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Riassunti seconda parte Cambi, Sintesi del corso di Storia Della Pedagogia

Riassunti della seconda parte del libro Cambi da Herbart

Tipologia: Sintesi del corso

2017/2018

Caricato il 22/04/2018

elisa.diana1992
elisa.diana1992 🇮🇹

4.7

(18)

9 documenti

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Scarica Riassunti seconda parte Cambi e più Sintesi del corso in PDF di Storia Della Pedagogia solo su Docsity! Johann Friedrich Herbart (1776- 1841) Opere: metafisica generale, filosofia pratica generale, psicologia come scienza fondata sull’esperienza. Herbart parla di pedagogia come scienza e ne esalta il carattere umanistico, infatti il fine della pedagogia è formare l’uomo in tutte le sue qualità, formare il carattere e l’aspetto legato alla responsabilità. Abbiamo quindi un avvicinamento della pedagogia alla scienza, ma non ci riferiamo alle scienze naturali ma ad un legame con la scientificità filosofica che unisce teoria e pratica. Herbart parla di un etica del dovere che si ottiene unendo i dati dell’esperienza e la riflessione teoretica, egli dà molta importanza all’esperienza necessaria per formare una personalità autonoma e responsabile. Herbart parla di governo del fanciullo che riguarda genitori ed educatori e consiste in un rapporto di autorità e amore. Lo scopo del governo è quello di rendere morale la natura dura e rude del fanciullo, quindi consiste nell’evitare i danni delle azioni istintive dell’uomo e evitare il conflitto con la società. L’insegnamento parte dagli interessi del fanciullo e dalla loro plurilateralità ed è svolto dall’educatore. Per Herbart è fondamentale il ruolo dell’attenzione che favorisce l’aumentare dell’interesse nell’individuo. Il processo di insegnamento consiste in tre fasi: chiarezza (ovvero scomposizione in elementi più semplici) associazione (collegamento di un oggetto con uno simile) e sistema e metodo (applicazione attraverso esercizi). L’istruzione dipende dalla natura, le cose, i concetti astratti e bisogna partire dal semplice al complesso, dall’universale al particolare e utilizzare sia un sapere scientifico matematico che attribuisca rigore e ordine, sia un sapere storico letterario che attraverso la lettura di opere avvicini il fanciullo alla cultura. Per Herbart lo studio non deve essere troppo duro ma deve adattarsi alle esigenze del bambino. La scuola deve essere indipendente dallo stato e dalla chiesa infatti per Herbart l’educazione non appartiene né allo stato né alla chiesa ma alla famiglia. Lo scopo dell’educazione è formare il carattere dell’uomo grazie all’acquisizione di una cultura morale. La pedagogia scientifica: consiste nella critica alle posizione di Locke e Rousseau. Herbart vede in Locke l’educazione al conformismo, mentre Rousseau non è riuscito a collegare l’educazione naturale all’integrazione dell’uomo nella società. La pedagogia ha le sue basi nell’etica e nella psicologia, l’etica definisce le finalità dell’educazione la psicologia i mezzi. L’interesse deve costituire il motore dell’apprendimento, interesse oggettivo si lega all’oggetto, l’interesse soggettivo si lega allo stato d’animo del soggetto. Società industriale e educazione tra positivismo e socialismo L’avvento della società industriale nel corso dell’800 di diffuse in tutta Europa e attivò un processo di ridefinizione degli obiettivi e degli strumenti della pedagogia con finalità laiche come formare il cittadino, diffondere i valori borghesi e con un’identità di sapere scientifico. 45 45 Intorno alla metà dell’800 si vengono a contrapporre due modelli quello borghese e quello proletario quello ispirato al positivismo e quello connesso al socialismo. Sono due modelli che interpretano l’opposizione di classe che sta al centro della società industriale con valori educativi opposti. Il positivismo esalta la scienza e la tecnica e l’ordine borghese della società, ha mentalità laica e valorizza i saperi sperimentali. Il socialismo è la posizione scientifica della classe antagonista che si richiama ai valori negati dall’ideologia borghese ovvero solidarietà, uguaglianza, partecipazione popolare al governo, delineando una società senza classi. Positivismo e pedagogia in Francia e Inghilterra L’età del positivismo produsse una trasformazione nell’elaborazione dei problemi pedagogici ed educativi impostandoli sul terreno della scienza. I positivisti sostenevano che la pedagogia si trovava ad uno stadio di evoluzione scientifica confuso e doveva trasformarsi in disciplina organica e rigorosa, ciò comportava un adeguamento dei metodi di ricerca. Il progetto pedagogico del positivismo si rivolgeva verso una elaborazione della pedagogia come scienza o come scienza dell’educazione. Altri caratteri tipici della posizione positiva sono: la valorizzazione dell’educazione come dovere essenziale nelle società moderne, come diritto del cittadino e come mezzo per attuare una evoluzione in senso laico. I forti limiti dell’elaborazione positivista sono: la loro pedagogia scientifica che restò allo stadio di abbozzo e non si concretizzò mai in ricerche scientifiche. Inoltre la loro scienza dell’educazione restò spesso intenzionale e il progetto formativo a base scientifica si risolse in una pratica di insegnamento tendente al nozionismo e all’enciclopedismo. La prima grande elaborazione e diffusione del positivismo pedagogico già dalla metà dell’800 ebbe come protagonisti pensatori dei paesi europei ad economia industriale avanzata come Francia e Inghilterra. Comte (1798 - 1857) In Francia troviamo Comte, fondatore del positivismo che per la pedagogia espone nel suo “Corso di filosofia positiva” i nuovi caratteri fondamentali. Comte alla fine del suo corso promise l’elaborazione di un organico sistema di pedagogia che però non porta mai ad effetto. Per Comte l’educazione doveva farsi scienza anche se per l’arretratezza delle scienze sociali a lui contemporanee ciò non potrà immediatamente avvenire. La caratteristica di questa futura educazione scientifica che Comte rivendica con forza viene indicato nell’opposizione ad ogni educazione tradizionale, metafisica e astratta e nella rivendicazione del principio di universalità dell’educazione che esige una diffusione presso tutto il popolo. Edouard Sèguin (1812 – 1880) Si occupò di rieducazione dei subnormali richiamandosi alla riflessione di San Simon. Sèguin considerava l’attività fisica del fanciullo connessa alla sua individualità ed ai suoi processi di socializzazione. Sensazione, intelletto e volontà sono i tre aspetti fondamentali e interconnessi di ogni individuo. Nella sua opera più famosa “Trattamento morale, igienico e educazione degli idioti e degli altri fanciulli 45 45 cambiati e devono mirare ad una formazione dell’intelletto e del sentimento morale. In campo intellettuale si deve mirare alle abitudini che tendono a formare il modo di pensare che dura tutta la vita ed è causa di effetti benefici. Andrea Angiulli (1837-1890) Il padre del positivismo pedagogico italiano fu: Andrea Angiulli. Con l’opera “La filosofia e la ricerca positiva” valorizzava la scienza moderna e delineava una concezione evoluzionistica della natura, principi ripresi nell’opera “La filosofia positiva e la pedagogia” che può essere considerata la nascita della pedagogia positivista in Italia. La pedagogia per Angiulli è una scienza naturale ed una scienza sociale e ha un preciso significato politico: deve collaborare con l’attività dello stato per instaurare una politica positiva che miri a risolvere il problema sociale. Roberto Ardigò (1828-1920) Roberto Ardigò definisce la pedagogia come scienza dell’educazione. L’educazione va’ intesa come una formazione naturale che avviene in un contesto ambientale che ne determina lo sviluppo. La formazione educativa ha bisogno di una matrice e di un ambiente che determina una formazione ulteriore che varia col variare delle matrici. Le matrici sono: la società, la famiglia, gli educatori ecc. La formazione naturale attraverso determinati stimoli a base sensoriale e attraverso il metodo deve organizzarsi nell’esercizio e fissarsi nell’abitudine. In Ardigò troviamo una sensibilità educativa rispetto ai problemi morali ed una valorizzazione del ruolo sociale dell’educazione. Saverio De Dominicis (1846-1930) In De Dominicis troviamo un richiamo ai problemi politico-sociali dell’educazione e un’apertura verso posizioni politico-pedagogiche più democratiche che reclamano un potenziamento della scuola popolare. Scrisse: “Idee per una scienza dell’educazione”. I Socialisti Utopistici e l’educazione Nel corso del primo cinquantennio dell’800 i socialisti utopisti manifestarono l’esigenza di riorganizzare la società secondo un ideale di giustizia sociale e di uguaglianza tra gli uomini con un preciso risvolto educativo. Il rinnovamento delle regole di convivenza sociale, la trasformazione delle varie istituzioni sociali (famiglia, fabbrica, stato) e la progettazione di una società ideale implicano un mutamento dell’uomo cittadino che viene posto alla base di questa società rinnovata. La nuova società esige un uomo nuovo dotato di una mentalità egualitaria. La pedagogia degli utopisti mira alla restaurazione della società e vede possibile tale avvento solo con la diffusione del sapere. Gli utopisti elaborano nei loro scritti un quadro delle condizioni di vita delle masse popolari, dello sfruttamento che esse subiscono delineando una serie di interventi socialmente necessari per rendere meno disumane le condizioni di vita dei lavoratori. Socialisti Utopisti: S. Simon, Fourier, Owen Henri- Claude de San Simon (1760-1825) 45 45 Con Saint Simon la critica della società esistente e la progettazione utopica sono caratterizzate dalla valorizzazione della rivoluzione industriale che pone come urgente la soluzione della questione sociale. Al vertice della nuova società che Saint Simon viene delineando stanno gli industriali, gli scienziati e gli artisti che devono agire a vantaggio dai ceti più bassi ma il cemento della nuova società deve essere il nuovo cristianesimo basato sulla fratellanza universale. L’educazione deve essere scientifica e socializzante. Per Saint Simon si dovrà favorire da un lato un’educazione indiretta attraverso l’ambiente sociale e dall’altro un’istruzione prevalentemente scientifica. Saint Simon si interessa di problemi educativi sotto due aspetti: 1. Quello della critica delle strutture educative esistenti (la formazione intellettuale era insufficiente) 2. E quello dell’attività volta a promuovere l’educazione del popolo. Charles Fourier (1772-1837) Fourier sviluppò nella “Teoria dei quattro movimenti” un modello di società organizzata secondo criteri anti-autoritari e secondo un’ideale di vita artigiana e contadina, al cui centro veniva posto il principio di armonia e della solidarietà. Attraverso la descrizione della vita dei cittadini riuniti in case-laboratori, dove uomini e donne vivevano una vita autosufficiente ed in condizioni di perfetta uguaglianza Fourier fa risaltare la libertà di cui ogni individuo può godere nella società. Sul terreno dell’emancipazione Fourier sostiene la totale uguaglianza della donna all’uomo. L’educazione che egli propone è un’educazione alla libertà e alla felicità che si realizza attraverso l’armonia tra gli individui. Fourier svolge una critica alle istituzioni educative esistenti in particolare a famiglia e scuola. La prima è accusata di autoritarismo e di provocare nel fanciullo frustrazioni e ribellioni. La seconda viene vista come legata ai principi delle classi dominanti e ad un principio di lavoro esclusivamente intellettuale, fondato sulle lingue classiche emarginando le scienze moderne. La formazione dei giovani per Fourier è integrale e rivolta a spirito e corpo e deve indirizzare verso molteplici attività tra le quali il giovane possa scegliere. Robert Owen (1771-1858) Robert Owen si dedicò ad un vasto piano di riforma volto a migliorare le condizioni di vita dei lavoratori dell’industria. Egli voleva fondare una perfetta colonia modello. Owen elaborò un piano di riforma generale della società ispirato a criteri comunistici che cercò di realizzare nel territorio americano ma senza successo. In Inghilterra si dedicò a propagandare il suo ideale di riforma atto a creare una nuova volontà in tutto il genere umano. Owen pubblicò la sua opera maggiore: “Il libro del nuovo mondo morale”. Per Owen il lavoro deve diventare un principio base per attuare il nuovo mondo morale, lo studio va alternato al lavoro e va integrato con attività fisiche e ludiche (ginnastica, canto, danza). Inoltre l’educazione deve essere uguale per tutti, deve avvenire in edifici adatti (con refettorio e infermeria) e dopo 10 anni collegarsi alla vita dell’officina. Nelle scuole rinnovate vanno create abitudini morali nei fanciulli e va data un’istruzione utile, che deve avvenire in connessione con le occupazioni offerte dalla 45 45 società. Il quadro educativo di Owen si sviluppa su un’analisi della società industriale moderna e si caratterizza per le soluzioni avanzate legate ad una riforma radicale. Marx (1818-1883) e Engels (1820-1895) Marx e Engels furono due politici, filosofi e teorici dell’economia fondatori del materialismo storico. (Il nucleo della concezione materialistica della storia sta nell’affermazione che gli uomini, i quali vivono e producono in una data società si trovano a muoversi entro determinati rapporti necessari e indipendenti dalla loro volontà, che sono i rapporti di produzione propri di una determinata fase dello sviluppo storico; questi costituiscono la struttura economica della società, la base sulla quale si eleva la sovrastruttura dei rapporti giuridici, la vita morale e religiosa e soprattutto le forme determinate dalla coscienza sociale). Secondo Marx l’uomo è alienato dall’organizzazione capitalistica del lavoro, ma è anche un uomo attivo che prepara la propria rivincita attraverso il lavoro. Il lavoro è la caratteristica fondamentale dell’uomo e viene messa al centro della formazione di quest’ultimo. Solo grazie al lavoro l’uomo forma se stesso e attiva un processo di emancipazione, grazie al quale sviluppa le proprie facoltà individuali in modo libero e autonomo. Due principi spiegano l’antropologia di Marx: 1. Egli mette al centro di tutto il lavoro e l’uomo onnilaterale 2. La nuova società crea un tipo di uomo nuovo che sarà in grado di unire capacità manuali e intellettuali formando così un individuo onnilaterale e una personalità completa che armonizza tempo libero con tempo lavorativo, in contrapposizione con l’uomo unilaterale che ha capacità settoriali (manuali o intellettuali). Engels in una sua opera di carattere pedagogico sostiene l’insufficienza dell’educazione popolare limitata allo studio dei rudimenti ovvero leggere, scrivere e fare di calcolo inoltre in questa opera vi è una critica sulle condizioni precarie della scuola popolare. Marx sottolinea lo stretto rapporto tra educazione e classe dominante, l’educazione infatti esprime la concezione del mondo riguardo gli interessi economici e sociali del tempo, inoltre Marx puntualizza la differenza tra classi (borghesia e proletariato) che consiste in due indirizzi scolastici diversi. Per Marx e Engels nella società la famiglia viene influenzata dalle trasformazioni economiche e sociali e dalla società capitalistica. Nel Capitale Marx parla della vita dell’infanzia nella società industriale e evidenzia lo sfruttamento infantile e le condizioni di miseria in cui vivevano. Non si può parlare propriamente di pedagogia con Marx e Engels ma questo tema viene messo in luce quando si parla della lotta di classe e delle condizioni socio-economiche del tempo. Per Marx l’uomo si forma grazie all’interazione con l’ambiente e ipotizza una condizione razionale della società. Un bambino di 9 anni dovrebbe dedicare al lavoro 2 ore fino fino ai 13 anni, dai 13 ai 15 4 ore e dai 16 ai 17 6 ore. Inoltre i ragazzi dovrebbero dedicarsi anche all’istruzione che consiste nella formazione spirituale, educazione fisica (ginnastica che comprende esercizi militari) e istruzione politecnica che consiste nell’attribuzione del valore scientifico ai processi di produzione, che ha la finalità di insegnare al ragazzo l’utilizzo pratico degli strumenti elementari di tutti i mestieri. La scuola politecnica unisce lavoro manuale e istruzione. 45 45 prima di tutto il consumo e non la produzione vale il tempo libero e non il lavoro. Siamo davanti ad un modello nuovo guidato dall’idea di felicità, la quale viene da lui commisurato al consumo, equiparato all’avere e all’ accumulazione di beni. Il 900 è stato il secolo dell’uomo nuovo. All’interno dei mutamenti avvenuti nel 900 si colloca anche l’educazione e la pedagogia. Le pratiche e le teorie hanno risentito dell’evoluzione dei ceti sociali subalterni, della creazione di un nuovo stile di vita e della crescita della democrazia. La pratica educativa si è rivolta a un soggetto nuovo, ha imposto nuovi protagonisti (il bambino, la donna, l’handicappato) e ha rinnovato le istituzioni formative (dalla famiglia, alla scuola, alla fabbrica). Rinnovamento della scuola e pedagogia attivistica Nel XX secolo la scuola subisce processi di radicale trasformazione: si apre alla masse e si afferma sempre di più il suo ruolo centrale. Questo rinnovamento fu massimo nell’ambito della tradizione attivistica quando la scuola si impose come istituzione-chiave della società democratica dando vita a sperimentazioni scolastiche fondate sul primato del fare. L’attivismo è stato un movimento internazionale che ha avuto larghissimo influsso nelle pratiche quotidiane dell’educazione specialmente scolastica. Infine ha realizzato un rovesciamento radicale dell’educazione mettendo al centro il bambino e i suoi bisogni e le sue capacità. Le scuole nuove e l’educazione attiva Tra la fine dell’800 e il terzo decennio del 900 si affermano alcune esperienze educative all’avanguardia. Alla base di questa coscienza educativa innovatrice vi erano sia la scoperta della psicologia che affermava la radicale diversità della psiche infantile rispetto a quella adulta, sia il movimento di emancipazione di larghe masse popolari nelle società occidentali. Anche se le scuole nuove nacquero e si svilupparono come esperimenti isolati esse avviarono una serie di richieste nel campo dell’istruzione rivolte a trasformare profondamente la scuola. Il carattere comune e dominante di queste scuole nuove che si diffusero prevalentemente in Europa occidentale e negli Stati Uniti, va individuato nel richiamo all’attività del fanciullo. L’infanzia secondo questi educatori va vista come un’età pre-intellettuale e pre- morale. Il fanciullo è spontaneamente attivo e necessita quindi di essere liberato dai vincoli dell’educazione famigliare e scolastica permettendogli invece una libera manifestazione delle sue inclinazioni primarie. In base a questo presupposto la scuola deve subire profondi cambiamenti: deve essere, se possibile, allontanata dall’ambiente artificiale della città (l’apprendimento deve avvenire a contatto con l’ambiente esterno) e attraverso attività non esclusivamente intellettuali, ma anche di manipolazione rispettando la natura globale del fanciullo che non tende mai a separare conoscenza e azione. Le scuole nuove sono inoltre una voce di protesta contro la società industriale e tecnologica. Esse sono ispirate ad ideali di partecipazione attiva dei cittadini alla vita sociale e politica, di sviluppo in senso libertario dei rapporti sociali stessi anche se connessa ad una concezione individualistica dall’uomo ma senza che vengano ad intaccare l’autonomia della coscienza e la libertà personale di scelte. L’esperimento delle scuole nuove fu avviato in Inghilterra da: 45 45 Cecil Reddie (1858-1932) che aprì una scuola per ragazzi dagli 11 ai 18 anni. Secondo Reddie l’insegnamento andava profondamente mutato per renderlo più idoneo alle esigenze della società moderna. E’ necessario in contrapposizione ad un programma formativo antiquato (lingue morte al centro, lingue vive e scienze ai margini) conseguire uno sviluppo armonico di tutte le facoltà umane. Il ragazzo deve diventare un uomo completo per essere in grado di assolvere tutti gli scopi della vita. A tale fine la scuola deve diventare un piccolo mondo reale e pratico e collegare sistematicamente l’intelligenza e l’energia, la volontà, la forza fisica, l’abilità manuale e l’agilità. All’esperimento di Reddie si richiamò esplicitamente il francese Demolins (1852-1907) La scuola è posta in campagna in un parco ancora semi-selvaggio, in esso i fanciulli si muovono in piena libertà ed abitano in case confortevoli che richiamano l’ambiente casalingo, in modo che sia mantenuta in tutto la sensazione della vita reale che si trova in una famiglia sana e felice. L’obiettivo della scuola fondata da Demolins e proseguita poi da Bertier (1877-1909) è quello di attuare una formazione globale del fanciullo, tanto intellettuale che fisica, morale e sociale. Lo spirito di socialità e di attiva collaborazione risulta incentivato anche dalla partecipazione dei ragazzi stessi della organizzazione della vita in comune. Lo studio viene svolto secondo l’individuazione di centri d’interesse, che hanno alla base il legame dei ragazzi con la terra. Ciò conduce anche alla valorizzazione delle attività pratiche, presenti sia nel corso di studi sia nelle occupazioni ricreative. Il carattere di isola privilegiata è però rivolta a pochi ragazzi fortunati di buona estrazione economica e sociale e radicalmente distante dai problemi emergenti con la scuola di massa, che andava affermandosi già dagli albori del nuovo secolo. Le scuole nuove in Italia In Italia le scuole nuove si svilupparono nell’ambito di quella che Radice definì come scuola serena. Tale scuola si ispirava ad un ideale di continuità tra la scuola e la famiglia, ad una valorizzazione delle attività artistiche e ad una visione del fanciullo come artista spontaneo. L’insegnamento veniva a perdere ogni rigidità preordinata e si si sviluppava secondo i principi della serenità, equilibrio, attività e spontaneità. I rappresentati più illustri della scuola serena furono: Rosa Agazzi che organizzò con la sorella Carolina (1870-1945) un metodo innovatore per la scuola infantile e Giuseppina Pizzigoni. Rosa Agazzi (1866-1951) elaborò un metodo personale e innovatore nei riguardi delle scuole per l’infanzia, il suo metodo si fondava sul principio della continuità tra asilo infantile e atmosfera famigliare, quindi l’educatrice doveva assumere un ruolo quasi materno ed il lavoro dei fanciulli doveva essere soprattutto libero e attivo (giardinaggio, pulizia) ma anche svolgersi in un ambiente ordinato, al cui mantenimento doveva partecipare il bambino stesso. Tra i fanciulli doveva essere 45 45 sviluppato inoltre un forte senso di collaborazione. L’invenzione didattica più significativa della Agazzi fu però il materiale non preordinato, non scientifico e occasionale, che veniva definito come un insieme di cianfrusaglie senza brevetto costituito da tutto ciò che i fanciulli stessi raccoglievano ed al quale si interessavano. Tale materiale comprendeva anche gli oggetti di corredo di ogni fanciullo che venivano contrassegnati in modo tale che ogni bambino potesse collaborare al mantenimento dell’ordine. Gli aspetti fondamentali del metodo agazziano hanno un deciso carattere anti-montessoriano: infatti qui l’ordine nasce dai ragazzi e non dall’ambiente preordinato scientificamente, come pure i materiali di studio sono spontaneamente raccolti e non predeterminati secondo criteri esclusivamente scientifici. Giuseppina Pizzigoni (1870-1947) cercava di operare nell’ambito della scuola tradizionale rinnovandone il metodo. Prima di tutto è necessario far entrare nella scuola l’esperienza diretta dei fanciulli e collegare la vita scolastica e quella sociale portando i ragazzi a visitare officine e città, monti e mare. Il metodo sperimentale di Giuseppina Pizzigoni (fu esposto in “La nuova scuola elementare rinnovata secondo il metodo sperimentale”) pose al centro anche il lavoro ed una intensa attività sociale e fu rivolto ad introdurre la precedenza assoluta dell’esperienza dell’alunno rispetto alla parola del maestro. Con Ernesto e Anna Maria Codignola nasce nel 1945 a Firenze la scuola- città che ha come obiettivo primario quello della formazione sociale dei ragazzi, di renderli consapevoli dei loro doveri e diritti civici e quindi si basa su una organizzazione interna che rispecchia quella della comunità adulta e che viene gestita direttamente dai ragazzi allenandosi così all’acquisizione di un comportamento democratico. La scuola-città vuole essere una comunità di lavoro in cui tutti partecipano a tutti gli aspetti della vita collettiva. L’insegnamento scolastico muove direttamente dall’esperienza personale del fanciullo e dai problemi della vita concreta della comunità, articolandosi secondo un ideale di interazione tra attività intellettuale e attività manuale. Orari e programmi vengono rinnovati rispetto alla scuola elementare tradizionale, la scuola viene corredata di biblioteca e laboratori, il metodo didattico è libero e non prefissato. L’esperimento di Codignola ebbe largo eco in Italia e altrove specialmente fino agli anni 60. Un esperimento educativo sviluppatosi in Europa ed alimentato dalla lezione dell’attivismo che risulta uno dei più interessanti fu quello dei boy scouts sorto nel 1908 promosso da Robert Baden Powell (1857-1941). Il movimento scautistico ebbe ampia fortuna e diffusione mondiale. I ragazzi vengono divisi per classi di età (lupetti 8-11, esploratori 12-16 e pionieri 17 in poi) e in un a struttura che gli organizza in pattuglie (formate da circa 8 ragazzi), guidate da un capo e riunite poi in gruppi di 4 o 5 sotto la guida di un istruttore. L’immissione nel gruppo avviene attraverso una cerimonia, nella quale va letta la promessa che sottolinea i principi di lealtà, amicizia, amore del prossimo oltre che di pietà verso gli animali. I caratteri 45 45 psicologia – specialmente quella genetica – e la sociologia soprattutto) e ne indicava anche le implicazioni politiche e antropologiche (dirette a formare un uomo più libero e felice, più intelligente e creativo). La diffusione dell’attivismo provocò anche l’assimilazione di alcuni dei suoi elementi fondamentali da parte di ideologie educative assai distanti dai suoi presupposti psicologici e sociali come la pedagogia cattolica e quella marxista. I grandi temi della pedagogia dell’attivismo possono essere indicati: 1. Nel puerocentrismo cioè sul riconoscimento del ruolo essenziale (attivo) del fanciullo in ogni processo educativo; 2. Nella valorizzazione del fare nell’ambito dell’apprendimento infantile, che tendeva a porre al centro del lavoro scolastico le attività manuali, il gioco e il lavoro; 3. Nella motivazione secondo la quale ogni apprendimento reale e organico deve essere collegato ad un interesse da parte del fanciullo; 4. Nella centralità dello studio di ambiente poiché è proprio dalla realtà che lo circonda che il fanciullo riceve stimoli all’apprendimento; 5. Nella socializzazione vista come un bisogno primario del fanciullo che va soddisfatto e incrementato; 6. Nell’antiautoritarismo sentito come un rinnovamento profondo della tradizione educativa e scolastica; 7. Nell’antintellettualismo che conduceva alla svalutazione di programmi formativi esclusivamente culturali e valorizzava una organizzazione più libera delle conoscenze da parte del discente (alunno). I grandi maestri teorici dell’attivismo vanno riconosciuti in Dewey e Decroly, in Claparède e Ferrière oltre che in Maria Montessori. Dewey fu certamente il teorico più illustre dell’educazione nuova. Ovide Decroly (1871-1932) medico belga si occupò dei problemi educativi della pedagogia differenziale (o dei deficienti). Estese poi quei metodi educativi anche ai ragazzi normali e nel 1907 aprì a Bruxelles l’<École dell’Ermitage> una scuola nuova che fu uno dei centri più famosi di sperimentazione educativa. Decroly fu professore all’istituto superiore di pedagogia di Bruxelles e docente di psicologia dell’infanzia all’università. I suoi testi più celebri furono “Verso la scuola rinnovata”, “Lo sviluppo del linguaggio parlato presso il fanciullo”. Come psicologo Decroly studiò a lungo la psiche infantile, muovendo dagli anormali in vista non solo di un loro recupero, ma anche per conoscere meglio il fanciullo in generale. Il carattere dominante della psiche del fanciullo è quello della “globalizzazione”: la conoscenza e la sensazione non sono dirette verso elementi differenziali e divisi che poi vengono associati ma si rivolgono verso un tutto. Di conseguenza ogni attività di apprendimento muove nel fanciullo da un approccio globale rispetto all’ambiente che deve essere rispettato durante l’insegnamento. Ogni attività educativa deve partire dal concreto all’astratto, dal semplice al composto, dal noto all’ignoto e quindi ogni processo di simbolizzazione deve essere appreso attraverso il contatto con la realtà. Per Decroly l’attenzione che il fanciullo rivolge ai fenomeni naturali e sociali è spinta 45 45 da un interesse legato ai bisogni fondamentali dell’uomo. Questi sono il bisogno di nutrizione, di lottare contro le intemperie, di difendersi dai pericoli, di agire e lavorare e devono trovare posto in ogni processo di apprendimento-insegnamento in modo che l’attività di studio si organizzi secondo centri d’interesse legati a questi bisogni fondamentali. In particolare vanno sviluppati gli argomenti che riguardano il rapporto del fanciullo con gli altri uomini (famiglia, città, provincia ecc.) e con la natura (animali, piante, suolo, sole, astri.). Così il fanciullo non solo acquisterà la nozione concreta ma la ricollegherà alle altre nozioni che già possiede. Lo studioso belga mise l’accento sulle basi psicologiche di ogni apprendimento e sulla necessità di una partecipazione non passiva da parte dei fanciulli che viene stimolata dall’interesse. I processi di apprendimento si sviluppano in tre momenti fondamentali: • L’osservazione che è il punto di partenza di ogni conoscenza a va posta al centro dell’attività scolastica, attraverso l’uso di un materiale assai vario che deve essere manipolato e osservato direttamente dal fanciullo; • L’associazione che organizza anche se in forme elementari l’ambiente che il fanciullo ha osservato nella direzione dello spazio e del tempo, dando luogo alle conoscenze fondamentali della geografia e della storia; • L’espressione che può essere concreta o astratta: la prima riguarda i lavori manuali: il disegno e il modellaggio (consiste in un metodo graduale di avvicinamento progressivo ad un nuovo comportamento che il soggetto non riesce a mettere in atto in altre modalità. Nel momento in cui il soggetto emette una risposta corretta, seppur lontana dal comportamento meta prefissato, dovrebbe ricevere un rinforzatore, perché in questo modo aumenta la probabilità che risposte simili si presentino in futuro. Il modellaggio consiste proprio nel rinforzare quei comportamenti che, seppur lontani dal comportamento meta prefissato, si avvicinano progressivamente all'obiettivo finale); la seconda il linguaggio, cioè la lettura e la scrittura. Una della applicazioni del metodo globale di Decroly si ebbe sul piano dell’insegnamento della lettura, nel quale è necessario seguire due fondamentali principi: associare le immagini scritte delle cose alle cose medesime e aiutare il riconoscimento delle immagini del linguaggio scritto. Secondo il metodo globale il fanciullo prima conosce le cose, poi comprende le frasi ed infine isola le parole. L’insegnamento della lettura deve inoltre avvenire attraverso giochi educativi che servono a rendere attivo e gradevole lo sforzo per impossessarsi dei simboli alfabetici del linguaggio scritto. Edouard Claparède (1873-1940) si formò a di Ginevra all’istituto J.J Rousseau che si interessava di ricerca psicologica ed educativa. L’opera pedagogica di Claparède si svolse soprattutto in relazione alle nozioni di “educazione funzionale” e di “scuola su misura”. L’educazione deve essere sempre sostenuta da un bisogno e quindi è necessario rivedere i programmi di studio ed i metodi di insegnamento tipici della scuola tradizionale, in quanto escludono ogni partecipazione motivata dall’interesse del fanciullo. Di conseguenza la scuola deve organizzarsi “su misura” del fanciullo, deve rispettarne la natura e soddisfarne i bisogni, organizzando processi 45 45 di apprendimento capaci di essere individualizzati attraverso una serie di opzioni di attività tra le quali in fanciullo può liberamente scegliere. Adolphe Ferrière (1879-1961) (Il pensatore ginevrino) ebbe una formazione prima biologico-sociologica poi si indirizzò verso la pedagogia e la filosofia, aderendo al movimento delle scuole nuove di cui divenne attivo sostenitore ed interprete. Tra i suoi numerosi scritti vi sono: “Progetti di una scuola nuova”, “La scuola attiva”, “Trasformiamo la scuola”. Ferrière si pose in un atteggiamento assai netto di difesa dei diritti del fanciullo e dei suoi bisogni fondamentali, che sono connessi ad un esercizio della libera attività. Questa difesa va posta al centro della scuola rinnovata, “attiva”: essa deve accettare e sviluppare le funzioni essenziali della psiche umana e infantile e in particolare quelle dello “slancio spirituale”, del “progresso”, dell’ereditarietà dei “tipi psicologici” organizzando la propria attività intorno all’interesse da un lato, e della “ricapitolazione biogenetica” (evoluzione individuale rappresenta una ricapitolazione della evoluzione della stirpe, cioè dall'apparizione di strutture che non corrispondono a strutture permanenti di antenati e sono invece adattamenti alle speciali condizioni della vita embrionale o larvale) dall’altro. In questo modo la scuola attiva potrà raggiungere il suo scopo essenziale ovvero di educare alla libertà attraverso la libertà. La scuola dovrà trasformarsi profondamente, mettendo al centro delle sue attività tanto il gioco che il lavoro, generalmente posto ai margini dalla scuola tradizionale. In tale scuola si compie anche una formazione del carattere (libero e democratico) ed un incremento dell’autonomia come atteggiamento essenziale nell’individuo, in quanto la vita scolastica si organizza secondo il principio dell’autogoverno. Maria Montessori (1870-1952) nata a Chiaravalle (Ancona), si formò a Roma dove si laureò in medicina, dedicandosi poi alla cura dei bambini subnormali. Sempre a Roma seguì le lezioni di psicologia e pedagogia. Nel 1906 organizzò asili presso alcune case popolari a Roma e nel 1907 fondava la prima “Casa dei bambini”. In seguito si dedicò alla diffusione delle sue dottrine in tutto il mondo, esse ebbero più influsso all’estero che in Italia, dove trovarono una forte resistenza. Dai primi scritti come per esempio “Il metodo della pedagogia scientifica” ispirati alla lezione del positivismo si spostò verso una difesa dei diritti dell’infanzia, sottolineando i caratteri di attività e intrinseca religiosità come avvenne per esempio in “Mente assorbente”. Alla base del “Metodo Montessori” sta uno studio sperimentale della natura del fanciullo che pone l’accento, in particolare sulle attività senso-motorie del fanciullo, che vanno sviluppate sia attraverso gli “esercizi di vita pratica” (vestirsi, lavarsi, mangiare etc.) sia attraverso un materiale didattico scientificamente organizzato (incastri solidi, blocchi geometrici etc.). La Montessori accompagnò anche una riflessione più generale sull’educazione che si sviluppò intorno ai principi della “liberazione del fanciullo”, del ruolo formativo dell’ambiente e della “concezione della mente infantile come mente assorbente”. Il fanciullo deve svolgere liberamente le proprie attività per maturare tutte le sue capacità e raggiungere anche un comportamento responsabile, ma tale libertà per la Montessori non va confusa con lo spontaneismo. La “liberazione” è crescita ricca e armonica, sviluppo della persona e quindi deve avvenire sotto la guida attenta, anche se non coercitiva dell’adulto. Il 45 45 centralità dell’insegnante, della sua cultura e della sua autorità dovuta al grado più alto di sviluppo della spiritualità che egli come adulto ha raggiunto, mentre il fanciullo risulta essenzialmente emarginato. La scuola teorizzata da Gentile è la scuola del maestro e della cultura non la scuola del fanciullo e dei suoi bisogni. Inoltre la lezione che egli viene teorizzando è vicina alla lezione tradizionale, lezione di cultura e lezione dalla cattedra. Accanto alla ridefinizione del ruolo del maestro e della lezione, Gentile venne elaborando una concezione originale dell’infanzia. Egli distingue tre diversi tipi di fanciullo: “il fanciullo eterno” che si incontra in qualunque fase della vita e che si può ritrovare anche nel proprio animo; il “fanciullo fantoccio” che è quello costruito della psicologia dell’infanzia e che appare come un “fanciullo mitico”; il “fanciullo reale” cioè quello esistente in carne e ossa, creatura viva e bisognosa di cure che deve essere il vero argomento di studio di una filosofia dello spirito. La teoria gentiliana dell’educazione scolastica oscilla tra spontaneismo e disciplina, tra le ragioni del maestro e quelle del fanciullo, proponendo però un recupero della scuola tradizionale legata alla centralità del maestro. Gentile venne affermando un concetto positivo di laicità poiché ogni vera educazione esige un orientamento ideale, una concezione del mondo e ad un insieme di valori, poiché il fanciullo va iniziato ad una concezione religiosa di essa. La religione diventerà quindi il principio di orientamento ideale della scuola, quasi una filosofia inferiore adatta ai fanciulli e alle masse. L’insegnamento è una forma di comunicazione-creazione che si qualifica come una “generazione del sapere”. Così la molla di ogni processo di apprendimento è la dialettica stessa della vita spirituale che si ritma secondo i tre momenti dell’arte, della religione e della filosofia. L’arte occupa un posto centrale nell’insegnamento, specialmente elementare, ed è vista come un elemento costitutivo della personalità umana. Essa congiungendosi alla teoria del fanciullo artista, viene a caratterizzare la scuola. La religione è il momento dell’oggettività e pone davanti al processo dello spirito una legge, una verità che esso deve rispettare e alla quale deve adeguarsi. Ogni atto d’insegnamento deve strutturarsi secondo uno di questi tre principi e realizzare l’unità della vita spirituale. La concezione pedagogica gentiliana influenzò profondamente la scuola italiana orientandola verso una difesa della superiorità della formazione umanistica e verso uno spiritualismo astratto. In tale pedagogia si veniva infatti delineando un orientamento autoritario e conservatore dell’educazione e della pedagogia stessa. Da un lato si riaffermava l’assoluta centralità della figura del maestro e della lezione passiva, mentre dall’altro si riduceva la pedagogia a filosofia distaccandola da tutte le scienze. La pedagogia del neoidealismo italiano La suggestione che la pedagogia gentiliana esercitò su pedagogisti e educatori fu vasta e duratura. L’attualismo tra il 1910 e il 1930, fu un po’ il baricentro della pedagogia italiana e combatté con le altre correnti pedagogiche, dal tardo Positivismo al socialismo, allo spiritualismo cattolico. Lombardo Radice e Codignola rappresentano quell’ala dell’attualismo pedagogico più aperta alle esigenze della concreta esperienza educativa che introduce un elemento di revisione e di sviluppo in gran parte diverso dalla pedagogia affermata da Gentile. 45 45 Capitini (1899-1968) ha rivendicato l’autonomia dell’esperienza religiosa e la sua superiorità, se intesa in chiave etica e rigorosamente laica, oltre che il ruolo fondamentale che viene ad assumere sul terreno pedagogico, come prospettiva di apertura, di dialogo e di formazione democratica. Le figure più rappresentative del neoidealismo pedagogico italiano furono con Gentile, Lombardo Radice e Codignola. Giuseppe Lombardo Radice (1879-1938) nato a Catania fu un promotore di cultura pedagogica attraverso varie riviste, la più famosa fu “L’educazione nazionale”, professore di pedagogia partecipò a battaglie per il movimento della scuola, fu collaboratore per la scuola elementare di Gentile nella riforma del ’23. Dopo il ’24 i suoi rapporti con il fascismo si rompono, si ritira dalla vita pubblica ed assume posizioni antifasciste. Tra i suoi numerosi scritti vanno ricordati “Lezioni di Didattica” e “Lezioni di pedagogia generale”. Sul piano teorico Lombardo Radice si attenne sempre ad un rigoroso idealismo legato alla concezione dello spirito come svolgimento attivo e dinamico caratterizzato come un processo autoeducativo. Già su questo piano emergono alcuni spetti di dissenso rispetto all’attualismo gentiliano, come ad esempio il rapporto tra io individuale e io universale che viene risolto da Lombardo Radice con una maggiore attenzione ai diritti del me, reintroducendo nell’attualismo precise istanze psicologiche. Lo spirito diviene in Lombardo Radice comunione di spiriti e vita di relazione e per il soggetto umano esso diviene un compito piuttosto che un dato. Anche sul piano politico Lombardo Radice insiste meno sui problemi sociali e sulla rivendicazione di un ruolo educatore dello Stato in quanto non espressione di alcuna classe sociale in particolare, bensì di un pensiero totale dell’epoca. Il nazionalismo di Lombardo Radice si presenta legato a un sottofondo socialista che lo rende sensibile interprete delle esigenze del popolo. L’aspetto fondamentale della riflessione di Lombardo Radice resta quello rivolto alla didattica specialmente della scuola primaria e pre-elementare. Essa si caratterizza come una didattica viva e creativa. La didattica di Lombardo Radice si risolve in una ricerca continua e problematica ed ha lo scopo di essere soprattutto riflessione critica. Alla base della didattica neoidealista di Lombardo Radice stanno alcune nozioni che vengono poi a determinare il tipo di lavoro scolastico che essa descrive. Essa reclama che la figura del maestro si apra alla collaborazione col fanciullo, inoltre tale didattica postula una nuova concezione della lezione intesa come ricca e complessa unità organica. Essa è un ciclo di atti che implica la ripetizione ma vuole che questa sia come una lezione nuova. Infine c’è alla base una specifica concezione dell’infanzia come una età creativa e attiva. Il fanciullo è poeta in lui è fortissima la fantasia e manifesta se stesso nell’espressione artistica. L’educazione artistica è valorizzata in particolare nel disegno e nel canto, che ha come finalità quella di rasserenare l’anima; l’educazione linguistica è vista come baricentro di tutto l’insegnamento e nella quale viene valorizzata l’originalità e la sincerità oltre che la chiarezza, in modo che il linguaggio convenzionale venga interiorizzato dall’io del fanciullo. Il modello di scuola che Lombardo Radice teorizzò prese il nome di scuola serena una scuola di tipo attivistico ma che poneva al centro non tanto il lavoro manuale, quanto l‘espressione artistica e al posto del fanciullo protagonista del lavoro scolastico 45 45 poneva la collaborazione spirituale tra maestro e scolaro. Tale scuola deve vivere intensamente i valori religiosi, in Italia prende il volto di una religiosità cristiano- cattolica. Codignola (1885-1965) collaboratore di Gentile, professore di pedagogia a Firenze si interessò di teoria pedagogica, di storia della pedagogia e di storia del pensiero religioso. Tra le suo opere vanno ricordate “La pedagogia rivoluzionaria” e “Problemi didattici”. Nel 1945 aveva fondato in un quartiere popolare di Firenze la “Scuola-città Pestalozzi” una scuola-pilota ispirata ai principi dell’attivismo specialmente deweyano. Codignola occupa un posto caratteristico nella storia dell’attualismo pedagogico, perché porta avanti una critica sempre più serrata dei principi autoritari e astratti di tale orientamento. Attraverso di lui si realizza uno spostamento culturale che riguarda il passaggio di una egemonia dell’idealismo ad una fase che sul terreno della pedagogia laica risulta caratterizzata dalla presenza del pragmatismo americano. L’allontanamento di Codignola dall’attualismo si compì dopo il ’29 l’anno dei patti lateranensi. Tra pragmatismo e strumentalismo: la pedagogia di John Dewey Dewey è stato il più grande pedagogista del ‘900, il pensiero pedagogico di Dewey si è diffuso in tutto il mondo e ovunque ha operato una profonda trasformazione e un rilancio della pedagogia al centro dello sviluppo culturale. Dewey nasce nel Vermont (USA) nel 1859. Dal 1894 è direttore del Dipartimento di filosofia, psicologia ed educazione nell’ Università di Chicago, dove dirige anche una scuola-laboratorio annessa all’Università. Dewey elabora una filosofia che è incentrata sulla nozione di esperienza. Nel dopoguerra inizia una serie di viaggi attraverso i quali il suo pensiero filosofico e pedagogico si diffonde. La filosofia di Dewey si articola intorno alla teoria dell’esperienza, vista come l’ambito dello scambio tra soggetto e natura, uno scambio attivo. Per Dewey la natura è data nella esperienza e all’uomo e alla sua intelligenza creativa è affidato lo sviluppo e il controllo dell’esperienza, attraverso l’uso della logica, definita come teoria dell’indagine caratterizzata dal metodo scientifico e dai suoi principi della sperimentazione, dell’ipotesi e della verifica. Anche all’arte, all’immaginazione e alle sue procedure simboliche viene assegnato un ruolo fondamentale per la crescita della esperienza e per attuare uno sviluppo intelligente, organico e creativo di essa. Nel pensiero di Dewey un ruolo centrale occupa la riflessione politica, che ruota intorno al principio della democrazia, vista come la forma più avanzata e più attuale ma che deve costantemente essere costruita attraverso un’opera di educazione scolastica (formando ogni cittadino alla democrazia) come pure di sviluppo dell’opinione pubblica, che permette di creare quella grande comunità capace di autoregolarsi attraverso il controllo collettivo dell’intelligenza liberamente sviluppata e promossa al centro della vita sociale. La riflessione pedagogica ha accompagnato tutta la produzione deweyana, nelle molte opere che Dewey ha dedicato al problema educativo, si viene elaborando una pedagogia estremamente attenta ai problemi della società industriale moderna. La pedagogia di Dewey si caratterizza: 45 45 direzione di un istituto di orfani di guerra. Gli ultimi anni li dedicò alla compilazione delle sue opere pedagogiche, che ebbero immediata diffusione e poi un successo mondiale: “Il poema pedagogico”, “Il mestiere dei genitori” sono tra le sue opere più importanti. L’attività pedagogica di Makarenko si inserisce direttamente nel clima carico di tensioni della Russia post-rivoluzionaria e ne vive sia la costruzione di un ordine nuovo caratterizzato da un forte impegno sociale e da norme nuove in campo etico. Makarenko rivisse i problemi che travagliarono la ricerca pedagogica sovietica (il problema del lavoro, e quello del ruolo dei gruppi nell’attività scolastica, quello dell’antindividualismo e della formazione di una nuova moralità sociale) e propose soluzioni originali e attente che fecero di lui il pedagogista ufficiale della Russia sovietica. Il pensiero pedagogico di Makarenko ha una base sperimentale, nel senso che è stato elaborato all’interno di concrete esperienze educative a contatto con i ragazzi abbandonati che dovevano essere rieducati (e ri-socializzati) all’interno di colonie. Soprattutto attraverso la direzione della colonia Gorkij, Makarenko venne elaborando gli aspetti fondamentali della sua pedagogia e che vanno individuati nel principio del collettivo del lavoro e in quello del lavoro produttivo. Il collettivo è un vivente organismo sociale che viene posto come mezzo e fine dell’educazione. E’ un complesso finalizzato di individui che sono legati tra loro dalla comune responsabilità sul lavoro e la comune partecipazione al lavoro collettivo. Nella vita del collettivo ogni individuo assume compiti e responsabilità, agisce secondo norme disciplinari. Solo attraverso il collettivo è possibile formare quegli uomini nuovi, impegnati e socialisti che sono richiesti per la creazione e lo sviluppo della società rivoluzionaria. Il collettivo ha a capo un direttore e si articola in collettivo dei ragazzi e collettivo degli insegnanti. I ragazzi sono divisi in collettivi di base che permettono un migliore sviluppo delle attitudini e delle caratteristiche individuali e una partecipazione concreta agli obiettivi di crescita di tutta la comunità. Molto forte all’interno del collettivo è la disciplina che è socialmente gestita, deve ispirarsi ai valori di dovere, onore e produttività. Il lavoro produttivo nasce dalla consapevolezza del collettivo di essere inserito nello sviluppo della società alla quale deve partecipare attivamente. Nella colonia-scuola è necessario organizzare ogni giornata di lavoro in modo significativo, dotandola di obiettivi e di prospettive che rendano orientate le varie attività. Tali prospettive vengono individuate nello sviluppo economico o nello stesso collettivo, come pure nell’ideale di un uomo nuovo. Uno spazio significativo viene assegnato, nella pedagogia makarenkiana anche al problema della famiglia che viene riconosciuta come la sede più idonea della prima educazione. L’autorità dei genitori viene confermata, ma deve ispirarsi ad un nuovo clima familiare, fondato sulla solidarietà reciproca e sull’affetto. Lo stesso ambiente familiare deve essere impostato in modo da realizzare il benessere del fanciullo. Solo un giusto tono generale della famiglia consente ai genitori di trattare nella maniera giusta col fanciullo e di individuare le giuste forme di disciplina, di lavoro, di libertà, di gioco e di autorità. L’esperienza pedagogica più ricca e più alta del marxismo è stata quella teorizzata da Antonio Gramsci (1891-1937) il quale ha ripensato i principi metodologici del marxismo (il rapporto struttura-sovrastruttura, la dialettica, la critica dell’ideologia) e la sua visione della storia (come lotta di classi per l’emancipazione). 45 45 Nei “Quaderni del carcere” Gramsci raccoglie note di lettura, abbozzi di saggi, rivolti a definire il marxismo come filosofia della prassi e la strategia verso il comunismo come la costruzione di un’esperienza culturale, sviluppata attraverso una pedagogia di cui è interprete in particolare, il “Partito nuovo”. Gramsci si oppone a ogni forma di materialismo per interpretare il marxismo come storicismo, in quanto incentrato sull’attività dell’uomo nella società e nella storia. Il marxismo valorizza l’attività umana che interpreta e trasforma il reale, sottoponendolo al controllo dell’azione. Nel mondo contemporaneo non è partendo dalla struttura (l’economia) che si può trasformare la realtà, bensì operando in particolare a partire dalla sovrastruttura (l’ideologia, la cultura). Intorno a una rivoluzione della mentalità si possono aggregare diverse classi o ceti sociali, interessati al cambiamento (blocco storico) per costruire un’egemonia culturale e poi politica di cui il partito nuovo (rivoluzionario e proletario, di massa e artefice della strategia politica in vista dell’esercizio dell’egemonia) è interprete e garante. In questo ripensamento del marxismo operato da Gramsci, l’aspetto pedagogico è dominante: l’egemonia culturale si costruisce attraverso l’azione di molte istituzioni educative (dalla scuola, che deve farsi scuola unica senza latino fino ai 14 anni e che deve iniziare a una cultura storica e scientifica, critica ma nutrita di nozioni che permettono di superare la concezione religiosa del mondo, fino alla stampa, l’editoria e il teatro) e guarda alla formazione di intellettuali organici, cioè funzionali al processo di costituzione dell’egemonia attraverso una organizzazione della cultura che deve investire ogni cittadino. Centrale in questo processo formativo risulta il ruolo assegnato alla cultura, che integra le classi ma anche quello assegnato al politico, alla sua direzione della società che investe anche le sfere più private del soggetto. Ad un esplicito conformismo si richiama anche la concezione della scuola elaborata da Gramsci in quanto ne sottolinea l’inevitabile nozionismo, il ruolo di guida a un apprendimento sistematico della cultura, l’impegno nello studio e la disciplina. Il modello pedagogico gramsciano, pur aperto al contrasto tra emancipazione e conformismo si manifesta per la sua rielaborazione in chiave pedagogica dell’egemonia, come il modello più aperto, più avanzato e più democratico elaborato dal marxismo, caratteri che lo rendono ancora fortemente attuale. Il pensiero pedagogico di Gramsci influì profondamente dal secondo dopoguerra sulla pedagogia italiana. La pedagogia cristiana e il personalismo Nel pensiero pedagogico del 900 si è gradatamente affermata la presenza di orientamenti di matrice cristiana. Ciò è avvenuto da un lato per l’evoluzione stessa della società occidentale, tra modelli di cultura laica e concezioni tradizionali del problema educativo alle quali il cristianesimo intende restare fedele, dall’altro per il nuovo atteggiamento assunto da molte comunità cristiane verso il mondo moderno caratterizzato da una maggiore attenzione ai problemi che vengono sollevati nell’epoca attuale e anche da una precisa volontà di dialogo con la società postcristiana contemporanea. Il magistero ufficiale della chiesa rivolse una prima attenzione verso il problema educativo sotto il pontificato di Leone XIII, che guardava con simpatia al rinnovamento della cultura teologica e ad una sensibilizzazione verso la questione 45 45 sociale e riconfermava con vigore la dottrina tradizionale della chiesa in materia educativa, sottolineando il ruolo primario della famiglia e il principio della libertà di educazione per la Chiesa stessa. La posizione cattolica si fece più rigida sotto Pio X, il papa dell’antimodernismo che varò il testo estremamente astratto ed esclusivamente da memorizzare, del catechismo per i fanciulli. Nel 1929 da Pio XI fu elaborato il testo fondamentale della chiesa romana in campo educativo, testo che è rimasto alla base di ogni esperienza pedagogica cristiana, almeno fino al Concilio Vaticano II. L’enciclica ribadiva che non può darsi adeguata e perfetta educazione se non l’educazione cristiana. E che questa ha importanza suprema per le famiglie e per tutta quanta l’umana convivenza. Essa sola garantisce una formazione integrale dell’uomo in relazione alla salvezza attraverso la fede e l’adeguazione ai comandamenti della Chiesa. Solo con il Vaticano II le prospettive di fondo della pedagogia cattolica a livello ufficiale mutano sensibilmente. L’educazione si fa opera di collaborazione ed il suo obiettivo fondamentale viene visto nella formazione della persona umana sia in vista del suo fine ultimo sia per il bene delle varie società di cui l’uomo è membro. Maritain (1882-1973) legato nella sua elaborazione filosofica ai principi dell’antimoderno e dell’umanesimo integrale, ha svolto le sue riflessioni pedagogiche in due opere che appartengono alla piena maturità del suo pensiero: “L’educazione al bivio” e “L’educazione della persona” che riprendono la polemica contro il mondo moderno, la sua cultura e la teorizzazione di una concezione integrale della persona. La pedagogia deve innanzitutto secondo Maritain, ispirarsi ad una visione della persona che mette in rilievo soprattutto il suo rapporto con i valori spirituali. Il fine primario dell’educazione è quello di far conoscere la verità in relazione ai diversi gradi della scala del sapere, oltre che sviluppare la capacità di pensare e di giudizio personale. In questa prospettiva umanistica l’educazione deve essere liberale e per tutti cioè orientata verso la sapienza, centrata sull’umanità. Tale educazione liberale dovrebbe protrarsi fino ai 18 anni circa e trovare il proprio baricentro proprio nella filosofia e nelle grandi opere della letteratura. Essa deve ispirarsi anche all’idea cristiana dell’uomo, valorizzando la funzione di una severa disciplina e di un certo timore viste come condizioni necessarie per arrivare ad attuare una disciplina volontaria che non è rivolta a soffocare le energie e le virtù naturali, sia intellettuali che morali, ma a perfezionarle attraverso l’amore di Dio. Il personalismo di Mounier (rivolto a realizzare un ideale di uomo totalmente impegnato sia verso la storia che verso i valori spirituali) manifesta una esplicita valenza pedagogica. Prima di tutto tale concezione dell’impegno deve avere le sue incidenze sull’educazione ancora tradizionalmente fissata, negli ambienti dove sussiste una formazione dell’uomo spirituale, favorendo uno sviluppo dell’educazione in senso comunitario. La rivoluzione personalista è una trasformazione educativa volta a incrementare nel soggetto umano responsabilità, creatività e capacità di partecipazione sociale, attraverso l’armonizzazione delle tre tensioni che lo compongono (verso il basso: corpo, verso l’alto: spirito, verso il largo: comunione) all’interno di una determinata situazione storica che va, al tempo stesso, 45 45 attivismo assegna una funzione fondamentale all’insegnamento intellettuale, poiché è ad esso che viene riconosciuto il ruolo trainante nella formazione della mente. Piaget ha sottolineato anche l’importanza dell’insegnamento delle scienze e le procedure didattiche che devono accompagnare tale insegnamento. Nell’insegnamento delle scienze per Piaget si deve tener fermo il ruolo dei concetti- chiave (spazio, tempo etc.) e permettere una loro assimilazione attraverso una didattica che li ricava e li fissa operativamente. A Piaget la pedagogia contemporanea deve una nuova concezione della mente infantile e l’individuazione delle sue strutture cognitive. La mente di cui parla Piaget è una mente modellata sul sapere scientifico e su quello soltanto, una mente legata all’infanzia così come si presenta nella cultura occidentale e presso le classi medio- alte e scarsamente socializzata. Il suo contributo anche ai problemi della pedagogia è stato decisivo soprattutto per la rivoluzione cognitiva che l’ha contrassegnata negli ultimi decenni. Lev Semënovič Vygotskij (1896-1934) psicologo sovietico, influenzato dal pensiero rivoluzionario ha studiato sia i problemi degli handicappati sia quelli dell’apprendimento scolastico, sottolineando la centralità della creatività e del superamento delle condizioni date dallo sviluppo mentale nel bambino. Già il gioco sostiene in un suo scritto sull’argomento, stimola l’invenzione e l’immaginazione, oltre che allenare al rispetto delle regole. E ciò ha un significato nel lavoro scolastico che deve farsi il più possibile creativo, dare spazio al gioco e all’immaginazione, non fermarsi alle capacità attuali, effettive del bambino ma stimolare uno sviluppo potenziale, un allargamento della sua capacità intellettuale anche attraverso l’educazione estetica. Già con queste tesi Vygotskij si allontanava da Piaget, ma ben più si allontanerà con la sua opera maggiore “Pensiero e linguaggio”. In essa sostiene che il pensiero verbale non è innato, ma è determinato da un processo storico-naturale e appartiene all’area della psicologia sociale. Nelle strutture del pensiero lo psicologo sovietico individua uno stadio sincretico (legato all’intuizione), uno stadio evidente- situazionale (connesso alla percezione oggettiva) e uno stadio logico-concettuale (legato al pensiero formale); lo sviluppo verso l’acquisizione del pensiero formale non è spontaneo, è culturale e diretto da quella disciplina formale di cui l’insegnamento è l’interprete e che favorisce l’organizzazione dei concetti in un sistema. Vygotskij riconosce più di Piaget un ruolo attivo dell’insegnamento nello sviluppo della mente e reclama un tipo di insegnamento più consapevole di questa sua finalità produttiva di nuove capacità e di più alti livelli di sviluppo. L’apprendimento viene ad assumere un ruolo più centrale nella riflessione di Vygotskij e la scuola occupa una funzione cruciale nello sviluppo cognitivo del bambino. Con Vygotskij si aprivano alla pedagogia e alla didattica orizzonti decisamente nuovi, per il ruolo attribuito alle componenti sociali, storiche e culturali, per l’approfondimento dell’incidenza dell’istruzione, per lo studio del rapporto tra linguaggio e pensiero, per la sottolineatura dell’importanza dello sviluppo potenziale e dello stacco dalla realtà, per le analisi delle attività espressive, artistiche e ludiche e soprattutto della correlazione tra sviluppo psicologico, socializzazione e formazione culturale. 45 45 Jerome Seymour Bruner (1915-2016 giugno) è uno psicopedagogista statunitense professore ad Harvard, studioso dei processi cognitivi, influenzato da Piaget come da tutta la psicologia cognitivista americana. Partendo proprio dallo studio su “Il pensiero. Strategie e categorie” venne elaborando una pedagogia di tipo strutturalistico che trovò espressione in “Lo sviluppo cognitivo” dopo un approfondimento della psicologia cognitiva. In questa opera fissa i caratteri dello sviluppo intellettuale infantile, ricordando che esso implica un apparato simbolico, una interazione tra educatore e educando, un ruolo primario affidato al linguaggio e una serie di strategie alternative. In tale sviluppo un ruolo centrale è assegnato all’azione, attraverso l‘organizzazione visiva (iconica) e il linguaggio (simbolico). Azione, immaginazione e linguaggio simbolico devono essere le tre traiettorie dell’insegnamento nei diversi stadi dello sviluppo infantile. La scuola deve organizzarsi secondo una teoria dell’istruzione che tenga conto della progressione dell’apprendimento, che si strutturi intorno al principio del rinforzo, che stimoli la volontà di apprendere, attraverso la curiosità e la valorizzazione della competenza, nonché attraverso gli scambi reciproci tra i membri attivi nella comunità di apprendimento. Su tali basi deve essere costruito il programma e la valutazione della sua assimilazione da parte degli studenti. Attraverso questa teoria dell’istruzione viene riconosciuto un ruolo specifico alla scuola, quello di istruire, che la rende una istituzione autonoma e centrale, poiché essa solleva il fanciullo dal circolo chiuso dell’attività quotidiana e lo rimette in modo consapevole nelle abilità, nello stile e nei valori di una cultura-civiltà. Bruner avviava anche un riesame delle discipline di studio, auspicando un rinnovamento dei curricula in senso scientifico e una didattica delle varie scienze di tipo strutturalistico (impegnata a dar rilevo ai concetti chiave-strutturali piuttosto che alle nozioni particolari). Bruner è rimasto una figura centrale della pedagogia statunitense influenzandola con i suoi studi come quello su “Il significato dell’educazione” in quanto Bruner si interroga sul valore sociale e politico dell’educazione. Per Bruner l’educazione deve andare più affondo e affrontare anche i problemi economici e sociali che vengono a condizionarla, deve rimettere in discussione i propri pregiudizi a cominciare da quello secondo il quale esiste l’intelligenza-libera della cultura. Lo strutturalismo psicopedagogico di Bruner ha prodotto una serie di approfondimenti nell’ambito della pedagogia cognitivistica, sottolineando: 1. Il ruolo fondamentale del simbolico e la sua verità di forme; 2. Le implicazioni scolastico-istruttive di queste scoperte cognitive; 3. La necessità di attuare una radicale trasformazione della didattica, riformulandola in termini strutturali; 4. La possibilità di tradurre qualsiasi idea in modo corretto e utile nelle forme di pensiero proprie del fanciullo di ogni età scolastica. Un ulteriore incremento in senso cognitivistico alla educazione è venuto dalle teorie del curricolo e dalle tecnologie educative, come pure dalle ricerche di psicopedagogisti impegnati nell’analisi del lavoro scolastico. Le teorie del curriculum si sono sviluppate soprattutto in area anglosassone, in sintonia con una situazione scolastica che assegna larga autonomia e libertà di programmazione alle varie scuole, 45 45 alle quali la riflessione pedagogica deve dare orientamenti e consigli su come procedere e perché procedere secondo un determinato modello di organizzazione culturale. / Bruner in un convegno per rielaborare i programmi di studio nelle scuole secondarie aveva intrapreso una netta polemica contro l’attivismo, specialmente deweyano, polemizzava però contro un falso Dewey, attivista puro ed esplicitamente pragmatista (mai esistito), accusato di aver posto l’accento più sul fare che sul conoscere, troppo alla socializzazione, mentre alla scuola andava assegnato un ruolo specializzato di trasmissione culturale e formazione cognitiva/ Con le nuove tecnologie educative, attuate dalle ricerche del neocomportamentismo di Skinner (1904-1990) e dallo sviluppo della computer science, si è venuta delineando una centralità sempre maggiore assegnata alle macchine nei processi di insegnamento e apprendimento quali: il calcolatore, il televisore, i video-registratori e i computers. In tal modo si è trasformato radicalmente il modo di apprendere- insegnare: lo si è reso più impersonale, più controllabile, più microstrutturato, più capace di autocorrezione (attraverso i feed-back tipico dei circuiti cibernetici). Le diverse macchine per insegnare, secondo Skinner sono pedagogicamente positive perché permettono l’auto-correzione, perché seguono il ritmo naturale dell’apprendimento, perché hanno una sequenza coerente. A questo ambito congnitivistico-didattico di ricerca appartengono anche le indagini di Benjamin S. Bloom (1913-1999) che metteva a fuoco una pedagogia degli obiettivi scolastico- educativi individuati in due aree (conoscitiva e affettiva): nella prima centrali sono la conoscenza, comprensione, applicazione, analisi, sintesi, valutazione; nella seconda ricezione, risposta, valorizzazione, organizzazione, caratterizzazione del valore. Tali ricerche sono state proseguite da Gagnè (1916-2002) che ha ulteriormente arricchito l’analisi delle condizioni dell’apprendimento allo scopo di permettere una più efficace e comprensiva programmazione didattica. Come pure in questo senso ha operato la metodologia del mastery Learning che vuol costruire una didattica individualizzata, su misura dell’allievo, registrando i suoi punti di partenza, i suoi itinerari di sviluppo, i suoi punti di arrivo nell’apprendimento. In questo ambito l’insegnante deve intervenire, attivando scelte e promuovendo indirizzi. In tal modo allievi e insegnanti sono in grado di conoscere i livelli di apprendimento raggiunti per potere affrontare con metodologie adeguatele situazioni che presentano maggiori difficoltà. Il complesso itinerario compiuto dalla pedagogia cognitivistica ha prodotto un radicale rinnovamento della pedagogia scolastica, che l’ha resa più razionalizzata e più efficace, ma ha anche spostato l’asse della pedagogia sui processi di apprendimento, qualificandola in senso istruttivo e assegnandole un ruolo cruciale nell’ambito delle società industriali avanzate, contrassegnate dalla crescita delle informazioni e dalla diffusione delle tecnologie. Il ’68 critica dell’ideologia, descolarizzazione e pedagogie radicali. I movimenti del ’68 hanno attivato un processo che è stato, una rivoluzione culturale e una rivolta giovanile, le quali hanno investito la società, hanno attraversato le ideologie, hanno sconvolto le istituzioni, ma anche i saperi e i luoghi dove essi si 45 45 Platone nella sua repubblica ideale teorizzerà una concezione dello stato che vede pochi sapienti dominare su molti lavoratori, in gioventù cercò di convincere molti uomini potenti ad applicare le sue teorie. Infatti Platone si allontana da Atene perché era molto accentuata la contrapposizione tra democratici e aristocratici e in quel momento il potere era gestito da democratici. Non potendo vivere in quell’Atene inizia un lungo viaggio di istruzione. Si ferma a Cirene in Egitto, a Siracusa dove cerca di convincere il tiranno ad applicare le sue teorie. Però non ebbe successo e il tiranno lo mandò via. Giunto anziano ritornerà ad Atene dove fonda l’accademia convinto dell’impossibilità di mettere in pratica le sue idee. In vari punti della Repubblica i componenti della polis non sono tali perché educati in un certo modo ma perché già prima della nascita avevano ricevuto la loro vocazione. La divinità gli ha plasmati e i governanti gli hanno posti dove sarebbero dovuti stare. Parabola fenicia: I futuri lavoratori manuali vengono plasmati con il ferro i guerrieri con l’argento e i governanti con l’oro, gli uomini devono credere nella predestinazione (nobile menzogna 3 libro della repubblica). Può accadere che un uomo nato nella classe alta potrebbe scoprire di essere fatto di materiale ferroso o argenteo ed essere declassato, non il contrario. Gli uomini appartengono alle diverse classi sociali perché ognuna rappresenta una diversa funzione dell’anima, c’è quella razionale, la coraggiosa e l’appetitosa o concupiscibile. L’anima per Platone è solo una ma le funzioni sono 3, l’anima razionale è a vantaggio dei filosofi, la coraggiosa dei guerrieri e la concupiscibile è propria dei lavoratori manuali. L’anima razionale deve controllare la coraggiosa e gli appetiti degli ultimi. Mito della biga alata tratta dal Fedro Questo mito spiega la teoria della reminiscenza dell’anima, un fenomeno che produce i ricordi legati dell’iperuranio. Racconta di una biga su cui si trova un auriga che è la personificazione della parte razionale dell’anima. La biga è trainata da una coppia di cavalli uno bianco e nobile e uno nero e ignobile, quello bianco rappresenta la parte dell’anima che cerca di dirigersi verso l’iperuranio, quello nero raffigura la parte concupiscibile che si dirige in basso verso il mondo sensibile. I due cavalli sono tenuti per le briglie dall’auriga ovvero la ragione che ha il compito di guidare. Il comunismo di Platone significa che i ceti superiori non devono possedere proprietà di tipo produttivo, che devono essere nelle mani del ceto artigiano. I ceti superiori non devono avere mogli ma solo figli. Spetta allo stato scegliere le persone migliori che si dovranno accoppiare per ottenere la prole migliore. Per Platone i bambini dovranno essere affidati già dalla tenera età allo stato, i figli non saranno allevati dai genitori ma subito affidati ad asili nido gestiti dallo stato. Di questa prole i migliori sarebbero indirizzati verso i vertici più alti i malriusciti trasferiti nella classe dei lavoratori manuali. Allo stato spettava la formazione anche se solo delle categorie superiori. Educazione dei bambini Dopo i primi due anni si poteva iniziare a raccontare le favole ai bambini e ad ascoltare musica. Le favole però dovevano essere sottoposte a censura. Platone non apprezzava i poemi omerici dell’Iliade e dell’Odissea perché davano un’idea sbagliata della divinità (Erano troppo violenti e davano l’idea di una divinità 45 45 negativa). Il mondo delle favole e dell’immaginazione per Platone era pericoloso perché poneva le premesse per una mentalità passionale e non razionale. La donna Platone credeva che la donna avesse le stesse capacità dell’uomo, l’unica differenza era la forza fisica. Nel percorso educativo dà molta importanza alla ginnastica e alla musica che comprendeva anche la lirica e la poesia. Educazione Arrivati all’adolescenza una parte è selezionata per diventare governanti, gli altri i guerrieri continueranno ad aggiornarsi però hanno finito il percorso principale. Per i futuri governanti lo studio continua con al centro la matematica. Con Platone prende forma l’idea secondo cui ciò che è formativo deve essere legato il meno possibile con la vita reale La teoria della disciplina formale è quella che intende che lo studio intellettuale deve essere legato il meno possibile al concupiscibile. Schema formativo di Platone • Dai 2 anni il bambino è accolto nel nido; • Dai 7 ai 10 c’è l’insegnamento primario; • Dai 10 ai 18 c’è l’insegnamento secondario Poi due anni di formazione militare. Dopo questi 2 anni molti diventavano guerrieri mentre i futuri governanti devono continuare gli studi per 10 anni incentrati sulla matematica, dopo altri 5 anni di dialettica e a questo punto 15 anni di tirocinio. Il governante prendeva servizio a 50 anni. Lo stato per Platone deve essere governato dai migliori ossia gli intellettuali (i filosofi). I lavoratori manuali dovranno provvedere al mantenimento dei filosofi e della categoria dei guerrieri. La paideia di Platone è chiusa ognuno è predestinato. La predestinazione è giustificata dal ricorso alla teoria delle idee per cui esiste un mondo parallelo che rappresenta il vero mondo mentre il mondo a cui apparteniamo è un mondo di apparenze anche se vi è traccia di verità perché dietro alle cose sensibili vi è l’idea. Nel Timeo Platone spiega che le anime degli uomini prima di essere imprigionate nei corpi sono state nel mondo delle idee e lì hanno avuto visione delle idee, però non tutte allo stesso modo. L’anima del filosofo ha avuto una visione più diretta delle idee rispetto all’anima del guerriero per esempio, e il lavoratore manuale praticamente non ha avuto visione delle idee e non riuscirà ad elevarsi a ciò che va oltre il mondo sensibile. L’anima dei filosofi cercherà di ritornare verso il mondo da cui proviene cioè da quello delle idee e in quella direzione indirizzerà il suo percorso formativo, invece l’anima dei lavoratori manuali sarà limitata ai piaceri terreni, per loro non è previsto un vero percorso formativo. Percorso formativo delle 3 categorie Guardiani-filosofi percorso formativo che si conclude a 35 anni + 15 anni di tirocinio; Soldati-guerrieri stesso percorso formativo che si conclude però verso i 20 anni quando entrano in servizio però fanno dei continui “corsi di aggiornamento”; 45 45 Lavoratori manuali niente percorso formativo. Mito il soldato nascerà già con spada e scudo: ciò significa che l’anima di ciascuno possiede una sorta di sapienza innata che gli viene data dalla visione delle idee e dalla metempsicosi (credenza per cui le anime passano da un corpo all’altro) che sarebbe la trasmigrazione delle anime presa dai pitagorici. Per Platone la conoscenza (intesa come conoscenza delle idee) è reminiscenza (rievocazione, ricordo) ossia quando conosciamo qualcosa in realtà la stiamo solo ricordando. Per Platone non possiamo insegnare qualcosa a qualcuno che non ha il ricordo di questo “qualcosa” per questo motivo la categoria dei lavoratori manuali (che non ha avuto visione delle idee), non deve seguire un percorso formativo che non sia quello dell’addestramento professionale. Nel mito della caverna che troviamo nella repubblica, viene spiegato come la conoscenza delle idee sia la vera conoscenza mentre la realtà materiale è una falsa conoscenza che ci allontana dalla vera realtà. Le cose sensibili sono una brutta copia delle idee e la realtà sensibile un po’ partecipa e un po’ nasconde il mondo incorruttibile dove i valori esistono allo stato puro. Nel mito della caverna vi è la descrizione dello schiavo che vede le ombre e crede che siano reali, queste ombre corrispondono al mondo sensibile. Il sapere deve essere orientato verso il mondo delle idee, per Platone la regina delle scienze è la matematica perché è scienza di pure forme, al di sopra di essa vi è solo la dialettica (scienza delle idee in senso lato) che è la parte conclusiva della formazione del filosofo. 2 Tipi di paideia: 1. Paideia socratica: Socrate pensava alla formazione dell’anima individuale della persona. 2. Formazione, paideia più politica: legata ai ruoli sociali dei soggetti (formazione in base alla posizione sociale) che sono distinti in relazione alle qualità intrinseche della loro natura (tenendo conto delle distinzioni naturali fra gli uomini). 3 Tipi di Educazione: 1. Addestramento per i produttori; 2. Formazione del coraggio e della moderazione per i custodi e i guerrieri; 3. Formazione speculativa per i governanti cioè filosofi. 45 45 non è uguale a quella dell’animale. L’uomo infatti non mira solo a fini riproduttivi. Per A. gli animali cercano la loro felicità che consiste nel far proseguire la specie, l’uomo non segue solo questo fine, il fine superiore dell’uomo consiste nell’acquisizione di un vero sapere attraverso la comprensione del perché delle cose. L’uomo si interroga sul perché delle cose e cerca di capire il mondo. Due generi di vita son specifici dell’uomo: 1. Uno è quella vita che si esplica, cioè che fa riferimento a ciò che riguarda la vita di relazione con i propri simili e trova la sua forma più alta nell’attività politica; 2. L’altra è la vita teoretica, che riguarda la ricerca, l’indagine e la riflessione cioè la vita dello studioso. Quando si parla di virtù per A. dobbiamo pensare a due tipi di virtù: 1. Le virtù etiche che consistono nella capacità di agire in modo corretto nell’ambito della vita associativa; 2. Le virtù dianoetiche le quali riguardano la razionalità sono le virtù che rendono l’uomo simile alla divinità Ci sono uomini nei quali la razionalità ha uno spazio infinitamente superiore e sono gli intellettuali di professione ma comunque gli uomini devono vivere entrambe le virtù. La conoscenza speculativa (cioè le virtù dianoetiche) è la conoscenza universale, è una forma di sapere superiore ed è una conoscenza comunicabile secondo Aristotele con l’insegnamento. La virtù etica riguarda l’arte di stare al mondo in situazioni caratterizzate da instabilità. L’etica secondo A. non è una vera e propria scienza però ci dà informazioni sul mondo in cui viviamo mentre per Platone tutto ciò che riguarda la vita sociale aveva un carattere di conoscenza superiore, noi siamo e come ci comportiamo deriva direttamente dal mondo delle idee. Per A. conta molto l’educazione perché secondo lui una persona può essere un cittadino anche se non è buono per natura, attraverso l’educazione e il confronto con gli altri simili raggiungiamo un livello di comportamento accettabile, anche se non è già intrinseco in noi. La virtù etica per A. è la saggezza o phronesis ed è la capacità di deliberare saggiamente intorno al bene. Platone e Socrate pensavano che gli uomini non potessero agire per il male in modo cosciente seguendo la teoria dell’intellettualismo etico (chi sbaglia lo fa per ignoranza) però Socrate aveva sottolineato che il male era il risultato dell’ignoranza del bene. A. è più concreto per lui non conta sapere cosa è bene ma conta soprattutto diventare buoni cioè agire in ogni circostanza per il meglio. In A. abbiamo tre elementi importanti: 1. Disposizione naturale; 2. Abitudine; 3. Facoltà di ragionare. Per quanto riguarda la disposizione naturale, l’uomo è portato ad agire virtuosamente. L’abitudine riguarda la ripetizione di azioni giuste che è utile all’assimilazione del significato di un’azione giusta e al centro abbiamo la ragione (logos). La facoltà di ragionare riguarda la riflessione che non è solo riflessione sulle idee ma anche riflessione sui propri comportamenti quindi si lega alla sperimentazione. 45 45 Lo specialista è consapevole che non possiamo diventare esperti di tutto al massimo possiamo avere una conoscenza generale sulle varie discipline mentre per Platone la conoscenza era sempre totalizzante. In A. l’attenzione per discipline diverse era importante e spesso nel Liceo si insegnavano aspetti che non erano d’accordo con le idee di Aristotele (e lui non impediva l’insegnamento). L’uomo per A. non si può realizzare pienamente in modo individuale, l’uomo ha bisogno degli altri e non può che vivere in società (l’uomo è un animale sociale). L’uomo però è un animale che deve esser educato, per A. i barbari (non greci) erano popoli privi di paideia (educazione e cultura). Aristotele pensava che la donna dovesse essere subordinata all’uomo in quanto più debole e bisognosa di attenzione invece per Platone uomo e donna erano uguali. La schiavitù era ammessa perché lo schiavo non era autosufficiente secondo A. e aveva bisogno di un signore che lo proteggesse. Per quanto riguarda l’educazione per A. deve occuparsene lo Stato ed ha un ciclo che va dai 7 anni fino alla pubertà, e dalla pubertà fino ai 21 anni. Precede ai 7 anni l’educazione in famiglia mentre Platone escludeva la famiglia. Per quanto riguarda il percorso educativo A. pensa al gioco, alla musica, ad un ambiente umano che deve circondare i bambini e poi anche alla grammatica, alla ginnastica e al disegno. /Aristotele è contrario allo sfruttamento minorile/ 45 45
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