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Riassunti Processo esecutivo civile, Sintesi del corso di Diritto Processuale Civile

Parte del libro bruno sassani relativa alla sola parte del processo esecutivo civile

Tipologia: Sintesi del corso

2020/2021

Caricato il 08/02/2023

daniele97
daniele97 🇮🇹

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Scarica Riassunti Processo esecutivo civile e più Sintesi del corso in PDF di Diritto Processuale Civile solo su Docsity! Il PROCESSO di ESECUZIONE: Il processo esecutivo (o tutela esecutiva), specificamente disciplinato dal libro 3 del codice (intitolato dell’esecuzione forzata) il quale regola le singole procedure esecutive secondo le tipologie dei diritti tutelati e le posizioni dell’obbligato [anche se tuttavia esistono anche forme di esecuzione le quali non risultano regolate, o esclusivamente regolate, dal libro 3 del codice di rito civile, si pensi ad esempio all’esecuzione contemplata nel codice del processo amministrativo], costituisce quella forma di tutela giurisdizionale finalizzata ad (/promossa per realizzare) un adempimento coattivo dei diritti in tutti quei casi in cui l’obbligato non esegua spontaneamente l’obbligo risultante (/pretesa cristallizzata) in un particolare “titolo esecutivo” che non necessita di ulteriori accertamenti giudiziali. Il presupposto necessario (ma anche sufficiente, non essendo richiesti altri presupposti) per accedere alla tutela esecutiva (/procedere ad esecuzione forzata, o in altri termini per azionare il proprio diritto in via esecutiva) è la disponibilità di un “Titolo Esecutivo” (il quale consegue dall’avvenuto accertamento di un diritto nel procedimento di cognizione, infatti l’azione esecutiva è condizionata dall’accertamento di un diritto), è attraverso tale titolo che si ottiene il diritto processuale alla tutela esecutiva (da distinguere dal diritto sostanziale per cui si procede) dagli appositi organi giurisdizionali e che dà luogo ad atti autoritativi (si dice infatti che chi ha titolo esecutivo abbia “azione esecutiva”, cioè può legittimamente procedere nelle modalità del processo di esecuzione nei confronti del soggetto che il titolo designa quale obbligato), il quale dovrà sussistere durante tutto il corso della procedura con la conseguenza che qualora il titolo esecutivo venga meno durante l'esecuzione quest'ultima non può proseguire ed altresì essere Notificato personalmente alla parte (e non già al suo procuratore) a norma degli art 137 e ss [ne consegue che la notifica personale alla parte della sentenza ai fini esecutivi non vale da notificazione della sentenza ex art. 326 e non funge da dies a quo del termine breve di impugnazione e, viceversa, la notifica al procuratore ex art. 170 non costituisce notifica del titolo esecutivo e non è idonea a dar vita a regolare esecuzione forzata]. In concreto il titolo esecutivo è rappresentato dal Documento che individua “il diritto da eseguire, il titolare di tale diritto ed il soggetto contro cui l'esecuzione può legittimamente aver luogo”. Ai sensi dell’art474 co1 <l'esecuzione forzata può aver luogo solo in virtù di un titolo esecutivo relativo ad un diritto “certo” (cioè specificamente individuato nei suoi caratteri), “liquido” (nel senso che il diritto/credito/prestazione deve essere deve essere determinato nel suo preciso ammontare. Ad esempio il diritto di credito accertato nella sentenza di condanna generica non essendo ancora liquido non dà luogo a titolo esecutivo) ed “esigibile” (nel senso che il diritto non debba esser sottoposto né a termine né a condizione sospensiva. Ad esempio il diritto consacrato in un titolo la cui efficacia è subordinata al versamento di una cauzione non è esigibile e non dà luogo a titolo esecutivo finché la cauzione non si sia prestata). I “Documenti” considerati titolo esecutivo (il quale deve concernere un diritto certo, liquido ed esigibile) sono tassativamente elencati dall’art 474 co2 [ai sensi sono titoli esecutivi <le sentenze, i provvedimenti e gli altri atti ai quali la legge attribuisce espressamente efficacia esecutiva (n1); le scritture private autenticate, relativamente alle obbligazioni di somme di denaro in esse contenute, le cambiali, nonché gli altri titoli di credito ai quali la legge attribuisce espressamente la stessa efficacia (n2); gli atti ricevuti da notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato dalla legge a riceverli (n3)], il quale li elenca in 3 gruppi e da tale elencazione si evince (inoltre) la distinzione dei titoli esecutivi in 2 categorie fondamentali ossia in titoli esecutivi “giudiziali”(art474co2n1) e “stragiudiziali” (art474co2 n2e3). •i “titoli esecutivi giudiziali” (detti giudiziali in quanto concernono atti provenienti dal giudice o che comunque si formano all’interno del giudizio, quindi si riferiscono ad un accertamento del diritto che si è svolto nel processo di cognizione) sono quelli di cui al n1 art 474co2 ossia “le sentenze, i provvedimenti e gli altri atti ai quali la legge attribuisce espressamente efficacia esecutiva”. -le "sentenze", per sentenze la norma si riferisce alle sole “sentenze di condanna esecutive”[purché non si tratti di condanna generica la quale è priva dei requisiti di liquidità ed esigibilità], sono tali (purché non ne sia stata sospesa l’efficacia esecutiva) <le sentenze civili di primo grado; le sentenze pronunciate in unico grado; le sentenze d’appello o rese in sede di revocazione o opposizione di terzo; le sentenze di merito della corte di cassazione (ed altresì tutte le pronunce della corte di cassazione per i capi di condanna alle spese che eventualmente contengano). [Non sono quindi titolo esecutivo le sentenze di mero accertamento o costitutive]. -i “Provvedimenti” di condanna emessi in forma diversa dalla sentenza, quali Ordinanze o Decreti, ai quali la legge attribuisce espressamente efficacia esecutiva. Sono tali <le ordinanze anticipatorie degli art186 bis e ter (ma non sempre in quanto la norma prevede anche casi di ordinanza ingiuntiva non esecutiva) e quater; il decreto ingiuntivo divenuto definitivo ex art. 647, ovvero quello provvisoriamente esecutivo ai sensi dell'art642; l'ordinanza di convalida di sfratto e l'ordinanza non impugnabile di rilascio; l’ordinanza conclusiva del procedimento sommario di cognizione art 702ter>. -“gli altri atti (emessi nel corso del processo) ai quali la legge attribuisce efficacia esecutiva”, i quali certificano il diritto ad una prestazione che però non consistono in accertamenti o ordini autoritativi: sono tali i verbali di conciliazione, redatti davanti all'autorità giudiziaria, nei quali una parte assume obbligazioni verso l’altra (e così, per es., il processo “verbale di conciliazione giudiziaria di cui all’art 199 oppure quello che segue il tentativo esperito a norma dell'art185; la conciliazione in sede non contenziosa dell'art. 322 e la conciliazione nel rito del lavoro ex art. 411). •i “titoli esecutivi stragiudiziali” (detti stragiudiziali in quanto concernono atti provenienti dai privati nell’esercizio della propria autonomia e quindi si riferiscono ad un accertamento del diritto cui si è giunti per via diversa da quella del giudizio di cognizione) son quelli di cui al n2 ossia “le scritture private autenticate, relativamente alle obbligazioni di somme di denaro in esse contenute; le cambiali; gli altri titoli di credito ai quali la legge attribuisce espressamente la stessa efficacia”. Essi per esser titolo esecutivo debbono esser in regola con le norme sul bollo fin dalla loro emissione, inoltre in quanto titoli per le obbligazioni di somme di denaro possono dar luogo solo all'esecuzione forzata del pagamento. Ed al n3 ossia “gli atti ricevuti da notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato dalla legge a riceverli”. L’atto pubblico (a differenza dei titoli di cui al n2) può invece dar luogo sia all’espropriazione forzata relativa al pagamento sia all’esecuzione forzata relativa ad obblighi di dare (ossia di consegna o rilascio). [Sono inoltre presenti, accanto ai titoli esecutivi di cui all’art 474, anche altre figure di titoli stragiudiziali extra codice in quanto previste dall’ordinamento quali ad esempio i verbali che formalizzano la conciliazione delle controversie civili a seguito di mediazione; l’accordo raggiunto in seguito alla convenzione di negoziazione assistita].[Dunque per l'espropriazione forzata possono fungere da titolo esecutivo sia quelli giudiziali sia quelli stragiudiziali n2. Per l'esecuzione forzata in forma specifica “per consegna o rilascio” possono fungere da titolo esecutivo solo i n1 e 3 e non già i titoli di cui al n2; per l’esecuzione degli obblighi di fare o non fare può fungere da titolo solo i titoli di cui al n1]. La distinzione tra titoli esecutivi “giudiziali” e “stragiudiziali” influisce: •sia sui caratteri della certezza del diritto. Quanto ad essa abbiamo detto che il diritto contemplato nel titolo esecutivo debba essere “certo”, tuttavia occorre aggiungere che tale certezza vada però visto in stretta relazione al tipo di titolo impiegato e pertanto nel caso di: -“titolo giudiziale”, per diritto certo si intende il diritto accertato dal provvedimento che funge da titolo: il diritto diviene eseguibile in quanto accertato dal giudice (cioè qui il diritto è eseguibile in quanto accertato dal giudice, si può qui apprezzare la scansione “cognizione/esecuzione” e tutela dichiarativa/tutela esecutiva”). Naturalmente, la certezza non è necessariamente assoluta ed irremovibile, dal momento che sono titoli esecutivi anche le condanne non passate in giudicato; ne segue che la certezza del diritto dichiarato es in una sentenza di primo grado, immediatamente ma pur sempre provvisoriamente esecutiva, scompare di fronte alla riforma in appello, venendo in tal caso meno anche il titolo esecutivo. Ciò porta alla conclusione che non basta che il titolo esecutivo sussista per poter iniziare l'esecuzione, ma occorre anche che la sua efficacia non venga meno in seguito in quanto il venir meno del titolo nel corso del processo esecutivo ne impedirebbe la prosecuzione. -“titolo stragiudiziale relativo ad un atto di parte (cioè i titoli di cui al n2), per diritto certo si intende non l’attività di accertamento giudiziale in quanto qui la certezza del diritto non discende da alcun accertamento preventivo del giudice bensì il fatto che l’obbligato, in caso di suo inadempimento, riconosca quel diritto ai fini dell’esecuzione forzata: in altri termini qui la forza esecutiva del titolo dipende dallo spontaneo assoggettamento dell'obbligato all'esecuzione in caso di suo inadempimento in quanto riconosce che il creditore possa reagire all’inadempimento per via di esecuzione forzata. Ad esempio chi firma una cambiale, assume l'impegno ad adempiere alla scadenza, ma contestualmente autorizza il creditore ad agire direttamente in via esecutiva per l'ipotesi di inadempimento. O ancora attraverso il mutuo il mutuatario accetta che il mutuante usi tale atto quale titolo esecutivo in caso di suo inadempimento. •sia sul tipo di difese esperibili dal debitore esecutato. L’esecutato può infatti contestare il diritto di procedere ad esecuzione forzata del creditore mediante la cd “opposizione all'esecuzione” e quindi mettere in discussione il titolo sulla cui base questi agisce. A tal fine nel caso di: -“titolo giudiziale”, egli non potrà utilizzare le eccezioni che avrebbe dovuto far valere nel procedimento di formazione del titolo stesso e potrà pertanto far valere le sole eccezioni sorte in un momento successivo e comunque non riservate alla cognizione. Ad esempio, il debitore nei cui confronti si fa valere una sentenza di condanna potrà di certo opporre di aver nel frattempo (cioè dopo la condanna) già pagato, ma non potrà invece far valere che il creditore non avesse il diritto all'accoglimento della domanda perché il suo diritto era prescritto in quanto si tratta questa di un’eccezione che avrebbe potuto essere sollevata solo nel processo di cognizione e che quindi non può più esser spesa nella successiva fase di esecuzione. -“titolo stragiudiziale”, egli potrà utilizzare tutte le opportune eccezioni. Tra i titoli elencati nell'art. 474 occorre fare una ulteriore distinzione in quanto mentre per i titoli di cui al n2 si prevede che il documento valido come titolo esecutivo sia l’originale dell'atto, invece per i titoli di cui al n1 e 3 il documento valido come titolo esecutivo non è l'originale ma una copia di esso al quale viene apposta la cd formula esecutiva: pertanto ai fini dell’utilizzazione del titolo esecutivo di cui al n1 e 3 è prevista, ai sensi dell’art 475, la sua “spedizione in forma esecutiva” (consiste nel rilascio di una copia munita di formula esecutiva); in particolare, salvo che la legge disponga altrimenti, affinché tali atti possano valere quale titolo esecutivo dovranno avere l’intestazione “Repubblica Italiana - in nome della legge” ed esser muniti della “formula esecutiva” (di cui al co3: Comandiamo a tutti gli ufficiali giudiziari che ne siano richiesti e a processo di cognizione, in quanto non si tratta di un ulteriore grado di quel processo, ma di un processo diverso]. [Il precetto non è considerato atto esecutivo in senso proprio in quanto è un atto prodromico ed esterno al processo esecutivo il quale “nell’espropriazione forzata inizia col pignoramento; nell’esecuzione in forma specifica per consegna inizia con l’accesso dell’ufficiale giudiziario sul luogo in cui si trovano le cose; nell’esecuzione per rilascio inizia con l’avviso di cui all’art 608 (che l’ufficiale giudiziario comunica, almeno 10 giorni prima, alla parte che è tenuta a rilasciare l’immobile); nell’esecuzione degli obblighi di fare i non fare inizia col provvedimento col quale il giudice determina le modalità di esecuzione]. Con l’espressione “esecuzione forzata” si indica dunque quell’insieme di procedure intese all’attuazione in via giurisprudenziale dei diritti insoddisfatti per la mancata prestazione degli obbligati. L’aggettivo forzata indica proprio l’irrilevanza della volontà di non adempiere ed il corrispondente potere degli organi giudiziari di sostituirsi all’obbligato inerte per la soddisfazione dell’interesse dell’avente diritto. [I soggetti principali del processo esecutivo sono Creditore (che promuove il l’azione esecutiva), Debitore (che subisce il processo), Ufficiale Giudiziario (organi deputato all’esecuzione), Giudice (sotto il cui controllo si svolge il processo il quale svolge qui per lo più attività ordinatoria nelle forme dell’ordinanza o decreto)]. Distinguiamo forme di esecuzione forzata indiretta e diretta: A)Esecuzione Indiretta della astreinte (art614bis): ad essa si ricorre in presenza di inadempimento di obblighi aventi ad oggetto “prestazioni infungibili” (cioè prestazioni diverse da quelle fungibili dell’esecuzione in forma generica e specifica) le quali essendo prestazioni caratterizzate dall’insurrogabilità dell’attività dell’obbligato, essendo solo l’obbligato a poterla compiere, risulta impossibile la materiale sostituzione dell’ufficio esecutivo all’obbligato [quindi non si può ricorrere all’esecuzione forzata in forma generica o specifica] e pertanto richiedono necessariamente tale tipo di esecuzione indiretta la quale rappresenta infatti l’unico mezzo cui si può ricorrere [ma può essere impiegato anche in caso di “prestazioni fungibili”, con funzione risarcitoria del ritardo o inadempimento]. L’esecuzione indiretta è un mezzo attraverso il quale si induce all’adempimento mediante “sanzioni pecuniarie” per ogni giorno di ritardo o persistenza nell’adempimento le quali possono anche comportare conseguenze sfavorevoli più gravose dell’adempimento stesso. In particolare <col provvedimento di condanna, su richiesta di parte, il giudice - in accoglimento della domanda all’astreinte - fissa la somma di denaro dovuta dall’obbligato per ogni ritardo oppure violazione o inosservanza successiva nell’esecuzione di tale provvedimento di condanna il quale costituisce titolo esecutivo per il pagamento delle somme dovute nel caso di persistente inadempimento. L’ammontare della somma sarà determinato tenuto conto del valore della controversia, della natura della prestazione, del danno quantificato o prevedibile e di ogni altra circostanza utile. Salvo che ciò sia manifestamente iniquo (in quanto se tale istanza sia iniqua il giudice può rifiutare la condanna all’astreinte) e che non si tratti di una condanna accessoria a provvedimenti resi in controversie di lavoro subordinato pubblico e privato e ai rapporti di collaborazione coordinata e continuativa (in quanto la materia del lavoro prevede già in molti casi sanzioni indirette per l’inadempimento e si vuole pertanto evitare un eccessivo cumulo di tutele)>. Si nota come sia il giudice della cognizione, e non già della esecuzione, a pronunciare la condanna alla somma di danaro che funge da corrispettivo all'inadempimento del debitore, somma che è determinata dallo stesso creditore in via di autoliquidazione (es 100€ per ogni giorno di ritardo nell'adempimento). La astreinte è quindi una condanna accessoria alla condanna principale che ha costituito l'oggetto della domanda, essa rappresenta un capo della sentenza di condanna ed in virtù di ciò è impugnabile come ogni altro capo: il debitore potrà sia proporre appello contro la condanna alla astreinte perché concessa d'ufficio in mancanza della necessaria istanza di parte sia opporsi al precetto ai sensi dell’art615co1 se intende negare (in tutto o in parte) di essere inadempiente, ovvero l'ammontare della somma autoliquidata dal creditore e quindi per chiedere l'accertamento dell'insussistenza del credito azionato o una sua diversa quantificazione. [L’astreinte può applicarsi anche nel campo della tutela cautelare - il giudice può disporre la condanna alla somma x per l’intervallo temporale y - nelle ipotesi di ritardo nell’attuazione delle misure cautelari di fare, non fare o consegnare di cui all’art 669duodecies, l’esecuzione di tale condanna si avrà secondo il modello dell'espropriazione prescritto dallo stesso art 669duodecies per l'attuazione dei provvedimenti aventi ad oggetto somme di danaro]. L'esecuzione indiretta di cui all’art614 bis non consiste però in un'attività esecutiva in senso stretto in quanto la condanna è pronunciata da parte del giudice della cognizione (deve infatti considerarsi quale pronuncia di merito) e seppur funga da presupposto di rimedi esecutivi non rappresenta un rimedio esecutivo essa stessa: la vera esecuzione forzata dà sempre luogo alla materiale sostituzione dell'organo giurisdizionale all'obbligato nella produzione del risultato perseguito e non si risolve, come invece avviene in tal caso in ordini o accertamenti (o almeno non si esaurisce in essi). B)Esecuzione Diretta: ad essa si ricorre in presenza di inadempimento di obblighi aventi ad oggetto “prestazioni fungibili”, quindi ipotesi in cui l’ufficio esecutivo con la sua attività va a sostituirsi a quella dell’obbligato inadempiente compiendo le medesime attività che avrebbe dovuto compiere l'obbligato (ma dalle quali si è astenuto) in modo da consentire all’avente diritto di ottenere una soddisfazione analoga a quella che avrebbe conseguito se l’obbligato avesse spontaneamente adempiuto. Il tutto sotto il controllo e direzione del giudice dell’esecuzione e nel rispetto del contraddittorio delle parti. A seconda della prestazione oggetto dell’obbligazione (cioè a seconda del diritto sostanziale) che si è fatto valere distinguiamo le seguenti forme di esecuzione forzata diretta, ossia l’esecuzione in forma generica ed in forma specifica: 1)Esecuzione in forma generica (o espropriazione forzata), essa è volta al soddisfacimento dei “crediti pecuniari” (ai quali il debitore obbligato non abbia adempiuto spontaneamente mediante pagamento) e si estrinseca nella forma dell’Espropriazione forzata [disciplinata dal titolo II del Libro III del c.p.c. ma i suoi presupposti sono contenuti nel codice civile] la quale è improntata sul principio della garanzia patrimoniale del debitore nei confronti del creditore (ai sensi dell’art 2740 “il debitore risponde dell’adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri”), pertanto qualora il debitore non adempia spontaneamente il creditore insoddisfatto potrà rivalersi/aggredire il patrimonio del debitore (in virtù del fatto che il debitore risponda della propria obbligazione con tutti i suoi beni presenti e futuri) per soddisfare il proprio diritto attraverso la vendita dei beni del debitore stesso - si nota come non abbia un potere immediato sul patrimonio del debitore, non potendo impadronirsi direttamente dei beni del debitore, bensì soltanto il diverso potere di far espropriare tali beni in applicazione delle regole proprie della tutela esecutiva - tale possibilità è prevista dall’art2910co1 ai sensi del quale “il creditore per conseguire quanto gli è dovuto, può far espropriare i beni del debitore secondo le regole stabilite dal c.p.c. L’espropriazione (cioè la soddisfazione del credito attraverso il procedimento espropriativo) si caratterizza per andare ad incidere anche su diritti e rapporti diversi dal diritto di credito oggetto dell’esecuzione in quanto attraverso essa vengono coinvolti sia “diversi diritti dell’obbligato” i quali finiscono per essere modificati o estinti (sono infatti espropriabili diritti su cose, diritti di credito del debitore, obbligazioni vantate nei confronti di altri soggetti) sia “diritti di terzi” il cui titolo di acquisto confligga col vincolo del pignoramento i quali possono esser compressi (sono infatti espropriabili ai sensi dell’art 2910co2 “i beni di un terzo quando siano vincolati a garanzia del credito o quando siano oggetto di un atto che è stato revocato perché compiuto in pregiudizio del creditore”). [Ne segue che in virtù della varietà dei diritti espropriabili, l'espropriazione dovrà adattare le sue forme al regime di circolazione (acquisto, trasferimento, estinzione) dei diritti che ne formano l'oggetto e pertanto le modalità del pignoramento differiranno a seconda del diritto sul quale debba operare (diritti di credito, diritti reali mobiliari, diritti immobiliari) e di conseguenza altrettanto differenziati saranno i successivi sviluppi della procedura (vendita dei beni, assegnazione dei crediti). Inoltre sono previste forme speciali di pignoramento per l'espropriazione dei diritti del debitore in contitolarità con altri terzi non debitori, e per l'espropriazione di diritti reali di terzi vincolati alla soddisfazione di credito altrui]. L’espropriazione (/l’esercizio dell’azione esecutiva a carattere espropriativo) rappresenta il processo esecutivo più complesso in quanto (su iniziativa ed impulso del creditore) si articola in diverse fasi: •la 1ª fase inizia col “Pignoramento” dei beni del debitore. Attraverso l’atto iniziale del pignoramento si procede all’individuazione del blocco dei beni/cespiti utili all’interno del patrimonio del debitore sui quali si istituisce un vincolo in quanto essi vengono vincolati alla soddisfazione del credito. •la 2ª fase consiste nella possibilità che altri eventuali creditori abbiano di intervenire nel procedimento iniziato dal pignoramento per far valere le proprie pretese in virtù della cd par condicio creditorum. •la 3ª fase consiste nella loro “vendita forzata” o assegnazione (cd liquidazione dei cespiti pignorati) attraverso la quale i beni pignorati vengono trasformati in somme di denaro destinate alla soddisfazione del creditore (o creditori). •la 4ª fase consiste nella distribuzione della somma ricavata dalla liquidazione al creditore ed altresì agli altri creditori eventualmente intervenuti nella procedura (in quanto come già detto viene consentito agli altri eventuali creditori di intervenire per far valere le loro pretese nel procedimento iniziato dal pignoramento, ne segue che in presenza di più creditori intervenuti nella procedura tale somma ricavata verrà distribuita tra i più creditori) a seguito della quale vi sarà la soddisfazione del credito. [Possiamo distinguere i seguenti tipi di espropriazione: “espropriazione Mobiliare presso il debitore o presso terzi, espropriazione Immobiliare, espropriazione di beni indivisi, espropriazioni contro il terzo proprietario. A tal fine si precisa che la disciplina dell’espropriazione varia a seconda dell’oggetto dell’espropriazione]. Ai sensi dell’art 483 “il creditore ha il diritto di valersi cumulativamente dei diversi mezzi di espropriazione forzata previsti dalla legge (cd “Cumulo dei mezzi di espropriazione”). Il creditore - poiché il diritto di agire in esecuzione forzata non si estingue prima della piena soddisfazione del credito contemplato dal titolo esecutivo - può infatti, in forza del medesimo titolo esecutivo e nei confronti dello stesso debitore, esperire contestualmente più forme di aggressione al patrimonio del debitore (cumulo) al fine di ampliare il valore del patrimonio liquidabile, e quindi della somma da distribuirsi, in previsione dell'intervento di altri creditori con titolo di prelazione pari o superiore al proprio. In particolare potrà assumere iniziative e compiere atti di impulso, promuovendo contemporaneamente <più espropriazioni tra loro eterogenee (per es. cumulare un pignoramento di crediti ad un pignoramento mobiliare, oppure una espropriazione mobiliare e immobiliare etc); successive espropriazioni tra loro omogenee (per es. esperire più e distinti pignoramenti immobiliari contro beni diversi); più pignoramenti dello stesso bene in tempi successivi, senza attendere la conclusione del procedimento espropriativo aperto dal primo pignoramento>. Questa possibilità fa si che debba escludersi nell'espropriazione l'applicazione della disciplina della litispendenza nel senso previsto dall'art39, potendosi solo rimediare alla pluralità di procedure con la loro riunione ex art. 493. Sono tuttavia previste delle limitazioni al cumulo in quanto “su Opposizione del debitore [si tratta di una opposizione sui generis la quale resta distinta da quelle di cui agli art 615 e 617, e può esser presentata con ricorso depositato in cancelleria o con dichiarazione a verbale in udienza], il giudice dell'esecuzione con ordinanza non impugnabile, può limitare l'espropriazione al mezzo che il creditore sceglie o, in mancanza, a quello che il giudice stesso determina”. Ciò si verifica qualora si riscontri un’eccessività di tali mezzi ossia quando l'entità complessiva dei beni pignorati ecceda in misura incongrua la somma dei crediti del creditore procedente e dei creditori intervenuti al tempo della proposizione dell'opposizione al cumulo. “Organi Giudiziari dell’espropriazione”: Il giudice competente per materia sull’esecuzione è il tribunale del foro dell’esecuzione. L’ufficiale giudiziario è l’organo operativo al quale si rivolge il creditore per iniziare gli atti esecutivi in quanto è questi ad effettuare le notifiche, a porre in essere il pignoramento e a compiere le operazioni necessarie per l'esecuzione. Il Giudice esclusivamente competente per materia sull'esecuzione è il “Tribunale” (non ha invece nessuna competenza esecutiva il giudice di pace. Soltanto a partire dal 2025 entrerà in vigore l’art 15bis il quale attribuirà alla competenza del giudice di pace la competenza per l’espropriazione forzata di cose mobili, restando invece di competenza del tribunale l’espropriazione forzata di cose immobili e crediti nonché per l’esecuzione per consegna e rilascio di cose e di obblighi di fare e non fare), mentre quanto alla competenza territoriale del tribunale si prevede che il tribunale territorialmente competente sull'esecuzione è il “foro dell'esecuzione”, cioè l'ufficio giudiziario presso cui deve svolgersi un determinato processo esecutivo [nb la competenza territoriale è funzionale ed inderogabile e l'incompetenza è rilevabile d'ufficio]. L’espropriazione è poi diretta dal “Giudice dell'esecuzione” (il quale è lo specifico magistrato-persona fisica del Tribunale designato per curare e dirigere l’esecuzione), organo monocratico nominato dal presidente del tribunale, su presentazione del fascicolo dell’esecuzione [è qui evidente l’analogia col fascicolo d’ufficio previsto per il processo di cognizione, tuttavia nel processo esecutivo non son previsti fascicoli di parte], a cura del cancelliere del tribunale competente per l’esecuzione, entro due giorni dalla formazione del fascicolo stesso. - Le scansioni sono le seguenti: <pignoramento; formazione del fascicolo dell'esecuzione [per ogni procedimento di espropriazione il cancelliere forma un fascicolo, a seguito dell'iscrizione a ruolo effettuata dal creditore procedente a cui l'ufficiale giudiziario ha consegnato il verbale del pignoramento effettuato (in altre parole il creditore si rivolge all’ufficiale giudiziario il quale, su istanza del creditore e previa esibizione del titolo esecutivo e precetto, in seguito al pignoramento ed al compimento delle operazioni necessarie per l’esecuzione, consegna al creditore il processo verbale del pignoramento effettuato; a sua volta il creditore, entro 15 giorni dalla consegna ed a pena di inefficacia del pignoramento, deve depositare nella cancelleria del tribunale competente per l’esecuzione la nota di iscrizione a ruolo con copie conforme degli atti, sarà all’atto di tale deposito che il cancelliere formerà il fascicolo che verrà, entro 2 giorni presentato al presidente del tribunale il quale provvederà a nominare il Giudice dell’esecuzione). In tale fascicolo sono inseriti tutti gli atti compiuti dal giudice, dal cancelliere e dall'ufficiale giudiziario (atto di pignoramento) e gli atti e documenti depositati dalle parti (“titolo esecutivo” - in luogo dell'originale il presidente del tribunale competente per l’esecuzione o il giudice dell’esecuzione può autorizzare il creditore a depositare una copia autentica del titolo esecutivo, che è quella rilasciata dal soggetto che ha spedito il titolo in forma esecutiva, con obbligo di presentare l’originale ad ogni richiesta del giudice - e “precetto”) e dagli eventuali interessati]; nomina del giudice dell'esecuzione>. - Al giudice dell'esecuzione si applicano le disposizioni sulle funzioni del giudice istruttore quali “immutabilità delle funzioni” art 174 e “direzione del procedimento” art 175 [è evidente una corrispondenza funzionale, nell'intenzione del legislatore, tra la figura del giudice istruttore e quella del giudice dell'esecuzione]; le parti possono proporgli domande ed istanze che, se la legge non dispone altrimenti, sono proposte oralmente quando avvengono all'udienza, e con ricorso da depositarsi in cancelleria negli altri casi; la forma dei suoi “Provvedimenti” (in virtù della sua funzione per lo più ordinatoria) <salvo la legge disponga che sia reso in forma di decreto (es quando liquida il compenso al custode o liquida le spese dell’esecuzione, decreto di trasferimento del bene espropriato), i provvedimenti sono normalmente resi con “ordinanza”, la quale può essere dal giudice stesso modificata o revocata finché non abbia avuto esecuzione. Per le ordinanze "si osservano le disposizioni degli articoli 176 e seguenti in quanto applicabili e quella dell'articolo 186>. Tali provvedimenti essendo ricondotti al genus degli atti esecutivi è previsto che, contro di essi, l’interessato che intenda dolersene possa proporre “opposizione agli atti esecutivi” ai sensi degli artt. 617 ss. Si nota come il potere del giudice di modificare o revocare i propri provvedimenti concorre quindi con la possibilità dell'opposizione agli atti della parte interessata, occorre però precisare che <mentre la proposizione dell'opposizione è soggetta al termine di decadenza dell'art617, invece il potere di revoca sopravvive all'inutile scadenza di tale termine e può ancora essere esercitato quando la parte ha perduto il diritto di opporsi; ed inoltre che seppure il provvedimento al quale sia stata già data esecuzione non più è revocabile o modificabile da parte dello stesso giudice, esso resta in ogni caso impugnabile per opposizione in quanto la sua esecuzione non impedisce la proposizione dell'opposizione>. esecutivi possono invece aversi contro lo stesso debitore per lo stesso credito ma su beni diversi: pertanto qualora gli altri creditori dello stesso debitore pignorassero differenti beni del patrimonio del debitore, nonostante l'identità soggettiva di quest'ultimo saremmo alla presenza di distinti procedimenti esecutivi]. Poiché di fronte ad un pignoramento già attuato gli altri creditori del debitore pignorato hanno la possibilità di poter scegliere se esperire “intervento” o Pignoramento successivo, ci si chiede quale sia l'utilità del pignoramento successivo (cioè l’instare/procedere un nuovo ed autonomo pignoramento sullo stesso bene di fronte ad un pignoramento iniziato da altri) vista la possibilità che un creditore ha, di fronte ad un pignoramento iniziato da altri, di limitarsi semplicemente ad intervenire nell'espropriazione (intervento che risulterebbe sia più semplice sia meno costoso) al posto di proporre un nuovo pignoramento sullo stesso bene. Il motivo per il quale gli risulta più utile il pignoramento successivo è dato dal fatto che “l’intervento nell’espropriazione”, seppur più semplice, resta pur sempre legato alle vicende del pignoramento originario: pertanto qualora, di fronte ad una opposizione del debitore, il primo pignoramento cadesse, verrebbe meno il processo di espropriazione e ciò si rifletterebbe anche sulla posizione processuale del creditore che si fosse limitato ad intervenire, travolgendola. In un caso del genere il creditore intervenuto dovrebbe attivare nuovamente il suo titolo esecutivo aprendo un nuovo procedimento e procedendo ad un nuovo pignoramento, ma l’inconveniente di ciò sarebbe il fatto che nel frattempo il debitore avrebbe avuto probabilmente il tempo di disporre del bene, sottraendolo all'esecuzione. Tali sconvenienti non si verificherebbero nel caso in cui proceda con pignoramento successivo in quanto gli eventuali atti di disposizione del debitore non potrebbero pregiudicare il suo pignoramento. La scelta è quindi una scelta di opportunità improntata sulla fiducia che i successivi creditori hanno sulla resistenza alle opposizioni del primo pignoramento. [Questa utilità va però probabilmente riconsiderata alla luce di Cass. S.U. n.61/2014 che ha sancito l'autonomia dell'intervento del creditore munito di titolo riconoscendone l'idoneità a sopravvivere al venir meno dell'azione esecutiva del creditore procedente]. Tale pignoramento trova disciplina più dettagliata nelle esecuzioni particolari (quali l’espropriazione mobiliare, immobiliare, presso terzi). Tornando ora all'art. 492, norma generale sulla struttura del pignoramento (cd Forme del pignoramento), dispone al: •1ºco che “salve le forme particolari previste nei capi seguenti, il pignoramento consiste in una ingiunzione che l'ufficiale giudiziario rivolge al debitore di astenersi da qualunque atto diretto a sottrarre alla garanzia del credito esattamente indicato i beni che si assoggettano all'espropriazione e i frutti di essi”. Il pignoramento consiste quindi nell'ingiunzione che rende illeciti gli atti di disposizione fisica ed irrilevanti per l'esecuzione gli atti di disposizione giuridica del cespite pignorato. [•2ºco che “nel pignoramento deve esser contenuto l’invito rivolto al debitore ad effettuare presso la cancelleria del giudice dell'esecuzione la dichiarazione di residenza o l'elezione di domicilio in uno dei comuni del circondario in cui ha sede il giudice competente per l'esecuzione" con l'avvertimento che, in mancanza “ovvero in caso di irreperibilità presso la residenza dichiarata o il domicilio eletto, le successive notifiche o comunicazioni a lui dirette saranno effettuate presso la cancelleria dello stesso giudice"]. •3ºco che <nel pignoramento deve essere contenuto l'avvertimento al debitore della sua possibilità di chiedere, dopo il pignoramento e prima che sia disposta la vendita o l'assegnazione a norma degli articoli 530, 552 e 569, la c.d. “conversione del pignoramento” a norma dell'art. 495, ossia di poter chiedere la sostituzione delle cose o dei crediti pignorati con una somma di denaro [pari all'importo dovuto al creditore pignorante e ai creditori intervenuti, comprensivo del capitale, degli interessi e delle spese, oltre che delle spese di esecuzione. Unitamente all'istanza di conversione deve essere depositata in cancelleria, a pena di inammissibilità, una somma non inferiore a un sesto dell'importo del credito per cui è stato eseguito il pignoramento e dei crediti dei creditori intervenuti indicati nei rispettivi atti di intervento, dedotti i versamenti effettuati di cui deve essere data prova documentale (si nota come tale parte del co3 richiedendo la specificazione delle condizioni di legge per la conversione, ripete pedissequamente il contenuto dell’art495. Non si comprende però perché il debitore debba essere avvisato della possibilità di conversione del pignoramento, ma non della possibilità di evitarlo radicalmente ovvero di sostituire denaro al pignoramento di cose o ancora della possibilità di chiederne la riduzione o la limitazione del cumulo dei mezzi di espropriazione); ed altresì deve contenere l’avvertimento al debitore dei termini di decadenza imposti per l’opposizione all’esecuzione di cui all’art615 ossia che l’opposizione è inammissibile se è proposta dopo che sia stata disposta la vendita o l’assegnazione a norma degli articoli 530, 552 e 569, salvo che sia fondata su fatti sopravvenuti ovvero che l’opponente dimostri di non aver potuto proporla tempestivamente per causa a lui non imputabile]>. •4ºco (ed a seguire 5ºco) che, quando all’ufficiale giudiziario che abbia proceduto a pignorare i beni assoggettati al pignoramento tali beni gli appaiano (all’ufficiale giudiziario) insufficienti per la soddisfazione del creditore procedente, ovvero per essi appare manifesta la lunga durata della liquidazione, in tal caso l'ufficiale giudiziario invita il debitore ad indicare ulteriori beni utilmente pignorabili, i luoghi in cui si trovano ovvero le generalità dei terzi debitori, avvertendolo della sanzione prevista per l'omessa o falsa dichiarazione (si noti che malgrado la natura generale dell'art. 492, che induce a pensare che la norma riguardi ogni tipo di pignoramento, lo sfondo di tale norma non concerne tutti i tipi di pignoramento ma il solo pignoramento mobiliare presso il debitore: solo in tale contesto può infatti collocarsi lo svolgimento dell'azione dell'ufficiale giudiziario che interroga il debitore per registrarne le dichiarazioni). L'esecutato può a tal fine sia rilasciare una dichiarazione negativa, sia rilasciare una dichiarazione positiva (sulla presenza di ulteriori beni pignorabili) la quale produrrà effetti immediati, pertanto: -se sono indicate cose mobili queste, dal momento della dichiarazione, sono considerate pignorate; -se sono indicati crediti del debitore o cose mobili detenute da terzi, il pignoramento si considera perfezionato nei confronti del solo debitore esecutato dal momento della dichiarazione (resta dunque da perfezionare il solo pignoramento nei confronti del terzo debitore o detentore, al quale dovrà pervenire l’intimazione di cui all'art. 543), ed in tal caso il debitore è costituito custode della somma o della cosa qualora il terzo, non avendo ancora ricevuto la notificazione dell'atto di pignoramento prevista dall'art. 543 nel quale gli si intima di non restituire o di non pagare, gli effettui successivamente il relativo pagamento o gli restituisca la cosa. -se sono indicati beni immobili, il creditore potrà procedere secondo la disciplina del pignoramento immobiliare, in virtù della quale il pignoramento immobiliare si effettua con la trascrizione. Nella vicenda del pignoramento, accanto all’intimazione, si inserisce così la cd “dichiarazione del debitore”, di tale dichiarazione del debitore l’ufficiale giudiziario redige processo verbale che lo stesso debitore sottoscrive, la quale svolge sia la funzione di individuare l’oggetto del pignoramento sia di produrre il vincolo pignoratizio sullo stesso - infatti a seguito della dichiarazione i beni dichiarati si considerano pignorati - il quale è però un vincolo che deve considerarsi come bisognoso di conferma in quanto trattandosi di Beni che sono solo dichiarati (e che quindi potrebbero non esistere o valere poco o nulla) si prevede che questi dovranno essere prima ricercati/individuati e poi acquisiti: dunque l’ufficiale giudiziario provvederà ad accedere al luogo in cui si trovano per gli adempimenti necessari, oppure, quando tale luogo è compreso in altro circondario, trasmette copia del verbale all’ufficiale giudiziario territorialmente competente, ne seguirà che la positiva individuazione ed acquisizione dei beni dichiarati varrà da perfezionamento ad effetto retroattivo il che significa immediata applicazione degli artt. 2913 ss. (almeno per il pignoramento mobiliare), di converso la loro mancata individuazione e acquisizione rende il vincolo privo di senso. In tutto ciò il debitore è nominato custode delle cose oggetto di dichiarazione (si nota come la figura del debitore, da soggetto meramente passivo, venga responsabilizzata e onerata di una collaborazione attiva, penalmente sanzionata in caso di mancanza o di infedeltà). •6ºco che “quando i beni pignorati - che in un primo momento sono risultati sufficienti rispetto al credito menzionato nel titolo esecutivo - diventino insufficienti a seguito dell’intervento di altri creditori, il creditore procedente potrà richiedere all’ufficiale giudiziario di procedere a stimolare la dichiarazione del debitore ai fini dell’esercizio delle facoltà di cui all’art499co4”, si tratta della cd “Estensione del Pignoramento” in virtù del quale altri beni vengono sottoposti a vincolo all’interno dello stesso pignoramento (ai sensi dell’art 499co4 “Ai creditori chirografari, intervenuti tempestivamente, il creditore pignorante ha facoltà di indicare agli intervenuti l'esistenza di altri beni del debitore utilmente pignorabili e di invitarli ad estendere il pignoramento se sono forniti di titolo esecutivo o, altrimenti, ad anticipare le spese necessarie per l'estensione”). Occorre chiedersi se i cespiti a cui estendere il pignoramento debbano essere omogenei al tipo di pignoramento già effettuato (mobiliare, di crediti, immobiliare) o possano essere di genere diverso. Una ragionevole soluzione potrebbe essere quella di prescindere dalla natura dei beni, garantendo così la soddisfazione dei creditori intervenuti senza intralci e costi eccessivi nell’ottica di una espropriazione unitaria [tuttavia un limite a tale soluzione potrebbe derivare dal possibile conflitto delle norme sulla competenza, considerata l'inderogabilità della competenza per l'esecuzione]. •7ºco che <l'ufficiale giudiziario, se il debitore è un imprenditore commerciale, "invita il debitore a indicare il luogo ove sono tenute le scritture contabili e nomina un professionista (commercialista, avvocato o notaio) per il loro esame al fine dell'individuazione di cose e crediti pignorabili". Il professionista nominato - che funge da organo ausilario dell'esecuzione - trasmette apposita relazione con i risultati della verifica al creditore istante e all'ufficiale giudiziario che lo ha nominato. Egli può richiedere informazioni agli uffici finanziari sul luogo di tenuta nonché sulle modalità di conservazione, anche informatiche o telematiche, delle scritture contabili indicate nelle dichiarazioni fiscali del debitore e vi accede ovunque si trovi, richiedendo quando occorre l'assistenza dell'ufficiale giudiziario territorialmente competente.[Il professionista trasmette apposita relazione con i risultati della verifica al creditore istante e all'ufficiale giudiziario che lo ha nominato, che provvede alla liquidazione delle spese e del compenso. Se dalla relazione risultano cose o crediti non oggetto della dichiarazione del debitore, le spese dell'accesso alle scritture contabili e della relazione sono liquidate con provvedimento che costituisce titolo esecutivo contro il debitore]>. L'art. 492-bis focalizza poi la ricerca dei beni da pignorare alla ricerca con modalità telematiche, cosi spingendo molto in avanti il cammino verso un' espropriazione aperta al patrimonio. Con il co7art492 e con l'art492bis, si assiste al passaggio da un pignoramento quale atto concepito nei confronti di singoli cespiti, ad un atto tendenzialmente aperto al patrimonio del debitore, patrimonio che può essere scandagliato attraverso l'interrogazione delle banche-dati pubbliche. [•8ºco "Quando la legge richiede che l'ufficiale giudiziario nel compiere il pignoramento sia munito del titolo esecutivo, il presidente del tribunale competente per l'esecuzione può concedere al creditore l'autorizzazione prevista nell'articolo 488, secondo comma"]. Il pignoramento, una volta compiuto, può subire varie vicende (cd “vicende successive al Pignoramento”) quali: ~”Conversione del Pignoramento”(art 495), sappiamo che ai sensi del co3art492 <nel pignoramento deve essere contenuto l'avvertimento al debitore della sua possibilità di chiedere, dopo il pignoramento e prima che sia disposta la vendita o l'assegnazione a norma degli articoli 530, 552 e 569, la c.d. “conversione del pignoramento” a norma dell'art. 495>. [Si noti che il termine finale per l'istanza di conversione presenta uno sfasamento col termine finale per l'intervento tempestivo dei creditori in quanto l’intervento dei creditori è tempestivo quando il loro ricorso è depositato prima dell'udienza in cui è disposta la vendita o l'assegnazione ai sensi degli articoli 530, 552 e 569" ed altresì con l'intervento tempestivo nell'espropriazione presso terzi, dal momento che qui l'intervento è tempestivo se avvenuto non oltre la prima udienza di comparizione delle parti]. (Si può agevolmente notare che, in tal modo, si realizza in una fase successiva del procedimento espropriativo quel che si sarebbe potuto realizzare ab origine in applicazione dell'art. 494 co3 che prevede il pignoramento di somma in luogo del pignoramento di cose). La conversione del pignoramento consiste nella sostituzione dei beni originariamente pignorati con una somma di denaro la quale viene vincolata al loro posto (quei beni vengono così liberati). L’art 495 disciplina la Conversione del Pignoramento, ai sensi del quale: 1ºco <il debitore, dopo il pignoramento e prima che sia disposta la vendita o l'assegnazione a norma degli articoli 530, 569 e 552 (quindi prima dell’attività di liquidazione) può chiedere la Conversione del pignoramento ossia la sostituzione delle cose o dei crediti pignorati con una somma di denaro pari (non all’intrinseco valore del bene stesso bensì) all'importo dovuto al creditore pignorante e ai creditori intervenuti, comprensivo del capitale, degli interessi e delle spese, oltre che delle spese di esecuzione>. Infatti in presenza di intervento di altri creditori, la somma idonea a dar luogo a conversione non può calcolarsi solo con riguardo al credito del procedente ma deve essere aumentata in ragione dell'ammontare dei crediti degli intervenuti. 2ºco <Unitamente all'istanza di conversione - la quale può essere avanzata una sola volta a pena di inammissibilità - deve essere depositata in cancelleria, a pena di inammissibilità', una somma non inferiore a un sesto dell'importo del credito per cui è stato eseguito il pignoramento e dei crediti dei creditori intervenuti indicati nei rispettivi atti di intervento, dedotti i versamenti effettuati di cui deve essere data prova documentale>. 3ºco <La somma da sostituire ai beni pignorati (di modo che il bene pignorato sia liberato) è innanzitutto determinata (proporzionalmente al complesso dei crediti) con ordinanza del giudice dell’esecuzione (soggetta ad opposizione agli atti esecutivi art 617) nel contraddittorio delle parti (in quanto deve considerare anche le possibili contestazioni del debitore rispetto ai crediti dichiarati dai creditori concorrenti nell'atto di intervento, in tal modo si dovrebbe scongiurare la possibilità di controversie distributive della somma ricavata posto che la sussistenza e l'ammontare dei crediti in concorso risulta infatti già accertata nell'ordinanza di determinazione della somma per la conversione ed inoltre dopo la pronuncia dell'ordinanza, resta precluso ogni ulteriore intervento di creditori)>; solo in un secondo momento, in seguito alla verifica dell’effettivo versamento dell’importo, il giudice dispone la liberazione del bene e la sua sostituzione col danaro versato dal debitore. 4ºco <il versamento della somma, quando la sostituzione concerna cose mobili o beni immobili e ricorrono giustificati motivi, può anche essere rateizzato entro il termine massimo di 48mesi. In tal caso ogni 6 mesi il giudice provvederà al pagamento del creditore pignorante o alla distribuzione tra i creditori delle somme versate dal debitore>. 5ºco <se però il debitore omette il versamento dell'importo determinato dal giudice ovvero omette o ritarda di oltre 30 giorni il versamento anche di una sola delle rate, le somme versate formano parte dei beni pignorati" ed il giudice - in quanto il mancato versamento vale da condizione risolutiva della conversione - su richiesta del procedente o di altro intervenuto munito di titolo, dispone senza indugio la vendita dei beni> [per "somme versate" si intende la somma inizialmente versata per la trattabilità dell'istanza di conversione e le altre successive, eventualmente versate secondo il meccanismo della rateazione]. 6ºco <con l'ordinanza che ammette la sostituzione, il giudice " quando le cose pignorate siano costituite da beni immobili o cose mobili, dispone che le cose pignorate siano liberate dal pignoramento con il versamento dell'intera somma>. In conclusione bisogna sottolineare che l'istanza di conversione deve comunque fare i conti con lo svolgimento fisiologico della procedura esecutiva in quanto essa diventa infatti “improcedibile” dopo l'aggiudicazione provvisoria o l'assegnazione; inoltre, qualora il processo esecutivo dovesse estinguersi in un momento successivo all’avvenuta vendita o assegnazione, si prevede che gli effetti di tali eventi restino fermi nei confronti degli aggiudicatari o assegnatari con loro prevalenza sulle pretese del debitore. ~”Riduzione del pignoramento”, ai sensi dell’art 496 <su istanza del debitore [ma anche del terzo proprietario pignorato ed al comproprietario non debitore di beni indivisi] o anche d’ufficio, quando il valore dei beni pignorati sia superiore all'importo delle spese e dei crediti di cui all’art495 (cioè quando sia superiore al credito del creditore procedente sommato ai crediti dei creditori intervenuti ed alle spese), il giudice, sentiti il creditore pignorante e i creditori intervenuti, può disporre la riduzione del pignoramento>. •agli atti estintivi dei diritti sui cespiti pignorati cd Estinzioni del credito pignorato: ai sensi dell’art 2917 “quando oggetto del pignoramento è un credito, l'estinzione di esso per cause verificatesi dopo al pignoramento, non ha effetto in pregiudizio del creditore pignorante e dei creditori che intervengono nell'esecuzione”. Tale articolo regola il rapporto fra il tempo del pignoramento e la fattispecie dell'estinzione del credito pignorato nei confronti del debitore e detta una regola conforme al principio per cui le vicende dei beni pignorati successive alla creazione del vincolo non possono incidere negativamente sulla situazione del creditore procedente e dei creditori concorrenti. Per estinzione deve intendersi qualunque fatto idoneo a liberare il debitore (pagamento, datio in solutum, confusione, rimessione ecc.), ma al debitore non viene sottratto il diritto di disporre del proprio credito, potendo, per esempio rimetterlo al debitore, tale rimessione varrà, come sappiamo, inter partes, non potendo nuocere ai creditori, ai quali l'atto non sarà opponibile. Risulta fondamentale accertare il tempo preciso del pignoramento, dal momento che il pignoramento di crediti (c.d. pignoramento presso terzi) si esegue attraverso una fattispecie complessa a carattere procedimentale, di cui l'ingiunzione al debitore è il primo atto di una serie la cui conclusione perfeziona il pignoramento. A tal fine il momento rilevante ai sensi dell'art. 2917 è quello in cui si compie al terzo debitore dell'atto di pignoramento la notifica con l'ingiunzione di non disporre dell'oggetto pignorato (in parole povere: di non pagare il debitore del processo esecutivo). •agli atti che limitano l’ambito o il godimento dei beni pignorati. A tal fine ai sensi dell’art2915 (cd atti che limitano la disponibilità dei beni pignorati) “non sono opponibili all’esecuzione/non hanno effetto in pregiudizio del creditore pignorante e dei creditori che intervengono nell'esecuzione né gli atti che importano vincoli di indisponibilità quando tali vincoli di indisponibilità siano stati trascritti dopo il pignoramento se si tratta di beni immobili o beni mobili iscritti in pubblici registri e quando non abbiano data certa anteriore al pignoramento negli altri casi (cioè se si tratta di mobili ordinari, universalità di mobili, mobili senza possesso)”(1ºco) [ad esempio il vincolo derivante dalla costituzione di fondo patrimoniale (destinazione di determinati beni ai bisogni della famiglia, con limitazione del potere di alienazione), né gli atti e le domande per la cui efficacia rispetto ai terzi acquirenti la legge richiede la trascrizione, quando sono trascritti dopo il pignoramento” (2ºco). Il riferimento agli atti non aggiunge granché a quanto disposto dal co1, quanto invece al tema della “trascrizione delle domande” ci si riferisce alle domande giudiziali che gli art2652 e 2653 sottopongono a trascrizione per l'opponibilità ai terzi. Dunque: -se il pignoramento immobiliare è stato trascritto prima della trascrizione della domanda giudiziale con cui un terzo rivendica diritti sul bene pignorato, l'eventuale sentenza di accoglimento della domanda non pregiudicherà il creditore pignorante e gli altri creditori intervenuti e, di conseguenza, non pregiudicherà neppure il futuro acquirente alla vendita forzata ('aggiudicatario finale) che acquista un diritto insensibile alla domanda ed alla sentenza che la decide. Rispetto alla domanda tardivamente trascritta il creditore pignorante si viene dunque a trovare nella situazione dell'acquirente del diritto ante causam, soggetto a cui la sentenza di accoglimento della domanda è inopponibile (dunque non si trova nella situazione del successore art111 il quale è soggetto agli effetti della sentenza). -se il pignoramento immobiliare è stato trascritto dopo la trascrizione della domanda giudiziale, l'eventuale sentenza di accoglimento pregiudicherà il creditore pignorante e gli altri creditori intervenuti in quanto a prevalere sarà il diritto dell'acquirente del bene. Rispetto al pignoramento tardivamente trascritto il creditore pignorante si viene dunque a trovare nella situazione simmetrica a quella che si produce in applicazione dell’art111 al quale la sentenza di accoglimento della domanda è opponibile in quanto il creditore procedente finisce per rivestire un ruolo processualmente simile a quello del successore a titolo particolare nel senso che subisce gli effetti della sentenza. Stessa sorte spetterà all'aggiudicatario finale del bene il cui acquisto non potrà prevalere sull'accertamento, contenuto in sentenza, del diritto dell'attore che abbia vittoriosamente rivendicato il bene. [Occorre infine evidenziare che talora la prevalenza del pignoramento (con il conseguente prevalere dell'acquisto dell'aggiudicatario in vendita forzata) è di natura meramente processuale. Questo avviene quando la trascrizione della domanda riguarda le ipotesi previste dall'art. 2653 c.c. (rivendicazione della proprietà in primis): in tal caso, se la trascrizione del pignoramento è anteriore alla trascrizione della domanda, l'inopponibilità all'esecuzione della sentenza di accoglimento va considerata una mera inopponibilità processuale. Ciò significa che il rivendicante vittorioso, pur non avendo un titolo diretto per riprendersi il bene pignorato dall’esecuzione, non perde il diritto di proprietà riconosciutogli dalla sentenza perché la prevalenza del pignoramento è solo processuale. Ne segue che il rivendicante vittorioso potrà ancora far valere il proprio diritto nei confronti del terzo acquirente alla vendita forzata. Talora, invece, la prevalenza del pignoramento ha una valenza sostanziale. Si pensi ad una delle domande previste dall'art. 2652 c.c. (azione di risoluzione): se la trascrizione del pignoramento avviene prima della trascrizione della domanda con cui un terzo chiede la risoluzione dell'atto di acquisto del debitore, essa ha un effetto più forte, in quanto la sua prevalenza non si esaurisce nell'inopponibilità della sentenza di risoluzione all'esecuzione, bensì impedisce di rivendicare il bene nei confronti dell'aggiudicatario in vendita forzata]. •ai titoli di prelazione tra creditori (ipoteche e privilegi), ciò al fine di garantire i giusti titoli di prelazione tra creditori che entrano in concorso tra loro visto che la presenza di titoli di prelazione tra creditori influisce sulla distribuzione della somma ricavata dalla liquidazione del cespite pignorato. A tal fine ai sensi dell’art 2916 “nella distribuzione della somma ricavata dall'esecuzione non si tiene conto: -delle “ipoteche” iscritte dopo il pignoramento (ed a maggior ragione delle ipoteche il cui diritto sia sorto dopo tale data). L’esclusione ricomprende le ipoteche legali, convenzionali e giudiziali (cioè i diritti di iscrivere ipoteca in virtù di un provvedimento giudiziale di condanna ex art. 2818: sentenza di condanna, condanna generica, decreto ingiuntivo esecutivo etc). -dei “privilegi” iscritti dopo il pignoramento. Si tratta dei cd privilegi speciali che operano su singoli beni del debitore e per la cui efficacia è necessaria l’iscrizione (in quanto il vincolo di garanzia sorge solo a seguito di iscrizione) la quale deve avvenire prima del pignoramento per poter esser opposti all’esecuzione; ciò vale anche nel caso in cui il titolo del privilegio sia anteriore al pignoramento ma sia iscritto successivamente al pignoramento in quanto neppure in tal caso il privilegio potrà essere opponibile sul grado del credito (a maggior ragione sono irrilevanti i privilegi sorti dopo il pignoramento). -dei “privilegi per crediti” sorti dopo il pignoramento. Si tratta dei cd privilegi generali i quali non hanno bisogno di iscrizione perché si esercitano sulla generalità dei mobili del debitore. [L’art. 2916 va a rovesciare l'ordine delle cause di prelazione stabilito in linea generale dagli art2748, 2777ss, 2852 ss, salvo quei privilegi (art. 2770 c.c. e 2755) che sono concessi per l'espropriazione di immobili e che vengono a formarsi nell’interesse comune dei creditori proprio in occasione dell'espropriazione in quanto essi divengono privilegiati sul prezzo ricavato dalla vendita degli immobili o dei mobili. Essi sono dunque considerati alla stregua di un onere della procedura. L'art. 2918 c.c. regola infine la sorte delle cessioni e liberazioni di pigioni e di fitti (canoni di locazione, canoni d'affitto) ai sensi del quale “le cessioni e le liberazioni di pigioni e fitti non ancora scaduti per un periodo eccedente i tre anni Non hanno effetto in pregiudizio del creditore procedente e dei creditori che intervengono nell'esecuzione quando trascritte dopo il pignoramento"; mentre per quanto concerne le cessioni e le liberazioni per un tempo superiore ai 3 anni non trascritte (si noti che per le ultratriennali è richiesta la trascrizione anteriore al pignoramento per poter esser opponibili, ed in tal caso però si sta considerando l’ipotesi in cui non siano stati trascritti) si prevede che anche se non trascritti essi hanno effetto quando aventi data certa anteriore al pignoramento, ed altresì le cessioni e le liberazioni per un tempo inferiore ai 3 anni esse hanno effetto solo quando abbiano data certa anteriore al pignoramento e, in ogni caso, non oltre il termine di un anno dalla data del pignoramento]. b)INTERVENTO dei CREDITORI: Nonostante la procedura espropriativa sia di per sé singolare in quanto attivata dal singolo creditore titolato, in virtù del cd principio della Par Condicio Creditorum sancito dall’art2741 ai sensi del quale “tutti i creditori hanno uguale diritto di essere soddisfatti sui beni del debitore, salve le cause legittime di prelazione”(vale a dire privilegi, pegni, ipoteche) viene previsto il cd “intervento di altri creditori nel procedimento espropriativo” ossia la possibilità che hanno altri creditori (cioè anche creditori diversi dal creditore procedente) di intervenite nel processo esecutivo iniziato dal creditore procedente al fine di ottenere la soddisfazione del proprio credito attraverso la partecipazione alla distribuzione della somma ricavata dalla liquidazione dei beni pignorati, infatti mediante l’intervento essi andranno ad assumere il ruolo di parti di tale processo (nb l’intervento dei creditori è un'ipotesi da distinguere dal “pignoramento successivo” nel quale più creditori procedono autonomamente a compiere sullo stesso bene un autonomo pignoramento). L'art. 2913 nel sancire che “l’alienazione dei beni pignorati non abbia effetto né per il creditore procedente né per i creditori che intervengono nell'esecuzione” (a prescindere che essi siano intervenuti prima o dopo l’atto di alienazione) va così a dare concreta applicazione all'art. 2741. [Si tenga conto che il pignoramento non congela le situazioni creditorie al momento della sua effettuazione - a differenza ad esempio del fallimento in cui la dichiarazione di insolvenza blocca la possibilità di far valere crediti sorti in seguito - in quanto anche i crediti sorti (o accertati) in data successiva al pignoramento legittimano l'intervento dei loro titolari e quindi una conseguente espropriazione (ma sempre entro i limiti dell’art2916 il quale rende irrilevanti, nella distribuzione della somma ricavata, in generale i privilegi per crediti sorti dopo il pignoramento, e le ipoteche ed i privilegi per i quali sia è necessaria l'iscrizione quando siano iscritti dopo il pignoramento; ne segue che i creditori con credito sorto dopo il pignoramento possono sì fare intervento ma sempre in qualità di chirografari), addirittura lo stesso pignorante può intervenire nell'esecuzione da lui promossa facendo valere crediti venuti in essere dopo il pignoramento]. Il potere di intervento non è però ammesso sempre e comunque a tutti i creditori, la par condicio creditorum (ossia al potere di intervento) è infatti temperata dai limiti di cui all’art499co1 ai sensi del quale <Possono intervenire nell'esecuzione/espropriazione forzata i creditori muniti di titolo esecutivo nonché quei creditori che al momento del pignoramento, pur non avendo titolo esecutivo, “hanno un credito garantito da pegno o prelazione iscritta in pubblici registri (cd creditori privilegiati); hanno in precedenza eseguito un sequestro sui beni pignorati; sono titolari di un credito di somma di denaro risultante dalle scritture contabili previste dall’art2214”>. Si tratta, a ben vedere, o di soggetti il cui credito, malgrado l'assenza di titolo esecutivo, presenta sufficienti caratteristiche di affidabilità ovvero di soggetti che - sempre malgrado l'assenza di titolo esecutivo - non intervenendo perderebbero la garanzia reale sul bene pignorato a causa del fatto che la vendita forzata estingue i diritti reali di garanzia gravanti sul bene c.d. effetto purgativo della vendita, oppure che vedrebbero vanificato un sequestro conservativo già eseguito perché il bene sequestrato rischierebbe di essere venduto prima dell' ottenimento del titolo esecutivo (e quindi prima della conversione automatica del proprio sequestro in pignoramento). [Fino alla riforma del 2006 potevano intervenire all'espropriazione tutti i creditori indipendentemente dal possesso di un titolo esecutivo il quale non costituiva conditio sine qua non dell'intervento la disponibilità di un titolo esecutivo. Nel 2006 si è invertita la rotta e si è fissata quale regola generale quella secondo cui possono intervenire nell'espropriazione forzata solo i creditori muniti di titolo esecutivo, seppure con alcune eccezioni che ammettono l’intervento anche senza titolo: ciò in quanto il possesso del titolo esecutivo, così come anche le ipotesi ammesse di intervento dei creditori senza titolo, manifestano (fino a prova contraria) la sicurezza dell’esistenza del credito]. Ai sensi dell’art 500 “l’intervento dà diritto a partecipare all’espropriazione del bene pignorato e alla distribuzione della somma ricavata (tale facoltà è garantita a tutti i creditori intervenuti) nonché a provocare i singoli atti del processo esecutivo” (tale facoltà, bada bene, è garantita ai soli creditori muniti di titolo esecutivo: soltanto i creditori titolati, e non anche quelli privi di titolo esecutivo, hanno il potere di compiere atti di impulso quali l'istanza di vendita o assegnazione e la richiesta di distribuzione del ricavato. Ne segue pertanto che la distinzione tra creditori titolati e non rileva finché vi siano atti di impulso della procedura (essendo questi riservati ai soli creditori titolati) e perde rilevanza una volta avutasi l’aggiudicazione o assegnazione [coerente con tale disciplina è l'art. 629 per il quale, mentre, prima dell'aggiudicazione o dell'assegnazione, la rinuncia agli atti del processo esecutivo deve trovare l'accordo dei soli creditori muniti di titolo esecutivo (restando indifferente l'atteggiamento dei creditori non titolati), rinuncia successiva a tale momento deve provenire (o essere accettata) da tutti i creditori intervenuti]. Ai sensi del co2art499 “l’intervento avviene mediante un ricorso che deve esser depositato prima che sia tenuta l'udienza in cui è disposta la vendita o l'assegnazione ai sensi degli artt. 530, 552 e 569 (disposizioni che si riferiscono, rispettivamente, all' espropriazione mobiliare, a quella presso terzi e a quella immobiliare) [tuttavia è anche ammesso, in luogo di un vero e proprio ricorso ritualmente depositato (in tal caso l'intervento si dice tempestivo), che l'intervento possa essere effettuato anche oralmente in udienza]. Il ricorso deve contenere l'indicazione del credito con il suo titolo, la domanda per partecipare alla distribuzione della somma ricavata e, al solito fine di agevolare le notificazioni o comunicazioni dirette all'interveniente, la dichiarazione di residenza o l'elezione di domicilio nel comune in cui ha sede il giudice competente per l'esecuzione. Se l'intervento ha luogo per un credito di somma di denaro risultante dalle scritture contabili, al ricorso va allegato, a pena di inammissibilità, l'estratto autentico notarile delle scritture stesse”. “Rispetto all’intervento, il creditore pignorante ha in ogni caso un potere di difesa consistente nella facoltà di poter indicare (con atto notificato o all'udienza in cui è disposta la vendita o l'assegnazione) ai creditori chirografari intervenuti tempestivamente l'esistenza di altri beni del debitore utilmente pignorabili, e di invitarli ad estendere il pignoramento se sono forniti di titolo esecutivo o, altrimenti, ad anticipare le spese necessarie per l'estensione. Se i creditori intervenuti, senza giusto motivo, non estendono il pignoramento ai beni indicati entro il termine di 30 giorni, il creditore pignorante ha diritto di essere loro preferito in sede di distribuzione” (co4). [Tale invito, lo ricordiamo, può essere rivolto già in precedenza, dal momento che l'art 492 legittima il creditore procedente a richiedere all'ufficiale giudiziario di procedere a stimolare la dichiarazione del debitore ai fini dell'esercizio delle facoltà di cui all'art499co4]. Inoltre sussiste un diverso trattamento processuale tra i creditori titolari e non, in quanto è previsto in favore de debitore un meccanismo di riconoscimento/disconoscimento dei crediti non titolati. In particolare è disposto che “il creditore privo di titolo esecutivo che interviene nell'esecuzione deve notificare al debitore, entro i dieci giorni successivi al deposito, copia del ricorso e dell'estratto autentico notarile attestante il credito se l'intervento nell'esecuzione ha luogo in forza di esso” (co3). “Il giudice, con l’ordinanza con cui è disposta la vendita o assegnazione, fissa un’udienza di comparizione davanti a sé del debitore e dei creditori intervenuti senza titolo esecutivo, disponendone la notifica a cura di una delle parti. In tale udienza (avrà luogo una sorta di interpello del debitore ai fini della verificazione del credito) il debitore è chiamato a dichiarare quali dei crediti per i quali hanno avuto luogo gli interventi egli intenda riconoscere in tutto o in parte, specificando in quest'ultimo caso la relativa misura. Se il debitore non compare, si intendono riconosciuti tutti i crediti per i quali hanno avuto luogo interventi in assenza di titolo esecutivo. Il riconoscimento del debitore, espresso o presunto che sia, “rileva ai soli effetti dell’esecuzione” (pertanto tale riconoscimento né produce effetti di accertamento del credito né impedisce che il credito possa essere in seguito contestato dagli altri creditori in sede di controversie distributive secondo l’art512, può essere invece dubbio che il debitore che ha effettuato il riconoscimento sia ancora legittimato in sede distributiva), infatti i creditori riconosciuti acquistano il diritto a partecipare alla distribuzione della somma ricavata (per l'intera somma ovvero limitatamente a quella parzialmente riconosciuta). Diversamente, i creditori i cui crediti siano stati contestati (crediti disconosciuti) hanno il solo diritto all’accantonamento delle somme che ad essi spetterebbero [ovviamente ai fini dell’accantonamento di un credito, occorre sempre che quel credito abbia trovato utile collocazione nel piano di riparto in quanto se la somma ricavata basta solo a pagare i creditori ipotecari, i creditori chirografari senza titolo esecutivo non L’assegnazione è disposta con ordinanza del giudice dell'esecuzione (cd forma dell’assegnazione), contenente l'indicazione dell'assegnatario, del creditore pignorante, di quelli intervenuti, del debitore e del bene assegnato; quando l’assegnazione è fatta contro un prezzo, verrà indicato anche tale prezzo. Inoltre, ai sensi dell’art 508, si prevede che in caso di vendita o assegnazione di un bene gravato da pegno o ipoteca, l'aggiudicatario o assegnatario, con l'autorizzazione del giudice, possano concordare con il creditore pignoratizio o ipotecario la cd “assunzione del debito” (in luogo del versamento di un prezzo) con liberazione del debitore, in tal caso nel provvedimento di vendita o di assegnazione si dovrà fare menzione dell'assunzione del debito. L’assunzione si caratterizza per il fatto che vada ad escludere l’effetto purgativo dei diritti di prelazione relativi al credito i quali continuano a gravare sul bene in quanto il debito viene assunto con tutte le garanzie ad esso inerenti differentemente dall’effetto [tale norma deroga alla regola generale art586 secondo la quale vendita ed assegnazione di beni gravati da garanzia reale producono l’effetto purgativo di cancellare il vincolo reale a seguito del decreto di trasferimento facendo acquistare il bene senza vincolo reale], così facendo il debitore esecutato sarà liberato dal proprio debito che verrà assunto dall'aggiudicatario o dall'assegnatario, e sarà questi a restare obbligato dovendo liquidare il credito al creditore pignoratizio o ipotecario; ne segue che l'eventuale inadempimento non pregiudica la vendita o l'assegnazione, ma espone l'inadempiente agli ordinari rimedi a disposizione del creditore. Una volta proposta l'istanza per l'assegnazione o vendita, il giudice fissa un'udienza per l'audizione delle parti nella quale le parti possono fare le loro osservazioni circa l'assegnazione o il tempo e le modalità della vendita e debbono altresì proporre, a pena di decadenza, le opposizioni agli atti esecutivi se non sono già decadute dal diritto di proporle, con la conseguenza che le nullità formali non denunciate prima di tale termine diventano irrilevanti. Vendita ed assegnazione, ai sensi dell’art 2919, producono un “Effetto Traslativo” in quanto trasferiscono all’acquirente i diritti che sulla cosa spettavano a colui che ha subito l’espropriazione, salvo gli effetti del possesso in buona fede (1ºco). Dunque si tratta di un trasferimento del diritto sul bene che ne fa acquisire la proprietà a “titolo derivativo” con la conseguenza che qualora il debitore, o il terzo proprietario espropriato, non sia effettivamente titolare del diritto trasferito con la vendita forzata, ciò va a pregiudicare l’acquisto dell’aggiudicatario il quale non potrà avanzare alcuna opposizione nei confronti del vero proprietario del bene il quale, in qualità di terzo rispetto all'esecuzione, potrà rivendicare il suo diritto dall'acquirente/aggiudicatario. Si tenga presente che l’acquisto è però fatto salvo se l'aggiudicatario abbia, in buona fede (ignorando cioè che il bene non fosse di proprietà dell'esecutato bensì di un terzo), acquistato un bene mobile (non iscritto in pubblici registri) con trasmissione del possesso in quanto in tal caso l’acquisto della proprietà avviene a titolo originario con la conseguenza che il vero proprietario del bene perderà il proprio diritto e non potrà rivendicare il bene dall'acquirente. [La vendita forzata, seppur sia un meccanismo che prescinde dalla volontà delle parti, produce fondamentalmente gli effetti della vendita consensuale ma con la differenza che nella vendita forzata si produce l’effetto purgativo dell’estinzione delle garanzie reali (il bene è venduto libero dei diritti reali di garanzia in quanto col decreto di trasferimento del bene il giudice ne ordina anche la cancellazione dei diritti reali di garanzia) ed altresì in essa non opera la garanzia per vizi né essa (cioè la vendita) può essere impugnata per lesione]. Inoltre, ai sensi del 2ºco, “all’acquirente non possono essere opposti i diritti acquistati da terzi sulla cosa qualora tali diritti non abbiano effetto in pregiudizio del creditore pignorante e dei creditori intervenuti nell'esecuzione”. Si tratta evidentemente di una proiezione dell'inopponibilità contemplata dagli artt. 2913 ss. in virtù della quale sono inefficaci rispetto al creditore procedente e ai creditori intervenuti nell'esecuzione gli atti di alienazione dei beni pignorati ed in genere tutti gli atti loro pregiudizievoli posteriori al pignoramento, nonché perfino alcuni atti ad esso anteriori, in quanto il diritto che l’aggiudicatario acquista è retrodatato al tempo del pignoramento (pertanto se il debitore ha trasferito la proprietà del bene pignorato in corso di pignoramento e tale trasferimento non è opponibile all'esecuzione, cioè a creditore pignorante ed intervenuti, tale trasferimento resterà inopponibile anche all'aggiudicatario e dunque il terzo acquirente in corso di pignoramento non potrà rivendicare il bene dall’aggiudicatario. In tal caso l’acquirente è in buona fede se non sa che il bene sia pignorato). [All’assegnazione si applica in generale la disciplina della vendita in quanto, salvo alcuni particolari, essa produce i medesimi effetti traslativi della vendita forzata con analoghi limiti di opponibilità]. Analizziamo in dettaglio la differenza tra acquisto a titolo derivativo ed a titolo originario relativamente al rapporto tra aggiudicatario e precedente proprietario (cioè il terzo al quale il debitore ha venduto o assegnato un bene pignorato): ~quando l’acquisto avvenga a titolo Originario mediante “Vendita” - ai sensi dell’art 2920 (diritti dei terzi sulla cosa mobile venduta) - < il precedente proprietario (che non può rivendicare il bene dall'aggiudicatario) vedrà convertito il suo diritto reale sul bene in diritto di credito sulla somma ricavata dalla vendita, in tal modo egli acquista il diritto di partecipare alla distribuzione di tale somma affiancandosi ai creditori intervenuti purché non sia già stata distribuita in quanto se la distribuzione della somma sia già avvenuta non avrà alcun diritto alla ripetizione dai creditori che sono stati pagati, e potrà eventualmente soltanto chiedere i danni al creditore procedente se questo sia in mala fede (cioè se conosceva che il debitore non fosse proprietario del bene, è il caso in cui il debitore paga mediante l’espropriazione non di un proprio bene ma di un bene altrui ed il creditore procedente ne è a conoscenza)>; quando avviene mediante Assegnazione - ai sensi dell’art2926 (diritti di terzi sulla cosa mobile assegnata) - <qui il precedente proprietario (così come anche quei terzi che avevano sulla cosa altri diritti reali ma nei limiti del valore del loro diritto), entro 60 giorni dall’assegnazione, può chiedere all’assegnatario (non la restituzione del bene ma) la ripetizione (/che gli venga girata) della somma corrispondente al suo credito soddisfatto in via di assegnazione. L’assegnatario conserva le sue ragioni nei confronti del debitore, ma si estinguono le garanzie prestate da terzi>. Si può dunque notare di come prevalga l’aggiudicatario sul terzo proprietario in caso di acquisto a titolo originario. ~quando l’acquisto avvenga a titolo Derivativo mediante “Vendita” - ai sensi dell’art 2921 (evizione della cosa venduta) - <l'acquirente aggiudicatario evitto dal terzo proprietario dotato di titolo opponibile al pignoramento, può rivolgersi all'esecuzione per ripetere/chiedere la somma ricavata dalla vendita se la distribuzione non sia ancora avvenuta, ed in caso di sua avvenuta distribuzione potrà ripetere dai creditori soddisfatti la somma loro assegnata in sede di distribuzione del ricavato. Non potrà però ripetere il prezzo nei confronti dei creditori privilegiati o ipotecari ai quali la causa di evizione non era opponibile (cioè quando la garanzia è anteriore al pignoramento)>; quando avviene mediante Assegnazione - ai sensi dell’art2927 (evizione della cosa assegnata) - <l’assegnatario evitto dal terzo proprietario ha il diritto di ripetere quanto abbia pagato agli altri creditori, ad eccezione delle responsabilità in capo al creditore pignorante (che ha pignorato una cosa altrui) per danni e spese; inoltre conserva la facoltà di rifarsi verso il debitore nei cui confronti potrà esperire una nuova azione esecutiva, ma non mantiene le garanzie che siano state prestate da terzi sullo stesso bene (effetto purgativo). Ai sensi dell’art2929 (nullità degli atti esecutivi) è previsto che “la nullità degli atti esecutivi anteriori alla vendita o all'assegnazione, non ha effetto (/non sono opponibili) nei confronti dell'acquirente o dell'assegnatario, salvo il caso di collusione con il creditore procedente. Gli altri creditori non sono in nessun caso tenuti a restituire quanto hanno ricevuto per effetto dell'esecuzione”. Il fine è di tutelare l'acquirente/assegnatario di modo che non subisca le conseguenze di vizi anteriori all'atto di vendita, l’esecutato non potrà infatti chiedere la caducazione degli effetti della vendita adducendo vizi della procedura esecutiva dato che tali vizi non si estendono all'acquisto dell'aggiudicatario o dell'assegnatario. Deve dunque trattarsi - non di nullità attinenti alla fase della vendita (*vedi giù), bensì - di nullità processuali anteriori al procedimento di vendita. Il che si coordina con la disciplina degli art 530 (pignoramento mobiliare) e 569 (pignoramento immobiliare), secondo cui le eventuali nullità anteriori alla vendita debbono essere fatte valere non oltre l'udienza fissata per la determinazione delle modalità di vendita o di assegnazione; detta in altri termini “è all’udienza fissata per la determinazione delle modalità della vendita o dell'assegnazione che dovranno esser dedotti, mediante opposizione agli atti art617, tutti i vizi degli atti esecutivi verificatisi fino allora (quindi atti anteriori alla vendita o assegnazione) e sempre che siano ancora proponibili, dopodiché nessuna nullità precedente potrà farsi valere [il quale non potrà più ripetere, dall’esecuzione (prima della distribuzione) o dai creditori (dopo la distribuzione), la somma ricavata dalla vendita]. La proposizione dell'opposizione apre una fase contenziosa che dovrebbe indurre lo stesso giudice dell'esecuzione a sospendere la procedura di vendita allo scopo di rimediare alla nullità [tuttavia si tenga presente che anche in pendenza di opposizione può accadere che l’attività volta alla vendita/assegnazione continui e giunga al suo esito finale, in un caso del genere in cui si verifica l’aggiudicazione/assegnazione l’eventuale accoglimento dell’opposizione diverrebbe inutile per l’opponente in virtù della disposizione di cui all’art2929]. Tale regola dello sganciamento della vendita dalla procedura esecutiva pregressa non opera però nel caso di collusione col creditore procedente cioè quando il debitore denunci che vi sia stata collusione tra l'acquirente e il creditore procedente: in tal caso il debitore potrà attaccare con autonoma azione di cognizione la vendita forzata per far valere la sua nullità e l'assenza di acquisto da parte dell'aggiudicatario. Diversamente da quanto poc'anzi detto relativamente alla nullità degli atti esecutivi anteriori alla vendita o assegnazione, possono invece esser fatte valere nei confronti dell’aggiudicatario o assegnatario le cd “nullità attinenti al procedimento di vendita o aggiudicazione” che possono verificarsi dal momento dell’udienza di fissazione in poi le quali, se riconosciute, possono portare alla nullità della vendita/assegnazione: tali vizi potranno esser fatti valere solo mediante opposizione agli atti esecutivi art617 (e non già con autonoma azione nei confronti dell'acquirente), l'esempio tipico è quello del mancato o incompleto versamento del prezzo nel termine perentorio fissato. Tale principio di inopponibilità di cui all'art 2929 si riferisce sia alle nullità formali sia alle nullità sostanziali relative all'esistenza del titolo esecutivo/diritto di procedere ad esecuzione (ne segue che il sopravvenuto accertamento dell'inesistenza di un titolo idoneo a giustificare l'esercizio dell'azione esecutiva, il quale è accertato in un momento successivo all’aggiudicazione, non fa venire meno l'acquisto/assegnazione, salvo che ne sia dimostrata la collusione del terzo col creditore procedente, ma resta in ogni caso fermo il diritto dell'esecutato di fare proprio il ricavato della vendita quale equivalente del valore del bene in quanto il creditore procedente ha dato corso ad un procedimento esecutivo in difetto di titolo idoneo, tale successivo accertamento dell’insussistenza del titolo si riflette sull’ingiustizia del pignoramento e conseguente vendita. d)DISTRIBUZIONE della SOMMA RICAVATA: La distribuzione della somma ricavata rappresenta la fase finale della procedura espropriativa (fase satisfattiva), il cui presupposto è che la fase liquidativa si sia conclusa apportando nelle casse dell'esecuzione la somma corrispondente al prezzo della vendita, o al conguaglio nell'aggiudicazione. Di converso la distribuzione non ha luogo né quando non sia stato realizzato alcun ricavato/non si è riusciti a liquidare il bene (es esito negativo dell'incanto con chiusura della procedura) né quando vi sia stata “assegnazione satisfattiva”. La somma ricavata, dunque, è composta da quanto proviene a titolo “di prezzo della cosa venduta o conguaglio della cosa assegnata; di rendita o provento delle cose pignorate (sarebbero i frutti civili e naturali dei beni pignorati); di multa e risarcimento del danno da parte dell’aggiudicatario”. La distribuzione della somma ricavata è disciplinata dall’art 510 e differisce a seconda che vi sia un solo creditore da soddisfare o vi siano anche creditori intervenienti. ~Ai sensi del 1ºco “in presenza di un solo creditore pignorante senza intervento di altri creditori, il giudice dell’esecuzione, sentito il debitore (la necessità di sentire il debitore è volta a consentire a quest'ultimo di sollevare contestazioni circa l'esistenza e l'ammontare del credito), dispone a favore del creditore pignorante il pagamento di quanto gli spetta per capitale, interessi e spese” [se il creditore abbia un solo credito, il pagamento si imputerà prima alle spese, poi agli interessi ed infine al capitale; se invece abbia più crediti l'imputazione avverrà secondo il disposto dell'art. 1193. Si specifica che per Capitale si intende il credito, gli interessi scaduti anteriormente al precetto o all'intervento, le spese legali antecedenti a tali atti; per Interessi si intendono quelli successivi al precetto ed all'intervento; le spese concernono solo quelle sostenute per il processo esecutivo]. ~Ai sensi del 2ºco “In presenza di più creditori, invece, la somma ricavata è dal giudice distribuita tra i creditori con riguardo alle cause legittime di prelazione e previo accantonamento delle somme che spetterebbero ai creditori intervenuti privi di titolo esecutivo i cui crediti non siano stati in tutto o in parte riconosciuti dal debitore. L'accantonamento delle somme (ai sensi del 3ºco) è disposto dal giudice dell'esecuzione, per il tempo ritenuto necessario affinché i predetti creditori possano munirsi di titolo esecutivo e, in ogni caso, per un periodo di tempo non superiore a 3 anni. Decorso il termine fissato, su istanza di una delle parti o anche d’ufficio, il giudice dispone la comparizione davanti a sé del debitore, del creditore procedente e dei creditori intervenuti, con l'eccezione di coloro che siano già stati integralmente soddisfatti, e in tale sede dà luogo alla distribuzione della somma accantonata tenuto conto anche dei creditori intervenuti che si siano nel frattempo muniti di titolo esecutivo. La comparizione delle parti per la distribuzione della somma accantonata è disposta anche prima che sia decorso il termine fissato se vi è istanza di uno dei predetti creditori e non ve ne siano altri che ancora debbano munirsi di titolo esecutivo”. Nel caso sia intervenuti più creditori la distribuzione deve esser effettuata redigendo un apposito “piano di riparto/distribuzione” il quale nel “Pignoramento Mobiliare” potrà essere formato in via amichevole dai creditori cd “distribuzione amichevole” (i creditori possono accordarsi su un piano di riparto concordato, un piano di riparto concordato) i quali lo presenteranno poi al giudice affinché lo renda esecutivo (il giudice si limita solo ad approvarlo), salva la contestazione del debitore che apre una controversia distributiva [nb l’accordo dei creditori senza opposizione del debitore si impone al giudice nonostante l’art 542 preveda la possibilità di una mancata approvazione dell’accordo da parte del giudice]. Di converso in mancanza di accordo sarà lo stesso giudice, su istanza di parte, a dover redigere il piano di riparto cd “distribuzione giudiziale” con riguardo dapprima ai diritti di prelazione e poi al criterio di proporzionalità: in particolare in mancanza di accordo spetta a ciascun creditore la facoltà di domandare al giudice di provvedere sul riparto e di sottoporlo poi alle parti (compreso il debitore) per l'approvazione [dunque è legittimato alla richiesta qualsiasi creditore intervenuto, ancorché privo di titolo esecutivo (la forza propulsiva del titolo si è consumata con la vendita) ed anche se contestato dal debitore (purché però abbia tempestivamente proposto l’azione necessaria per munirsi del titolo esecutivo)]. In caso positivo il piano sarà messo in esecuzione, mentre l'eventuale contestazione darà luogo ad una controversia distributiva. Nell' espropriazione immobiliare, invece, si prescinde da ogni istanza di parte ed il giudice procede d'ufficio [quindi il giudice redige il cd piano di riparto giudiziale il quale viene depositato in cancelleria, e vengono poi avvisate le parti della loro possibilità di prenderne visione fissando a tal fine un'apposita udienza: il piano è approvato in caso di mancata comparizione all'udienza o mancata opposizione, fatta sempre salva la possibilità di un accordo in tale sede; in caso invece di contestazioni che non è possibile comporre all'udienza, ci si trova di fronte ad una c.d. controversia distributiva da trattare decidere ai sensi dell'art512]. Il piano di Riparto redatto dovrà seguire il seguente ordine (o graduazione dei crediti): -vengono per primi in considerazione i crediti corrispondenti alle spese di giustizia, cioè ai costi della procedura esecutiva sostenuti per realizzare la somma da distribuire (c.d. prededuzione): si tratta degli esborsi effettuati per pignoramento, custodia, vendita ecc; -seguono i creditori muniti di prelazione, i quali vengono soddisfatti, a prescindere dal momento del loro intervento, secondo l’ordine dei rispettivi titoli di prelazione (il cui ordine tra tali privilegi è complesso - abbiamo privilegi speciali, generali, pegno e ipoteca - in ogni caso più crediti muniti dello stesso grado di prelazione concorrono tra loro proporzionalmente). L'impignorabilità è attinente all'individuazione dell'area di responsabilità patrimoniale del debitore in quanto rappresenta una mancanza del diritto di procedere ad esecuzione forzata sulla parte del patrimonio del debitore costituita dal bene non pignorabile. NB Le eventuali questioni relative alla pignorabilità vanno sollevate non con l'opposizione art617, relativa alla regolarità degli atti esecutivi, ma a mezzo di opposizione all'esecuzione art615co]. Segue l’ingiunzione (fase dell’ingiunzione) di cui all’art492 che l’ufficiale giudiziario rivolge al debitore di non sottrarre le cose scelte alla garanzia del credito. Delle sue operazioni l’ufficiale giudiziario redige processo verbale (art518) - la redazione del processo verbale è un elemento fondamentale dell’atto in quanto è dalla data della sua redazione che iniziano a decorrere gli effetti sostanziali e processuali del vincolo pignoratizio, pertanto la sua mancata redazione rende nullo il pignoramento - nel quale dà atto dell’ingiunzione di cui all’art492, descrive le cose pignorate e il loro stato (mediante rappresentazione fotografica o altro mezzo di ripresa audiovisiva) ne determina approssimativamente il valore di realizzo (facendosi assistere, quando occorre, da uno stimatore da lui scelto) e fa relazione delle disposizioni date per conservare le cose pignorate. Una volta redatto il verbale di pignoramento, ai fini di custodia, l’ufficiale giudiziario provvede a trasferire i beni dal luogo in cui si trovano e li colloca in un deposito giudiziario per impedirne la loro sottrazione, salvo che non autorizzi a lasciarli nell'immobile appartenente al debitore per favorirne la conservazione. Quanto alla nomina del custode è previsto che né può esser nominato custode il creditore senza il consenso del debitore né può essere nominato custode il debitore senza il consenso del creditore. [Relativamente al pignoramento di auto, moto, rimorchi è prevista dall’art521bis una peculiare forma di pignoramento di tali beni la quale prevede che l’atto di pignoramento da notificare al debitore contenga i requisiti per poter essere iscritto al PRA + l’intimazione a consegnare libretto di circolazione e certificato di proprietà all’istituto vendite giudiziarie entro 10 giorni. Eseguita la notificazione del pignoramento al debitore, ed indipendentemente dalla sua successiva trascrizione (dell’atto di pignoramento) - cui deve provvedere il creditore dopo che l’ufficiale giudiziario gli abbia consegnato l'atto di pignoramento - il debitore viene nominato custode del bene. A tal punto l’IVG comunica al creditore l’avvenuta consegna dei titoli e documenti del bene ed entro 30 giorni da tale comunicazione il creditore, a pena di estinzione del processo esecutivo ha l’onere di depositare nella cancelleria del tribunale competente per l'esecuzione la nota di iscrizione a ruolo, con copie conformi del titolo esecutivo, del precetto, del verbale di pignoramento e della relativa nota di trascrizione]. Compiute le operazioni, l’ufficiale giudiziario consegna senza ritardo al creditore il processo verbale, il titolo esecutivo ed il precetto, a tal punto il creditore dovrà a sua volta, entro 15 giorni da tale consegna ed a pena di estinzione del processo esecutivo, depositare nella cancelleria del tribunale competente per l'esecuzione la nota di iscrizione a ruolo, con copie conformi del titolo esecutivo, precetto e verbale di pignoramento (cioè la copia conforme degli atti ricevuti dall'ufficiale giudiziario). Al momento del deposito il cancelliere forma il fascicolo dell'esecuzione, a seguito della presentazione del quale viene nominato il giudice dell'esecuzione. [Tale compimento delle operazioni - le quali hanno inizio con l’accesso - può però non coincidere con la definitiva chiusura del processo per svariati motivi quali “la possibilità che l’attività dell’ufficiale giudiziario si proroghi e svolga in momenti successivi (si pensi alle ipotesi descritte dagli art 492 e 492bis); la possibile restrizione dell’area del pignoramento in virtù dell’eccessività del vincolo pignoratizio rispetto all’importo del credito la quale può avvenire mediante riduzione del pignoramento, cessazione della vendita forzata o consegna al debitore del residuo della distribuzione ai creditori; o ancora la possibile integrazione del pignoramento ordinato dal giudice quando (su richiesta del creditore prima dell’istanza di vendita) ritenga che l’effettivo valore di realizzo dei beni pignorati sia inferiore al “presumibile valore di realizzo” indicato dall’ufficiale giudiziario in sede di pignoramento oppure quando il ricavato dalla vendita risulta insufficiente]. Il “Pignoramento presso terzi” rappresenta invece una particolare forma di pignoramento la quale si caratterizza per essere più articolata rispetto al pignoramento mobiliare presso il debitore (o diretto) in quanto va a coinvolgere nella procedura esecutiva anche un terzo che non è debitore del procedente, essa ha ad oggetto crediti che il debitore vanta verso terzi (cd debitor debitoris) o cose mobili appartenenti al debitore ma nella immediata disponibilità/possesso materiale di terzi possessori. In tal caso, ai sensi dell’art 543, a seguito della preventiva notificazione di titolo esecutivo e precetto al (solo) debitore, il pignoramento di tali crediti o beni ha inizio con la notifica dell’atto di pignoramento tanto al debitore quanto al terzo a norma degli art137ss (1ºco). L'atto consiste nell'ingiunzione al debitore di "astenersi da qualunque atto diretto a sottrarre alla garanzia del credito" il bene (art. 492), e deve contenere: -l'indicazione del credito per il quale si procede, del titolo esecutivo e del precetto. -l’indicazione, "almeno generica", delle cose o somme dovute nonché “l’intimazione al terzo di non disporne senza ordine del giudice". Dal giorno in cui gli è notificato il pignoramento il terzo diventa custode delle somme e cose da lui dovute e nei limiti del credito precettato aumentato della metà (art546). Nonostante in linea di principio è il creditore procedente ad aver l'onere di individuare i beni del debitore collocati presso i terzi, abbiamo tuttavia già visto che l’art492 co5 consente che tale individuazione avvenga nel corso del pignoramento mobiliare presso il debitore, nel corso del quale, se il debitore ha indicato crediti o cose mobili che sono in possesso di terzi, il pignoramento si considera perfezionato nei confronti del debitore esecutato dal momento della dichiarazione e questi è costituito custode della somma o della cosa quando il terzo, prima che gli sia notificato l'atto di cui all'art. 543, effettua il pagamento o restituisce il bene. Abbiamo inoltre visto anche come sia possibile che l'u.g. sottoponga a pignoramento mobiliare diretto le cose del debitore che il terzo possessore consente di esibirgli (art513co4). [-la dichiarazione di residenza o l'elezione di domicilio nel comune in cui ha sede il tribunale competente nonché l'indicazione dell'indirizzo Pec del creditore procedente]. -la citazione del debitore a comparire davanti al giudice competente, con l'invito al terzo a comunicare la dichiarazione di cui all’art 547 - nella quale egli specifica di quali somme di denaro sia debitore oppure di quali cose si trovi in possesso e quando ne deve eseguire il pagamento o consegna - al creditore procedente entro 10 giorni a mezzo raccomandata ovvero a mezzo di Pec con l'avvertimento al terzo che in caso di mancata comunicazione della dichiarazione, la stessa dovrà essere resa dal terzo comparendo in un'apposita udienza e che qualora il terzo non compaia o, sebbene comparso, non rende la dichiarazione, il credito pignorato o il possesso di cose di appartenenza del debitore, nell'ammontare o nei termini indicati dal creditore, si considereranno non contestati ai fini del procedimento in corso e dell'esecuzione fondata sul provvedimento di assegnazione” (2ºco): dunque, quando all'udienza il creditore dichiara di non aver ricevuto la dichiarazione, il giudice, con ordinanza da notificarsi al terzo almeno 10 giorni prima, fissa un'udienza successiva. A tal punto se egli non compare alla nuova udienza o, comparendo, rifiuta di fare la dichiarazione, il credito pignorato o il possesso del bene di appartenenza del debitore, nei termini indicati dal creditore, si considera non contestato ai fini del pignoramento in corso e dell'esecuzione fondata sul provvedimento di assegnazione e il giudice provvede a norma degli artt. 552 o 553. L'esito del procedimento è perciò condizionato dal comportamento del terzo nel rendere la dichiarazione (con lettera raccomandata o Pec ed eventualmente in udienza), se infatti il terzo non rende la dichiarazione e non compare alla nuova udienza, il credito pignorato o il possesso del bene di appartenenza del debitore, nei termini indicati dal creditore, si considera parimenti non contestato. NB Tale dichiarazione è finalizzata all’accertamento del rapporto tra debitore esecutato e terzo (cioè l’accertamento del diritto di proprietà o di credito del debitore verso il terzo) e rappresenta la condizione necessaria affinché il pignoramento produca effetti in virtù del fatto che nel pignoramento presso terzi la qualità del terzo quale possessore di cose dell'esecutato o di suo debitore risulta da una mera affermazione del creditore o dell'esecutato stesso (si pensi al co4art492), ma la verità potrebbe essere diversa, ed è per questo che diventa necessario l’accertamento del rapporto ossia accertare se il terzo sia veramente il debitore del debitore esecutato - si tratta di un accertamento effettuato dal giudice dell’esecuzione ai soli fini del perfezionamento del pignoramento e che pertanto non ha efficacia di giudizio di merito [è infatti precluso all’ufficiale giudiziario la possibilità di aggredire direttamente il terzo penetrando nella sua sfera di appartenenza alla ricerca di cose del debitore così come è altresì precluso imporre al terzo di pagare direttamente al pignorante senza che sia stato prima effettuato tale accertamento] - a tal fine se il terzo rende una dichiarazione positiva asserendo di esser obbligato a restituire o pagare (ma anche il suo silenzio al riguardo) il pignoramento si considera perfezionato (cd non contestazione dell’obbligo), si considera alla stregua non contestato l’obbligo quando non compare all’udienza di cui sopra e se comparendo rifiuta di fare la dichiarazione; se invece il terzo rende una dichiarazione negativa o comunque una dichiarazione contestata dal creditore o dal debitore (suo creditore del terzo) cd contestazione della dichiarazione del terzo oppure se a seguito della mancata dichiarazione del terzo non sia possibile l’esatta identificazione del credito o dei beni del debitore in possesso del terzo, verrà ad aprirsi una procedura di cognizione sommaria affidata allo stesso giudice dell'esecuzione il quale provvede ai necessari accertamenti in contraddittorio tra le parti e con il terzo [si tratta di una fase incidentale al procedimento esecutivo disciplinata dall’art 549 ai sensi del quale il giudice dell’esecuzione "compiuti i necessari accertamenti" provvede con ordinanza sulle questioni relative all'esistenza ed ammontare del credito, tale ordinanza produce effetti limitatamente al procedimento in corso e all’esecuzione fondata sul provvedimento di assegnazione" (non dando pertanto luogo ad un accertamento con efficacia di giudicato) ed è perciò impugnabile con l’opposizione agli atti esecutivi]. Eseguita l'ultima notificazione, l'u.g. consegna senza ritardo al creditore l'originale dell'atto di citazione. A sua volta il creditore, a pena di inefficacia del pignoramento e nel termine di 30 giorni (15 nell'espropriazione mobiliare sia in quella immobiliare) decorrenti dalla consegna da parte dell'u.g. dell'originale dell'atto di citazione, ha l'onere di depositare nella cancelleria del tribunale competente per l’esecuzione la nota di iscrizione a ruolo con copie conformi dell’atto di citazione, del titolo esecutivo e del precetto. Il cancelliere all’atto del deposito forma il fascicolo dell’esecuzione (4ºco). A tal punto relativamente al pignoramento di cose si prevede che se il terzo si dichiara o viene dichiarato possessore di cose mobili appartenenti al debitore, il giudice, sentite le parti, ne dispone con ordinanza l'assegnazione o la vendita a norma degli artt. 529 ss (troveranno cioè applicazione le disposizioni in tema di assegnazione e vendita dettate per l'esecuzione mobiliare presso il debitore); relativamente al pignoramento di crediti si prevede che se il terzo si dichiara o viene dichiarato debitore di somme di denaro nei confronti dell’esecutato si distingue se le somme siano esigibili subito o comunque in termine non superiore a 90 (in tal caso il giudice le assegna in pagamento, salvo esazione ai creditori concorrenti) oppure se esigibili in termine maggiore di 90 giorni (in tal caso l’assegnazione in pagamento si avrà solo previo assenso del creditore procedente e di tutti e di tutti i creditori intervenuti, in mancanza di assenso il credito verrà venduto come se fosse una cosa mobile con conseguente distribuzione ai creditori concorrenti del prezzo versato dall’acquirente. Il Giudice competente per l’esecuzione presso terzi è il giudice del luogo in cui il debitore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede [in precedenza per l'espropriazione forzata di crediti era competente il giudice del luogo dove risiedeva il terzo debitore; con tale modifica si è voluto concentrare in un unico foro la pluralità di procedimenti espropriativi resi necessari dalla presenza di più terzi debitori di un unico debitore di modo che il creditore possa predisporre un unico pignoramento con contestuale citazione del debitore e dei terzi in un'unica procedura esecutiva]. Pignoramento di beni indivisi: quando il bene da pignorare non appartenga in via esclusiva al debitore ma si trovi in regime di contitolarità tra il debitore ed altri soggetti contitolari che non sono obbligati, è previsto che il creditore, non potendo agire anche nei confronti di tali contitolare, debba procedere nei confronti del singolo debitore mediante la forma dell’espropriazione di beni indivisi” la quale è resa necessaria dal fatto che non sussiste un titolo esecutivo nei confronti di tutti i contitolari del diritto (qualora vi fosse stato un titolo esecutivo che li contemplasse tutti, l'esecuzione si sarebbe invece svolta unicamente contro più esecutati): a tal fine si adotta una procedura la quale si caratterizza per andar a pignorare la sola quota del debitore ma senza che da ciò gli altri contitolari vadano ad assumere la qualità di soggetti esecutati pur restando inevitabilmente coinvolti nel pignoramento in quanto ne va a risentire il bene nel suo complesso. A tal fine è disposto che “del pignoramento venga notificato avviso a cura del creditore pignorante anche agli altri comproprietari, ai quali è fatto divieto di lasciar separare dal debitore la sua parte delle cose comuni senza ordine del giudice”. La copia dell'avviso viene depositata nella cancelleria del giudice dell'esecuzione il quale fissa, con decreto, la data dell'udienza di comparizione dei soggetti interessati, assegnando termine per notificare ricorso e decreto ai contitolari e agli altri interessati. All'omissione dell'avviso consegue l'improseguibilità dell'esecuzione: il valore giuridico dell'avviso è quello di un atto successivo al perfezionamento del pignoramento ossia quello di una modalità accessoria rispetto a una fattispecie già compiuta in quanto tale procedura deve svolgersi evitando che i comproprietari si mettano d’accordo col debitore per effettuare una divisione del bene a scapito della posizione del creditore. Il giudice dell’esecuzione, su istanza del creditore pignorante o dei comproprietari e sentiti tutti gli interessati provvede, quando è possibile, alla “Separazione della quota” in natura spettante al debitore (essa presuppone la possibilità di scorporo materiale); qualora la separazione in natura non sia chiesta o non sia possibile, il giudice dispone che si proceda alla “Vendita della quota indivisa” ad un prezzo pari o superiore al valore della stessa, se la ritiene probabile; se non è chiesta o non è possibile la separazione in natura né risulta probabile la vendita della quota, il giudice dispone che si proceda alla Divisione a norma del codice civile (cioè lo scioglimento definitivo della comunione) , se si procedere alla divisione, l'esecuzione è sospesa finché sulla divisione stessa non sia intervenuto un accordo fra le parti o pronunciata una sentenza avente i requisiti di cui all'art. 627 c.p.c. Una volta eseguita la divisione, possono avere luogo la vendita o l'assegnazione dei beni secondo le regole generali dell'espropriazione. 2)Esecuzione in forma specifica, essa si articola a sua volta in “esecuzione forzata per consegna (di mobili) o rilascio (di immobili)” cd obblighi di dare ed in “esecuzione forzata di obblighi di fare o non fare”. Quanto alle differenze che intercorrono tra l’esecuzione in forma generica e quella in forma specifica si può notare che: mentre nell’esecuzione forzata in forma generica/espropriazione - alla quale si ricorre per ottenere il pagamento di una somma di denaro - il titolo esecutivo ha un rapporto solo indiretto con l'esecuzione forzata (e lo stesso vale per il precetto il quale ne attualizza il contenuto) in quanto si limita solo a rappresentare l'obbligazione di pagare per poi esplicarsi nella più complessa attività/procedura dell’espropriazione la quale (si caratterizza per non corrispondere al preciso diritto/prestazione contenuto nel titolo esecutivo in quanto) giunge al risultato mediante modalità indirette di aggressione e liquidazione del patrimonio del debitore inadempiente all’obbligazione di somma di denaro; diversamente, nell'esecuzione in forma specifica - alla quale si ricorre per ottenere l'adempimento di una prestazione esattamente corrispondente a quella che l'obbligato avrebbe dovuto eseguire spontaneamente - il titolo esecutivo ha un rapporto diretto con l’esecuzione forzata in quanto l'attività esecutiva ha ad oggetto quel preciso diritto/prestazione contemplato/individuato dal titolo esecutivo (attività esecutiva e titolo esecutivo corrispondono/ oggetto dell’esecuzione ed oggetto del diritto contenuto nel titolo corrispondono), ha cioè ad oggetto quella precisa attività imposta al debitore la quale non essendo posta in essere dal debitore viene realizzata mediante l’agire dell’organo giurisdizionale (il titolo contiene il programma della sua esecuzione ad es l'attuazione del rilascio dell'immobile corrisponde all'obbligo di rilascio già determinato oggettivamente e soggettivamente nel titolo esecutivo), inoltre trattandosi di una esecuzione specifica strettamente personale essa è ristretta al solo rapporto tra avente diritto ed obbligato, con esclusione di altri soggetti il cui intervento è inconcepibile in tale tipo di esecuzione (che, invece, possono intervenire nell'espropriazione). Inoltre nell’espropriazione i diritti coinvolti sono 2 ossia il diritto di credito per il quale si procede ed il diritto del debitore sui beni pignorati e destinati alla vendita oppure i diritti di terzi; nell’esecuzione in forma specifica il attraverso la quale designa anche l’ufficiale giudiziario che deve procedere all'esecuzione e le persone che debbono provvedere al compimento dell'opera non eseguita o alla distruzione di quella compiuta (art612). Inoltre è previsto che l’ufficiale giudiziario, in caso di difficoltà nell’esecuzione, oltre che farsi assistere dalla forza pubblica possa chiedere al giudice dell’esecuzione le opportune disposizioni per eliminare le difficoltà che sorgono nel corso dell'esecuzione cui il giudice provvede con decreto (art613). Quanto alle spese del procedimento è previsto che, al termine dell'esecuzione o nel corso di essa, la parte istante previa presentazione al giudice dell'esecuzione della nota delle spese anticipate vistata dall'u.g, ne domandi condanna al rimborso per decreto ingiuntivo e qualora il giudice dell'esecuzione dovesse riconoscere tali spese come giustificate pronuncerà un decreto di ingiunzione provvisoriamente esecutivo. Le OPPOSIZIONI ESECUTIVE: costituiscono dei procedimenti di cognizione interni alla stessa esecuzione (ma distinti da essa) e si distinguono in 3 tipi: 1)Opposizione all’esecuzione (art615) essa è volta a contestare il diritto della parte istante a procedere ad esecuzione forzata” e si esprime non attraverso un incidente interno al processo esecutivo bensì attraverso un apposito processo di cognizione interno al processo esecutivo e nel quale il debitore opponente assume la parte dell’attore e simmetricamente il creditore istante assume la parte del convenuto. Quanto alla legittimazione attiva, possono proporre opposizione all’esecuzione oltre al debitore anche il “creditore del debitore esecutato” (il quale agisce in via surrogatoria in caso di inerzia del primo); il terzo esecutato/assoggettato all’esecuzione nell’esecuzione contro il terzo proprietario [diversa è invece la posizione del terzo nel pignoramento presso terzi ("il processo esecutivo promosso sulla base di pignoramento presso terzi non si svolge nei confronti del terzo e, quindi quest'ultimo non è coinvolto dalla situazione determinata dal precedente giudizio di esecuzione, che è condotto a carico di soggetti diversi da lui. Discende da ciò che gli unici soggetti legittimati a proporre opposizione all'esecuzione sono il debitore esecutato e il creditore, e che il terzo, non essendo legittimato a proporre opposizione all'esecuzione, non è litisconsorte necessario nel relativo giudizio")]. Quanto alla legittimazione passiva essa spetta ovviamente al creditore procedente, ma si ritiene che, nell'espropriazione, la domanda debba essere estesa anche ai creditori intervenuti muniti di titolo esecutivo dal momento che l'accoglimento della domanda nei soli confronti del procedente lascerebbe intatta l'esecuzione (la sentenza che accogliesse l'opposizione nei soli confronti del creditore procedente non bloccherebbe infatti l'esecuzione che resterebbe in piedi grazie all'iniziativa degli altri creditori titolati). Non si richiede invece la presenza degli interventori privi di titolo, che non hanno poteri di impulso ma solo un diritto ad essere considerati in sede di riparto. La contestazione del diritto della parte istante a procedere ad esecuzione può esser dovuta ai seguenti motivi: -mancanza del titolo esecutivo, il quale può mancare perché esso non c’è mai stato in quanto non possiede i caratteri del titolo esecutivo (es la sentenza è una condanna generica, prospettandosi cosi l'inidoneità della sentenza a fungere da titolo esecutivo per assenza di contenuto condannatorio) oppure perché il titolo, valido all'origine, è in seguito venuto meno (es. la sentenza di condanna di 1° grado, che aveva validamente giustificato l'esecuzione, è stata successivamente riformata in appello. In tal caso si avrà una declaratoria di illegittimità dell'esecuzione forzata con effetto ex tunc, ciò in quanto non basta che il titolo sia presente all'inizio, essendo necessaria la sua permanenza per tutto il corso dell'esecuzione). -presenza di un titolo esecutivo formalmente valido ma mancanza del diritto sostanziale rappresentato dal titolo, e questo può accadere perché il diritto non c'è mai stato ovvero perché il diritto si è in seguito estinto o modificato. In tal caso bisogna però distinguere a seconda che l'esecuzione sia iniziata in forza di titoli esecutivi giudiziali o stragiudiziali, ciò in virtù della regola generale dell'onere dell'impugnazione che opera solo per i titoli esecutivi giudiziali e non anche per quelli stragiudiziali e pertanto quando il titolo esecutivo è un “titolo Giudiziale” è previsto che l’opposizione è preclusa sia quando la sentenza titolo esecutivo sia passata in giudicato (cioè quando l’opposizione abbia ad oggetto allegazioni relative all’inesistenza del fatto costitutivo del diritto sottostante al titolo oppure l’esistenza o il sopravvenire di fatti estintivi, impeditivi e modificativi che si sarebbero dovute far valere prima del passaggio in giudicato della sentenza titolo esecutivo, cioè nel processo di formazione del titolo, ma che non essendo state proposte entro i termini previsti e pertanto essendo passata in giudicato la sentenza non potranno più esser fatte valere essendo decaduti dal potere di farle valere e ciò in quanto sappiamo che il giudicato copre il dedotto ed il deducibile e sana i vizi processuali es questioni di merito, ma questo vale ovviamente per i soli fatti anteriori alla formazione del giudicato e non già per quelli successivi ad esso) sia quando la sentenza non sia ancora passata in giudicato e l’opposizione abbia ad oggetto allegazioni (ancora) proponibili ma soltanto coi mezzi e modi del processo di cognizione (es contestazioni alla sentenza che accoglie la domanda dell’attore le quali debbono esser contestate mediante appello); quando è invece un titolo stragiudiziale l’opposizione è ammessa in quanto qui non operano né l’onere dell’impugnazione né la cosa giudicata. -difetto di legittimazione attiva o passiva dei soggetti dell’esecuzione. L’opposizione all’esecuzione, a seconda che essa avvenga dopo la notificazione ma prima dell’inizio dell’esecuzione oppure dopo dell’inizio dell’esecuzione, si distingue in opposizione al precetto e opposizione successiva all’inizio dell’esecuzione [nb atto iniziale dell’espropriazione è il pignoramento; l’atto iniziale dell’esecuzione in forma specifica per consegna è l’accesso dell’ufficiale giudiziario mentre quelle per rilascio è il preavviso di rilascio; nelle esecuzioni per obblighi di fare è il momento nel quale è stato pronunciato il provvedimento che, su ricorso del creditore, fissa l’udienza per determinare le modalità dell’esecuzione]. La parte che contesta il diritto di procedere ad esecuzione forzata prima dell’inizio dell’esecuzione deve proporre opposizione al precetto con citazione davanti al giudice competente per materia, valore o territorio (in quanto qui manca ancora un giudice dell’esecuzione e pertanto l’opponente attore lo dovrà individuare secondo i criteri previsti) e si svolgerà così un ordinario giudizio di cognizione. Quando invece l’esecuzione è già iniziata e si vuol contestare il diritto di procedere o la pignorabilità dei beni pignorati l’opposizione si propone con ricorso al (già designato) giudice dell’esecuzione il quale fissa con decreto l’udienza di comparizione delle parti davanti a sé e il termine perentorio per la notificazione del ricorso e decreto. L’udienza di comparizione si svolge secondo il procedimento camerale, nel quale il giudice dell’esecuzione dovrà “provvedere sulle richieste urgenti assumendo i provvedimenti relativi all’eventuale richiesta di sospensione dell’esecuzione e valutare se competente sul merito della causa sia l’ufficio giudiziario al quale esso appartiene o un altro ufficio” e nel caso di competenza dello stesso ufficio esso fissa un termine perentorio per l’introduzione del giudizio di merito secondo le modalità previste in ragione della materia e del rito previa iscrizione a ruolo a cura della parte interessata. Diversamente, nel caso in cui sul giudizio di opposizione non sia competente il tribunale di appartenenza del giudice dell'esecuzione questi rimette la causa al tribunale competente assegnando un termine perentorio per la riassunzione della causa davanti al giudice competente. Si assiste così alla scissione tra fase introduttiva (udienza di comparizione, regolata secondo il rito camerale e volta a valutare l'opportunità di concedere la sospensione dell'esecuzione) e la fase di trattazione del merito successiva alla riassunzione (davanti al diverso giudice dichiarato competente) o alla prosecuzione (davanti allo stesso ufficio), fase in cui le parti potranno compiere tutte le loro attività senza risentire di preclusioni già avveratesi. Peraltro tale seconda fase si presenta come eventuale, ben potendo la parte interessata non rispettare il termine perentorio per la riassunzione del giudizio di fronte allo stesso giudice o per la riassunzione della causa davanti al giudice indicato come competente. In tal caso il giudizio di opposizione si estinguerà ma tale fatto si rifletterà in modo diverso sul processo esecutivo a seconda che questo sia sospeso o meno. La decisione sull’opposizione è resa con sentenza impugnabile. L’accoglimento dell'opposizione all'esecuzione corrisponde all'accertamento dell'insussistenza del diritto di procedere ad esecuzione. Naturalmente l’ambito del giudicato che copre tale accertamento dipende varia in relazione allo specifico motivo di opposizione che viene accolto [l’accoglimento di un’opposizione basata sull’estinzione del debito travolge definitivamente l’azione esecutiva ed il credito sottostante; l’accoglimento di un’opposizione basata sull’inidoneità del titolo esecutivo a giustificare l’esecuzione intrapresa non toccherà invece l’esistenza del credito che potrebbe ben sussistere indipendentemente dal titolo ed in tal caso al creditore toccherà procurarsi un titolo valido; l’accoglimento dell’opposizione concernente la pignorabilità del bene pignorato non coinvolge né il titolo né il credito sottostante poiché il suo oggetto è limitato ad una contestazione relativa all'ambito di responsabilità patrimoniale del debitore, ne segue che l'esecuzione potrebbe ripartire focalizzandosi su altri beni legittimamente pignorabili. Nell'espropriazione forzata l'opposizione è inammissibile se è proposta dopo che è stata disposta la vendita o l'assegnazione a norma degli art. 530, 552 e 569, salvo che sia fondata su fatti sopravvenuti ovvero l'opponente dimostri di non aver potuto proporla tempestivamente per causa a lui non imputabile. 2)opposizione agli atti esecutivi (Art 617) esso è volta a contestare gli aspetti formali/procedurali dell’esecuzione (e non già il diritto di procedere ad esecuzione forzata come nell’opposizione all’esecuzione) quali “la regolarità formale del titolo esecutivo, del precetto, della notificazione del titolo esecutivo e del precetto nonché la regolarità e la validità dei singoli atti dell'esecuzione (per vizi propri di essi o carenza dei loro presupposto di validità). [Nel processo di esecuzione è previsto tale strumento in virtù del fatto che azione del creditore e attività dell’ufficiale giudiziario si manifestano in comportamenti unilaterali ed altresì perché manca un pieno e continuo controllo della procedura da parte del giudice esecutivo a differenza di quanto invece avviene nel processo di cognizione nel quale il giudice ha il generale potere di controllare la ritualità del procedimento, correggendo o imponendo alle parti di sanare i vizi rilevanti, oltre al potere di pronunciare provvedimenti decisori sulle questioni di rito sollevate nel corso della procedura]. Quanto alla legittimazione attiva, possono proporre opposizione all’esecuzione il debitore esecutato, il terzo assoggettato all’esecuzione, i creditori e tutti coloro che sono parti del processo in quanto ciascuno di essi può avere interesse a denunciare la nullità di ciascun atto dell'esecuzione - per atti dell'esecuzione si intendono tutti gli atti interni ad essa, quale ne sia la provenienza (quindi possono essere opponibili sia gli atti del creditore procedente sia gli atti degli altri creditori muniti di titolo esecutivo e i provvedimenti del giudice) - nb anche qui si applica la regola dell'art157 secondo cui la nullità può essere fatta valere solo dalla parte nel cui interesse è posto l'atto, e non può essere opposta dalla parte che vi ha dato causa. Simmetricamente all'art615, l'art617 distingue l’opposizione agli atti proposta prima dell'inizio dell'esecuzione ed opposizione agli atti proposta nel corso dell'esecuzione ed a tal fine prevede che le questioni riguardanti la regolarità formale di titolo esecutivo e precetto sollevate anteriormente all'inizio dell'esecuzione si propongono davanti al tribunale competente per l'esecuzione del luogo in cui è stata dichiarata dalla parte istante nel precetto la residenza o eletto il domicilio, ovvero davanti al tribunale del luogo in cui il precetto è stato notificato se manca la dichiarazione o l'elezione, con atto di citazione da notificarsi nel termine perentorio di 20 giorni dalla notificazione del titolo esecuto o del precetto (1ºco); invece le stesse opposizioni concernenti la regolarità formale di titolo esecutivo e precetto che sia stato impossibile proporre prima dell’inizio dell’esecuzione nonché le opposizioni relative alla notificazione del titolo esecutivo e del precetto e ai singoli atti di esecuzione si propongono con ricorso al giudice dell’esecuzione nel termine perentorio di 20 giorni dal primo atto di esecuzione se l’opposizione concerne il titolo esecutivo o il precetto, oppure dal giorno in cui i singoli atti furono compiuti se l’opposizione concerne gli atti successivi (2ºco). Quanto ai termini, come si può vedere, mentre l'opposizione all'esecuzione non è assoggettata a propri termini di proposizione, l'opposizione agli atti deve essere proposta nel breve termine di 20 giorni scaduti i quali l’opposizione va dichiarata inammissibile ed il vizio dell’atto si considera sanato: nb tali 20 giorni nel concreto decorrono non dal compimento dell’atto viziato bensì dal momento in cui l’opponente abbia avuto la legale conoscenza dell’atto oppure di un atto successivo che necessariamente lo presupponga, in quest’ultimo caso bisogna tuttavia precisare che tale termine perentorio opera solo per le nullità formali e non anche per quelle extraformali (quali ad es la capacità della parte) nei cui confronti, allo spirare del termine perentorio, non conseguirà alcuna sanatoria della procedura in quanto gli atti della procedura restano parimenti condizionati dall’assenza del presupposto, ne segue che l'opposizione resterà proponibile anche in seguito fino all'atto conclusivo della esecuzione (peraltro, trattandosi di una contestazione legata alla procedura e non al diritto di procedere, le ragioni che la sorreggono non sopravvivono alla fine della procedura stessa, a differenza delle ragioni sostanziali che avrebbero potuto assurgere a causa petendi di un'opposizione all'esecuzione che tuttavia non sia stata proposta nel corso del procedimento esecutivo). Il procedimento di cui al 2ºco art617 si svolge ai sensi dell’art 618 con le stesse modalità dell'opposizione all'esecuzione e pertanto: dopo il deposito del ricorso in cancelleria, il giudice dell'esecuzione fissa con decreto l'udienza di comparizione davanti a sé ed il termine perentorio al ricorrente per la notifica di ricorso e decreto alle altre parti. Con lo stesso decreto nei casi urgenti il giudice può dare i provvedimenti opportuni, i quali possono avere contenuto più vario a seconda dell'atto impugnato. Si avrà (come nell'opposizione all'esecuzione) un'udienza di comparizione che si terrà nelle forme del rito camerale, e il giudice si limiterà a dare, con ordinanza, i provvedimenti che ritiene indilazionabili ovvero a sospendere la procedura ma fisserà in ogni caso un termine perentorio per l'introduzione del giudizio di merito, previa iscrizione a ruolo a cura della parte interessata, osservati i termini a comparire di cui all'art 163 bis, o altri se previsti, ridotti della metà, il quale si svolge con il rito ordinario. [Anche qui il procedimento di opposizione agli atti si articola in 2 fasi distinte, la prima diretta a permettere i provvedimenti indilazionabili e la seconda riservata alla trattazione del merito in senso proprio attraverso l’instaurazione del giudizio ordinario di cognizione sia se introdotto con citazione che con ricorso. Si noti che nell’opposizione agli atti proposta in corso di esecuzione la prima fase rappresenta un incidente del processo esecutivo, affidato al giudice dell'esecuzione e con funzione cautelare, mentre la seconda fase costituisce un vero ed autonomo processo di cognizione al quale il giudice dell'esecuzione resta estraneo: i giudizi di merito devono infatti essere trattati da un giudice istruttore che deve essere un magistrato diverso da quello che ha conosciuto degli atti avverso i quali è proposta opposizione, anche se appartenente sempre allo stesso tribunale competente per l’esecuzione (a differenza dell’opposizione all’esecuzione in cui il giudice del merito potrebbe esser il diverso tribunale eventualmente competente)]. La decisione sull’opposizione è resa con sentenza non impugnabile (sia se concerna profili di merito che di rito), ma ricorribile per cassazione ai sensi dell'art111co7, cioè con il ricorso straordinario, inoltre quando l’oggetto del provvedimento sia una questione di competenza è sempre ammesso il regolamento di competenza; non sono altresì impugnabili le sentenze pronunciate sulle opposizioni al titolo esecutivo ed al precetto dopo che sia iniziata l'esecuzione (cioè quelle di cui al 1ºco art617). La sentenza di rigetto accerta la regolarità dell'atto lasciando inalterata l'esecuzione; mentre la sentenza di accoglimento dichiara invece l'invalidità del singolo atto, invalidità che può sia restare isolata e non pregiudicare l'intera esecuzione se si tratta di un atto del quale non dipendono gli altri, ovvero travolgere l'intera esecuzione se la sua invalidazione pregiudica anche gli atti dipendenti. Poiché l’opposizione si coordina con la generale possibilità del giudice dell'esecuzione di revocare e modificare d'ufficio le proprie ordinanze (art487), e la conseguente facoltà delle parti di instare per la revoca o la modifica, ne segue che “quando l'ordinanza sia stata eseguita, non potendo essa più esser revocata o modificata dal giudice, la parte potrà solo proporre opposizione nel termine di legge; invece quando l'ordinanza non ha avuto ancora esecuzione, essa potrà sia essere oggetto di opposizione agli atti finché non -la sospensione discrezionale (cioè rimessa a valutazione di opportunità del g.e) nell’ipotesi dell’art512co2 (controversie sulla distribuzione del ricavato). Anche se in realtà la situazione di stasi che si verifica in questo caso non costituisce una vera sospensione del processo esecutivo in quanto non è il processo ad entrare in quiescenza in attesa dell'esito di un processo di cognizione distinto ed esterno, bensì è la sua fase distributiva a subire una sospensione mentre il processo continua con la trattazione. L'alternativa, quindi, non è tra sospensione e continuazione dell'esecuzione, ma tra distribuzione immediata secondo il piano di riparto e sospensione della distribuzione, cioè rinvio della distribuzione all'esito dello scioglimento delle questioni poste da taluno dei creditori. Analogamente non possono considerarsi sospensioni dell’esecuzione le sospensioni della procedura di vendita. -Sospensione correlata alle opposizioni esecutive”: Nell’opposizione all'esecuzione”, la decisione sulla sospensione spetta al giudice dell'esecuzione in caso di opposizione ad esecuzione già iniziata; di converso spetta al giudice dell'opposizione a precetto quando l'opposizione precede l'inizio all'esecuzione, in quanto in quest’ultimo caso non essendovi ancora alcun giudice dell'esecuzione la legge investe del giudizio sulla sospensione il giudice dell'opposizione e naturalmente in questo caso la sospensione riguarderà non già l’esecuzione (che non è iniziata) bensì l’efficacia esecutiva del titolo (nb giudice dell’opposizione a precetto può anche essere il giudice di pace nei casi in cui sia egli ad esser stato competente per materia o valore). Nell’opposizione di terzo all’esecuzione (art619) la decisione sulla sospensione spetta al giudice dell'esecuzione. Nell’opposizione agli atti esecutivi, la decisione sulla sospensione spetta al giudice dell'esecuzione in caso di opposizione ad esecuzione già iniziata il quale all'udienza fissata per la trattazione della causa di opposizione può sospendere con ordinanza la procedura esecutiva (oltre a dare i provvedimenti che ritiene indilazionabili); di converso nonostante nulla sia detto, invece, per il caso in cui il debitore faccia valere ragioni relative alla regolarità formale del titolo esecutivo o del precetto prima dell'inizio dell'esecuzione si ritiene tuttavia che il giudice competente investito dell'opposizione non abbia poteri sospensivi. [Nell'opposizione agli atti non vi è quindi un parallelismo assoluto con i poteri del giudice dell'opposizione all’esecuzione che, in caso di opposizione a precetto, è invece esplicitamente abilitato a sospendere il processo esecutivo. Emerge quindi un limite di tutela del debitore]. Quanto ai presupposti si prevede che mentre la sospensione all’esecuzione presuppone che vi sia l'istanza della parte interessata e che ricorrano "gravi motivi" (essa può anche essere subordinata alla prestazione di una cauzione), a tal fine il giudice dovrà procedere ad una valutazione congiunta tra la probabilità di accoglimento dell'opposizione (una sorta di fumus boni juris) e la sussistenza di gravi motivi che sottendono l’istanza (cioè il danno che ne deriverebbe) dovendo dunque operare un confronto tra il danno che il creditore riceverebbe dall'attesa connessa alla sospensione e il danno che il debitore subirebbe dalla prosecuzione dell'esecuzione (il danno del debitore per essere preso in considerazione non può limitarsi al solo pregiudizio da esecuzione ma deve consistere in qualcosa di più, talora la giurisprudenza ricorre al concetto di irreparabilità del danno); invece per la sospensione agli atti esecutivi oltre all’istanza di parte non è richiesta la presenza di gravi motivi e pertanto il criterio principale per la concessione del provvedimento resta allora il fumus dell'opposizione. Avverso l'ordinanza che provvede sull'istanza di sospensione correlata all’opposizione (all'esecuzione, di terzo e agli atti esecutivi) è ammesso “reclamo” di cui all’art 669terdecies (tale sottoposizione a reclamo discende dalla natura cautelare dei provvedimenti di sospensione del processo esecutivo): Se l’ordinanza che dispone la sospensione in accoglimento dell’istanza viene reclamata, ed il reclamo ha esito positivo ne consegue la revoca della sospensione ed il processo esecutivo riprende il suo corso. Se, invece, l'ordinanza che dispone la sospensione in accoglimento dell'istanza non viene reclamata nel termine previsto, ovvero il reclamo ha esito negativo in quanto la sospensione viene confermata in sede di reclamo, ovvero se la sospensione è direttamente pronunciata dal giudice del reclamo, il processo esecutivo resta sospeso. Occorre rammentare che, in virtù della struttura bifasica delle opposizioni, il giudice investito della fase preliminare assegna sempre un termine perentorio per la proposizione della seconda fase di fronte allo stesso tribunale ovvero con riassunzione di fronte al giudice competente: ed è a tal fine il creditore procedente che, ad esecuzione sospesa, risulta essere il vero onerato della prosecuzione dell’esecuzione dovendo proporre la fase predisposta alla trattazione ordinaria del processo di opposizione già instaurato dal debitore a pena di estinzione. Nel caso in cui l’opposizione venga poi rigettata si prevede che il processo esecutivo sospeso debba esser riassunto perentoriamente a pena di estinzione del processo entro 6 mesi dal passaggio in giudicato della sentenza di primo grado o dalla comunicazione della sentenza d’appello che rigetta l’opposizione con ricorso al giudice dell’esecuzione. Ne segue pertanto che, se, in costanza di sospensione, tale seconda fase (c.d. di merito) non venga tempestivamente introdotta, "il giudice dell'esecuzione dichiara, anche d'ufficio, con ordinanza (a sua volta reclamabile, ma non con reclamo art669terdecies ma con reclamo art630co3 in quanto sul reclamo contro i provvedimenti sull’estinzione il collegio provvede con sentenza), l'estinzione del processo e ordina la cancellazione della trascrizione del pignoramento, provvedendo anche sulle spese". È prevista anche la possibilità che la sospensione sia chiesta su istanza di tutte le parti/creditori muniti di titolo esecutivo, in tal caso il giudice dell'esecuzione, su istanza di tutti i creditori muniti di titolo esecutivo e sentito il debitore (seppur sia irrilevante la sua accettazione) può sospendere il processo fino a 24 mesi per una sola volta con ordinanza la quale è revocabile in qualsiasi momento, anche su richiesta di un solo creditore (munito, beninteso, di titolo esecutivo) e sentito comunque il debitore. Entro dieci giorni dalla scadenza del termine di sospensione la parte interessata dovrà presentare istanza per la fissazione dell'udienza in cui il processo deve proseguire, la mancata riassunzione nel termine perentorio stabilito da GE produce l'estinzione dell'esecuzione. (Tale meccanismo della sospensione concordata è applicabile a tutti i tipi di esecuzione). ESTINZIONE del Processo Esecutivo: Conclusione/estinzione naturale del processo di esecuzione è la soddisfazione del creditore (dei creditori) che consegue alla distribuzione del ricavato della vendita del compendio pignorato, o all'assegnazione ovvero, nelle esecuzioni in forma specifica, nell'effettiva consegna o rilascio o pieno compimento dell'attività posta a carico del debitore. Alla stregua del processo di cognizione, anche quello di esecuzione può però estinguersi, cioè chiudersi prima della sua naturale conclusione. L’estinzione del processo esecutivo può avvenire per rinuncia agli atti del processo e per inattività delle parti: •Estinzione per rinuncia agli atti, “il processo si estingue se, prima dell'aggiudicazione o dell'assegnazione, il creditore pignorante e quelli intervenuti muniti di titolo esecutivo rinunciano agli atti” [rileva dunque la differente posizione dei creditori intervenuti muniti di titolo esecutivo (che esercitano azione esecutiva e dunque non solo hanno poteri propulsivi ma hanno il diritto di interloquire sulle scelte del creditore procedente) rispetto ai creditori non titolati i quali godono solo del diritto alla distribuzione del ricavato e non avendo ruolo propulsivo rispetto alla procedura non possono quindi opporsi alle scelte del procedente]. Dopo la vendita, invece, il processo si estingue se rinunciano agli atti tutti i creditori concorrenti, cioè anche quelli privi di titolo esecutivo. Dunque, la rinuncia che non è effettuata o accettata da tutti i creditori non determina l'estinzione del processo ma produce effetto nei soli confronti di colui o di coloro da cui proviene i quali usciranno dalla procedura esecutiva la quale proseguirà invece per il creditore che non ha aderito alla rinuncia.La rinuncia deve essere espressa e deve assumere la forma di atto sottoscritto dal creditore (o creditori) e notificato alle altre parti, ovvero di dichiarazione effettuata in udienza, redatta dalla parte personalmente o da procuratore speciale. Non si richiede che il debitore debba accettare la rinuncia dei creditori poiché la sua volontà viene considerata irrilevante ai fini dell’estinzione: espressione di ciò è il fatto che l'estinzione del processo viene dichiarata dal giudice sulla semplice verifica della regolarità della rinuncia, senza necessità di aprire il contraddittorio sul punto con il debitore esecutato.La rinuncia agli atti del processo esecutivo non estingue l'azione esecutiva in quanto essa ha ad oggetto solo la procedura sicché non tocca il titolo esecutivo, la cui sopravvivenza potrà permettere al creditore di promuovere un nuovo procedimento di esecuzione forzata. È ben possibile però che, nel caso concreto, il creditore non si sia limitato a rinunciare all'esecuzione in corso, ma abbia anche rinunciato a perseguire il proprio diritto in via esecutiva (così effettuando una rinuncia che coinvolge il titolo esecutivo), o abbia addirittura rinunciato allo stesso diritto contemplato dal titolo: sarà quindi un problema di interpretazione determinare la portata effettiva della rinuncia. Invece nell’esecuzione in forma specifica per consegna o rilascio “il processo si estingue se la parte istante, prima della consegna o rilascio, rinuncia con atto da notificarsi alla parte esecutata e da consegnarsi all’ufficiale giudiziario procedente. •Estinzione per inattività delle parti, “il processo esecutivo si estingue quando le parti (in particolare creditore procedente e creditori intervenuti titolati) non lo perseguano o non lo riassumano nel termine perentorio stabilito dalla legge o dal giudice.Sono infatti previste attività al cui difetto segue l'estinzione della procedura, si pensi alla “mancata comparizione all’udienza delle parti” in virtù della quale è previsto che quando nessuna delle parti (si intende i creditori) si presenta all’udienza (fatta eccezione per quella in cui ha luogo la vendita la quale potrà tenersi anche in assenza di tutti i creditori titolati) il giudice esecutivo fissa una nuova udienza che il cancelliere comunica alle parti e se le parti non si presentino neppure in tale udienza il giudice dichiara con ordinanza l'estinzione del processo esecutivo. L’assenza delle parti in udienza determina l’estinzione solo nei casi in cui in essa debbano compiersi necessari atti di impulso per la prosecuzione del processo in quanto altrimenti non vi è estinzione (di qui l’irrilevanza della mancata comparizione delle parti all'udienza destinata all'approvazione del progetto di distribuzione della somma ricavata dove l'assenza delle parti viene intesa quale implicita approvazione del progetto di distribuzione o del riparto) [NB tra le parti che debbono comparire non è ricompreso il debitore dal momento che non gli si riconosce alcun potere di iniziativa in caso di assenza dei creditori]; o ancora si pensi alla già menzionata estinzione del processo che consegue alla mancata introduzione della seconda fase cd di merito nell’ipotesi di sospensione del processo esecutivo in ragione di opposizione all’esecuzione. (Infine seppur non siano previsti quali ipotesi di estinzione si ritiene siano ad esse assimilabili in quanto impediscono la prosecuzione del processo “il venir meno del titolo esecutivo, il perimento dei beni pignorati, l’accoglimento dell’opposizione all’esecuzione). L’estinzione, come per il processo di cognizione, opera di diritto ed è dichiarata, anche d'ufficio, con ordinanza del giudice dell'esecuzione, non oltre la prima udienza successiva al verificarsi della stessa (limite temporale di rilevabilità), la quale è comunicata a cura del cancelliere, se è pronunciata fuori dall’udienza. Con l’ordinanza che pronuncia l’estinzione il giudice dell’esecuzione provvede alla liquidazione delle spese sostenute dalle parti se richiesto, altrimenti stabilisce che le spese del processo esecutivo restino in capo alle parti che le hanno anticipate. Operatività di diritto significa che l'effetto estintivo non prende data dalla pronuncia, cioè dal momento della sua dichiarazione, bensì retroagisce al momento in cui si è prodotta la fattispecie estintiva oggetto di ricognizione da parte della pronuncia. Qui l’accertamento dell'estinzione è sottoposto ad un limite temporale di rilevabilità essendo previsto che essa non possa farsi valere oltre la prima udienza successiva al verificarsi della stessa, a differenza del processo di cognizione nel quale non sono previsti termini per la rilevabilità (anche d’ufficio) dell’avvenuta estinzione. Contro l'ordinanza che dichiara l'estinzione ovvero rigetta l'eccezione relativa, è ammesso reclamo (art630co3) da parte del debitore o creditore pignorante e creditori intervenuti titolati nel termine perentorio di 20 giorni dall’udienza o comunicazione dell’ordinanza, sul reclamo il collegio provvede con sentenza contro la quale è proponibile appello (a differenza del reclamo contro l’ordinanza che provvede sull’istanza di sospensione di cui all’art669terdecies il cui procedimento di reclamo porta ad un’ordinanza non impugnabile, neppure con ricorso straordinario in cassazione). All’esperibilità di tale reclamo è posta la condizione che “l’ordinanza reclamata debba aver avuto ad oggetto e deciso una questione di estinzione limitatamente a casi di inattività o rinuncia” restandone pertanto escluse le altre fattispecie di chiusura anticipata del processo esecutivo. L’effetto prodotto dall’ordinanza di estinzione è la liberazione del compendio pignorato dal vincolo del pignoramento col conseguente rientro dei beni nella disponibilità del debitore; in caso di esecuzione immobiliare, l'ordinanza dispone la cancellazione della trascrizione del pignoramento. L’estinzione verificatasi prima dell'aggiudicazione o dell'assegnazione rende inefficaci gli atti compiuti; l’estinzione verificatasi dopo l’aggiudicazione o l'assegnazione implica che la somma ricavata sia consegnata al debitore (ciò presuppone che gli effetti di tali atti nei confronti dei terzi aggiudicatari restino comunque validi ed efficaci, anche nel caso di aggiudicazione provvisoria cioè in assenza del successivo decreto che determina il trasferimento del bene).
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