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Riassunti schemi Antologia critica Deggiovanni, Schemi e mappe concettuali di Storia dell'arte contemporanea

ANTOLOGIA CRITICA DELLA VIDEOARTE ITALIANA 2010-2020 - PIERO DEGGIOVANNI Per esame della Professoressa Grandi, corso FENOMENOLOGIA DELL'ARTE CONTEMPORANEA, Università di Bologna

Tipologia: Schemi e mappe concettuali

2020/2021

Caricato il 03/05/2021

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Scarica Riassunti schemi Antologia critica Deggiovanni e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Storia dell'arte contemporanea solo su Docsity! ANTOLOGIA CRITICA DELLA VIDEOARTE ITALIANA 2010-2020 - PIERO DEGGIOVANNI INTRODUZIONE Cosa vedremo in questo libro?  I principali autori della videoarte italiana = che hanno contribuito in modo originale allo sviluppo del linguaggio video negli ultimi 10 anni. La videoarte nel mondo dell’arte non è semplice.  molti artisti visivi hanno abbandonato quasi del tutto questa forma di arte, perché: - Assenza di critici che affrontano una ricerca sistematica sul campo - Disinteresse mostrato dal sistema dell’arte - Assenza di promozione delle opere di videoarte. La videoarte da dove deriva?  Da autori provenienti da altri ambiti disciplinari: teatro, danza, cinema sperimentale, documentario o animazione, … La videoarte è ARTE e non CINEMA - “arte” come riferimento di rilievo, - “video” come riferimento a un contesto tecnologico condiviso La differenza tra un video d’artista e un film è che la prima è concentrata sugli aspetti retorici del linguaggio, non sulla specificità dei dispositivi. Nella videoarte domina il corpo di rilievo anche il found footage (ambito liminare tra cinema e videoarte), comprendente di autori che riflettono sugli statuti retorici del cinema importanza dell’animazione, elemento poetico, sintesi tra corpo, ambiente, politica e psiche. La videoarte oggi è riuscita a ritagliarsi lo spazio autonomo necessario per continuare a vivere, integrando in sé stessa un connubio di elementi eterogenei (cinema, poesia visiva, animazione, teatro) ibridazione Come studieremo la videoarte?  attraverso il metodo fenomenologico, il più idoneo ad affrontare la ricchezza delle produzioni audiovisive nell’ambito videografico. Esso ci permette di descrivere i fenomeni senza applicare griglie imperative dogmatiche o riduzioni di campo d’indagine, riportando al centro del dibattere l’opera in quanto cosa in sé. Si giunge ad un’analisi dell’opera, si individua le cosiddette “istituzioni”, gli elementi fondati su cui poggia la creazione artistica (materiali, tecniche, stile, poetica…), allo scopo di giungere a una descrizione critica delle istituzioni dell’opera d’arte. CAPITOLO 1 - TEORIA CRITICA DELL’IBRIDAZIONE AUDIOVISIVA 1.1. Autonomia della videoarte La videoarte, come genere artistico autonomo, è nato dopo il convergere di: 1. La digitalizzazione (iniziata già sul finire degli anni ’80) → dei segnali analogici e la conseguente egemonia del software a larga diffusione: o Dal passaggio del tubo catodico al video proiettore, o La nascita del mp3, o La nascita del CD musicale. Anche se la loro definitiva integrazione si verificherà nel 2007 con la terza edizione del Creative Suite di Adobe) 2007 → periodo spartiacque tra stili video artistici legati a uno stile concettuale da successive estetiche, che porterà alla creazione di un genere vero e proprio. 2. Il confluire di più discipline al suo interno → dovuto all’abbandono del video da parte di artisti già consolidati, e l’esplorazione della pratica video da parte di molti atri autori di altre discipline; per questo il video si è ibridato a nuovi criteri artistici e formali, come quelli della danza, del teatro, del cinema documentario. 3. Nascita dei canali distributivi privilegiati → come festival e rassegne museali conseguente all’abbandono da parte del sistema dell’arte tradizionale nel rapporto galleria-collezionista. Ma anche grazie alla promozione del videoartistico in piattaforme dedicate come Vimeo e Youtube. “Autonomia” in che senso? Luciano Anceschi (1936) si riferisce al diritto dell’artista di esprimersi attraverso l’opera in totale libertà sul piano dei materiali, della poetica e dello stile, al cui interno risiedono le Istituzioni che ne creano la forma. Considera la videoarte come un generico sperimentalismo, piuttosto che riconoscere una nuova forma ibrida come genere. Cosa si intende per “genere”? 1. Storicità dei generi: sul loro essere condizionati dalla mentalità di una determinata epoca; 2. Generi come simbolo: sintomo ed emblema di una determinata epoca; 3. Nascono dal variare delle condizioni operative generali in cui si trovano gli artisti (funzionalità, intenzionalità correlati ai materiali disponibili dall’evoluzione tecnologica) 4. Formano correnti, stili, poetiche. Deggiovanni nota come il pensiero teorico attuale sull’audiovisivo fatichi a comprendere la versatilità di ambiti artistici. Citando Fargier, spiega che la teoria dovrebbe entrare in contatto con la realtà operativa degli artisti, così come la loro poetica, senza l’applicazione di griglie interpretative o di paragone con il passato. Negli anni ’70-’60 le produzioni video erano realizzate da artisti he producevano altre opere adattate al sistema dell’arte come interesse per il mezzo audiovisivo. • Forma video: arte che usa dispositivi audiovisivi integrati da software e aperta alle infinite ibridazioni linguistiche offerte dalle arti che si sono avvicinate ad essa • Videoarte: è un territorio di tutti anziché di nessuno. Essa ha raggiunto la propria autonomia in quanto genere, non appena ha avuto l’opportunità di manipolare le immagini nella sua fase elettronica → anni ’80-’90. L’autore riporta il pensiero di alcuni critici, inerente alla videoarte: ➢ Marco Meneguzzo → problema della cultura italiana di apertura al dialogo, accento su una mentalità che non accetta l’ibridazione tecnica e linguistica; ➢ Valentina Valentini → morte del video fin dalla sua nascita dovuta alla sua volontà di esclusione dell’unicità delle sue opere, non trovando posto il tv sbarca al museo. Perdita della vena sperimentale dopo gli anni ’90; ➢ Andrea Lissoni → morte del video a causa della sua identità estetica e visuale l’autore ribatte spiegando che il video si è sempre prostrato all’ibridazione, generando videodiversità. ➢ Bruno Di Marino → la digitalizzazione ha avuto effetti benefici sul video, ha reso labili i suoi confini con il cinema, spostando l’interesse verso la videoarte. Anche se è possibile il contrario, che tale mescolamento abbia dissolto il concetto stesso di videoarte. ➢ Sandra Lischi → parte attiva della videoarte nell’apertura del cinema verso nuovi orizzonti sonori e narrativi; Lischi parla del “video espanso”, nel cinema, nei musei, nelle proiezioni urbane, ibridato con animazione, pittura, con la musica, con i videogames. Serbatoio della videoarte come punto di riferimento. *senza un metodo critico aperto teso a scoprire la verità dell’opera, si rimane un piano interpretativo che esclude a priori. 1.2. Strategie retoriche della videoarte Linguaggio: somma di mezzo espressivo e stile, fondamenti della poetica, di un sistema di tecniche, norme operative, moralità e ideali, che l’artista esprime compiutamente nell’opera Il linguaggio della videoarte si fonda su un costrutto retorico che utilizza figure precostruite come: - la metafora, - il chiasmo, - allegorie… Tutte manipolazioni linguistiche simboliche.  Ciò rende la videoarte una delle più complesse forme d’arte contemporanea. Così, l’ibridazione, come modus operandi, occupa un ruolo fondamentale; grazie al connubio tra evoluzione tecnica ed esperienza formativa si forma un nuovo scenario creativo: ibridazione mediale e disciplinare convergono nella produzione artistica generando audiovisivi difficilmente collocabili. Confini labili tra cinema sperimentale e videoarte: sembrano convergere in un punto (che Deggiovanni chiama “terra di nessuno”), creando un territorio ibrido. Barilli individua nella lunghezza temporale e nell’azione performativa una possibile distinzione tra ambito cinematografico e videoartistico. L’opera videoartistica tenta di concentrarsi in pochi minuti   Ma cosa accade se i tempi si dilatano? Cosa implica se il filmmaker decide invece di restringere i tempi?  Deggiovanni risponde che occorre un’apertura mentale, dal momento che la videoarte tende a invadere lo spazio del cinema sperimentale e viceversa, creando l’attuale orizzonte della sperimentazione audiovisiva. Per superare questa ambiguità l’autore propone la definizione di metacinema (meta, mutamento, trasformazione – cinema, rappresentazione di immagini in movimento). Ma ha dei limiti: - Meta-cinema indica anche una forma audiovisiva che riflette su sé stessa e sulle sue forme diegetiche; - Eliminazione del termine video potrebbe implicare una scomparsa della videoarte e non una sua evoluzione. (Barilli, Retorica, 1979): caratteristiche retoriche della videoarte attuale: o Corpo o Gesto o Persuasione pubblicitaria (breve o media) o Vocazione spettacolare (già dagli anni ’80 presenta la tendenza all’inserimento di elementi di suggestione visiva). ↓ “Spettacolo” → può avere 3 definizioni: 1. Prospettiva artistotelica: dispositivo retorico teso a trasmettere contenuti attraverso la sollecitazione emotiva e la vivacità dell’eloquio (docere, movere et delectare). → definizione a cui si riferisce Deggiovanni. 2. Definizione di Guy Debord e Jean Baudrillard: negativa e si concentra sugli aspetti manipolatori delle coscienze per opera dei media. 3. Spettacolo inteso come puro intrattenimento ed evasione offerta dai mass-media. 1.3. Dispositivi L’autore ripercorre una storia della relazione tra artista e mezzo espressivo, constatando che dagli anni ’60 ad oggi ci sono state tre fasi e che sicuramente l’uso dei dispositivi soggiace alle estetiche e poetiche espresse dal gusto di un periodo storico: Black Data (2012) Analogia tra sogno ed elaborazione digitale Amaducci è convinto che anche i computer sognano Il mondo onirico è l'errore più affascinante dell'era digitale. Incontrando figure archetipiche, la macchina diventa una sorta di tecno-madre che porta alla vita sogni e incubi. L'androgino è l'unione fra inconscio e tecnologia. Dati neri sul tuo computer. In the Care of Technology (2013) Le esperienze del computer coicidono con quelle di chi lo usa e ne diviene l’estensione, anche onirica. Un doppio, dove un ambiente tappezzato da texture di corpi ammassati, da cui emergono immagini di divinità femminili enormi. Il sé a contatto con la tecnologia subisce una trasformazione I computer sognano? Certamente lo fanno. Viviamo in una caverna piena di tecnologia, e siamo circondati dalle ombre dei moni che creiamo: ma ora anche la tecnologia è in grado di creare mondi, di cambiare l'aspetto del mondo, di offrire unpunto di vista del mondo. Vogliamo essere guardati dalla tecnologia, vogliamo guardare dentro la tecnologia. Così cosa succede quando il nostro immaginario collide con il sistema di immagini della tecnologia? Una sovraesposizione di modelli e archetipi ma anche qualcosa di nuovo: l'unione fra scienza e sogno, naturale e artificiale, e di tensioni presenti e future. I Am Your Database (2014) Un videogame tra vita e morte. La vita, da sempre impegnata nella lotta per contrastare la morte, trova nel computer, in quanto macchina priva di vita, una parafrasi efficace della sua destinazione finale. Abbiamo una vita sola. Nel videogioco dell'esistenza inizia la battaglia finale, e il vincitore è già designato. Database di vita, database di morte. Post Rebis (2016) Fusione tra tecnologia e biologia in un nuovo ibrido che può esistere solo dentro la conoscenza individuale, un androgino alchemico in cui avviene la figura degli opposti, nascita di un essere compiuto e tecno-biologico in un territorio abbandonato. In una landa desolata qualcuno o qualcosa sta costruendo un nuovo Rebis fatto di carne e tecnologia. Apotropia Duo composto da: Antonella Mignone, Torino, 1980 Cristiano Panepuccia, Roma, 1979 Ricerca: ● idea di meta-cinema ● la loro ricerca unisce arti performative, mediali, danza e suono ● creano opere fusion, tese ad illustrare metafore di temi di molte discipline (filosofia, antropologia, scienze), dai quali estrapolano miti, simboli e idee da agire Nelle loro opere:  la centralità del corpo è decisiva, al fine di interpretare con il movimento concetti normalmente espressi in maniera statica dalle rappresentazioni simboliche: emblemi, effigi, assunti filosofici. DROP Suite suddivisa in 7 capitoli non collegati cronologicamente, ma collegati all’idea di caduta. È una riflessione sul convergere precipitoso e incontrollabile degli accadimenti. Si considera il corpo come strumento fondamentale nel processo di controllo del mondo fenomenico. Si costituisce intorno al binomio controllo-infinito, presente nell’agire coreutico ma esteso a principio generale su cui si costituisce l’agire umano. Si ha una riflessione sull’attitudine umana a controllare ogni aspetto della vita e la casualità e gli si oppone. Il ciclo delle opere si basa sul controllo di elementi casuali e caso come impossibilità di ottenere tale controllo. Echoes of a Forgotten Embrace (2016) Illustra una sorta di tomografia inversa, un tentativo della memoria di ricostruire la frammentazione dei corpi dopo un trauma. “Un luogo in cui il tempo e lo spazio non si comportano nel modo in cui siamo abituati”. Una sorta di limbo in cui i corpi tentano di ricostruire la loro immagine per grappoli di pattern che a loro volta generano forme irregolari. In Echoes of a Forgotten Embrace vediamo l'incontro di due corpi in una dimensione liminale, un luogo dove i movimenti conservano la memoria del passato e creano una sintesi dell'intera azione. Il lavoro è stato creato con un mix di proiezione del corpo, light painting, randomizzazione in tempo reale e tecniche di animazione CGI. Timepulse (2017) Interrogativo bergsoniano sul tempo in rapporto alla memoria e coscienza, il cui fluire determina la percezione della realtà. È composto da 3 momenti: 1. Tempo come flusso interiore: veloce rincorrersi di inquadrature, un fluire disordinato di memorie mentre un corpo femminile immerso nell’acqua funge da soggetto rimemorante. 2. Tempo come catalizzatore del dissidio tra conservazione e disfacimento del corpo: l’intervento del software gioca con il corpo e le sue movenze sottolineate o nascoste, deturpate o esaltate da una sostanza vischiosa. 3. Tempo presente e inafferrabile: acqua sotto forma di pioggia che dilava un viso portando con sé persino i suoi lineamenti. La continua presenza del corpo, sinonimo di coscienza terrena, si fa consapevolezza dell’illusorietà della persistenza. Una riflessione sulla difficoltà di vivere l'attimo presente prima che diventi ricordo, sulla paura dell'inesorabile marcia del Tempo. Sense of Place (2015) Reazione tra corpo e spazio: il loro sovrapporsi genera il senso di un luogo e la coscienza che si ha di esso. Descrive una sensazione soggettiva di un determinato luogo di chi ne fa parte. Il termine "senso del luogo" può descrivere sia una disposizione delle caratteristiche che rende un luogo unico, sia la sensazione e la percezione del luogo vissuta dai corpi viventi che ne fanno parte. Il corpo è il nostro mezzo generale per avere un mondo e il nostro rapporto con lo spazio è inevitabilmente connesso alla cultura e modellato dal tipo di corpi che abbiamo. Kintsugi (2014) Il video inscena la sintesi allegorica di un evento traumatico e doloroso, risorgere di un corpo che danza la propria ferita, rappresentata in modo alquanto efficace da un costume di garza e dalle stampelle. Le cicatrici sono collegamenti agli eventi che le hanno causate. Molto spesso questi eventi sono traumatici. Kintsugi, che significa "falegnameria d'oro", è la tecnica giapponese di rammendare ceramiche rotte con resina riempita d'oro. Ogni ceramica riparata ha un motivo unico e irripetibile di linee dorate dovute alla casualità della frantumazione. Questa tecnica ha le sue radici nella convinzione che l'oggetto sia più prezioso e bello con la sua storia rivelata. Anche i corpi ci raccontano la loro storia. Alcuni di loro lo dicono ad alta voce. Blackhole Edge (2019) Pone la questione del dolore e i suoi effetti sulla personalità del soggetto vulnerato. Non esiste un’univoca forma d’esprimere il dolore, esiste un common ground culturale, determinato dalla società, nel cui contesto la sofferenza assume caratteristiche stereotipe anche di senso, m esse (rappresentate da ambienti clinici freddi), il soggetto oppone la propria condizione mutando schemi fisici e mentali atti alla ricostruzione dell’unità del sé infranta dall’infortunio e dal suo doloroso decorso, trovando al proprio interno nuove ragioni i vita, nuovo slancio e accanimento nella volontà di sopravvivenza. Nel video, il corpo ferito rattoppato da lamine e viti metalliche, si ricostituisce su nuovi vettori energetici e fisici. Sebbene non esista una percezione univoca della natura della sofferenza, esiste uno stretto legame con una visione dell'esistenza che viene sempre declinata nello spazio e nel tempo dell'evoluzione culturale. L'irruzione della potenziale infinità del dolore nella vita delle persone altera e trasforma la loro visione del mondo, così come la loro conoscenza personale della morte. Nel momento in cui l'unità dell'uomo viene infranta dall'esperienza del dolore, avviene una nuova misurazione e configurazione. È l'inizio della costruzione di una nuova immagine di sé. Altri video che non appartengono alla suite: SINGLE #DOUBLE #TRIPLE (2013) Opera di video danza pura in cui movenze, ambientazioni, mirror effect permettono l’unicità delle coreografie. Elemento spettacolare come elemento della coscienza artistica. È un'opera d'arte video di danza incentrata sulla triplicità, la percezione e la natura umana. Il concetto di triade o trinità esiste da un tempo incommensurabile e in tutto il mondo. Appare come un simbolo diffuso in diversi sistemi filosofici, religiosi e scientifici e può essere interpretato come una chiave per l'integrità e l'interdipendenza di tutta l'esistenza. Alcuni videoartisti conferiscono al corpo un rilievo emblematico e lo pongono al centro della riflessione sui rapporti umani, dalla più domestica relazione di coppia, alla più generale condizione della donna nelle società contemporanee, dove si riscontrano conflitti e dissidi di ogni ordine e grado: religioso, steriotipi, violenza sulle donne. I prossimi artisti fondono dei linguaggi che genereranno un ibrido video performativo, in cui predomina uno sviluppo allegorico, una narrazione, una disposizione da “set”. In queste produzioni ha ruolo rilevante il software che consente di ottenere specifici effetti per enfatizzare un’azione part icolarmente significativa. Elena Bellantoni ---- (Vibo Valentia, 1975) Temi: ●Corpo ●Spazio ●Parola: parte fondamentale della comunicazione. Ha il compio di attuare il processo relazionale. Il suo lavoro: ●indirizzato verso l’analisi della dialettica alterità/identità tra: - uomo-donna - problema dell’immigrazione ● Lavori etico-antropologici ● Opere polifoniche - Miscela di linguaggi (documentario, videoarte, performance) ● Video, installazioni, performance (confine tra cinema sperimentale, video e performance) Nelle sue opere:  fa interagire le persone e ne osserva i comportamenti  si cimenta in prima persona imbastendo un fitto dialogo con l’altro se, alla ricerca di un punto di contatto o di scontro.  analizza le dinamiche interpersonali costruendo attorno a loro uno spazio scenico, che contienitene e permette di agire. Ich bin… Du bist (2009-2010) È un lavoro sul significato e il valore del linguaggio, in questo caso del linguaggio amoroso e sullo stereotipo che esso genera. Un lavoro circolare sulla relazione di coppia in cui un lui e una lei palesano i loro pensieri di fronte a un confessionale nella campagna romana. Mette in scena la relazione di coppia e i suoi stereotipi linguistici tramite riprese in campo lungo e primi piani, mentre recitazione esprime il trasporto emotivo. La camera riprende con un campo lungo la scena in cui il confessionale funge da interfaccia tra i due amanti, quando il campo si stringe sui primi piani ecco svelati dallo sguardo i pensieri inconfessati, sull’odio tra i due. La coppia cambia totalmente registro di linguaggio. È un’opera sull’ambiguità e reversibilità delle relazioni di coppia e la loro catastrofe. La ragazza dello Spielplatz (2011) In lingua tedesca Spielplatz significa parco giochi, Spiel equivale alla parola inglese gioco, il gioco nel senso di rappresentazione teatrale. In La ragazza dello Spielplatz questo luogo corrisponde allo spazio del teatro e della fantasia: ala ragazza lo percorre, lo segna e travasa per riappare lo spazio considerandolo una sorta di elemento vivo. L’artista è alla ricerca della propria identità in un teatro; vediamo l’esplorazione dello spazio e ricerca di una possibile identificazione con i suoi oggetti che si conclude con l’incontro con il suo doppio, la sua anima creativa, in una reciproca identificazione. Looking for E. B. (2012) È un video doppio canale pensato come installazione. C’è un’indagine autobiografica tesa a una definizione identitaria familiare e di genere: è una narrazione familiare al femminile in cui la protagonista trova il suo spazio e la sua forma attraverso un passaggio fisico e visivo da una parte all’altra dello schermo. Viene messo in scena un universo tutto al femminile. La storia dell’artista si sovrappone a quella di Effi Briest, protagonista di un romanzo ottocentesco di Theodor Fontane. L’artista sceglie come set la Kunstaum Kreuzberg Bethanien, il museo della mostra, che anticamente era un ospedale dove al suo interno vi era una vecchia farmacia dove vi lavorava lo scrittore Fontane. Usa il colore blu, come il farmaco prodotto in questa farmacia per curare l’isteria delle donne. La protagonista, l’artista, trova il suo spazio e la sua forma attraverso un paesaggio fisico e visivo da una parte all’altra dello schermo. I giocatori (2014) Senza certo dimenticare noti ed illustri precedenti nella storia dell'arte - i giocatori di carte di Cézanne, la partita di Duchamp... - l'artista propone in questo video. Interamente girato nell'Area Archeologica di Fratte, un'interpretazione del gioco - che è, assieme, scontro e seduzione - grazie al quale due individui (due identità) si misurano e si conoscono. In questo caso, a fronteggiarsi sono il critico Angelo Trimarco e l'artista Elena Bellantoni, protagonisti di una partita silenziosa che non potrà mai veramente concludersi: quando la camera si stringe sul tavolo a cui sono seduti viene infatti svelato che i due stanno giocando ad un solitario. Questo perchè in realtà "la pratica artistica e quella critica solitarie si nutrono dello stesso percorso fatto insieme". Le rispettive autonomie disciplinari separano il critico e l’artista, ma entrambi lavorano in un unico campo condiviso: l’arte Family (2012) L’artista enfatizza gli aspetti negativi della famiglia. All’interno delle dinamiche familiari uno diventa l’ostaggio dell’altro. Una contesa reciproca, dove la famiglia che dovrebbe essere un nido rassicurante diventa una gabbia che imprigiona. Dinamiche che legano in rapporti ricattatori e manipolatori i membri del nucleo familiare, in una tesissima danza simbolica. Ibridazione formale tra linguaggio pubblicitario e grande affresco barocco, sfondo bianco e figure vestite di colori sgargianti Quando ci sarà qualcuno in grado di sorreggermi (2016) L’artista enfatizza gli aspetti positivi della famiglia Piano sequenza, slow motion. Una voce di donna narra un episodio domestico il cui senso introduce e spiega l’inquadratura successiva. La donna, adagiata su un fianco lungo il divano, viene progressivamente aiutata e vestita dai propri figli, per terminare con l’immagine che dà senso al titolo: l’impegno materno ripagato solo quando i figli saranno in grado di restituire quanto ricevuto. Temporary (2013) Dramma privato e comune della necessità di lasciare la casa dove si è cresciuti Una casa dove spariscono uno dopo l’altro i mobili, che si svuota di tutto, compresa della padrona di casa. Casa e figura umana restano entrambe nude, perdendo ogni traccia della memoria di sé e della propria identità. Dust Grains (2014) I granelli di polvere negli occhi provocano lacrimazione. Così come i ricordi d’infanzia, quando riaffiorano, e riflettendosi negli occhi, generano lacrime di commozione. Tempo di letture 1938-2015 (2016) Una foto del padre ancora bambino, intento nella lettura di un libro, dissolve lentamente sostituita dall’immagine presenta e viva di un genitore ormai anziano che chiude il libro iniziato da fanciullo. Il libro della vita che assume il sembiante domestico di una lettura infantile che termina con la vecchiaia Leoni&Mastrangelo Duo: Francesca Leoni (Forlì, 1972): ha una ricerca che verte sul corpo come cassa di risonanza di emozioni che mantiene in luce il rapporto tra l’essere umano e la vita contemporanea. Davide Mastrangelo (Eboli, 1989): ha un occhio videografico che concentra la sua attenzione sulla ricerca dell’immagine evocativa e la sintesi dello spirito del tempo. Inizialmente uniti nel progetto estetico “Con.Tatto.” Ricerca artistica: si focalizzano sulla condizione umana nelle società contemporanee Temi: ●Relazione uomo-donna ●Rapporto di coppia ●Usi e costumi dei popoli ●Strumentazioni ideologiche e religiose Nelle loro opere: sono azioni simboliche in grado di esprimere l’invisibile (emozioni, stati d’animo), grazie al sapiente montaggio delle riprese in digitale. Person-A (2013) In latino la parola "Persona" rappresenta la maschera dell'attore e il personaggio che interpreta. Questo lavoro riguarda la maschera che ognuno di noi indossa nella vita per relazionarsi con gli altri. Si tratta di cercare la verità nell'altra persona. L'unico modo per scoprire questa verità è andare oltre la maschera. L'atto di togliersi la maschera è una performance simbolica eseguita da Leoni & Mastrangelo alla ricerca del vero sé degli altri. Solo attraverso il contatto profondo con l’altro si può raggiungere la verità della propria intima essenza In-difference (2013) Sulla condizione femminile nei paesi arabi. È un pretesto socio-politico per giungere a denunciare la sovraesposizione mediatica, cui gli individui, nelle società occidentali, sono sottoposti quotidianamente da vecchi e nuovi media, generando un’inevitabile indifferenza da parte delle gente posta di fronte alle sofferenze della condizione umana. 2 personaggi abbigliati nello stile mediorientale avanzano lentamente verso l’obiettivo, mentre alcuni passanti attraversano la scena, ignorandoli. L’uomo, reso cieco da una benda sembra risvegliarsi con trasalente stupore non appena la donna gliela toglie, e a sua volta l’uomo strappa il velo che copre il viso della donna, per liberarla e lei urla tutto il dolore della sua contraddizione. Equi-librium (2014) Equilibrio. Una parola latina composta da "equi" (lo stesso) "librium" (peso). Ma qual è il vero significato di quella parola dentro se stessi, dentro una coppia, dentro uno spazio? Come può il caos diventare equilibrio? Questo è un lavoro sulla ricerca dell'equilibrio. Coppia intesa come la ricerca di un bilanciamento che permetta alle rispettive parti di svolgere il proprio ruolo attivo nel rispetto delle esigenze dell’altro. Le individualità intessono un dialogo fatto di distanze e racvvicinamenti, e rischiosi bilanciamenti. Di pari peso devono essere le parti in una coppia, per questo il video bilancia perfettamente la composizione. Dicotomia (2014) Spazio e tempo, luogo e percezioni, tutto viene amplificato oppure annullato; allo spettatore la facoltà della lettura. Impegno, desiderio di reinventarsi. Capacità di riscoprirsi. Volontà di ritornare. Due corpi, due entità (duali) che vivono l’uno attraverso la presenza dell’altro in perenne clandestinità, senza pretese. Il risultato è vivere la scena in una nuova dimensione dove i corpi appaiono in attesa dell’ultima, trasformazione. Alla ricerca dell’ultimo movente. I personaggi figurano distanti anche se ancora uniti da una lunga striscia di stoffa nera Androgynous (2015) Versione contemporanea del mito dell’androgino, dalla separazione la storia degli opposti non è stata altro che una serie di inconciliabili conflitti di potere e incapacità di collaborazione. La nudità rappresentata può essere intesa come universalità dei principi a confronto espressa dall’autenticità dei corpi; l’azione si svolge in tre momenti: 1- Inutilità dell’unione, incapacità di guardare nella stessa direzione 2- Separazione cosciente 3- Principio di individuazione Simulacro (2016) Simulacro: parvenza, immagine, rappresentazione esteriore, iper-realtà. Anticamente riferito ad una immagine divina, oggi è inteso come effetto della manipolazione delle coscienze e dell’autenticità delle relazioni sociali. Nell’era della comunicazione globale via Internet, i fatti e le persone reali scompaiono cedendo il posto ad un’apparenza artificiosa, alla loro autorappresentazione. Inesorabile è la diffusione del narcisismo e del mito filtrato della propria immagine. L’essere umano diventa, quindi, cultore di se stesso. L’immagine mediata del proprio io si mescola con il flusso fagocitante dei social. Siamo ben oltre la società dello spettacolo a cui si riferiva Guy Debord: oggi la società è lo spettacolo. I dispositivi tecnologici e la Rete hanno offerto la possibilità a chiunque lo desideri – e sono milioni di persone, ormai – di creare il personale simulacro di se stesso, performer ingenuo della sua stessa vita autorappresentata e diffusa capillarmente sui network, fruita da altrettanti esibizionisti e voyeur. Nell’opera di Leoni e Mastrangelo, tutto ciò è assai evidente, ma a ben osservare si aggiunge un elemento di non immediata individuazione il quale aumenta di molto la complessità dello scambio simbolico tra individui. La relazione è mediata da un dispositivo che rimanda l’immagine virtuale di ciascuno, ma tale immagine è manipolata dall’altro quasi volesse adattarla a proprio piacimento. Si ottiene così un gioco di rimandi infiniti tra rappresentazione ideale del sé e proiezione dell’ideale dell’altro su di sé. In questo senso la Rete diviene il luogo in cui si libera l’inconscio, e il simulacro, più che una falsa rappresentazione, diviene una reale illustrazione delle proprie nevrotiche idealizzazioni. Quell’oscuro negare la concretezza del proprio volto, a chiusura della video performance, indica simultaneamente l’assenza di relazioni concrete e il vuoto identitario su cui orbitano i molti volti di un Io fittizio. Ego-Crazia (Francesca Leoni, 2016) Discostamento da un’idea tradizionale di videoarte, attori che mettono in scena comportamenti simbolici, apertura ai linguaggi teatrali ma senza concedere nulla alla narrazione. Azione nell’allegoria; alcuni personaggi cercano di conquistarsi un posto a sedere, sedia come simbolo di potere. Riprese dinamiche quasi a creare una danza. Un attore rimane solo con la sedia ma con teatro completamente vuoto: l’uomo senza riconoscimenti sociali non è nessuno. Fr-Agile (Francesca Leoni, 2012) Conflitto tra realtà e aspirazioni; Potenzialità del software e della postproduzione, da un corpo seduto con le mani legate si dipanano ulteriori braccia che cercano l’aria, un crescendo le moltiplica. Nel finale la performer libera da ogni costrizione alza finalmente le braccia. Jacopo Jenna ---- (Firenze, 1980) Coreografo, performer e filmaker. Ricerca: indaga la percezione della danza e la coreografia come una pratica estesa, generando vari contesti performativi in cui ricollocare il corpo in relazione al movimento. Si occupa di formazione e percorsi educativi per varie fasce di età elaborando nuove strategie di relazione con l’arte perfomativa. Nelle sue opere: Utilizzo del video come verifica delle possibilità del corpo sottoposto alla disciplina coreutica Rapporto analitico tra video e danza Unione tra cinema sperimentale + danza + performance + videoarte = una sorta di drammaturgia visiva che porta il corpo a una dimensione altra, ricerca di una prima forma estetica attraverso la ricerca di location e trasformazione di materiali, evidenziazione del corpo. The Visible Man (2008) Il lavoro nasce da una riflessione scaturita dall’immagine di un modellino anatomico giocattolo in plastica, che è una accurata riproduzione in scala del corpo umano, creato come strumento educativo per adolescenti. La pelle risulta trasparente e permette dall’esterno la visione delle ossa e degli organi interni. Pelle come soglia tra il visibile e l’invisibile del corpo, essa lascia oscura la parte interna, caricando di significati la parte esterna. Il nostro corpo risulta visibile ed accessibile esteriormente, attraverso la pelle, la carne, ma anche il suo volume, la profondità, la tangibilità. La luce ha poche possibilità di penetrare all’interno, le viscere e le ossa passeranno tutto il loro tempo al buio e resteranno inaccessibili. Non abbiamo una coscienza visiva dei nostri organi interni, dei loro ritmi e dei processi psicologici che ci tengono in vita. Il nostro corpo in questo senso ci risulta assente, oscuro, invisibile. L’individuo tenta di rappresentare se stesso escludendo il proprio interno e nella società contemporanea l’esterno diventa sempre più forma e funzione dell’essere. Crediamo in ciò che vediamo, precludendo ogni verifica dall’interno, ogni verifica empiricamente tattile. La parte centrale del lavoro si sviluppa nelle sale del museo di Storia Naturale “La Specola” di Firenze, luogo per eccellenza della visibilità anatomica e dell’esposizione immobile di ciò che è all’interno del corpo umano ed animale. Il museo viene presentato come luogo del visibile, luogo dell’esposizione e luce dell’interno. La presenza dei corpi nel movimento si scioglie, prendendo una forma altra in un continuo riflettere su ciò che è visibile e ciò che non lo è. Il video è in 6 capitoli: 1. “Il mio corpo è visibile solo se conforme a un codice”: codice interpretato da alcuni performer come somiglianza ai resti degli animali nel museo di scienze naturali. Le figure sono rese impersonali dall’abbigliamento, esse danzano nella Specola di Firenze cercando un dialogo impossibile; anelito a disvelare l’interno del corpo attraverso lo scioglimento interiore; Il video indaga il concetto di visibilità attraverso sei capitoli fisici, che presentano apparizioni e passaggi di corpi sfuocati, sfuggenti e anonimi in luoghi diversi dove la realtà si intreccia al surreale. Dove c’è molta luce l’ombra è più nera (2009) Il titolo del lavoro è una citazione tratta dal testo di J.W.Goethe “La teoria dei colori” (pubblicato nel 1810) che rivendica la centralità dei sensi nell’uomo nell’apprendimento dei fenomeni naturali, identificando nell’occhio l’unico strumento fisiologico per cogliere la luce ed i colori. Il video si sviluppa intorno ai concetti di percezione ed ascolto intesi come spazi di definizione di senso, in quanto nel mondo fenomenico tutto esiste soltanto come relatività. Attraverso l’ascolto si genera un’apertura del e nel corpo, questa dilatazione ci porta fuori da noi stessi creando molteplici rinvii. Il lavoro crea una dimensione onirica dove una stanza viene percepita e definita attraverso il lento aumento dell’intensità cromatica, dove l’ascolto di un corpo nero luminoso crea passaggi di stato trascinando via nel tempo forme organiche e colori. Il lavoro è una riflessione surreale sulla percezione del corpo e dello spazio, che privilegia l’udito sulla vista. Esperimento per aprire stadi della materia e della coscienza che ne osserva gli effetti; Una figura nera vista di spalle si staglia su un muro vicino ad un’ombra deforme, prima di rivelarsi una sorta di Venere carbonizzata, simbolo del passaggio dall’organico all’inorganico. Poi le pareti sono solcate da rivoli di amido di mais, materiale che dipende dalle forze. The Dying Lilium (2016) Rapporto uomo-ambiente, una donna rappresenta Madre Natura. È una video performance che indirizza la sua ricerca verso il delicato rapporto fra Genere Umano e Natura, nel tentativo di evidenziare come sia insito nella nostra mentalità “evoluta” il desiderio del possesso e dello sfruttamento, con la conseguente rottura dei fragili equilibri che ci circondano. Nel Video, l’umanità è immersa in perfetta simbiosi con la Natura da cui trae nutrimento (qui rappresentata da una Donna, archetipo multiculturale della forza generatrice della vita sulla terra); questo precario equilibro si rompe tuttavia nel momento in cui la razza umana diventa cosciente dell’origine del proprio sostentamento, e mossa dall’ingordigia vi si avvinghia in una stretta fatale. È il nostro giudizio, svincolato dai primari istinti di sopravvivenza, ad avere la capacità di influire così radicalmente sul destino del nostro pianeta, gravandoci di una responsabilità dalla quale non possiamo tirarci indietro. RiGenerazione (2017) Natura come fonte di rigenerazione per un’umanità dolente e ferita. Madre Natura è un’instancabile guaritrice, se ci avviciniamo a lei con cura e la dedizione necessaria. Lo stile di ripresa inconfondibile oscilla tra primi piani e inquadrature ampie che coinvolgono anche elementi naturali. Dolorosa Mater (2017) Sussurrati fuori campo alcuni estratti del Manifesto di Rivoluzione Femminile apparso sui muri di Roma nel 1970, accompagnano l’azione dell’artista alla quale è stata cancellata la bocca. Denuncia la fatica che le donne sono costretta a subire per affermare i propri diritti. Il silenzio è spesso manifestazione di una limitazione esterna; un’imposizione fisica, psicologica e sociale che l’artista sceglie di mostrare concentrandosi sulla figura della donna, costretta a causa della sua identità sessuale ad una costante lotta per la propria affermazione sociale ed espressiva. Eleonora Manca --- (Lucca, 1978) Artista visiva, videoartista, videoperformer, fotografa. Temi: ● metamorfosi ● memoria del corpo ● Illustrazione del corpo etereo, fragile e vulnerato ● Corpo come segno di tutti i corpi, conciliazione presenza perentoria del corpo con la sua rappresentazione digitale Nelle sue opere: ●Utilizza vari media → principalmente fotografia e video ● Al fine di creare percorsi comunicativi mediante installazioni e micro-narrazioni, spesso attraverso la compenetrazione tra immagine e parola. ● Opere asciutte ed essenziali ● Utilizzo di sfumature declinate nella gamma dei grigi (B/N come rappresentazione del reale, no colore) ● Postproduzione indispensabile, essa permette di superare i limiti della fisicità ● Video apocalittici, rivelanti ibridazione di linguaggi videografici, performativi e documentari Pensiero: l’artista compie una ricerca sull’anti Body Art, poiché in essa il corpo nella sua esibizione è al centro, nelle opere di Manca la rappresentazione non è autoreferenziale, ma filtrata dal mezzo che utilizza e dalla luce di quel determinato momento. Pictures from Morbid Anatomy (2013) Necessità di mettersi a nudo. Immagini di torture e autopsie rendono oggettiva l’auto-esplorazione alla ricerca delle origini del proprio dolore per superarlo, o assumerne le fattezze. Uncalled for Anatomy (2015) Sviluppo del processo di identificazione, raggiungimento nuova fase di consapevolezza, l’artista indica il costante cambiamento come il fine richiesto dall’esistenza. Il dolore non tollera forma dunque irrompe una specie di forza straniera che disordina la respirazione. L’artista cerca di dare una forma al dolore costantemente, traghettandolo tramite gesti che nascono in lotta con il respiro; il senso della mia arte sta nella coscienza di un corpo inteso come confine, nell’accezione di linea netta tra se e il resto del mondo. Acquisire consapevolezza del tempo e dello spazio come risultato di aver cambiato pelle osservando, durante quella continua metamorfosi, l'unico esito finale possibile. All'incrocio verso un nuovo essere che, sebbene non ancora diverso da se stesso, sta per diventarlo. I Sing the Body Electric_Borderskin (2012) Prima opera video, capostipite di una suite di 5 video. Il progetto I Sing the Body Electric parte da un verso di Walt Whitman, e ruota attorno al tema del corpo inteso come confine. Un confine tra pelle, cornice e spazio. Il corpo è trattato come fosse un linguaggio in cui il sé narrante e il sé raccontato si sovrappongono, e si rivela attraverso la percezione dello spazio fuso con la pelle dell'artista. Rappresentazione della scorticazione di un corpo: la relazione tra il mondo e il sé dipende da un costante rinnovamento dei limina corporali. METAMOR(ph) (2015) Frase ripetuta durante il video: «Nulla è più fragile della superficie» Riflessione sulla relazione tra pelle, intesa come superficie, e gli effetti che la trasformazione ha su di essa mentre assume tutta la fatica del processo metamorfico, rivelandone l’estrema delicatezza strutturale. La fragilità appartiene a ogni essere vivente nei momenti di crescita o di passaggio, e all’anima, quando intuisce l’obsolescenza dei suoi antichi attributi, le ali, o di antiche protezioni, la maschera, che restano come reperti, ordinatamente conservati, a cui tornare, rilkianamente, come fonte menemonica e identitaria: l’origine che sempre si rinnova ad ogni ritorno. PARTORIR(SI) (2015) Nel silenzio, come sospensione temporale e muta gestazione, uno iato tra un sospiro e l’altro. Ritorno e rinascita hanno la stessa radice nella ripetizione, nella sincope reiterata dei gesti che mimano una sofferenza e al contempo cercano di liberarsene. Ripresa in slow motion. It will be like creating new memories (2016) Ricerca di uno spazio. Video in oppio canale verticale: - nel riquadro inferiore immagini della memoria, immagini degli occhi del padre, madre e dei nonni dell’artista, e nei propri da bambina. - messe a confronto con lo sguardo dell’artista che in quello superiore, che tenta di liberarsi di ciglia finte. Gesto di rinnovamento dello sguardo causato dalla ricapitolazione delle sue radici. Provvisorio/Interin (2017) Doppio canale in cui la memoria sovrasta il fluire dei giorni e del nostro cammino lungo il loro dipanarsi tra passato e futuro. Tracce confuse fatte di parole e gesti, frammenti di trame intessute. Un andirivieni di occasioni, anch’esse fatue o pluri-direzionate, in costante trasformazione. Rappresenta la stratificazione fisica dei flussi eidetici. Note About (2017) È una riflessione sull'identità dei ricordi nel cui nucleo c'è qualcosa di vero sul "noi" che non può essere rivelato, nemmeno dal diario più straziante. Allo stesso tempo, racconta simbolicamente di partire, di ogni possibile obiettivo o di non raggiungerlo mai. Le porte, la destinazione. Il passaggio. Seguendo le nostre orme e i nostri predecessori, finché non ci fermiamo prima del nostro respiro. Lo stato nascente in continua trasformazione, lungo il confine che collega passato e presente. Approfondimento del tema della memoria e del suo fluire incerto. Tre canali verticali: - linee verticali e rette di una scala percorsa da anonime figure, - mare che ondeggia e spuma sul bagnasciuga. - Al centro qualcuno tenta di collegare forme inconciliabili. Un sotteso discorso sul viaggio, la partenza, l’arrivo, il non arrivare mai. Ciò che unisce la memoria al viaggio è il transito, la condizione esistenziale dell’impermanenza. Vedersi visti (da qui, sottrai) (2018) Riflessione sui molteplici aspetti della percezione che secondo Manca implica una molteplicità di mondi e solo una mente aperta la dubbio può comprenderle. Il vedersi visti amplifica le prospettive di senso. Riflessione sulla sottile differenza tra "vedere" e "guardare"; sul processo di vedere ciò che ci circonda e ogni nostra mutazione in modo diverso. Un invito a vedere noi stessi nell'atto di vedere. Ogni percezione non è un processo che si svolge nel nostro cervello isolato, ma fa parte di una metamorfosi incessante che collega ogni cosa alle cose circostanti e alle loro influenze reciproche. Tutto ciò che ci circonda è incerto, essendo in costante cambiamento. Restituire al dubbio e all'incertezza il loro valore evolutivo ci permette di deviare da un dato percorso, modificando ogni nostro atto e pensiero. Se siamo aperti a mettere in discussione principi dati per scontati, un campo di indagine sconosciuto e nuovo è davanti a noi. Mutare significa fare una deviazione da se stessi. Per vedere con occhi nuovi tutto quello che pensavamo di aver già visto. Vedere con i propri occhi. Contro l'idea caparbia che siamo incapaci di esplorare le ombre nascondendo le chiavi per sbloccare nuovi modi di guardare, perché non sperimentiamo l'esistenza di nulla al di fuori di noi stessi se non attraverso il rapporto evolutivo tra significato e significante che il nostro cervello, corpo e memoria assegnalo. Quindi, imbattersi in qualcosa che “sembra familiare” non significa che riporterà necessariamente indietro la nostra memoria. Data in luce (2018) Accostamento azione performativa alle fasi di una farfalla uscita dal bozzolo. Caduta come opportunità di rinascita. Citazioni alla luce e alla sua funzione rigenerante e salvifica. La caduta come circostanza inevitabile per rialzarsi. Come possibile necessità "di volare". Dopo la schiusa, la farfalla rimane con le ali spiegate e le espande rilasciando emolinfa nelle nevrazioni. È importante che le ali si aprano rapidamente prima che si induriscano, altrimenti potrebbero rimanere permanentemente fuori forma. Dopo ogni caduta i nostri pezzi sembrano connettersi in modi sempre mutevoli; ogni volta una nuova ricerca di espansione. Cosa diventerai per restare in piedi? Cosimo Terlizzi ---- (Bitonto, 1973) Manipolazione diversi linguaggi e dispositivi audiovisivi: - cinepresa - videocamera amatoriale - super8 - smartphone - skype Con una tale leggerezza identica a qualsiasi utente medio. Dalla metà degli anni Novanta sperimenta nel suo lavoro l’uso di diversi media, dalla fotografia alla performance, dall’installazione al video. Nelle sue opere: ●cerca di ridare quotidianità alla sua generazione ●Aggiunge sensibilità ●Rappresenta usi e costumi di un’intera generazione Temi: ●Affresco di usi e costumi di un’intera generazione e le relative modalità comunicative e comportamentali ●Ibrida presenza simultanea di cinema e videoarte Ritratto di Famiglia (2001) Una clas-sica posa fotografica di una famiglia ital-iana del tardo otto-cento, un movi-mento di macchina da presa che riv-ela, senza alcuna parola, seg-reti incoffessabili. Ritratto di famiglia é la fotografia di una ricca famiglia in posa del 1867. I nos-tri archivi sono pieni di opere sim-ili ma ad un occhio attento ogni istante fotografato potrebbe con-cedere sor-p-rese nar-ra-tive. La fotografia diventa unico stru-mento filmico per Cosimo Terlizzi, una prova che si può rac-con-tare con poco. Terlizzi uti-lizza la foto della famiglia in posa come uni­verso da esplo­rare attra­verso l’utilizzo di micro-carrellate e ingrandi-menti, con­cen­trando l’attenzione su quello che c’è e mer­av­igliosa­mente tutto può sug­gerire qual-cosa. Il fotografo, di cui non si conosce il nome, ha real-iz-zato il ritratto come nell’uso dell’epoca: la famiglia al com­pleto doveva assumere una posizione immo­bile per evitare sfo-ca-ture, e cer-care di man-tenere a lungo tempo un cenno di sor-riso; anche le posizioni delle mani erano impor-tanti, ma qual-cosa può sfug-gire al con-trollo, e quella che doveva essere la famiglia felice si riv­ela all’obiettivo piena di intrecci clamorosi. L’artista pensa a una delle caratteristiche tipiche della fotografia: ogni immagine possiede almeno due aspetti di significanza: - Denotativo, ciò che vediamo oggettivamente - Connotativo, significato assunto collegato con la forma mentis e gli effetti delle comunicazioni di massa. SN, via senza nome casa senza numero (2002-2008) Una pellicola Super8 riversata in digitale, audio preregistrati, riprese a camera fissa. Rappresenta 8 episodi che illustrano momenti quotidiani di persone reali, adolescenti e bambini. È una riflessione sul mezzo, le sue caratteristiche estetiche e potenzialità narrative. La realtà ripresa sembra sotto osservazione. L’artista sembra voler far coincidere il soggetto della ripresa con la modalità della ripresa, includendo entrambi nell’estetica dell’home movie. La scarta qualità dell’immagine e la pasta del super8 sembra perfetta per dare l’aspetto di reperto d’archivio storico. La super8 diviene metafora dell’arcaicità dell’ambiente, l’audio metafora parodistica della realtà, i personaggi metafora del contrasto tra innocenza e cultura del consumo artificiale. Fratelli Fava (2007) Interpreta l’essere al mondo dei gemelli Fava. I fratelli condividono una casa, fanno la doccia insieme e si scambiano i vestiti, ma si tratta di una relazione che nasconde delle tensioni, la necessità di entrambi di distinguersi l’uno dall’altro. Il masso è l’elemento che unisce i due destini e simboleggia la precarietà dei loro rapporti, fino al conflitto aperto, ovvero quando uno dei gemelli solleva la pietra sulla testa dell’altro: gesto omicida o esaltazione dello sforzo relazionare? L’opera indaga l’essere più profondo e visionario della gemellarità attraverso un continuo confronto e scontro delle due figure. I fratelli sono diversi eppure sembrano la stessa cosa. Tutto ciò è una metafora del rapporto che c’è tra cinema e videoarte, un rapporto ambiguo fatto di sconfinamenti continui dei rispettivi ambiti. SO LUCKY (2012) Riflette sul dolore che trasforma fisicamente e psicologicamente. Dopo un grave incidente l’artista ha deciso di documentare la sua sofferenza e quella di alcuni pazienti traumatizzati dell’istituto ospedaliero di fisioterapia che frequentava ogni giorno. I primissimi piani delle riprese, decontestualizzano il soggetto ritratto, raccontano il dolore e la volontà di superamento del trauma, svelando un labile confine tra il piacere e il dolore. Rit Bianca! / Smile Bianca (2014) Indagine documentaristica della realtà, miscela di videoarte e antropologia visuale. I suoi nonni sono i performer, ai quali Vrizzi fa delle domande. Video diviso in tre momenti, bacio e intervista, nonna vestita da uccello, e funerale del nonno. In “rît Bianca!”, con un approccio quasi antropologico, chiedo ad una coppia di anziani (i miei nonni) di baciarsi; a seguito di alcuni goffi tentativi faccio loro una breve intervista. Dalle loro istintive, sintetiche e ironiche risposte, emergono in realtà significative possibilità di riflessione sui ruoli. Family Portrait (2012) Contaminazione di Bill Viola. Lenta carrellata laterale volta a presentare la propria famiglia. Siedo, impolverata, ad un tavolo. La mia famiglia, in piedi affanco a me, soffa via la polvere che si è depositata sul mio corpo. Famiglia che ci nutre e ci divora. Godiamo di questo duplice aspetto, fondamento dell’amore, contraddittorietà senza soluzione. Parlo dello scorrere del tempo e degli affetti. Blinding Plan (2011-2018) Riflessione su alcuni statuti dell’arte contemporanea, in un momento di incompatibilità con i molti. Critica al “pellegrinaggio culturale”, indignazione per la politica italiana Il progetto nasce in seguito alla dichiarazione di Tremonti “con la cultura non si mangia”. Foto e riprese video al MoMa (NY) e il MAXXI (RM). Vrizzi sottrae l’opera alla visione del pubblico per cristallizzare le sue reazioni, evidenziandone lo spaesamento. Sono partita da un’idea molto semplice. Scatto foto nei musei d’arte contemporanea, poi faccio sparire le opere esposte. Ho immaginato, come potrebbe essere un mondo senza arte contemporanea, un mondo che non vive di ricerca e sperimentazione ma di solo di passato. Innanzitutto, quello che rimane è lo spaesamento della gente di fronte all’arte contemporanea. C’è ancora molta distanza da colmare. Gli sguardi al vuoto del pubblico denunciano l’incapacità di vedere e capire l’arte che ci viene imposta/proposta. In secondo luogo molto spesso sembra quasi che la gente vada al museo per poter dire “Ci sono stato anch’io”, un po’ come quando si fanno le foto a fianco al monumento per strada. Ma poi non si pensa minimamente a che cos’è quel monumento, che cosa rappresenta. Tanto più oggi, che le strutture museali sono più edifici atti ad essere delle opere d’arte in sé. Bliding Plan / The Cathedral (2018) Secondo video dedicato all’architettura dei musei d’arte contemporanea. Dominante fotografica esalta le architetture dei musei e la loro essenzialità. Evidenziazione dell’assenza di Dio. Rispetto alla fase precedente del progetto, in Blinding Plan / The Cathedral, ho provato a portare la ricerca un passo più avanti, procedendo da un’intuizione, un accostamento. Una volta spogliati delle opere d’arte, i musei mi sono sembrati delle immani cattedrali. Se è vero che non c’è più arte, forse è un segnale in più che non c’è più Dio? Le cattedrali gotiche erano orientate verso est, per intercettare e celebrare il sorgere del sole. Al loro confronto, i musei sembrano cattedrali contemporanee che hanno perso il loro orientamento – come se la cultura non avesse più una direzione. Credo che i musei siano davvero cattedrali: sono tra i pochi luoghi in cui i cittadini possono ancora celebrare il trovarsi, il raccoglimento, la concentrazione, la contemplazione, l’ascendere a qualcosa di più luminoso. E con questa ricerca ho cercato di raccontarlo. 2.Found Footage Found footage, in ambito cinematografico, è un termine che si usa per descrivere film realizzati parzialmente o interamente con un metraggio preesistente, successivamente riassemblato in un nuovo contesto. Si tratta di una pratica di prelievo e recupero, un cinema che parte dai nastri di celluloide impressionata per rimodellarli in una nuova forma. Le pellicole lasciate all'abbandono vengono recuperate e riutilizzate, favorendo l'elaborazione di una pratica differente del cinema, il found footage. Nell’attuale fase ricombinante il found footage ottiene un’accelerazione inedita grazie al software che permette all’artista una potenza di potenza di elaborazione e manipolazione dei materiali audiovisivi che supera anche il suo immaginario. Forse l’unica pratica in grado di illustrare la convergenza tra cinema sperimentale e videoarte, ne risulta un ibrido inedito che mantiene però elementi da entrambi. Sara Bonaventura ---- (Treviso, 1982) Come videomaker indipendente ha collaborato con musicisti e performers, oscillando fra animazioni frame by frame, stop motion, videodanza. Abbraccia un’etica e conseguente estetica lo- fi nelle sue scelte programmaticamente diy. Ama interpolare tecniche diverse di animazione, found footage e girato reale. Faceva videomaking già prima di iniziare a filmare. Cercando di ricomporre il frammentario. Il montaggio è ciò che lega. Se la superficie si rompe, la frattura diventa la superficie; quella rottura significa intensità. Punti di intensità e non suture, per donare libertà di senso e non prigioni di significato. Temi: ●gender ●Femministi ●esplorazione crepe nel tessuto sociopolitico e ideologico occidentale ●Opere come specchio della sua concezione del mondo: «Do It Yourself» Nelle sue opere: ●fonde generi ●Manipola diversi dispositivi elettronici ●Al pubblico è richiesta un’interazione psicologico-immersiva Ricerca: ● intende la propria produzione artistica come luogo in cui realizzare audiovisivamente la propria concezione del mondo Moonbow Thief (2010) Incluso nell’Anthology Film Archives (NY) Si concentra sulle questioni del linguaggio e dei suoi limiti. Il video si presenta come merging di vari segnali analogici e digitali. L’artista usa l’home footage in super8 mescolato al digitale. Metra (2012) Completa un’installazione realizzata dal collettivo Unulaunu per la XXII Biennale di Venezia. Sui toni del grigio, il video mette in risalto l’azione coreografica di corpi striscianti e metamorfici che attraversano lo schermo. Apparentemente senza logica, il gruppo è mosso dalla volontà di mettere in scena della relazione tra corpo e spazio reticolare, la Bonaventura invece si concentra sulla resa coreografica. Metra significa “matrice”, intesa come spazio inconscio in cui appaiono e scompaiono l’io e la sua negazione (ripresa dall’idea di Bracha Lichtenberg Ettinger). Uno spazio liminare e condiviso in cui l’origine prende forma. Mondo Parallel (2012) Videoclip del brano di Von Tesla. Compendio di filmati ritrovati, animazioni e illustrazioni ritagliate, riprese documentarie. Allusione a dimensioni intermedie e alla compresenza di due elementi: “In between there is a twin a double ee”. Mostra il mistero della vita e della morte (simbolicamente una farfalla); e la matura permeabilità di micro e macro cosmo. Protagonista in vario modo è il mondo naturale, in particolare le farfalle, che hanno un carico simbolico metaforico sospeso tra la vita, la morte e la rinascita. RGB (2013) Videoclip per Von Tesla. Una meta-visione, manipolando il digitale, con feedback ed effetti analogici resi con lenti e strumenti fatti a mano. Nessuna narrazione, ma una metafora, della visione, la cui etimologia trasmette un senso di trasporto (qui un trasferimento tra simboli: triangolo cerchio quadrato - bocca occhio mano). Un viaggio attraverso una bizzarra pupilla al limite tra il naturale e il sintetico. Un allievo è un buco che ci permette una visione complementare, tenendo insieme ciò che è e ciò che non lo è. Una sintesi (suggerita da quella cromatica del titolo) indotta ad esplodere o implodere in modo tale che l'unica struttura rimasta è quella ritmica della musica. Allusione alla struttura a pixel del tubo catodico dei vecchi televisori. L’artista miscela segnali analogici con quelli digitali e grafiche di animazione, e ciò coinvolge tutta la struttura del Partenone di Atene. Chronoscope (2016) Mescolamento di riprese HD e animazione. Descrive un processo metamorfico inverso dalla farfalla al bruco. Rappresentazione di una forma d’analisi inversa, tesa alla ricerca di un senso Concept principale: decrescita felice; apparentemente un modo entropico di vedere il passato, l’autrice si chiede se il passato sia in grado di dirci qualcosa sul futuro. Trilogia: Anna, As if the Color Was Looking at You e Strakra. Sulla relazione tra coreografia e colore. Anna, Traits Féminins (2016) In collaborazione con la ballerina Annamaria Ajmone. Danza e disegno si intrecciano attraverso una lunga cornice dal processo di animazione del fotogramma. Anna è stata filmata mentre si esibiva una coreografia che abbiamo liberamente scritto insieme, in cui il disegno astratto è molto presente, ne stava disegnando alcune linee intangibili nello spazio che la circonda. Al le linee di inizio erano più ortogonali, seguendo un piuttosto schema razionale, quasi una griglia, per cercare un impossibile equilibrio. Le linee diventavano sempre più nervose, spezzate, cercando di tracciare un'impossibile geometria euclidea pura. Le sue linee gradualmente si interruppero in un'esplosione di punti. Le forme geometriche svanirono e si spostarono in un altro movimento organico, scorrevole, continuo, flessibile. Il processo è una permutazione da uno spazio intimo a uno più permeabile, relazionale, dove linee razionali e forme più irrazionali coesistono e si espandono. Il suo processo di ricerca sui limiti di passaggio è essere reinterpretato attraverso il rotoscoping. L'animazione è concettualmente la chiave del cinema, basata su un continuo movimento di singoli fotogrammi fissi. La magia sta nel "mezzo", come un ballerino movimento da un punto all'altro. As if the Color Was Looking at You (2017) Versioni multiple di una coreografia eseguita da Annamaria Ajmone ed elaborata durante una residenza presso Signal Culture, utilizzando sintetizzatori analogici. Oscillatori e patch controllati in tensione lasciano il posto a una danza infinita di colori. Il video mostra un corpo triplicato irretito in un network di condizionamenti esteriori. Il valore della stessa azione coreografa cambia insieme al colore. Si tratta di un colore disturbo, glitchy, che evoca uno spettro di possibilità in cui il corpo è immenso. I movimenti si fluidificano insieme al colore, affetti da una realtà porosa, rugosa, in un flusso continuo di piccole pieghe. Scegliendo il display del trittico abbiamo anche un riferimento all’arte sacra ed etimologicamente legato alla piega. Strakra (2017) Una coreografia, girata in collaborazione con la ballerina la coreografa Annamaria Ajmone, elaborata negli Stati Uniti con sintetizzatori analogici e un wobbulator, un monitor modificato conosciuta come Paik Raster Manipulation Unit, prototipata per la prima volta da Nam June Paik. Sound design di Von Tesla. Il video è stato proiettato in diversi formati, come singolo proiezione del canale o su monitor CRT. Trilogia sulla relazione tra coreografia e colore. Ricerca e applicazione degli effetti prodotti dai dispositivi originali creati da artisti come Paik negli anni ’60. Il riversamento in digitale non ha modificato le caratteristiche del segnale analogico, ma gli ha permesso di raggiungere dimensioni impensabili per l’epoca, trasformandosi in ambientazioni immersive grazie alla loro organizzazione site specific. È un viaggio mistico e allucinatorio di un soggetto resistente, non ancora completamente sedotto dalle macchine; impigliato nel loro sistema impegnativo, ma irradiando dinamismo mentre lottando per l'autodeterminazione. Perdersi, cadere a pezzi scissione, scomparsa e ripristino. Trovare l'equilibrio nel mezzo. She Vanishes (2010) Elegia al femminismo come affermazione legittima di una cultura femminile e dell’emancipazione da ogni costrizione sociale. L’autrice mescola filmati di repertorio con disegno, oggetti, collage d’immagini, animazione e performance. Il video è il mio anti-manifesto. Una mise en scene di un impossibilità, una presenza virtuale. Un "corpo impossibile" è mettere in atto una fantasia di perdita e distanza. E questo equilibrio teso è un terreno intermedio vago, una vera e propria controdizione. Il paradosso è che lo sto scrivendo, ma va vissuto. Il corpo femminile non è mai neutro, ma sempre segnato, rivendicato, inscritto, figurato con il linguaggio. Il corpo è scritto, ma sa anche parlare. demonIO (2017) Un video che ho realizzato durante il workshop, Demonio! Demonio! con Bedwyr Williams e Tai Shani, a cura dell'Istituto delle cose a venire, alla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Torino. Ci è stato chiesto di scrivere e interpretare un demoniaco monologo scavando in alcuni aneddoti personali. Il mio era un confessionale catartico. Fabio Scacchioli, Vincenzo Core Duo: Fabio Scacchioli (Teramo, 1979): Fotografia, montaggio Vincenzo Core (Giulianova, 1982): Musica, suono Lavorano con film, video, installazioni e live performance. Ricerca: ●relazione immagine-suono ●concetti di audiovisione e cinema espanso ●rapporto tra percezione e pensiero. Nelle loro opere: ●uso contemporaneo del found footage ●riflessione sull’attualità Temi: ●Archivio come mezzo per manipolare, decostruire e ricostruire ● Le fonti di archivio sono vive dead SEEquence (2009) Uno studio sulla sparizione dell’immagine. Come materiale di partenza è stato preso un film in 16mm, e trasformato in digitale, poi è stata fatta l’estrazione singoli frames, e stampati su carta fotografica. Ogni foto poi è stata lavorata a mano e in seguito rifilmata nella sequenza originaria. Ognuno di questi passaggi ha determinato una perdita di qualità. Lavorando fotogramma per fotogramma ci si accorge che dentro le singole immagini non accade nulla, tutto avviene nell’intervallo che li separa – il film è qui davanti a voi ma non c’è nulla da vedere e nulla da sentire, la verità è solo altrove. → il video è uno studio sullo iato invisibile tra un fotogramma e l’altro. Musica di partenza elaborata con la tecnica della granulazione. Il repertorio non è lì per svelare qualcosa delle epoche passate, comunica la sua inefficacia nell’essere utilizzato come arricchimento delle produzioni contemporanee. Una donna nuda si offre allo sguardo di un ipotetico pubblico, ma la sequenza è manipolata dagli interventi degli artisti, che la trasformano in un’apparizione fantasmica. Object oubliès (2009) Nato dalla scorta casuale di alcune pellicole da 35mm sulla strada di Barcellona, oltre a queste 4 pellicole all’opera si aggiungono filmati amatoriali in 8mm, e riprese in digitale. Le pellicole trovate a Barcellona sono: 1. un turista con una macchina fotografica si siede per terra 2. una piccola barca a remi va via 3. una coppia scende da una scala 4. una sparatoria da un vecchio film western sconosciuto La protagonista del film è una voce senza corpo che cerca un'identità organica tra le immagini. La voce cerca di trovare un collegamento tra le 4 riprese del film, ma è estremamente difficile, forse inutile. Nel video appaiono stralci di pellicola impressa, con occhio interrogante Scacchioli la saggia con la mano, la gira, la torce, la sovrappone ad altri spezzoni, ne proietta la scene a schermo intero, mentre una voce narrante fuori campo tenta di costruirne un nesso narrativo, che possa in qualche modo legarli. Simbolicamente, mani con i guanti da cucina piantano chiodi sulle immagine, forse nel tentativo di fermare il flusso, ma invano. Opera che dimostra la labilità dei confini tra cinema sperimentale e videoarte. Repertorio come materia d’indagine, ricerca del senso come percorso suggestivo alla deriva tra sequenze. Da una terra di cenere e nebbia (2010) Partendo da 50 bobine di pellicola super8 e 8mm recuperate all’Aquila e i dintorni dopo il terremoto del 6 aprile 2009, si arriva a una riflessione generale sulla memoria e le sue stratificazioni, che funge da collante civile e sopravvivenza individuale. Docu sperimentale che sconfina nella videoarte. Film dalla natura ibrida e concettuale. Differenza tra i supporti audiovisivi come valenza estetica e sostanziale. Si è cercato di partire dal disastro del terremoto per arrivare ad una riflessione generale sulla memoria e le sue stratificazioni. Il film non è il resoconto del disastro sismico, che è preso come un grado zero, ma una “fine del mondo” che in realtà è la fine di molti mondi privati e domestici. Spettrografia di una Battaglia (2012) Indagine interstiziale tra iati percettivi. Focalizzati sul contributo del cinema nel creare illusioni che in qualche modo possiamo avvicinare per antologia all’attività onirica Sono partiti da un vecchio film russo dando il via ad una battaglia senza fine tra la luce e il buio, il suono ed il silenzio, nel mezzo di una tempesta cinematografica. Miss Candace Hilligoss’ flickering Halo (2011) L'inizio è un altro film, un noir americano dei primi anni '60: immagini sventrate e sventrate, torturate e "deviate" si organizzano in strutture precarie e in evoluzione, intrecciate in multipli e contorte trame in uno stato di collasso permanente. L'obiettivo è quello di provocare l'esplosione di un sistema chiuso attraverso un dispositivo di implosioni audiovisive. Dimentica ciò che vedi mentre lo stai effettivamente guardando e immergiti in un'ascendenza ottica e vibrante. Un urlo senza motivo. L'occhio umano può vedere il mondo attraverso le cellule fotorecettive sulla retina, una membrana sensibile alla luce emessa o riflessa dagli oggetti. La luce viaggia nel tempo e nello spazio a una certa velocità. C'è una distanza (breve, eterna) tra noi e la nostra immagine della realtà. Anche tra pensiero e azione, tra pensiero e linguaggio, c'è un intervallo simile, necessario per trasmettere il segnale tramite impulsi elettrici dal cervello a diverse parti del corpo. “L'aureola tremolante di Miss Candace Hilligoss” è un film su questa distanza, sull'intervallo che separa e unisce simultaneamente, il silenzio tra le parole, il nero tra le immagini E 'un film contro gli opposti dialettici del cinema, assemblato secondo il principio di indeterminazione di Heisenberg e l'utilizzo del fenomeno della persistenza retinica come strumento espressivo. No More Lonely Nights (2013) Indagine tra immagine e realtà. Esperienza di scavo tra le forme del cinema di finzione, cinema come lingua dell’invisibile. Prosecuzione della ricerca sul flickering, esaltazione artificio e simulazione. Scherzo (2015) Aleatorio e fresco, gioco con il repertorio che crea volutamente analogie, allusioni. Forse il lavoro più videoartistico. Cortometraggio eccentrico, originale strabordante. I colori, la musica, le vecchie star hollywoodiane e il sorprendente montaggio di immagini d'archivio per ricordarci che se la vita non č uno scherzo, forse il cinema puň esserlo. Ancora piů bello se corto! Ad accompagnare il video c’è una versione manipolata della Nona Sinfonia di Beethoven. Bang Utot (2015) Film sperimentale, esplorazione del buio tra un’immagine e l’altra. Immersione nell’assenza del colore, illuminati da una luce stroboscopica emergono volti e corpi. No repertorio ma recitazione diretta di attori. Bang-utot: è letteralmente “tentare di rialzarsi gemendo” Danilo Torre --- (Catania, 1978) Nelle sue opere: ● esplorazioni e manipolazioni di repertorio ● uso di tecniche analogiche integrate al found footage e dal mash up (archivio, mix, cinema espanso) Ricerca: ● si interroga e sperimenta attorno ai concetti di archivio, remix e cinema espanso Febbre (2003) Video lisergico tra Foundfootage puro e mash-up. Omaggio al cinema sperimentale. Esercizio semiotico tra segni dai significati paralleli (donna ginnasta e donna danzatrice), È un'aggressione all'immagine della donna, intesa come figura e metafora della creatività, dell'idea e dell'ispirazione. Brucia e fonde e deforma la creatività, la cui distruzione genera un gioco di luci e colori, e crea un piccolo divertissement creativo. In un crescendo sempre più infuocato, le allusioni erotiche si fanno più esplicite, così come risulta più chiaro che la febbre è “febbre d’amore”, suggerita per analogia dal comportamento della pellicola che si deforma e genera bolle e chiazze tipiche della bruciature della cellulosa. Magic Fantasy Light (2006) Un falso ricordo innestato in una creatura inorganica che ripercorre la vita di una donna nei ricordi privati. Relazione analogica tra un manichino femminile e una donna nella sua vita privata. Inseguirsi di segni, graffi, scarabocchi, bruciature. Tema del repertorio e del suo uso. Valenza metaforica e visionaria. Il video ripercorre in parallelo la storia dei pilastri delle immagini in movimento e il ricordo del protagonista del video. Tre addii (2009) Questo è un film su supporti misti, che utilizza diverse tecniche tra cinema sperimentale e video arte, Foundfootage e astrazione visiva digitale, pellicola 8mm e HD. Manipolazione del girato, l’autore ricostruisce un’ipotetica memoria del pittore Elia, trovato morto in circostanze non chiare. Si ispira anche alle opere di Elia, o meglio alla loro trasposizione nel mondo dell'immagine in movimento, in un percorso attraverso le sue scintille, i racconti, le immagini e il suo volto. Il film prende forma attraverso cut-up, deviazioni, foundfootage e remix, con suoni e immagini appartenuti a Elia ea chi lo ha conosciuto, al fine di trasmettere la sua leggenda e le sue opere d'arte, attraverso quest'opera d'arte. Fatto di cronaca ricostruito volutamente in modo frammentato. Procedimento per associazioni, sovrapposizione di sequenze. In-Focus Memories (2010) Il video è la riattualizzazione di un ricordo, la riproduzione di un'immagine che a sua volta riproduce la realtà di un evento bloccato nella memoria: quando mettiamo a fuoco il ricordo da quel momento in poi svanisce, lasciando solo un senso di malinconia e vuoto dell'anima. Il video si ispira ai ricordi personali di persone sconosciute e cerca di metterli a fuoco cristallizzando il momento stesso in cui tutto prende fuoco e il ricordo svanisce. La tecnica utilizzata è la combustione del film. La combustione di Ach è naturale ed è un atto unico e irripetibile, perché la cornice bruciata, anche se simile ad altre, non è altro che se stessa e rappresenta lo scatto istantaneo di un momento irripetibile. Inaudible Fragment (2012) Questo video è allo stesso tempo un mash-up, un found footage e una deviazione della situazione. Temi brechtiani come la rivoluzione, il lavoro, la carne e il comunismo si fondono in questo Hellzapoppin. La struttura narrativa del video trova il suo inizio nella rivoluzione: le immagini di Lenin e le immagini di Berlino dei tempi della Repubblica di Weimer sono intrecciate insieme a un altro normale film di cowboy, che ha una colonna sonora di Auber (simile a Masaniello). Le immagini rappresentano l'ascesa e il declino del sogno comunista del Novecento. Oblò (2012) Videoinstallazione che propone uno sguardo in between, tra la vita e la morte, l’uomo che resta in superficie è ignaro del pericolo che si può nascondere sott’acqua. Quello che suggerisce questa installazione è uno sguardo in mezzo, tra la vita e la morte, sopra e sotto, dentro e fuori le acque marine. L'uomo che rimane in superficie non è consapevole dei pericoli che si nascondono sott'acqua (rappresentati dallo squalo) - o forse è un falso pericolo. Il sole splende fino all'alba, ma quando calerà il buio chissà se tutto sarà come l'avevamo lasciato. Bank Robbers (2014) Riutilizzo di vecchie tecnologie di sorveglianza. Installazione transmediale. La sua opera più vintage. I video sono due supercuts di immagini provenienti da rapine in banca. Nel monitor analogico rapine provenienti da CCTV e sul display analogico film con scene di rapine in banca. Possiamo considerare la rapina in banca un argomento ampiamente trattato e discusso, spesso con una grossa sovrapproduzione di immagini dalla cronaca ma ancor di più dal cinema. Chi compie la rapina è definito con il termine “autore” della rapina, come si usa fare per un libro o un film o un' opera dell’intelletto. La riappropriazione è il tema dell’opera. Soprendente è la coincidenza delle scene reali e quelle de film, al punto di confonderle e non sapere più quale sia realtà e quale finzione. In the Backward of Time (2017) Revisione della sinfonia urbana in chiave post-moderna. Per descrivere i cambiamenti l’artista ricorre alle digressioni e astrazioni visive. Detournement di un’opera d’arte tridimensionale. Un film ispirato a un genere cinematografico classico, una sinfonia cittadina. Il titolo si riferisce a un verso da "La tempesta" di William Shakespeare, che racconta la storia del mago Prospero, il legittimo duca di Milano. Le manipolazioni di Prospero si riflettono in questo video con l'uso di trucchi cinematografici. Spostamenti temporali, divagazioni (flashback) e astrazioni visive descrivono lo sviluppo della città di Milano, rappresentato allegoricamente sotto forma di costruzioni di grattacieli. Il film sembra cercare una risposta a una domanda precisa: possiamo cristallizzare il tempo con l'utilizzo di pellicole scadute? IN ORIGINE (2011) Video aneddotico sulla relazione tra viaggiatore e paesaggio. Esperienza di intima connessione con ciò che si osserva e si concede sotto forma di fantasia. Domina l’aspetto cinematografico sperimentale ma l’invisibile occhio del viaggiatore che interpreta il paesaggio è videoarte. Seguendo rapidamente e trasognati il grande rovente occhio nella sua sonnecchiante dipartita, con le sue fratture, I suoi cambiamenti di direzione, con il suo ipnotico fluire. In questo modo riconnettendoci o de-connettendoci dalla nostra radiosa e utopica golden age. L’occhio abbacinato dal cerchio solare in cui crede di vedere un punto nero centrale, gravitazionale, che ripristini un rapporto equilibrato con le emozioni. DOVE ERA CHE NON ERO (2013) Tra cinema sperimentale e video performance, con Elisa Turco Liveri che intrattiene un rapporto stretto con spazio e luce, legati da un’espressione di smarrimento e insicurezza. L’azione vuole suggerire uno stato d’animo. La luce domina con il suo calore antico rendendo la scena degna di ogni primordialità tecnologica, dal super8 alla 16mm, con i colori pastello e la pasta velata Non ci si trova, non ci si ritrova, se non smarriti e sospesi. All'erta, pronti a scattare, il pericolo è fuori campo e non ha segnali. Andare incontro alla luce per esporsi a maggiori rischi. Inquieto tremore d'affrontare l'orizzonte restando a occhi spalancati. Presupporre o presagire l'abisso. Stato ulteriore di non aderenza al tempo presente. IL SOFFIO DELL SPAZIO VUOTO (2013) Documentario anomalo sulla lotta contro la sovranità stabilita che accettiamo senza ribellarci. Collage di brani di repertorio, recitazione e interviste su piani sequenza bizzarri ma significanti. Ibridazione dei generi. Omaggio a Herzog, tentativo di cogliere l’assurdo nel quotidiano. DAVANTI (2013) Rappresenta un affacciarsi, appostarsi in finestra e catturare quell'interfaccia esterna che gli abitanti d'un condominio dirimpettaio offrono allo sguardo distrattamente attento e voyeuristicamente accanito d'una viziosa camera di città. Tra il tremore del sentirsi osservatore sotto osservazione, impostore nell'atto del guardare di nascosto, registratore senza permesso. Ma non è uno sbirciare dentro, è un soffermarsi su quello che esce fuori. Il video pone la questione del limite della visione. Fino a che punto possiamo spingerci nell’osservazione delle vite altrui che siano funzioni o siano reali? Forse la vita sospesa tra una cornice di finestra e la strada è grandemente più affascinante di qualsiasi fiction. La realtà è una performance collettiva. Lo schermo è diviso in più finestre a imitazione di un condominio, e le riprese in simultanea colgono i gesti umili e ordinari della vita di tutti i giorni. NOTICE OF STORM (2016) Ripresa a mano libera di un mare in burrasca, la luce livida ne aumenta la solenne potenza che terrorizza. Vuole rispondere ad un quesito “come intromettersi tra i dispositivo di registrazione e l’immagine di ripresa? registrando e ricordando i sussulti del soggetto che è lì, in quel momento insieme finito ed eterno, nell’atto di vedere”. Il soggetto dunque è l’instabilità malferma di uno spettatore curioso e fragile davanti all’immagine energia sprigionata dal mare in tempesta, forse la sua emotività, il suo timore accompagnato dal vento che lo scuote. L’idea di Notice of Storm nasce da una sparizione, una scomparsa che a un primo livello può facilmente simboleggiare l’affascinante rapporto uomo-natura, cultura e tecnica. Un discorso sulla “spropiazione” e la riappropriazione. Un discorso sul mare, uno dei simboli primari dell’uomo sin dalle sue origini, che reagisce a una condizione imposta dall’uomo: un mare che sovrasta e ritorna. Non si può cancellare il mare, proprio come il rimosso, alla fine ritorna sempre e spesso più forte di prima. Il mare vive in queste fotografie e in questo video come spazio immaginario, come alterità mai riducibile al pensiero, alla nostra razionalità. E’ un senso di mancanza, siamo manchevoli di fronte a qualcosa di più grande, è la filosofia dell’assoluto che ha caratterizzato il pensiero umano per tanti anni. Ed è l’invito di Salvatore: come lui, annulliamoci e ammiriamo queste immagini, perdiamoci all’interno di esse, tocchiamo per un momento lo spiazzamento sensoriale che solo le migliori opere od operazioni artistiche ci possono ancora dare. ACCESS TO EDEN (2017) Evidente il percorso verso una s-definizione della ripresa. Esperienza astratta. Rappresentazione di un Eden menzognero per una veritiera sperimentazione sui mezzi. Mix tra analogico e digitale. CROCEVIA (2017) Punto di incontro tra due ricerche diverse che convergono creando un terzo linguaggio: videoperfomance (corpo e danza). Negazione della nitidezza di ripresa. Un rebus audiovisivo, tra cancellazioni, dettagli e mancamenti. Uno spazio da concepire. Un evento da ricostruire. Solo il virtuale può essere ad alta definizione. Non il reale, imperfetto e ambiguo. Crocevia della memoria, della sua opaca (ir)riproducibilità. Uno spartiacque, il punto in cui prendere una decisione. O perderla per sempre. Ogni crocevia è fonte di temporeggiamenti, dibattiti interiori tra una parte e l'altra, tra una direzione e la sua opposta. Negli interstizi tra corpo e natura, ogni soluzione ingannerà il tuo percorso. Quale direzione perdere? Può il procedimento di produzione e riproduzione fagocitare progressivamente il corpo catturato dalle immagini? Può una successiva rivisitazione e riproduzione delle immagini prodotte, di matrice in matrice, portare ad amplificare, per cancellamenti, il portato di senso di un'immagine? Crocevia è lo stare sempre sul punto di..., in procinto di... scegliere qualcosa, una strada o l'altra, un susseguirsi di piccoli continui sussulti che impediscono la stasi. Il corpo è in uno stato di fusione con lo spazio circostante, dove i colori e le forme si sfaldano, impastano tutta la visione di un senso allucinatorio, distorto. Il corpo é incapace di compiere un gesto netto, resta imbrigliato in uno spazio di mezzo dove la volontà umana è bandita. In balia del vento, la figura ondeggia inutilmente, scava solchi nell'aria, cerca soluzioni impossibili. L'ossessione per il piccolo dettaglio, l'incapacità della figura di mostrarsi nella sua interezza e l'impossibilità di vederci chiaro delineano un senso di pericolo incombente. LA COGNIZIONE DEL CALORE (2017) La cognizione del calore. un giorno d'estate in un parco di città. una torrida giornata. Chi non può fuggire cerca surrogati alla propria voglia di vacanza. Le spiagge si tingono di verde e il fuori scena nutre la vista. Complotti infantili e vedute bruciate. Inseguimenti a perdita di vista. La cognizione del calore evoca diversi sentimenti al contempo, e probabilmente è la memoria il meccanismo di funzionamento più forte lungo tutto il film. O non è così? Insana usa il suono in maniera peculiare, assegnandogli una presenza quasi iperrealista, rendendo le immagini spettrali, voyeuristiche, ma anche intriganti e travolgenti. Attraverso questa estetica insieme iperrealista e nebulosa, indistinta, Insana ha creato un impressionante film sperimentale, “esperenziale”, che catturerà i vostri sensi. APORIA (2019) Lavoro sintetico, asciutto e concettuale, più cinema sperimentale che videoarte Relazione testo-immagine che evoca un piglio documentario, inverso perché i concetti sono espressi dal gesto. Unione tra video e danza. La presenza di un testo di Beckett rende tutto complesso, poiché il gesto inscena il discorso e dialetticamente lo restituisce costruendo un dialogo con lo spazio. Relazione tra corpo e ambiente. Scelte stilistiche principali: relazione tra ambiente e danza, tendenza all’occultamento e indistinto. Gesto reso atemporale. APORIA è il primo esito della nostra ricerca sull'esitazione come indefinita condizione psico- fisica e come atteggiamento che si oppone all'arroganza del sapere sempre dove andare/cosa fare/cosa dire. L'aporia (ἀπορία), un concetto caro alla filosofia greca, indica l'impossibilità di dare una risposta precisa ad un problema. In un tempo in cui la possibilità di esercitare il dubbio è stata compressa e la retorica del parlar chiaro sembra lasciare aperte solo due sole possibilità: dire sì, oppure dire no, con APORIA vorremmo invece investigare il momento in cui si resta arenati, impigliati nel “frattempo”, nella biforcazione, nell'esitazione in cui ci si sottrae al racconto per valutare sul “se” e sul “come” orientarsi nel prosieguo dell'azione. Alberta Pellacani ---- (Carpi, 1964) Ricerca: ● ricerca della dimensione spirituale dell’uomo Temi: ● rapporto natura (habitat, luogo di sacralità) e uomo Nelle sue opere: ● Sensazione di purificazione dello sguardo ● tecnica ibridante Esplorazione vari linguaggi (fotografia, video, disegno, installazione, arte pubblica, documentario) Anni ’90 → indirizza la propria ricerca all’uomo, alla natura in senso lato, sconfinando in vari linguaggi. Dal 2010 → inizia a manipolare in fase di posto produzione le riprese. In una felice fusione tra digitale e analogico, sul piano dalla percezione che trasfigura e trascende la realtà, elevandola a esperienza spirituale. Changing (2010 -) Serie video, regno delle immagini disciolte, dimensione tra ripresa naturale e sua distorsione emozionale Video senza manipolazione in fase di postproduzione, riprese dirette con l’ausilio di espedienti analogici Ciclo di lavori che si dipana nel tempo [stato muto, ruvido e ricco di promesse che affidiamo a noi stessi] Changing 01 (2011) Changing (cambiamento), stato d’inquietudine a cui non possiamo fare a meno di credere. È lo stato di cambiamento, quando l’incertezza è padrona e la metamorfosi ancora non è completa e in un momento preciso tutto è diverso. Una fumosa schermata grigia apre il video, da cui poco a poco emergono segni neri che si trasformano in linee misteriose. sono rami d’ulivo, come presenza simbolica rappresentano una rivelazione. L’immagine indefinita al centro incontra lo sguardo che naturalmente scivola su particolari a margine, riconducibili al conosciuto. Forme conoscibili per natura instabili, in perpetuo stato di cambiamento, originati dal caos e al caos riconducibili. Changing 02 (2013) Momento della fioritura, parallelo tra la trasformazione in atto nel video e la nostra. Sensazione di trovarsi in un limite tra forme e informe. Invito a riflettere sulla metamorfosi, sulla coscienza come processualità. Viaggio ai limiti della percezione Palinsesto urbano (2014) Progetto video, fotografico e grafico sul ‘vedere e credere di aver visto’ Attenzione su città, le cui architetture hanno radici nella simbiosi con l’acqua L’immagine davanti allo spettatore mette a fuoco solo i bordi, lasciandoli l’esperienza di completare ciò che manca; la telecamera coglie in un flusso di immagini che si dissolvono al centro; si sofferma sulle sedimentazioni del tempo, plasticità dei territori Studio della ripresa vedutistica sotto gli effetti di un apparato distorsore analogico che sollecita la percezione per rendere complessa ed emotivamente suggestiva la visione di un territorio ‘Accogliere ciò che trovo’ → Niente di pilotato. Messa in disparte dell’ego che lascia spazio al mondo puMN||02 (2016) Dedicato a Mantova e al rapporto con il Mincio. Distorsione ottica che allunga, e confonde edifici, vegetazione, acque e persone. Continuum ottico e plastico. Effetto pittura in movimento. Vedutismo documentario Plasmata dalle correnti del fiume, violando e assecondando la verde natura fluviale che porta al mare, Mantova appoggiata dall’uomo tra i laghi e il fiume appare come una nuvola sospesa. Noi formati e immersi in un mondo fluido profondamente mutevole vagamente definibile, come Enti della vita siamo penetrati e attraversati da flussi instabili, di cui ignoriamo di assistervi. Come Venezia anche Mantova, tra le città le cui storie e origini ‘affondano’ come radici, nel rapporto armonico o dissonante con l’acqua; dialogo e contrasto nella convivenza tra uomo, acqua e natura, attraverso una visione di sedimentazioni urbane, architettoniche, vegetali. Fiumi, chiuse e canali come vene che ora portano, e poi portano via. Ciò che scorre davanti a noi è ciò che scorre dentro di noi attraverso la materia-energia dello sguardo. Trilogia “dell’identità”: 1. Autofocus (2006) Il lavoro è un video-autoritratto, un gioco per alternare dramma, stupore e ironia. Appaiono in successione due ritratti fotografici; i primi piani di un uomo e di una donna, i miei genitori. Su entrambe le immagini cerco di sovrapporre, in trasparenza, il mio volto, tentando il miracolo di ridare vita a delle figure statiche. Ricerca delle proprie origini e ricerca della presenza dei tratti somatici che conservano da padre e madre in figlio. 2. Nato a Formia e residente a Roma (2010) Due paesaggi si incontrano al centro, le riprese seguono un iter casuale e contemplativo, creazione di un terzo paesaggio, frutto dello slittare di un contesto all’altro. Sensazione di flusso tra un punto di partenza e uno d’arrivo. Lavoro di verifica, fare il punto ricapitolando la vita attraverso i paesaggi con cui De Luca si identifica. Due inquadrature, due paesaggi, uno al dritto e l’altro capovolto che si toccano al centro; i luoghi da cui ho ripreso questi orizzonti appartengono alla mia nascita (l’ospedale di Formia, video in basso) e alla mia attuale residenza (il terrazzo condominiale del mio studio da cui si vede una parte di Roma). La ripresa è senza cavalletto e ognuna segue un iter casuale, contemplativo. I movimenti della mia mano, lo zoom e il volgersi casuale dell’obiettivo, interagiscono nei due video in maniera involontaria, ricreando un terzo paesaggio, frutto del continuo slittare di un contesto sull’altro. 3. Se penso a quel giorno (1974-2011) Una sovrapposizione indica tempi e luoghi affatto diversi che si sommano. Alveo concettuale dall’ironia postmoderna. Un modo per non perdere il bambino che sono stato, per essere in contatto con lui e la sua spensieratezza, per seguirne lo spirito allegro. malinconico e disincantato. Sovrappongo il mio volto attuale alla mia voce di 37 anni fa, “doppiando” con le immagini un suono ancora sottile e immaturo. Il testo e la musica, totalmente improvvisati, parlano di situazioni e temi che si sono rivelati nella mia vita, ancora oggi, ricorrenti e familiari. {movimentomilc} Duo: Michele Tarzia (Vibo Valentia, 1985) Vincenzo Vecchio (Vizzini, 1984) Temi: ● Transmedialità: fusione di diversi linguaggi audiovisivi ottenuta attraverso la struttura linguistica delle immagini in movimento durante la postproduzione Ricerca: ●il linguaggio del cinema come mezzo di sperimentazione ●continua indagine delle forme espressive sperimentali artistiche Nelle loro opere: ● entra negli archivi storici come in quelli della mente per scoprire le dinamiche nascoste che una parola o un suono rinnovano alla luce del movimento. Illusione di perbenismo (2011) Video simbolico. Inscena dei performer che compiono atti banali e ordinari. Il montaggio li rende ancora più bizzarri e ridicoli attraverso ripetizioni, sfasamenti, accelerazioni Karl Marx sosteneva che la borghesia aveva strappato alla famiglia il sentimentalismo, per capire l’uomo moderno occorre riflettere sui comportamenti umani distorti dal benessere. Stile background underground e d’artista. Nascita di un maiale elettronico (2012) Il video inscena uomo obeso che esce dal mare trascinando con sé un televisore. Si addormenta sulla spiaggia, mentre la tv prende vita e proietta immagini dell’uomo stesso, mentre sghignazza davanti ad essa. Fusione di linguaggi filmici, televisivi e culturali. Topos iconografia pittorica classica: - Venere che esce dalle acque - Buddha elettrico a circuito chiuso di Paik Il video mira a indagare forme plastiche e materiche del corpo umano in quanto tali. Corpo come oggetto in sé, figura umana assume un ruolo in rapporto al non luogo che esiste Videoermetica 0 (2012) Costruzione di una relazione tra videoarte e cinema sperimentale. Videoermetica come confluire in video di linguaggi scientifici applicati a una ricerca artistica. Una sorta di rosario numerico viene snocciolato e ripetuto da una voce fuoricampo, sfalsata rispetto al volto in primo piano di un soggetto che parla. Interventi fotografici, matematici, iconici e geometrici, si sovrappongono o contornano il volto accompagnando la voce fuori campo. Il linguaggio alfanumerico come quello verbale può diventare linguaggio comune, mutano di conseguenza i registri e i canoni artistici come fu per le avanguardie. Tutte le forme d’arte devono essere riconducibili ad un linguaggio alfanumerico stabilito dalla matematica. Videoermetica 1 (2013) Stesso tema sviluppato in chiave più analogica. Un rapporto intimo tra due macchine, la ricerca dell’essenziale in linguaggio alfanumerico. Il dialogo naturale e banale tra due persone viene espresso in forma visiva, tipografica e letteraria, è messo a confronto con un vecchio calcolatore a schede perforate. Vengono messi a confronto i due codici di linguaggio Mèduses (2012) Metafora al limite dell’allegoria. Usano un linguaggio documentario: Riprese di repertorio montate per esaltare l’aspetto universale di un dramma. Tendenza del documentario tra antropologia e videoarte, rappresentazione di una condizione umana= caratteristica della ricerca audiovisiva italiana. Condizione dei migranti sul mare, il loro viaggio è paragonato al movimento delle meduse, le movenze sinuose diventano pericolo e goffo agire in acque basse. Mare come ambiente senza confini e libero da sovrastrutture. S come Nuvola (2014) Individuazione di un cliché come fulcro tematico di un’analisi strutturale, nella forma di dialogo assurdo tra Leibniz e Locke, due scienziati, sul rapporto puramente filosofico sulla sostanza della nuvola. Andare oltre con il pensiero per capire la vera essenza delle cose. Il dialogo crea un assioma analogico tra nuvola e secchio, senza mai citare l’acqua. La nuvola è una presenza digitale, funzione arbitraria che permette il dialogo astratto. Gioco sulla coincidenza sul piano comunicativo dei linguaggi artistici e audiovisivi. Videocity (2014) Illustrazione di una metafora: La città diventa sempre di più una discarica di pensieri a cielo aperto, dove l'uomo ha solo la facoltà di assecondare il corso della sua vita. Una persona seduta accanto ad una montagna di spazzatura diventa l'emblema post- moderno di una società corrotta e senza rispetto per gli stessi esseri umani Televisore come sinonimo di programmi spazzatura. Combinazione tra uomo reale e la sua immagine virtuale. ERA (2018) Il video prende in esame due dispositivi con qualche similitudine: la videocamera e lo smartphone. La nostra era è satura di immagini. Fin dove possiamo portare il nostro sguardo e fin dove la manipolazione tecnologica ha funzione? Interrogativo simile ai fotografi analitici degli anni ’70 – che rapporto intrattiene il soggetto riprendente con il mezzo di ripresa? Che cosa cerca di riprendere nel mezzo? Videocamera e smartphone sono messi a confronto ma non svelano granché sulla loro natura. Resa al dato di fatto che i social media e il self-broadcasting hanno portato all’obsolescenza del concetto di simulacro di J. Baudrillard e introdotto il concetto di merging (miscelazione intima di realtà e finzione) al punto che le nostre capacità percettive siano stimolate enormemente e autogestite dall’utenza, che crea a sua immagine e somiglianza una realtà aumentata dal proprio narcisismo. Marcantonio Lunardi ---- (Lucca, 1968) Temi: ●Neorealismo ●Eloquenza fotografica dell’immagine Ricerca: ●Ogni video è immediatamente chiaro e quasi didascalico Nelle sue opere: ●Ibridazione linguistica (Giacomo Verde, studi sul cinema documentario + fusione esperienze formative) ●Realizzazione opere formalmente inedite Trilogia della decadenza Insieme di opere che raccontano lo stato d’animo dell’artista di fronte alle politiche culturali e sociali del suo paese 1. Laboratoire Italie (2011) Tre piccoli vermi lottano contro la caduta in un recipiente sottostante. I loro movimenti sono accompagnati dalla voce di Berlusconi. Viene a crearsi un corto circuito a causa del ritardo tra il suono e ciò che si vede; gli animali sono metafora del popolo italiano. Il video è la forte immagine di un paese che fatica a lottare contro una crisi economica e morale, l’arte sembra essere l’unico modo di affermare il disaccordo. Inquadratura fissa e luce gelida su sfondo neutro, elementi formali volti a drammatizzare il tentativo di risalita delle larve. Metafora dell’arrancare di una vasta area sociale, forte dissidenza e contrapposizione emotiva. 2. Suspension 3. Last 21 days The Choir (2013) Nel suo discorso di commiato ai suoi studenti, un professore dell'università ha detto che in Italia la cultura è totalmente relegata alla televisione. Questa riflessione si è radicata profondamente nell'immaginario di Lunardi e ha dato origine alla scintilla che ha portato alla visione rappresentata in quest'opera. Il coro traduce in immagini la distruzione della civiltà della cultura a vantaggio della civiltà dello spettacolo o, meglio: del consumo di massa. Un intreccio di voci si dilata nell'aria, accarezzando l'architettura romanica e le immagini sacre. Rapidamente un quartetto polifonico riprende la scena, ma la testa dei cantanti è un monitor che trasmette la loro immagine registrata. Ognuno di loro tiene un monitor perché la loro performance esiste solo se mediata dai media televisivi. Ciò che non è televisione non esiste perché, al giorno d'oggi, il monitor rappresenta l'unica interfaccia attraverso la quale trasmettere ciò che resta della cultura. Le università e le scuole si sono arrese agli imbonitori della televisione ea chi diffonde falsi miti. La cultura viene venduta insieme alla pubblicità come nei talk show. La pubblicità, che determina e governa tutto, irrompe nel canto, spezza la performance, altera il racconto e si confonde con la performance offuscando i volti e deformando le armonie. Il Coro diventa così l'emblema di una decadenza dove tutto un patrimonio si arrende alle necessità di un sistema, cioè la televisione, che ha completamente ridefinito la fruizione della cultura. Denuncia – monito della degenerazione degli stili di vita compromessi. 370 New World (2014) È un lavoro sulla nuova solitudine creata dalla crisi economica e sociale che ha attraversato tutta l'Europa negli ultimi dieci anni. L'isolamento umano che si mostra allo spettatore fa ormai parte della quotidianità di tante persone. L'autore presenta così il suo lavoro creativo come una sorta di specchio in cui lo spettatore può riconoscere alcuni dettagli della propria vita. L'autore cerca di mettere in evidenza le diverse solitudini che circondano i vari personaggi che vivono nella sua opera. - La prima solitudine è data dalla crisi economica. Gli sguardi degli artigiani, degli artisti, degli operai, la crisi li ha privati della loro essenza e si sono congelati in uno stato di paralisi che li ha trasformati nei rifiuti viventi di una società in evoluzione. - L'altra solitudine rappresentata in questo lavoro creativo è quella generata quando i nuovi mezzi di comunicazione hanno sostituito i rapporti umani. Il meccanismo stesso, e non i social network, viene giudicato negativamente, perché offre alle persone una potente scusa per l'indifferenza reciproca. In realtà sono strumenti importanti, ma sono spesso usati in modo compulsivo in modo che l'individuo finalmente viva emotivamente distaccato dalla vita di tutti i giorni. Safely Unknown (2009) Indagine sul rapporto ambientale e complesso di un luogo in cui da alcuni anni non vive più nessuno. Gli oggetti diventano testimonianza concreta dell’assenza di chi li ha utilizzati. Idea di sicurezza rimpiazzata con muffa e silenzio. Uso simbolico di riprese documentarie. Vita e morte come processi oggettivi dello scorrere del tempo attraverso il connubio documentario-simbolo. Permanence #2 (2010, Lorenzo Casali) Incluso in un progetto che seguiva la gentrificazione di un quartiere a Rotterdam. La trasformazione resta in background nel video. Riprese a doppio canale che illustrano ambienti dimessi. Luce protagonista, radente, obliqua diretta o soffusa, che segna lo scorrere del tempo. Dato documentario sublimato dalla postproduzione che insiste sulla luce. Green Gold (2011-12) Verifica documentaria della differenza tra paesaggio e natura. È il loro lavoro più politicizzato. Green Gold è un'espressione finlandese che si riferisce alla silvicoltura; a quel tesoro ritenuto fondamentale per il sistema economico del paese, costituito da legname di abeti, pini e betulle. Questo video, parte di un progetto più ampio che include anche un libro e due serie fotografiche, si concentra sull'intricata relazione tra la natura selvaggia originaria di un paesaggio e l'intervento umano, manipolando e alterando profondamente l'elemento naturale. È stato concepito nel 2011 durante un periodo di residenza dell'artista presso Svenska Konstskolans i Nykarleby Vänner, Nykarleby, Finlandia, e successivamente modificato a Rotterdam. Atlante silvestre (2012) Esempio di coabitazione tra uomo e natura, documentario. Ribaltamento della prospettiva videoartistica, anche se la cura fotografica e il particolare uso del suono denotano un simbolismo. È stato girato in Vallecamonica, nei dintorni di un piccolo villaggio delle Alpi italiane, Braone. La telecamera scansiona il paesaggio lungo il torrente Palobbia riprendendo, senza distinzione, elementi naturali e segni di presenza umana, persone e attività legate a quello specifico territorio. Le tracce di questi eventi sembrano contraddittorie: l'acqua viva del torrente e i canali di derivazione utilizzati dalle centrali idroelettriche lasciano poca acqua nel percorso del fiume. La semina delle patate fritte della trota per rifornire il torrente dopo la fine della stagione di pesca; il bracconaggio ad alta quota e lo spostamento del gregge di pecore dagli alti pascoli. La centrale idroelettrica del villaggio ei ragazzi che “rubano” l'acqua per la loro piscina estiva. Questa costante ambivalenza è inoltre sottolineata a livello acustico che invade la realtà inquadrata con suoni fuori campo. In alcuni casi, l'immagine e il suono sono in aperto contrasto. Una vasta gamma di rumori da moto, camion, siti industriali si alza dal fondovalle verso prati e boschi apparentemente selvaggi e remoti. Arrange Your Rocks Naturally (2013) Andamento seriale e lineare delle riprese. Il dato documentario è simbolo di una filosofia del reale che implica l’idea illusoria che l’uomo sia padrone della natura e che possa contenerla in una concezione ordinata del mondo. Outer dark #430.670 Mhz (2014) Tratto distintivo del duo: incongruenza tra immagine e suono, che ha il compito di rilevare le contraddizioni e la realtà intrinseca alle cose riprese. Elemento documentario+simbolico. La precisione fotografica evidenzia la sensazione di abbandono. Watna (2013-2018) Tema relatività dello spazio e del tempo come costanti esistenziali e percettive. Su una nave cargo, due fratelli olandesi sulla sessantina. Volti e corpi segnati da un’intera vita trascorsa viaggiando sul Reno, sul Meno, sul Danubio: sono nati sull’acqua e la barca è la loro unica casa. Il più delle volte Harrie e Leon sono soli nella loro routine quotidiana, mentre fuori il paesaggio scorre irrequieto a una velocità costante di dodici chilometri all’ora. Industrie enormi e castelli romantici. Navi cargo e crociere di lusso. Osservate dalla cabina, le sponde del fiume appaiono inavvicinabili e fugaci, legate a uno stato temporale parallelo in cui ogni materia sembra fluttuare sospesa. La nave Watna incarna un’epoca ormai tramontata, quella delle piccole imprese a conduzione familiare oggi soppiantate dalle grandi compagnie di navigazione. Devis Venturelli ---- (Faenza, 1974) Temi: ● Affronta il discorso sulla realtà intesa come ambiente urbano ● Realtà protagonista, raccoglitore di presenze bizzarre ● Sensibilità straordinaria ● Retorica della metonimia: oggetti che stanno per altri oggetti Ricerca: ● Formazione da architetto → lo induce ad una critica del territorio attraverso l’uso paradossale di oggetti senzienti ● Artista multidisciplinare: privilegia il video combinandolo con performance, scultura e installazione ● Video come elemento ibridante di diverse discipline per indagare lo spazio urbano Nelle sue opere: ● Convergenza di due linguaggi: indagine analitica sugli oggetti e la trasfigurazione kitch dei medesimi per svelarne la loro essenza Trilogia “dell’arredo urbano” (2009) 1. Semaforo 2. Cestini 3. Paracarri Venturelli veste gli oggetti urbani, con gonne, infumenti, parrucchini, boa di piume. Alleggerisce così il peso della mera funzionalità con la frivolezza. Critica del segno che lascia però intatta la funzionalità del dispositivo, rendendola umoristica e allusiva Superfici fonetiche (2009) Superfici fonetiche è un brano di una ricognizione filmica sulla città . Un'indagine che si concentra sugli spazi suburbani, luoghi dove il segno è dato dalla funzione, dove l'emergenza dello spazio vuoto è cosi predominante che fa si che lo spazio sia sempre un altrove, un non luogo di cui dire che sia Milano o Tokyo non ha alcuna rilevanza. Questo è l'ambito in cui si colloca l'intervento artistico, il fluttuare sospese di lingue metalliche nel vuoto . Le fasce che si muovono sono la fisicizzazione di un sonoro, come di una superfice architettonica vibratile che oscilla in aria, alludendo alla voce cambiando forma e tonalità percorrendo lo spazio. Le superfici fonetiche si insinuano fra muri in cemento, percorrono un sottopassaggio, ma non toccano mai i confini della città. E' una voce armonica e libera che non inciampa. E' come un canto che allude all'impossibilità della reclusione delle idee e il sonoro è l'ascolto delle carezze delle cose, della loro grandezza anche nella solitudine di un elemento semplice ed essenziale. È un lavoro che inquieta: le ampie strisce d’argento si muovono sinuose lungo le strade di periferia: il loro habitat naturale, la loro artificialità industriale. Estasi Urbane (2010) Video performance per nastro da ginnastica artistica e telecamera di sorveglianza. Inquadratura fissa sui dettagli di edifici. Contrasto cromatico della danza del nastro con la rigidità dei muri. Scopo: evidenziare l’omologazione disciplinare cui la città contemporanea è sottoposta, attraverso la bio-sorveglianza. Monumento (2010) Gesto semplice come quello di rivestire una motrice con un manto rosso e luccicante. Funzione di arrendo e memoria civile, tipica del monumento cittadino Monumento simbolo del degrado urbano: un tir che riveste il ruolo di statua equestre, privata della sua aurea culturale. Acrolito (2010) Tema del monumento Colonna coclide, un tempo un monumento celebrativo delle vittorie romane sui barbari e più in generale dell’affermazione di un’egemonia culturale e civile di un popolo sul mondo. Versione anti-celebrativa: ne evidenzia piuttosto l’aspetto di attrazione turistica e consumistica. Il video riprende un palo rivestito da camicia hawaiane, simbolo del turismo di massa. La colonna viene svestita dalle violenti raffiche di vento, che svelano la perdita di autorevolezza dell’oggetto celebrativo. Divertissement (2012) Schermo tripartito. Vestiti, tipici del borghese cittadino (scarpe, giacche, camice pantaloni e cravatte), con significato di decoro personale, che sostituiscono le fontane Suburban Rhapsody (2013) Concetto di giungla urbana in chiave umoristica. Sull’idea di cintura urbana, intesa come linea di separazione tra città e natura, si sviluppa la videoinstallazione Suburban Rhapsody, che indaga il tema dello spazio liminare del confine urbano, limite in cui naturale e artificiale si compenetrano in un divario perennemente irrisolto. Il video si struttura come un affresco digitale panoramico in cui a trecentosessanta gradi lo sguardo scorre, in un gioco di rimandi e interferenze visive, secondo la metodologia dello split-screen. Il suono fuori campo è un mesh-up sonoro di un bestiario digitalizzato, che restituisce l’atmosfera di una città che perde ogni forma di controllo sul Wildland di uno spazio limitrofo e di frontiera Sonoro: versi di animali esotici con immagini di vestiti appesi come liane. Sovrapposizione di due significati concettuali Pneumotion (2016) Insiste sull’uso perifrastico degli indumenti come personali segni necessari all’uomo. Macro-scultura pneumatica di abiti che indaga le implicazioni del corpo antropologico nella società contemporanea. Il corpo è assente e i capi di abbigliamento vuoti sono continuamente rianimati al ritmo di un respiro artificiale. Sculpt the Motion (2017) La peretonia, nuda, seriale, ortogonalità architettonica degli spazi urbani che ospita presenze artificiali il cui corpo consiste in larghe bande di carta argentata. Allude alla scultura di Umberto Boccioni, Forme uniche di continuità nello spazio. Unframed (2018) Ribaltamento di prospettiva, la città è oggetto di osservazione dall’interno di una nebulosa nera. La panoramica urbana è frammentata in una collage-city Massima immedesimazione con la struttura fluttuante Lo spettatore non capisce se è lui ad essere inghiottito oppure egli stesso sia la nebulosa. 6.Animazione Qui il software dimostra tutte le sue potenzialità ibridanti, e offre infinite possibilità creative, e l’animazione è sicuramente tra le più libere forme audiovisive oggi disponibili. Tecnica elevata a poetica. Animazione come ambiente operativo in cui la video diversità si manifesta con diverse varianti. Potenzialità ibridanti del software Nelle sue opere: ●Animazione stop motion intrisa di enigmaticità che inscena le pulsioni nascoste delle persone ●Matrice teatrale ●Personaggi ripresi in ambienti reali o astratti palcosceni neutri ●Co-presenza di animazione video, disegno e scultura [la mia ricerca è interessata a dialogare con la dimensione espressiva degli spazi, specie dei contesti territoriali dove mi è capitato di soggiornare, all’interno dei quali inserisco piccole bamboline di plastica, presenze volte a rivelare qualcosa della realtà Sole (2006) Racconto autobiografico di Casdia che si era appena trasferita a Milano. Le bamboline si trovano in un ambiente indifferente, si sentono sole. Microstorie con l’obiettivo di cercare di legare tutti i personaggi non reali alla realtà della città, in modo da creare ritratti di vita urbana per esplorarla e legami tramite l’incontro casuale. Microprocessi con lo scopo di creare esperienze inaspettate. Il lavoro si sviluppa secondo due direttive: una già scritta, che vede frame di un personaggio in luoghi della città e un’altra aperta agli eventi nati in fase di ripresa, strada che collega tutte le microstorie. Piccole donne crescono (2006) Momenti e atteggiamenti femminili stereotipati sul ruolo della donna nella società in relazione col sesso maschile. La presenza maschile è una verifica dei limiti culturali imposti alle donne. La presa di coscienza finale distrugge i luoghi comuni. I personaggi si muovono poco e ossessivamente. La mdp costruisce la struttura narrativa. White Sex (2008) Piattaforma girevole, come un vassoio per dolci, sulla quale ci sono pupazzi femminili come campionario di atteggiamenti e fattezze erotiche, pronte per il consumo maschile. Un repertorio parodistico di offerte pornografiche. Le bamboline che si offrono alla visione del consumatore maschio accentuandone la caratteristica di oggetto del desiderio. UFOr3 (2009) Scenografica immersione nelle strutture architettoniche di Montreal. Tra le sue crepe si affacciano enigmatiche figurine antropomorfe, ma dai tratti sessuali ben visibili. Si muovono incerti, come se non appartenessero al luogo. Filamenti colorati definiscono i ruoli e le relazioni che uniscono i pupazzi tra di loro. Stangliro (2013) Rappresentazione della dialettica inconciliabile tra individuo e massa. Illustrazione di due forme di incomunicabilità, il conformismo e quella del singolo, incomprensibile ai molti. Simile a una live performance. Le bamboline all’inizio con un buco in testa rappresentano la lobotomia che evidenza la condizione di svantaggio delle masse. Anche il singolo manifesta lo stesso problema che gli impedisce di conformarsi e lo induce a sparire in una buca sul terreno. L’idea deriva da Metropolis (F. Lang), in alcune scene fiumi di persone compongono l’inquadratura, esse si muovono caoticamente. Casdia prende ispirazione dall’enfasi del moto impetuoso e unidirezionale. Il conflitto alla fine del video rimane irrisolto. Skin Life (2014) Video animato con disegni digitali. Animazione si sviluppa attorno al significato simbolico della pelle che ricopre il corpo e delle relative connessioni che può stabilire entrando a contatto col mondo esterno. Narrazione visiva frammentaria e onirica. Be Loved (2018) Opera installativa. Concetto di amore espresso metaforicamente inscenando il consumismo relazionale attuale. It’s You (2017) Indagine del rapporto ambiguo con l’altro (che può essere chiunque). I personaggi indossano gli stessi vestiti e i loro volti sono ricoperti di vermi gialli, con lo scopo di insinuare dei dubbi nello spettatore, come li si riconosce? L’individuo tenta di ribadire la propria individualità a discapito degli altri ma ne rimane sconfitto, perdita dovuta anche alle sovrastrutture sociali che tendono alla compatta conformazione. Il personaggio finale viene denudato della sovrastruttura (abito giallo) mostrando la sua poca essenza, senza occhi o orecchie, la bocca e i genitali sono gli unici dettagli in grado di dare vita a un’altra storia. Silvia De Gennaro --- (Chianciano Terme, 1961) Temi: ●Temi sociali ●Temi esistenziali ●Magiche animazioni degli stereotipi turistici di città stereotipe dell’immaginario di massa. ●Lavori divisi tra denuncia di ingiustizie sociali e necessità di raccontare il sogno Ricerca: ● Usa corpi virtuali conferendo loro comportamenti performativi, simbolici, attraverso i quali rappresentare la condizione umana in Occidente e gli effetti dell’immigrazione. Nelle sue opere: ● Animazione digitale 2D e 3D → come dimostrazione che esse sono le forme espressive della libertà espressiva nel linguaggio dell’animazione Reality (2007) Video performance di una bimba impegnata a rispondere con soliloquio a un ipotetico casting per un reality show. Dal suo discorso si denotano il desiderio di notorietà e il bisogno di riscattarsi da una vita nell’anonimato. La conclusione rivela che la bimba è uno spirito che illustra la vita intesa come un reality show delle anime, occasione di fuga dalla monotonia. De Gennaro associa all’idea di eternità quella di monotonia, vita come possibilità di dare valore al trascorrere del tempo. La vita intesa come “Reality” delle anime, occasione di fuga dalla monotonia eterna. Camera fissa sul primo piano di una bambina, anima fluttuante in attesa della propria nascita. Durante il suo monologo–provino, la bambina verrà concepita (e quindi selezionata per il Reality dei Reality) da risate lontane di un uomo e una donna. L’anima perderà le ali e finalmente vivrà tutta la sua terrena imperfezione. Quest’estate le zanzare saranno più cattive (2010) Video politico sull’uso manipolatorio dei media per mantenere il controllo sulle vite delle persone. Titolo ripreso da un articolo di giornale. Lavoro sull’idea di biopolitica (Foucault) rappresentato da una performer con il compito di dare corpo agli effetti psicologici della manipolazione. Una donna è assediata da zanzare mentre in fuori campo audio si sentono titoli allarmistici ripetuti ossessivamente fino a creare un’analogia con gli insetti. Le difese costruite dalla performer finiscono per intrappolarla, fino all’apertura di una porta sulla realtà. Le parole più usate dai media e dai politici sono: allerta, pericolo e catastrofe. La violenza esercitata da una società allarmista e disfattista produce uomini spaventati e isolati che non hanno ambizioni. Nel video la protagonista si rifugia in una soffitta, dove sta tessendo una ragnatela per catturare la zanzara “cattiva” ... De Gennaro suggerisce che con un gesto estremo di liberazione volontaria si può sopravvivere. Monno Monnezza (2012) L’economia del mondo gira intorno alla produzione di rifiuti, a partire dal consumismo che spinge ad un uso temporaneo dei prodotti, passando dall’atteggiamento bulimico nei confronti del cibo delle civiltà occidentali, fino ad arrivare al vero e proprio commercio, legale e illegale, della spazzatura. “Monno Monnezza” è una sorta di micro-documentario di quello che accade intorno ad un cassonetto dei rifiuti, c’è chi butta e chi prende. Il filmato è inserito in una banconota di valore zero emessa dallo Stato di Monno Monnezza. 1907 – Joie de vivre (2013) Materiale di repertorio, brani musicali e fotografie d’epoca, con lo scopo di costruire un collage digitale che mostra lo spirito europeo e parigino all’inizio del ventesimo secolo. 1907: siamo in piena Bella Époque, lontani dall’ultima guerra e ignari della prossima che sta per arrivare. “Joie de vivre” è il motto che sembra pervadere l’Europa, e in particolare Parigi, la sua capitale culturale. Licenziosità di costumi e sperimentazione in campo tecnico e artistico accompagnano quest’anno un po’ sopra le righe. A Vienna, Gustav Klimt è nel pieno del suo periodo dell’oro, a Parigi, Matisse getta scandalo con il suo “Nudo Blu” e Picasso dipinge Les demoiselles d’Avignon, il quadro che segna la nascita del cubismo. Il tempo e lo spazio acquistano nuove dimensioni e l’automobile diventa protagonista dell’anno con il Raid Pechino – Parigi, uno dei primi eventi mediatici mondiali della storia. Ma dietro tutto questo, cominciano a radicarsi le problematiche che preparano i tragici eventi futuri: una grossa crisi economica mondiale e duri conflitti sociali. Con l’accordo anglo- russo nasce definitivamente La Triplice Intesa, determinando lo scacchiere su cui si giocherà la Grande Guerra. A gettare un ulteriore ombra funesta, fu in quest’anno che a Londra fu decisa la costruzione della nave “Titanic”. E il 1907, come il “Titanic, carico dello sfarzo della prima classe e del disagio degli emigranti nelle stive, va ignaro incontro al suo tragico destino. Eagle Eggs (2014) Sul “senso” della vista… Uova di aquila, gli occhi si nutrono di spazio e di luce. Catturano immagini che la mente archivia come frame della propria memoria. Più l'orizzonte è profondo, più il pensiero si fa elevato, mentre l'assenza di spazio rende cieca la vista e buia la mente. Combinazione di grafiche in 2D e 3D in cui personaggi virtuali attuano comportamenti simbolici che illustrano, attraverso crasi semantiche, la relazione tra uovo e occhio. Il significato simbolico è guardare in profondità, tipico dell’aquila e l’anatomia umana che dà risalto alla vista. This is not a Horror Movie (2014) Il video è una visualizzazione degli orrori dei nostri tempi, dove il male sembra aver scalzato il bene dalla faccia della terra. Guerre, terrorismo, femminicidio, tragedie dei migranti, dittature economiche e ritorno di ideologie nazi-fasciste soffocano la nostra capacità di restare umani. L’indifferenza, forse la meno cruenta delle manifestazioni dell’orrore, è in realtà la più importante perché permette a tutto il resto di esistere. Combinazione di animazione 2D e 3D, sviluppo per quadri allegorici con situazioni emblematiche all’interno che rappresentano la situazione geopolitica attuale. Es: - la Vergine Maria circondata da angioletti che si trasformano in esseri maligni è un riferimento alla religione dominante. - La bandiera con al centro Medusa che inghiotte barche di migranti è lo specchio della situazione attuale. A chiudere la carrellata surreale un uomo che resta indifferente alle tragedie nel salotto di casa sua e ai due scheletri che gli stanno accanto. Travel Notebooks Projects (2011 – in atto) Suite psicogeografica, raccolta di video e cartoline emozionali suggestive e delicate. Travel Notebooks è un progetto in progress sul tema del viaggio in ambiente urbano. Ad oggi è composto dai video e dalle stampe di undici città: Perugia, Amsterdam, Pechino, Taranto, Praga, Barcellona, Venezia, Kardzhali, Bilbao, Marsiglia e Dubai. Le opere mostrano le città nei loro molteplici aspetti e nel loro continuo movimento, rappresentando al tempo stesso il processo emotivo e cognitivo che avviene nel viaggiatore. Con ritagli delle foto raccolte durante il viaggio viene realizzato -per la versione stampa del progetto- un collage digitale di grandi dimensioni; in un secondo momento il collage viene ridotto alla risoluzione adatta alla produzione di un video e viene animato. Quindi non viene rappresentata la città oggettiva ma l'immagine della città rimasta impressa nella memoria: i ritagli delle foto sono appunti sul taccuino di un viaggiatore, frammenti che al ritorno sopravvivono nel ricordo. La successiva animazione del lavoro tenta di ricomporre non solo le impressioni e le suggestioni vissute, ma anche i diversi punti di vista del viaggiatore, che si concentrano ora su un particolare ora su un altro, come in una sorta di messa a fuoco selettiva che avviene simultaneamente, dove la prospettiva non è data da canoni scientifici, ma dalle emozioni provate nell’osservare e scoprire. 2. Reynard the Fox (2008) Inizio della video installazione. Pensato per la proiezione in uno spazio dove sono affisse immagini triangolari che alludono alla fisionomia della testa di una volpe. Reynard è il personaggio principale di un ciclo letterario di favole allegoriche olandesi, inglesi, francesi e tedesche. Queste storie riguardano in gran parte Reynard, una volpe antropomorfa rossa e una figura da imbroglione. Le sue avventure solitamente lo coinvolgono ingannando altri animali antropomorfi a proprio vantaggio o cercando di evitare ritorsioni da loro. Installazione video con 12 tele triangolari (stampe digitali con interventi manuali) e una proiezione video che gioca con tutti gli elementi. Il lavoro di Maria Korporal è basato sulla versione olandese medievale della storia, proveniente dal XIII secolo: “Van den vos Reynaerde” (Della volpe Reynard). Le 12 tele triangolari rappresentano 12 ritratti di animali, alcuni dei quali principali nemici e vittime di Reynard. La stessa volpe appare in varie scene del video, proiettate in uno spazio centrale, circondato dalle tele. Il triangolo è una caratteristica importante del video, si riferisce alla forma triangolare della testa della volpe ed è fondamentale anche per la struttura narrativa. Ciascuna delle tre scene principali viene introdotta con il lancio di un dado triangolare, il risultato sembra determinare cosa accadrà. Le superfici dei dadi diventano l’ambientazione in cui si svolge la storia, mentre le linee animate emergono dai lati e dagli angoli, coprendo e connettendo le tele circostanti. I risultati dei dadi sono 3, 6 e 7, numeri altamente simbolici che formano il punto di partenza per ciascuna delle tre parti scelte della storia. 3. Nevermore (2012) Illustrazione della distruttività umana e la naturale libertà degli animali messi in conflitto. Performance della Korporal. Si chiede perché gli esseri umani si facciano del male o perché distruggano la natura di cui fanno parte attraverso spazi e linguaggi espressivi come la performance. I sussurri “nevermore” (“mai più”), pronunciati dall’artista e trasformati in varie voci femminili e maschili, fanno pensare a una promessa che viene suggellata con un bacio – una promessa che si alza in volo ed è portata via dal vento. L’insicurezza che caratterizza il destino dell’umanità trova un’eco nelle grida dei corvi: il loro “cras, cras!”, che in latino significa “domani, domani!”. Grida che possono significare speranza, ma anche irresolutezza e l’eterno rinvio di una decisione. in-volo-quadrato (2012) Omaggio a Gino De Dominicis (opere Tentativo di far formare dei quadrati invece che dei cerchi attorno a un sasso che cade nell’acqua e Tentativo di volo, 1969). Korporal tenta di immergersi nell’immortalità auspicata da De Dominicis, riportando in vita le sue opere di cui esiste solo testimonianza fotografica. Third Eye Flying (2014) In questo video, l’artista agisce con quello che chiama il suo “terzo occhio”: una piccola videocamera collegata alla fronte. Sulla pista dell’aeroporto storico Tempelhof di Berlino decolla e vola nello spazio. Vediamo ciò che vede attraverso il suo terzo occhio, quando raggiunge l’area di cui Man Ray ha parlato nel suo “Pepys Diary” (1959): “In qualche parte dello spazio le immagini di tutta la storia passata dell’umanità viaggiano sulle onde dell’etere”. Anne Frank (2014) Strutturato sui testi di Anna Maroccolo. Circolarità del video come metafora nella descrizione dello stato d’animo espresso dalla voiceover narrante. L’opera si apre su un cerchio che ruota senza sosta formato da catene che coronano vedute di Berlino e cancelli di un campo di concentramento. Between Memory and Destiny (2014) La leggenda ebraica del Golem, un fantoccio d’argilla che può essere animato con poteri cabbalistici, è stata da sempre un punto di partenza per molti creativi, dagli scrittori ai cineasti, dai filosofi agli scienzati. Molti lo hanno trasformato in un simbolo della tecnologia, altri considerano il Golem rappresentativo del pensiero moderno in assoluto, capace di adattarsi alle circonstanze e al tempo presente. Nel 2001 Maria Korporal ha realizzato l’installazione “L’occhio del Golem”, in cui ha definito il Golem un simbolo dell’immaginario moderno. Ora, dopo tredici anni, ha ripreso l’argomento nel suo nuovo video “Tra memoria e destino”. Con il Golem, l’umanità cerca di creare un clone di se stessa e riempirlo con memoria – la nostra memoria collettiva, che aumenta ogni istante e pretende di contenere tutta la storia umana. Negli ultimi decenni la memoria digitale è cresciuta in modo travolgente. Questo costante flusso di dati in entrata e in uscita influenzerà il nostro destino? Possiamo manipolare il futuro con i nostri ricordi? L’umanità ha il potere di accendere e spegnere i suoi cloni, come il Golem, annullando la E sul suo corpo, che trasforma EMET, “verità”, in MET, “morte” – o viceversa. Quando la macchina viene spenta, il flusso di dati si interrompe, come accade nel video. E il cane nell’ultima scena, giocherellando con carcassa del monitor, ci fa rendere conto del nostro destino: “Polvere sei e in polvere tornerai”. Songlines (2018) Interessi antropologici ed etici. Nella cultura degli australiani Aborigeni, le lunghe camminate nel deserto degli individui che intraprendono il Walkabout* (vedi: Bruce Chatwin “Le vie dei Canti, 1987) svolgono un ruolo essenziale per consentire contatti e scambi di risorse (sia materiali che spirituali) fra popolazioni separate da enormi distanze. Nel mio lavoro mi sono lasciata guidare da questo concetto. Inoltre sono affascinata dall’idea degli australiani Aborigeni di vedere un “territorio” non come un pezzo di terra determinato, ma come un reticolato dinamico di vie, di tracce, di canti – come descritto tanto bene da Chatwin. Nel video questo reticolato è rappresentata da una rete di corde su un paesaggio che si muove lentamente sullo sfondo. In quattro spazi centrali tra le corde delle aree di sabbia prendono forma, in cui accadono cose diverse: una mano scava un osso dalla sabbia mentre un’altra mano ci seppellisce una foglia, una tira fuori un foglietto piegato di carta, lo apre e c’è scritto la parola “vita” che si trasforma in altre lingue, una mano lancia una pietra da un pannello all’altro, da diversi oggetti nasce nuova vita – insomma è un gioco di trasformazione e di scambio di oggetti e parole tra i riquadri diversi. Dopo un po’ tutto viene di allagato dall’acqua del mare. La struttura di corde perde la sua forma geometrica e la sabbia si dissolve. Quando l’acqua si ritira, una nuova rete è generata e altre scene sorgono dalla sabbia. Retrophuture (Fabrizio Passarella, Contarina, 1953) Iniziale carriera come pittore negli anni ’80 e ’90 (esponente del Medialismo) Il progetto nasce nel 2008 dopo essersi annoiato con la pittura, riprendendo esperimenti con suoni elettronici, video e immagini digitali Temi: ● Ricapitolazione immaginifica della civilità occidentale, dei dissidi culturali, ideologici e tecnologici dell’Europa del XX secolo ● Convergenza di cinema, tv, design, animazione Ricerca: ● Recupero suoni analogici dei synth usati quando era giovane e materiale d’archivio del Novecento ● Bisogno di esplorare altri ambiti dell’arte senza più l’obbligo di creare altra materia, concentrazione sul flusso di coscienza ● Preferenza per realizzazione di eventi e progetti in spazi trasversali piuttosto che gallerie e musei (cimiteri monumentali, bilbioteche, showroom, festival), dove musica, poesia e video agiscono bene insieme. Progetto Retrophuture Neutotronik Tv: indaga la storia e le avanguardie del Novecento, riprende temi Jungiani e Zolliani, indaga e simula processi della trance sciamanica e delle visioni mistiche, dei riti del Soma e del Bardo Thodol, con suoni tribal-elettrici Through Fades Slides | Sehnsukunft (Welcome to Mitropa Cafè) (2011 – in corso) Ciclo frutto di un lavoro di re-editing. È un lavoro musicale di 15 tracce come omaggio alla musica elettronica anni ’70 e ’80. È un libro di testi e immagini rielaborate da foto originali, come una serie di video: collages di immagini e footage di repertorio anni ’30 e ’50, in concomitanza coi miti contemporanei come la Macchina, il Dirigibile, l’Aereo, la Nave, il Treno. Preferenza per l’era dello Streamline e del modernismo funzionalista. Ognuno è pervaso dalla Sehnsucht, dalla perdita della cultura mitteleuropea. Sottofondo la trilogia berlinese di Bowie, manifesti avanguardie russe. Fra i tavolini di un Caffè sfilano Questo progetto esplora la crisi della cultura europea attraverso la mitologia della Macchina in relazione al viaggio: aerei, automobili, treni, navi, dirigibili. Fra i tavolini di questo Caffè musiliano ideale sfilano miti e personaggi del ‘900 (soprattutto quelli che hanno ridefinito il concetto di percezione come Gustav Jung, Marguerite Jourcenar, André Breton, James Hillman, Jiddu Krishnamurti, Walt Disney…), i fantasmi ironici e drammatici del presente e delle vicende del “secolo breve” e i loro protagonisti: la decadente raffinatezza, i totalitarismi, la spensieratezza degli anni ’60, le rovine delle città irrimediabilmente perdute (Dresda e Berlino), le nuovissime metropoli globalizzate (Dubai e Shanghai), i Ballets Russes, Marlene Dietrich, Joséphine Baker, Nikola Tesla, Rimbaud, Pasolini, Sofia Loren, la Callas, Léon Theremin e Klara Rockmore, il Costruttivismo, la Bauhaus, il monumentalismo, i sintetizzatori, Mèlies, Murnau e Lang, i giovani Pionieri russi e i Pimpf tedeschi, Isadora Duncan, Luisa Fuller, le World’s Fair, i Robots, le porcellane Meissen e Wedgwood (epitomi della fragilissima raffinatezza europea) ecc… Tutti loro brillano per qualche secondo e per svanire lentamente come vecchie diapositive sbiadite. TFS #1 - Le Dirigeable (Das Luftschiff) (2013-2018) Esaltazione del mito della macchina nel primo Novecento e il positivismo nel progresso tecnologico. Sonoro incalzante, frammenti di poesie futuriste verso lo spettatore. Video dedicato al dirigibile [un sogno gigantesco di elio, tela e metallo destinato a stupire brevemente il mondo per poi svanire rapidamente]; Helden der Avantagarde (2014-2018) Collage in movimento che riproducono elementi grafici e pubblicitari del Novecento, miscelati a spezzoni cinematografici e televisivi. Sdoganamento dello spettacolo mediatico nella videoarte Dedicato al mantra Bowiano della mia generazione; eroi dei realismi totalitari si stagliano contro città ideali retrofuturistiche. È partito dai manifesti e dalla propaganda dei regimi totalitari e in generale degli anni 30/50, un terreno artistico, ideologico ed estetico minato, assai poco frequentato dalle ricerche artistiche, se non come smaccato soggetto di irrisione. (E d’altronde l’odierno capitalismo globalizzato acquista ogni giorno di più inquietanti risvolti totalitari). Ovviamente, al fondo c’è una dovuta, sottile ironia, ma quello che mi interessava realmente di queste immagini è l’afflato ottimista e retorico, lo sguardo proiettato al futuro, l’ingenua fiducia che ideologia e macchina avrebbero creato un’umanità e un futuro più felici (bugia come si sa amaramente smentita nei fatti). Questo spirito, di per sé non necessariamente negativo (essendo alla base di tutte le utopie), stride in maniera lampante e quasi comica con il cinismo e lo sfiancato bizantinismo delle presenti società capitalistiche evolute. Mi piaceva pertanto recuperare, ironicamente ma anche poeticamente, questo sguardo ancora fiducioso e vergine verso il futuro ipertecnologico e accelerato verso cui stiamo andando, ambientandolo in scenari che richiamano i grattacieli Deco e gli skyline delle nuove metropoli. Rising Retropolis (2013-2019) Viaggio quasi documentario per le strade di Dubai, che pare la concretizzazione di Metropolis (F. Lang), retro-moderna. ho scelto Dubai come città simbolo del presente futurista, un’atopia nuova e senza storia, che si muove e cresce ad alta velocità. Il video rallenta solo alla fine, dove si sfumano i volti dei nuovi schiavi, senza identità o storia, rimane visibile solo lo sguardo
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