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Riassunti Ritrovare la strada, Sintesi del corso di Pedagogia

Riassunti libro + slides del libro "Ritrovare la strada"

Tipologia: Sintesi del corso

2022/2023

Caricato il 06/02/2024

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coco22-1 🇮🇹

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Scarica Riassunti Ritrovare la strada e più Sintesi del corso in PDF di Pedagogia solo su Docsity! RITROVARE LA STRADA CAPITOLO 1, Lavorare per strada con i gruppi informali LA STRADA può essere concepita come: - luogo fisico - contesto simbolicamente e fisicamente poco protetto - ambiente da esplorare - spazio in cui rifugiarsi, perdersi, annoiarsi - luogo in cui si incrociano storie e destini, - luogo in cui ci si incontra/scontra - luogo in cui si sperimenta il senso di appartenenza a un territorio e a una comunità - background ideale per accogliere lo slanciodell’età adolescenziale - TEMPO in cui vivere relazioni diverse da quelle della famiglia e della scuola (luogo abituale dove incontrarsi con gli amici). ADOLESCENZA e GRUPPO DEI PARI: • l’adolescente rivendica ed esercita il proprio bisogno di autonomia, indipendenza e libertà. • Adolescente protagonista dello scontro-incontro con i coetanei. “Maschera convenzionale che l’adolescente, con i suoi moti di ribellione, vorrebbe disvelare”: le relazioni sociali sono sempre “finzione”, durante le relazioni cerchiamo parole da dirci, azioni da compiere, espressioni da evitare. Siamo “veri” a contatto con i nostri pensieri più intimi o fra le mura domestiche. (M.Stramaglia) • la relazione amica permette all’adolescente di entrare in contatto con l’altro da sé (confidarsi, scontrarsi, sfogarsi). MODELLI DI LAVORO DI STRADA (Paroni): 1. Il gruppo dei pari: un microcosmo di significati pedagogici IL GRUPPO DEI PARI: “Il gruppo dei pari è la prima e più piccola formazione sociale volontaria che offra l’opportunità di confidarsi, sfogarsi e confrontarsi con qualcuno nei momenti di bisogno e di crisi’’(Gambini, 2002) - importante esperienza di aggregazione, gli adolescenti sperimentano scelte e comportamenti indipendentemente - aggregazione informale, fondata sulla coesione e intensità relazionale e comunicativa tra membri, condivisione di spazi e tempo fuori da schemi prestabiliti - filtro tra la vita dell’adolescente al di fuori del nucleo familiare e la società - aiuta ad acquisire autonomia nelle scelte - aiuta a uscire gradualmente dal nucleo familiare - adolescente impara a riconoscere i propri limiti, valorizza le proprie risorse, soddisfa bisogni psicologici (riconoscimento, sicurezza, attaccamento, potere) - può essere un’opportunità per risolvere problemi, superare difficoltà quotidiane, sconfiggere paure e insicurezze - le dinamiche di interazione sono momenti di negoziazione del proprio spazio di autonomia, assunzione responsabilità, sperimentazione nuove norme e valori, autoaffermazione - funzione di sostegno: l’adolescente può essere ciò che è senza sentirsi giudicato (ascolto, narrazione, solidarietà, condivisione), senza senso di autorevolezza e normatività - di solito sono omogenei (provenienza sociale, linguaggio, modalità interazione, stili di comportamento, rappresentazioni sociali). Gli amici vengono scelti in base alle somiglianze L’INTERVENTO EDUCATIVO non ha uno scopo terapeutico: - È libero da logiche di reciprocità tra prestazioni - Il perno attorno al quale ruota è la qualità della relazione “BASSA SOGLIA” e “ALTA PROFESSIONALITA’”: gli educatori devono avere una certa plasticità e invenzione, non devono andare oltre i confini della propria professionalità. - Capacità di destrutturare il repertorio di cognizioni e competenze che accompagnano la progettazione degli interventi - Inventare risposte transitorie, escogitare espedienti, improvvisare - Meticciamento dell’identità professionale - Trasgressione dei confini della propria specializzazione VARIABILITA’ COMPORTAMENTI E PERCEZIONE DEL RISCHIO: - Negli interventi di strada, i fattori da cui dipendono i comportamenti a rischio sono essenzialmente di tre tipi (Molinatto, 2002) : - Quello che so (aspetto cognitivo) - Quello che sento (bisogno, voce del mio corpo e stato della mia mente) - Quello che posso concretamente fare (ventaglio di opportunità reali) Il lavoro educativo in strada con gli adolescenti permette di costruire e gestire spazi di interazione che non hanno scopo terapeutico e quindi ci si può focalizzare sulla qualità della relazione. Per misurare la qualità della relazione si utilizza la “GENERATIVITA’ SOCIALE”: capacità dell’intervento di dare vita , organizzare, mantenere legami facilitando processi di cambiamento nei destinatari. Tutto questo attraverso un lavoro di équipe e un lavoro di rete, per poter creare un “AMBIENTE EDUCATIVO”. “YOUTH WORK”: - termine anglosassone (anni ‘50-’60), in un momento in cui in Inghilterra i giovani erano distaccati dalla società tradizionale. La preoccupazione era che i giovani stessero sfuggendo al controllo sociale. I Teddy Boys, negli stessi anni, vengono letteralmente travoltidalla rivoluzione del rock 'n roll proveniente dagli Stati Uniti, grazie alla sua declinazione più celebre:il rockabilly suonato da quattro giovani musicisti di Liverpool.I problemi non tardarono ad arrivare, poiché i Teddy Boys si riunirono in bande scontrandosi ferocemente fra loro. Negli anni ‘60 lo stato ricerca nuove metodologie di lavoro sociale per agganciare i giovani nei contesti di vita quotidiana: vengono sperimentati interventi di “detached youth work”. - Fino alle più recenti linee guida sulla "animazione socio-educativa" – la traduzione italiana di Youth Work più ampiamente accettata dalle politiche per la gioventù a livello nazionale – contenute prima nella Strategia Europea per la Gioventù (2019-2027) e, più recentemente, recepite dall’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile - Purtroppo, ad oggi, nel nostro Paese, l’ambito dell’animazione socio-educativa non è regolamentato, né formalmente definito. La regolazione del settore, così come per le PoliticheGiovanili in generale, è demandata al livello regionale e locale. Nonostante la figura dello Youth Worker non sia formalmente riconosciuta, il panorama italiano è caratterizzato da una lunga tradizione di interventi e buone pratiche sviluppate “dal basso’’ In particolare grazie al contributo degli enti locali, delleassociazioni no-profit e, più in generale, del terzo settore. - Linee guida della Comunità Europea: • attività socio-educativa include attività sociali, culturali, educative, sportive, politiche, svolte da/per/con i giovani in maniera non formale in contesti destrutturati • i giovani scelgono o meno di partecipare • le attività si svolgono in contesti in cui i giovani interagiscono tra loro • giovani e “youth workers” sono partner in comune processo di apprendimento - ANIMATORE SOCIOEDUCATIVO: • scandisce le fasi del lavoro sociale, • individua i bisogni, • primo contatto, • sviluppo-consolidamento della relazione, • collegamento ai servizi • ha una spinta creativa nell’agire, cerca soluzioni positive • deve abilitare l’adolescente a un senso critico e osservativo della propria realtà sociale e culturale • intenzionalità: maturazione adolescenti, maggiore opportunità da parte del contesto, possibilità trasformativa che i gruppi rappresentano per l’ambiente ATTIVITA’: 1. I giovani scelgono, o meno, di partecipare 2. Le attività si svolgono nei contesti in cui i giovani interagiscono tra loro 3. Giovani e Youth Workers sono considerati partner in un comune processo di apprendimento - “NONLUOGO”: spazio antropologico esistenziale, senza confini, in cui convivono più storie e stili di vita, esperienza di relazione, luogo simbolico La strada è un “grande laboratorio esperienziale”: il gruppo diventa un soggetto sociale che, interagendo con l’ambiente, partecipa alla trasformazione della cultura. Nello scambio ognuno porta qualcosa di sé e accetta qualcosa dell’altro, rimodella i propri orizzonti e modificando la comunità portando un proprio apporto. Il primo passo che deve fare l’educatore è quello di raccogliere quante più informazioni possibili sulla comunità locale. Questo per poter poi mettere in atto metodologie e strategie adatte. Oggi va tenuto conto che si può intervenire sul luogo (ambiente fisico) e sullo spazio (che possiamo utilizzare), non sempre le due cose coincidono. 3. La strada come spazio socio-geografico GEOGRAFIA SOCIALE (Schaffer): scienza delle forme di organizzazione spaziale e dei processi spazialmente attivi delle funzioni elementari dei gruppi e delle società umane. Il GRUPPO SOCIALE è la prima forma di “associazione intenzionale”. ELEMENTI “MAPPE MENTALI” degli abitanti di una città: 1. vie di comunicazione lungo le quali ci muoviamo abitualmente (strade, canali, ferrovie…) 2. margini (linee costiere, linee ferroviarie, barriere anche psicologiche 3. nodi (incroci, punti di traffico intenso) 4. distretti (parti di città che non conosciamo dettagliatamente, ma hanno caratteri comuni) 5. punti di riferimento (edifici particolari, monumenti, facilitano orientamento, rimangono impressi) Questi elementi aiutano a leggere la morfologia urbana e a decifrare il significato delle sue parti. Le città presentano: valori simbolici collettivi, spesso attribuiti dai cittadini che si identificano in certi luoghi. TERRITORIO DI UNA COMUNITA’ URBANA: spazio che i residenti vivono come proprio, a livello psicologico (coscienza, identificazione, senso di appartenenza) sia a livello di comportamenti individuali e collettivi. INTERAZIONE SOCIO-SPAZIALE: interazioni sociali che si svolgono in modo stabile e regolare tra soggetti localizzati in uno stesso spazio. (visite/incontri abituali tra parenti e amici, comune frequentazione di certi servizi/luoghi associativi. RETE SOCIALE LOCALE: quando le interazioni socio-spaziali si sviluppano e perdurano nel tempo. Rappresenta il tessuto connettivo della comunità. L’intensità e la forza sono variabili. Sono più forti là dove c’è maggiore consapevolezza e condivisione di interessi locali comuni (buon funzionamento dei servizi, qualità dell’ambiente, sicurezza) e dove c’è maggiore partecipazione attiva, autorganizzazione per salvaguardare questi interessi. La coesione delle reti sociali locali sono una risorsa fondamentale per le famiglie e per la persona (sviluppo senso di appartenenza). Il gruppo di pari può essere una risorsa se orientato positivamente, altrimenti rischia di diventare solo una contestazione del mondo adulto, violazione delle regole e valori basilari di convivenza civile. (bande di giovani con comportamenti devianti che possono sconfinare nella violenza, teppismo, uso/abuso sostanze stupefacenti). È il caso di riflettere sullo SPAZIO SOCIALE: - analisi del movimento delle persone/merci/informazioni, circolazione transnazionale di modelli di sviluppo e pratiche di governo Spesso queste domande sono “fatte” attraverso il canale non verbale. L’educatore deve muoversi sempre secondo due REGISTRI: - simmetria: possibilità di un confronto alla pari - asimmetria: ribadire il proprio ruolo di adulti, non pregiudicare valenza educativa dell’intervento. I giovani hanno bisogno di trovare adulti che sappiano “reggere il confronto”, di contenere le ansie, sappiano essere discreti e rispettosi. Questo può avvenire tramite la mancanza agli appuntamenti concordati, mettere alla prova la pazienza e il rispetto dei confini, minacciare lo scontro fisico, provocare mediante l’uso di sostanze stupefacenti. L’educatore non deve sostituirsi all’adolescente, quando un membro del gruppo propone un’attività è importante che impari ad organizzarla senza aspettarsi che l’adulto la porti avanti al suo posto. Portare avanti ed organizzare un’attività risponde ai desideri e bisogni emersi dal gruppo, aumenta la stima tra i componenti del gruppo e tra loro e gli educatori. Inoltre aiuta ad utilizzare il proprio tempo per valorizzare le potenzialità cognitive, affettive, relazionali del gruppo. 4. Micro-progettualità: nella relazione adolescente-educatore, l’educatore si trova spesso a dover rispondere a richieste di supporto e consulenza. Questo aiuta alla socializzazione gruppo-società allargata, i membri prendono coscienza delle proprie potenzialità e della capacità di portare a termine un progetto e realizzare sogni. - Il ruolo dell’animatore è quello di facilitatore, - ascolto attivo e non giudicante, - rispetto dei ritmi, dei codici, dei valori degli adolescenti, - far emergere il protagonismo dei ragazzi, - non programmare rigidamente percorsi e progetti, essere disponibili alla novità, - conquistare la propria credibilità e fiducia sul campo. 5. Distacco: l’educatore deve pensarsi, all’interno della relazione, come “di passaggio”. Deve essere disposta a fare un passo indietro, a lasciare andare al momento giusto le persone e i percorsi incontrati. - No relazione di dipendenza emotiva CAPITOLO 2. Nascita e sviluppo del lavoro di strada in Italia Don Bosco, Don Milani e Freire sono autori che fecero i primi interventi significativi di educazione di strada (anni ‘70-’80). Inizialmente gli interventi di educazione di strada furono fatti da volontari o associazioni del terzo settore. Si ispirarono a interventi del nord Europa (Germania, Francia, Olanda, Regno Unito), soprattutto erano interventi riguardanti la tossicodipendenza. Negli anni ‘60 si faceva fronte a problematiche sociali (disagio ed emarginazione) rispondendo con: ricovero in istituti, inserimento in istituti penali minorili/case di rieducazione. Metà anni ‘80 interventi nelle periferie di Torino e Milano presentano dei limiti: spontaneismo, no metodologia operativa, focalizzazione sul singolo caso e non sul contesto multifattoriale. Negli anni ‘90 le scuole per educatori fanno fare tirocinio direttamente in strada (minori con esperienze fallimentari e critiche nei servizi senza miglioramento). Nascono i primi tentativi di “educativa territoriale”, nascono anche le prime figure professionali a sostegno dei minori/adolescenti (segnalati da servizi) direttamente nel loro contesto sociale. CAMBIA LA PROSPETTIVA: invece che guardare il problema, si opera in un’ottica positiva, su come i gruppi e i contesti possano essere una risorsa. - Si individua un target più ambio (assistenza domiciliare, sistema amicale, sistema familiare, contesto sociale del minore) - Riconoscimento profilo professionale: . legge 285/1997 (disposizioni per la promozione di diritti e di opportunità per l’infanzia e l’adolescenza). . DPR 8 marzo 2000. Progetto obiettivo “AIDS 1998-2000) . 2006 DPR 309/90 (disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza) Dai due DPR si evince che: - “UNITA’ DI STRADA”: contatto con le persone tossicodipendenti che non frequentano i servizi territoriali di assistenza e inserite tra i servizi sociali e sanitari di primo intervento, insieme a servizi a bassa soglia, consulenza e orientamento telefonico. • I progetti descritti erano principalmente di prevenzione e riduzione del danno. Il lavoro di strada diventa un intervento mirato a costruire canali di comunicazione con persone che non si rivolgono a servizi pubblici o privati che vivono la loro condizioni di dipendenza/siero- positività sulla strada in situazione di grave disagio o degrado. (fascia del disagio sommerso) • Claudio Cippitelli: dalla fine degli anni, l’unità di strada nasce anche nelle città. Con l’unità di strada e progetti per la riduzione del danno si cerca di estendere il concetto di cura • Anni ‘90 vengono definite le “Carte” del lavoro di strada: - Carta di Certaldo (1994) → funzione di guida per amministrazioni pubbliche ed enti privati. Si parla di presupposti, dimensione metodologica, contenuti essenziali lavoro di strada, professionalità operatore - Carta di Candia (1996) → somiglianze e differenze tra approcci di lavoro di strada nei diversi paesi del mondo. Parla di finalità, significato della strada, saperi espressi, relazione educativa, lavoro in rete, protagonismo bambini-ragazzi di strada, dimensione maschile-femminile nel lavoro di strada, rapporto con istituzioni, il conflitto, la formazione degli operatori, valutazione interventi. - Carta Bologna (1999) → si parla del rapporto tra lavoro di strada e nuovi bisogni da affrontare, partnership pubblico-privato, valutazione efficacia lavoro in strada. Oggi il lavoro in strada è rivolto in particolare alla PREVENZIONE del disagio giovanile. LIVELLI DI PREVENZIONE DEL DISAGIO GIOVANILE (F. Guaita): 1. prevenzione primaria: mantenimento dello stato di agio, animazione territoriale extrascolastica e interventi di ascolto scolastico 2. prevenzione secondaria: interventi sui percorsi di disagio, interventi di gruppi “a rischio”, interventi di comunità ( di “rete”) 3. prevenzione terziaria: interventi su patologie attive, riduzione del danno, interventi di supporto e accompagnamento terapeutico Tutti questi interventi costituiscono un progetto di prevenzione “interventi con operatori di strada”. L’operatore è ponte-mediatore e risorsa-interlocutore. 1. Piemonte: il servizio di educativa di strada di “Gruppo Abele” a Torino - Seconda metà anni‘60 - si attiva l’associazione “Gruppo Abele” fondata da Don Luigi Ciotti: si occupa di ragazzi e ragazze di strada, con meno opportunità e con più rischio di esclusione sociale. - Prima i ragazzi di strada provenivano dal Mezzogiorno e dal Nord-Est, ora sono giovani migranti che vivono in clandestinità, fanno uso di sostanze stupefacenti e rischiano reclutamento nella microcriminalità, o ragazzi che hanno difficoltà di inserimento sociale a causa di un ambiente poco accogliente. Ci sono anche giovani italiani di periferia con disagio sociale causato da difficoltà nel riconoscere e costruire una comunità. - Nel 2008 nasce il progetto “La strada come luogo educativo” (Madonna di Campagna, Borgo Vittoria, San Paolo). Gli operatori, attraverso il gioco e lo sport, favoriscono l’incontro con e tra bambini stranieri che frequentano parchi, piazze e giardini di Torino. - Nel 2010 nasce il progetto “Nuove biografie familiare. Nuovi contesti educativi.” A favore del sostegno al ruolo genitoriale, aiutando le famiglie ad orientarsi rispetto al modello educativo italiano. Nasce uno sportello informativo gratuito per la popolazione straniere (Bim). TEMATICHE EMERSE DAL PROGETTO: 1. Accogliere ed integrare i minori stranieri, progettare interventi in strada inclusivi-democratici- partecipativi, che accolgano i modelli educativi e culturali di riferimento dei giovani stranieri. C’è la TEMATICHE EMERSE DAL PROGETTO: - Tempo libero inteso come luogo simbolico in cui sperimentarsi - “Zona di confine tra spazio abitativo, sociale e scolastico’’ (Gennari, 1997) - “Terzo tempo pedagogico’’ (Ibidem) - Ambito fortemente educativo solo se gestito accuratamente e in modo competente 3. Emilia-Romagna: un progetto di prevenzione del disagio giovanile nella periferia di Bologna - A Bologna 2006-2010, alcune coop. Sociali mettono in atto interventi per giovani stranieri e non in zone periferiche (Navile, San Vitale, S. Donato). Approfondiremo di seguito l’intervento nei quartieri di Navile (zona Lame). - Negli anni ‘60 c’è stata difficoltà nell’accogliere l’immigrazione (soprattutto magrebina). In questa zona sono presenti molte abitazioni popolari dove ci vivono italiani e straniere con difficoltà socio-economiche. Varie associazioni hanno partecipato a progetti educativi per giovani nella zona. Si è creta la “Rete Lame” per creare un’ottica comunitaria. Ci sono 2 gruppi aperti il pomeriggio per i preadolescenti. I gruppi sono a carico dei servizi sociali. - 2006 si formano microgruppi (principalmente maschi) disturbanti, piccoli atti vandalici contro la biblioteca, centro civico, oratorio. Hanno generato “allarme” e se n’è occupata la “Rete Lame”. - L’intervento è diventato di tipo intergenerazionale. Lo scopo è quello di far sentire i protagonisti del progetto portatori di umanità attraverso la convivenza civile. - Dal contatto con i giovani e dall’ascolto delle esigenze, è emerso che avevano la necessità di avere un luogo dove incontrarsi che non fosse la strada e si lamentavano perché i luoghi di ritrovo esistenti (oratorio, biblioteca, centro civico) li avevano espulsi. - Nel 2008 sono stati messi a disposizione locali che i ragazzi hanno personalizzato e ristrutturato insieme alla “Rete Lame”. Nasce così lo spazio polivalente “Marco Polo 21”. - OBIETTIVI: concertazione degli interventi con gli altri attori sociali presenti sul territorio - I luoghi di mediazione formale sono stati: servizi sociali ed educativi, istituti scolastici, associazioni, parrocchie, centri sociali per anziani, terzo settore. - Si è creato un “sistema delle attività socioeducative”: • fusione di 2 gruppi educativi “Zona Giovani”, aperto tutti i pomeriggi (sostegno scolastico, laboratori creativi e sportivi. • Consolidamento spazio polivalente (centro di aggregazione territoriale) • 1 attività settimanale di educativa di strada (mantenere contatto con ragazzi) • individuazione unica équipe educativa per gestire il gruppo socioeducativo (punto di riferiemento per la comunità e per i giovani. 4. Toscana: il lavoro degli educatori di strada nel “Quartiere 1” a Firenze - La regione del welfare, regione dove il terzo settore è maggiormente sviluppato. - 1999 i ragazzi e bambini passano il loro tempo nella piazza. I gruppi sono quasi tutti formati da maschi, i più grandi fanno uso di sostanze stupefacenti. Accettano positivamente la presenza degli educatori di strada, chiedono la loro presenza quotidiana, cercano di uscire dalla piazza (li rappresenta, ma si sentono limitati). La piazza può essere una “confort zone”, ma può limitare le esperienze, relazioni, crescita personale degli adolescenti. L’estremo senso di appartenenza può essere vissuto come un abbandono da parte delle istituzioni - Difficoltà territoriale: processi integrazioni gruppi autoctoni e quelli migranti. Gli educatori organizzano occasione di incontro (feste, gite, partite di calcio). Succede che all’interno di queste occasioni funziona la relazione, usciti dal contesto si “rinnegano” le amicizie. La comunità locale fa molta resistenza (c’è molto spaccio e uso di sostanze). - L’educatore deve mettere in atto strategie di empowerment (Affiancamento dei più giovani in percorsi individualizzati e contatto tra generazioni diverse. - Per rispondere all’abbandono scolastico, aiutare i giovani a trovare lavoro si risponde con servizi di orientamento e formazione professionale del Comune e della Provincia - Si è cercato di creare uno spazio (piazze e centro giovani) per intervenire sul campo. Gli interventi sono rivolti ai giovani, alle famiglie dei giovani e agli adulti del territorio. Sono interventi di supporto individuale (counseling, orientamento allo studio e al lavoro), presa di contatto con istituzioni della marginalità (Albergo popolare e centri diurni), presa in carico di minorenni in situazione di disagio conclamato, apertura spazi (fisici e non) di confronto e scambio su questioni di interesse dei ragazzi, laboratori (giocoleria, manufatti, briocolage, maschere, aquiloni), attività di sostegno, recupero e orientamento scolastico, eventi e feste legate al Natale e altre ricorrenze. - Obiettivo: rendere la rete di risorse più autonoma CAPITOLO 3, Educazione, arte e territorio AMBIENTE come: - “spazio educante” (Gennari) - «matrice» per la progettazione pedagogica (Sarracino) Le definizioni di Gennari e Sarracino seguono le indicazioni dell’agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, che tra i suoi principali obiettivi ha proprio quello di rafforzare l’impegno per la protezione e la salvaguardia del patrimonio culturale e naturale globali. Sarracino osserva che l’ambiente territorio: - territorio naturale (ambiente in senso proprio, senza l’uomo) - ambiente sociale (manufatti, norme, regolamenti, organizzazioni di vita) E’ necessario integrare (collegare) didatticamente e pedagogicamente soggetti e contesti, interventi, discipline, rapporti, spazi e tempi, teorie e metodi. SPAZIO-EDUCAZIONE (M. Gennari): - spazio come oggetto pedagogico, è anche soggetto pedagogico (attivatore di percorsi e performances formative che avvengono al suo interno) - spazio come unità materiale- culturale da valutare - spazio come sistema attivo che agisce direttamente sugli altri sistemi - spazio come unità culturale (facilitatore di crescita e di processi) - spazio come territorio che si apre alla comunità. - spazio come luogo di formazione (superamento limiti cultura individuale) - spazio come laboratorio (pianificazione e verifica di criteri e attuazioni) PATRIMONIO CULTURALE: - beni culturali: beni mobili e immobili che presentano interesse artistico, storico, archeologico, etnoantropologico, archivistico e bibliografico, testimonianza civiltà - beni paesaggistici: immobili e aree che costituiscono valore storico, culturale, naturale, morfologico, estetico del territorio - è necessario per la comprensione della collettività e dei contesti culturali - 1997 ha luogo “Artisti in piazza”: integrazione aspetto ludico-culturale, è un festival degli artisti di strada. Ha anno dopo anno promozione turistica e sviluppo territoriale. - Nasce da un’associazione (“Ultimo punto”). L’associazione ha come scopo:promuovere, sviluppare salvaguardare la cultura musicale e artistica del Montefeltro in Italia e all’estero. Realizzare spettacoli dal vivo, corsi, seminari, manifestazioni musicali, mostre. Ideare festival e manifestazioni di ogni genere - dura 4 giorni - accoglie pubblico eterogeneo (in media 40.000 persone a edizione). - OBIETTIVO: mettere in contatto pubblico, territorio e comunità locale, attraverso spettacoli di vario tipo immersi in panorami, boschi, campagne e centro storico. - SCOPO: dare valore alla creatività giovanile, avvicinare i giovani al mondo dell’arte. - anno 2019-2021: momenti di in-formazione sulle opportunità dell’audience development e audience engagement, coinvolgimento pubblico scelte artistiche, spettacoli esperenziali-interattivi (rendere pubblico attivo e consapevole), laboratorio di 10 ore sui temi dell’energia di gruppo. VALORE SOCIALE SPETTACOLO DI STRADA: - Decreto Ministeriale 28 febbraio 2005: spettacolo di strada nell’elenco di “attività spettacolari, dei trattenimenti e delle attrazioni dello spettacolo viaggiante” - Decreto Ministeriale 12 novembre 2007:contribuito pubblico a chi svolge attività di promozione del teatro di strada o manifestazioni, festival, rassegne. Artisti di strada come momento di aggregazione sociale, integrazione con il patrimonio architettonico e monumentale di sviluppo del turismo culturale - legge 175/2017: la Repubblica riconosce l’apporto degli artisti di strada come valorizzazione dei contesti urbani ed extra-urbani - parla alla gente - il pubblico, piano piano, diventa protagonista dello spettacolo ANALOGIE ARTE DI STRADA-RAPPRESENTAZIONE TEATRALE: - la performance si esaurisce con la rappresentazione - performance non replicabile, sempre unica - intrattenimento di grandi gruppi sociali DIFFERENZE ARTE DI STRADA-RAPPRESENTAZIONE TEATRALE: - Il teatro si rivolge ad un pubblico ridotto (età, livello socio-culturale e disponibilità economica medio-alta). Lo spettacolo di strada si rivolge ad un pubblico eterogeneo 3. “CRESCO” - Cantiere di Rigenerazione Educativa: Scuola, Cultura, Occupazione - Nasce a Roma -Nasce dal laboratorio di studi urbani (LabSU), il gruppo di ricerca è composta da: urbanisti, ingegneri, antropologi e sociologi. Integrano studio di sociologia e antropologia per integrarli con metodologie tradizionali o innovative di indagini di spazi. - Obiettivo: attivazione, valorizzazione e rafforzamento comunità educante del quartiere Tor Bella monaca, attraverso la Scuola, Cultura e Occupazione. Acquisizione competenze, strumenti, conoscenze in ambito lavorativo-occupazionale. Riqualificazione fisica degli spazi di uso comune (piazza, biblioteca…) Arricchimento e valorizzazione scuola . Processi di apprendimento, professionalizzanti, volti all’acquisizione di capacità e competenze. - Metodologia: ascolto degli abitanti, interventi partecipati, attività formative di potenziamento della scuola, potenziamento dello spazio, creazione nuovi punti di incontro. Creazione di gruppi di lavoro (persone del luogo + professionisti). Ricerca mestieri/competenze maggiormente spendibili sul territorio. - dare un senso all’ambiente in cui ci si trova per innescare processi di modificazione (pratica partecipata). - Ambiente del progetto: zona di periferia di Roma. Grande disagio socio-economico (redditi bassi, mancanza lavoro, spaccio, economia illegale, molti arresti domiciliari, persone con disabilità, elevato abbandono scolastico, degrado edilizio, carenza aree verdi. Ci sono molte iniziative, produzione culturale. 4. “Arrevuoto”: teatro e pedagogia, tra arte e strada - Napoli (Scampia) - 2004 l’associazione di promozione sociale “chi rom e … chi no” - Obiettivo: partire dai bambini/ragazzi per una rivoluzione culturale dell’interno. - Metodologia: educatori intervistano gli abitanti per strada. Collaborazione con teatro. Laboratori settimanali a scuola, associazioni, spazi liberati, auditorium (Auditorium di Scampia, spazio pubblico restituito dopo il primo spettacolo, “Pace!” di “Arrevuoto nel 2006”. Lo spettacolo vien efatto durante il periodo di faide camorriste. Parla di un ragazzo ribelle che scrive la sua prima commedia, mentre la sua città era sotto assedio) - “Arrevuoto”: teatro sociale e pedagogico - il “modus operandi”: modello pedagogico liberatorio e montessoriano, no indottrinamento ideologico, promozione dell’autonomia e consapevolezza. Al centro ci sono il bisogno di libertà dei giovani e le loro attitudini. - Ogni anno c’è uno spettacolo: vengono scelti i classici (Aristofane, Cervantes, Molièr …). Poi il gruppo rende propria la rappresentazione (uso linguaggio quotidiano, dialetto, dialoghi di strada,) per scuotere le menti e le anime, attivare pensieri e parole. - è un lavoro di gruppo: vengono affrontate in modo positivo dinamiche di gruppo. Crea un elemento esperienziale da condividere. CAPITOLO 4, Orientarsi su strade sconosciute, verso orizzonti possibilità SFIDE SOCIETA’ COMPLESSA: • Dimensione globale e turbolenta dell’economia • Pervasività dei nuovi media e corsa verso il progressotecnologico • Anomia provocata dall’utilizzo di internet • Sfruttamento delle risorse del pianeta e cambiamenticlimatici • Non tutte i popoli né tutte le comunità hanno le risorse le capacità di essere “educanti’’ • In questo quadro: quale possibile paideia per l’educatore di strada? 20 novembre 1989 nasce la Convenzione sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza. La convenzione afferma che: il bambino, a causa della mancanza maturità fisica e intellettuale, necessita di protezione e di cure particolari. Bisognerebbe arrivare a creare una “società educante”. 1. Street children: bambini, fanciulli e adolescenti “di strada” nel mondo - stanno aumentando sempre di più i “bambini di strada” nelle aree del mondo più povere. - “Street children”, termine adottato per la prima volta dalla Commissione per i Diritti Umani dell’ONU (1994). Già nel negli anni ‘80 del Novecento si parla di “bambini di strada” (minore per cui la strada è diventata dimora abituale/fonte di sostentamento, minore non adeguatamente protetto/sorvegliato, minori abbandonati per strada). - Risoluzione 16/12 (Consiglio per i Diritti Umani) prende in esame la condizione dei bambini che lavorano/vivono per strada. - General comment No. 21 on children in street situations (2017): guida per Stati membri su sviluppo strategie nazionali per bambini in “street situation”. Prevenzione, risposte, interventi operativi sul territorio.
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