato è rappresentata dal rapporto La QM può essere espressa in volumi e in valore. Le due dimensioni possono differire evidenziando relazioni di natura diversa. In particolare: - QM in valore < QM in volumi, quando il prezzo del prodotto/marca è inferiore al prezzo medio di mercato relativo a quella categoria di prodotti; - QM in valore = QM in volumi, quando il prezzo del prodotto/marca è in linea con il prezzo medio di mercato relativo a quella tipologia di prodotti; - QM in valore > QM in volumi, quando il prezzo del prodotto/marca è maggiore del prezzo medio di mercato relativo a quella tipologia di prodotti. In questo caso la differenza percentuale tra il prezzo del prodotto/marca in oggetto e il prezzo medio dei prodotti appartenenti alla stessa categoria rappresenta il cosiddetto premium price. La quota di mercato è dunque un indicatore in grado di rappresentare in modo sintetico, ma al contempo sufficientemente esaustivo, i risultati competitivi di un prodotto/marca e consente di evidenziare la necessità di ridefinizione delle strategie e delle politiche aziendali. Sul versante qualificativo occorre sottolineare come la quota di mercato possa rappresentare la capacità della prodotto/azienda di attrarre e mantenere le preferenze della domanda, quindi dei consumatori. Questa capacità segnaletica assume un significato ancora + rilevante se andiamo a considerare la quota di mercato relativa, vale a dire: 6 dove per maggior concorrente si intende l’impresa leader. Una quota di mercato relativa significativamente superiore o inferiore all’unità segnala una posizione competitiva forte o debole nel contesto di mercato in cui l’impresa ha deciso di operare, con evidenti implicazioni a livello di strategie e politiche che opportunamente devono essere poste in essere dall’impresa. Dato il diffuso utilizzo della quota di mercato quale indicatore della performance competitiva, numerosi sforzi sono stati profusi con l’obiettivo di comprendere le relazioni che intercorrono tra la quota di mercato e le performance economiche dell’impresa. Una prima indicazione della significatività di questo indice emerge dalla considerazione del teorema fondamentale della quota di mercato secondo il quale la quota di mercato di un’impresa è proporzionale all’intensità e all’efficacia dello sforzo di marketing esercitato dall’impresa stessa, paragonato a quello di tutte le imprese concorrenti. Le ipotesi sottostanti questo teorema si riferiscono al fatto che: - le vendite dipendono dalla quantità e qualità dello sforzo di marketing dell’impresa; - le vendite dipendono dal rapporto tra questo sforzo e quello di tutti i concorrenti. Per sforzo di marketing non si intende solo il livello d’investimento pubblicitario esercitato dall’impresa rispetto alle concorrenti, ma anche il livello di qualità dei prodotti, l’ampiezza e la profondità della gamma, il livello dei prezzi e le caratteristiche di professionalità e motivazione delle reti di vendita e distributiva. La quota di mercato cresce se, a parità di sforzi dei concorrenti, l’impresa lavora con maggiore efficacia ed efficienza, oppure se a parità di sforzi dell’impresa i concorrenti operano in maniera meno efficace ed efficiente. Sul fronte che si è preoccupato di indagare gli effetti della quota di mercato sulle performance dell’impresa, gli studi collegati al progetto PIMS hanno dimostrato che fra le principali determinanti della redditività aziendale un ruolo fondamentale è giocato proprio dalla quota di mercato. E’ stata infatti dimostrata l’esistenza di una correlazione positiva tra la quota di mercato e la redditività del capitale investito, espresso in termini di ROI. Le matrici di questo vantaggio possono essere ricondotte al fatto che i prodotti caratterizzati da un’elevata quota di mercato: - godono di economie di produzione; - riducono l’avversione al rischio da parte dei clienti; - rafforzano il loro potere di mercato verso fornitori e distributori; - sono in grado di attirare le risorse umane più qualificate. La quota di mercato può essere rilevata a due diversi livelli: a livello retail e a livello consumer. La possibilità di verifica a entrambi i livelli risponde a diverse finalità: - conoscere la penetrazione e la capillarità della presenza di un prodotto o di una marca presso i clienti potenziali; - valutare la forza o importanza della marca presso i clienti che l’acquistano o la consumano; - monitorare la qualità del portafoglio clienti, misurata: - per quanto riguarda il livello retail, dall’incidenza del fatturato dei punti vendita che acquistano la marca sul giro d’affari della categoria di prodotto; - per quanto riguarda il livello consumer, dal penso dei consumi delle famiglie che consumano la marca dei consumi totali della categoria di prodotti. 7 Prima di eseguire una previsione si devono stabilire gli obiettivi della previsione, ovvero determinare per che cosa tale previsione verrà impiegata. Il trade-off tra costo e accuratezza della previsione è essenziale per la scelta della tecnica di previsione. L’accuratezza della previsione tende a crescere utilizzando tecniche via via + complesse e rigorose. Insieme alla crescita dell’arco temporale di previsione, aumenta il livello di aggregazione dell’analisi e diminuisce la significatività dei dati storici che riflettono l’andamento passato della domanda. Le tecniche impiegate diventano sempre + qualitative e si svincolano dall’utilizzo dei dati storici. Anche per la previsione della domanda futura si possono identificare livelli di versi di analisi. La previsione può riguardare: - domanda globale; - evoluzione della quota di mercato dell’impresa; - domanda relativa all’impresa. I metodi di previsione della domanda possono essere organizzati secondo tre tipologie: 1. metodi qualitativi (soggettivi); 2. metodi quantitativi (oggettivi); 3. metodi sperimentali (test di mercato). Metodi qualitativi L’analisi della domanda e la sua previsione sono due attività rispetto alle quali la sensibilità di manager, operatori, intermediari ed esperi a vario titolo può rappresentare l’ambito di concretizzazione della risorse di conoscenza e competenza che costituiscono uno degli asset intangibili dell’impresa e una delle reali fonti di vantaggio competitivo. I metodi qualitativi di previsione della domanda futura acquisiscono un significato particolare. Sebbene i metodi di valutazione soggettiva siano legati in modo rigoroso alle valutazioni dei singoli, e criticabili quindi per la mancanza di rigore scientifico, mantengono una forte capacità previsionale poiché riflettono l’esistenza di un expertise e di giudizi non facilmente ottenibili con procedimenti statistici. I principali metodi qualitativi utilizzati sono: • intenzioni d’acquisto dei consumatori: si tratta di indagini supportate da campionari per stabilire i futuri comportamenti di varie categorie di consumatori nei confronti di un particolare prodotto. Simili ricerche sono efficaci solo per gli acquisti programmati. • opinione della forza vendita e degli intermediari commerciali: il personale di vendita e gli intermediari che si trovano in una posizione più vicina al mercato rappresentano un’importante fonte di informazioni finalizzate alla previsione della domanda futura. Queste previsioni possono riguardare + il breve periodo nonché aree territoriali definite. I limiti sono determinati non solo dalla soggettività della valutazione ma anche dalla consapevolezza del parametro di performance che tali indicazioni possono rappresentare per la valutazione del proprio operato. • parere di esperti esterni: questo metodo può trovare migliore applicazione nella previsione di medio-lungo periodo, data la capacità di esperti di settore che non operano all’interno dell’impresa di travalicare gli obiettivi specifici e fornire indicazioni sulle tendenze in atto. Due sono le tecniche + utilizzate in questo ambito: i panel di esperti e il metodo delphi. I panel di esperti prevedono che le opinioni di un certo numero di esperti vengano espresse in riunioni di gruppo. Il limite è rappresentato dal fatto che le linee individuate potrebbero anche essere le meno originali e interessanti. Per ovviare a questo limite si può ricorrere al metodo delphi, dove si interroga un gruppo di esperti con una sequenza di questionari senza che vi sia trasparenza sull’identità degli esperti coinvolti. Fattore comune di successo rispetto a questi due metodi è l’attenzione nella scelta degli esperti in funzione della specifica attività previsionale. Metodi quantitativi I metodi previsionali di tipo quantitativo si avvalgono di modelli statistici che si fondano su dati storici e oggettivi che consentono di formulare stime sul futuro. Vi sono tre tipi di approcci utilizzabili nell’attività previsionale: - approccio estrapolativo; - approccio simulato; - approccio normativo. 10 Nella prima tipologia, il presupposto di fondo è identificabile nell’ipotesi che la conoscenza degli andamenti precedenti di un certo fenomeno sia sufficiente a ipotizzare l’evoluzione futura. Il secondo si basa su modelli econometrici che consentono di valutare gli effetti di diverse ipotesi individuando un insieme di possibili risultati sulle variabili indipendenti. L’approccio normativo consiste nel definire gli obiettivi e individuare le possibili azioni di marketing per raggiungerli. Per quanto attiene i diversi modelli statistici sui quali si basano i metodi previsionali quantitativi, due sono le tipologie più significative: - analisi delle serie storiche e i metodi proiettivi; - modelli casuali. L’analisi delle serie storiche e i metodi proiettivi sono usati in particolare quando si dispone di numerose rilevazioni precedenti sulla domanda considerata e quando le relazioni e i trend dei dati sono misurabili e non del tutto stabili. Se invece non esiste una stazionarietà nel tempo, può essere usato il metodo di livellamento esponenziale. I vantaggi del metodo sono l’estrema semplicità e il basso numero di dati richiesti, mentre lo svantaggio + rilevante consiste nella determinazione del coefficiente di attenuazione. Qualora l’evoluzione non si delineasse in modo evidente, sarà necessario depurare il trend da fattori di disturbo, quali la stagionalità, la ciclicità e la componente erratica. I modelli causali sono impiegati di consueto quando il previsore dispone di diversi anni di dati e ha determinato la relazione tra la domanda da prevedere e altri fattori economici e socioeconomici. Una volta individuate le cause, occorre specificare poi la relazione che lega le variabili indipendenti alla variabile dipendente e risolvere, stimandola a livello statistico, l’equazione, o il sistema di equazioni, ottenuto. Fanno parte di questo gruppo le tecniche di analisi della regressione semplice e multipla il cui scopo principale è di fare previsioni sui valori che può assumere una variabile dipendente in base alla conoscenza di una o + variabili indipendenti. Metodi sperimentali Questi metodi consistono nella formulazione delle previsioni della domanda in funzione dei risultati ottenuti da veri e propri test di mercato, finalizzati a valutare le reazioni della domanda di un determinato prodotto a fronte di differenti alternative di scelta di gestione delle variabili del marketing mix. Il metodo del mercato di prova costituisce un esempio molto significativo in proposito. Si tratta di un metodo che viene di norma applicato per i nuovi prodotti e consiste nell’individuazione di un ristretto mercato, rappresentativo del mercato globale sul quale si cerca di riscontrare le possibilità di diffusione del nuovo prodotto, per dedurne un indice di probabilità di successo. Tale metodo presenta alcuni elementi limitanti: - difficoltà nell’individuare un ristretto ambito territoriale con le caratteristiche di significatività statistica rispetto al mercato di riferimento reale; - impossibilità di applicare tutte le decisioni sviluppate nell’ambito del piano di marketing all’interno di un territorio così limitato; - complessità e l’onerosità comuni a tutti i metodi sperimentali. Domande: 1. Che cosa si intende per mercato di un’impresa? 2. A partire da quali dimensioni si giunge a una sua determinazione? 3. Come si definisce la domanda del mercato? 4. In quali categorie si può declinare la domanda del mercato? 5. Qual è il senso della misurazione della domanda nell’ambito dei processi decisionali d’impresa? 6. Che cosa si intende per domanda potenziale? Come può essere stimata? 7. Che cosa si intende per indice di sviluppo del mercato? A cosa serve la sua valutazione? 8. Che cosa si intende per quota di mercato? Come si misura? 9. A cosa serve la misurazione della quota di mercato relativa? 10. Quali sono i diversi livelli in cui può essere misurata la quota di mercato? 11. Quali sono le implicazioni generali dal punto di vista decisionale che derivano dalla quota di mercato misurata a livello retail? 12. Quali sono le implicazioni generali dal punto di vista decisionale che derivano dalla quota di mercato misurata a livello consumer? 11 13. Come si giunge alla previsione della domanda futura? 14. Quali sono le specificità e i limiti dei diversi approcci alla previsione della domanda futura? Capitolo 7 - Il processo di segmentazione, targeting e posizionamento Il processo di segmentazione del mercato rappresenta un momento chiave nella definizione delle modalità con cui l’impresa intende relazionarsi con i diversi attori che compongono il mercato stesso, declinando strategicamente l’intensità e la qualità della relazione che vuole instaurare attraverso una struttura di offerta che si reinterpreta e reinventa alla luce delle specificità della domanda. 7.1 Natura e significato della segmentazione della domanda Si è assistito a un incremento significativo della varietà dell’offerta a cui ha corrisposto un analogo incremento nella varietà della domanda. Il problema dell’impresa è divenuto quello di trovare adeguati vettori di relazione tra un’offerta sempre + complessa e una domanda sempre + eterogenea. La connessione tra il cambiamento dell’ambiente di marketing e le forme adottate per la rappresentazione del mercato da parte degli operatori aveva già portato negli anni 50 all’emergere del concetto di segmento di domanda, quale submercato caratterizzato da una specifica elasticità a particolari caratteristiche dell’offerta, in primis al prezzo e quindi potenziale oggetto di strategie e politiche ad hoc da parte dell’impresa. L’evoluzione successiva ha visto la progressiva specificazione del concetto di segmentazione intesa come modalità di identificazione e raggruppamento di clienti caratterizzati da funzioni di domanda che esprimono un’elasticità di risposta differenziata rispetto alle politiche di marketing dell’impresa. L’aumento dell’eterogeneità della domanda ha indotto quindi le imprese ad adottare strategie di segmentazione e ha innestato una progressiva tendenza alla micronizzazione dei mercati. Nella situazione limite teorica di massima varietà ogni singolo elemento del mercato esprime una domanda individuale che è funzione di una serie di variabili tra le quali troviamo il prezzo e gli attributi del prodotto. All’opposto, l’ipotesi di una omogeneità sostanziale del mercato condurrebbe all’esistenza di un’unica funzione di domanda espressione della struttura di esigenze condivise dai diversi attori che compongono il mercato stesso. La segmentazione ben rappresenta la situazione intermedia, che realisticamente, ancorché sotto alcune ipotesi semplificatorie, interpreta l’eterogeneità della domanda esprimendola attraverso una distribuzione plurimodale delle funzioni individuali di domanda. Il mercato viene quindi rappresentato attraverso la definizione di un numero n di gruppi di individui o segmenti caratterizzati da una specifica funzione di domanda cui l’impresa si riferirà nella definizione di strategie e politiche di marketing. Si può considerare come la segmentazione assuma una dimensione di particolare criticità nella gestione della relazione con il mercato, pur non risultando esente da critiche nella gestione della relazione con il mercato, pur non risultando esente da critiche quanto alla sua capacità di interpretare oggettivamente le dinamiche della domanda. La segmentazione costituisce una base teorica e tecnica al processo di rappresentazione del mercato che consente di definire e supportare le scelte strategiche legate alle modalità con le quali le imprese intendono rapportarsi con il mercato stesso. La segmentazione deve essere ricondotta a una mera teoria o tecnica/processo ma deve essere intesa come una vera e propria strategia connotativa dell’impresa. L’adozione di una prospettiva strategica alla segmentazione significa per l’impresa il riconoscere esplicitamente l’esistenza di elementi di eterogeneità che caratterizzano un mercato. Occorre sottolineare come l’organizzazione non ricopra una posizione neutrale nell’approccio alla segmentazione del proprio mercato ma esprima nell’articolazione del processo la propria identità. Nella natura della segmentazione si può distinguere una prospettiva oggettiva, più tradizionale e focalizzata sulle dinamiche esterne all’impresa e oggettivamente considerate, e una prospettiva soggettiva che si pone in relazione al ruolo dell’organizzazione e della sua cognizione culturale, dei suoi processi e della sua struttura nel determinare la visione di mercato. Da un punto di vista strategico, l’adozione di un approccio in termini di segmentazione in azienda può avere diversi vantaggi. Quello principale è di certo l’ottimizzazione del rapporto risultato/risorse impiegate, vale a dire l’eliminazione delle dispersioni di capitale investito. Attraverso la segmentazione del mercato è 12 dei fattori finora esaminati che individua i consumatori come persone distinte e non soggetti appartenenti a un gruppo piuttosto che a un altro, va oltre il concetto di classe sociale. Personalità e stili di vita sono quindi due concetti teorici diversi ma strettamente correlati. Variabili legate ai benefici ricercati L’adozione di questo approccio alla segmentazione implica la considerazione delle aspettative dei clienti e dei benefici che essi ricercano nella struttura di offerta. Le variabili si riconducono ai fattori fondamentali che compongono la funzione di domanda e richiamano i modelli, quali quello di Fishbein, che hanno come obiettivo quello di identificare le motivazioni fondamentali in termini di benefici ricercati che sono alla base delle strutture di preferenza della domanda. La segmentazione per benefici ricercati consente di definire un’utile connessione con la dimensione della struttura di offerta interpretata come un insieme di attributi che possono essere riletti e reinterpretati dall’impresa alla ricerca di un sempre + elevato allineamento con la domanda. Diviene allora prioritario identificare gli attributi fondamentali attraverso i quali procedere alla segmentazione del mercato e ciò può avvenire attraverso le ricerche ad hoc finalizzate a questo scopo. La sua applicazione implica dunque la raccolta di informazioni relative a: - elenco degli attributi o dei vantaggi associati da parte dei clienti attuali o potenziali alla categoria dei prodotti in esame; - valutazione dell’importanza relativa attribuita a ciascun attributo; - raggruppamento degli acquirenti che sono accumunati dalla stessa valutazione sia in termini di attributi che in termini di importanza associata; - definizione del profilo dei segmenti. Si può dire che questa tipologia di variabili costituisca una dimensione di particolare interesse e applicabilità per l’impresa in termini di traduzione operativa nelle decisioni legate al marketing mix. Tali limiti si riscontrano in misura minore nella segmentazione dei mercati industriali. Variabili comportamentali Segmentare secondo i criteri comportamentali significa suddividere i consumatori in base alla conoscenza o meno del prodotto in esame, del loro atteggiamento verso di esso e dall’uso che ne fanno. Questa segmentazione può essere definita come un’analisi storica, vale a dire un’analisi di ciò che è accaduto in passato all’impresa o al mercato. • Livello di conoscenza del prodotto. Questo criterio di segmentazione serve a programmare le corrette strategie di marketing da rivolgere al consumatore potenziale in relazione al suo grado di disponibilità all’acquisto. • Livello di interesse verso il prodotto. In questo caso è possibile individuare cinque diverse classi di atteggiamento verso il prodotto: gli ostili, i contrari, gli indifferenti, i positivi e gli entusiasti. • Livello di utilizzo del prodotto. In molti mercati è possibile individuare il segmento dei non- utilizzatori, degli ex-utilizzatori, degli utilizzatori potenziali, dei nuovi utilizzatori e degli utilizzatori abituali. • Tasso di utilizzo del prodotto. I consumatori possono essere suddivisi in relazione all’intensità con cui il bene viene consumato. Ci saranno così consumatori a basso, medio e alto utilizzo del prodotto. • Grado di fedeltà verso la marca. I clienti possono essere segmentati in funzione del loro grado di fedeltà a una determinata marca, al punto vendita o ad altri elementi. Esistono clienti fedeli a una sola marca (fedelissimi), altri fedeli a due/tre marche acquistate a rotazione (fedeli tiepidi), altri ancora che trasferiscono la propria fedeltà da una marca a un’altra (fedeli mutevoli) e infine quelli che non sono fedeli a nessuna marca (incostanti). • La sensitività alle leve del marketing mix. Tra i consumatori che fanno parte di uno stesso mercato, è possibile individuare sensitività differenti alle diverse leve del marketing mix. Le variabili comportamentali sono altresì molto importanti nel mercato industriale e la segmentazione effettuata su queste fasi ha l’obiettivo e la funzione di adattare le strategie di approccio ai clienti industriali in base alle strutture, alle caratteristiche di funzionamento del centro decisionale e alle persone coinvolte nella decisione d’acquisto. 15 7.3.2 I metodi di definizione dei segmenti La seconda dimensione chiave dell’attività di segmentazione è rappresentata dai metodi che possono essere utilizzati al fine della sua declinazione concreta. La classificazione proposta si basa su due dimensioni analitiche: la modalità di determinazione del numero dei segmenti e il valore conoscitivo e applicativo dei processi di segmentazione, ossia la natura del metodo. In particolare, si evidenziano metodi che operano in una logica di pre-definizione del numero dei segmenti ottenuti dall’attività di segmentazione e metodi che giungono alla definizione del numero totale dei segmenti solo a valle dell’analisi dei risultati. Altresì viene evidenziata la distinzione tra metodi descrittivi, ossia che si limitano all’evidenza delle associazioni fra variabili e segmenti, e metodi predittivi, che si sostanziano in analisi dell’associazione e della dipendenza fra gruppi di variabili. Metodi a priori descrittivi Nei metodi di segmentazione a priori, il numero dei segmenti, l’ampiezza relativa e la loro descrizione sono definiti all’inizio dell’analisi. Questa tipologia di metodi è molto utile quando si vuole ottenere un primo rapido approfondimento delle caratteristiche dei segmenti o della natura delle relazioni tra sottogruppi di variabili utilizzate per la creazione dei gruppi. In genere come base per la segmentazione vengono scelte caratteristiche specifiche del prodotto o caratteristiche generali del cliente. Il disegno tipo di una ricerca mirata alla costruzione di un modello di segmentazione a priori descrittivo implica solitamente sette fasi: - selezione a priori di una base per la segmentazione; - scelta delle variabili da utilizzare per descrivere i segmenti; - disegno del campione; - raccolta dei dati; - formazione dei segmenti sulla base del raggruppamento degli elementi del campione in categorie; - descrizione del profilo dei segmenti; - traduzione dei risultati relativi all’ampiezza e al profilo stimato dei segmenti in strategie specifiche di marketing. Metodi a priori predittivi L’utilizzo di questi metodi implica una preliminare suddivisione della popolazione di riferimento in un insieme di segmenti attraverso un set di variabili definito a priori. I gruppi così ottenuti vengono analizzati attraverso i modelli predittivi per descrivere la relazione che sussiste tra l’appartenenza a un gruppo e un insieme di variabili indipendenti. In questo senso si possono distinguere due tipi di approccio: - forward approach, in cui variabili psicografiche o sociodemografiche consentono la definizione a priori di segmenti che vengono successivamente correlati con variabili prodotto specifiche per individuare le determinanti dell’appartenenza al gruppo; - backward approach, in cui i segmenti sono determinati a partire da una base di variabili prodotto specifiche. Metodi post-hoc descrittivi Si tratta di metodi che consentono l’identificazione dei segmenti attraverso il raggruppamento dei soggetti che mostrano un comportamento omogeneo rispetto a uno specifico set di variabili. I metodi di segmentazione post-hoc differiscono dai modelli a priori per il modo in cui vengono scelte le basi di segmentazione: il numero e il tipo di segmenti non sono conosciuti al momento in cui si avvia l’analisi, ma sono determinati raggruppando gli elementi del campione sulla base della loro similarità relativamente a un particolare insieme di variabili. Le tecniche di clustering costituiscono gli strumenti più utilizzati in questo contesto; per la loro applicazione è opportuno tenere conto di alcuni momenti costitutivi: - selezione degli elementi da sottoporre ad analisi; - scelta delle variabili di classificazione e determinazione dei valori o delle modalità che queste assumono rispetto a ogni unità considerata; - definizione di un criterio per valutare la dissomiglianza esistente tra gli elementi osservati; 16 - individuazione dell’algoritmo di raggruppamento delle unità; - determinazione del numero di gruppi che si formano tra gli elementi del campione o individuazione della cosiddetta partizione ottimale; - verifica e interpretazione dei risultati. Metodi post-hoc predittivi Questi metodi individuano i segmenti di mercato sulla base della stima della relazione che sussiste tra una variabile dipendente e un insieme di predittori. A latere di questa classificazione che si focalizza in modo particolare sui metodi a priori e post-hoc, possiamo evidenziare il frequente ricorso nell’attività di segmentazione svolta dalle imprese a metodi di segmentazione flessibile. Questi si basano sull’integrazione dei risultati di uno studio di conjoint analysis e di una simulazione delle scelte dei consumatori. Dal momento che l’obiettivo è quello di identificare segmenti di mercato costituiti da insiemi di clienti con profili di risposta simili in termini di gradimento e preferenza nei confronti di prodotti e di marche già esistenti oppure ancora in fase di progettazione, la dimensione di partenza è costituita dalla descrizione di prodotti e marche attraverso le loro specifiche combinazioni di modalità o di livelli di caratteristiche distintive. La conjoint analysis consente di comprendere e misurare i diversi compromessi che le specifiche tipologie di consumatori compiono nel confronto e nella scelta delle alternative di prodotto. Tramite questa tecnica è possibile valutare sia l’importanza che ogni individuo attribuisce a ciascuna caratteristica di un prodotto, sia il grado di utilità corrispondente a ogni livello o modalità propria di ciascuna caratteristica. Le fasi che contraddistinguono l’applicazione della conjoint analysis sono riconducibili a: • individuazione degli attributi rilevanti del prodotto e della loro + opportuna articolazione in modalità o livelli distinti; • definizione dei profili di prodotto da sottoporre a giudizio diretto dei consumatori dopo una fase di test; • selezione di un campione di soggetti che si esprimeranno in termini di preferenza rispetto ai diversi profili; • stima dei valori delle utilità parziali associate a ogni modalità o livello degli attributi, nel rispetto del contenuto informativo presente nei giudizi degli intervistati; • determinazione dell’importanza relativa di ciascun prodotto; • valutazione dell’utilità totale corrispondente ai profili di prodotto non compresi nel piano della rilevazione. 7.3.3. Le condizioni per una segmentazione efficace Alla fase della definizione dei segmenti, in funzione del metodo di segmentazione prescelto e dei criteri individuati come significativi, segue un momento altrettanto critico, ossia la determinazione dei profili dei segmenti. Qualunque sia l’approccio scelto, è importante che il modello di segmentazione del mercato sia periodicamente rinnovato al fine di adattarsi a eventuali modifiche del mercato, e quindi dei segmenti, nel tempo. L’efficacia dell’attività di segmentazione è strettamente correlata al rispetto di alcune condizioni legate alle tipologie di segmenti che emergono dall’analisi. Sei sono i criteri condivisi in letteratura che determinano la validità generale e l’adeguatezza alle necessità decisionali di tipo sia strategico sia tattico dell’attività di segmentazione: - distintività: la capacità di identificazione di gruppi di clienti qualificati da elasticità di risposta differenziata alle politiche di marketing dell’impresa; - identificabilità: la possibilità di individuare i segmenti di mercato esistenti con le tecniche disponibili e mediante l’utilizzo di variabili facilmente rilevabili e di profilarli in modo chiaro; - sostanzialità: i segmenti rilevati devono essere consistenti in termini di numerosità e di potere d’acquisto totale; - stabilità: la stabilità nel tempo dei segmenti giustifica lo sviluppo di una strategia di marketing specifica; - accessibilità: la possibilità da parte dei responsabili del marketing di raggiungere i segmenti di consumatori con azioni promozionali e commerciali; esistono due tipi di accessibilità: l’autoselezione degli acquirenti e la copertura controllata dei segmenti; 17 L’impresa può porre tutte le sue attenzioni e risorse nel cercare di interpretare al meglio le esigenze dei clienti, nel produrre e proporre al mercato un sistema di offerta perfettamente in grado di risolvere positivamente quelle esigenze, ma se i clienti non capiscono la validità dell’offerta ogni sforzo dell’impresa è destinato a non produrre risultati positivi. Il collegamento concettuale tra posizionamento e differenziazione è molto evidente. Il posizionamento si ottiene agendo su tutti i fattori che possono consentire all’impresa di essere valutata e preferita da parte del mercato. Il posizionamento consiste in un’analisi che permetta di capire quale posizione occupi il sistema di offerta di un’impresa nell’ambito delle preferenze espresse dalla domanda e come esso venga percepito rispetto ai prodotti concorrenti. La definizione del posizionamento è un momento cruciale del processo di marketing. Infatti con il posizionamento si identificano e si chiariscono alcune delle decisioni + importanti della politica di mercato dell’impresa. Anzitutto si individuano e si qualificano le aree di preferenza della domanda rispetto alle caratteristiche del sistema di offerta dell’impresa. In secondo luogo, attraverso le attività connesse al posizionamento si riescono a rappresentare i sistemi di offerta dei concorrenti in uno spazio condiviso e si può comprendere in quale misura e su quali elementi i concorrenti vengano percepiti simili all’offerta dell’impresa. Infine, le scelte di posizionamento indirizzano e condizionano l’intero marketing mix dell’imprese che deve essere progettato ed eseguito in modo conforme al posizionamento che l’impresa intende conferire alla propria offerta. L’analisi del posizionamento dell’offerta si attua attraverso tre momenti valutativi: 1. si definiscono in primo luogo le caratteristiche del sistema di offerta e si cerca di comprendere l’importanza di ciascuno degli elementi che lo qualificano nella prospettiva degli acquirenti e dei consumatori. Questa prima fase consente di definire il profilo del sistema di offerta ideale dal punto di vista dei clienti e costituisce il punto di riferimento per la sua determinazione; 2. una volta definito il profilo del sistema di offerta, ci si interroga in quale misura un determinato prodotto/marca sia in linea con le caratteristiche desiderata dalla domanda e quali siano le distanze che dovrebbero essere eventualmente colmate e come lo possono essere. Questa seconda fase prende il nome di analisi delle preferenze e si concretizza visivamente nella cosiddetta mappa delle preferenze; 3. il terzo momento analitico pone a confronto la marca in questione con i suoi concorrenti. Utilizzando le stesse variabili con le quali è costruita la mappa delle preferenze, si costruisce un’analoga mappa delle percezioni ove vengono collocati i sistemi di offerta concorrenti. Dall’analisi congiunta delle mappe delle preferenze e delle percezioni scaturisce la mappa di posizionamento del prodotto/marca, punto di partenza per poter comprendere la vicinanza e la consistenza quali-quantitativa della domanda, le caratteristiche percepite del proprio sistema di offerta rispetto a quello delle marche concorrenti, gli interventi necessari per rinforzare e/o tentare di modificare la propria posizione, la vicinanza e la pericolosità delle marche concorrenti, le ipotesi di sviluppo della marca e della sua quota di mercato, le variabili del marketing mix che devono essere utilizzate per ottenere i risultati desiderati. Un posizionamento efficace si fonda su tre elementi: 1. deve rispondere in maniera non equivoca alle esigenze e alle attese del target cui si indirizza; 2. i benefici su cui si fonda il posizionamento devono qualificare l’offerta dell’impresa in modo superiore e distintivo rispetto ai concorrenti; 3. le politiche di marketing devono generare un’immagine percepita e memorizzabile. In sostanza, nel posizionamento dell’offerta di un’impresa si concentrano pressoché tutte le + importanti variabili di marketing, in termini sia analitici sia decisionali. Da un punto di vista decisionale il posizionamento si fonda su tre elementi fondamentali: l’innovazione, la differenziazione e la comunicazione. Il rapporto posizionamento-innovazione è vitale per consentire alla marca di muoversi in modo dinamico nel mercato conferendole quelle caratteristiche di novità e di originalità che spesso sono alla base delle decisioni del consumatore. La differenziazione è a un tempo componente e risultato del posizionamento. Ne è componente perché ogni azione che indica sulla posizione del prodotto deve considerare la posizione delle marche concorrenti; è risultato in quanto il posizionamento ottenuto deve essere differente da quello dei concorrenti. Il posizionamento va comunicato nei tempi e nei modi + adeguati al fine di far conoscere e apprezzare le caratteristiche che la marca ha assunto. Il posizionamento deve essere apprezzato da una parte + o - grande della domanda che opta per quella determinata combinazione di caratteristiche. In sintesi, il posizionamento si concretizza in una determinata 20 quota di mercato, cioè in un certo numero di consumatori che esprime una preferenza, attraverso l’acquisto, per quella data combinazione di fattori. Le modalità operative e i fattori che possono essere considerati come riferimento per definire il posizionamento sono numerosi. Tra gli altri si possono annoverare i seguenti fattori: - attributi fisici del prodotto; - elementi simbolici associati al prodotto; - occasioni e modalità di utilizzo; - benefici; - fascia di prezzo; - caratteristiche del target di utilizzatori; - confronto diretto con un concorrente; - paese d’origine. Non esiste una modalità di definizione o un insieme di fattori che possano essere giudicati migliori degli altri. In ogni mercato e per ogni tipologia di prodotto esistono fattori + o - rilevanti e i criteri di posizionamento devono essere coerenti con le caratteristiche dei mercati, verificando che si stiano utilizzando i parametri + significativi nella prospettiva del cliente. Le analisi di posizionamento sono di due tipi: - analisi basate su un approccio logico-deduttivo, management based; - analisi di tipo empirico, customer based. L’approccio management based prende in considerazione fondamentalmente le caratteristiche fisiche e oggettive del prodotto o prende le mosse dall’esperienza del management basata sui riscontri ottenuti in passato. Incrociando le dimensioni importanza dell’attributo e differenziale di performance si ottiene un quadrante che evidenzia le posizioni relative di ogni singola marca rispetto alle altre. La costruzione delle mappe delle percezioni e delle preferenze si ottiene ricorrendo a tecniche di analisi multivariate quali la factor analysis, la discriminant analysis, l’analisi delle corrispondenze e il multidimensional scaling. La factor analysis ha la finalità di aggregare in insieme unici fattori tra loro correlati, consentendo quindi di utilizzare i fattori di sintesi per la definizione degli assi su cui si costruiscono le mappe di posizionamento. + utile ai fini del posizionamento è la discriminant analysis per la sua capacità di identificare gli elementi che distinguono le marche e i prodotti. L’analisi delle corrispondenze pone in evidenza le interrelazioni tra le due variabili di natura qualitativa. Con il multidimensional scaling si verificano le distanze percepite tra i prodotti ma sulle percezioni che ne hanno i clienti. E’ bene precisare che le analisi e le decisioni riguardanti il posizionamento devono essere continuamente verificate perché si possono creare le condizioni che impongono un cambiamento di posizione, cioè un riposizionamento che consenta di adattare le caratteristiche del sistema di offerta alle mutate esigenze della domanda e alle mosse dei concorrenti. 7.6 Dal posizionamento alle decisioni legate al marketing mix Il concetto di marketing mix costituisce comunque un riferimento utile tanto sul piano concettuale quanto per il fatto che rappresenta un punto di riferimento condiviso nella pratica dalle imprese. Concettualmente il marketing mix si rifà alle due dimensioni fondamentali dell’analisi del mercato, la domanda e la concorrenza, e in esso devono essere sintetizzate le capacità dell’impresa e le risorse sulle quali si fonda il vantaggio competitivo. In sostanza, recuperando la metafora del mix, l’attività di marketing è costituita da un insieme assai numeroso e variegato di ingredienti che vanno adeguatamente dosati e tra loro integrati a formare un insieme unitario, cioè un mix. Tradizionalmente le variabili che formano il marketing mix sono quattro: - politiche di prodotto; - politiche di prezzo; - politiche distributive; - politiche di comunicazione di marketing. Ciascuna di queste variabili rappresenta una sintesi estrema delle decisioni di marketing e deve di conseguenza essere articolata in dettaglio. Il marketing mix deve soddisfare alcuni requisiti che ne consentano una formulazione unitaria. Anzitutto le singole variabili che lo formano devono essere tra loro coerenti. Anche la condizione apparentemente + favorevole per il cliente, cioè un marketing mix ove tutte le variabili siano collocate su livelli qualitativi molto elevati ma il prezzo sia molto 21 conveniente, può ingenerare nel cliente una condizione di incertezza e di dissonanza cognitiva. Il secondo requisito fondamentale di coerenza del marketing mix riguarda il rapporto con il mercato, nel senso che la formulazione e l’attuazione delle politiche di marketing deve avere un costante riferimento alla struttura e alle dinamiche dei mercati nei quali sono attuate. In terzo luogo il marketing mix deve rispecchiare la disponibilità e l’ammontare delle risorse dell’impresa. Da ultimo è necessaria una riflessione riguardo la coerenza tra marketing mix e obiettivi dell’impresa. Domande: - Che cosa si intende per segmentazione del mercato? - Quali sono i momenti fondamentali del processo di segmentazione del mercato? - Qual è la classificazione delle variabili e le caratteristiche che le contraddistinguono in termini di efficacia ai fini della segmentazione della domanda? - Quali sono i metodi principali utilizzati per la definizione dei segmenti? - Come possono essere declinate le dimensioni che determinano l’efficacia dell’attività di segmentazione? - In che modo è possibile procedere a una valutazione dei segmenti? - Quali sono le principali strategie di copertura del mercato? - Per quali ragioni il posizionamento è da intendersi come il punto di avvio delle politiche di marketing mix? - Come si costruiscono le mappe delle percezioni e delle preferenze? - Quali elementi possono essere presi come riferimento per attuare il posizionamento? - Quali tipologie di approcci si utilizzano per il posizionamento? - Quali caratteristiche di coerenza deve avere il marketing mix? Capitolo 8 - Le politiche di prodotto Il punto di riferimento delle politiche di marketing delle imprese è il prodotto che viene offerto al mercato. Il prodotto deve essere inteso per le sue capacità di dare una risposta alle esigenze dei clienti e come riferimento della differenziazione dell’offerta. Le dimensioni chiave della politica di prodotto sono: la composizione dell’assortimento con cui l’impresa si propone al mercato, il livello qualitativo con cui si intendono connotare i prodotti e la prospettiva temporale che si ritiene funzionale adottare nella gestione della struttura di offerta. L’innovazione e lo sviluppo di nuovi prodotti acquisiscono un ruolo fondamentale nella prospettiva della creazione di valore per l’impresa e per i clienti. 8.1 Il concetto di prodotto e le logiche di differenziazione Le imprese dispongono di diverse abilità e competenze che vengono concretizzate nei prodotti e nei servizi offerti e proposte in funzione delle esigenze espresse dal mercato e dai clienti. La finalità del marketing è far sì che l’offerta dell’impresa risulti preferita a quella dei concorrenti, che tale preferenza rimanga inalterata e migliori e si rinforzi nel tempo. L’impresa colloca sul mercato un insieme d’offerta che ha nel prodotto la sua dimensione centrale. Le ragioni che inducono a considerare il prodotto come prima variabile del marketing mix sono facilmente riconducibili al fatto che le decisioni del cliente prendono in considerazione cosa possa consentire la soddisfazione delle sue esigenze e solo dopo il cliente prende in esame e valuta le altre variabili dell’offerta. Sostenere che il prodotto sia la prima variabili non significa che essa sia la + importante in assoluto. Le decisioni dei clienti prendono in esame tutte le variabili dell’offerta dell’impresa e solo dalla loro adeguatezza e coerenza possono scaturire scelte d’acquisto e di consumo premianti per l’impresa. Benché la definizione del termine prodotto possa apparire scontata (ciò che si produce, si vende, si acquista e si consuma), in realtà tale concetto si presta a una pluralità di interpretazioni. Un primo collegamento fondamentale pone in relazione le diverse tipologie di prodotto con il comportamento d’acquisto e di consumo dei clienti e con due variabili che ne caratterizzano le condotte: il rischio percepito e lo sforzo profuso nella scelta, nell’acquisto e 22 La qualità del prodotto Un’ulteriore dimensione di attenzione dal punto di vista strategico è rappresentata dal livello di qualità che l’impresa intende associare ai propri prodotti. Il concetto di qualità è estremamente articolato e non facilmente definibile: si tratta infatti di un concetto multidimensionale che connota il prodotto e che costituisce una delle basi della piattaforma relazionale tra impresa e cliente. Definizione di qualità: capacità di un insieme di caratteristiche inerenti a un prodotto, sistema, o processo di ottemperare a requisiti di clienti e di altre parti interessate. Nella prospettiva della politiche di prodotto la dimensione della qualità rappresenta un momento decisionale strategico, perché in grado di connotare da un lato le implicazioni nella gestione operativa della struttura di offerta a partire dalla definizione del prodotto e dall’altro i driver della relazione con il mercato. Nella prospettiva dell’agire sostenibile dell’impresa il concetto di qualità come adeguatezza all’uso, ha subito un processo di profonda trasformazione in quanto il bene o servizio non deve semplicemente soddisfare le esigenze dell’utilizzatore ma deve altresì non compromettere ciò che è alla base del suo proficuo utilizzo nel tempo. Le implicazioni gestionale che attengono alla definizione della qualità come dimensione strategica nella politica di prodotto e alla sua traduzione operativa sono declinabili nell’ambito delle diverse tipologie di imprese e attengono in particolare a: - entità a cui si riferisce; - soggetto portatore del sistema di bisogni in funzione della specifica entità definita come riferimento; - determinanti della qualità. L’orizzonte temporale adottato nella gestione del prodotto L’ultima dimensione connotativa del prodotto dal punto di vista strategico si ricollega alla prospettiva dinamica. Si tratta cioè di definire quale sia l’orizzonte temporale che si intende adottare nel momento in cui si definiscono le politiche di prodotto. La dimensione dinamica è uno degli elementi costitutivi del modello del ciclo di vita del prodotto. E’ possibile giungere alla definizione di un modello sintetico che contempera le diverse decisioni consentendo all’impresa di tracciare il proprio profilo strategico che consenta l’armonizzazione delle ulteriori decisioni strategiche e tattiche relative al prodotto. Particolare rilievo assumono: l’innovazione e lo sviluppo dei nuovi prodotti, la gestione del prodotto nelle diverse fasi del suo ciclo di vita, le politiche relative alle dimensioni che connotano e completano il prodotto quali i servizi accessori, il packaging e la marca. 8.3 Innovazione e mercato L’innovazione costituisce uno dei temi legati alle politiche di prodotto e di marketing tra i + attuali e dibattuti. Il progresso scientifico e tecnologico è uno dei motori principali dello sviluppo dei settori e delle imprese. Scienza e tecnologica producono conseguenze rilevanti sul piano economico solo se il rapporto con il mercato è sintonico, cioè se l’innovazione costituisce una piattaforma che consente il miglioramento della relazione tra l’impresa e i clienti. La tradizionale sequenza scoperta-invenzione-innovazione evidenzia un progressivo spostamento della centralità e del fulcro dell’attenzione dalla scienza e dalla tecnologia al mercato e dagli aspetti tecnici a quelli riguardanti l’utilizzo delle innovazioni e l’impatto che esse hanno sul cliente. L’innovazione che conta deve riferirsi congiuntamente tanto agli aspetti tecnico-scientifici quanto al cliente, in una prospettiva di cogenerazione. La rilevante importanza della ricerca e sviluppo incide anche sulle relazioni intraziendiali e pone in evidenza la necessità che vengano formalizzati meccanismi organizzativi che favoriscano il contatto tra le varie fasi dell’attività innovativa e tra la R&D (research and development) e le altre funzioni aziendali, soprattutto la produzione e il marketing. Il tempo necessario per seguire un approccio di tipo sequenziale sarebbe infatti eccessivo in presenza di dinamiche evolutive molto intense sul piano delle tecnologie, facendo rischiare all’impresa di giungere al momento della commercializzazione in ritardo rispetto ai concorrenti. L’innovazione di mercato si può esprimere con forme molto diverse tra loro; le principali sono le seguenti: - innovazione incrementale; - innovazione radicale; - innovazione nell’utilizzo dei prodotto/servizi; 25 - innovazione di trade; - innovazione di metodo. Innovazione incrementale Le forme dell’innovazione incrementale sono potenzialmente infinite. Ma l’innovazione incrementale è nella relazioni dinamiche che s’instaurano tra prodotto, canale e cliente/utilizzatore. L’innovazione incrementale s’ingloba dei diversi comportamenti possibili. Innovazione radicale L’innovazione radicale risiede nei prodotti, nei canali, nei comportamenti dei consumatori e nelle relazioni, spesso contemporaneamente sui quattro aspetti. Bisogna comprendere fino a quale punto la radicalità dell’innovazione genera cambiamenti. Innovazione nell’utilizzo dei prodotti/servizi Non ci occupiamo solo d’innovazione di prodotto e/o di processo, ma anche d’innovazione nell’utilizzo dei prodotti. Parlare d’innovazione di mercato potrebbe far supporre la superiorità del demand pull al technological push. Le innovazioni di successo sono il frutto di un equilibrato e sapiente compromesso tra le due componenti: tecnologia e il mercato. E’ evidente che un nuovo cliente non può essere trattato come un cliente consolidato. Il rapporto con l’innovazione si modifica, entrano in gioco la marca e le relazioni, l’impresa venditrice deve assecondare i tempi decisionali del cliente, assisterlo con l’informazione e garantire i risultati. Innovazione di trade Da tempo il trade si muove sul territorio dell’innovazione con modalità e strumenti assai sofisticati. Il trade innova in tre modi. Anzitutto usando una tecnologia propria che si basa sulla sua posizione. Il secondo momento innovativo è nelle relazioni con l’industria. Infine, la distribuzione è in grado di cogliere i bisogni d’innovazione dei suoi clienti. Innovazione di metodo L’innovazione può colpire anche i metodi utilizzati. Si può sostenere che le innovazioni di metodo tendono a essere + importanti e durature di quelle di contenuto. Sono però anche + difficili da attivare. 8.4 Il processo di sviluppo di un nuovo prodotto Il processo di sviluppo di un nuovo prodotto diviene il territorio ove l’impresa si confronta con la sua capacità di innovare e di creare le condizioni interne che favoriscano la sua attitudine all’innovazione. L’innovazione continua declinata a livello di prodotto trova ragione in una serie di motivazioni legate ai contesti altamente concorrenziali che caratterizzano la condizione competitiva della maggior parte delle imprese, quali: - mantenimento della leadership e dell’immagine di leader nell’innovazione; - difesa della quota di mercato; - entrata in mercati nuovi e ritenuti importanti; - difesa da parte dell’impresa dall’entrata di nuovi concorrenti; - sfruttamento delle sinergie produttive e/o distributive. E’ opportuno che l’impresa identifichi dei driver e delle dimensioni valoriali attorno alle quali orientare l’innovazione e tradurla nello sviluppo di proposte di offerta e dunque di prodotti in grado di consentirle l’acquisizione di un vantaggio competitivo sostenibile nel tempo. In seconda battuta, lo sviluppo di un nuovo prodotto trova coerenza e coordinamento nella razionalizzazione delle attività in una serie di fasi che in letteratura sono proposte secondo una logica sequenziale. Il processo che ne deriva si basa su alcune considerazioni di base: - il processo è pianificabile e suddivisibile in fasi a carattere sequenziale; - il processo è di norma organizzato attraverso la pre-definizione degli obiettivi da realizzare e l’attribuzione di responsabilità a una funzione particolare dei risultati relativi a ogni singola fase; - il processo è gestibile dalla singola impresa. 26 Si tratta di un modello ancora basato sull’idea che l’impresa sia in grado autonomamente di controllare i fattori chiave di successo dei nuovi prodotti tramite la stesura di un piano a tappe sequenziali, ognuna strettamente legata al successo della precedente. Tale processo si è andato definendo attorno ad alcune fasi fondamentali: - identificazione delle opportunità e generazione delle idee; - selezione delle idee; - sviluppo e valutazione del concetto di prodotto; - definizione delle linee guida della strategia di marketing; - analisi economica; - progettazione e sviluppo tecnico del prodotto; - sviluppo produttivo; - test di mercato; - sviluppo commerciale e lancio del nuovo prodotto. Tale modello sequenziale mostra oggi delle aree di criticità dal momento che secondo i + recenti contributi sul tema, il successo ottenibile da un nuovo prodotto è maggiormente legato alla capacità di realizzare un processo di sviluppo basato sull’effetto sinergico di fattori quali: - velocità con la quale l’impresa recepisce i bisogni del mercato; - capacità di attivare logiche relazionali; - capacità di ottimizzare la quantità di risorse utilizzate. Viene così a crearsi la necessità di passare da un legate di tipo sequenziale a logiche che vedono coinvolte tutte le funzioni aziendali nonché gli attori esterni + rilevanti per il processo. Si tratta dunque di una riprogettazione del processo mediante i principi del concurrent engineering, secondo il quale l’avvio di ciascuna attività non esige necessariamente la conclusione di quella precedente, ma anzi è auspicabile una parziale sovrapposizione delle fasi, rendendo il processo + veloce rispetto alla logica sequenziale. Indispensabile risulta una stretta sinergia fra le diverse attività e le diverse funzioni a queste preposte al fine di ottenere un’efficienza e un’efficacia premianti. Una proposta coerente con il modello in parallelo riconduce il processo di sviluppo di un nuovo prodotto a tre grandi fasi: - fase di esplorazione; - fase di sperimentazione; - fase di preparazione al lancio del prodotto sul mercato. Relativamente a ciascuna fase, possono essere evidenziate alcune aree di particolare attenzione e criticità. Fase di esplorazione Tra le attività che caratterizzano questa fase, il momento della generazione delle idee costituisce un ambito elettivo nel quale le interazioni che si attuano all’interno dell’impresa, tra le diverse funzioni, e tra impresa e ambiente circostante, trovano una delle loro espressioni + incisive. Obiettivo di questo momento è quello di sviluppare il numero + elevato di idee anche molto eterogenee tra loro onde non precludersi spazi di opportunità ancora non considerati. Tre sono le dimensioni chiave di questa attività: le fonti delle idee, i metodi di generazione dele idee, l’output della fase. Molteplici sono le tecniche per la generazione delle idee. Tra le tante che si sono andate sviluppando nel tempo possiamo evidenziare: - brainstorming: produrre il maggior numero possibile di idee; - analisi morfologica: identificazione degli elementi strutturali di un problema; - elencazione degli attributi: elencazione degli attributi che caratterizzano un prodotto esistente; - analisi delle situazioni d’uso: identificazione delle modalità con le quali il cliente utilizza il prodotto; - confronto tra oggetti diversi: formulazione di un elenco di elementi. Ognuna di queste tecniche presenta specificità e difficoltà differenti. Al momento divergente nella generazione delle idee deve necessariamente seguire un momento convergente di selezione e prima scrematura delle idee. Diversi sono i livelli della selezione: in prima istanza la verifica deve essere effettuata in relazione agli obiettivi che l’impresa si pone e alle risorse e competenze di cui dispone. Le modalità di valutazione si fondano di norma sull’elencazione delle caratteristiche che qualificano l’idea di nuovo prodotto in relazione alle risorse e competenze dell’impresa e sulla loro ponderazione. Il valore totale consentirà una prima rappresentazione delle diverse idee che 27 - miglioramento dell’immagine. Analogamente la valutazione può essere declinata a livello di linea di prodotti; gli interventi che possono essere effettuati sono molteplici e riguardano fondamentalmente: - analisi economica della linea; - decisioni di intervento sulla linea. Alla prima area si riconduce l’analisi delle vendite e dei profitti della linea di prodotto. Alla seconda area attengono tra le altre le decisioni relative alla lunghezza della linea. Le direzioni dell’allungamento possono essere due: - allungamento verso l’alto o politiche di trading-up; - allungamento verso il basso o politiche di trading-down. Vi è anche la possibilità per l’impresa di creare linee di prodotto finalizzate a facilitare una politica di vendita incrociata (cross-selling). 8.7 Il packaging Tra le dimensioni connotative del prodotto, troviamo la marca e il packaging. L’evoluzione che il packaging ha vissuto nel tempo ben evidenzia quanto questo elemento debba essere considerato parte integrante del sistema prodotto e componente determinate del valore dell’offerta. Dalle tradizionali funzioni di protezione ed economicità il packaging ha visto enfatizzare nel corso degli ultimi decenni le funzioni di promozione/informazione e praticità/funzionalità, + vicine alla sfera d’interesse del consumatore, determinando nuovi spazi di opportunità per lo sviluppo di soluzioni innovative ed efficienti. Le innovazioni tecniche che caratterizzano il processo di progettazione e realizzazione rendono il packaging un oggetto complesso che funge da elemento unificatori di varie dimensioni comunicative: soggetto nell’ambito pubblicitario che parla con le regole linguistico- visive dei media, vettore di orientamento presso il punto vendita, fa conoscere al pubblico il prodotto, infine strumento nello spazio di utilizzo e consumo. Nel primo caso il packaging diviene protagonista della comunicazione. Nel secondo caso il packaging costituisce un vettore di orientamento ai fini della decisione d’acquisto. La confezione diviene strumento attivo anche nella fase di consumo e dotata di un plus prestazionale indirizzato a modificarne lo status. Design e selezione dei materiali divengono dimensioni sempre + critiche ove lo spazio di differenziazione e il concorso alla creazione del valore si ampliano in termini di opportunità per le imprese. E’ in questa prospettiva che emerge la dimensione dinamica del packaging, inteso come processo nell’ambito del quale si attiva un sistema coordinato di attività volte a progettare e realizzare un flusso che dalla produzione, attraverso la movimentazione, il trasporto e la promozione, conduce alla fase della vendita, cui segue il consumo. Diverse sono le dimensioni di intervento. Si tratta di tendenze in atto con cui le imprese si stanno confrontando e che rappresentano una delle direzioni di attenzione su cui i processi di innovazione potranno trovare nuove dimensioni di sviluppo, anche nella prospettiva di un’educazione del cliente verso logiche di sostenibilità dei consumi. 8.8 I servizi accessori Sempre + spesso la politica di prodotto comprende la proposta di servizi accessori che possono costituire una dimensione rilevante di differenziazione dell’offerta. I servizi al cliente possono essere suddivisi in quattro macrocategorie definite per destinazione e per affinità. L’attività dell’impresa genera cinque categorie generali di servizi: - servizi di vicinanza e prossimità; - servizi d’informazione; - servizi di completezza dell’offerta; - servizi di garanzia; - servizi di assistenza. Benché i servizi accessori vengano solitamente ricondotti alle politiche di prodotto, arricchendone i contenuti, in molti casi essi sono parte integrante anche di altre politiche di marketing mix. 30 Domande: 1. Cosa si intende per prodotto fisico, atteso, aumentato e potenziale? 2. Per quali ragioni si può considerare superato il dualismo tra prodotto e servizio? 3. Quali sono le dimensioni chiave che orientato le decisioni legate alle politiche di prodotto? 4. Che cosa si intende per qualità del prodotto in una prospettiva di marketing? 5. Secondo quali modalità si può declinare l’innovazione? 6. Come si articola il processo di sviluppo di un nuovo prodotto? 7. Quali sono le ipotesi ala base del modello del ciclo di vita del prodotto? 8. Che ruolo assumono e come vengono gestite le leve del marketing mix nelle diverse fasi del ciclo di vita del prodotto? 9. Quali sono i fondamentali interventi a livello di linea di prodotti? 10. Che funzioni svolge il packaging? Quali sono le possibili evoluzioni che lo caratterizzano? 11. Quali sono le fondamentali categorie di servizi che possono essere proposti a completamento del prodotto? Capitolo 9 - Brand management e brand equity La marca può essere considerata la sintesi delle azioni dell’impresa sul mercato perché in essa si riuniscono molti degli elementi che contraddistinguono il marketing. Questi fattori generano vantaggi sul piano economico e delle relazioni con il mercato che possono essere sintetizzati in benefici relazionali, distributivi e di marketing mix. Da ultimo viene illustrato un modello per la costruzione della marca che individua quattro elementi fondamentali che qualificano una marca leader: diversità, rilevanza, stima e familiarità. 9.1 La marca e le sue componenti Per alcuni la marca rappresenta la sintesi perfetta e il punto di arrivo dell’azione di marketing; per altri l’estremo negativo dei comportamenti di mercato dell’impresa. La verità sta nel mezzo tra questi due estremi e dipende dai valori che vengono associati alla marca e dalle azioni che l’impresa intraprende per promuoverla e diffonderla sul mercato. Non vi è dubbio che una corretta gestione della marca consente di ottenere vantaggi significativi sia per l’impresa, sia per i clienti. In questa prospettiva l’approfondimento delle tematiche che riguardano la marca e la sua gestione deve riguardare cinque ambiti fondamentali: - le componenti e le funzioni della marca; - i benefici economici e di mercato della marca; - le potenzialità della marca; - il valore derivante dalla marca e le modalità della sua valutazione; - i percorsi suggeriti per conferire alla marca un valore rilevante in armonia con le politiche di marketing dell’impresa. La marca è formata da numerose componenti che possono essere ricondotte a tre elementi di base: un nome, un simbolo e un pay off che sinteticamente la comunichi. Ciascuno di questi elementi consente di identificare una marca, permettendo al mercato di riconoscerla e di differenziarla sul piano comunicativo. Per quanto riguarda le funzioni svolte dalla marca esse possono riassumersi nel fatto che la marca consente l’attuarsi di un rapporto efficace tra impresa e mercato nel quale l’impresa riesce a disporre ed evidenziare tutte le sue capacità. Parallelamente i clienti riescono con maggiore facilità a individuare e a selezionare i prodotti + adeguati alle loro esigenze. Infatti una delle + importanti svolte dalla marca è quella di orientamento. Questa funzione contribuisce alla trasparenza del mercato. In secondo luogo, la marca assolve una funzione di praticità: essa è un modo comodo e pratico per il cliente per memorizzare le caratteristiche dei prodotti e associarvi un nome. Inoltre la marca costituisce una garanzia per i clienti. Una marca è una firma che identifica e responsabilizza l’impresa in modo continuativo. + una marca è conosciuta e + elevata è la sua immagine sul mercato, + la funzione di garanzia è importante. L’affermazione della marca, la sua credibilità e il suo valore sono fortemente collegati alle esperienze maturate dal consumatore al livello personale o per tramite delle informazioni che 31 riceve da altri clienti. Altre funzioni sono meno collegate alla dimensione fisica del prodotto ma possono assumere un’importanza notevole soprattutto per alcune tipologie di prodotto per le quali il cliente ricerca valori che vanno al di là dei benefici funzionali derivanti dall’utilizzo del prodotto. Particolarmente impegnative risultano le cosiddette funzioni di personalizzazione. Ogni prodotto viene valutato e giudicato dai clienti in maniera diversa, in relazione alle caratteristiche dell’individuo e del prodotto stesso. In questo modo si concretizzano le funzioni di personalizzazione, nel senso che i singoli clienti si avvicinano e utilizzano le diverse marche in modo personalizzato. Le caratteristiche della marca assolvono una serie di funzioni che vanno a vantaggio dei clienti che possono scegliere se preferire un prodotto di marca, pagandone il relativo maggior prezzo, oppure rivolgersi a prodotti unbranded ottenendo una significativa convenienza di prezzo. Queste stesse caratteristiche, interpretate dal punto di vista dell’impresa, definiscono ulteriori funzioni svolte dalla marca. Si tratta delle funzioni di identificazione di posizionamento e di capitalizzazione. La funzione di identificazione consente di riconoscere in ciascuna marca gli elementi che la possono contraddistinguere dalle altre marche presenti sul mercato. Questi fattori possono essere tangibili sia intangibili. Nell’uno e nell’altro caso la funzione di identificazione consente di attuare il posizionamento della marca che rappresenta un momento fondamentale del processo di marketing. Infine la marca assolve una funzione di capitalizzazione nel senso che gli investimenti che nel tempo sono stati compiuti per l’affermazione della marca si consolidano in un valore economicamente rilevante. Nello specifico la marca può rappresentare un capitale da diverse prospettive. Anzitutto la marca esprime una capitalizzazione di mercato riconducibile alle capacità di attrazione e di mantenimento delle quote del mercato di riferimento. Il capitale di mercato è costituito da un capitale di relazione con i clienti, sintesi dei rapporti che intercorrono tra marca e clienti, e di un capitale di fiducia, entro il quale si esprimono gli elementi positivi che si sviluppano partendo dalla soddisfazione delle esigenze dei clienti. Infine la marca esprime un risultato rilevante sotto la forma di una capitalizzazione economica e finanziaria. Le funzioni assolte dalla marca e i benefici che essa può generare per il cliente e per il mercato sono evidentemente notevoli. L’impresa, però, deve prestare particolare attenzione a non superare alcuni limiti nella gestione e nella comunicazione della marca che potrebbero ingenerare una reazione di rifiuto da parte dei clienti, fino al punto da identificare una certa marca con connotati di negatività. Si tratta del fenomeno del cosiddetto brand dislike, particolarmente pericoloso per il potenziale distruttivo del valore della marca. 9.2 I benefici economici e di mercato della marca La marca è portatrice di una serie di importanti vantaggi che riguardano tanto l’insieme delle relazioni dell’impresa e dei suoi prodotti con il mercato e con i clienti, quanto gli immediati riscontri sulla performance economica dell’impresa. I benefici che l’impresa può ottenere possono essere ricondotti a tre risultati principali: - vantaggi di relazione con il mercato; - vantaggi di natura distributiva; - vantaggi derivanti da un migliore funzionamento delle variabili del marketing mix. Vantaggi di relazione con il mercato I vantaggi che può ottenere un prodotto di marca rispetto a prodotti privi di marca o con una marca debole sono la diretta conseguenza della posizione centrale che la marca assume nella relazione tra impresa e mercato. In particolare, questi vantaggi si concretizzano in maggiori livelli di fiducia dei clienti nei confronti dell’impresa e della sua offerta. L’impresa di marca ottiene una posizione di superiorità nei rapporti con tutti gli stakeholders. Le migliori relazioni ottenute attraverso la marca arricchiscono l’impresa, incrementando il patrimonio di risorse su cui essa può contare. Vantaggi di natura distributiva Un secondo insieme di vantaggi per l’impresa è rintracciabile nelle relazioni con la distribuzione. A parità di altre condizioni, un prodotto di marca può anzitutto ottenere un livello di capillarità distributiva superiore, da cui derivano vantaggi consistenti in termini di copertura numerica e di quota di mercato. Un ulteriore vantaggio dei prodotti di marca è la maggiore e migliore esposizione dei prodotti nei punti di vendita. I vantaggi distributivi non si limitano alle relazioni in essere con la 32 dimensioni merceologica e settoriale. La valutazione delle associazioni è evidentemente molto influenzata da elementi soggettivi. Anche se influenzato da elementi di soggettività, lo studio delle associazioni porta a risultati di grande interesse e importanza. Quando le associazioni sono convergenti verso un profilo ben definito si forma l’immagine di marca. La dipendenza dell’immagine di marca dagli altri riferimenti d’immagine appare + profonda nei settori dei servizi. Anche nel business-to-business il legame tra immagine di marca di prodotto e immagine d’impresa è molto forte. Il livello d’integrazione dell’immagine non si limita al solo concordare tra immagine di settore, d’impresa e di marca, ma riguarda anche l’esigenza di armonizzare l’immagine dei singoli prodotti che compongono il complessivo portafoglio di un’impresa e la necessità d’integrare l’immagine nei confronti dei diversi pubblici di riferimento dell’impresa, in particolare i pubblici interni, cioè dipendenti e collaboratori, ed esterni. L’ultima componente della brand equity è costituita da un insieme di fattori che possono ulteriormente rinforzare il valore di marca. 9.5 La costruzione della marca Da tempo le imprese si sono poste il problema di come costruire marche forti, in grado di essere anzitutto apprezzate dal mercato e di durare nel tempo, evolvendo e rinforzandosi di continuo. Questo processo è di notevole importanza perché comporta una chiara definizione del concetto di marca dal punto di vista sia dell’impresa sia del mercato; dall’altro, la necessità di costruire una marca in grado di evolvere implica una notevole abilità nel lasciare spazi di manovra e di cambiamento che permettano di includere eventuali nuovi attributi. Da ultimo, una marca è davvero forte se viene vissuta in modo personalizzato da ogni cliente. Se il processo si svolge in modo corretto la marca diviene sintesi delle capacità dell’impresa chiave dinamica ed è capace di incorporare i necessari fattori relazionali e di soggettività. Poiché il tema è complesso e richiede abilità specialistiche e una visione complessiva e sofisticata, le imprese si sono spesso fatte aiutare da strutture esterne specializzate nella costruzione di marche. Uno di questi modelli è il Brand Asset Valuator che consente di individuare percorsi alternativi nel processo di costruzione di una marca, identificandone i fattori salienti dal punto di vista del cliente e ipotizzando le conseguenze anche sul piano del ritorno finanziario per l’impresa. L’osservazione dei comportamenti dei clienti individua l’esistenza di quattro fasi che corrispondono alle richieste dei consumatori posti di fronte a un prodotto di marca. Le fasi sono denominate: - diversità; - rilevanza; - stima; - familiarità. I primi due elementi generano la forza della marca. Una marca è forte rispetto alle marche concorrenti se ha in sé elementi che la contraddistinguono e che sono ritenuti importanti per il cliente. Gli altri due fattori definiscono la statura della marca e testimoniano il fatto che i clienti hanno instaurato con la marca un rapporto di natura fiduciaria destinato a durare nel tempo. Il modello considera il processo di costruzione di una marca come una serie di fasi sequenziali, ciascuna delle quali è contraddistinta dall’esistenza di obiettivi di marketing specifici, che possono essere soddisfatti utilizzando determinate leve di marketing e di comunicazione. La sequenza delle fasi permette di utilizzare il modello sfruttandone il dinamismo. I quattro momenti del modello costituiscono la base analitica di una griglia che, sotto forma di matrice, consente di individuare i percorsi critici dello sviluppo di una marca. Quando una marca nasce, il problema principale da risolvere è far sì che possa superare la soglia dell’indifferenza e dell’apatia che spesso caratterizza i consumatori. La marca nuova deve compiere un cammino assai difficile, spesso anche in poco tempo, senza commettere errori. Essa deve poter far leva su un elemento fondamentale, la novità, cioè la diversità rispetto alle marche già presenti. L’insieme dei fattori che può determinare un positivo inserimento nel mercato di una nuova marca è riconducibile al concetto di diversità, facilmente riconducibile a quello di differenziazione. La differenziazione si ottiene agendo su un numero pressoché infinito di variabili, limitato soltanto dalla disponibilità di una tecnologia che ne consenta l’attuazione in condizioni di convenienza economica. La diversità deve essere di non facile imitazione e quindi difendibile dalle imitazioni dei concorrenti e apprezzata dal mercato che deve riconoscere in essa una positiva risposta ai bisogni evidenti o latenti, comunque non ancora soddisfatti del tutto. Naturalmente il potenziale consumatore deve essere convinto dell’esistenza di 35 certi benefici. In questa circostanza conta molto far leva sulla curiosità del cliente potenziale. I benefici devono quindi essere pensati e comunicati con freschezza di linguaggio e con un pizzico di spregiudicatezza. Poiché il problema principale della nuova marca è di trovare uno spazio nel sistema di preferenze e percezioni del consumatore, essa deve utilizzare tutte le risorse disponibili. Solo capacità superiori e ben comunicate di problem solving, possono consentire l’ingresso e l’affermazione di nuove marche. Una volta superate le diffidenze e le incertezze del primo acquisto, la marca deve dimostrare la reale consistenza e l’utilità delle caratteristiche promesse al consumatore. Si deve di conseguenza agire sulla rilevanza per il cliente. Anche questa è una fase assai problematica dello sviluppo della marca che non risulta ancora consolidata, dal momento che la sua reputazione e credibilità sono in via di formazione. Il tutto richiede grande flessibilità, capacità di lettura dei bisogni del mercato e capacità di adattamento della novità alle nuove esigenze emergenti. Anzitutto, l’impresa deve essere pronta nell’ascoltare la voce del cliente; in secondo luogo, è indispensabile che nessuno s’innamori della propria idea a tal punto da non cogliere le esigenze espresse dal consumatore; in ultimo, è opportuno che all’interno dell’impresa si sviluppi un’intensa attività di comunicazione orientata alla condivisione delle istanze del mercato, al potenziamento delle capacità di adattamento continuo e allo sviluppo del proprio posizionamento. L’insieme deve essere finalizzato a far sì che il prodotto offerto diventi davvero rilevante per il consumatore, in caso contrario è improbabile che il consumatore riacquisti la marca. Il primo acquisto può essere sollecitato dalla curiosità e quindi dalla diversità, ma il primo riacquisto è motivato dalla rilevanza, cioè dall’effettiva dimostrazione che la marca è stata in grado di risolvere problemi ritenuti importanti dal consumatore. Le due variabili ora esaminate generano la forza della marca. Diventano quindi forti le marche diverse e rilevanti per il consumatore. A questo punto del ciclo di sviluppo della marca, il lavoro non si può dire però concluso. Il problema di brand management cambia obiettivi: non + costruire generando aspettative e promesse, ma consolidare progressivamente. Il consolidamento richiede la presenza di un fattore aggregante fondamentale: la fiducia. Stima e fiducia diventano una componente fondamentale del patrimonio su cui la marca, e + in generale l’impresa, può contare. La generazione e l’acquisizione di fiducia sono determinate dalle relazioni che la marca è riuscita a sviluppare sia con il mercato sia verso l’impresa stessa. La prima relazione (marca-cliente) genera fiducia in base alle capacità della marca di soddisfare le esigenze dei consumatori e si fonda sulle esperienze positive del cliente. La seconda relazione (cliente-impresa) è spesso fondamentale nel caso di prodotti complessi, di non facile utilizzo e a elevata componente di servizio. In questi casi il cliente si fida sì della marca e della propria esperienza, ma cerca rassicurazione dall’impresa. Si rende necessario un forte rapporto marca- impresa sia per ottenere le risorse indispensabili al continuo rinnovamento della marca, sia per garantire al consumatore i necessari interventi di adattamento. Oltre a generare fiducia, queste tre relazioni sollecitano un continuo processo di rinnovamento della marca. Quando la stima si consolida, si produce un ulteriore elemento, la familiarità. A questo punto la marca è entrata a far parte del mondo del consumatore, del suo vissuto e ne rappresenta una parte del patrimonio. La costruzione e il consolidamento di una marca sono operazioni costose e spesso cariche di rischi. Il raggiungimento di un’elevata statura della marca non deve far presumere che il problema della sua gestione sia esaurito. E’ proprio da una continua verifica della sua adeguatezza alle mutevoli condizioni del mercato che possono nascere nuove idee che si concretizzano nell’inserimento di nuove e differenti caratteristiche, mantenendo sempre vivo l’interesse e l’apprezzamento dei clienti nei confronti della marca. Il successo dell’impresa deriva dal continuo intervento di tre grandi competenze: l’innovazione, la differenziazione e la comunicazione. Domande: 1. Quali sono le funzioni della marca dal punto di vista del cliente? E dell’impresa? 2. Cosa si intende per vantaggi di relazione con il mercato determinanti dalla marca? E per vantaggi distributivi? E per vantaggi di marketing mix? 3. Quali sono le potenzialità della marca? 4. Cosa si intende per brand equity? 5. Quali sono gli elementi costitutivi della brand equity? 6. Quali sono le fasi di costruzione di una marca leader nel modello del Brand Asset Valuator? 36 Capitolo 10 - Prezzo, costi e valore Le decisioni e le politiche di prezzo rappresentano il punto di contatto più evidente tra teoria economica, economia aziendale e marketing. Con esse l’impresa cerca di sintetizzare in modo economicamente tangibile la costruzione di valore per il cliente che si sviluppa con le altre variabili del marketing mix. Il riferimento al valore percepito dal cliente è quindi fondamentale, soprattutto nella prospettiva del value-in-use. I prezzi, come tutte le variabili del mix, sono soggetti a continui cambiamenti in funzione del dinamismo settoriale e di mercato che determinano l’adattamento delle politiche di prezzo nel tempo e nello spazio. 10.1 Prezzi, costi e valore In molti casi nella formulazione del marketing mix il prezzo è l’ultima variabile a essere considerata. In altri casi, invece, le politiche di prezzo vengono presentate quasi congiuntamente a quelle di prodotto. Nel primo caso si parte dalla considerazione che le politiche di marketing da un lato generano una serie di costi e di investimenti che devono costituire un punto di riferimento fondamentale per la definizione del prezzo. In secondo luogo, tramite il marketing mix si genera valore per il cliente e il valore percepito rappresenta un altro punto di riferimento indispensabile nella definizione del prezzo dell’offerta. Infine, le variabili di marketing consentono all’impresa di generare una determinata capacità concorrenziale; di conseguenza, il prezzo è stabilito in diretta relazione con le situazioni concorrenziali e deve tenere conto degli obiettivi e della posizione competitiva dell’impresa e della marca. E’ ben noto quanto il prezzo sia elemento fondamentale nell’analisi dei settori e della concorrenza, al punto che spesso si distinguono situazioni competitive di price o di non price competition. Costi, valore per il cliente e concorrenza sono quindi i tre parametri fondamentali per determinare i prezzi e per definire una politica dei prezzi. La seconda prospettiva parte dal presupposto dell’inscindibilità tra politiche di prodotto e di prezzo o dalla loro estrema contiguità tanto che parte della letteratura di marketing considera prodotto e prezzo come un’unica variabile del mix. Il prezzo è una espressione economicamente tangibile e monetaria della volontà del cliente di voler entrare in possesso dei valori incorporati nell’offerta e del sacrifico che il cliente intende sopportare per acquistare e utilizzare detti valori. Riteniamo preferibile collocare la presentazione delle politiche di prezzo subito dopo le decisioni di marketing che generano un valore intrinseco e simbolico, cioè le politiche di prodotto e di brand management. Le due dimensioni, prodotto e prezzo, costituiscono l’insieme spesso inscindibile di fattori che vengono considerati dal cliente come elemento determinate le sue scelte. Questa prospettiva conferisce al prezzo una dimensione + consona al concetto di marketing che si è andato sviluppando negli ultimi anni, soprattutto quello che considera il riferimento al value-in-use preferibile a quello del value-in-exchange. In ogni caso è sempre necessario considerare che il marketing mix deve essere articolato in relazione alla situazione del mercato e alle capacità dell’impresa, conferendo così a ciascuna variabile del mix l’importanza che la situazione di mercato e dell’impresa richiede. Concetto di valore -> tre componenti fondamentali: valore costruito, valore percepito e valore trasferito. La prima dimensione riguarda le modalità attraverso le quali l’impresa costruisce valore incorporandolo nel prodotto fisico e incrementandolo nelle dimensioni di prodotto atteso, aumentato e potenziale. La seconda dimensione del valore che consideriamo sposta l’asse dell’osservazione dall’impresa al mercato e al cliente. Diviene allora fondamentale comprendere quanto i clienti siano in grado di cogliere e di comprendere i valori inclusi nei prodotti dell’impresa. Valore costruito e valore percepito dal cliente rappresentano i due punti di riferimento nelle politiche di prezzo: il primo costituisce la soglia minima, nel senso che il prezzo non deve essere inferiore; il secondo rappresenta il livello massimo. Il concetto di valore trasferito si colloca nel mezzo tra il minimo e il massimo. Quest’ultima componente del valore deriva dall’incontro tra offerta e domanda ed è la rappresentazione economica degli sforzi di reciproco adattamento e avvicinamento messi in atto da entrambe le parti, cioè dall’impresa e dai clienti. A volte il cliente, pur sforzandosi di ricercare il prodotto ideale, non riesce ad ottenerlo e deve desistere da soddisfare alcune delle sue esigenze. Il + delle volte, il valore trasferito è compreso tra il valore costruito e il valore percepito, facendone aumentare il quantum del primo e diminuire quello del secondo. Il concetto di trasferimento del valore comporta un avvicinamento 37 fondamentale sia nelle politiche di prezzo sia quando si devono prendere decisioni alternative. Il margine di contribuzione è dato da Il calcolo del margine di contribuzione è il punto d’avvio per definire il break-even point, cioè il punto di pareggio tra costi e ricavi totali. La break-even analysis è utile, oltre che come strumento di verifica dell’ammontare delle vendite necessario a raggiungere il punto di pareggio tra ricavi e costi, soprattutto come criterio di definizione del prezzo minimo. L’analisi di break-even è particolarmente utile come supporto alle decisioni riguardanti le politiche di prezzo e di sconto. Conoscendo il margine di contribuzione e volendo lasciare inalterata la redditività complessiva derivante dalle vendite di un determinato prodotto, si possono calcolare gli incrementi di vendita necessari considerando diverse ipotesi di diminuzione del prezzo o quanto sia possibile diminuire le vendite qualora si decida di incrementare il prezzo dei prodotti. Le valutazioni economiche che consentono la definizione del prezzo non si esauriscono con l’analisi di break-even che rappresenta la modalità + elementare per configurare le aree di convenienza economica. Altre indagini e strumenti economici finanziari permettono una valutazione + puntuale e adeguata alle diverse circostanze in cui si trova l’impresa nel processo di fissazione e di gestione del prezzo. Le dimensioni finanziarie sono particolarmente rilevanti qualora si debbano assumere decisioni di medio-lungo periodo che riguardano la gestione complessiva del prodotto. Gli indicatori maggiormente utilizzati in proposito dalle direzioni marketing sono il ROS (return on sales) e il ROI (return on investment). La conoscenza del ROI e delle sue componenti consentono di paragonare diversi prodotti in relazione alla loro redditività e all’ammontare degli investimenti necessari. In alcune circostanze, si devono affiancare alla break- even analysis altre valutazioni di tipo finanziario quali il pay back period, l’internal rate of return (IRR) e l’analisi dei flussi di cassa, che consentono di avere una prospettiva + dinamica e di lungo periodo e che permettono di valutare le alternative possibili, anche di prezzo, inserendo elementi di probabilità e di rischio, sostanzialmente assenti nella break-even analysis. 10.4 Prezzo, mercato e concorrenza La centralità delle strutture di mercato e concorrenziali per le decisioni di pricing è largamente riconosciuta da tempo, sia in ambito economico sia economico aziendale e di management. Le condizioni e le strutture del mercato influenzano in modo determinante le decisioni di prezzo, conferendo maggiori o minori gradi di libertà d’azione e di iniziativa all’impresa. Il prezzo può essere un dato del mercato o una variabile su cui poter agire, può essere difendibile e costituire un’importante fonte del vantaggio competitivo, oppure può rappresentare una variabile facilmente imitabile da parte dei concorrenti, incapace quindi di fare la differenza. Tra le forme di mercato, quella che consente maggiori riflessioni in tema di prezzo è l’oligopolio, tipico dei mercati concentrati e di volume. Gli oligopoli possono essere statici o dinamici. Nei casi di oligopoli statici è raro che il prezzo venga utilizzato come strumento di politica concorrenziale. L’unica condizione possibile che può suggerire un’azione di diminuzione del prezzo in un mercato concentrato statico si riscontra nel caso di un’effettiva migliore posizione del costo da parte dell’impresa che dà inizio al processo di riduzione di prezzo. Nei mercati concentrati statici sono ugualmente sconsigliate anche le manovre volte all’aumento del prezzo. L’unica possibilità positiva per l’impresa che aumenta il prezzo, ma + in generale per tutte le imprese del settore, è che vi siano forme di accordi 40 e di collusione, il + delle volte tacite. Ma se il mercato funziona, nel senso che almeno nel lungo periodo si determinano effettive condizioni di buona concorrenza, vengono escluse dal gioco concorrenziale quelle imprese che hanno esercitato un potere negoziale a esclusivo loro vantaggio e a danno dei clienti. Il funzionamento del mercato, in questo caso, è strettamente legato alla trasparenza e alla diffusione dell’informazione ai clienti. Situazioni ben diverse si registrano nei mercati concentrati dinamici, dove il prezzo può essere considerato un’importante leva competitiva, soprattutto quando è fortemente accompagnato da interventi di differenziazione dell’offerta. Si vengono a determinare le condizioni che consentono l’applicazione di premium price derivanti dalla maggiore notorietà e immagine delle marche + affermate sul mercato. In tutti i casi la possibilità di incrementare il prezzo senza incidere in modo negativo sulla quota di mercato è collegata in maniera rigorosa alle alternative di differenziazione dell’offerta e al fatto che almeno una parte della domanda apprezzi tali elementi differenziali e sia quindi disposta a un sacrificio economico, ovvero a pagare un prezzo superiore. In ultima analisi, si tratta di comprendere qual è il livello + adeguato di valore costruito compreso e apprezzato dalla domanda e che generi soddisfazione al cliente. In sostanza il cliente acquista e paga non solo il prodotto in sé ma anche la garanzia della sua soddisfazione; acquista di conseguenza livelli minori di rischio e di incertezza. Il premium price è il compenso economico della fiducia che l’impresa che ha ben operato si è conquistata presso i clienti. Nei mercati frammentati, il prezzo è costituito di rado come strumento competitivo. Le ridotte dimensioni d’impresa, l’assenza di significative economie di dimensione, la sostanziale impossibilità di crescita in termini di quota di mercato sconsigliano il + delle volte un uso intenso della leva prezzo. Questo è sempre vero nei mercati frammentati dove non esistono alternative di differenziazione. Un elemento decisivo nella formulazione delle politiche di prezzo è la comprensione del livello di discrezionalità nel fissare il prezzo da parte dell’impresa, perché se l’impresa non può disporre di libertà d’azione su una qualsiasi variabile dell’offerta, questa non può rientrare tra le leve di intervento che formano le sue politiche di marketing. La libertà d’azione nel definire i prezzi è requisito fondamentale per comprendere se il prezzo è in effetti una variabile competitiva, in grado di far acquisire un vantaggio concorrenziale all’impresa. Ciò che determina i livelli di libertà nelle politiche di prezzo è il grado di differenziazione dell’offerta. Il richiamo alla differenziazione, con la conseguente ovvia considerazione che essa debba essere apprezzata dalla domanda, ci riporta a considerare quanto affermato in precedenza in tema di analisi del valore per il cliente. E’ infatti opportuno che l’impresa sia in grado di stimare il valore percepito dal cliente non solo del prodotto tout court, ma di tutte le componenti dell’offerta. Conoscendo le reazioni della domanda, la valutazione che essa effettua in termini di prezzo/valore percepito per ciascun attributo/beneficio, e potendo modificare l’intensità dei singoli attributi/benefici, l’impresa può giungere a una definizione molto precisa della propria offerta di prodotto/servizio e dei prezzi conseguenti. Se l’impresa possiede fattori di differenziazione e ritiene di poter continuare con una logica d’innovazione può assumere una posizione di leadership. In questi casi, le imprese concorrenti possono contrastare i comportamenti assunti dall’impresa che si è attivata per prima. Se invece nessuno dei concorrenti ha la capacità di fronteggiare le iniziative del leader, assumeranno una posizione di continua imitazione dei comportamenti del leader stesso. La centralità della dimensioni concorrenziale nelle politiche di prezzo si osserva in modo particolare nella condotta della imprese. Possono esistere quattro tipi di condotte. 1. Condotta cooperativa: è la tipica situazione dei settori oligopolistici nei quali prevale un orientamento di non price competition. - 2. Condotta di adattamento: sono comportamenti tipici delle imprese che cedono ad altri il compito di definire le politiche di prezzo. 3. Condotta opportunistica: l’impresa che vuole utilizzare il prezzo come strumento concorrenziale senza che si inneschi una guerra di prezzo, può mascherare i suoi comportamenti di politica di prezzo. 4. Condotta offensiva: quando l’impresa intende utilizzare il prezzo in modo offensivo, è evidente l’obiettivo di incremento della quota di mercato. 41 10.5 Adattamento e dinamica dei prezzi nel tempo e nello spazio I prezzi, come tutte le variabili del marketing mix, necessitano di un continuo adeguamento alle condizioni dell’ambiente di mercato e alle caratteristiche evolutive dell’impresa. Ma, rispetto alle altre variabili, il prezzo è estremamente trasparente, visibile e confrontabile con i prezzi dei concorrenti. Diviene allora necessario riflettere brevemente sulle condizioni di adattamento dinamico all’evolversi del mercato. Le diversità dei prezzi praticati può riguardare due situazioni specifiche: il lancio di un nuovo prodotto e le politiche di discriminazione. Il riferimento al mercato e al cliente è fondamentale nella definizione del prezzo di un nuovo prodotto. Il problema principale che si pone al management è la scarsa conoscenza delle reazioni della domanda a diversi livelli di prezzo. L’analisi del valore per il cliente e i metodi di misura del valore percepito dal cliente sono un ottimo punto di partenza per la definizione del prezzo. Dall’analisi del valore per il cliente, l’impresa può indirizzare le sue politiche scegliendo tra un prezzo di scrematura e uno di penetrazione. Nel primo caso, l’impresa formula dei prezzi relativamente elevati, si indirizza a un segmento ben definito e conta di ottenere risultati di redditività facendo leva + sui margini unitari che sui volumi di vendita. Le politiche di penetrazione puntano fin dall’inizio allo sviluppo quantitativo del mercato e della quota di mercato e si basano su un prezzo basso e su margini di profitto unitari + contenuti. Diverse sono le condizioni specifiche di mercato che possono suggerire una o l’altra politica di prezzo. La scrematura del mercato è consigliabile in presenza di elementi evidenti di differenziazione del prodotto, di una domanda poco sensibile al prezzo, di una concorrenza che non riesce a imitare il nuovo prodotto e quando sussistono significative barriere all’entrata e/o alla modalità che possono consentire una posizione di prezzo elevato e di margini elevati. Una condizione particolare nelle politiche di prezzo riguarda la cosiddetta discriminazione di prezzo. Politiche discriminatorio si verificano nel caso in cui l’impresa applichi prezzi diversi a prodotti sostanzialmente tra loro uguali o, + in generale, quando il differenziale tra i costi dei due prodotti non giustifica la differenza tra i prezzi. Le circostanze in cui si possono osservare le politiche di discriminazione sono piuttosto numerose e rientrano tra le seguenti: - in relazione alla destinazione del prodotto/servizio; - in relazione ai volumi d’acquisto; - anche le modalità di pagamento possono generare situazioni discriminatorie; - la libera scelta dell’acquirente può concretizzarsi in situazioni discriminatorie. L’evoluzione dei prezzi nel tempo segue le naturali dinamiche evolutive dei mercati, le mutate esigenze della domanda, l’evolversi della concorrenza. Vi sono però situazioni particolari che meritano un ultimo momento di attenzione: si tratta delle politiche di target pricing. Le pratiche di target pricing sono abbastanza tipiche nei mercati business-to-business nei quali, stante il rilevante potere contrattuale del cliente, quest’ultimo chiede ai fornitori di ridurre progressivamente i prezzi, in virtù di una possibile capacità del fornitore stesso di ridurre i costi (target costing). Domande: 1. Quali sono i riferimenti da cui partire per l’individuazione delle politiche di prezzo? 2. Quali sono le componenti del valore per il cliente? 3. Come possono essere imputati i costi comuni? 4. Quali strutture concorrenziali consentono una maggiore libertà di azione sui prezzi? 5. In quali circostanze può essere suggeribile una politica di scrematura? 6. Quali indicatori possono essere utilizzati per formulare giudizi di convenienza economica? 7. Cosa si intende per target pricing 8. Cosa definisce una politica di discriminazione del prezzo? Capitolo 12 - Sales management Le politiche di marketing non possono realizzarsi compiutamente se non esiste una struttura commerciale che consenta lo sviluppo di una relazione con i clienti. Il rapporto tra marketing e vendita è essenziale per lo sviluppo di un rapporto con il mercato interpretato in un’ottica di relazioni di lungo periodo. Le reti di vendita sono di tre tipi: diretta, indiretta e mista. Il ruolo e i 42
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