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Riassunti schematici: processo esecutivo, espropriazione forzata, opposizioni, sospensione ed estinzione, Appunti di Diritto Processuale Civile

Riassunti schematici: processo esecutivo, espropriazione forzata, opposizioni, sospensione ed estinzione

Tipologia: Appunti

2018/2019

In vendita dal 11/12/2019

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Scarica Riassunti schematici: processo esecutivo, espropriazione forzata, opposizioni, sospensione ed estinzione e più Appunti in PDF di Diritto Processuale Civile solo su Docsity! PROCEDURA CIVILE 1: riassunti schematici • IL PROCESSO DI ESECUZIONE IN GENERALE • L’ESPROPRIAZIONE FORZATA • L’OPPOSIZIONE ALL’ESECUZIONE E AGLI ATTI ESECUTIVI • LA SOSPENSIONE E L’ESTINZIONE DEL PROCESSO ESECUTIVO. IL PROCESSO DI ESECUZIONE IN GENERALE Il processo di esecuzione tende all’attuazione coattiva di un diritto di credito già accertato, in sede di cognizione oppure stragiudizialmente, ma non eseguito spontaneamente dalla parte soccombente. Per tale motivo il titolare del diritto esercita l’azione esecutiva ottenendo la soddisfazione della sua pretesa, anche contro la volontà del debitore. Soggetti dell’attività processuale esecutiva. I soggetti ai quali fa capo l’attività processuale esecutiva sono:  l’organo esecutivo: è l’Ufficio giudiziario operante sotto il controllo del giudice dell’esecuzione;  il creditore: è colui che propone la domanda esecutiva, esercitando la relativa azione, quasi come l’attore nel processo di cognizione;  il debitore:è colui che subisce l’esecuzione di un diritto altrui già accertato, in quanto, ai sensi dell’art. 2740 c.c., il debitore risponde dell’adempimento delle obbligazioni assunte con tutti i suoi beni, presenti e futuri. Caratteri dell’attività processuale esecutiva. I caratteri specifici del processo di esecuzione sono i seguenti:  il contraddittorio è atipico: la convocazione delle parti è disposta dal giudice dell’esecuzione quando la ritiene necessaria o quando la legge la prescrive, ed avviene non per costituire un formale contraddittorio ma solo per il migliore svolgimento del processo. Solo se i debitore o un altro soggetto (es. terzo) propone opposizione, si apre un giudizio di cognizione che ha ad oggetto l’esistenza o le modalità di esecuzione;  la domanda all’organo esecutivo (Ufficiale Giudiziario) è proposta verbalmente o per iscritto;  la volontà dell’organo esecutivo consiste in una serie di operazioni materiali (es: accesso presso la casa del debitore e apprensione dei beni), mentre quella del giudice consiste in una serie di provvedimenti formali (ordinanze o decreti);  il particolare presupposto formale è il c.d. “titolo esecutivo”;  la legittimazione attiva è la titolarità ed attualità del diritto sancito nel titolo esecutivo posto a base dell’esecuzione. Competenza. L’art. 9 c.p.c. sancisce la competenza esclusiva del Tribunale in composizione monocratica, in materia di esecuzione forzata in generale, senza distinzione tra espropriazione mobiliare ed espropriazione immobiliare (come avveniva prima della riforma del giudice unico). Per quanto riguarda la competenza territoriale (art. 26 c.p.c.):  è competente il giudice del luogo in cui si trovano i beni mobili, se si tratta di esecuzione su beni mobili o immobili;  è competente il giudice del luogo di residenza del terzo debitore, nel caso di espropriazione di crediti;  è competente il giudice del luogo dove l’obbligo deve essere adempiuto, nell’esecuzione degli obblighi di fare e non fare. Per quanto concerne la competenza per valore (art. 17 c.p.c.):  nelle cause di opposizione del debitore, la competenza è determinata in base al valore del credito per cui si procede;  nelle cause di opposizione di terzi, la competenza è determinata in base al valore dei beni controversi;  nelle controversie sorte in sede di distribuzione, la competenza è determinata in base al valore del maggiore dei crediti contestati. Vari tipi del processo di esecuzione. Il processo di esecuzione si distingue in:  espropriazione forzata per crediti di denaro o esecuzione forzata in forma generica: consistente nel procedimento esecutivo diretto a sottrarre coattivamente al debitore determinati beni facenti parte del suo patrimonio e trasformali in denaro da destinare alla soddisfazione del credito. Può consistere anche nell’assegnazione coattiva della titolarità dei crediti del debitore al creditore, sempre al soddisfacimento delle sue pretese. L’espropriazione generica si suddivide in: • espropriazione mobiliare presso il debitore (artt. 513-542 c.p.c.); • espropriazione presso terzi (artt. 543-554 c.p.c.); • espropriazione immobiliare (artt. 555-598 c.p.c.); • espropriazione di beni indivisi (artt. 599-601 c.p.c.); • espropriazione contro il terzo proprietario (artt. 602-604 c.p.c.).  esecuzione forzata in forma specifica. Si suddivide in: Altro importante requisito (non richiesto però a pena di nullità) è la dichiarazione di residenza o elezione di domicilio della parte istante nel Comune in cui ha sede il giudice competente per l’esecuzione; in mancanza, le opposizioni al precetto si propongono davanti al giudice del luogo in cui è stato notificato, e le notificazioni alla parte istante si fanno presso la cancelleria del giudice stesso. Non contenendo alcuna domanda giudiziale, il precetto può essere sottoscritto dalla parte personalmente, da un mandatario ad negotia o da un mandatario ad litem. Il difetto di sottoscrizione, anche se non è motivo di nullità, è deducibile con l’opposizione dell’intimato. La nullità della notificazione del titolo esecutivo e del precetto non può mai comportare l’esclusione del diritto all’esecuzione ma, eventualmente, solo la necessità di una nuova rituale notifica. Tuttavia ogni vizio, anche di nullità, che investe la notificazione del precetto, rimane sanato per effetto dell’opposizione dell’intimato. Il precetto diviene inefficace se l’esecuzione non inizia entro 90 giorni dalla sua notificazione; tale termine è previsto a pena di decadenza e non può mai essere superiore alla misura massima prevista dalla legge. Il termine è tuttavia sospeso, se contro il precetto viene proposta opposizione ai sensi degli artt. 615 ss c.p.c., e riprende a decorrere, per la parte dei 90 giorni che residua:  dal passaggio in giudicato della sentenza di primo grado che decide l’opposizione;  dalla comunicazione della sentenza di appello che respinge l’opposizione. Ai sensi del’art. 482 c.p.c. l’esecuzione forzata non si può iniziare prima che sia decorso il termine indicato nel precetto e, in ogni caso, non prima che siano decorsi 10 giorni dalla notificazione di esso; il Presidente del Tribunale competente per l’esecuzione o un giudice da lui delegato, se vi è pericolo nel ritardo, può autorizzare l’esecuzione immediata, con cauzione o senza. L’autorizzazione viene data con decreto scritto in calce al precetto e trascritto a cura dell’Ufficiale Giudiziario nella copia da notificarsi. Il mancato rispetto di tale termine dilatorio determina la nullità insanabile del pignoramento eseguito, a nulla rilevando il fatto che il debitore non abbia adempiuto dopo il decorso di esso. Il giudice dell’esecuzione. L’organo direttivo del processo di esecuzione è il giudice dell’esecuzione (G.E.), la cui funzione si esplica attraverso:  potere di ordinanza: in seguito a ricorso, anche orale, delle parti. Le ordinanze emesse nel corso del processo esecutivo possono essere modificate o revocate dallo stesso giudice dell’esecuzione fino a quando non abbiano avuto esecuzione;  potere di audizione degli interessati: esercitato mediante la fissazione di un’udienza apposita, con decreto comunicato dal cancelliere. Il giudice dell’esecuzione ha poteri più estesi rispetto al giudice istruttore. Le due funzioni esaminate possono cumularsi in quelle parentesi di cognizione che, nel processo esecutivo, sono rappresentate dalle opposizioni; qui il G.E. decide in funzione di unico giudice, senza rimessione della causa al Collegio. Con la riforma del giudice unico (02-06-1999) giudice dell’esecuzione è sempre il Tribunale in composizione monocratica (mai i l Giudice di Pace). Il G.E. viene nominato al momento della formazione del c.d. “fascicolo dell’espropriazione”, contenente, all’inizio, il titolo esecutivo e l’atto di precetto notificati e il pignoramento effettuato (art. 488 c.p.c.). Delega delle operazioni di vendita. Per ottenere l’alleggerimento del carico di procedimenti gravanti sui giudici, il legislatore ha previsto la delegabilità ai notai e ad altri professionisti (es: avvocati e commercialisti) delle operazioni di vendita con incanto, ora considerata il modello principale per la vendita dei beni. La delega è prevista sia nel caso di esecuzione di beni immobili, sia di beni mobili registrati; è prevista la possibilità per le parti di rivolgersi al giudice dell’esecuzione in caso di contestazione all’operato del professionista. Il professionista provvede alla determinazione del valore del bene, all’incanto, alla formazione del progetto di distribuzione ecc; provvede altresì ad avvisare sia i creditori sugli elementi della vendita (divisione in lotti, prezzo, data dell’incanto) sia il giudice circa il mancato versamento del prezzo. La delega ai professionisti, non è totale poiché non solo resta il controllo del giudice sul loro operato, ma nel caso di opposizioni (artt. 615-617 c.p.c) che attivano il procedimento contenzioso, si riespande interamente la funzione ordinaria del G.E. L’ESPROPRIAZIONE FORZATA L’espropriazione forzata è quel tipo di processo esecutivo costituito da un complesso di atti diretti a sottrarre coattivamente al debitore determinati beni facenti parte del suo patrimonio e a convertirli in denaro, con cui soddisfare il creditore. Essa quindi è una forma di esecuzione indiretta, a differenza dell’esecuzione in forma specifica, che può definirsi diretta in quanto avente ad oggetto proprio il bene dovuto, sottratto al debitore e consegnato al creditore. Tipi di espropriazione. In relazione all’oggetto, e cioè a seconda che riguardi beni mobili o beni immobili, l’espropriazione può essere:  mobiliare: ha per oggetto beni mobili: A sua volta può dirigersi: • nei confronti del debitore: se i beni mobili sono nella sua disponibilità diretta; • nei confronti di terzi: se i beni mobili del debitore sono nella disponibilità diretta di un terzo o se oggetto dell’espropriazione è un credito del debitore verso terzi;  immobiliare: ha per oggetto beni immobili. FASI DELL’ESPROPRIAZIONE FORZATA. Il procedimento di espropriazione (artt. 483 – 512 c.p.c.) si svolge attraverso 3 fasi:  pignoramento;  vendita o assegnazione del bene pignorato;  distribuzione del bene ricavato. 1) PIGNORAMENTO. Il pignoramento è l’atto con cui inizia ogni forma si espropriazione (solo nel caso in cui i beni da pignorare siano soggetti a pegno o ipoteca il creditore procedente può chiedere la vendita o l’assegnazione, anche senza che tale richiesta sia preceduta dal pignoramento). Il pignoramento consiste in un’ingiunzione che l’Ufficiale Giudiziario fa al debitore di astenersi da qualunque atto diretto a sottrarre alla garanzia del credito i beni che si assoggettano all’espropriazione. Scopo del pignoramento è quindi vincolare i beni da assoggettare all’esecuzione, ossia sottrarli alla libera disponibilità del debitore. L’Ufficiale Giudiziario, quando constata che i beni assoggettati a pignoramento appaiono insufficienti per la soddisfazione del creditore procedente, invita il debitore ad indicare altri beni utilmente pignorabili ed il luogo in cui si trovano. • il debitore che chiede la conversione deve depositare in cancelleria, unitamente all’istanza, la somma corrispondente ad 1/5 dell’importo dei crediti per i quali è stato eseguito il pignoramento o proposto intervento; • è ammessa la possibilità del pagamento rateale della somma (per un massimo di 18 mesi) in caso di espropriazione immobiliare; • l’istanza di conversione può essere avanzata una sola volta, a pena di inammissibilità;  chiedere la c.d. “riduzione del pignoramento”: quando il valore dei beni pignorati è superiore all’importo delle spese e dei crediti. La riduzione del pignoramento deve essere chiesta al giudice e viene da lui disposta con ordinanza. Il pignoramento perde efficacia se l’assegnazione o la vendita non sono chieste entro 90 giorni dal suo compimento; tale termine è perentorio, ovvero, prescritto a pena di decadenza. Il termine rimane sospeso nel caso di opposizione agli atti esecutivi; se invece vi è opposizione all’esecuzione, la sospensione non ha luogo automaticamente, la deve essere ordinata dal giudice. Nel processo esecutivo è ammesso l’intervento di altri creditori. In tal caso il creditore che ha assunto l’iniziativa viene chiamato “creditore procedente”, mentre tutti gli altri creditori sono detti “creditori intervenuti”. È inoltre previsto il c.d. “avviso ai creditori” che sui beni abbiano un diritto di prelazione (art. 498 c.p.c.). il nostro Codice accoglie i seguenti principi generali per il caso in cui l’esecuzione debba servire a più creditori:  sullo stesso bene è ammesso un solo processo di esecuzione;  i creditori intervenuti, se muniti di titolo esecutivo, possono provocare i singoli atti espropriativi nell’inerzia del creditore procedente;  in sede di distribuzione del prezzo tutti i creditori sono, per il principio della “par condicio creditorum”, in condizioni di parità, salvo coloro che godono di cause di prelazione (privilegi ed ipoteche). L’intervento dei creditori può avvenire in 2 forme:  partecipazione all’atto di pignoramento: in casi di pignoramenti contemporanei su un medesimo bene, si procede all’unione degli stessi in un unico pignoramento. In caso di pignoramenti successivi, tutti i pignoramenti sono trattati in un unico processo, mediante inserimento dei vari fascicoli in uno solo. Nel caso di pignoramento successivo tardivo (=effettuato dopo l’udienza fissata per l’autorizzazione della vendita o dell’assegnazione, o dopo la presentazione del ricorso per l’assegnazione o la vendita qualora il valore dei beni pignorati non superi Euro 20.000), il debitore copignorante partecipa alla distribuzione della somma ricavata dopo che è stato soddisfatto il creditore procedente  partecipazione alla distribuzione della somma ricavata: possono intervenire nell’esecuzione i creditori che non sono divenuti copignoranti, ovvero: • i creditori muniti di titolo esecutivo, anche se il loro credito è sorto dopo il pignoramento , i quali partecipano alla distribuzione della somma ricavata; • i creditori privi di titolo esecutivo, i quali, al momento del pignoramento, avevano già un credito qualificato (=avevano eseguito un sequestro sui beni pignorati, avevano un diritto di pegno o prelazione, o erano titolari di un credito di somma di denaro risultante da scritture contabili). I creditori intervenuti hanno il diritto di:  partecipare all’espropriazione (presentando osservazioni e istanze al giudice);  provocare gli atti esecutivi (es: formulare istanza di vendita, chiedere la distribuzione del ricavato ecc..);  partecipare alla distribuzione della somma ricavata; L’intervento del creditore può essere tempestivo o tardivo: la differenza rileva ai fini della collocazione dei creditori in sede di distribuzione della somma o dei beni. 2) VENDITA E ASSEGNAZIONE. Per il realizzo del credito, il creditore procedente (o altro creditore intervenuto, munito di titolo esecutivo) deve ottenere la liquidazione dei beni oggetto di espropriazione, ossia la trasformazione di tali beni in denaro. Egli ha 2 possibilità:  fare istanza per la vendita dei beni pignorati;  fare istanza per la loro assegnazione in pagamento. Tale alternativa è possibile:  in via preventiva: solo nell’espropriazione mobiliare di titoli di credito o di quelle cose aventi valore determinato o determinabile;  in via successiva: solo dopo che siano falliti gli esperimenti di vendita. L’istanza può essere presentata solo 10 giorni dopo il pignoramento. Il giudice competente fissa l’udienza per l’autorizzazione della vendita o per l’assegnazione; tale udienza fissa il momento preclusivo per l’intervento tempestivo. In essa, inoltre, sono decise tutte le opposizioni agli atti esecutivi; restano invece ancora proponibili le opposizioni all’esecuzione e le opposizioni di terzi. Si procede quindi alla vendita, la quale può essere all’incanto o senza incanto. Il creditore pignorante può chiedere l’assegnazione, ossia l’attribuzione diretta del bene pignorato al fine di soddisfare il suo credito. L’assegnazione (atto concorrente alla vendita) è rimessa alla discrezione dei creditori, entro i seguenti limiti:  nell’espropriazione mobiliare: • l’assegnazione può essere chiesta fin dall’inizio per i titoli di credito o per quei beni il cui valore risulti da listino di borsa o mercato; • per tutti gli altri beni (ad eccezione di quelli in oro o argento), non può essere chiesta l’assegnazione in caso di esisto negativo del primo incanto, ma deve essere fissato un nuovo incanto a un prezzo inferiore di 1/5 rispetto a quello precedente;  nell’espropriazione immobiliare: l’assegnazione può essere chiesta solo 10 giorni prima della data dell’incanto; se la vendita non ha luogo per mancanza di offerte, essa concorre con l’amministrazione giudiziale o con un nuovo incanto;  nell’espropriazione mobiliare presso terzi: l’assegnazione è l’unica forma satisfattoria prevista quando il terzo si dichiara debitore di somme di denaro immediatamente esigibili o esigibili in un termine non superiore a 90 giorni. La vendita e l’assegnazione sono considerati atti processuali condizionati, in quanto posti in essere sotto condizione sospensiva:  in caso della vendita, la condizione sospensiva è data dal versamento del prezzo (nel modo e nel termine fissato);  in caso dell’assegnazione, la condizione sospensiva è data dal deposito della parte di prezzo eccedente il credito dell’assegnatario, o dal versamento della somma non inferiore al valore minimo del bene, o dal prezzo determinato dal valore dell’immobile. Una volta che la condizione si è verificata, il giudice potrà pronunciare il provvedimento che trasferisce la proprietà del bene. Con tale provvedimento si verificano:  effetti sostanziali. Essi sono: • se manca l’accordo o l’approvazione del giudice, il piano di distribuzione della somma ricavata è formato dal giudice. LE OPPOSIZIONI L’opposizione è il rimedio esperibile dal debitore o dal terzo nel caso in cui esso di duole di aver subito la lesione di un suo diritto in conseguenza di un atto di esecuzione che ritiene ingiusto. l’esecuzione, una volta proposta, dà luogo ad un ordinario processo di cognizione autonomo, che si inserisce nell’ambito di un processo di esecuzione come un incidente. Tipi di opposizione. Il Codice di Procedura Civile disciplina i seguenti tipi di opposizione:  opposizioni proponibili dall’esecutato (debitore o terzo assoggettato all’esecuzione) e comprendono: • opposizione all’esecuzione (artt. 615 e 616 c.p.c.); • opposizione agli atti esecutivi (artt. 617 e 618 c.p.c.);  opposizione di terzi, estranei all’esecuzione, ma che vantano diritti sui beni esecutati (artt. 619 – 622 c.p.c.). Tutte queste opposizioni presentano alcune caratteristiche comune:  si fondano sulla pretesa illegittimità dell’esecuzione nella sostanza o nella forma; nel primo caso operano contro l’esecuzione nel suo complesso, nel secondo caso operano contro singoli atti esecutivi;  operano solo su istanza di parte e mai di ufficio;  danno luogo a giudizi di cognizione, che possono provocare la sospensione del processo esecutivo fino alla decisione sull’opposizione. LE OPPOSIZIONI DELL’ESECUTATO. Le opposizioni proponibili dal debitore o dal terzo assoggettato all’esecuzione sono di 2 tipi: opposizione all’esecuzione e opposizione agli atti esecutivi. A) L’opposizione all’esecuzione. L’opposizione all’esecuzione consiste nella contestazione, da parte del debitore, del diritto della parte istante a procedere ad esecuzione forzata. Essa consiste nell’impugnare l’azione esecutiva per una questione di merito, deducendo l’ingiustizia dell’esecuzione perché, ad esempio, priva di titolo esecutivo oppure relativa a determinati beni dei quali il debitore affermi l’impignorabilità. Con l’opposizione all’esecuzione si contesta, in sostanza, che nel caso concreto non concorrano le condizioni dell’azione esecutiva. Tali condizioni possono riguardare:  inesistenza, originaria o sopravvenuta, del titolo esecutivo;  inidoneità soggettiva del titolo a fondare l’esecuzione ad opera di quel soggetto o contro quel soggetto (es: l’esecutato nega la sua qualità di erede);  inidoneità del titolo a fondare quel tipo di esecuzione (es: esecuzione dell’obbligo di fare sulla base di un titolo stragiudiziale). Sono legittimati a proporre opposizione:  legittimato attivamente: è il soggetto passivo dell’esecuzione ossia l’esecutato (debitore o terzo assoggettato all’esecuzione) o anche un suo creditore, quale suo sostituto processuale ex art. 2900 c.c.;  legittimato passivamente: è il soggetto attivo dell’esecuzione, cioè il creditore procedente. Gli altri creditori sono legittimati a contraddire solo nel senso che possono intervenire volontariamente nella causa o essere chiamati ad intervenire per comunanza di controversia. L’opposizione al precetto si propone con citazione davanti al giudice competente, che può sospendere l’efficacia esecutiva del titolo. Alla prima udienza di comparizione il giudice fissa un termine perentorio per il giudizio di merito e quando la causa è matura decide con sentenza. Se invece il giudice si dichiara incompetente, rimette le parti davanti all’Ufficio Giudiziario competente, assegnando un termine perentorio per la riassunzione. Se invece l’opposizione è successiva rispetto all’inizio dell’esecuzione, il soggetto legittimato presenta ricorso al giudice dell’esecuzione, anche oralmente in udienza; il giudice fissa con decreto l’udienza di comparizione e il termine perentorio per la notifica alla controparte, dopodiché quando la causa è matura decide nel merito con sentenza. Se invece il giudice si dichiara incompetente, rimette le parti davanti all’Ufficio Giudiziario competente, assegnando un termine perentorio per la riassunzione. B) L’opposizione agli atti esecutivi. L’opposizione agli atti esecutivi consiste nella contestazione della regolarità formale del titolo esecutivo, del precetto o degli altri atti del procedimento di esecuzione. Essa quindi è diretta a sollevare una questione puramente processuale, impugnandosi con essa il singolo atto esecutivo, di cui si sostiene l’invalidità. L’opposizione in questione, pertanto, può essere diretta:  a contestare la regolarità formale degli atti del processo, ovvero: • la regolarità formale del titolo esecutivo e del precetto; • la regolarità formale della notificazione del titolo esecutivo e del precetto, e quella dei singoli atti esecutivi;  a contestare l’opportunità degli atti esecutivi. Sono legittimati a proporre opposizione:  legittimato attivamente: è il debitore o terzo proprietario assoggettato all’esecuzione, il creditore pignorante e gli intervenuti, e i terzi che si trovano ad essere coinvolti nel processo esecutivo (es: terzi detentori di cose del debitore ecc..);  legittimato passivamente: è il soggetto che ha compiuto l’atto al quale si oppone. Per quanto concerne il procedimento:  l’opposizione anteriore all’inizio dell’esecuzione, con la quale si fa valere l’irregolarità formale del titolo esecutivo o del precetto, deve essere proposta entro il termine perentorio di 20 giorni dal momento in cui è stato compiuto l’atto contro il quale essa si dirige. Essa va proposta con citazione davanti al giudice competente per l’esecuzione (giudice della residenza dichiarata o del domicilio eletto nel precetto; in mancanza, giudice del luogo ove il precetto è stato notificato). L’istruzione avviene secondo le norme generali e la decisione viene assunta con sentenza non impugnabile;  opposizione anteriore all’inizio dell’esecuzione, con la quale si fa valere l’irregolarità formale dei singoli atti di esecuzione, deve essere proposta entro il termine perentorio di 20 giorni dal momento in cui è stato compiuto l’atto contro il quale essa si dirige. Essa va proposta con ricorso davanti al giudice dell’esecuzione. Il giudice può prendere i provvedimenti opportuni e indilazionabili nei casi urgenti e può sospendere la procedura quando lo ritiene opportuno. L’istruzione avviene secondo le norme generali e la decisione viene assunta con sentenza non impugnabile.
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