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riassunti seconda parte decadentismo, Sintesi del corso di Italiano

riassunti seconda parte decadentismo

Tipologia: Sintesi del corso

2020/2021

Caricato il 04/04/2023

matilde-merli
matilde-merli 🇮🇹

4

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Scarica riassunti seconda parte decadentismo e più Sintesi del corso in PDF di Italiano solo su Docsity! DECADENTISMO UN NUOVO CLIMA CULTURALE Questa corrente si diffonde nell’ultimo ventennio del XIX secolo in Europa, in compresenza e contrapposizione al positivismo (pensiero razionale). -Caratteristiche: • Sfiducia nelle possibilità della ragione scientifica → la razionalità e il legame causa/effetto non sono in grado di rispondere del tutto alle domande sulla realtà e alle cause prime dell’uomo/mondo. • Critica al concetto di progresso come miglioramento continuo e illimitato. • Disagio nei confronti della società borghese e rifiuto dei suoi valori (es. concretezza, produttività, razionalità). -Kierkegaard ispira l’atmosfera culturale irrazionale attraverso il tema dell’angoscia, derivante dall’insufficienza degli schemi metafisici e scientifici nel comprendere i misteri della vita. -Schopenhauer, con le sue riflessioni sul pessimismo e sul valore dell’arte, influenza gli intellettuali/artisti della seconda metà del secolo. -Nietzsche, con la sua filosofia provocatoria, sovvertì le certezze tradizionali a favore di una nuova visione del mondo, individualista, vitalistica e nichilista. -In campo letterario i decadentisti rivendicano la loro distanza dal Romanticismo, anche se ci sono elementi di continuità tra le due correnti. Il critico Umberto Bosco nel saggio ‘Realismo romantico’ ha sottolineato il perdurare di elementi romantici nel Decadentismo, atteggiamenti come insofferenza, ribellione e vittimismo. Inoltre il Decadentismo ripropone portando all’eccesso l’irrazionalismo, il valore conoscitivo dell’arte e la sensibilità superiore del , aspetti tipici del Romanticismo tedesco. UN PROBLEMA DI PERIODIZZAZIONE → studiosi discordi sulla posizione temporale di questa corrente. -In Francia il decadentismo si identifica totalmente con il Simbolismo. -In Inghilterra riguarda l’Estetismo (va dalla produzione artistica dei pittori preraffaelliti (1848) fino all’opera di oscar Wilde). -In Germania il termine decadentismo è quasi del tutto assente nella critica letteraria. -In Italia ci sono due posizioni: 1. Macro-categoria che si estende dagli anni 80 dell’800 fino a metà 900. All’interno di questo filone gli studiosi inseriscono varie sotto-categorie come Simbolismo, Estetismo, Crepuscolarismo, e autori come Svevo, Pirandello, Ungaretti, Montale, Saba. Il critico Giuliano Landolfi ripropone questa interpretazione degli studiosi in un saggio (2001) che sottolinea la sostanziale unità, con qualche distinzione, del clima culturale e filosofico di questo periodo storico caratterizzato dall’incapacità del pensiero e dell’arte di fornire risposte alle domande esistenziali. 2. Uso restrittivo del termine Decadentismo, riguardante solo agli ultimi decenni dell’800, che si concentra sul fattore letterario e artistico piuttosto che filosofico, facendo coincidere il Decadentismo italiano con l’Estetismo dannunziano. Questa delimitazione, suggerita dal critico anglista Mario Praz, considera il primo 900 come ‘età dell’ansia’, in riferimento a una lirica del poeta inglese Wystan Hugh Auden. Altri critici, invece, hanno parlato di ‘età della crisi’ o ‘età delle avanguardie’. Recentemente alcuni studiosi italiani (es. Donnarumma, Luperini, Tortora) hanno introdotto il termine ‘Modernismo’ per designare la letteratura italiana del primo 900, con il fine rimarcare la profonda differenza di pensiero e stile tra gli autori decadentisti Pascoli e D’Annunzio e i modernisti Svevo, Pirandello, Ungaretti, Montale, Saba. Inoltre Il Modernismo italiano sottolinea l’apertura internazionale dei nostri autori in ambito di poesia e prosa. • Il libro segue la distinzione di queste due fasi, scegliendo come data di discrimine il 1904, anno della pubblicazione del romanzo “Il fu Mattia Pascal” di Pirandello, che segna una profonda rottura dai modelli narrativi 800eschi. Questa divisione comunque serve per agevolare la comprensione di questi fenomeni letterari, e come suggerisce Landolfi, la nozione ‘corrente’ implica l’accostamento metaforico ad un fiume (acqua/correnti a diversi velocità, prende detriti e ne deposita altri, agisce in modo differente dalla posizione in cui si trova), perché in letteratura non si può mai parlare di movimenti unitari e privi di contraddizioni. LA NASCITA DEL TERMINE DECADENTISMO -Il poeta francese Paul Verlaine, sulla rivista parigina “Le Chat noir”, pubblica il sonetto Langoure (1883), il cui primo verso dice ‘Sono l’Impero alla fine della decadenza’, volto ad esprimere la sensazione, sempre + diffuso tra artisti e intellettuali, di appartenere ad un’epoca al tramonto, distante sia dal Romanticismo che dalla ragione scientifica. -Il termine decadente veniva usato dapprima dai positivisti con valore dispregiativo verso la resistenza tardo-romantica e sterile all’inevitabile all’inevitabile progresso della società, e per alcuni scrittori raffigurava un peggioramento morale e artistico. -Con la rivista ‘Le Décadent’, fondata dallo scrittore Anatole Baju, alcuni letterati rivendicano questo termine come elemento di differenziazione e segno di identità. FRANCIA, LA POESIA SIMBOLISTA E CONTROCORRENTE DI HUYSMANS -La poesia simbolista dei poeti Verlaine, Rimbaud, Mallarmé rientra nella categoria decadentista e si ispira all’opera di Charles Baudelaire. -Il testo emblematico della prosa è ‘A rebours’(controcorrente) di Joris-Karl Huysmans, un libro incentrato sulla figura dell’aristocratico Des Esseintes, che si isola dal mondo per perseguire il suo ideale assoluto di bellezza e di arte fuggendo dalla volgarità della massa. HUYSMANS, A REBOURS (Controcorrente) -Con la convinzione che l’artificio sia superiore alla natura e che l’immaginazione non abbia bisogno della realtà, Des Esseintes lascia Parigi e si trasferisce in una villa, dove si costruisce un mondo artificiale, con una selezionatissima biblioteca, galleria d’arte, serra di fiori inconsueti… alla ricerca di oggetti secondo il suo gusto. -Controcorrente è considerato una sorta di ‘catalogo del gusto’ e della sensibilità decadente. Infatti, in letteratura, Des Esseintes manifesta una grande ammirazione per Baudelaire (reputato dal Simbolismo il maestro della nuova poesia francese). -Nemmeno l’esistenza ricercata e dedita ai gusti del protagonista riesce a guarire la sua inquietudine e malattia interiore. I medici gli consigliano di tornare a Parigi, egli accetta a malincuore, rendendosi conto che non è in grado di sfuggire alla mediocrità della vita. Il romanzo si conclude con l’esclamazione di Des Esseintes, che denuncia la condizione dell’uomo del suo tempo, forzato della vita, destinato a procedere solo, una volta abbandonate le consolanti certezze del passato. BAUDELAIRE (1821-1867) Con l’opera ‘I fiori del male’ egli rivoluziona le teorie parnassianiste di Gautier, la cui poesia si incentrava sul culto della bellezza formale con tanto di sentimento e fredda perfezione. Baudelaire riconosce in Gautier un maestro per la necessità della cura formale e del lavoro minuzioso su ogni verso; se ne distacca però totalmente per i contenuti e per l’idea stessa di poesia. Nell’opera di Baudelaire torna al centro l’io del poeta ritorna al centro, per dilatare la propria sensibilità,allontandosi dai canoni romantici. Il poeta, grazie all’immaginazione e all’intuizione, coglie i misteriosi legame della natura e non aspira a una conoscenza oggettiva ma ricerca l’anima -Gusto per l’esotico → La fuga dal mondo borghese si realizza sia con la ricerca di luoghi aristocratici, raffinati (es. laboratorio artista, villa con giardino, palazzo nobiliare, biblioteca, buen retiro) che con viaggi verso località misteriose, paradisi tropicali, regioni desertiche/primitive; l’esperienza del viaggio è un fatto reale, biografico, e un procedimento simbolico. -Languore e decadenza (Verlaine, sonetto Languore → “sono l’impero alla fine della decadenza”)→ Il poeta sente di appartenere a un’epoca in declino e non sa trovare un senso all’esistenza, riesce solo a registrare la sua estraneità alle battaglie accanto a lui e si diletta in modo abile ma inutile con la forma (es. acrostici). Molti autori decadenti condividono il senso di consapevolezza della fine, degli sforzi inutile per dare un senso alla vita. -Malattia, oppio e morte → la malattia non viene analizzata con la scienza, bensì con i caratteri dell’ereditarietà, come nella letteratura naturalista, ma è rappresentata come un compiacimento, un segno distintivo che garantisce una superiore consapevolezza rispetto al mondo borghese e della massa. Per liberare il pensiero dalla ragione ed esasperare la percezione dei sensi si diffonde l’uso di assenzio, oppio, hashish. Anche la morte è un tema ricorrente, che assume diverse valenze simboliche: Per Pascoli è un legame ossessivo con i cari scomparsi e la difficoltà a vivere il presente; per d’Annunzio si manifesta come paura, da esorcizzare con una dichiarazione di forza vitale, e talvolta come attrazione segreta e autodistruttiva. Generalmente nei romanzi decadenti la morte è provocata da un gesto supremo, eroico e drammatico. -Sensualità esasperata → Nella ricerca di sensazioni particolari (es. Andrea Sperelli nel Piacere di d’Annunzio) hanno un ruolo importante fantasia amorosa perversa, esperienze sensuali, attrazione per i piaceri del corpo e dello spirito. La figura della femme fatale (donna fatale) domina nell’arte e nella letteratura decadente. Questa figura è passionale e spregiudicata, a cui si associa lussuria e morte. Un’immagine emblematica è il personaggio biblico di Salomè, che danza in modo sensuale per re Erode e chiede in cambio la testa del profeta Giovanni il Battista. Salomè ispira la fantasia decadente, infatti è soggetto di un quadro di Moreau, ‘L’apparizione’, citato da Huysmans, Wilde e d’Annunzio. GIOVANNI PASCOLI (1855-1912) VITA I PRIMI ANNI (collegio e lutti familiari): -Giovanni Pascoli nasce a San Mauro di Romagna nel 1855, quarto di 10 figli, in una famiglia benestante grazie al lavoro del padre, amministratore di una tenuta nobiliare. A 7 anni va in un prestigioso collegio a Urbino, dove apprende in modo eccellente le lingue classiche. -1867 evento drammatico → il 10 agosto suo padre viene ucciso da dei sicari in un agguato sulla via Emilia e il delitto rimane impunito. Negli anni successivi muoiono anche la madre, un fratello e una sorella.. -A causa del peggioramento economico Pascoli lascia Urbino e continua gli studi a Firenze, per scelta del fratello Giacomo, che aveva preso le redini della famiglia. GLI ANNI UNIVERSITARI: -Nel 1873 egli ottiene una borsa di studio e si iscrive alla facoltà di lettere di Bologna, con professore Giosuè Carducci e altri intellettuali. Grazie a ciò egli unisce i suoi studi classici alle letture moderne. -Egli scopre poeti contemporanei (es. Victor Hugo), stringe amicizia alcuni compagni, Severino Ferrari, apprezzato da Carducci e futuro poeta, e Andrea Costa, padre del socialismo rivoluzionario italiano. Grazie a quest’ultimo Pascoli si accosta alle idee anarchiche di Bakunin a partecipa attivamente ad assemblee di gruppi socialisti e internazionalisti. -Nel 1876 gli viene revocata la borsa di studio per aver fischiato il ministro dell’Istruzione, muore il fratello Giacomo e perciò non è in grado di pagare le tasse universitarie per l’anno successivo. Allora decide di seguire le lezioni come uditore con l’appoggio di Carducci, che lo raccomanda come supplente al ginnasio di Bologna. Nel 1878 una nuova manifestazione di dissenso gli costa tre mesi reclusione, poi viene prosciolto. -Dopo questi anni egli abbandona la politica e si dedica esclusivamente alla letteratura, le sue condizioni economiche migliorano con la vendita della casa del padre a San Mauro, gli viene restituita la borsa di studio. Nel 1882 consegue la laurea in lettere. L’INSEGNAMENTO LICEALE E LE PRIME MYRICAE: -Diventa professore di latino e greco in un liceo di Matera (lo Stato mandava giovani docenti in sedi lontane per favorire l’unificazione culturale del paese). -Nel 1884 ottiene il trasferimento a Massa e poi a Livorno, dove affitta una villa e vi risiede con le sorelle nubili, Ida e Maria, tentando di ricostruire il nido familiare. Egli ritiene di averle trascurate a lungo e le lascia appoggiare completamente a lui, unico con stipendio regolare. In questi anni Pascoli frequenta i caffè e conversa con amici e colleghi, non si isola dal mondo. -Egli intensifica la scrittura di poesie, collabora con riviste (Cronaca Bizantina, Vita Nuova) e scrive anche dei testi per occasioni liete (nozze di amici). Per il matrimonio di un amico d’infanzia egli prepara nel 1891 una raccolta di 22 testi, intitolata Myricae, con appena un centinaio di copie. L’anno successivo arricchisce il volume, destinato alla vendita. Questo attira l’attenzione di d’Annunzio, che lo lusinga sul quotidiano Il Mattino. Carducci invece loda il componimento con cui Pascoli risulta vincitore al Certamen, competizione di poesia in latino di Amsterdam. I RAPPORTI NON FACILI CON D’ANNUNZIO: -Il loro rapporto oscilla tra stima e avversione, soprattutto da parte di Pascoli, che lo invidia per il maggiore successo ed è ossessionato dalla paura di subire plagi da lui. -Nel 1893 inizia il loro scambio di lettere, con tono di riconoscimento e fratellanza letteraria. Nel 1985 si incontrano di persona a Roma e dimostrano simpatia reciproca. Un anno dopo d’Annunzio chiede a Pascoli una serie di esempi su come tradurre metricamente in italiano un coro della tragedia greca Antigone, e Pascoli tace per molti mesi. Quando gli risponde non manda i versi richiesti, ma dichiara l’intenzione di redigere un saggio teorico sull’argomento, proprio per la paura di essere plagiato. Infatti era già avvenuto con il romanzo dannunziano L’innocente, in cui vi sono riprese lessicali della poesia Novembre di Pascoli, che non era molto nota al pubblico. -Nel 1900 Pascoli pubblica sulla rivista Il Marzocco l’articolo ‘Un fatto personale’, dove traccia una caricatura del rivale, riferendosi a una foto in cui d’Annunzio compare a cavallo vestito elegantemente di rosso, e loda il modello opposto di poeta. D’Annunzio risponde irritato in una lettera, dove dice che Pascoli ha il gusto di restare a casa a bere vino e curare la stitichezza del suo cane, mentre lui ha il gusto di cavalcare a caccia e di girare per le campagne romane; conclude dicendo che può perdonare un’ode mediocre ma non tali affermazioni. -Tra 1900 e 1903 si moltiplicano le manifestazioni di acredine da parte di Pascoli, che teme plagi e manipolazioni. -D’Annunzio prova riconciliarsi, dedicandogli la poesia Commiato, in fondo alla raccolta Alcyone, dove rivendica con orgoglio il loro affiatamento e la reciproca diversità. -Pascoli reagisce alternando momenti di disponibilità e stima a diffidenza. D’Annunzio, in fuga dall’Italia per debiti, passa a salutarlo nella sua casa, come scritto nel volume Contemplazione della morte. -Nel loro rapporto si coglie un imbarazzo profondo: d’Annunzio appare ben disposti anche gli fa dei torti, mentre Pascoli prova un oscuro risentimento, che rende impossibile un rapporto sereno tra di essi. ATTIVITÀ INTELLETTUALE ANNI 90: -Pascoli viene chiamato dal Ministero dell’Istruzione in una commissione per la valutazione dei libri di testo e poi egli trae spunto per elaborare egli stesso volumi di editoria scolastica: Lyra, Epos, Sul limitare, Fior da fiore. -Poi risiede per un periodo a Roma, dove collabora con Adolfo De Bosis, fondatore rivista Il Convito, e pubblica la raccolta di poesie ‘Poemi conviviali’ e scrive delle critiche su Dante che costituiscono la base del volume di saggi. -Per Il Marzocco scrive riflessioni di poetica, intitolate poi ‘Il Fanciullino’ nel volume Pensieri e Discorsi. -Tiene conferenze su Dante, Leopardi, Manzoni, e pubblica saggi critici. Con Minerva Oscura, La costruzione morale del poema di Dante, incontra la diffidenza di Carducci e dei tradizionalisti, che criticano l’interpretazione mistico-esoterica, e poi Carducci, esaminatore dell’Accademia dei Lincei, gli nega il premio per la filologia e la lingua del 1899. LA CRISI DEL NIDO: -Nel 1895 la sorella Ida si sposa, determinando la rottura del nido familiare durato una decina d’anni, che provoca un grande turbamento nel poeta, che teme il vincolo sempre più stretto tra lui e Maria. Infatti sente il dovere di proteggerla, anche se desidererebbe liberarsi di lei e sposarsi. In una lettera a Maria esprime il rimpianto che nessuno dei due ha soddisfatto la propria esistenza e lamenta l’errore della costruzione del loro legame. In un’altra lettera mostra insofferenza per l’amore esclusivo che Maria (Mariù) pretende da lui. -Nel 1896 Pascoli scrive una lettera alla cugina riminese Imelde Morri, a cui chiede in segreto di sposarlo e lei accetta. Egli tenta di organizzare le nozze ma poi Maria viene a sapere questa notizia e cerca di ostacolarlo, tanto che pascoli ci rinuncia. -Pascoli scrive all’amico Giuseppe Martinozzi, a cui confida la fatica di accettare la rinuncia alla propria vita amorosa e dice di sentirsi come una sorta di padre per Maria. -I due affittano una villa nella natura a Castelvecchio di Barga (Lucca), dove il poeta si rifugia e scrive i Poemetti dedicati a Maria e pubblicati nel 1897. LA CARRIERA UNIVERSITARIA -Egli diventa docente universitario nel 1895 con la cattedra di greco e latino a Bologna, anche se non è del tutto soddisfatto. Inoltre la sua permanenza a Bologna è resa difficile dalla vita scapestrata del fratello Giuseppe, che gli chiede spesso denaro quando è in facoltà. -Nel 1897 si trasferisce a Messina per insegnare letteratura latina. Dopo un periodo difficile (lui e Maria si ammalano di tifo), egli partecipa attivamente ai dibattiti culturali e politici della città. -Nel 1903 va a Pisa come prof di grammatica greca e latina, e scrive i Canti di Castelvecchio. -Poi gli viene offerta la cattedra di lettere di Carducci a Bologna. Pascoli esita a lungo prima di rispondere, per i rapporti non facili con Carducci e perché la precedenza spetterebbe al suo amico Severino Ferrari, che però poi si ammala e muore. La richiesta di alcuni studenti e del Ministro dell’Istruzione lo inducono ad accettare, seppur con qualche dubbio. LA TENTAZIONE DEL POETA-VATE: -In questa ultima fase della sua vita Pascoli è sollecitato ad intervenire nella vita pubblica italiana, a causa del ruolo e dall’influenza del modello carducciano e dannunziano del poeta-vate, l’intellettuale che si pone alla guida della società. -La sincronia nella composizione,ì e l’unità di motivi, atmosfere, scelte formali e linguistiche valgono per tutta l’opera. -Le diverse raccolte poetiche sono parte di un processo ininterrotto di continua rielaborazione, come testimoniano le molte edizioni per ciascuna delle raccolte principali. LE UMILI TAMERICI - L’edizione di Myricae del 1903 è quasi un altro libro con varie aggiunte, rielaborazioni, raggruppamenti, e con 156 poesie rispetto alle 22 iniziali della versione del 1891 (opuscolo per le nozze di un amico). Le edizioni successive fino al 1911 hanno subito pochi cambiamenti, giusto scelta grafiche e di punteggiatura. -Il titolo è ispirato a un verso delle Bucoliche di Virgilio (‘Non a tutti piacciono gli arbusti e le umili tamerici),collocato come epigrafe delle Myricae, in cui il poeta latino dichiara di volersi allontanare dal tema agreste che contraddistingue la raccolta, per trattare un argomento più alto con uno stile più elevato. Pascoli toglie da questo verso ‘non’ e ‘omnes’ e così la frase assume significato opposto, quindi le tamerici, piante modeste e comuni, piacciono e sono apprezzate, così come la vita umile di campagna che esse rappresentano. -La semplicità delle poesie di Pascoli è soltanto apparente, poiché proprio gli oggetti più comuni possono alludere a temi generali che riguardano esistenza umana, presenza del male, mistero di dolore e morte. IL SIMBOLISMO PASCOLIANO -Secondo il critico Mengaldo, ‘Pascoli è sempre lì e altrove’ → nel leggere un testo pascoliano non ci si può accontentare del significato letterale ma è necessario guardare anche altrove. Infatti è possibile individuare due discorsi paralleli tra significato letterale e allusione; l’ambiente agreste, la ripetizione di suoni, parole chiave ecc, rimanda simbolicamente ai temi ossessivi del mondo pascoliano (morte, solitudine, dolore senza spiegazione), quindi occorre uno sforzo interpretativo da parte del lettore. -Alcune immagini (es nido → affetti e protezione, siepe → barriera tra sé e la realtà, nebbia → tempo che dissolve i ricordi più dolorosi) hanno una valenza precisa, tanto si può parlare di simboli ricorrenti, perché il legame tra oggetto e idea si ripropone identico e inalterato in più testi, mentre altre immagini costituiscono simboli più difficili da decifrare, con significati diversi in base al contesto (es la sera → quiete o morte, natura → fonte di serenità o specchio del male (lampi, tuoni…), l’io lirico → padre nel ricostruire il nido o bambino segnato da dolore e solitudine). -Pascoli rimpiange i famigliari morti, da cui non riesce a liberarsi, e sente la necessità di offrirgli tributi di memoria per placare la sua angoscia. Nel poeta affiora l’oscuro senso di colpa di essere sopravvissuto alla morte dei propri cari, quindi la regressione dell’io lirico verso l’infanzia è desiderio di recuperare gli affetti, ma anche tentativo di fuga dal presente. In questa raccolta la madre è un vero e proprio personaggio che agisce, mentre il padre, presente in controluce, non è mai un vero protagonista. -In passato la tradizione scolastica si rifaceva allo studio di poesie come descrizioni paesaggistiche; oggi , con lo studio delle poesie più influenti sul 900 con innovazioni sul piano formale, emerge l’idea che il mondo sia permeato di simboli segreti. I MODELLI E LE FONTI -l’originalità di Myricae è indiscutibile, ma comunque nella memoria poetica di Pascoli ci sono espressioni, fonti di fonte classiche e contemporanee. -Lo studioso Nava ha evidenziato come i poeti classici che sono oggetto di imitazione diretta da parte di Pascoli nelle poesie in latino (Omero, Virgilio, Catullo, Orazio) costituiscono un significativo repertorio tematico e stilistico anche per la sua poesia in italiano. -Anche Dante e Leopardi sono citati o recuperati per affinità tematiche (ex. Poetica del vago e dell’indefinito nel Fanciullino). -Tra i contemporanei vi è Carducci, dal quale Pascoli prende le distanze sul piano teorico, ma mostra un’affinità metrica e tematica (ex. Myricae in sezioni), e anche di parole e formule stilistiche. -Con d’Annunzio vi è una vasta area lessicale comune. LE SCELTE LINGUISTICHE E METRICHE -Accordo eretico secondo i critici → Pascoli fortemente radicato alla sua epoca, anche se dà una svolta alla lingua della tradizione. -Brevità di componimenti; paratassi; frasi nominali = l’oggetto prevale sull’azione; spesso mancano nessi logici temporali o causali, sopperiti da legami sonori. -Critico Contini → linguaggio pregrammaticale = forma espressiva che imita l’oggetto attraverso il suono, senza costituire un vocabolo di senso compiuto. -Onomatopee → accompagnate da sillabe o neologismi che riproducono suoni in modo realistico. -Fonosimbolismo = capacità delle sillabe di diventare portatrici di significato in base al loro suono. -Figure di significato → articolare rilevanza di metafore e analogie, che esprimono associazioni compiute dall’io lirico tra gli oggetti (nella rappresentazione della realtà prevale il punto di vista del soggetto); Sinestesie → rimandano all’idea baudelairiana e simbolista per cui la natura è un tutto unitario. -Lessico → innovazioni (mescolanza di termini alti e bassi, plurilinguismo e pluristilismo); capacità di accogliere la prosa nella poesia; comunicazione diretta dal poeta al lettore; esempi di termini specialistici su natura o dialetti. -Metrica → tradizione per forme chiuse; innovazione per versi poco comuni e strutture metriche desuete; ritmo frammentario che focalizza l’attenzione ai particolari. COMPRESENZE E CONTRADDIZIONI -Ripetizione e sperimentalismo → Pascoli insiste in modo ossessivo su alcuni temi come il romanzo familiare (es. Morte del padre e lutti). A questa ripetizione si oppone la varietà delle forme, come se egli tenti di recuperare attraverso la poesia il legame con i cari divenuto impossibile. -Antitesi tra determinato e indeterminato → precisione del dettaglio e costruzione di atmosfere indefinite: volontà di rendere esattamente il dato reale e tendenza a dissolvere l’immagine nell’indeterminato (significati simbolici e misteriosi). RIO SALTO Myricae -Poesia non molto rappresentativa di Myricae: non ci sono elementi riportabili all'atmosfera decadente, non c'è uno scorcio paesaggistico con sfondo simbolico. Qui abbiamo l'evocazione di un ricordo d'infanzia, rivissuto con la consapevolezza dell'età adulta, però senza dolore o tristezza. La fantasia evocata dall'io lirico bambino ci rimanda all'immaginazione del Fanciullino della poetica pascoliana che vede la realtà in chiave visionaria e immaginosa. -Il sonetto, il cui titolo evoca il torrente che scorre presso San Mauro, in Romagna, appartiene alla sezione Ricordi ed è stato inserito nella 2a edizione di Myricae del 1892, anche se è stato scritto e pubblicato su rivista nel 1877. -L’io lirico precisa che riferirà un sogno ad occhi aperti, una fantasticheria innescata dal rumore della pioggia sulla grondaia. La suggestione sonora scaturisce quella visiva: egli vedeva cavalieri erranti galoppare lungo il fiume, scorgendone il bagliore delle corazze e il riflesso sull’acqua. Una volta cessata la pioggia la sua illusione finisce e vede soltanto i pioppi lungo la sponda del Rio Salto, che producono un dolce rumore. -Ragione e immaginazione → l’alternanza tra ragione e fantasia, tra uomo adulto e fanciullino, è sottolineata da elementi formali. All’inizio delle quartine: ‘lo so’ → consapevolezza e ‘pur’ → fantasia. Nelle terzine prevale la ragione, ma la fantasia resta presente attraverso la negazione; i verbi all’indicativo però rivelano quanto la scena cavalleresca si imponga alla mente dell’io lirico. -Un ricordo senza ombre → il ritorno alla realtà non è accompagnato da dolore, è una fantasticheria di cui è possibile ricordare la dolcezza, senza ombre. Dall’infanzia non affiora la tragedia familiare, ma la passione per la letteratura, rappresentata dalla dolcezza della natura, che persiste oltre il sogno ad occhi aperti ed è rassicurante ( movimento pioppi e scorrere del fiume). -Il lessico evocativo → le scelte lessicali sottolineano la conciliazione tra fantasia e realtà: alla espressioni raffinate sul mondo cavalleresco amato dal poeta si accompagnano termini che suggeriscono un’idea di accoglienza e dolcezza. Lo spazio dilatato dell’immaginazione (lo sfondo dove passano i cavalieri) alla fine si rivela un luogo amico (il Rio Salto). LAVANDARE Myricae -Prosegue la passeggiata nella campagna ormai autunnale. Il testo, madrigale di 2 terzine e una quartina di versi endecasillabi, aggiunto nel 1894 alle Myricae, è il 4o della sezione L’ultima passeggiata. -Il poeta osserva e registra alcuni dati reali: la presenza di un aratro abbandonato in mezzo a un campo, i suoni dei panni tuffati nell’acqua del canale, le cantilene con cui le lavandaie accompagnano i propri gesti. Il canto delle donne parla di autunno e solitudine, di un amato lontano e della desolazione di chi è rimasto a casa. -Un oggetto reale → I sentimenti dell’io lirico non sono espressi esplicitamente, bensì attraverso gli oggetti, che simbolicamente rappresentano sentimenti e condizioni esistenziali. In questa poesia l’aratro assume un ruolo emblematico: nella 1a strofa è un elemento concreto, pesante, che appare dimenticato, e inutile senza la presenza di animali (intorno vi è solo una nebbia leggera che annuncia l’autunno). L’aratro ritorna nella 3a strofa, dove è usato come paragone per la solitudine di una lavandaia, rimasta al proprio paese mentre l’amato è partito. Le stagioni si succedono ma nulla cambia per la donna, consumata da una inutile attesa. Ella rivolge all’amato un doloroso rimprovero per il suo ritardo, si sofferma con la memoria al momento della loro separazione: l’aratro in mezzo ad un campo incolto rappresenta la sua impotenza e il suo abbandono. -I suoni, il ritmo, le figure retoriche → il canto delle lavandaie è introdotto da elementi fonici: gli accenti ritmici che conferiscono un andamento cantilenante agli endecasillabi; le parole onomatopeiche (sciabordare, tonfi) aggiungono una connotazione realistica al lavoro delle lavandaie. Nella 3a strofa il poeta riproduce il canto rielaborando uno stornello marchigiano: gli esclamativi che aumentano il pathos e l’apostrofe all’amato lontano. La metafora ‘nevica la frasca’ indica la caduta autunnale delle foglie e l’imminenza dell’inverno con l’allusione alla neve. Il chiasmo dello stesso verso (‘il vento soffia e nevica la frasca’) aumenta l’impressione di essere già in inverno. X AGOSTO Myricae -Il 10 agosto 1867 il padre di Pascoli fu assassinato. Questo lirica, 6 quartine di decasillabi e novenari alternati, fu pubblicato il 9 agosto 1896 sulla rivista ‘Il Marzocco’ e poi inserito nella 4a edizione di Myricae, nella sezione Elegie. -La poesia X agosto è stata scritta da Pascoli in onore della morte del padre avvenuta la notte di San Lorenzo. Le stelle che cadono durante quella notte non sono altro che per il poeta le lacrime del cielo sulla malvagità degli uomini. Per Pascoli il 10 agosto è una data emblematica dato che è l'anniversario della morte del padre. Egli afferma di sapere perché un così gran numero di stelle sembra incendiarsi e cadere nel cielo:è perché tante stelle che cadono così fitte sembrano le lacrime di un pianto dirotto che splendono nella volta celeste. Poi immagina una rondine che, mentre tornava al suo nido, fu uccisa e cadde tra i rovi. Ella aveva un insetto nel becco, cibo per i suoi analogico, in cui le parole sono avvicinate in modo rapido, senza spiegazioni esplicite (culmine di questo processo di condensazione è l’analogia conclusiva tra casolare e ala del gabbiano). IL LAMPO Myricae -La ballata, di sei endecasillabi più la ripresa, compare nella 3a edizione di Myricae(1894): un lampo squarcia e mostra lo sconvolgimento della terra e del cielo all’inizio di un temporale. Per un attimo appare anche una casa, unico segno bianco nell’oscurità, poi torna il buio. -Alla luce improvvisa di un lampo appare la devastazione prodotta da una tempesta: cielo e terra sembrano esseri sensibili, feriti dal dolore e incapaci di opporre resistenza. La terra appare come una creatura affannata, dal colorito livido, agitata; il cielo pare aver perso la sua vastità, è invaso dalle nubi e dal vento, trasformato in un fondale da tragedia. L’unica contrapposizione alla buia e tormentata atmosfera è l’immagine di una casa bianca, che appare per un battito di ciglia nella notte e poi scompare di nuovo nel buio. -Un’interpretazione simbolica → il lampo nella notte rappresenta un momento di lucidità della coscienza, durante il quale si ha la percezione improvvisa del dolore che permea il mondo. La contrapposizione tra natura sconvolta e casa solida e luminosa rimanda all’antitesi ricorrente pascoliana tra l’esterno, dove dominano male, sofferenza e lutto, e il nido familiare, unico rifugio a cui aggrapparsi. Similitudine conclusiva dell’occhio che si apre e si chiude: davanti alla durezza del mondo la reazione istintiva è di sbigottimento, e infine ritorno nel buio dell’inconsapevolezza. -La genesi del testo → secondo Giuseppe Nava, questa poesia è concepita come metafora degli ultimi momenti del padre. La poesia nasce per rappresentare ciò che il padre, colpito da un lampo, vide nel momento della morte. Tuttavia nella realizzazione della ballata il dato oggettivo di partenza scompare del tutto e restano solo alcuni elementi lessicali (cielo ferito, terra). Quindi il testo può essere interpretato anche come il doloroso accorgersi di quanto il mondo possa essere attraversato dalla sofferenza. -Gli elementi formali → polisindeto ‘E cielo e terra’ e l’uso dei verbi al singolare trasmettono l’idea che la natura sia un tutto unico che rivela propria permeabilità al dolore. Gli aggettivi paralleli ai versi 2 e 3 rafforzano l’idea che la sofferenza sia il destino comune per ogni cosa, solo una casa si sottrae per un attimo, prima del tuono. Il ritmo è insieme concitato e spezzato; nei due versi finali si nota l’alternanza tra il rallentamento e l’incalzare degli eventi. IL TUONO Myricae -La lirica, ballata piccola di 6 endecasillabi e una ripresa iniziale, apparve nella 5a edizione di Myricae(1900), inserita nella sezione Tristezze. -Nel buio assoluto della notte scoppia un tuono all’improvviso, che sembra invadere tutto con il suo fragore brusco e violento. Quando finalmente il rimbombo tace, subentra il lieve canto di una madre che culla il suo bambino. -La rappresentazione del suono →Pascoli descrive il tuono nella notte prima accostandolo al fragore con cui una roccia improvvisamente si spacca e frana, schiantandosi a terra; poi lo trasforma in un vero e proprio personaggio. L’effetto fonosimbolico è evidente per il significato delle parole e per l’insistenza di suoni (r, fr, tr) che suggeriscono il rotolare di una frana; inoltre la ripetizione di u evoca l’idea della paura generata dalla situazione. -Il ritorno alla quiete → l’accumulazione di versi che descrivono lo scoppio e l’espansione del tuono cessa all’improvviso al verso 6. Il punto dopo ‘vanì’ segna una forte cesura per significato e ritmo. La qualità del suono cambia e alla ripetizione di consonanti subentrano vocali aperte (a) e il suono della doppia |l| suggerisce l’idea di ritrovata dolcezza. Infine anche la qualità del silenzio cambia, la cessazione finale del fragore del tuono è addolcita dal canto quieto di una madre che consola il proprio bambino, e tenta di riaddormentarlo facendo ondeggiare la culla. -L’assalto del dolore e la consolazione degli affetti → Il contenuto della ballata è simbolico, ci sono elementi ricorrenti nella visione pascoliana del mondo: il tuono, il temporale, rimandano alla sventure che minacciano la vita, ai fatti dolorosi che crollano addosso all’improvviso, invadono l’esistenza e la sconvolgono, tacciono per un momento e poi riappaiono più deboli fino a sparire definitivamente. A tale violenza si contrappone il canto di una madre presso la culla del figlio, simbolo degli affetti domestici, della possibilità di ritrovare protezione e calore grazie ai propri cari, come quando si era piccoli. NOVEMBRE Myricae -La poesia, tre strofe saffiche (tre endecasillabi e un quinario ciascuna), compare nella 1a edizione di Myricae (1891), è stata a lungo rielaborata sa Pascoli. Un giorno luminoso di novembre suggerisce un’impressione di primavera, ma l’illusione è breve. -L’aria è tanto limpida che si potrebbe credere di essere in primavera, ed è naturale guardarsi attorno cercando arbusti fioriti: quasi si avverte l’odore del biancospino. Ma ovunque le piante sono spoglie e la terra dura risuona come fosse cava; tutto tace e l’unico suono sono le foglie che cadono a terra. Dunque è un’estate illusoria in novembre, mese dedicato ai morti. -Un’illusione fugace → il tema centrale è la scoperta di come dietro un’apparenza di vita si celino in realtà morte e desolazione. La 1a strofa parla di luminosità, purezza, profumo: elementi che avvolgono e ingannano sensi e ragione, la quale è indotta a credere che ci sia una natura rigogliosa e vitale. L’immagine della giornata serena suggerisce promesse di bene, di felicità illusorie. La 2a strofa introduce una brusca rottura (ma): il poeta simbolicamente sottolinea che le generose promesse di speranza si rivelano vane, incompiute: è la morte a invadere l’orizzonte, e non la vita. Nella 3a strofa domina un silenzio profondo, interrotto solo dal suono degli foglie cadenti al suolo, simbolo del passaggio fugace dell’uomo sulla terra, del suo inevitabile destino di morte (nella tradizione le foglie autunnali simboleggiano la caducità umana). L’asprezza della stagione autunnale è ancor più dura nello splendore insolito di questa giornata ; allo stesso modo la condizione umana appare ancor più fragile e inadeguata di fronte ai desideri di vita e felicità. -Una conclusione che non offre consolazioni → l’ultima frase sigilla definitivamente la fine di ogni illusione. Il poeta collega il ricordo dei morti alla cosiddetta ‘estate di san Martino’ (la singolare mitezza climatica che può capitare a inizio mese), con l’ossimoro ‘estate, fredda’. Quindi luce e vita cedono il posto al freddo e alla morte. I morti non sono solo quelli del giorno dei morti, ma anche i suoi cari già scomparsi, che non possono tornare e la loro estate sarà per sempre fredda. -Le scelte formali che sottolineano vitalità e desolazione → nella 1a strofa dominano immagini serene e vitali: il chiasmo al primo verso attribuisce una posizione rilevante a due aggettivi che comunicano luminosità e purezza; la reticenza della frase iniziale sospende e prolunga la consecutiva in un’attesa fiduciosa; i suoni sono aperti e ci sono richiami fonici che legano le parole in forma melodiosa. Nella 2a strofa emergono l’asprezza e la desolazione: il polisindeto (e..e..e) marca l’affanno con cui il poeta constata la predominanza della morte; ci sono aggettivi aridi che esprimono assenza di vita; l’allitterazione della sillaba |se| genera un sibilo, un soffio che pare un invito al silenzio. Nella 3a strofa due brevi periodi si pongono come una constatazione della realtà; è presente un ipallage (‘fragile e cader’): la caduta delle foglie e il cadere in se, prossimo alla fine come ogni cosa. I CANTI DI CASTELVECCHIO -Pascoli nel 1903, in contemporanea alle Myricae, realizza la raccolta i Canti di Castelvecchio (circa 70 componimenti), ripubblicata più volte fino alla sesta edizione postuma del 1912. -Il titolo cita un luogo caro al poeta, Castelvecchio di Barga in provincia di Lucca, dove Pascoli si era trasferito con la sorella Maria, nel tentativo di ricreare quell’intimità familiare e domestica perduta con la morte dei suoi cari. Sul piano letterario il titolo rimanda ai Canti di Leopardi, per alcuni punti di contatto, a partire dalla predilezione per il vago e l’indefinito, alla percezione della sofferenza che permea il mondo, all’idea del piacere come cessazione del dolore. -Ci sono molte affinità con Myricae: la presenza della stessa epigrafe virgiliana (“piacciono gli arbusti e le umili tamerici”), la dedica a uno dei genitori (in questo caso la madre), l’ambientazione in un paesaggio naturale (la Toscana anziché la Romagna), il ricordo dei cari scomparsi e l’ossessione del pensiero della morte. -La successione delle poesie è ordinata secondo un criterio tematico, secondo il susseguirsi delle stagioni, e mostrano l’alternarsi di vita e morte nel ciclo naturale, mentre nell’esistenza umana la morte incombe come evento irreparabile e inspiegabile. I testi sono più lunghi di Myricae, sono componimenti ampi e articolati, in cui prevalgono i novenari e i senari, con frequenti enjambements. -Il simbolismo viene ulteriormente accentuato sia con allusioni scoperte e dichiarate, sia con immagini misteriose ed evocative (es. l’eros cercato e inappagato nel ‘Gelsomino Notturno’). -Il plurilinguismo si intensifica: abbondano ad esempio termini tecnici e garfagnini, tanto che nella 2a edizione aggiunse un lessico per illustrare il significato delle espressioni dialettali e gergali. IL GELSOMINO NOTTURNO Canti di Castelvecchio -La poesia, quartine di novenari, compare in un opuscolo dedicato come omaggio nuziale da Pascoli all’amico Gabriele Brignanti, due anni prima della pubblicazione nei Canti di Castelvecchio. Il poeta registra quanto avviene tra la sera e l’alba, osservando in particolare il gelsomino notturno, che apre la sua corolla alla sera e la richiude al mattino. Tra le immagini relative alla natura si inserisce quella di una casa, dalla quale traspare la luce di un lume. -Al tramonto i fiori notturni aprono le loro corolle, e le falene volano tra i cespugli. La quiete e il silenzio dominano la scena: non si odono canti di uccelli, ma solo lievi bisbigli che giungono dall’interno di una casa. L’odore intenso dei gelsomini si diffonde nell’aria, un’ape ronza senza riuscire a rientrare nell’alveare, in cielo splende la costellazione delle Pleiadi. Mentre la notte avanza, un lume all’interno della casa è portato sino al primo piano, dove viene spento. Al mattino i petali dei fiori si richiudono, ma nell’urna è avvenuta la fecondazione e si prepara una nuova vita. -L’allusione simbolica a una notte nuziale → a primo impatto la poesia appare come una semplice registrazione di elementi naturali, colti attraverso vista, udito e olfatto. Il Gelsomino Notturno nasce come epitalamio, per il matrimonio del suo amico. La poesia allude alla prima notte degli sposi, durante la quale venne concepito il loro primogenito. Il poeta osserva dall’esterno, ascoltando i loro sussurri e poi salgono alla camera da letto spegnendo il lume. Il resto della notte viene taciuto, con l’uso della reticenza. Quando giunge l’alba il poeta torna a osservare il gelsomino, descrivendo ‘l’urna molle e segreta’ del fiore, che allude all’utero fecondato della donna. -La sensualità e l’opposizione dentro/fuori → nel testo vi è una delicata sensualità: l’aprirsi dei fiori alla sera rappresenta una promessa di bellezza; l’odore che si diffonde dai calici dei gelsomini e permea l’aria per tutta la notte è fonte di seduzione per i sensi; la luce che traspare dalla casa, i mormorii segreti, il buio sembrano preparare al momento culminante dell’amore. Alcuni aspetti risultano dissonanti: alla notte inizialmente sono associate immagini di protezione, mentre alla fine alcune parole implicano una sorta di violenza = i petali del gelsomino all’alba risultano rovinati, quindi la notte non è solo felicità, ma anche una violazione nascosta, la perdita della verginità. Nel testo vi è una netta opposizione tra fuori e dentro: lo spazio dell’io lirico è l’esterno e la sua dimensione operativa è la contemplazione, ciò che avviene all’interno della casa gli è precluso, distante (avverbi di luogo). La critica ha evidenziato come questo contrasto dentro/fuori manifesti l’estraneità del poeta rispetto alla dimensione dell’eros e della paternità; dunque è presente la compresenza di attrazione e timore, di sensualità e sospetto nei confronti di sesso e amore. senza motivo). Poi c’è una reticenza che rimanda qualcosa di non detto → c’è un motivo per cui piangono. Viene presentato il Fiore del male → inquietante e morboso; fiore che ricorda tante dita insanguinate; esala un profumo (parallelo con il Gelsomino Notturno=odore fragole rosse; frascino/attrazione per il proibito) =bisogna stargli lontano. Congedo → le 2 si toccano le mani ed essendo in sintonia si trasmettono le loro sensazioni. Rachele dice altro a Maria senza guardarla in faccia, no coraggio → ha provato il profumo del fiore → una mattina dopo che si era svegliata dopo un sogno erotico che l’aveva turbata lei ricorda quella sera importante dove la natura sembrava sconvolta perché rispecchiava la trasgressione di Rachele → si avviò verso il fiore in un angolo in disparte ed è come se il fiore avesse una voce allettante, lei prova molta dolcezza poi c’è una reticenza e Maria alza gli occhi sconcertata, è stupita dalla cosa che ha detto Rachele. -Questo fiore porta alla morte – varie interpretazioni: 1. prima trasgressione di una serie che la porta alla distruzione 2. occhi brillanti =malata 3. simbolo di trasgressione completa – sostanze stupefacenti 4. fiore= trasgressione sessuale – può aver preso una malattia venerea 5. dopo la trasgressione il fiore l’ha fatta ammalare. -Nelle 3 parti l’intreccio non segue la fabula → molti flashback che rappresentano bene la tematica dell’incertezza: le ragazze parlano guardandosi negli occhi; ognuna ha immagini del convento e turbamenti adolescenziali; nel presente si salutano e Rachele le racconta che ha provato il fiore. -Parola ‘Morte’ – all’inizio Maria non riesce a pronunciarla ma lo fa Rachele=significativo. -Il tema della malattia (tema decadente) si distingue dalle ragazze che vengono definite agili e sane. -La visione del reale è stravolta → crisi sulla visione del mondo. -Frantumazione del verso → v 13 – 5 pause + molte reticenze. -Sperimentalismo sul discorso diretto → linguaggio di prosa evidenziato dal discorso diretto. SUOR VIRGINIA -Stessa struttura di Digitale Purpurea= 6 parti con terzine dantesche concatenate. -Ha un taglio narrativo. -Suggerito da un aneddoto dell’infanzia di Maria → una notte Maria e Ida avevano la finestra aperta per via del caldo estivo. Maria aveva paura delle finestra sia per i rumori (fruscio fru fru di fratte/grillo) che per la paura che ci fosse qualcuno sotto. Allora andò a picchiare alla camera di Suor Virginia per chiederle di chiudere la finestra ma tornò a dormire e quando S Virginia andò nella stanza finse di dormire, successe altre 2 volte ma l’ultima la suora non venne in camera. Il giorno dopo racconta l’accaduto e crede che fosse stato San Pasquale (bussò alla porta pochi giorni prima della morte), poi Maria disse che era stata lei. -Pascoli crea un componimento su questo evento iniziando con un tum tum (onomatopea) =rumore chiave della vicenda. -Suor Virginia= suora devota pura e umile (vuole rimanere nell’ombra). -Nella chiesa → crocifisso; affresco di San Rita (chiese a Gesù di condividere la passione con lui – ha una spina della corona in fronte). -Pascoli è ellittico→ elimina i verbi = stile nominale. -L’immagine sembra un dipinto dei preraffaelliti (si ispirano alle liriche dello stilnovismo). -Le donne hanno tutte un’aura mistica con tonache lunghe e bianche. -Pascoli immagina che la fondatrice delle suore orsoline, Ursula, da Sant’Orsola fu torturata insieme ad altre 11mila vergini dagli unni, immagina che vengano con conche d’alabastro dove c’è una traccia di sangue sulla stola bianca, anche se Suor Virginia l’aveva perché aveva sofferto molto anche se non fisicamente ma psicologicamente. -Ursula picchia tre volte con il giglio =parallelismo tra lei S Pasquale. → immagine pascoliana. -Parabola della vergine: stolte, non hanno comprato l’olio per la lampada, o sagge, lo hanno comprato ]→ per accogliere Dio. -Conclusione aperta e indefinita → non si sa se S Virginia l’ultima volta non viene perché è morta o non si alzò. -Il motivo del mistero è anticipato dalla finestra → senso di inquietudine. -Tutta la poesia ha una focalizzazione interna sulla suora → interpreta ciò che succede in base alla devozione. LA GRANDE PROLETARIA SI È MOSSA -Nel novembre 1911 Pascoli prende posizione nel dibattito della campagna militare in Libia, pronunciando nel teatro di Barga (Lu) un discorso a favore dell’imperialismo italiano. Egli descrive le condizioni dei migranti italiani, sottopagati e disprezzati dai paesi che li ospitano; quindi l’Italia, molto popolata ma povera, ha la necessità di una terra come la Libia, una sorta di prolungamento al di là del Mediterraneo. I popoli arabi vengono ritratti come bisognosi di un’azione civilizzatrice, senza considerare il loro diritto nazionale. Inoltre egli richiama la gloria degli antichi Romani ed esalta l’esercito italiano. La guerra è presentata come azione difensiva, un diritto-dovere che l’Italia rivendica di fronte alle altre nazioni. Quindi il socialismo utopistico e umanitario del giovane Pascoli si ribalta in un acceso nazionalismo. -I migranti → l’Italia è ritratta come una madre che, non potendo offrire ai suoi numerosi figli il necessario per vivere, è stata costretta a inviarli in luoghi lontani. Viene definita ‘la Grande Proletaria’ perché non possiede ricchezze tranne la prole. Pascoli sottolinea l’abilità dei migranti italiani, pronti ad affrontare compiti duri e umili. -La denigrazione degli italiani nel mondo → i lavoratori italiani sono malvisti, sottopagati e indicati con soprannomi denigratori, al punto che si vergognano a rivelare la loro origine, e dimenticano il ruolo culturale e civile degli italiani nei secoli, sottolineando limiti e difetti dell’Italia del presente. -Una nuova terra per gli italiani → l’esperienza della migrazione si rivela un fallimento perché quelli che tornano in patria non si sono arricchiti e a volte hanno vissuto in condizioni peggiori che in Italia. Quindi la conquista di una nuova terra si pone come una soluzione necessaria a garantire condizioni migliori, un posto dove gli italiani potranno lavorare come in patria. Inoltre, la propaganda colonialista descrive la Libia come una terra fertile, ma ridotta a deserto dall’inerzia delle popolazioni locali, e perciò può tornare rigogliosa solo grazie agli italiani. -Un’azione che rinnova la gloria dei Romani → l’Italia, a lungo costretta a subire invasioni straniere, 50 anni dopo l’unificazione è in grado di agire come le altre nazioni ricche e potenti: la guerra coloniale diventa un dovere (incivilire i popoli arretrati) e un diritto (espansione). Tale impresa è identificata con il ‘materno ufficio’, con il compito naturale di una madre di offrire ai figli la possibilità di lavorare. -La celebrazione dell’esercito → il progresso dell’Italia, l’unione nazionale, la creazione di cittadini forti e valorosi sono visibili nell’esercito italiano. In esso cooperano soldati di ogni parte della penisola, ciascuno con le proprie caratteristiche ma tutti uniti in un unico obiettivo. Nella guerra coloniale si realizza una sorta di superamento della lotta di classe, in cui ciascuno tenta di primeggiare in coraggio e contribuisce alla vittoria. -Una guerra difensiva → l’unica eccezione per ottenere il consenso dei socialisti è la guerra difensiva: Pascoli tenta di trasformare l’offensiva colonialista in un’azione di difesa, rispettosa del diritto. Egli stravolge le idee egualitarie socialiste, distinguendo tra gli uomini che hanno il diritto di godere dei prodotti dei campi, i contadini italiani, e i nomadi arabi che senza lavorare la terra ne sfruttano le risorse. Con questo capovolgimento egli accusa le popolazioni locali di sottrarre indegnamente beni e terra alla collettività, mentre l’Italia, già portatrice di civiltà ai tempi dei Romani, non fa altro che tornare in un luogo che le spetta. GABRIELE D’ANNUNZIO D’Annunzio è uno degli autori più dibattuti e contrastati per la sua attività letteraria che rappresenta la sua vita. Viene ricordato più per le sue azioni da dandy che per le sue opere, che furono molto importanti per i letterati italiani del 900. Ha un ruolo di MEDIATORE, perché assimila molte tendenze letterarie e filosofiche dell'epoca e se ne impadronisce, è capace di captare le tendenze e le predilezioni della borghesia italiana (così riesce a sprovincializzare la letteratura italiana). Ottiene molto successo tra i contemporanei, ma non con i letterati del suo tempo, come Pascoli e Carducci, l'unica eccezione è Filippo Tommaso Marinetti per l'Italia. All'estero autori come James Joyce si interessano alle sue opere. Nasce a Pescara nel 1863, è il terzogenito di 5 figli. Il padre viene da una famiglia modesta ma viene adottato da uno zio benestante. La madre viene da una ricca famiglia. Essendo il 1° figlio maschio riceve una formazione d'eccellenza al reale collegio Cicognini di Prato. è un allievo brillante, eccelle in tutte le materie, lui stesso si definisce ENFANT PRODIGE IRREQUIETO E RIBELLE, in questo aspetto emerge una sua caratteristica fondamentale: la capacità di affinare competenze precise in diversi ambiti. D'Annunzio si impone come PROTAGONISTA DELLA VITA CULTURALE E POLITICA ITALIANA, rivendicando con fierezza la sua distanza dagli intellettuali del suo tempo. Al collegio legge molti classici, che lo portano a scrivere un libretto di versi "carducciani" PRIMO VERE pubblicato a spese del padre. Ma viene sequestrato dal collegio perché troppo sensuale. D'Annunzio vuole SUPERARE IL MAESTRO, ma quando dedica a Carducci l'ode SALUTO AL MAESTRO Carducci non la apprezza molto. Per promuovere se stesso e i suoi libri d'Annunzio si mette in mostra. Pubblica un finto annuncio della sua morte e scrive dei necrologi. Viene subito smentito, ma grazie a ciò acquista notorietà. A Roma frequenta la facoltà di Lettere alla Sapienza ma è interessato solo a RAPPORTARSI CON INTELLETTUALI INFLUENTI. La classe borghese lo vede come un suo rappresentante perché sa esprimere gli ideali estetici e le nuovi ambizioni della classe. 1882 - pubblica CANTO NOVO, grazie al suo successo inizia a coltivare il mito del divo al di là dei confini letterari. Si sposa con MARIA HARDOUIN DI GALLESE per garantirsi un TENORE DI VITA LUSSUOSO, ma dopo la nascita del primo figlio è in DIFFICOLTà ECONOMICHE per aver sperperato il suo patrimonio. Deve RIFUGIARSI IN ABRUZZO. 1884 - ritorna a Roma e lavora al quotidiano "La Tribuna", per far fronte ai suoi problemi economici e osservare i costumi, adattando il suo mestiere di scrittore al mercato editoriale. Nuova relazione amorosa = BARBARA LEONI. 1888 - si isola in un convento abruzzese per concentrarsi sulla stesura di un romanzo, che considera una forma d'arte superiore a ogni altra. Capisce che adesso il romanzo moderno si sta allontanando dal romanzo naturalista. Scrive IL PIACERE e ottiene molto successo perché d'Annunzio soddisfa l'esigenza dei borghesi. Se l'autore si può identificare con il personaggio lo può fare anche il lettore, che appaga il suo sogno di una vita senza giudizi morali. 1889-1890 - presta SERVIZIO MILITARE a Roma, una volta congedato si trasferisce in un monolocale arredato in maniera kitsch, (ambiente del romanzo Il piacere), lavora al romanzo GIOVANNI EPISCOPO (protagonista è un umile impiegato che si macchia di un omicidio, ricorda un'opera di Dostoevskij). Il romanzo successivo è L'INNOCENTE (il protagonista alla fine commette un infanticidio). L'editore Treves si rifiuta di pubblicarlo perché la vicenda è troppo scabrosa, lo pubblica a Napoli. Qua si innamora di Maria Gravina Cruyllas, sposata, quando la notizia si diffonde suscitano scandalo ma evitano la prigione con un'amnistia. Aderisce al SIMBOLISMO europeo, come vediamo nel POEMA PARADISIACO, dove recupera l'innocenza dell'infanzia e del ritorno alle cose semplici. In questo periodo si sposta tra Roma e l'Abruzzo per sfuggire ai creditori. 1892 - si interessa a FILOSOFIA DI Nietzsche, per lui è un rivoluzionario aristocratico 1894 - pubblica IL TRIONFO DELLA MORTE, romanzo dove c'è l’avvento del superomismo, sogni di alcuni intellettuali italiani, solo una politica di dominio sul mondo, di militarismo e colonialismo potrà riportare l’Italia ai destini gloriosi del suo passato. L’emblema del superuomo è il protagonista di ‘Vergini delle rocce’ (1895), Claudio Cantelmo. -La malinconia di Cantelmo: Il nobile romano Claudio Cantelmo ha l’obiettivo di realizzare in sé ‘l’ideal tipo latino’, dando alla luce un figlio, che diventerà il futuro re di Roma, con le sue qualità di superuomo erede di una stirpe eletta. L’inquietudine, il senso di decadenza e morte dei protagonisti degli altri romanzi ora vengono dominati dalla volontà dell’eroe e hanno la funzione opposta di stimolo alla piena affermazione di sé, all’azione eroica. Cantelmo, per generare il futuro superuomo, abbandona Roma corrotta, per cercare una donna di un feudo del Regno delle Due Sicilie, dove risiede la famiglia del principe Montaga (Borbone), padre di tre figlie. Gli esasperati propositi vitalistici dell’eroe appaiono come espediente per esorcizzare la sua attrazione (dannunziana) per le immagini di decadenza e morte. Nel protagonista persiste un dualismo tra uno stato di eccezionalità apparente e il perenne senso di insoddisfazione e estraneazione dal mondo di tutti i personaggi dannunziani. Nel romanzo, che termina senza che Claudio abbia potuto trovare tra le tre figlie la donna da sposare, domina la contemplazione estetica delle tre figure femminile. Scritto in un registro lirico di ascendenza simbolista, il romanzo segna il culmine della ricerca formale che unisce le novità simbolistiche europee alla tradizione di 300 e Rinascimento. L’obiettivo di d’Annunzio è quello di creare una ‘ideal prosa moderna’ con elevazioni liriche come un poema. Mentre durante la fase dell’estetismo e del superuomo egli aveva opposto alla volgarità moderna il culto della bellezza e dell’eroismo del passato, agli inizi del secolo il mito superomistico entra in crisi: l’intervento attivo dell’intellettuale superuomo nella realtà implica un’opposizione violenta contro il modernismo. Le prime Laudi (1903) segnano una svolta radicale: il poeta canta la segreta bellezza del mondo moderno, inneggiando agli aspetti tipici della modernità. La nuova energia moderna gli rivela il fascino di un nuovo potente mito, di cui il vate vuole celebrare l’avvento. Con Alcyone, l’ultima delle Laudi, d’Annunzio abbandona i toni celebrativi e politici dei primi due libri delle Laudi: l’atmosfera dominante è contemplativa e il tema lirico centrale è la metamorfosi panica, ovvero la fusione dell’io lirico con la natura, il flusso della vita universale, il Tutto (pan). Quindi il poeta, proteso all’immortalità attraverso la perdita della propria identità umana nel ritmo della natura, si identifica con le diverse presenza animali, vegetali e minerali, attingendo a una condizione divina. Dopo l’esilio in Francia e l’esperienza della guerra da cui esce ferito ad un occhio, torna a dedicarsi solo alla letteratura, scegliendo un registro stilistico più lirico ed evocativo, dando inizio all’ultima stagione poetica del vate, la notturna. Prende il nome dal Notturno, opera più significativa di quel periodo, dove il poeta ormai fugge dal tono vitalistico e solare, scegliendo una lingua più dimessa e una prosa più intima. -Il contatto indispensabile con la moltitudine → in seguito alla lettura di Nietzsche e ai contatti con le avanguardie storiche (movimenti arte/letteratura europea primo 900), egli esplora nuove dimensioni estetiche che prevedono un rapporto più diretto tra scrittore e pubblico. In un articolo- manifesto, Preambolo, del 1893 egli esprime con toni Futuristici il suo bisogno di una ‘rapida comunicazione con la folla sconosciuta’, preferibilmente in una grande città, dove ‘mettere la propria anima in contatto con l’anima collettiva per sentirne la tendenza oscura ma inarrestabile’. La moltitudine si dimostra ai suoi occhi più adatta della borghesia ad accogliere il ‘nuovo Rinascimento’. Per la sua attenzione allo spirito pubblico egli viene considerato come un precursore della comunicazione di massa. Tra le sue doti di mediatore culturale della società dei consumi vi è quella di inventore di nuovi nomi di grandi successo (es vittoria mutilata, tramezzino). Il più delle volte queste sono calchi tratti dal latino o da etimologie antiche (es velivolo, La Rinascente). -Il romanzo come opera d’arte totale → egli considera l’arte come una continuazione e elevazione dell’esistenza, che assume un valore assoluto e sacrale. La forma più adatta ad esprimere questa continuità vitale è il romanzo. Egli espone i principi che dovrebbero guidare una struttura narrativa ideale, la prosa moderna, che deve avere la musicalità di una poesia, essere capace di armonizzare la varietà della conoscenza e del mistero, di continuare la natura. L’opera assoluta, capace di comprendere e sublimare l’intera esistenza sollecitando nuove e diverse facoltà dei sensi, si sviluppa nel segno del compositore Richard Wagner e della sua idea di opera d’arte totale. Wagner, con la rottura dei confini tra le varie arti chiamate a comunicare tra loro sotto la guida della musica, mirava a promuovere un coinvolgimento dei sensi in un’unica esperienza totalizzante che portasse a una rigenerazione radicale della società. Su questo modello d’Annunzio aspira ad attuare l’opera d’arte totale prima di tutto nel teatro, con una cura maniacale della messa in scena in cui ci doveva essere anche la danza. L’esperienza totalizzante implica per il poeta l’identificazione assoluta tra arte e vita: poiché solo l’arte può conferire superiorità all’esistenza, è la vita stessa dell’autore ad assumere l’aspetto di un’opera d’arte. I personaggi di d’Annunzio si configurano come proiezioni dell’autore, dalla sua ambizione di superare i limiti della propria esistenza attraverso l’arte. Nei romanzi di d’Annunzio sia l’uomo che il personaggio sono frutto di una continua costruzione del proposito di superare se stesso. -L’artefice della lingua → egli dimostra una padronanza dello strumento espressivo e una proprietà tecnica che lo portano a confrontarsi da vicino con Carducci. Il vate rivendica a sé il ruolo di artefice della lingua, che ha il compito di operare il ricongiungimento tra passato augusto e modernità. Le parole sono sacre e vanno preservate nella loro unicità: ‘sono simboli che rivelano il loro splendore solo all’artefice che sappia scrutarne le origini’. Dunque la lingua italiana non deve essere inventata, ma riscoperta in tutta la sua infinita ricchezza, riportando alla luce i suoi tesori accumulati nei secoli. La modernità non coincide con l’invenzione di nuove parole, ma con l’armonizzazione e combinazione nuova di elementi caduti in disuso e che l’artefice deve riattivare. Egli, insofferente delle scelte lessicali dei letterati contemporanei, si fa difensore e promotore della lingua italiana che, rampollata dal denso tronco latino, non ha nulla da invidiare alle altre lingue europee. Inoltre il poeta ha il compito di recuperare il potere arcaico della parola creatrice, riportando alla luce espressioni arcaiche che accomunano il poeta a tutti gli esseri viventi. Es nella Sera Fiesolana si incarica di svelare attraverso il potere magico della parola i segreti che la natura custodisce nel silenzio. -L’officina del poeta → egli trae la sua perizia linguistica dal contatto con alcuni eruditi di fama che gli forniscono interi repertori di parole rare e preziose; non da un lavoro di filologo. Egli rielabora e contamina tra di loro termini tratti da lessici speciali o ricavati da guide, manuali. Con il suo ricco vocabolario falso-antico egli ambisce a creare un linguaggio che stabilisca un rapporto analogico, fuori dal tempo, con la realtà. Il critico Mengaldo sottolinea come il suo sperimentalismo di organismi classici si riveli inattuale. Anche la letteratura francese ha influito nel repertorio lessicale dannunziano, tanto che egli ha subito l’accusa di plagio, appropriandosi di temi, espressioni naturaliste, parnassiane, simboliste (Flaubert, Baudelaire, Verlaine…), poi adattandoli alla tradizione letteraria italiana. Con la traduzione (francese) delle sue opere, egli affina le sue competenze linguistiche e lamenta l’assenza di un registro medio della lingua italiana, che ha il difetto di essere dialettale o artificiosa. -Gli influssi dannunziani sulla lingua poetica del 900→ Il critico Mengaldo studia il saggio ‘d’Annunzio e la lingua poetica del Novecento’ e gli influssi sulla poesia successiva, sottolineando come, sul piano linguistico e formale, molti di loro attingono alle novità sintattiche, lessicali, metriche e ritmiche che il mediatore della poesia simbolista ha diffuso in Italia. Dai futuristi ai crepuscolari, dai poeti della Voce e della Ronda fino a Montale e Ungaretti traggono numerose scelte formali, come sostantivi derivati da verbi con suffisso |io| o prefisso |in|, frasi prive di verbi coordinate dalla paratassi, l’uso di analogie esplicite o implicite, assonanze, il procedimento sinestetico. IL PIACERE -L’esteta dannunziano → Il Piacere (1889) è il 1o romanzo del poeta. Il protagonista Andrea Sperelli è un giovane aristocratico colto e raffinato che discende da una famiglia di artisti. Percorso da un senso di inquietudine e inadeguatezza rispetto all’epoca moderna volgare dei borghesi che egli disprezza, Andrea si isola nel culto di una bellezza raffinata e artificiosa con uno stile di vita eccezionale. Egli considera l’aristocrazia non solo uno stato sociale, ma una condizione interiore di elevazione spirituale e ideologica. È diviso tra due figure femminili antitetiche: la fatale Elena Muti, che incarna la passione erotica e quindi Elena di troia, e Maria Ferres, donna pura che rappresenta l’amore spirituale sotto il segno dell’arte e rimanda alla Vergine. Maria è una sorta di doppio femminile angelico che Andrea tenta di sovrapporre a Elena, a cui lo lega una passione tormentata. La sua aspirazione a sostituire un amore con un altro rivela il suo carattere illusorio: all’ultimo appuntamento amoroso con Maria, egli la chiama Elena provocando la fuga della donna. La scena finale ha un valore simbolico: dopo aver comprato all’asta uno dei mobili che Maria ha lasciato dietro di sé, Andrea torna nell’appartamento in cui la donna aveva vissuto, dove le stanze vuote attraversate dai facchini rappresentano un universo ormai desolato e volgare. Andrea fugge per le vie di Roma e quando torna al suo palazzo trova i facchini vocianti che, trasportando l’armadio di Maria su per le scale, rallentano la sua salita. L’esteta appare in definitiva sconfitto, ostacolato persino nella sua volontà di ritirarsi nel proprio appartamento e costretto a rallentare per adeguarsi ad un mondo che non ha saputo domare. La lenta ascesa dell’armadio è paragonabile a quella di una bara che introduce nella casa di Andrea il cadavere della Donna Ideale da lui immaginata come fusione di Elena e Maria. Andrea rappresenta in parte l’alter ego di d’Annunzio, che nutre nei confronti del suo personaggio un sentimento duplice= ammirazione e coscienza critica: affascinato dal suo gusto raffinato e la sua diversità, l’autore sa che un tale esteta si rivela in definitiva inadatto a opporsi efficace alla società borghese. I caratteri tipici dell’estetismo nel romanzo alla sindrome nevrotica del protagonista e al suo dilettantismo. -I modelli del Piacere → da un lato, l’evidente ambizione di ricostruire un preciso ambiente sociale (esperienza dell’autore) indica che il superamento del Verismo non è ancora del tutto avvenuto. Dall’altro, il romanzo è dominato dall’introspezione psicologica dei personaggi e dai loro processi interiori (esperienza autore anche in questo caso, lettere con Barbara Leoni). Negli anni in cui scrive l’opera egli afferma la sua attenzione al mondo interiore dei personaggi. Nell’articolo ‘L’ultimo romanzo’ pubblicato sulla Tribuna prima dell’uscita del Piacere, egli parla di agonia del romanzo naturalista, acquisendo considerazioni di Paul Bourget sul rapporto tra l’estrema raffinatezza del gusto e alcune malattie della sensibilità nervosa che caratterizzano un certo tipo di intellettuale, definito ‘fascio di fenomeni che si creano e si disfano continuamente’. Per d’Annunzio la narrativa postnaturalista deve mettere in contatto l’analisi psicologica dei personaggi e la descrizione dei luoghi e degli avvenimenti. Il romanzo è caratterizzato formalmente da una fitta trama di corrispondenze simboliche che, come sottolinea il critico Squarotti, sono tutte opposte. La tendenza a trasfigurare gli oggetti in simboli viene definita come il riflesso dell’eccezionale sensibilità introspettiva del protagonista. La lingua è aulica, influenzata da Baudelaire e dalle suggestioni sinestetiche simboliste. Per tematiche e modalità espressive il romanzo si colloca sulla linea dell’Estetismo, condividendone un tipo di eroe decadente, cultore di piacere, bellezza raffinata, arti figurativa contro l’Impressionismo, e spregiatore della società borghese democratica. LE LAUDI -La celebrazione della natura e della vita: Il suo progetto lirico iniziale doveva essere paragonabile ai cicli romanzeschi incompiuti ‘della rosa’, ‘del giglio’ e ‘del melograno’. Le ‘Laudi del cielo della terra del mare e degli eroi’ si sarebbero dovute articolare in 7 libri chiamati con il nome delle stelle più luminose delle Pleiadi: -Una raffinata partitura musicale → la poesia ha un ritmo ampio e solenne che si estende come in una lunga frase musicale. Nelle prime due strofe il discorso poetica fluisce senza pause e quasi senza punteggiatura. Nella terza strofa (v38) c’è una pausa che riavvia il discorso. Le immagini affiorano realistiche e si perdono nel tessuto delle analogie, talora combinate con una sinestesia (vv1-2) e delle metafore. Il testo procede per espansioni successive affidate alle proposizioni relative, temporali, causali, o a diversi complementi (luogo). I campi lessicali dominanti ricalcano il passaggio dai dati concreti a quelli emotivi. Le parole, perlopiù aggregate per il loro valore fonico ed evocativo, diventano puro suono conferendo al testo un carattere quasi cantabile. La musicalità della poesia è affidata inoltre ad una modulazione di suoni, silenzi, echi, rime, assonanze interne e allitterazioni onomatopeiche. LA PIOGGIA NEL PINETO Alcyone -La data di composizione è sconosciuta ma si pensa che la lirica risalga all’estate ‘alcionia’ nel Casentino nel 1902, in compagnia di Eleonora Duse. -quadro descrittivo → L’artista Mimmo Paladino ha descritto la poesia in maniera astratta: il dipinto è composto da un rettangolo diviso al suo interno in forme geometriche di diversi colori, tra i quali domina l’azzurro; dal rettangolo si dipartono lunghi fili azzurri. La scelta è singolare ed evocativa: l’attenzione è rivolta al momento in cui il paesaggio è talmente satura di pioggia che le gocce lo attraversano al di sotto. Il reale è ridotto a qualche sagoma incerta di diverso colore: cilindro verde= alberi della pineta, la sua base giallo-arancione = cespuglio di ginestre fulgenti. Un triangolo rosa ricorda due esseri umani trasfigurati. -Mentre il poeta passeggia con la sua donna lungo il litorale francheggiato da pinete vengono sorpresi da un temporale estivo. Il poeta invita la donna ad ascoltare il rumore della pioggia, prima rada poi sempre più fitta, che produce una gamma di suoni variano per tipo e densità del fogliame su cui cade. Al rumore della pioggia si accordano il canto delle cicale e in lontananza il gracidare di una rana. Il poeta e la sua donna, chiamata Ermione, vagano senza meta per il bosco, bagnati e inebriati dalla pioggia fino a farsi penetrare dalla fresca vita degli alberi risvegliati dalla pioggia e perdono la condizione umana per assimilarsi con corpo e mente alla natura. -Una vasta sinfonia di suoni naturali → Due motivi principali: mimetico e naturalistico= descrizione pioggia e vasta sinfonia di suoni che produce insieme al bosco; panico e magico= metamorfosi umana. Il primo motivo è svolto sull’alternanza di rumori, silenzi, echi che si sovrappongono, voci vicine e lontane delle natura risvegliata dalla pioggia. Al centro della scena si impone l’assoluta capacità di ascolto del poeta, che condivide con l’amica. L’apostrofe iniziale corrisponde all’ordine imposto ad Ermione perché si predisponga ad accogliere il linguaggio arcano della natura. Poi seguono ripetuti inviti all’ascolto. L’io poetico afferma così il suo ruolo di guida nell’universo sonoro della natura. Nella 1a strofa tutti i sensi sono coinvolti nel risveglio della natura – tatto vista odorato – , dalla 2a si impone l’udito: come un sapiente direttore d’orchestra la pioggia trasforma ciascun albero in uno strumento musicale, traendo da ognuno un suono diverso a secondo della pianta che bagna. La sinfonia crescente della pioggia intona note diverse, prima leggere, poi cupe, fino a sovrastare altre voci/canti: prima il coro delle cicale resiste poi cede; lo scrosciare dell’intenso temporale sovrasta il rumore del mare; la sua umidità risveglia la rana che gracida sempre di più. -La metamorfosi panica: dalla dimensione umana alla vita vegetale → il motivo della metamorfosi panica si intreccia a quello naturalistico. I due amanti abbandonano progressivamente la loro dimensione umana per accogliere in sé la natura/tutto, immedesimandosi nel suo mondo esclusivamente fisico. La trasfigurazione si compie principalmente attraverso la mediazione della pioggia, che bagna e purifica tutto, e il profumo, che transita dalle bacche dei ginepri ai capelli di Ermione per impregnare l’esistenza dei due amanti nella sua totalità. Il tema della metamorfosi si intravede già dalla prima strofa, dove il cadere della pioggia trapassa dai vegetali del bosco ai volti dei due amanti, che appaiono già partecipi delle vita vegetale. Nella 2a strofa viene assunta come definitivo abbandono di sé all’intima sostanza della selva. Le comparazioni che seguono attestano l’avvenuta trasformazione-impregnazione: il volto di Ermione si trasfigura inzuppandosi d’acqua come una foglia, mentre i suoi capelli assorbono il profumo delle ginestre. Il motivo viene ripreso nella 3a strofa, dove il volto di Ermione appare abbozzato da qualche tocco di colore, come le ciglia nere, il verde della nuova linfa che irriga il suo sangue. La catena di comparazioni trasforma inoltre la metamorfosi in una sorta di estasi panica che accomuna i due, il loro cuore, occhi, denti. Infine essi appaiono assimilati e trasfigurati dalla vita arborea. -Indeterminatezza dei luoghi e illusione dei sentimenti → all’evocazione di vaghe indistinte lontananze corrisponde l’incerto itinerario dei due amanti, che assume la cadenza ritmata dei ritornelli di favole/canzoni popolari. Sul piano metaforico, l’indeterminatezza riflette la precarietà della loro storia d’amore che, dietro l’aspetto apparente di una bella favola felice, li unisce e separa in un gioco di inganni. -Una lingua a ritmo di danza → La lirica presenta una sintassi lineare ma articolata in frasi brevi, perlopiù introdotte dalla ripetizione dello stesso termine (Pioggia; e; su) che rilancia il discorso in modo paratattico e conferisce alle strofe lunghe il ritmo cadenzato di una danza. Le rime baciate/identiche/interne arricchiscono la musicalità della lirica, talvolta creando veri e propri bisticci. Ci sono numerosi effetti fonici finalizzati a imitare il rumore del temporale: i termini onomatopeici e la ripetizione di |su| evocano l’ostinato ticchettio della pioggia. La funzione mimetica è svolta dal ritmo che, per imitare l’intermittenza del canto delle cicale, procede a strappi segnati da riprese e virgole. La lirica è impreziosita da figure retoriche che rimandano a una sorta di simmetria o circolarità. I PASTORI Alcyone -La data di composizione della poesia, che appartiene all’ultima sezione ‘Sogni di terre lontane’ di Alcyone, è sconosciuta ma risale probabilmente all’autunno 1903. -È settembre; il poeta è lontano da casa e pensa ai pastori della sua terra d’Abruzzo che in quel mese dell’anno lasciano i pascoli dell’Appennino per scendere con le loro greggi in pianura dove trascorreranno l’inverno. Il poeta, che si sente esule come loro, li immagina mentre si preparano a partire, mentre sono in viaggio sugli antichi sentieri, mentre con le greggi percorrono la spiaggia lungo il mare, ed è colto da un forte desiderio di essere lì insieme con loro. -Il ricongiungimento nel presente eterno di un rito → La poesia nasce da uno stato d’animo commosso e malinconico: alle soglie dell’autunno, l’estate alcionia sta per finire e i suoi miti, trasfigurazioni paniche, colori intensi lasciano il posto a toni più smorzati, nostalgici. Dalla Versilia in cui si trova a fine estate, il poeta è colto dall’intenso desiderio di ricongiungersi attraverso il sogno e la memoria di un passato che gli pare ormai perduto. Fin dal primo verso vi è una sovrapposizione tra il presente del poeta e il presente eterno del rito della transumanza. L’avverbio di tempo |ora| scandisce le varie tappe della migrazione stagionale delle greggi che il poeta rivive con partecipazione in questo tempo condiviso che azzera la distanza tra lui e i pastori. La rievocazione dell’eterna e identica vicenda dei pastori coincide con un’esigenza di evasione dalla realtà. -Una fratellanza nel segno dell’esilio → La fuga verso un tempo eterno e una felicità intangibile è solo un sogno che dura qualche attimo. La speciale veggenza del poeta conduce alla consapevolezza di un impossibile ricongiungimento: l’immedesimazione coi pastori indica una malinconica fratellanza spirituale nel segno dell’esilio. Il sospiro di rimpianto che chiude il componimento sigilla la dolorosa e irreparabile separazione dei destini. -Il ritmo solenne e lento di una migrazione → la struttura sintattica è dominata dalla paratassi. Il lessico appare dominato da un gusto realistico. La descrizione è ricca di notazioni visive e coloristiche, e di impressioni uditive. Nonostante la semplicità del componimento, ci sono figure retoriche: comparazioni, metafore, metonimie, anastrofi. L’ONDA Scritta nel 1902 quando era in Toscana con la Duse. È espressione del virtuosismo poetico di d’annunzio. Viene riprodotto il fenomeno visivo e acustico delle onde. Ci sono molti vocaboli tecnici presi dal “vocabolario marino e militare” di A. Guglielmotti. Il poeta era attratto da termini che non fanno parte del linguaggio comune, perché più rari ed evocativi. Forse tenne in considerazione la sinfonia del mare di Claude Debussy, che venne pubblicata con una copertina su cui era disegnata un’onda. La poesia è una prova della maestria del poeta nel fonosimbolismo: con le parole descrive il suono di rifrangersi dell'onda del mare e fa anche una metafora sulla sua arte poetica. METRO - una sola strofa lunga dannunziana, anisosillabismo (= tutti versi corti di lunghezze diverse). Frequenza maggiore di rime baciate ma troviamo anche rime interne, rime ricche e assonanze. Raggiunge il risultato del suono delle onde con vari artifici: la sintassi veloci (frasi corte) il verso frantumato che rappresenta le onde che si susseguono rapide; la coordinazione per asindeto dei predicati che sono collegati da virgole; le rime, le allitterazioni e le onomatopee. La poesia è divisa in tre parti: Si descrive fisicamente l'onda (aspetto estetico + interazione tra onda e vento), è un fenomeno dinamico. Spiega che la forza del vento rompe la superficie marina e fa nascere un'onda che però è fiacca e si perde subito. Ci sono varie similitudini: il fiocco di schiuma sulla cima dell’onda prima viene paragonato ad un agnello su un pascolo e poi alla criniera di un cavallo bianco. La penetrazione di tutti gli elementi della natura rappresenta il panismo. Vengono nominati i crisopazzi (pietre dure di colore verde mela) e i berilli (pietre dure di colore verde), rappresentano il gusto decadente per le cose preziose e sono anche un esempio di parole specifiche. Prevale la sonorità dell'onda (effetto acustico). Ci sono cinque predicati allitteranti che tutti iniziano con la S e che ricreano il rumore dell'onda (sciacqua, sciaborda, scroscia, schiocca, schianta). L'onda si antropomorfizza perché ride e canta, è una creatura viva che assume aspetti umani, è un qualcosa che si rinnova sempre ma è molto fugace (elemento della precarietà del tutto). Troviamo la figura mitologica ARETUSA, viene nominata da Ovidio nelle metamorfosi, è una ninfa dei boschi che una volta si era immersa in una fonte nuda e l'aveva vista Alfeo che si era innamorato di lei, ma lei scappa perché aveva fatto un voto di castità ad Artemide, viene trasformata in una fonte e Alfeo per pietà viene trasformato in un fiume da Venere. La presenza di Aretusa è strana ma si giustifica perché era presente anche nella lirica precedente (ippocampo) dove era protagonista questo dimostra che c'è una continuità tra i componimenti. Nella poesia precedente era raffigurata mentre dava da mangiare un cavallo. In questa poesia è detta rapace. Perché viene rappresentata come una ladruncola che ha rubato dei frutti e gli ha messi nella veste però quando sente la melodia del mare si dimentica dei frutti. Gli ultimi tre versi rappresentano il finale e sono inaspettati perché c'è un'invocazione alla musa e un elogio alle strofe del poeta (finale celebrativo). L'onda è una metafora per la sua poesia, l'onda è bella e duttile come la sua poesia, questo vuol dire che lui è bravo. Esempi di parole ricercate: catafratto (soldato corazzato dell'esercito bizantino) o cuora (lo strato melmoso dei fiumi ma nel caso del mare è il fondale sabbioso). Lungo l’Affrico nella sera di Giugno dopo la pioggia Poesia che si trova dopo la sera fiesolana (terza) Si trova nel periodo di Giugno (c’è il commiato della primavera) Ha un titolo articolato che si contrappone a quelli usati da Pascoli che erano + sintetici l’Affrico è un torrente che passa tra Fiesole e Firenze Questa poesia fu composta nella villa di Settignano nel 1902 METRO - 4 strofe con con 2 gruppi di endecasillabi, 1 settenario, 2 endecasillabi e un quinario (che rima con ultimo endecasillabo - vv. 18-20); c’è un linguaggio evocativo. TEMA - parla di una giornata di pioggia di giugno, dove c’è un cambiamento costante e ci sono
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