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Riassunti seconda parte letteratura latina, Sintesi del corso di Lingua Latina

Sintesi seconda parte letteratura latina

Tipologia: Sintesi del corso

2018/2019
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Maria97471
Maria97471 🇮🇹

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Scarica Riassunti seconda parte letteratura latina e più Sintesi del corso in PDF di Lingua Latina solo su Docsity! La prima età imperiale Cultura e spettacolo: la letteratura della prima età imperiale La fine del mecenatismo Seconda generazione augustea minore gratitudine verso il principe, manifesta disaffezione per la letteratura che aveva prestato al programma di restaurazione morale e politica appoggio e sostegno (vedi Ovidio). Con la morte di Mecenate e la sua opera di mediazione cultura/potere, si genera una crisi già manifesta con Tiberio: amante della poesia alessandrina e leggera, non si pone il problema di organizzare un programma di egemonia culturale di fronte al rinvigorirsi di una storiografia contraria al principato e innestata sulla tradizione repubblicana dell’élite senatoria che comporta l’ostilità verso la dinastia giulio-claudia destinata a diffondersi fino a Svetonio e Tacito. Claudio: Stessa situazione; erudito che scrisse sia in latino che in greco (storia: dalla morte di Cesare sorvolando sulle guerre civili e dilungandosi sul principato di Augusto; scritto in difesa di Cicerone; scritto di grammatica). Nerone: imperatore istrione e poeta, amante del genere epico di soggetto troiano; negli anni iniziali del suo principato, ispirati alla guida di Seneca, tenta un recupero del consenso del senato e una ripresa del mecenatismo promuovendo le attività artistiche Neronia: certame poetico pubblico, gara quinquennale di canto, musica, poesia e oratoria; breve stagione classicistica mirante a una rifioritura letteraria (solo modesti prodotti: es Iliade latina; poesia bucolica di Calpurnio siculo); forte l’influenza di Virgilio: perfezione formale e portavoce dei valori dell’età augustea. Il carattere pubblico delle manifestazioni culturali risponde alle esigenze di riconoscimento e legittimazione di tendenze ampiamente diffuse fra le masse popolari (e quindi pericolose per la stabilità sociale dell’aristocrazia senatoria, che vede in Nerone un nemico della tradizione romana) Nerone ottiene consenso e favore. Principato dei Flavi: continua la diffusine degli agoni poetici pubblici. Cambiamento rispetto a Nerone: programma di restaurazione morale e civile che si avvale del favore ottenuto per aver riportato pace e concordia dopo la fine dell’odiata dinastia giulio-claudia ripresa di poesia epica (modello: Virgilio); in prosa Cicerone è modello di maniera stilistica ma anche di educazione fondata sulla retorica (Vespasiano: istituzione delle prime cattedre statali di retorica: alla disciplina è affidata la formazione del ceto dirigente e dei funzionari imperiali). Restano comunque forti le tracce del gusto impostosi nel corso del I secolo e non si ha la ripresa organica del mecenatismo, auspicata dai poeti del tempo. Letteratura e teatro Necessità di rivolgersi al teatro per ottenere maggiori proventi dal lavoro letterario. Fortuna della pantomima: rappresentazione teatrale, introdotta a Roma forse sotto Augusto, spesso intensamente drammatica,in cui un attore cantava, accompagnato dalla musica, il testo del libretto (fabula saltica), mentre un secondo attore dal volto mascherato mimava la vicenda con i movimenti del corpo e delle mani. Le testimonianze indirette (no documentazione diretta) riportano notizie significative sull’enorme popolarità degli attori e il successo del genere presso il popolo (insieme a mimo e atellana) per tutto il I secolo dell’impero e oltre. Di fronte a un successo così rilevante (con cui non può competere il tentativo di recupero del grande teatro tragico destinato ad un pubblico colto e ideologicamente ristretto) si inserisce la tendenza della letteratura ad assimilarsi, entro certi limiti, a una forma di spettacolo. Seneca il vecchio e le declamazioni Seneca il Vecchio: nasce a Cordova (Spagna) attorno al 50 a.C., di estrazione equestre; vive probabilmente fino a vedere il regno di Caligola ma la sua morte è sicuramente superiore all’esilio del figlio (Seneca filosofo) nel 41 d.C. L’opera che lo rende noto, Oratorum et rhetorum sententiae divisiones colores, testimonia il mutamento dell’attività retorica a Roma dovuto all’avvento del principato e alla progressiva scomparsa della libertà politica viene meno la funzione civile della retorica che si immiserisce in futili esercitazioni diffuse nelle scuole di retorica, le declamationes: basate su argomenti fittizi e romanzeschi, erano volte a impressionare gli ascoltatori, costituiti dagli studenti delle scuole o da un pubblico generico (tra cui anche personaggi di spicco). Seneca illustra i due tipi di esercizi più in voga: Controversiae (rimangono cinque libri su dieci), dibattimenti di cause fittizie sulla base del diritto romano, greco o anche di legislazioni immaginarie; Suasoriae (ne rimangono sette in un unico libro), tentativi di orientare l’azione di un personaggio famoso, della storia o del mito, in una situazione incerta. Lo scopo era stupire l’ascoltatore manierismo che si avvale di colores (manipolazione di una situazione o di un concetto capace di presentare un caso sotto l’aspetto più imprevedibile); ricerca dell’effetto; stile brillante e prezioso; artifici dell’asianesimo: accumulo di figure retoriche, espressione epigrammatica, cura del ritmo del periodo. Le recitazioni o la lettura come pubblico spettacolo Recitationes: forma di pubblico intrattenimento introdotto da Asinio Pollione che prevedeva la lettura di brani letterari a opera dell’autore davanti a un pubblico di invitati. Il mutamento di destinazione sociale dell’opera comporta una trasformazione dei suoi caratteri formali: bene di consumo per sale pubbliche, la letteratura tende ad acquisire tratti teatrali, spettacolari. Il pubblico di condizione non sempre elevata implica una “volgarizzazione” del prodotto letterario. Letterato: prestigiatore della parola sempre alla ricerca dell’effetto. Le opere del nuovo gusto tendono a costruire “pezzi di bravura” che comportano un’autonomia delle parti a scapito dell’organicità e dell’economia generale dell’opera. Età della retorica: l’abuso dei suoi artifici nel I secolo documenta la funzione della disciplina come filtro unificante del gusto. La letteratura argentea (così chiamata per indicare il declino rispetto a quella augustea) è caratterizzata da una componente di reazione anticlassica sul piano dei contenuti (preferiti temi e soggetti esotici, insoliti) e su quello formale (tinte espressionistiche, toni cupi e patetici, esasperazione della tensione espressiva) manierismo stilistico. La letteratura della prima età imperiale rivela il disagio di una realtà sociale e culturale che vede mutare i propri orizzonti e valori e che non sa più trovare espressione nelle forme oggettive di un’arte classica. Autori: 1. Lucio Anneo Seneca Vita: nasce a Cordova (Spagna) intorno al 4 a.C. da famiglia equestre. Viene educato a Roma nelle scuole retoriche, in vista della carriera politica, e filosofiche. Nel 31 inizia a Roma l’attività forense e la carriera politica cospicuo successo. Sotto Claudio relegazione in Corsica (con l’accusa di coinvolgimento nell’adulterio di Giulia Livilla, sorella di Caligola e figlia minore di Germanico) dal 41 al 49, quando Agrippina convince Claudio a richiamarlo a Roma, rendendolo educatore del figlio Nerone. In questo ruolo di educatore (affiancato da Afranio Burro) resse di fatto lo stato: periodo del buon governo di Nerone che progressivamente si deteriora 62: morte di Burro e Nerone influenzato da Poppea; Seneca si ritira a vita privata. Inviso e sospetto a Nerone e a Tigellino (prefetto del pretorio), Seneca è condannato a morte da Nerone e si suicida nel 65. Opere: quelle di carattere filosofico occupano lo spazio maggiore e furono raccolte, dopo la morte di Seneca, in dodici libri di Dialogi (non sempre sono in forma dialogica); sono trattati, anche brevi, su etica e questioni psicologiche (elenco pg341-342). Naturales quaestiones: 7 libri di carattere scientifico; 9 tragedie cothurnatae di argomento greco (pg342) e il Ludus de morte Claudii (o Apokolokyntosis), satira menippea sull’apoteosi dell’imperatore. Opere perdute: biografia del padre, numerose orazioni, trattati di carattere fisico, geografico, etnografico, altre opere filosofiche. Molte opere sicuramente spurie (corrispondenza fra Seneca e S. Paolo che ha contribuito a renderlo celebre nel Meidoevo) o di dubbia attribuzione (epigrammi). I Dialogi e la saggezza stoica augustea nell’età giulio-claudia e nella prima età flavia, il teatro tragico è la forma letteraria più idonea ad esprimere l’opposizione senatoria al regime (nella tragedia latina, come in quella greca classica, è forte l’ispirazione repubblicana e l’esecrazione della tirannide) e i tragediografi sono tutti personaggi di rilievo nella vita pubblica romana sotto Tiberio: Mamerco Scauro, oratore. Sotto Claudio: Pomponio Secondo, console: tragedie di argomento greco e una praetexta “Aeneas”. Sotto Vespasiano: Curiazio Materno, oratore, delle cui tragedie conosciamo vari titoli fra cui quelli di due praetextae: “Cato” e “Domitius”. Sulla base di peculiarità stilistiche e della destinazione della letteratura tragica in età già anteriore a Seneca, l’ipotesi prevalente è che le sue tragedie fossero destinate prevalentemente alla lettura, il che non esclude che potevano anche essere messe in scena (alcuni elementi, come la macchinosità o la truce spettacolarità di alcune scene, sembrano presupporre una rappresentazione scenica). Le vicende tragiche si configurano come conflitti tra tendenze opposte, tra mens bona e furor (ragione e passione) e ripropongono temi rilevanti delle opere filosofiche si è supposto che le tragedie fossero la rappresentazione di exempla tratti dal mito della dottrina stoica. Tuttavia nelle tragedie rimane troppo accentuata la matrice letteraria e il logos stoico che domina l’universo non riesce ad arginare il dilagare delle passioni e del male: le forze maligne investono la psiche umana (scandagliata profondamente anche attraverso monologhi) ma anche il mondo intero (concepito stoicamente come unità fisica e morale), conferendo al conflitto fra bene e male una portata universale. Es figura del tiranno bramoso di potere tormenatato dalla paura e dall’angoscia. Verso i modelli greci delle sue tragedie (quasi tutti pervenuti), Seneca instaura un rapporto di maggiore autonomia rispetto ai tragici latini arcaici (dopo l’età augustea i prodotti latini non emulano ma si pongono alla pari dei corrispettivi greci) presupponendo, però, un continuo rapporto col modello, sottoposto a contaminazione, ristrutturazione, razionalizzazione. Linguaggio poetico: ha la sua base nella poesia augustea (Ovidio, metri lirici oraziani negli intermezzi corali, utilizzo del senario simile al trimetro giambico greco e oraziano); tracce della tragedia latina arcaica: ricerca di pathos, cumulo espressivo (mediato dal filtro augusteo), frase sentenziosa; gusto retorico del tempo: alimenta la tendenza alle sententiae, frammentazione dei dialoghi in serrate corresponsioni, ricerca della brevitas asiana presente nell’enfasi declamatoria, nello sfoggio di grecismi ed erudizione, tinte fosche e macabre, nella tensione drammatica ottenuta anche con ekphrasìs che si alternano ai tempi dello sviluppo scenico, isolando quadri estraniati dal contesto della dinamica teatrale (questi pezzi di bravura erano probabilmente letti nelle sale). Ritenuta non autentica l’Octavia (pg353 trama), nonostante le notevoli affinità stilistiche, perché figura Seneca stesso tra i personaggi e perché la narrazione della morte di Nerone (successiva di tre anni a quella di Seneca) è raccontata troppo conformemente alla realtà per non far sospettare che la profezia fosse ex ventu. L’Apokolokyntosis Titoli latini: Ludus de morte Claudii, Divi Claudii apotheosis per saturam. Titolo greco: Apokolokyntosis, presuppone un riferimento a kolòkynta, la zucca, forse come emblema della stupidità e, secondo Dione, sarebbe la parodia della divinizzazione di Claudio. I dubbi sulla corretta identificazione dell’opera sono del tutto fugati, anche di fatto nell’opera non c’è riferimento a nessuna zuccail titolo si deve intendere come deificazione di una zucca o di uno zuccone. Il componimento narra la morte di Claudio e la sua ascesa nell’Olimpo, pretendendo di essere assunto fra gli dei che, come tutti i mortali, lo condannano a scendere negli inferi e ad essere schiavo prima di Caligola poi del liberto Menandro, come contrappasso per chi in vita era accusato di essere nelle mani dei propri potenti liberti. L’opera rientra nel genere della satira menippea: alterna prosa e versi di vario tipo, singolare impasto linguistico e stilistico che accosta i toni piani delle parti prosastiche a quelli parodicamente solenni delle parti metriche, colloquiali coloriture talvotla volgari, citazioni di versi greci già sfruttati da una lunga tradizione comica greca (effetto farsesco). Altri brani sono parodie di generi letterari di moda, come epica e tragedia (autoparodia: allusioni all’Hercules furens in senari giambici). Gli Epigrammi Alcune decine di epigrammi in distici elegiaci tramandati in un codice del IX secolo: anonimi; tre di essi in un altro codice sono attribuiti a Seneca, attribuzione estesa a tutti gli epigrammi anche se difficilmente sostenibile il livello è decoroso ma non brillante. Ci sono accenni all’esilio in Corsica. La fortuna Fortuna imponente. Successo immediato, alimentato da Quintiliano e dal movimento arcaicizzante. Prestigio altissimo presso i Cristiani, nel Medioevo e oltre (a causa del falso carteggio con S. Paolo). Del XIV sec la fortuna delle tragedie, uno dei modelli del teatro italiano rinascimentale e barocco per gli effetti truci e macabri, del teatro elisabettiano, soprattuto Shakespeare, e teatro francese (Corneille, Racine, Voltaire) e su quello romantico tedesco. Romanticismo: in Italia soprattutto Alfieri, nella sua violenta polemica antitirannica, ne mutuò la vibrante tensione. I generi poetici nell’età giulio-claudia Tra l’inizio del principato di Tiberio e l’avvento di Nerone, si fa schiacciante l’influsso di personalità come Virgilio, Ovidio e Orazio. Mancano nuove figure di letterati e nasce la passione per generi poetici “minori”. La frammentazione delle opere e dei generi letterari sotto Tiberio, Caligola e Claudio corrisponde anche a un declino della produzione di una letteratura “nazionale” (com’era nelle intenzioni di Augusto). La poesia minore della generazione ovidiana Fra i contemporanei di Ovidio e Orazio si segnalano varie figure di poeti elegiaci di cui abbiamo testimonianze indirette e scarsi frammenti: Valgio Rufo: epigrammi, elegie ed esametri a tema bucolico; Domizio Marso: epigrammi (di cui uno famoso sulla morte di Tibullo); Emilio Macro: poesia didascalica ellenistica poemetti in esametri su uccelli (Ornithogònia), serpenti (Theriacà) ed erbe (De herbis) elaborando poeticamente temi naturalistici e scientifici, interesse in crescità nell’età imperiale; Grattio (detto Falisco): poemetto didascalico sulla caccia (Cynegetica) pervenuto incompiuto con influssi virgiliani e gusto per la digressione mitologica. La poesia astronomica: Germanico e Manilio Modello fondamentale per la poesia didascalica a Roma è Arato, poeta greco del IV-III sec a.C., i cui influssi si riconoscono in Varrone Atacino, Virgilio, Cicerone, Avieno… Almeno a partire dall’età di Cesare a Roma si diffonde l’interesse per astrologia e astronomia, intriso di filosofia e religione. Es: gli stoici attribuivano importanza al rapporto dell’uomo con il cosmo e al legame tra destino umano e leggi naturali; nella religione popolare è diffuso il concetto di predizione astrale; la fede nelle stelle è usata anche a scopo politico e propagandistico a partire da Augusto. Germanico (15 a.C.-19 d.C.): figlio adottivo di Tiberio e successore designato; divenne generale combattendo contro i germani e morì di morte misteriosa, attribuita ad un complotto; scrisse: 1)Prognostica: rielaborazione liber in esametri (frammentaria) dei Pronostici di Arato; 2)Aratea, poemetto in esametri versione dei Fenomeni di Arato sui corpi celesti; nel proemio è presente la dedica a un genitor che è sicuramente Tiberio; attenta cura formale e scorrevolezza, poco accentuati i riferimenti filosofici scrittura: occupazione di un giovane dotto che non si sente chiamato ad una missione letteraria. Manilio: biografia oscura; Astronomica: poema didascalico in 5 libri di esametri, probabilmente incompiuto (1°libro: astronomia+ descrizione del cosmo; 2°: segni zodiacali; 3°: determinazione dell’oroscopo, dodici sorti e locus Fortunae; 4°: decani dei segni zodiacali, ciascuno costituito da tre decani -unità-; 5°: segni extrazodiacali che accompagnano il moto dello zodiaco e le grandezze stellari). Il poema è il più convinto tentativo di dare dignità a questo filone di pensiero (astrologia, astronomia intrise di filosofia e religione). Manilio: sotico la struttura del poema è tutta sostenuta dalla ricerca di una ratio che muove l’universo e l’ordine della natura rispetta la gerarchia della società romana: rivelare quest’ordine significa aderire ad esso. La poesia di Manilio ha un tasso insegnativo molto più alto rispetto alla poesia didascalica neo-alessandrina Manilio, anche se alieno al materialismo atomistico, vede in Lucrezio l’unico modello possibile di un genere didascalico elevato. Gli Astronomica emulano Lucrezio nella struttura espositiva e nella disposizione della materia per libri. il suo esametri rivela, nella fluidità e regolarità, l’influsso di Ovidio, presente anche nel gusto sentimentale e “rococò” di certe digressioni mitologiche staccate dal contesto astronomico (Metamorfosi). La datazione più verosimile si pone a cavallo fra Augusto e Tiberio. Versificazione raffinata, tendenza alla brevitas, difficoltà dei temi trattati, oscurità e inesattezze rendono Manilio uno dei poeti più difficili. Sviluppi dell’epos storico La poesia epica conobbe a Roma fortuna ininterrotta ma molte opere sono per noi perdute o per un loro scarso valore letterario o per mutamenti di gusto, tantoché è per noi difficile un giudizio sulla qualità. Nel periodo tra Ennio e Virgilio il genere era rimasto nella scia stilistica di Ennio, anche s enon saranno mancati esperimenti. La nuova stagione dell’epos storico si apre con Virgilio e Ovidio: da rimpiangere la perdita del forte epos di Vario Rufo; Albinovano Pedone: tarda età augustea, emulo di Virgilio e Ovidio; frammento del suo poema sull’avventurosa spedizione di Germanico nei mari del Nord (16 d.C.): tratta un tema caro ai retori e alle scuole di declamazione è giusto che l’uomo si spinga oltre i confini naturali del suo mondo?, tema nato dalle celebrazioni delle gesta di Alessandro Magno e affrontato con stile enfatico e immaginoso, colori poetici (su tavolozza virgiliana) e notevole pathos. L’ideologia del poema si ispira allo slancio imperialistico tipico della cultura romana della prima età imperiale. Rabirio: contemporaneo di Ovidio anticipa Lucano; tratta il tema della guerra civile tra Ottaviano e Antonio e sembra avesse interessi naturalistici (aspetto tipico dell’epica di Lucano). Cornelio Severo: anch’egli contemporaneo di Ovidio e anticipatore di Lucano. Scrive un poema storico dal titolo controverso ma generalmente indicato come Res Romanae: tra gli argomenti trattati compariva certamente la morte di Cicerone e la guerra in Sicilia tra Ottaviano e Sesto Pompeo. Di gusto più arcaicizzante, è la punta estrema di un ravvicinamento fra poesia epica, oratoria e storiografia. La generazione ovidiana di poeti storici tenterà di modernizzare il genere: Lucano si riallaccia a questo filone ma il classicismo di età Flavia lo combatterà. L’Appendix Vergiliana Appendix Vergiliana: insieme di testi poetici eterogenei la cui paternità virgiliana è oggi quasi del tutto smentita (eccetto forse un paio di brevi componimenti della raccolta Catalepton). Le opere trovano posto accanto alla poesia minore del I secolo d.C. perché presuppongono Virgilio e sono intrise di stile ovidiano. Appendix: termine moderno (usato per la prima volta da Scaligero nel 1572) che deriva dalla consuetudine di stampare questi testi tutti assieme e in calce alle opere genuine di Virgilio, la cui paternità risale all’età umanistica e poggia su testimonianze variabili per numero, autorevolezza, antichità (es Culex ritenuto opera giovanile di Virgilio già dai tempi di Lucano; il Moretum è indicato come virgiliano in epoca Medioevale). L’esame stilistico delle singole opere (lessico, metrica, prosodia, allusioni) prova una datazione spesso molto più tarda dell’età augustea. Le opere non sono tutte dello stesso periodo e sono di mani diverse. Non si può dire con certezza che siano state concepite intenzionalmente come falsi virgiliani. Dirae: oepretta in esametri di invettiva sul genere dell’Ibis ovidiana e della Arài di Callimaco; sembra una variazione sul tema delle confische dei campi. Autore di eccezionale precocità artistica e notevole versatilità, con le sue opere aderisce alle direttive neroniane: Ilìacon, di soggetto troiano; Silvae e libretti per pantomime, poesia di intrattenimento ricca di spunti occasionali e di raffinata fattura. Pharsalia: risponde a tutt’altro genere e il modo in cui l’argomento è trattato sembra esaltare l’antica libertà repubblicana condannando il regime imperiale. Riassunto pg368. Lucano introduce nel genere epico novità che crearono dissensi: uso e abuso di sententiae, ordine cronachistico o annalistico, rinuncia agli interventi delle divinità… Inoltre la fedeltà scrupolosa alla fonte storica è sacrificata alle “deformazioni” della verità a fini ideologici, soprattutto per quanto riguarda Cesare, Pompeo e rispettivi sostenitori, colorando alcuni degli eventi tramandati dalle fonti o inserendone di inventati (scena di negromanzia libro VI, pg368). Oltre critiche, l’innovatrice opera di Lucano conobbe subito favore e vasti sono i richiami ad essa nella poesia epica posteriore. Lucano e Virgilio: la distruzione dei miti augustei Non è escluso che il criticato impianto cronachisto fosse proprio dell’epica storica (perduta) a carattere monografico dell’ultima età repubblicana e della prima età imperiale, alla cui conservazione spingeva l’autorità di Ennio. La Pharsalia può essere considerata una sorta di “anti-Eneide” Lucano stravolge le caratteristiche tradizionali del poema epico: le glorie dello stato si traducono in una denuncia della guerra fratricida, del sovvertimento dei valori morali, dell’avvento dell’ingiustizia. Questo problematico tentativo di apertura nasce dal confronto polemico col passato che si inserisce, per contrasto, nello sfondo della tradizione, soprattutto virgiliana sistematica confutazione del modello mediante la ripresa antifrastica e polemica delle sue affermazioni; indignatio verso il modello: Virgilio ha, con la sua opera, mistificato la fine della libertà romana e l’avvento della tirannide e Lucano vuole smascherare l’inganno. Mutamento dell’oggetto: non si tratta di rielaborare racconti mitici, ma di esporre, con sostanziale fedeltà, una storia recente e universalmente conosciuta aderendo al “vero storico”, motivo della rinuncia agli interventi divini. Sarebbe tuttavia unilaterale vedere in Lucano solo l’acceso oppositore di Virgilio: il rapporto col modello è complesso perché lo stesso Virgilio presentava elementi contraddittori e di ambiguità. L’elogio di Nerone e l’evoluzione della poetica lucanea La polemica antivirgiliana incomincia a delinearsi nei versi immediatamente successivi al proemio, dove le allusioni a Virgilio sono atteggiate con opposizione: Lucano ripropone nella sua ineludibile realtà storica la vicenda delle guerre civili, da Virgilio solo adombrata, e le sue nefaste conseguenze Nerone: compensazione per le sciagure provocate dal conflitto civile. Polemica con Virgilio: Nerone è migliore di Augusto e realizza le promesse del Giove virgiliano. L’elogio del principe non è ironico né fasullo: probabilmente il pessimismo di Lucano matura progressivamente durante la stesura del poema: infatti i primi tre libri mostrano analogie con il De Clementia e l’Apokolokyntosis di Seneca, dove si ritiene possibile la conciliazione tra principato e libertà con un ritorno alla politica filosenatoria di Augusto. Non si deve però marcare una cesura troppo netta fra un “primo” e un “secondo” Lucano: l’autore non muta giudizio sui propri personaggi Pompeo nel corso dell’opera intraprende la via verso la saggezza; Cesare è detestato fin dall’inizio. All’interno dei Pharsalia l’elogio a Nerone è una nota stridente: nello progetto stesso del poema era insita la contraddizione fra la visione radicalmente pessimistica dell’ultimo secolo di storia e le aspettative suscitate dal nuovo principe. Nel resto dell’opera Nerone non è mai più nominato. Lucano e l’anti-mito di Roma Pessimismo sempre più radicale è narrato l’anti-mito di Roma, vista nella sua inarrestabile decadenza, in polemica con il mito virgiliano dell’ascesa della città. Come l’Eneide, la Pharsalia si articola in una serie di profezie, non più sulle glorie di Roma, ma sulla rovina che l’attende. Es: Nekyomantèya, negromanzia: l’introduzione del mondo dell’oltretomba è pendant con la catabasi di Enea, come dimostra la collocazione centrale nel libro VI, proprio come nell’Eneide, di cui la Pharsalia ha la stessa estensione (12 libri). gli Inferi sono in grande agitazione: le anime degli eroi di Roma piangono per l’imminente rovina della città, esultano i populares (tra cui Catilina), antenati politici di Cesare. La scelta di Sesto Pompeo a destinatario della rivelazione, spiega che Lucano ha intenzione di collegare alla sua stirpe la rovina della città, come Virgilio aveva legato alla gens iulia il mito della sua ascesa. Inoltre Sesto Pompeo, figlio degenere e empio, è, per molti aspetti, un rovesciamento del pio Enea. I personaggi del poema La Pharsalia non ha un unico “eroe”: la vicenda ruota attorno a Cesare, Pompeo e Catone. Cesare: “eroe nero” che splende di malefica grandezza, al cui fascino sinistro l’autore stesso sembra soccombere, trionfo di quelle forze irrazionali che nell’Eneide vengono domate e sconfitte: furor, impatientia, ira. È personaggio crudele e feroce che Lucano, contro la realtà storica, priva della sua caratteristica clemenza contro i vinti. Pompeo: relativa passività; sembra affetto da senilità politica e militare: ciò ha la funzione di limitare le responsabilità di Pompe è una sorta di Enea verso cui il destino si mostra avverso anziché favorevole. È una figura tragica, l’unica che subisca un’evoluzione psicologica. Caratteristico il suo ripiegamento nella sfera del privato e degli affetti familiari (al contrario dell’atteggiamento di Cesare): è legato ai figli e soprattutto alla moglie. Abbandonato dalla Fortuna e consapevole della malvagità dei fati va incontro a una sorta di “purificazione”: la morte è l’unica via di riscatto morale. Catone: la consapevolezza della morte come riscatto morale è per Catone un possesso già acquisito. La sua ideologia riflette la stessa dell’autore. Personaggio emblema della crisi dello stoicismo tradizionale che credeva nella provvidenza divina nella storia e nel dominio della ragione nel cosmo Catone, di fronte alla malvagità del fato, non vuole aderire alla volontà del destino (o degli dei), come lo stoicismo pretendeva dal saggio. Il criterio della giustizia non è più nel volere del cielo ma nella coscienza del saggio: nella sua ribellione “titanistica” Catone si fa pari agli dei: non ha più bisogno del loro consiglio per cogliere il discrimine tra giusto e sbagliato. Si impegna nella guerra civile, pur consapevole della sconfitta: darsi la morte è l’unico modo per continuare ad affermare il diritto e la libertà. Altri personaggi: la loro caratterizzazione è determinata dall’appartenenza agli schieramenti in lotta. Pompeiani e catoniani valorosi combattenti: es Domizio Enobarbo=eroe, in contraddizione con la realtà storica (forse volontà di adulare indirettamente Nerone, suo discendente). Soldati di Cesare: legati al capo da sudditanza psicologica, sono mostri assetati di sangue. Se ne presenta atti di eroismo individuale, non manca di sottolineare l’ingiustizia della causa per cui lottano (es Sceva). Cornelia: moglie di Pompeo, esempio di assoluta fedeltà e devozione. Lo stile “Ardens et concitatus” (Quintiliano) incalzante ritmo narrativo, parole che eccedono dai confini dell’esametro, enjambement: eccezionale tensione espressiva. Gusto per pathos, sublime, manierismo, paradossi e concettosità (tumores): punti di contatto con Seneca tragico. Cerca di evitare la sinalefe, sacrificando la fluidità del verso alla sentenziosità. Straordinaria frequenza di apostrofi e interventi personali: io del poeta onnipresente e pronto a giudicare e condannare. Di rado questo stile conosce dominio e misura. L’epica tradizionale, attraverso un linguaggio complesso, aveva creato un mondo ideale i cui eroi erano i grandi personaggi della storiadi Roma, resa grande dalle loro imprese e valori etici gli eventi hanno tradito quel mondo ideale e hanno tolto credito alle forme letterarie che lo raccontavano. Lucano non rifonda il linguaggio epico ma cerca di compensare con l’ardore ideologico con cui denuncia la crisi: l’ossessiva presenza dell’ideologia politico-moralistica propugnata linguisticamente, diventa retorica nel gesto di uno stile che, per ritrovare la sua autenticità senza tradire con le parole il proprio messaggio, non può affidarsi ad un’espressione semplice e diretta ma parla ricorrendo agli schematismi enfatici del discorso retorico. Gli artifici della retorica devono compensare la perdita di credibilità in cui sono cadute le forme semplici del linguaggio epico. La fortuna Nella cultura romana conobbe rapida fortuna nonostante le polemiche letterarie, accolte dai grammatici successivi (es Frontene critia la ripetitività degli stessi concetti e la sovrabbondanza espressiva; Servio: la pharsalia è una storia e non un poema). L’opera continuò a essere letta, specialmente nelle scuole per tutta la tarda antichità. Nel Medioevo grande successo: Dante lo pone quarto fra gli spiriti magni (Orazio, Ovidio e Omero) e ne trae alcuni spunti di orrido espressionismo e di stile tragico; al Catone Lucaneo è ispirato quello che Dante e Virgilio incontrano in Purgatorio. Petrarca lo tiene presente, soprattutto nell’Africa. Tasso ne trae spunti e suggestione ma la venerazione per il modello virigliano lo faranno aderire alle polemiche dei grammatici antichi. Dopo un periodo di relativo oscuramento, la fama di Lucano torna in auge nel 700 e 800: neoclassici, romantici e alfieriani vi trovano materiali e personaggi congeniali al loro gusto (es Goethe, Faust; Foscolo, Sepolcri; Alfieri, Misogallo trae spunti libertini e antitirannici; Leopardi, spunti titanistici e antiteistici del Bruto Minore che presenta la rovina della Repubblica romana come una catastrofe universale e gli dei come protettori degli empi. Autori: 3. Petronio Vita: si tratta forse di Petronius Niger, console verso il 62 e morto suicida nel 66 d.C. per volontà di Nerone. Il cognome Arbiter sarà da attribuire alla definizione di Tacito di elegantiae arbiter. La connessione tra questi dati è però discussa. Come scrittore, Petronio è nominato poche volte e solo a partire dal III secolo. Opere: titolo: probabilmente Satyrica (o Satirica o Saturae; il titolo comune di Satyricon non è esatto, deve essere retto da Libri). Sembra formato da due grecismi: Satyri+-icus (-ikòs), suffisso di derivazione greca. Ne rimane un lunghissimo frammento che copre parte dei libri 14 e 16 e tutto il 15 che coincide verosimilmente con la “Cena di Trimalcione”. Ignoto il numero totale di libri. Non è certo che abbia scritto altre opere: l’Anthologia latina riporta frammenti poetici e carmi tramandati a suo nome e altri a lui attribuiti per ragioni stilistiche; tali frammenti erano forse parte del Satyricon. Il testo ebbe un destino complesso: fu mutilato e antologizzato in età tardo-antica, con intervento di vere e proprie interpolazioni. Pregiudizi moralistici inibirono a lungo la sua diffusione e gli preclusero la via delle scuole. Ma lo sviluppo del romanzo europeo (soprattutto sei-settecento) ne fu profondamente influenzato (es Flaubert; Joyce). Il Satyricon Autore e datazione L’opera deve essere stata composta entro la fine del II secolo d.C. Tacito, che non parla del Satyricon, ci presenta un cortigiano di Nerone da lui considerato suo elegantiae arbiter. L’identità tra il Petronio tacitiano e il Petronio Arbitro autore del Satyricon è oggi accettata dalla maggioranza degli interpreti, anche se non poggia su alcuna testimonianza che renda la renda esplicita. Petronio tacitiano: valido ed efficiente uomo politico, proconsole (in Bitinia) e poi console, spinto al suicidio nel 66 da intrighi di palazzo (nella sua lettera-testamento erano elencate e smascherate le malefatte del principe). Spregiudicatezza, acuto sguardo critico, disillusione, senso della mistificazione, aristocratica cultura letteraria, sono qualità che hanno decretato la fortuna letteraria di Petronio indipendentemente dalla sua opera. Non sappiamo se Tacito conoscesse il Satyricon: non era tenuto a citarlo nella sua severa opera storica. Qualcuno ha supposto che i codicilli, il libello-testamento con cui Petronio attaccava le turpitudini della corte, fossero da identificare con il romanzo: l’ipotesi non può essere accettata perché un testo che per cura formale e ricerca stilistica ha poco da invidiare alla grande narrativa moderna, non può essere nato ad un tratto dalla volontà di denuncia collegata al suicidio. I gusti poetici di Nerone sono stati chiamati in causa e confrontati con inserzioni presenti nel romanzo: gusto per la vita dei bassi fondi; inserzioni poetiche come La satira sotto il principato: Persio e Giovenale Persio e Giovenale, pur ricollegandosi alla poesia satirica di Lucilio e Orazio, innovano il genere nella forma e nella destinazione sociale delle opere. Le satire, rivolte formalmente a un singolo destinatario, si riferiscono a un pubblico generico. La forma del discorso non è più quella della conversazione costruttiva che, guardando i difetti umani, si disponde a sorriderne e a far sorridere, istaurando complicità con il lettore; ora all’ascoltatore è negata ogni vicinanza e possibile identificazione, e la parola del poeta satirico si pone su un piano di comunicazione alto e distaccato, lasciando spazio all’invettiva moralistica e arcigna (tratta dal rigorismo cinico-stoico). Accanto al mutamento di posizione e ruolo del poeta satirico, si intravedono segni di un nuovo gusto letterario: le spinte anticlassiche del “manierismo” nato in reazione al classicismo dell’età augustea e fiorisce nel I sec d.C. e oltre. Mutano modalità di produzione e destinazione: prima che alla lettura, la satira di Persio e Giovenale è destinata all’esecuzione orale e in pubblico e punta a colpire l’uditorio con appariscenti procedimenti retorici. Autori: 1. Aulo Persio Flacco Vita e testimonianze: nasce a Volterra da una ricca famiglia equestre nel 34 d.C. (da una vita di Valerio Probo del I sec d.C.). Fu educato a Roma nelle scuole di grammatica e retorica; Anneo Cornuto: maestro segnante che lo mise in contatto con gli ambienti dell’opposizione senatoria al regime. La filosofia lo portò a vivere una vita seria e ripiegata in studi e affetti familiari. Muore nel 62. Opere: in vita non pubblicò nulla; l’amico Cesio Basso curò l’edizione delle sue opere sottoponendole alla revisione di Cornuto (sconsigliò la pubblicazione delle opere giovanili: una Praetexta, un libro di viaggi, elogio di Arria Maggiore) che autorizzò la pubblicazione delle Satire dopo aver lievemente ritoccato la parte finale immediato succeso. Riassunto delle satire: componimento-prologo di 14 coliambi (trimetri giambici scazonti, verso dell’invettiva): polemizza aspramente contro le mode letterarie del tempo; seguono 6 componimenti satirici in esametri dattilici, metro ormai tradizionale di questo genere letterario. Riassunto pg391. Satira e stoicismo Satira: strumento idoneo a sarcasmo, invettiva ed esortazione morale, conformemente al suo spirito polemico e all’aspirazione alla verità. La scelta di questo genere, secondo la concezione stoica moralistico-pedagogica della letteratura, è ispirata da un’esigenza etica e si contrappone polemicamente alle mode letterarie del tempo, viziate da una degenerazione del gusto segno dell’indegnità morale Persio rivendica la qualifica di rusticitas che, contrapponendosi alla fatua ricercatezza della poesia alla moda, si assume il compito di aggredire le coscienze nel tentativo di redimerle. Esigenza realistica e di demistificazione della realtà: radere, defigere, revellere. Nella descrizione delle forme in cui il vizio e la corruzione si manifestano, Persio ricorre alle immagini del sesso e del corpo (legame tra malattia/vizio morale e malattia/vizio del corpo è tipico delle stoicismo) es: immagine ossessiva del ventre, centro attorno a cui ruota l’esistenza dell’uomo ed emblema della sua abiezione. Nella denuncia del vizio si riallaccia alla tradizione della satira e della diàtriba (da cui la tendenza a delineare tipi fissi), accentuandone i toni in un barocchismo macabro: celebri i suoi quadri di deformazione macabra del reale, che toccano il culmine con Giovenale. La fenomenologia del vizio è l’aspetto prevalente della satira di Persio; spazio marginale ha la fase positiva del processo di liberazione morale: indicazioni sul recte vivere tutte riconducibili alla dottrina stoica il saggio trova nell’ordine cosmico, garantito dalla divinità, il fine ultimo cui la legge naturale lo ha destinato. Il suo stoicismo non assume i caratteri dell’impegno politico, quando di un raccoglimento interiore volto a praticare il culto della virtù (analogie con l’atarassia epicurea). Dalla satira all’esame di coscienza Le Satire sono ricche di echi intertestuali prima presenza costante e unanime: sermo oraziano. Tuttavia, Orazio, nella classicità augustea, aveva mediato istanze e atteggiamenti lucreziani, volti ad un’ambizione educativa. Persio, invece, volge Lucrezio ad “antimodello”, liquidando il rapporto didattico e paritetico tra poeta e destinatario. Quindi le Satire persiane descrivono l’iter predicatorio di un maestro perennemente inascoltato. Agiscono tipi funzionali in opposizione: l’autore-docente, la massa degli stulti che lo deridono e il giovane destinatario che non accetta di farsi discepolo. Il discorso didascalico in Persio non si concede prospettive di successo, da cui l’atteggiamento aspro e aggressivo necessario per superare l’indifferenza dei miseri in preda al vizio: il poeta ostenta rudezza agreste lontana dall’urbana cordialità di Orazio. Indebolito il contatto con il destinatario, si fa spazio ad una letteratura dell’inteirorità, una sorta di monologo confessionale. L’insegnamento diventa una sorta di itinerario personale verso la filosofia esame di coscienza. Il maestro mostra, in realtà, i tratti di un giovane non puro che scorge, nei vari discepoli riluttanti, i sengo del proprio male da sanare, fino a raggiungere solitariamente gli ispiratori stoici nei Campi Elisi della sua filosofia: destinazione metaforica che ripete i tratti dell’angulus oraziano. L’asprezza dello stile Lo stile è di nota oscurità, dovuta alla tendenza a dissimulare lo sviluppo del pensiero sotto una serie di quadri che, apparentemente, si giustappongono senza connessione secondo un procedimento diatribico. Conseguenza dell’esigenza realistica e dell’espressione dell’autenticità delle cose è il linguaggio ordinario, scabro, polemicamente alieno alle sofisticazioni retoriche, strumenti di mistificazione. Tipica la iuntura acris, nesso urtante per asprezza fonica e semantica (es: frequenti ossimori). La lingua è quella quotidiana, ma lo stile si incarica di deformarla per illuminare aspetti nuovi della realtà e istituire relazioni insospettate tra le cose, soprattutto grazie all’uso audacissimo della metafora. Fra l’esigenza di naturalezza della lingua e la ricerca di audaci innovazioni espressive tende ad aprirsi uno iato e la volontà di chiarezza è contraddetta dall’oscurità dell’artificio, dall’implicito callimachismo: ciò determinato un pubblico ristretto. La proverbiale difficoltà del suo stile deriva dal suo voler essere funzionale alle istanze estetiche ed etiche della sua poesia: il rischio dell’oscurità è il prezzo da pagare a un’arte capace di bagliori accecanti. La fortuna Successo immediato; la sua fama si diffonde soprattutto fra gli apologisti e i padri della chiesa, ma anche fra i poeti e i grammatici della tarda antichità (quando fiorisce attorno al suo testo oscuro un’intensa attività di glossatori e scoliasti), restando alta nel Medioevo che ne apprezza il moralismo intransigente. Età rinascimentale: aumentano i dissensi che ne segnano il declino. Negli ultimi tempi ci si sta avviando a una valutazione più equilibrata e a una comprensione più approfondita della sua singolare poesia. Autori: 2. Decimo Giunio Giovenale Vita e testimonianze: poche notizie incerte, ricavabili da rari cenni autobiografici e da alcuni epigrammi dedicatigli da Marziale. Nasce ad Aquino (lazio) tra il 50-60 d.C. da famiglia benestante. Ebbe una buona educazione retorica ed esercitò, forse, l’avvocatura; si dedicò alle declamazioni. Sembra che cominciò l’attività poetica dopo la morte di Domiziano (96) e che continuò fino ad Adriano. Visse nella disagiata condizione di cliente, privo di autonomia economica. Morte: certamente posteriore al 125 d.C. Opere: 16 satire in esametri in 5 libri (I: 1-5; II: 6; III: 7-9; IV: 10-12; V: 13-16). La pubblicazione, o almeno la composizione, deve collocarsi fra il 100 e il 127 d.C. Riassunto delle satire: pg396. La satira “indignata” La satira è il genere obbligato per un’opera dettata dall’indignatio, musa del poeta, la cui centralità è annunciata, insieme alle ragioni della sua poetia, nella I satira. Giovenale non crede che la sua poesia possa influire sul comportamento degli uomini, prede della corruzione: la sua satira si limita a denunciare senza illusioni di riscatto. L’autore rifiuta di assimilarsi alle forme tradizionali della satira dal punto di vista delle forme del ragionamento e del giudizio morale, guidato dal sistema etico romano fondato sui topoi della diatriba cinico-stoica, dalla cui indifferenza rispetto al mondo delle cose concrete a favore della coltivazione dei beni interiori, Giovenale si discosta. L’astio sociale è una componente importante della satira “indignata” di Giovenale, rappresentante delceto medio italico. Privo di una coscienza etico-politica capace di interpretare la variabilità e mobilità del panorama sociale, Giovenale guarda a questo “spettacolo” come ad una tragedia di maschere grottesche, di fronte a cui rimane solo l’amara soddisfazione dell’invettiva. La sua furia aggressiva si accanisce soprattutto sulle figure più emblematiche della società. Bersaglio privilegiato sono le donne, emancipate e libere, scempio stesso del pudore (es satira VI, Messalina pg398). Nonostante l’avversione al suo tempo, alle ingiustizione, all’oppressione e alla miseria, il suo giudizio verso il volgo è sempre di disprezzo, tenuto lontano da velleità di solidarietà sociale dall’orgoglio intellettuale e nazionalistico contro greci e orientali adulatori e intriganti. L’unico esito a cui l’indignatio può approdare è l’idealizzazione nostalgica del passato e l’utopia arcaicizzante implicita ammissione della sua impotenza: sana moralità agricola e polemicamente opposta al corrotto presente cittadino. Marcato cambiamento di toni negli ultimi due libri: atteggiamento più distaccato mirante all’apàtheia degli stoici riflessione rassegnata di fronte all’insanabile corruzione del mondo, ma sulla facciata dell’impassibilità di aprono le crepe dell’antico furore. Lo stile satirico sublime Conformemente ai caratteri della realtà circostante, lo stile della satira, pur rimanendo realistica, diventa “sublime” come quello dell’epica e della tragedia in corrispondenza alla violenza dell’indignatio, rivoluzionando il codice formale del genere e recidendo il tradizionale legame con la commedia. Giovenale ricorre alle solenni movenze epico-tragiche proprio in coincidenza dei contenuti più bassi e volgari, per far risaltare per contrasto con l’altezza della forma espressiva l’abiezione della materia il suo realismo (che è anche ricca documentazione) ha una forte spinta deformante. La sua espressione, densa e sentenziosa, icastica e pregnante, è sempre pronta a esplodere nell’iperbole. Influssi delle scuole di retorica e di declemazione: enfasi declamatoria, denuncia e invettiva, fissità dei bersagli, ripetitività dei topoi moralistici. Ma i suoi strumenti espressivi sono funzionali alle sue ragioni ideologiche. La fortuna La sua fama, ignorata nel II e III sec, fiorisce nel IV soprattutto fra poeti e grammatici e che continuerà nel Medioevo diffuso nelle scuole per il suo carattere moralistico. Noto a Dante, Petrarca e agli umanisti, conoscerà grande fortuna soprattutto nella tradizione satirico-moralistica europea da Ariosto a Parini, da Alfieri a Hugo a Carducci. L’epica di età Flavia Autori: 1.Publio Papinio Stazio personaggio chiaroscurale, quasi un “antieroe”, quello di Valerio è un eroe epico e il Fato, tramite il portavoce Giove, controlla gli eventi. Valerio esaspera la propensione virgiliana allo stile soggettivo continua psicologizzazione dei personaggi che assumono un rilievo tale da sopprimere la descrizione di particolari o la narrazione di eventi, spesso necessari alla comprensione del testo. Il patetico è ricercato in tutte le potenziali occasioni e applicato a ogni tipo di personaggio. Il testo narrativo, difficile, oscuro e dotto, presuppone un lettore ideale di elevata competenza letteraria. Il radicamento del poema nella cultura contemporanea sembra scarso, eccetto momenti di sensibilità più attualizzata es. suicidio di E’sone si ispira al suicidio stoico, tipico dell’opposizione antitirannica; ripresenta il motivo della guerra fratricida che gli permette un’ampia (e poco riuscita) rappresentazione di battaglie, necessaria per completare l’idealizzazione eroica degli Argonauti e creare una migliore rispondenza con la struttura bipartita (racconti di viaggi+racconti di guerra) dell’epos virigliano. Conformemente al gusto di età Flavia crescono gli interessi etnografici per le popolazioni barbariche. Riferimenti attuali si colgono nell’impianto complessivo dell’opera: il tema, anteriore addirittura ai fatti narrati da Omero, riguardo lo spirito di frontiera e il dominio del mare, era gradito ai Flavi, ma nel cammino le suggestioni ideologiche si perdono. Autori: 3. Silio Italico Vita: nasce intorno al 26 d.C.; console nel 68 sotto Nerone, è poi proconsole in Asia sotto Vespasiano. Ritiratosi a vita privata dedicandosi al suo poema e all’otium erudito-letterario, muore nel 101. Opere: Punica: 17 libri di esametri, forse incompiuto (alcuni pensano che il progetto fossero 18 libri). I Punica La sua opera è una fredda galleria di bustistorici e curiosità antiquarie, raccolti indiscriminatamente. Sono il più lungo epos latino a noi giunto. I 17 libri raccontano la seconda guerra punica. La linea annalistica testimonia la volontà del poeta di collegarsi alla terza decade di Livio, confermata dal recupero dell cornice architettonica del modello. Nello sviluppo della narrazione l’uso di Livio è sempre ampio, sebbene risponda a criteri di volta in volta differenti: ripartisce con equità le prorpie energie tra uso del materiale storiografico, rielaborazione di modelli epici, excursus di vario tipo. Nella seconda parte del poema il racconto storico risente di una grande selettività. Dal libro XI in poi l’autore sembra più preoccupato di conferire dignità epica ad eventi particolarmente dotati di potenziale valore emblematico. Il parallelo più ovvio dei Punica sono gli Annales di Ennio, ma il carattere frammentario dell’opera di Ennio e il carattere dell ostile di Silio, rendono molto difficile ritrovare imitazioni precise. tuttavia è indubbio che la coscienza della derivazione ideale da Ennio era ben radicata in Silio (es presenza di un medaglione che esalta la figura eroica del poeta rudino, combattente in Sardegna nelle file dell’esercito romano). Un altro precedente arcaico, certamente meno diretto, era il Bellum Poenicum di Nevio. L’impulso fondamentale dell’opera viene da Virgilio la guerra con Annibale deriva dalla maledizione di Didone contro Enea e i suoi discendenti. Silio Italico restaura, anche all’interno dell’epica storica, l’impianto mitologico: per una meccanica estensione della struttura dell’Eneide, Giunone continua ad avversare i romani proteggendo Cartagine; a Venere, protettrice dei discendenti di Enea, Giove spiega che il conflitto con i cartaginesi è per i romani una durissima prova con cui deve dimostrare di essere degna ad assumere il dominio su altri popoli. Nonostante l’intento di creare una “teoria”, rimane il fastidio provocato dall’inverosimiglianza degli interventi divini nel corso dell’azione storica entro le convenzioni addirittura dell’epos omerico. Secondo i gusti tipici della produzione di età neroniana, si accentuano i toni macabri e foschi. Il finale è rassicurante. La lezione maturata attraverso la valorizzazione degli spunti espressionistici virgiliani (fondamentale la mediazione di Ovidio) appare definitivamente accettata in epoca flavia. Manca un protagonista assoluto, tuttavia Annibale, presente con una certa continuità, merita questo titolo. La caratterizzazione dell’eroe negativo tradisce l’influsso ora del Turno virgiliano, ora del Cesare di Lucano. Contro Annibale si erge un nutrito gruppo di eroi romani, degni rappresentanti dei valori ideologici fondamentali, tra cui Fabio Massimo e Scipione, inserito ostentatamente tra gli eroi semidivini. Fabio Massimo è invece l’esponente della Roma senatoria tradizionalista, più legata alle prerogative arcaiche quasi antiimperialistiche la sua virtus riveste un significato eccezionale, già in parte esaltato da Livio. La raffigurazione di simili eroi è il veicolo principale dei motivi ideologici portanti del sistema. L’opera si innesta nel filone della letteratura patriottica romana, senza aggiungere troppo di nuovo. Le descrizioni mitologiche ed eziologiche e la ricerca antiquaria rispondono alla poikilia alessandrina. Gli excursus, spesso più interessanti della stessa trama, riflettono le oscillazioni dell’epica di questo periodo tra la via omerica ed il gusto esiodeo-ellenistico per la varietà. Questo fenomeno produce spinte centrifughe in una compagine la cui unità di struttura si rivela sempre più formale e sempre meno sostanziale. Plinio il vecchio e il sapere specialistico Autori: 1. Plinio il vecchio (Gaio Plinio Secondo) Vita: nasce a Como il 23 d.C.; tra il 46 e il 58 d.C. presta servizio militare in Germania. Compie la carriera di un efficiente cavaliere al servizio della corte imperiale, ma dopo la morte di Claudio si ritira a vita privat, probabilmente dedicandosi all’avvocatura e all’oratoria si sospetta fosse violentemente ostile a Nerone. Con l’ascesa di Vespasiano, Plinio imbocca una carriera come procuratore imperiale. Verso il 77-78, sotto Tito, diventa prefetto della flotta imperiale di stanza in Campania: qui trova la morte nel 79 d.C., dopo l’eruzione vesuviana Opere: opere perdute: De iaculatione equestri (tecniche di combattimento); De vita Pomponii secundi (affinità con De vita Iulii Agricola di Tacito); Bella Germaniae (opera storica); Studiosus (trattato in 6 libri, manuale per lo studente di retorica); Dubius Sermo (problemi e oscillazioni dell’uso linguistico interesse grammaticale; ebbe molto successo); A fine Aufidi Bassi (forse l’opera più importante e ambiziosa: storia di Roma che, allacciandosi alla conclusione di Aufidio Basso, copriva gli anni tra il 50-70, tra la fine del regno di Claudio e l’ascesa di Vespasiano scrivere di un’epoca così vicina era impresa pericolosa e delicata. Spiccate le tendenze pro-flavie ma saggiamente Plinio decise di non essere pubblicato in vita per non essere accusato di servilismo verso l’imperatore). Opere conservate: Naturalis Historia: 37 libri, inventario delle conoscenze acquisite dall’uomo. Il testo è preceduto da un’epistola dedicatoria rivolta al futuro imperatore Tito in cui Plinio chiarisce motivazioni e limiti della sua opera, datata 77-78. Plinio il Vecchio e l’enciclopedismo Lo sforzo di sistemazione del sapere è proprio di tutta l’età imperiale, ma la destinazione pratica di queste opere tende a indebolire la capacità critica e lo sperimentalismo autonomo. Nella Roma imperiale si espandono i ceti tecnici e professionali che, in parte, coincidono con la nascente burocrazia imperiale; capacità tecniche sono richieste anche ai politici crescente richiesta di informazione e divulgazione scientifica anche come forma di intrattenimento. I testi naturalistici di successo sono i paradossografi, raccolte in cui confluiscono aneddotti, curiosità scientifiche spicciole, notizie antropologiche ecc…. Queste opere sono inizialmente traduzioni di opere greche avviate da autori al seguito di Alessandro Magno, ma poi gli autori si presentano spesso come viaggiatori che raccolgono materiale di prima mano. Licinio Muciano: comandante e uomo politico, fautore determinante di Vespasiano nella crisi del 69 d.C., soggiornò a lungo nelle province orientali e alimentò di queste sue esperienze un’opera in cui dovevano confluire curiosità naturalistiche, passione per il sensazionale ed esotismo grande successo. Questi autori sono soprattutto dilettanti: il gusto per il dettaglio e per l’esplorazione non è sorretto da metodo e manca lo spirito sistematico che i romani riservano ad altri aspetti della cultura: limite della cultura scientifica romana. Inoltre manca un collegamento fra esperienza pratica e tradizione: l’arricchimento delle esperienze non porta ad un cambiamento dei modelli acquisiti, al massimo esse sono inventariate accanto ai modelli classici. Di ciò è testimone l’immensa opera erudita di Plinio il Vecchio. Eclettismo e progetto enciclopedico La concezione stoica dell’autore dell’universo come complessa solidarietà retta da una Preveggenza divina che bisogna conoscere per raggiungere la virtù, era un’idea favorevole ad un progetto di enciclopedia. Tuttavia la mentalità enciclopedica è per Plinio un accomodante eclettismo: una scelta filosofica troppo precisa finirebbe per ridurre troppo la quantità dei materiali da registrare e classificare nella Naturalis historia posizioni stoiche sono avvicinate a divagazioni magico-astrologiche. Dello stoicismo, Plinio ritiene soprattutto un generico senso della missione del saggio: “spirito di servizio” tipico dello “stoicismo medio”. L’eccessiva ampiezza del lavoro non era compatibile con un processo di regolare elaborazione stilistica: lo stile è frammentario e affastellato e contrasta con improvvise tirate retoriche queste sono passi dimostrativi in cui si coglie una certa ambizione letteraria. Conformemente all’età neroniana e flavia, Plinio decostruisce le bilanciate architetture ciceroniane; questa nuova libertà dello scrivere (in Seneca e Tacito successo di una rivoluzionaria arte della parola) si risolve per Plinio in una confusione impersonale e magmatica. L’opera etra troppo lunga per essere letta continuativamente e anche per essere usata nelle scuole; tuttavia l’architettura generale, provvista di indici di materia e autori utilizzati, è separabile in blocchi omogenei è uno dei testi antichi meglio organizzati. Fortuna della Naturalis Historia Si cominciò presto a manipolarla riduzioni, compilazioni di singole parti a contenuto omogeneo, antologie che però non sostituirono del tutto la diffusione del testo originale. L’opera continuò a essere copiata nel Medioevo: i suoi indici di fonti e autori permettevano l’accesso a tesori di sapere che rischiavano di perdersi. Fra 300 e 500 fu oggetto di cure filologiche da parte degli Umanisti; il testo era sfigurato dalla tradizione manoscritta. I progressi della scienza portarono nel 500 ad una situazione di dubbio: in molti casi Plinio sbagliava e la sua autorità vacilla nell’era moderna il suo testo si decompone in singole parti di interesse non più scientifico, ma storico. I difetti intellettuali di Plinio (carenza di rigore teorico, analisi, selettività) sono preziosi perché, salvando il possibile, ci apre il mondo della cultura antica. Uno scrittore tecnico: Sesto Giulio Frontino Vita: console nel 74; legato di Britannia; 96-97 (sotto Nerva), curator aquarum. Muore sotto Traiano, dopo essere stato di nuovo console. Opere a carattere tecnico: conservatici: De aquis (o De aquae ductu) urbis Romae: trattazione dei problemi di approvigionamento idrico a Roma; Strategemata: 4 libri (l’autenticità del libro IV ha sollevato qualche problema): raccolta di aneddoti militari; l’informazione è generica e frutto di compilazione non sempre precisa. Le due opere hanno limitate ambizioni letterarie; sono sul genere dei commentarii. Scrisse anche un perduto trattato sull’agrimensura. Marco Valerio Marziale e l’epigramma Vita: nasce a Bibilis nella Spagna Terragonese tra il 38-41 d.C.; giunto a Roma nel 64 trovò l’appoggio della famiglia di Seneca. Dopo la repressione della congiura di Pisone (65), con il cui ambiente era entrato in contatto, condusse una vita modesta svolgendo attività poetica come cliente. Nell’80 compose e pubblicò una raccolta di epigrammi per celebrare l’inaugurazione dell’Anfiteatro Flavio, opera che gli valse un riconoscimento, anche economico, da parte di Tito. Dall’84-85 pubblica regolarmente le proprie opere: ottiene cariche onorifiche (tribuno militare: entrò nel rango equestre) ma senza consistenti benefici economici. Lascia Roma prima per un soggiorno a Forum Corneli (Imola) e poi definitivamente per tornare a Bibilis dove muore nel 104. Opere: raccolta di Epigrammi: 12 libri; questo corpo centrale è preceduto da un altro libro a sé di una trentina di epigrammi (Epigrammaton liber) oggi noto come Liber de spectaculis o liber spectaculorum e a L’oratore e il principe XII (e ultimo) libro: rapporto tra oratore e principe. Quintiliano faceva parte di quegli intellettuali che ritenevano il principato una necessità nei limiti di questa struttura politica cerca di ottenere per l’oratore il massimo di “professionalità” e un alto grado di dignità. L’oratore quintilianeo non pone in discussione il regime, ma le sue doti morali, utili, prima che al principe, a tutta la società. Quintiliano cerca di recuperare per l’oratore lo spazio di una missione civile, aliena dal ribellismo sterile quanto dal servilismo avvilente. Il suo ideale di un oratore guida del senato e del popolo romano è solo un’illusione. L’età degli imperatori per adozione Un periodo di pace e stabilità Il periodo che comincia con il principato di Nerva e termina con quello di Commodo (96-192) è un secolo intero di tranquillità (eccetto i 12 anni di Commodo). II secolo sostanziale uniformità del potere: il senato ritrova un ruolo subordinato ma non più soggetto alle aggressioni vissute nel primo impero. Problema della successione: risolto con il sistema dell’adozione che garantì, fino a Marco Aurelio, imperatori dotati di alte qualità personali. La stabilità raggiunta attenuò le congiure e ribellioni gestite dai grandi generali che si servivano della propria forza militare per realizzare le ambizioni di potere; e consentì agli imperatori di attuare riforme sociali prima impensabili. I confini dell’impero raggiungono la massima estensione; regna un clima di armonia e collaborazione, grazie alla mancanza di gravi tensioni politiche e sociali. Nonostante il vigore di spiriti fortemente morali (Tacito, Giovenale) e di spirito d’avventura, questo periodo è improntato a una nuova ricerca di grazia e cortesia cultura: arte di forme sociali capaci di nascondere e censurare gli aspetti meno gradevoli del vivere reale. Raffinatezza culturale e filologismo erudito Felicità dei tempi: prosperità economica; stabilità politica; sicurezza alle frontiere. La cultura ostenta raffinatezza estetizzazione della vita attraverso l’uso della letteratura sofisticata e delle arti ornamentali: nascono un manierismo prezioso e un filologismo erudito. I letterati godono di grande protezione pubblica; tuttavia ci sono lamentele per l’assenza di un mecenatismo disinteressato (meccanismo della clientela). Nascono biblioteche pubbliche volute dal potere politico (Traino: Basilica Ulpia, la biblioteca più grande che Roma abbia mai avuto); aumentano gli insegnamenti di retorica latina e greca; numero basso di analfabeti. Rifiorisce la letteratura in greco: ciò è soprattutto dovuto alla pace e sicurezza che caratterizza tutto il Mediteranneo orientale. La rinascita greca porta al formarsi della scuola detta “Seconda sofistica”, ma i nuovi sofisti non erano filosofi ma retori (es Elio Aristìde, Erode Attico, Frontone) che trattavano temi di diversa attualità e vario interesse. Avevano facile accoglienza presso le classi alte romane e ricebettero benevola attenzione da parte del governo imperiale tanto da essere immesi nell’ordine equestre e nel senato. Alcuni ebbero rilievo nella vita politica e amministrativa dell’impero (storici Appiano e Arriano; intellettuali greci come Plutarco, Luciano o Galeno). Adriano (Graeculus): rappresenta il gusto della sua età; dotto cultore dell’antico, interessato di filolofia e di polemiche letterarie, ebbe grande responsabilità nell’affermarsi del nuovo ideale letterairopredilezione per la cultura greca; poeta egli stesso scrisse piccoli componimenti neoterici alla maniera catulliana (rimangono frammenti). Il filologismo lo portò a schierarsi con gli arciasti alla moda (es Ennio, Catone). Promotore di cultura, fondò a Roma una sorta di Accademia, l’Athenaeum. Fece eseguire copie di classici greci. Il suo gusto si rispecchia anche nelle arti figurative: scultura; opere architettoniche. I segni del futuro: sincretismo religioso e rinascita di credenze oltremondane La diffusa tranquillità socio-politica celava e alimentava dentro di sé gli sviluppi della cultura successiva nell’età dei Severi il mondo romano, per il dilagare di culti orientali, sarebbe diventato ancor più cosmopolita. Decaduti gli interessi per la politica e diffusi nuovi interessi spirituali si determinò un sincretismo religioso (varie divinità e credenze). Ciò è dovuto alla concomitanza di due fattori: 1) religioni pagane del I e II secolo subiscono un livellamento generale: vengono assorbite dall’ufficialità dei culti di Roma; 2) riprendono convinzioni e pratiche legate alla credenza di un mondo nell’aldilà. Con il decadere dello stoicismo e simili, si affermano nuove fedi religiose che predicano l’altruismo come forma di condotta veramente morale. Culto di Iside del I-II sec cede al culto orientale del persiano Mitra che divenne divinità centrale di un culto misterico romano, diffondendosi dall’Asia Minore a tutto il mondo romanizzato. Esercita fascino perché promette immortalità e offre un pratico codice morale simile a quello del cristianesimo: altruismo; buone azioni; fratellanza. Tuttavia il culto era rivservato agli uomini e non raggiunse le classi umili. Al contrario il Cristianesimo attecchì presso tutta la popolazione: uomini, donne, liberi e schiavi si diffuse facilmente per la semplicità dei riti, alla portata di tutti, e per l’organizzazione che presto seppero darsi i fedeli, con un sistema di intercomunione tra le varie comunità cristiane. Il clero aveva una struttura gerarchicamente ordinata, vescovi, presbìteri e diaconi che avevano ampi poteri sui fedeli laici. Contribuì anche la precoce nascita di una vasta letteratura religiosa (scopo normativo e di preservare la dottrina da contaminazioni con altre credenze): 130 d.C. corpus dottrinario dei 4 vangeli + 13 lettere di Paolo= Nuovo Testamento. Le comunità cristiane tenevano memoria scritta delle loro vicende Atti dei martiri, quadri di esemplare edificazione spirituale; II sec: letteratura degli apologisti. Si diffuse l’esigenza di proteggere la religione dalle eresie: all’inizio era facile che le credenze cristiane si contagiassero con altre dottrine di qui il bisogno di scrivere. Autori: 1. Gaio Cecilio Secondo (Plinio il Giovane) Vita: nasce a Como nel 61 o 62; alla morte del padre venne adottato dallo zio Plinio, di cui assunse il nome. A Roma studiò retorica, guidato anche da Quintiliano. Cominciò una proficua carriera fornse e il cursus honorum: nel 98 fu nominato praefectus aerarii Saturni (quasi ministro del tesoro). Intorno al 100 fu nominato consul suffectus. Traiano lo nominò nel 111 legato in Bitinia. Muore probabilmente nel 113. Opere: Panegyricus: versione ampliata del ringraziamento a Traiano per la nomina a console del 100; Epistulae: 10 libri: i primi 9: lettere composte fra il 97 e il 108 e pubblicate da Plinio stesso, il 10: lettere ufficiali tra Plinio e Traiano e le risposte dell’imperatore (periodo del governatorato in Bitinia). Niente rimane delle numerose opere poetiche e orazioni. Plinio e Traiano Panegyricus: esalta le virtù dell’optimus princeps Traiano, auspicando, dopo la tirannide di Domiaziano, ad una rinnovata collaborazione fra senato e principe, delineando un modello di comportamento per i principi futuri. Nonostante il tono ottimistico, affiora talvolta il timore per il possibile avvento di “principi malvagi”. Plinio sembra rivendicare una funzione “pedagogica” verso il principe: traspare il tentativo di esercitare su di lui una blanda forma di controllo. I reali rapporti tra Plinio e Traiano emergono dall’epistolario: Plinio funzionario scropoloso, leale e indeciso: aspettandosi direttive e consigli, informa di ogni problema Traiano, dalle cui risposte trapela a volte un lieve senso di fastidio (famoso l’atteggiamento di sobria tolleranza dell’imperatore nei confronti dei Cristiani: evidente la preoccupazione di non punire i reati contro la religione liberandosi contemporaneamente delle responsabilità verso i delatori e l’opinione pubblica). Plinio e la società del suo tempo Secondo quanto afferma Plinio, le epistolae dei primi 9 libri sono in ordine casuale; in realtà sono probabilmente ordinate con un criterio di alternanza di argomenti e motivi. Le lettere sono dedicate solitamente ciascuna a un tema, trattato con cura dell’eleganza letteraria (differenzia di un epistolario concepito per la pubblicazione con quello ciceroniano). Lo stile ricerca grazia ed eleganza, saldo autocontrollo: ama le antitesi ma non ne fa uso eccessivo. Il modello prediletto è Cicerone: gusto per il fraseggio limpido, architettura armonica del priodo, schemi ritmici ricorrenti, ma i periodi sono brevi. Emerge il manierismo nella predilezione per gli asindeti e le anafore. Evita le ripetizioni; affettazione del formulario tipico della corrispondenza “spontanea”. Le lettere sono brevi saggi di cronaca sulla vita mondana, intellettuale e civile. L’autore si rivolge all’interlocutore con cerimoniosità. Dipinge la campagna con toni di maniera, ma alcune descrizioni (es eruzione del Vesuvio) sono di grande efficacia: elogia personaggi diversi (es Marziale; Silio Italico). Frequenta le sale di recitationes e declamationes, elogia tutti i versificatori e i conferenzieri e soprattutto la sua stessa poesia, per la quale si rammarica di non trovare estimatori sufficientemente idonei e preparati. Plinio non è preoccupato dalla crisi della cultura: al più, avverte decadenza nel gusto del pubblico. Si diletta di letteratura di intrattenimento, frivola e di consumo effimero (nugae, versicoli). Anche i rapporti sociali che affiorano dall’epistolario sono spesso improntati a un formalismo vuoto e cerimonioso, sintomo dell’impoverimento e banalizzazione di quella che era stata la grande tradizione culturale della classe dirigente romana. Godette di una posizione privilegiata nella società destinatari delle sue lettere: personaggi di grande spicco (Tacito, Traiano, Svetonio…); appaiono i più importanti e tragici avvenimenti dell’epoca (eruzione Vesuvio). Un quadro di insieme della letteratura dei Flavi e di Traiano e un gran numero di nomi di auotri sono conservati nell’epistolario di Plinio. Il successo deriva forse dai toni sempre smorzati e accomodanti, dal signorile senso della misura, dalla vigorosa caratterizzazione della propria personalità; è un modello per molto tempo, forse proprio perché accessibile già presso autori antichi. La fortuna continua nel Medioevo e culmina nel rinascimento che ne apprezza gli aspetti cortigiani. Autori: 2. Publio (o Gaio?) Cornelio Tacito Vita: nasce intorno al 55 d.C. nella Gallia Narbonese da famiglia equestre. Studia a Roma e sposa la figlia di Agricola, statista e comandante militare. Iniziò la carriera politica sotto Vespasiano e la continuò sotto Tito e Domiaziano. Riceve, forse, un incarico in Gallia o Germania. Nel 97 sotto Nerva fu consul suffectus. Sostenne, sotto Traiano, insieme a Plinio il Giovane, l’accusa contro l’ex governatore Marco Prisco accusato di corruzione. Fu proconsole in Asia nel 112-113. Muore forse intorno al 117. Opere: De vita Iulii Agricolae (98); De origine et situ Germanorum (Germania); Dialogus de oratoribus (a Fabio Giusto); Historae, 12 o 14 libri, pervenuti libri I-IV e parte del V; Annales (o Ab excessu divi Augusti), 16 o 18 libri, forse incompleti per morte dell’autore, pervenuti i libri I-IV, parte del V, il VI, parte dell’XI, i libri XII-XV e parte del XVI. Le cause della decadenza dell’oratoria Dialogus de oratoribus: autenticità contestata fin dal XVI sec, soprattutto per ragioni di stile, e ancora dubbi permangono tra filologi moderni. Infatti il periodare del Dialogus ricorda più il modello neociceroniano che non la severa e asimmetrica inconcinnitas tacitiana. Ciò è dovuto: o 1) al fatto che si tratta di un’opera presente una ripugnante descrizione della vecchiaia di Tiberio. Petronio, ritratto paradossale (vedi Historiae, ritratto di Muciano): il fascino del personaggio è nei suoi tratti contraddittori (pg450). Stile: almeno nei libri precedenti al XIII, si registra una ricerca di “straniamento” espressa in forme inusitate, lessico arcaico, solenne e potente. L’opera è meno eloquente e scorrevole delle Historiae, più concisa e austera. Gusto per l’inconcinnitasi, ottenuta con variatio (allinea ad un’espressione una che sembra parallela ed è invece diveramente costruita). Le disarmonie verbali riflettono la disarmonia degli eventi e le ambiguità nel comportamento umano. Metafore violente; audaci personificazioni; frequente coloritura poetica virgiliana ma tracce anche di Lucano. Dal XIII ripiega su moduli più tradizionali: stile ricco ed elevato, meno serrato, acre e insinuante; espressioni più sobrie e normali. La differenza è stata attribuita al diverso argomento: il regno di Nerone, più vicino nel tempo, richiedeva di essere trattato con minore distanziamento solenne di quello ormai remoto di Tiberio. Qualche trascuratezza nei libri XV e XVI ha fatto pensare che l’opera non abbia ricevuto l’ultima revisione. Le fonti di Tacito Problema a lungo dibattutto. In quanto senatore, Tacito poteva accedere alla documentazione ufficiale: acta senatus (quasi verbali delle sedute), acta diurna populi romani (atti del governo). Utilizzò raccolte di discorsi di alcuni imperatori (es Tiberio e Claudio). Tacito è storio fra i più scrupolosi. Numerose anche le fonti letterarie: Plinio il Vecchio; Vipstano Messalla; Culvio Rufo (console sotto Caligola; amico di Nerone, rifiutò però di fare il delatore; scrisse su avvenimenti contemporanei, fu una fonte delle Historiae); Fabio Rustico (favorevole a Seneca, ostile a Nerone; importante fonte per l’ultima fase del principato neroniano). Si servì di letteratura epistolografica, memorialistica (es memorie di Corbulone nella guerra contro i Parti); di exitus illustrium virorum (libellistica di opposizione che narrava il sacrificio dei martiri della libertà). Di quest’ultimo genere letterario Tacito si servì per narrare, ad esempio, la morte di Seneca o Trasea Peto. La fortuna Comincia nel IV sec Ammiano Marcellino compone un’opera storica che voleva riallacciarsi alla sua. Riecheggiamenti in vari autori dimostrano che Tacito era letto comunemente. Umanesimo e Rinascimento gli preferiscono Livio ma Guicciardini lo considera un maestro. Nell’epoca della Controriforma e delle monarchie assolute si diffuse il tacitismo: opera di Tacito considerata un complesso di regole e direttive dell’agire politico. Venne spesso usato dai teorici della ragione di stato. Si trasse da Tacito l’indicazione di come vivere sotto i tiranni, evitando sia servilismo che opposizione sterile per arrivare fino a Diderot e la sua giustificazione della collaborazione del filosofo coi sovrani. Ma gli illuministi sentirono Tacito soprattutto come oppositore alla tirannide. In campo letterario, alcuni grandi tragici come Corneille, Racine e Alfieri trassero da drammi tacitiani materia e ispirazione per i loro tormentati personaggi. Svetonio e la storiografia minore Autori: 1. Gaio Svetonio Tranquillo Vita: nato forse poco dopo il 70 da famiglia di rango equestre. Svolse l’attività forense poi, dopo aver cominciato gli studi eruditi, entrò a corte come funzionario: fu preposto da Traiano alla cura delle biblioteche pubbliche; sotto Adriano fu addetto all’archivio imperiale e alla corrispondenza dello stesso principe. La brillante carriera burocratica si interrompe bruscamente nel 122; da questo momento si perdono le sue tracce. Opere: della copiosa produzione in latino e greco rimane notizia solo per scarsissimi frammenti e per vari titoli elencati nella Suda (X sec). Prata o Pratum: si tratta di un’opera enciclopedica suddivisa in varie sezioni in base all’argomento o designa l’intera produzione antiquario-erudita. De viribus illustribus: biografia di letterati suddivisa per generi; rimangono: De grammaticis et rhetoribus: conservata in parte, ai grammatici sono dedicati 24 libri, ai retori i 6 superstiti; degli altri generi solo frammenti sparsi giunti per tradizione indiretta: De poetis: derivano le Vitae che poessediamo di alcuni poeti come Terenzio, Virgilio, Orazio, Lucano (spesso rielaborate da Girolamo). De vita Caesarum: 12 biografie in 8 libri completo eccetto i capitoli introduttivi della prima biografia e la dedica a Settimio Claro. La biografia in Svetonio Il genere biografico era stato praticato prima da Varrone (Imagines) e da Nepote (De viris illustribus). Svetonio nel De viris illustribus e in De vita Caesarum segue uno stesso schema: 1)narrazione in ordine cronologico (luogo, data e circostanze della nascita; adolescenza e avvento al potere -o nozioni sull’insegnamento); 2)descrizione sincronia (aspetti della personalità); 3)ordine cronologico (luogo, data, circostanza morte) rinuncia a una disposizione cronologica che accompagni lo sviluppo della personalità e procede per species cioè secondo categorie e rubriche che trattano separatamente gli aspetti del carattere: privilegia un’analisi incentrata sulla vita privata e organizza virtutes e vitia in apposite rubriche, pilotando il giusidizio in senso decisamente moralistico. Gli studiosi hanno maturato la convinzione che Svetonio abbia seguito impropriamente nella Vita dei Cesari lo schema usato nel De viris illustribus, in cui l’ordine cronologico non era importante. Per la biografia di uomini di potere la cultura greca seguiva il modello plutarcheo (Vite parallele) adatto, in virtù della disposizione cronologica, a far luce sull’evoluzione di personaltià politiche. Oggi valutazione diversa dell’opera di Svetonio questa tipologia biografica è più adatta a dar conto della nuova forma individualistica assunta dal potere. Nella rinuncia allo schema annalistico, che la cultura senatoria aveva ancorato al succedersi delle magistrature repubblicane, emerge la presa di coscienza che quelle magistrature conservano ormai parvenza fittizia e che solo la durata del regno di ogni isngolo principe può scandire il succedersi dei periodi. In questo genere prevalgono tratti specificamente romani: la tradizione di elogia e laudationes funebres influenza il modo in cui Svetonio dispone il materiale. Nell’insistenza sulla vita privata degli imperatori si ravvisa la manifestazione di una volontà demistificante e obiettiva che ritragga integralmente il personaggio, priva di atteggiamenti encomiastici. Ne risulta una “storiografia minore” che attinge a fonti varie e delinea i tratti del suo destinatario, ovvero l’ordine equestre a cui lo stesso autore appartiene e che costituisce il punto di vista attraverso cui le vicende vengono analizzate. Questo tipo di pubblico apprezza la concretezza, il gusto del particolare curioso, l’eposizione ordinata dal linguaggio sobrio e asciutto (modi colloquiali che non rinunciano al decoro), la scrittura agile e spedita di Svetonio la viviacità narrativa compensa i limiti più vistosi dell’opera come la superficialità dell’analisi psicologica e storica. Vite: eccezionale documento. La fortuna Svetonio: modello delle biografie raccolte, nel IV sec, con il nome di Historia Augusta. Anche il De viris illustribus ebbe successo: fu soprattutto utilizzato da Girolamo nella sua opera omonima ma anche, come fonte di arricchimento della lingua, nella sua rielaborazione della Cronaca Eusebio. Senza interruzioni la sua fortuna si protrae dal Medioevo all’Umanesimo e alle letterature moderne. Uguale fortuna ebbero fino al V- VI sec le opere erudite, a cui attinsero i compilatori tardi. Il suo influsso fu molto grande. L. Anneo (o Giulio) Floro e la “biografia di Roma” Attribuitagli Epitome de Tito Livio bellorum omnium annorum DDC: 2 o 4 libri. Dell’autore si sa poco; si tende a identificarlo con P. Annio Floro, autore del dialogo Vergilius orator an poeta, di origine africana che, allontanatosi da Roma al tempo di Domiziano fu maestro di scuola in Spagna per poi tornare nella capitale e frequentare ambienti vicini alla corte. Il titolo della sua opera storica è inappropriato: non è un riassunto da Livio che è, piuttosto, la fonte principale anche se non l’unica: registra avvenimenti anche successivi alla conclusione della trattazione di Livio. Epitoma indica il carattere conciso della ricostruzione della storia militare romana. La crescita della potenza romana è paragonata a quella di un organismo biologico populus romanus è protagonista collettivo di cui si descrivono le fasi della vita: infanzia(monarchia), adolescenza (repubblica), maturità raggiunta con la pax augustea; la vecchiaia (primo secolo dell’impero) non è trattata (sarebbe difficile rende il populus protagonista). Con intento apologetico si sottrae alle necessarie conclusioni pessimistiche, affermando di veder rifiorire, sotto il comando di Traiano, una nuova giovinezza. L’adozione dello schema biologico, di matrice stoica, tradisce l’influenza di Svetonio (il popolo è singolo personaggio) e la ricerca di nuove forme storiografiche, più adatte al gusto di un pubblico cui sembrano volersi adeguare anche la narrazione agile e concisa e lo stile retoricamente colorito. Granio Liciniano: II sec, età adrianea; autore di un’oepra storica di matrice liviana, forse in 36 libri; narrazione asciutta e schematica, ricca di aneddoti. Lucio Ampelio: difficile datazione; scrive Liber memoralis di carattere geografico e mitologico. Notizie selezionate (fonte: Livio) e disposte in modo confusionario e sommario con intento di facile divulgazione; gusto per i mirabilia. Giustino: epitomatore delle Historiae Philippicae di Pompeo Trogo. Autori: 2. Apuleio Vita: ignoto il praenomen; nasce in Africa intorno al 125; di estrazione agiata, compì gli studi a Cartagine e ad Atene. Fu per qualche tempo a Roma, viaggiò in oriente e tornò in Africa. Si incontra a Oea con Ponziano (155-56) di cui sposa la madre, vedova, Pudentilla. Nel 158 Apuleio si trovò a sostenere un processo intentatogli dai parenti della moglietestimonianza nell’Apologia. Visse gli ultimi anni a Cartagine al centro della vita pubblica (oratore celebre e apprezzato). Le notizie sulla vita non oltrepassano il 170. Opere: Metamorphoseon libri: 11 libri; noto come Asinus Aureus; Apologia, rielaborazione dell’orazione difensiva pronunciata da Apuleio al suo stesso processo; Flòrida, 23 brani oratori; trattati filosofici: De Platone et eius dogmate, De deo Socratis, De Mundo. Attribuitegli tradizionalmente: Perì ermeneias, trattatello latino di logica aristotelica; Asclepius, dialogo. Avrebbe scritto, inoltre, opere interamente perdute: Hermagoras, altro romanzo; traduzioni da Platone: Fedone, Repubblica; traduzione del neopitagorico Nicomaco da Gesara: ludicra; testi di carattere enciclopedico: De proverbiis, de medicinalibus, de re rustica, de arboribus, de pescibus, de musica). Traduzione della commedia menandrea Anechomenos: tradizionalmente attribuita ad Apuleio. Una figura complessa di oratore, scienziato, filosofo Apuleio era definito Platonicus e sulla rivendicazione della dignità di filosofo aveva fondato la propria difesa. L’etichetta è espressione del suo orizzonte culturale: è rappresentante della seconda sofistica di cui condivide vari tratti curiosità verso la natura, tensione per l’occulto, iniziazione ai culti misterici, mestiere di conferenziere itinerante che padroneggia bene greco e latino. È imbevuto di cultura popolare al punto che si possono riconoscere in lui i riflessi della religiosità isiaca, gnostica ed ebraica, di dottrine come la fisiognomica e l’interpretazione dei sogni, accanto al pensiero filosofico. Il platonismo a cui Apuleio si richiamava si era molto allontanato da quello originario e risentiva di influssi peripatetici e stoici. Numerose le opere filosofiche attribuite ad Apuleio: molte sono sicuramente spurie e a lui attribuite per via della sua fama. Ci restano i titoli di alcuni trattati di scienza naturale, espressione di un interesse naturalistico conforme al gusto del suo tempo. De deo Socratis, De Platone et eius dogmate, De Mundo: dubbi sulla patenrità quasi totalmente fugati; opere giovanili di Apuleio. Perì ermeneias: rielaborazione di un omonimo trattatello greco che compendia la dottrina aristotelica del sillogismo sulla cui autenticità sussistono seri dubbi. Spurio: il dialogo Asclepius. De mundo: rifacimento dello pseudo aristotelico Perì kòsmou: lo spirito che ne è alla base, vicino alla dottrina deterministica dello stoicismo (che negava il libero arbitrio) si allontana dall’ortodossia platonica. Apuleiana è la coloritura che caratterizza l’opera nel rifacimento latino: sforzo di introdurre in latino il linguaggio tecnico specialistico delle scienze naturali. De Platone et eius dogmate: 2 libri; sintesi di fisica ed etica di Platone. De deo Socratis: il più importante tra gli scritti filosofici; la più sistematica trattazione della teoria dei demoni. L’impianto è tripartito: 1)prima sezione: esamina i mondi separati degli dei e degli uomini; 2)seconda: posizione dei demoni nella gerarchia degli esseri razionali e la loro funzione di intermediari tra i due mondi, che li rende garanti del compiersi di un progetto provvidenziale nel mondo; 3)conclusione: demone di Socrate, voce interiore che, sentita come Apuleio ha a disposizione un lessico letterario specializzato, raccolto e organizzato attorno a situazioni-tipo, formatosi sui classici (formulari, iuncturae consolidate ecc…) che utilizza ricombinandolo in modo originale e rinnovandolo dall’interno grazie ai neologismi. Questo processo dà vita a scene “di genere” e si fonda sulla moltiplicazione dei tratti per rendere immediatamente percepibile il registro ricercato. Struttura del periodo: isocolie, omoteleuti, assonanze, accumuli di sinonimi, uniformità ritmiche. La prosa puleiana, che pure rispetta i generi canonici della retorica classica, chiude, portandolo agli estremi, il sistema retorico latino. Nel suo aprirsi a nuovi ritmi e costruzioni lascia presagire la vicina stagione della prosa mediolatina. La fortuna Esercita fascino sui fermenti dell’ultimo paganesimo e sulla cultura medioevale. Il romanzo è ritrovato in un codice dell’XI sec da Boccaccio che ne fa una trascrizione e scrive un commento alla favola di Cupido e Psiche. Da quel momento il romanzo è letto e apprezzato ovunque. Fu tradotto in italiano dal Boiardo e ne venne fatta una libera traduzione dal Firenzuola. Probabilmente esercitò un qualche influsso sulla nascita del genere picaresco in Spagna. Fornì temi e spunti per la novellistica europea (Boccaccio, Calderon, La Fontaine, Heywood, Beaumont, Marmion). Flaubert lo ritiene un capolavoro. Auerbach ha visto nell’ambiguità del romanzo il segno di una tendenza alla deformazione spettrale e orrida della realtà, rimanendo sconcertato nei suoi principi di realismo letterario: il barocco di uno stile narrativo inquietante, angosciante, che si distaccava troppo da un rappresentazione obiettiva del mondo. Qui letteratura stravinceva sulle cose. Filolofia, retorica e critica letteraria, diritto La filologia latina: un riepilogo del suo sviluppo storico Lo studio filologico e critico dei testi latini matura pienamente nel periodo che corre tra i Flavi e gli Antonini. Le nostre informazioni si basano su notizie indirette e su fonti più tarde, oepra di eruditi, grammatici e commentatori. Nascita della filologia a Roma Vedi riassunti vecchi Elio Stilone e le tendenze della filologia del II secolo a.C. Influenzato dai pergamisti, ebbe contatti anche con la tendenza rivale: frequentò l’analogista Dionisio Trace. Verosimile che fu lui ad inaugurare la tendenza conviliativa. Si occupò dell’autenticità di testi attribuiti a Plauto; lavorò al Carmen Saliare. Si sviluppa a Roma il filone di interpretazione dei testi giuridici, ultra- arcaici e spesso di difficile comprensione, che presupponeva l’opera di specialisti di diritto dotati anche di competenze linguistiche ed esegetiche. Es: Lucio Acilio commenta le XII Tavole; Sesto Elio Peto Tripertita; Marco Giunio Bruto, Publio Muzio Scevola, Quinto Muzio Scevola (appunti vecchi). La filologia del II sec rivela influssi sia di tipo alessandrino che pergameno. Caratteristico di Pergamo l’interesse per questioni di cronologia letteraria e tra i compiti del critico riconosceva quello di fissare le serie degli autori approvati come “classici” e incasellati secondo ordini di preferenza basati sul giudizio critico. L’elaborazione di canoni letterari era attività tipica degli alessandrini, insieme all’interesse per la struttura dei libri poetici: curavano l’arrangiamento formale dei testi antichi (es divisione in libri dei poemi omerici; Lampadione divise in 7 libri il Bellum Poenicum di Nevio; riassunti vecchi). Poco si sa, invece, di vere e proprie attività editoriali, come quelle sviluppatesi ad Alessandria. Alcuni limiti pesavano sullo sviluppo di un’autonoma attività filologica: 1)mancanza di vere e proprie biblioteche statali tra II e I sec Roma conobbe un certo sviluppo librario (dotazioni di testi greci come prede di guerra), ma la concentrazione di tale patrimonio rimase a lungo un fenomeno privato. Le opere erano a disposizione degli studiosi ma mancava una stabile struttura pubblica che curasse la trasmissione e il rinnovamento del patrimonio librario. 2)strutture scolastiche: esse erano subalterne al modello greco e, dunque, si nutrivano anche di testi greci. Rispetto agli standard greci lo status degli insegnanti, normalmente non cittadini romani, e l’appoggio statale alle strutture educative rimasero, per lunghissimo tempo, ad un livello inferiore fino alla prima età imperiale l’educazione rimase un fatto privato. Non si verifica una fusione tra l’insegnamento e l’attività di ricerca. I grandi insegnanti del I sec sono per lo più figure isolate al centro di circoli e cenacoli privati. Valerio Catone e la filologia di età cesariana Riassunti vecchi. Valerio Catone corrisponde al modello alessandrino; poeta neoterico, compone epilli (Dictynna; Lydia). L’insegnamento della poesa non era scindibile da quello della retorica, ma Catone impartiva comunque ai suoi allievi un insegnamento tutto orientato verso la formazione letteraria. Per i contemporanei egli è l’interprete per eccellenza, colui che crea il canone di ciò che vale in letteratura. Si occupò a fondo anche del testo di Lucilio. La filologia in età augustea Un fenomeno tipico è la sempre maggiore diffusione dell’erudizione greca a Roma. Anche se l’ellenizzazione della cultura romana è iniziata da più di due secoli può ancora realizzarsi una crescita di conoscenza e non bisogna esagerare la diffusione della letteratura greca a Roma (es Callimaco poeta difficile Properzio, che più volte lo cita apertamente, per quel che possiamo confrontare, non è veramente addentro ai testi callimachei). Cresce anche il gusto letterario ed estetico Ars poetica, Orazio (preceduto da Cicerone critico letterario). Mecenate e Asinio Pollione: arbitri di gusto letterario, la cui influenza basta a testimoniare il livello culturale di un’epoca che, per la prima volta, vede maturare i suoi propri classici in lingua latina. Mentre Ennio, Plauto e Lucilio più che classici erano antenati illustri, i nuovi classici furono riconosciuti all’istante, addirittura mentre si stavano ancora rivelando: ora la cultura romana aveva un suo centro di riflessione e di educazione. Cecilio Epirota: grammatico; famoso perché faceva lezione su Virgilio e altra poesia moderna. L’età augustea vede maturare studi filologici sui nuovi testi (es Crassicio Pasicle commentò Cinna). Emerge la prima figura di bibliotecario in senso “alessandrino”: Gaio Giulio Igino, liberto di Augusto, fu anche importante iniziatore degli studi su Virgilio, su cui compose almeno 5 libri da cui nasce il filone continuo di ricerche su Virgilio che ci porta fino ai commentatori del IV-V sec. La centralià dei classici nell’istruzione produsse conseguenze di rilievo (non sempre positive): dai testi poetici partiva lo studio delle forme retoriche e dei modi di espressione (litterator, alfabeto; grammaticus, maestro di letteratura che affrontava l’enarratio -esposizione- dei testi poetici). Quindi l’educazione retorica aumentò l’interesse per la conservazione dei classici e la diffusione media della cultura letteraria; ma non fu un terreno favorevole per lo sviluppo di studi, ad esempio, filologici, estetici e critico-letterari. Remmio Palemone e Asconio Pediano Remmio Palèmone: liberto; grammaticus in auge nella prima età imperiale. Era insegnante di indiscussa dottrina ma di moralità scarsa. Dal punto di vista scientifico, aveva qualità eccezionali che accompagnava ad arroganza e soprattutto a una sfrenata megalomania. La sua Ars grammatica non ci è pervenuta ma dai frammenti sembra un continuatore dell’opera di Iginio; con lui si afferma definitivamente l’introduzione degli autori “moderni” come tema privilegiato di studio con lui Viriglio riceve la definitiva consacrazione di autore di scuola. Fra i suoi scolari: Quintiliano e Persio. Asconio Pediano: notevole filologo nato a Padova; muore forse nel 75. Ci rimane il suo commento a 5 orazioni di Cicerone: In Pisonem, Pro Scauro, Pro Milone, Pro Cornelio e In toga candida (ultime due: opere ciceroniane perdute, quindi il commento di Pediano è di fondamentale importanza). Questo commento gli conferì fama, nel periodo di “ritorno a Cicerone”. Il taglio del commento è più storiografico che linguistico. Utilizza ottime fonti, sottoposte a vaglio critico. Di altre sue opere si sa poco: Contra obtrectatores Vergilii; Vita Sallustii. Valerio Probo e i successivi sviluppi della filologia Marco Valerio Probo: età dei Flavi; grande studioso di Virgilio, si occupò anche di Terenzio e Persio. Si avvicina alla figura di un moderno filologo e cura edizioni di classici. La sua opera comprendeva l’emendare, il distinguere e l’adnotare: correggeva gli errori della tradizione manoscritta, curava l’interpunzione, apponeva segni “diacritici” e stilava sue annotazioni (corrispondenti ai segni apposti) alla maniera alessandrina. Probo interveniva sul testo anche con vere e proprie congetture o espungendo i versi che trovava inaccettabili al suo gusto e alla sua ragione. È però improbabile che Probo abbia direttamente plasmato secondo i suoi criteri la tradizione manoscritta giunta fino a noi. Il II sec, periodo che va da Traiano ai Severi, ancora lontano dagli esiti di una selezione ferrea che vedrà Virgilio e Terenzio unica base dell’insegnamento scolastico (ragioni: purezza linguisitca e moralità), è il periodo in cui gli studi conoscono il massimo grado di apertura. Reputazione e posizione sociale degli accademici sono in continua ascesa. Emilio Aspro: scrisse su Terenzio, Sallustio e Virgili. Cesellio Vindice: si occupò di lingua latina arcaica. Sulpicio Apollinare: si occupò di questioni grammaticali e di lessico. Cresce la preoccupazione di produrre annotazioni continue e dettagliate e sussidi. Verso la fine del II sec si collocano le prime vere e proprie raccolte di scolii (commento a un testo verso per verso e, quindi, problema per problema e preceduto da osservazioni introduttive) di cui abbiamo notizia. Elenio Acrone: fine del II sec; qualificato interprete di Orazio, il suo commento genuino non ci è giunto ma è pervenuto un testo largamente rifatto da interpreti tardi e medioevali. È giunti, invece, il commento a Orazio di Pomponio Porfirione: commento scolastico del III sec d.C., uno dei più antichi a noi giunti. Interessi dominanti dell’esegesi: ricostruzione dello sfondo storico, annotazioni biografiche, giuridiche, antiquarie; analisi formale del testo (figure retoriche, parafrasi). Ma per quanto riguarda l’ambiente erudito del II sec, ci possiamo soffermare solo su testimonianze indirette Aulo Gellio insiste sulla diffusione delle curiosità erudite e filologiche. Sembra che la caratteristica principale del periodo fosse il crescere dell’interesse per la latinità arcaica, gusto retrò che non entrò in competizione con la fortuna universalmente accettata dei classici. Ma l’attenzione per il latino arcaico si inserisce nel movimento arcaicizzante di retorica e prosa. La tendenza arcaicizzante nel II secolo Circa a metà del II sec si diffonde il nuovo gusto dominante di stampo arcaicizzante. Ciò è dovuto ad alcune circostanze storiche: nei circoli e cenacoli la ricerca erudita era diventata una vera e propria passione (es Notti Attiche, Aulo Gellio). Già nell’età dei Flavi, con Quintiliano, si era consolidata una reazione al modernismo linguistico e stilistico (es Seneca) richiamo allo stile di Cicerone. La cultura romana del II secolo è sempre più bilingue e la cultura greca di questo periodo è percorsa da un movimento arcaicizzante che riscopre lo stile dei grandi prosatori attici del V-IV sec a.C. (Senofonte e Lisia: rappresentanti di un mondo idealizzato e irraggiungibile). Questa era la tendenza dell’atticismo: purismo del bello scrivere, ormai alieno dalla tradizionale opposizione “asianesimo”-“atticismo”. Su questa scia cresca il movimento arcaicizzante a Roma ma è bene non esagerarne la purezza e l’ortodossia teorica: il latino arcaico non offriva una lingua d’arte perfettamente sviluppata come il greco di Isocrate e Demostene; gli stessi maestri dell’arcaismo romano non vanno oltre un certo numero di “recuperi” eruditi, con cui punteggiano uno stile sostanzialmente nuovo. Marco Cornelio Frontone Frontone: apprezzato come una sorta di nuovo Cicerone. La casa imperiale gli affidò l’educazione di Marco Aurelio e Lucio Vero. Fino alla fine dell’Impero venne giudicato un classico di primo rango: il nostro giudizio è assai più riduttivo. La sua fama antica si basava sull’insegnamento retorico e sulle orazioni separatiste: regno di Palmira in Oriente e Imperium Gallorum a Occidente Severi: rigorosa politica di accentramento; processo di “democratizzazione” della società, soprattutto nelle province: attenzione alle necessità dei ceti più poveri, che i ricchi non prevaricassero i diritti degli humiliores e pagassero con regolarità i tributi al fisco. Constitutio Antoniniana: promulgata da Caracalla nel 212, concedeva la cittadinanza romana a tutti i liberi residenti nel territorio dell’impero= tentativo di sanare la disparità. 235: fine della dinastia dei Severi: numero altissimo di imperatori che rimangono in carica pochi mesi o giorni; prevalgono le esigenze particolari delle singole zone dell’impero che il potere centrale non riesce a gestire. Sempre maggiore il distacco politico amministrativo tra pars occidentis e pars orientis, in cui compaiono rectores o correctores che di fatto detengono il potere dell’Asia. Le frontiere subiscono pressioni: sul Reno e Danubio popolazioni germaniche, arrestate con grossi sforzi militari e sacrifici economici; sul confine orientale, popolo persiano dei Sassànidi (armi moderne ed efficaci; stato solido; fiorente economia); sul confine inglese, Scozzesi. L’esercito, garante della sopravvivenza dello Stato, assume enorme importanza: è sempre più normale che l’imperatore venga dalle sue fila; esperti ufficiali di carriera provenienti dai bassi ranghi sostituiscono i senatori al comando delle truppe e questo spezza i labili legami che univano il potere militare agli organismi costituzionali, creando un nuovo canale di reclutamento dei ceti dirigenti. Cambia la composizione dell’esercito: reclutamento esteso ai cittadini di tutto l’impero e perfino ai barbari mobilità sociale: i militari potevano avere brillanti carriere e ricoprire cariche di rilevanza. I problemi economici erano connessi soprattutto con quelli militari: le campagne si spopolavano, calano i commerci per l'insicurezza delle vie di comunicazione, inasprimento fiscale e inflazione. È un periodo anche di catastrofi naturali: terremoti ed epidemie portano a un calo demografico. L’affermarsi del cristianesimo In quest’epoca è ancora salda l’unità culturale tra occidente e oriente: spostamenti di intellettuali; ricorrere di problematiche simili soprattutto negli ambienti cristiani. Il Mediterraneo orientale, soprattutto l’Egitto, è caratterizzato da fervore di dottrina. Sul piano filosofico, importante è la dottrina neoplatonica che informerà gli ultimi secoli del paganesim oe lascerà tracce profonde anche nel pensiero cristiano. L’adesione a culti orientali e religioni misteriche risponde alle esigenze di certezze religioseculti di Mitra, Cibele e Iside -vedi prima-, Cristianesimo; comune a questi culti era la promessa di salvezza futura. Il cristianesimo prevalse su tutti gli altri e la cultura pagana non comprese le sue particolari capacità di offrire risposte alle esigenze avvertite dalle grandi masse. Si diffonde e diventa componente decisiva nell’equilibrio delle forze: nata come religione urbana dei ceti subalterni, conta ora adepti in tutti i ceti della società.in Oriente il cristianesimo si afferma come corrente di pensiero e dà vita ad elaborazioni filosofiche; in Occidente la rielaborazione teorica è in ritardo, ma compensata da una grandissima capacità organizzativa che permette alla religione di sopravvivere alle persecuzioni del potere politico. Per tutto il secolo i rapporti fra Cristianesimo e potere furono ambigui: si alternavano periodi di tolleranza a periodi di repressione, che però non interessavano allo stesso modo tutte le zone e tutte le classi. Di qui, le differenze di atteggiamento che i cristiani mostrarono verso l’Impero e le sue tradizioni: o più rigoristi, o più disponibili. I cristiani furono capaci di produrre un’imponente letteratura, segnata da opere di valore assoluto: unico avvenimento culturale di interesse in questo periodo (almeno nell’Occidente latino). La cultura cristiana diventa punto di convergenza di molte tradizioni disperse nell’impero, costituendo un tratto unificante dei successivi decenni, capace di tenere insieme una compagine statale turbata da molte vicende. Alle origini di una letteratura cristiana Nonostante gli influssi ellenizzanti introdotti da Paolo o da Luca l’evangelista, le posizioni religiose di fondo del cristianesimo rimangono legate, in un primo periodo, al Giudaismo che, sia in Palestina che ad Alessandria, aveva stretto rapporti con le dottrine dominanti nel bacino orientale del Mediterraneo; scrivevano in greco, ma le loro elaborazioni discendevano sempre dall’Antico Testamento. I cristiani si distinguono per uno spiccato attivismo: scrivono i testi che verranno uniti nel Nuovo testamento (i 4 Vangeli, le Lettere canoniche, gli Atti degli apostoli, Apocalisse) e altri in cui i rapporti con l’insegnamento di Gesù sono meno evidenti (Vangeli Apocrifi, altre Lettere). Viene creata un’organizzazione di solidarietà di grande efficienza da cui gli affiliati traggono beneficio e che contribuisce alla sua espansione: conversione di altri ebrei e poi degli stessi Greci e Romani. In Occidente lo sviluppo fu relativamente più lento: ridotte possibilità di espansione per via della scarsa considerazione nutrita verso le comunità orientali, temute come potenziali portatrici di disordini. Forse il greco fu la lingua del Cristianesimo anche in Occidente per molto tempo: gli stessi testi di fede sono scritti in greco (es Pastore di Erma di interesse letterario; ricco di latinismi ed ebraismi). A scrivere in greco si continua fino agli inizi del III sec, quando l’esigenza di comunicare con gruppi più vasti, di lingua latina, fece nascere in parallelo una letteratura cristiana latina. Le traduzioni dei testi sacri Alle origini di questa letteratura si collocano le traduzioni di testi sacri fatte in Africa e in Italia. Già dal II sec si sentì l’esigenza di disporre di una Bibbia in latino Vetus latina: “vecchia” traduzione della Bibbia precedente a quella di Girolamo. Non si trattò di un’unica traduzione: c’erano differenze tra la Vetus Afra e quella Itala; anche all’interno delle stesse aree geografiche circolavano più testi, spesso discordanti. Queste Bibbie non ci sono pervenute direttamente, ma ne abbiamo dei campioni. Furono tradotte anche altre opere che non fanno parte del Nuovo Testamento ma all’epoca erano considerate testi autorevoli. Gli Acta Martyrum e le Passiones Le prime opere autonome in latino risalgono alla seconda metà del II sec e provengono dall’Africa. Acta Martyrum Scillitanorum (180): si apre in latino un genere già attestato in greco; per far conoscere il coraggio dei martiri e per conservarne il ricordo, si curano resoconti dei loro processi. A volte le narrazioni sono scritte dagli stessi martiri e completate da altri fedeli. Sono opere efficaci, essenziali e caratterizzate da brevità e apparente distacco da cui, paradossalmente, deriva la capacità di colpire ed emozionare. Emerge la contrapposizione tra i cristiani, portatori del nuovo, non violenti, sicuri della vita dopo la morte e i magistrati di Roma, difensori del vecchio e costretti ad usare la forza anche contro le loro reali intenzioni. La produzione degli Atti, che sono a volte traduzioni dal greco, copre tutto il III secolo. Passiones: opere di narrazione che partono da nuclei biografici; inserzione di scene toccanti. I testi più antichi sono in greco, ma il capolavoro del genere è latino: Passio Perpetuae et Felicitatis, il martirio di Perpetua, della sua schiava Felicita e del loro catechista Sàturo, avvenuto a Cartagine nel 202. Il testo è presentato nella prima parte come opera di Perpetua; è proseguito verosimilmente da Sàturo. La conclusione, con la narrazione del martirio, è opera di un redattore a cui va anche attribuito il coordinamento delle diverse parti. Secondo alcuni l’opera è frutto dell’invenzione di un autore; c’è chi l’attribuisce a Tertulliano. La Passio Perpetuae ha caratteri di umanità e immediatezza. È una letteratura che dà dignità letteraria anche a scene di vita quotidiana ma non rinuncia sul piano della forma espressiva propria della retorica, con le sue declamazioni e controversie. Nell’opera i personaggi non fanno parte della gerarchia ecclesiastica di Cartagine: testimonianza di un momento in cui la proposizione di modelli esemplari non passava ancora necessariamente attraverso la mediazione dell’autorità ecclesiastica. Sulla Passio Perpetuae saranno modellate altre Passioni africane composte da gruppi ereticali e se ne fece addirittura una traduzione greca. Più tardi il genere delle Passioni subì un’evoluzione che lo accostò ad altri generi, sorpattutto al romanzo nasce la Passione epica, sorpattutto in greco. Qui il martire è eroe vincitore che, pur morendo, sconfigge il proprio carnefice attraverso una serie di vicende fantasiose. Ma testi di questo tipo nascono dopo Costantino, quando la realtà del martirio è ormai lontana e vanno incontro alle esigenze di un pubblico che trovava nel romanzo greco una forma di intrattenimento, con cui le Passioni condividono il gusto per l’intreccio e l’attenzione all’elemento fantastico. Gli apologisti Apologetica: produzione letteraria che si propone la diffusione delle teorie cristiane e la loro difesa dagli attacchi dei pagani. Si sviluppa tra la fine del II sec e l’inizio del IV. Sviluppo più rapido in Oriente; le prime Apologie scritte a Roma appartengono a Giustino, martire nel 165, ma sono scritte in greco. I primi a scrivere in latino sono Minucio Felice e Tertulliano. Con le loro posizioni si manifesta una costante che caratterizzerà la produzione letteraria cristiana: con Minucio una tendenza conciliante con il passato classico; con Tertulliano un atteggiamento di rigorosa intransigenza. Autori: 1. Quinto Settimio Fiorente Tertulliano Vita: nasce a Cartagine intorno alla metà del II sec da genitori pagani; studia retorica e diritto, apprende il greco ed esercita l’avvocatura in Africa. A Roma si converte probabilmente verso il 195. Diventa prete e le sue posizioni religiose sono intransigenti (aderisce alla setta ereticale dei Montanisti, noti per il rigorismo). Fondò un nuovo gruppo, chiamato Tertullianisti. Muore dopo il 220. Opere: oltre 30 scritti a orientamento teologico e polemico. Ad martyras; Ad nationes; Apologeticum e il De testimonio animae per difendere il cristianesimo dagli attacchi dei pagani; De praescriptione haereticorum contro i cristiani che contaminano la loro fede con dottrine filosofiche pagane; De anima, rielabora anche fonti pagane; Ad Scapulam. Accanto ad esse, scrisse opere che affrontano problemi morali e di comportamento del cristiano nella vita quotidiana, offrendo spunti sulla società africana tra II e III sec: De spectaculis; De cultu feminarum; De virginibus velandi; De pudicitia; De corona, contro il servizio militare; De idolatrìa. Altre opere sono a carattere liturgico e teologico; altre sono polemiche contro avversari religiosi (Adversus Marcionem, Adversus Praxean…). Stile “barocco”, nutrito di efficace strumentazione retorica; gusto per l’improperio, per la descrizione sgradevole e pesante; spirito battagliero. È un personaggio arrogante che difende in qualsiasi modo le proprie convinzioni, anche con ragionamenti discutibili e prove chiaramente false. Immagine non positiva aggravata da alcune posizioni: es pervicace demonizzazione di tutto ciò che è femminile; violenta carica di rigore e moralismo. Tertulliano è figura tragica che si compiace di descrivere tutte le digrazie che prima o poi si abbatteranno contro i suoi nemici. Accanto a questi limiti emergono, però, l’acume del pensatore e la grandezza del teorico: es nell’Apologetico la definizione del rapporto tra religione e stato, impostata con la chiarezza propria di un avvocato romano, e l’argomentazione dell’anima naturaliter Christiana (l’anima, se non indottrinata diversamente, invoca spontaneamente un’unica divinità). La sua incapacità di mediare e l’integralismo lo mettono contro tutto il mondo. È il rapporto che l’oppositore ad un regime di fatto ha con la realtà che lo circonda. Ha qualità di scrittore: impasto personale di parole tecniche del gergo avvocatizio e di termini di dignità letteraria; padronanza su un periodo irregolare, spezzato, ricco di interrogazioni ed esclamazioni; brevi battute ad effetto; metafore spinte all’estremo, proprie di una fantasia allucinata. Il suo successo è confermato dalla sopravvivenza di tertullianisti ancora nell’epoca di Agostino; molti dei suoi temi preferiti ritornano con insistenza nella letteratura cristiana dei primi secoli. Ha contribuito a creare una nuova lingua cristiana, capace di esprimere a livello letterario i dogmi di fede. Autori: 2. Minucio Felice Vita e opere: africano, si colloca tra la fine del II sec e i primi decenni del III secolo; esercita l’avvocatura a Roma. Perduto un De fato; pervenuto il dialogo Octavius (un pagano e un cristiano espongono le proprie ragioni; Minucio è giudice della controversia; il pagano, Cecilio, ammette la sconfitta pg507). Gli argomenti discussi sono gli stessi presenti negli altri paologeti: monoteismo preferibile, anche razionalmente, al politeismo; cristiani innocenti rispetto ai crimini dei quali vengono accusati; istanze di pace e amore del cristianesimo. Minucio è scrittore fine edelicato, rifugge dalle grossolanità. La sua Gli altri poeti dell’Anthologia Latina Reposiano: De concubitu Martis et Veneris; assegnazione al III o al IV-V sec. L’argomento è tratto dall’VIII libro dell’Odissea amori di Marte e Venere e vendetta di Vulcano: eleganti descrizioni di maniera; senso cosmico dell’amore e il suo rapporto con il rifiorire della natura; eleganza formale, sottile erudizione. Vespa: Iudicium coci et pistoris iudice Vulcano, esempio di poesia satirica: un cuoco e un pasticcere disputano sulla superiorità dei propri mestieri, sostenendo le prorpie tesi con argomentazioni mitologiche. Vulcano pronuncia una sentenza di parità. Si evince l’esperienza di Vespa nel campo delle controversiae. Osidio Geta: Medea di Seneca scritta con esametri virgiliani per le parti parlate e mezzi esametri per i cori, secondo il genere del centone e databile fra II e III sec. Vanno ricordati altri carmi di maggiore estensione e, forse, di maggiore rilevanza che appartengono al genere della poesia didascalica e forniscono ammaestramenti nei più diversi campi dello scibile. Presenti anche composizioni epigrafiche in versi, soprattutto iscrizioni tombali. Terenziano Mauro Scrive un’opera grammaticale e metrica in versi, importante per conoscere le tecniche poetiche di questo periodo. Esperto di grammatica ed abile teorico della poesia dei novelli, visse nel II o nel III secolo. Restano tre opere: De litteris: descrive suoni e segni di vocali e consonanti, il valore numerico delle lettere e loro proprietà mistico-magiche; De syllabis: esamina vocaboli e dittonghi, questioni prosodiche e di quantità sillabiche; De metris, incompleto: tutti i metri latini e greci sarebbero modificazioni di due strutture metriche fondamentali, l’esametro e il trimetro giambico, che avrebbero dato vita agli altri metri per mezzo di aggiunte, sottrazioni e modificazioni di sillabe. Ruolo importante ha anche il falecio. Saggezza e medicina in versi Disticha Catonis: celebri nel Medioevo, raccolta di massime di due esametri ciascuna in 4 libri messa insieme fra II e IV sec. Il nome di Catone il Vecchio, presunto autore, fu scelto perché si associava all’immagine di un uomo saggio e integerrimo, celebre moralista, e richiamava un’opera catoniana genuina: Carmen de moribus. Per rendere l’attribuzione credibile si inventò una lettera al figlio. I distici sono costruiti sulla base della tipica saggezza popolare romana, con riferimenti alla tradizione letteraria e ai modelli arcaici. L’invito a ricordare le virtù dei progenitori si colloca nel periodo in cui l’editto di Cartacalla dava la cittadinanza romana a tutti gli abitanti dell’impero, scandalizzando i moralisti. Manca un impianto teorico che possa riferirsi ad una precisa linea filosofica. Quinto Sereno Sammònico: importante personaggio alla corte di Severi e Giordani; si interessa di salute. Liber Medicinalis: 60ina di ricette di cura, fondate sulle sue molte letture, in esametri. La fonte principale è Plinio il Vecchio, ma sono presenti altri modelli (es Discòride). Presenti citazioni letterarie da scrittori greci e latini, da Plauto, Lucrezio, Orazio. Sereno propone anche formule e oggetti magici con scritto abracadabra; si preoccupa di fornire medicamenti per tutti i pazienti, non soltanto ricchi, insistendo sulla differenza tra le sue ricette che possono permettersi anche i poveri e quelle di certi medici che fanno spendere immense ricchezza a benestanti creduloni. Nemesiano e la poesia didascalica Vita: Marco Aurelio Olimpio Nemesiano: africano forse di Cartagine, visse nella seconda metà del III sec (dedica agli imperatori Csrino e Numeriano). Opere: Cynegetica: tecniche sulla caccia in esametri; lungo proemio sul genere della recusatio. Rimangono anche 4 Egloghe, costruite sul modello delle Bucoliche virgiliane. Perdute opere su pesca e navigazione. La poesia didascalica sulla caccia, a Roma, aveva un illustri precedenteGrattio Falisco. Il genere cinegetico aveva riscosso (e continua a riscuotere) successo anche in lingua greca. Si trovano eleganti descrizioni di paesaggi di gusto virgiliano. La caccia porta l’uomo a contatto con la natura, allontanandolo dall’ambiente urbano, nocivo e innaturale. Il cacciatore è un nobile ricco alla ricerca di emozioni e avventure. La realtà agricola di molte zone dell’impero nel III sec era peggiorata i paesaggi alla maniera virgiliana nascondono il degrado. Egloghe: modello virgiliano; si sente l’influsso di Calpurnio Siculo. Nonostante la presenza dei modelli, a Nemesiano appartengono sensibilità e atteggiamenti nuovi. Es di originalità: II egloga: due ragazzi, Ida e Alcone, si sono innamorati entrambi di Donace dopo averla violentata e cercheranno di conquistarla ognuno per sé. La letteratura erudita III-IV sec: crescita dell’importanza e della funzionalità delle scuole. Il progressivo trasformarsi della amministrazione statale, carriera riservata a professionisti di varia estrazione sociale specificamente istruiti per tale attività, comportava la creazione di centri scolastici atti a formare questo ceto di burocrati significativo aumento delle scuole pubbliche, attive nei campi tradizionali (grammatica, giurisprudenza, retorica) e “scientifici” (medicina, architettura, musica). Molto attivi nella scuola erano i cristiani. La scuola cristiana non era confessionale: alla base dell’insegnamento c’erano sempre i classici, Virgilio e Cicerone, accanto ai quali si impiegano molti manuali relativi a varie discipline fioritura di opere enciclopediche. Grammatici furono Giulio Romano e Mario Plozio Sacerdote che compose anche un De Metris. Di interesse grammaticale anche l’epitome del De verborum significatu del grammatico augusteo Verrio Flacco curata tra II e III secolo da Sesto Pompeo Festo. Importanti i commenti a Orazio di Acrone e Porfirione. I giuristi: Papiniano, Ulpiano ecc… III secolo Emilio Papiniano: influenzò la politica nel campo del diritto di Settimio Severo. Coprì varie magistrature ma, entrato in conflitto con Caracalla, fu ucciso nel 212. I suoi 37 libri di Quaestiones e i 19 libri di Responsa condizionano la giurisprudenza e le legislazioni sucessive, anche quelle che si diedero i Germani dopo l’invasione dell’impero. Domizio Ulpiano: fenicio di Tiro, di successo presso Caracalla e Severo Alessandro; muore nel 228 per mano dei pretoriani. Scrisse: 81 libri Ad edictum praetoris, fondamentali per la definizione teorica del diritto pretorio; 51 libri Ad Masurium Sabinum, sul diritto civile; Disputationes, Responsa, Institutiones, Liber singularis regularum. Rimangono frammenti e compendi. Giulio Paolo: prefetto del pretorio; 86 opere: delle Sententiae ad filium sono pervenuti i resti di maggiore ampiezza. Erennio Modestino: Differentiarum libri IX: sulle sottili differenze tra cause in apparenza uguali. Codex Gregorianus: fine secolo, contiene i rescritti promulgati dagli imperatori del II e III sec; stessa cosa i Codex Hermogeniaus, IV sec, il Codex Theodosianus e il Corpus iuris Iustinianitendenza a definire una normativa giuridica articolata e coerente. Testamentum Porcelli: parodia del diritto testamentario testamento scritto da un maiale, intreccia la tradizione favolistica dell’animale parlante alla tecnica parodica; interessante documento letterario. Censorino De die natali: opera erudita di carattere enciclopedico (di Censorino, grammatico), divisa in due parti: 1) esamina il rapporto tra l’uomo e il suo dies natali; 2) calendario e divisioni del tempo. La teoria astrologica non ha grande rilievo. Per Censorino ha molta importanza il genius, divinità protettrice individuale; ampio spazio dato alle teorie filosofiche e scientifiche sulla riproduzione umana e le diverse età dell’uomo. Notevole erudizione: Varrone e Svetonio fonti insieme ad altre di meno facile reperimento rielaborate con abilità. Fragmentum Censorini: trattatello enciclopedico anonimo mutilo di dubbia attribuzione. Parla di cielo, stelle, terra, geometria, musica e metrica latina. Gargilio Marziale: morto nel 260; scrisse opere di storia; biografia di Severo Alessandro; De hortis che si occupava, forse, delle virtù curative delle piante; Curae Boum: opera di veterinaria. Gaio Giulio Solino Visse forse tra II e III sec; si occupò di geografia. Collectanea rerum memorabilium (nel Medioevo nota anche come Polyhistor): ricco di curiosità, frutto di un’attenta compilazione di molte fonti letterarie (es Plinio il Vecchio, Pomponio Mela, Svetonio…). Annotava le cose più curiose in cui si imbatteva, compiendo anche errori grossolani. La scrittura è elegante, rappresenta bene qualità e limiti del ceto intellettuale del periodo, dedito soprattutto a letture di varia erudizione più che di preciso impegno teorico. L’opera si apre con una ricca trattazione su Roma dai re ad Augusto. L’area esaminata si estende a numerose zone dell’impero, secondo un sistematico impianto geografico, uno degli aspetti più caratteristici dell’opera. Da Constantino al sacco di Roma La grande rinascita culturale IV sec relativa tranquillità interna accompagnata da ripresa culturale: produzione letteraria fra le più imponenti nella storia dello stato romano. Si consolida una struttura statale fortemente accentrata intorno alla figura dell’imperatore; amministrazione burocratica di altissimo livello sostegno, insieme all’esercito, dello stato. Le riforme economiche garantiscono cospicue entrate ma i tributi comportano il peggiorare delle condizioni di vita dei ceti medio-bassi; resistono i grandi latifondisti (nelle villae si trasferiscono gli stessi proprietari) divario maggiore tra ricchi e poveri (proletariato urbano; contadini prima liberi poi asserviti ai latifondisti con l’istituto del patrocinium potentiorum; artigiani impoveriti dal decadere del ruolo delle città). I tentativi per impedire la fuga verso la campagna, che tendevano a vincolare ognuno al suo status fallirono: alta mobilità. La fuga dalle città era più forte in Occidenti, meno sensibile in Oriente dove, in alcune zone, si verificò un intenso inurbamento con un miglioramento delle condizioni economiche. In questa società dirigistica con forti tratti feudali, i ceti senatori detenevano il potere economico che li rendeva interlocutori indispensabili per la definizione degli equilibri. L’impero si reggeva sul consenso degli esponenti delle classi privilegiate e sull’indifferenza delle grandi masse, legate ai problemi della quotidiana sopravvivenza e a questioni religiose. La Chiesa, rappresentante di molti settori popolari, esercitava un ruolo importante nelle vicende dell’Impero anche nella politica: la figura del vescono cresce in prestigio e autorità occuperanno cattedre vescovili anche prestigiose famiglie senatorie cristianizzate: l’azione dei vescovi è sempre più incisiva, ma la Chiesa ne risulta trasformata nelle finalità e nei comportamenti. Le grandi eresie Periodo da Costantino a Teodosio: persecuzioni contro pagani ed eretici. Religione: instrumentum regni gli imperatori sono disposti a concedere favori e privilegi per potersene servire. Ciò comporta maggiore stabilità per lo stato ma costringe spesso la corte a entrare nelle dispute dottrinali. Vicenda di maggiore gravità: scontro fra arianesimo, da Ario prete di Alessandria che sosteneva una differenza fra Cristo e Dio, e omusìa, che affermava l’identità sostaziale (=omusia) tra Dio e Cristo, sostenuta dalla Chiesa ufficiale: ciò comporta differenze tra Oriente e Occidente anche nelle età successive. Vescovi ariani, esuli, evangelizzarono i Germani, sicché i rapporti tra questi e i romani dopo le invasioni furono complicati anche dalla contrapposizione religiosa. Eresia Manichea: III-IV sec; da Mani il loro capo; credevano nell’esistenza di e il 395. Se, invece, fosse il Teodosio prefetto del pretorio per l’Italia nel 430, non sarebbe nato prima del 390 e i Saturnali risalirebbero al 430-440. Opere: si inserisono in un filone di letteratura erudita; commento al Somnium Scipionis, 2 libri, che è quasi un pretesto per l’esposizione di teorie scientifiche e filosofiche; Saturnalia: 7 libri di dialoghi articolati in 3 giornate; De differentiis et societatibus Graeci Latinique verbi: trattato sul verbo greco e latino. Valutazione di Macrobio: difficile; cambia secondo la cronologia accettata. Se inseriamo i Saturnalia alla fine del IV sec, sono una delle ultime voci di un paganesimo che tenta di difendere i propri valori; se li inseriamo nel V sec, quando il Cristianesimo ha già trionfato sul paganesimo, essi sono rappresentazione idealizzata di un mondo ormai scomparso, il cui messaggio culturale è salvato per i posteri. Saturnali: prefazione con dedica al figlio Eustazio; prologo fra Decio e Postumiano che racconta le dotte conversazioni del 384 nelle case dei principali esponenti aristocratici del tempo, riuniti a convivio prima dei Saturnali. Evàngelo: personaggio inventato che si distingue per arroganza e superbia. I primi 2 libri sono dedicati a problemi religiosi e motti di spirito degli antichi; i libri rimanenti hanno per argomento Virgilio nelle cui opere si trovano preziosi modelli di stile e informazioni antiquarie. Opera lacunosa difficile seguirne il filo. L’ambientazione è tipica di opere analoghe che raccontano discorsi tenuti durante festeggiamenti: alla trattazione dottrinale si conferisce una cornice che alleggerisce la fatica del lettore. La società è ben descritta e i personaggi felicemente caratterizzati spicca la triade dei padroni di casa: Pretestato (soprattutto), Flaviano e Simmaco, esponenti principali del partito pagano. Ai personaggi Macrobio attribuisce battute che si addicono al loro carattere. L’esposizione è sempre ben articolata e con vari artifici letterari si evita la monotonia opera ben leggibile e di buon livello. Utilizza molteplici fonti, greche e latine, che fonde abilmente in un discorso unitario. Il tea di fondo dei discorsi è la cultura classica, intesa sia come tradizione poetica che religiosa. Affronta le questioni nodali del tardo paganesimo cercando di definire un sistema religioso e filosofico da contrapporre al trionfante cristianesimo. I suoi interessi per la filosofia sono confermati dal commento al Somnium Scipionis, ricco di interpretazioni mistico-allegorico. Le edizioni dei classici Si passa dal rotolo di papiro alla pergamena. Critica testuale edizioni sempre più corrette, rivisti da specialisti insieme con i membri delle famiglie più in vista (Simmachi e Nicomani, Storie di Livio). Tale impegno era compito fondamentale di intellettuali e politici. I Panegiristi Importante l’oratoria perché le declamazioni erano esercitazioni diffuse e perché erano i maestri di scuola a tenere discorsi di ringraziamento agli imperatori nasce il genere letterario dei panegirici, canonizzato da retori greci e, soprattutto, da Menando di Laodicea (III sec d.C.). Panegyrici Latini: raccolta di 12 discorsi che vanno dalla fine del III alla fine del IV sec, eccetto il primo che è quello pronunciato per Traiano da Plinio il Giovane (una sorta di modello). Di essi 2 sono a Massimiano, 1 a Massimiano e Costantino; 1 a Costanzo, 4 a Costantino, 1 a Giuliano, 1 a Teodosio e 1 al governatore della Gallia. Rimane il nome di 3 autori: Latinio Pacato Drepanio (Teodosio), Flavio Claudio Mamertino (Giuliano), Nazario (un Costantino). Gli altri sono intitolati Panegyrici diversorum e rinviano agli ambienti della scuola gallica e per lo più anonimi. Questi discorsi sono ricchi di eccessivi elogi ma perché il discorso scritto nel mondo antico era l’unico mezzo di comunicazione di massa e il veicolo di diffusione e di propaganda. Nel citare le qualità dell’imperatore, l’oratore delineava una graduatoria di valori e, rivolgendosi agli ascoltatori, poteva sottolineare gli elementi che riteneva di maggior rilievo e sfumare gli altri. Non era, quindi, una comunicazione che andasse rigorosamente nella direziono unilaterale trono-sudditi perché il panegirista riusciva ad accogliere le necessità delle popolazione e a presentarle al regnante abilmente intrecciate con gli elogi. Non tutti i discorsi sono ugualmente ricchi e ben riusciti: luoghi comuni, discorsi generici ecc… per la paura di compromettersi. Ciò vviene raramente. Eumenio: autore deò celebre discorso Pro instaurandis scholis nel 298 al governatore della Gallia Lugdunense mira ad accelerare la ricostruzione delle scuole. Quinto Aurelio Simmaco Vita: soprannominato Eusebio; nasce da nobile famiglia intorno al 340-45. Carriera politica rapida e fortunata (es proconsolato in Africa, prefettura a Roma, consolato). Muore intorno al 402-403. Opere: 8 orazioni lacunose, di cui 3 a Valentiniano e Graziano (veri e propri panegirici), 5 tenute in senato (tra cui una pro patre), la cui struttura rimanda a quelle tipiche delle scuole di retorica. Lettere: epistolario in 10 libri. Relazioni: lettere ufficiali inviate agli imperatori nel periodo della prefettura. Simmaco: per lli antichi eccellente oratore; i moderni possono giudicarlo solo per le lettere, una delle migliori fonti sulla tarda antichità. L’epistolario offre un repertorio dei personaggi più importanti dell’epoca. Fra i temi più trattati c’è quello dell’amicizia, intesa come garanzia di reciproci favori (numerose lettere di raccomandazione), ma compaiono anche temi relativi a scandali, esosità delle tasse, attività edilizia ecc… Lo stile è gradevole e tendente alla brevità, secondo Simmaco principale qualità di una lettera; non mancano battute di spirito. L’epistolario fu pubblicato dal figlio Memmio non è possibile attribuire con certezza a Simmaco i criteri di selezione delle lettere, sottoposte a un censura (eliminate le lettere ai personaggi più scomodi), di cui ci sfuggono i termini precisi. L’ultimo libro, contenente le lettere personali agli imperatori, è andato perduto: rimangono soltanto una lettera a Teodosio e una a Graziano. Relationes: lettere ufficiali agli imperatori che ci schiudono il mondo della burocrazia, dell’intreccio tra questioni giuridiche e politiche. Relatio III: altare della Vittoria, ultimo vero scontro fra pagani e cristiani: è il testo con cui, in nome della libertà di religione, si chiede di consentire ai pagani di venerare le proprie divinità, riportando l’altare della vittoria in senato; la risposta viene da Ambrogio che, minacciando l’imperatore Valentiniano II di sconomunica, ottiene che la petizione fosse respinta (pg534). La trattazione di Simmaco è elegante e toccante: personificata, Roma stessa chiede che la Vittoria rimanga al suo fianco in nome di un glorioso passato e del mistero che circonda i fatti della fede. Non mancano motivi concreti: l’impertore devi ristabilire finanziamenti al culto (mantere i sacerdoti) sotto una disputa apparentemente ideologica si discute di forti stanziamenti di denaro e con essi di immediate situazioni di prestigio e di potere. Le discipline scientifiche Materie scientifiche: conoscono una particolare fioritura nelle scuole tardoantiche, facilitata da una favorevole legislazione e motivata da esigenze pratiche economiche o militari manuali e trattati pratici. Medicina Plinii: forse prima metà del sec; rielabora materiale tratto dalla Naturalis historia ma aggiunge ricette nuove; Euporiston libri: forse inizio V sec, di Teodoro Prisciano; tra IV e V sec composte anche opere mediche (fra cui un Erbario). Veterinaria: Pelagonio, trattato sulle malattie dei cavalli; Mulomedicina Chironis, anonima rielaborazione latina di un originale greco in 10 libri; Mulomedicina di Vegezio, cristiano che ebbe importanti incarichi militari e politici; scrisse: 4 libri di note di veterinaria tratte da precedenti manuali greci e latini; il trattato Epitome rei militaris in 4 libri su reclutamento, battaglie navali, schieramenti ecc… da fonti più antiche. De rebus bellicis: IV sec, anonimo; in ambito militare propone innovazioni tecnologiche ed è ricco di osservazioni di economia e di politica. Opus agricolturae o de re rustica: agrario; scritta tra IV e V sec da Palladio, l’opera presenta il punto di vista del proprietario terriero occidentale, alle prese con una rapida innovazione tecnologica e con le modificazioni sociali che porteranno ad una diversa organizzazione del lavoro. De fulminibus fontibus ecc (pg535): opera geografida di Vibio Sequestre; elenco alfabetico di informazioni tratte dai poeti, soprattutto da Virgilio e Lucano e dai diversi commenti in circolazione. Sempre a IV-V sec appartengono manuali, itinerari e carte ceografiche Itinerarium Antonini : descrizione dei viaggi dell’imperatore Antonino Pio; Itinerarium Hierosolymitanum: viaggio da Bordeaux a Gerusalemme, Roma, Milano nel 333; Itinerarium Egeriae (o Peregrinatio Aetheriae): pellegrinaggio al Sinai, Palestina, Mesopotamia alla fine del IV sec; l’opera è famosa per la semplicità dell’esposizione e per la particolarissima lingua utilizzata dall’autrice: mescola forme classiche, parole e strutture sintattiche del linguaggio parlato, in un latino che prelude ai futuri sviluppi delle lingue romanze. De ponderibus et mensuris: trattatello di metrologia in esametri di Remio Favino; parla anche di alcuni problemi di fisica. Il trionfo del cristianesimo Costantino editto di Milano 313: liceità del cristianesimo, che comincia a diffondersi anche tra i ceti abbienti. Ciò comporta rivolgimenti culturali profondi che si ripercuotono sulla produzione letteraria. Arnobio Vita: nasce in Africa intorno alle metà del III sec; fu maestro di scuola e si convertì al cristianesimo piuttosto tardi; muore intorno al 327. Opere: Adversus nationes: 7 libri, scritto fra 305-310; i primi 2 libri espongono la dottrina cristiana e respingono le accuse di le imputava le recenti disgrazie dell’impero; libri dal III al V trattano le dottrine teologiche del politeismo, confutate negli ultimi 2. L’apologetica di Arnobio risente della violenza propria dei primi scrittori cristiani africani; anche il titolo della sua opera richiama l’Ad nationes di Tertulliano. Ma Arnobio è un neofita convertito in tarda età e anche per questo sente l’esigenza di polemizzare contro le cose in cui aveva creduto da giovane. La conversione recente si intuisce in alcune posizioni teologicamente discutibili, in grosse confusioni l’opera si muove sul piano dell’aggressività antipagana e delle inesattezze dottrinali, alternando pagine di elegante retorica a bizzare costruzioni fantastiche che mescolano temi del Cristianesimo e le teorie filosofiche e religiose che Arnobio voleva combattere. Il suo obiettivo principale era mostrare l’errore delle dottrine neoplatoniche, ma era rimasto condizionato dalle culture misteriche: conosceva meglio i testi pagani che la Bibbia; secondo Arnobio l’anima umana era creata da un demiurgo inferiore a dio e, per questo, capace solo di creazioni imperfette che fanno l’anima mortale mentre l’immortalità è destinata ai buoni per un successivo intervento divino; Cristo è inferiore al padre e avrebbe solo un ruolo di insegnamento. La cultura pagana è criticata con carica ironica gustosa, letterariamente felice e con un realismo da satira o da commedia che ricorda gli scrittori classici. Il suo percorso da paganesimo a cristianesimo ci mostra quello di molti uomini di cultura fra III e IV sec. Adversus nationes: ritratto delle complicate intersezioni tra vecchia e nuova fede, tra filosofia, misteri e teosofia. Lattanzio Vita: nacque intorno alla metà del III sec in Africa; insegnò retorica in Bitinia, a Nicomedia; le persecuzioni di Diocleziano lo costrinsero a lasciare l’insegnamento perché convertitosi al Cristianesimo. Nel 317 fu scelto da Costantino come precettore del figlio Crispo. Muore dopo il 324. Opere: del periodo pagano tutte perdute: Symposium, Hodoepòriucm e un trattato grammaticale. Del periodo successivo perdute le Lettere in 8 libri; rimangono 6 opere: De opificio dei: sull’armonia della natura e sull’immortalità dell’anima; Divinae institutiones, 7 libri a Costantino contro il paganesimo e sulla dottrina cristiana; De ira dei: necessità che dio si adiri contro i malvagi per dimostrare il suo amore verso i buoni. De mortibus persecutorum: drammatiche morti di chi ha perseguitato i cristiani; De ave phoenice, elegia sulla fenice, simbolo di Cristo, la cui attribuzione a Lattanzio resta incerta. Pensatore sistematico ed equilibrato che procede per periodi ampi e ben articolati, ragionamento pacato ma coinvolgente. Il De opificio Dei risente ancora di un’impostazione filosofica che rinvia alle scuole di pensiero classiche, mentre le Divinae institutiones ambiscono ad essere un libro fondamentale di sistemazione della dottrina cristiana. È più studioso che filosofo, ma ha l’importanza di aver trasportato l’apologetica sul piano della riflessione razionale. Lattanzio ricerca le radici del politeismo e esplora una linea di continuità tra il pensiero antico e quello moderno le contrapposizioni sono ridotte a criterio di evoluzione, e il cristianesimo diventa quasi il frutto della cultura classica, perché è stato capace di assorbirne gli aspetti migliori. Gli antichi valori sono riproposti alla luce della nuova fede, la sua ispirazione liberale è da Romolo alla morte di Gioviano (364). Fonti: Livio per i primi 6 libri; Svetonio per il VII; repertori a noi poco noti per i restanti. Stile elementare e chiaro: il fine era informare l’imperatore in maniera semplice intento raggiunto sul piano didattico, sia per la forma, sia per la capacità di selezionare. La ricostruzione del passato è in positivo: esaltazione di Roma e dei suoi ceti egemoni. Fortuna del Breviario immediata; tradotto in greco. Rufio Festo: Breviario scritto dopo il 371, impostato su 2 temi principali: le conquiste che hanno portato all’Impero e le guerre contro la Persia. Primo Anonimo Valesiano: forse del IV sec; breviario di storia dal 293 al 337 pubblicato dall’umanista francese Enrico Valois. Periochae del testo di Livio: brevi riassunti dei singoli libri; hanno il merito di informare sulla distribuzione della materia nei libri liviani non pervenuti, consentendoci di ricostruire il quadro di insieme dell’opera di Livio. Ammiano Marcellino Vita: di lingua e cultura greca, nasce ad Antiochia intorno al 330-35. Comincia la carriera come ufficiale dell’imperatore Costanzo; partecipa a diverse campagne contro i Persiani ma si ritira poi a vita privata. A Roma approfondìisce la conoscenza del latino e comincia a scrivere la sua opera storigorafica, entrando in contatto con gli ambienti dell’arisocrazia pagana senatoria. Tenne pubbliche letture della sua Storia con notevol successo. Muore intorno al 400. Opere: Rerum gestarum libri XXXI: dal regno di Nerva (96) alla morte di Valente (378). Pervenuti i libri dal XIV al XXXI. Le vicende di Giuliano (355-363) costituiscono la sezione principale. 96: anno di inizio dell’opera, in continuazione con quella di Tacito. Sproporzione fra la parte dedicata a Giuliano e il resto volontà di dare maggior peso ad un’età precisa, dalla forte caratterizzazione ideologica: effimera ripresa del paganesimo. Ma Giuliano non è eroe completamente positivo: critiche al suo atteggiamento verso i cristiani, a volte troppo repressivo e ingiusto. Dell’aristocrazia, comunque punto di riferimento politico, denuncia le colpe e le degenerazione morale autonomia e libertà di giudizio. Rapporto con Tacito: ambizione ad essere spassionato, sine ira et studio; prioprità degli eventi su i protagonisti; rilancio della storiografia filosenatoria in chiave attuale: è convinto che un forte gruppo senatorio potrà bilanciare il potere imperiale, accresciuto dalla coincidenza di interessi fra imperatore e Chiesa. Aspira ad una pacifica tolleranza. Troppo colto, non comprende le motivazioni dei comportamenti della plebe urbana, ma dimostra aperture e interessi “moderni”. Attenzione ad aspetti grotteschi, gusto per macabro e meraviglioso, orrido e sensuale. Nello stile aulico irrompe un realismo pittorico. A Tacito fa pensare l’inquadramento pessimistico: nessuna speranza in un futuro di Roma che possa rinnovare le glorie del passato; la città rimarrà eterna ma in un’esistenza sempre più squallida digressioni sulla corruzione di Roma. Excursus: curiosità geografiche e sociologiche, aneddoti o meditazioni filosofiche sulla giustizia. Largo uso degli artifici retorici. Stile: sempre sopra il tono giusto, con il risultato di appiattire anziché enfatizzare, forse perché ha appreso il latino in età matura ed è privo di spontaneità nel suo utilizzo. Individuati nella sua lingua grecismi lessicali e sintattici; si tratta di un soldato non di un uomo di scuola: competenza sulle finezze della retorica non approfondita. Contradditorietà fra alcune parti delle Storie: nelle valutazioni dei personaggi; prefazione metodologica del libro XV (sezione giulinea; qui afferma di non dover tacere nulla) in netto contrasto con quella del libro XXVI (sezione successiva; afferma di dover selezionare) l’opera è stata composta in più tempi. Scrupolosità nell’informazione: usa discorsi fittizi e lettere, ma avverte il lettore che si tratta di una ricostruzione fantastica. Scrittore serio e sereno, consapevole dei propri limiti ma desideroso di esprimere il proprio pensiero, convinto dell’utilità di fornire documentazione degli ultimi secoli dell’impero, confrontabile con quella disponibile per il I secolo. La Historia Augusta Historia Augusta (dai codici tramandata come Vita diversorum principum et tyrannorum): raccolta di biografie che copriva il periodo fra 96-284; mancano le vite di Nerva e Traiano e di alcuni imperatori che regnarono a metà del III sec. Autori delle vite sarebbero 6 diversi (pg547), vissuti sotto Diocleziano e Costantino; la distribuzione delle vite tra gli autori è diseguale e di diversa lunghezza. È il più complesso tra i problemi filologici e storiografici della letteratura del IV sec problemi riguardo l’attendibilità di datazioni e attribuzioni. Sussistono varie ipotesi: 1)i sei nomi sono fittizi e l’opera è di un unico autore più tardo 2) qualcuno, nella seconda metà del IV sec, ha rielaborato le Vite inizialmente redatte sotto Diocleziano o Costantino. La discussione è ancora aperta, ma sembra preferibile l’ipotesi del falsario: nuovo problema= determinarne l’epoca e i motivi per cui inventò 6 nomi. Per alcuni aspetti filosenatori e filopagani, si è pensato all’età di Giuliano o di Teodosio (durante la breve ripresa pagana) o agli inizi del V sec; alcuni all’inizio o metà VI sec. Se si tratta di un falso, forse questi non voleva rispondere in prima persona delle reazioni di chi la pensasse diversamente, antedatando l’opera e conferendole, così, maggiore autorità per via delle rischiose posizioni anticristiane e filosenatorie. Forse è una parodia della storiografia, i cui difetti sono accentuati fino all’assurdo. Il modello è sicuramente Svetonio. Le storie per temi Affrontano in forma monografica una vicenda, storica o mitica, e la narrano in modo romanzesco. Giulio Ossequente: Liber prodigium raccoglieva tutti i miracoli degli dei pagani ricordati nell’opera di Livio per respingere gli attacchi della storiografia cristiana che negava il favorevole intervento delle divinità pagane nella storia di Roma. Egesippo: De bello iudaico, storia ebraica; rifacimento in latino dell’opera di Flavio Giuseppe. Composta in ambito cristiano, l’opera è ricca di sentimenti antiebraici, evidenziati fin dal prologo. Le storie romanzate Temi: ciclo troiano e avventura di Alessandro Magno. Letture di evasione, erano destinate ad un pubblico non troppo colto ma benestante. Erano spesso rielaborazioni o traduzioni di originali greci. Con esse si apre il filone del romanzo medievale. Ephemeris belli Troiani: IV sec, di Lucio Settimio; riprende, riducendolo, un testo greco del I sec d.C. sulla guerra di Troia. Fantasiosi anche nomi e attribuzioni di autori; sicura l’esistenza del modello greco. Prologo: un certo Ditti Cretese partecipò alla guerra di Troia tenendo un diario, ritrovato in età neroniana e regalato all’imperatore. Primi 5 libri: assedio e distruzione di Troia dal punto di vista di un assediante; il resto raccontano le storie dei ritorni in patria degli eroi greci, completando la tematica dell’Iliade con quella dell’Odissea. Settimio risente molto del latino di Sallustio, principale fonte linguistica e stilistica; non mancano riprese dai classici (es Cicerone, Virgilio). Historia Alexandri Magni e Itinerarium Alexandri: interessi sotirici prevalenti su quelli geografici; autore forse Giulio Valerio Polemio. Alla base di entrambe le opere c’era un originale greco che per l’Historia è il Romanzo di Alessandro. Lingua: latino popolare, pieno di termini di lingua d’uso, adatto al pubblico a cui si rivolge. Epitome rerum gestarum Alexandri Magni: fra IV-V sec. Historia Apollonii regis Tyrii: difficile da datare (forse III-IV sec) perché possibili i rimaneggiamenti e le rielaborazioni; ipotizzabile un originale greco. È il testo che più mostra caratteri evidenti di invenzione in un intreccio complicatissimo. Il romanzo affascina il grosso pubblico: ambientazione esotica e suggestiva, elementi fiabeschi recuperati dalla tradizione favolistica antica. È il più medievale e insieme il più simile al romanzo greco dei testi dell’antichità latina. Le vite di santi Riprendono vari elementi da diverse forme letterarie: l’impostazione rinvia alla biografia di stampo svetoniano; influsso di Passioni e Atti di martiri; spunti dalla letteratura prodigiosa e fantastica. Questi testi avevano una duplice finalità: consolidare l’unità dei credenti attraverso il culto dei personaggi esemplati e rafforzare il ruolo della gerarchia ecclesiastica differenze rispetto alle tradizionali vite: la finalità educativa prevale sul gusto del particolare erudito o piccante. Vita di Antonio: scritta in greco da Atanasio dopo la morte di S. Antonio abate, fu tradotta in tutto il Mediterraneo per la fortuna eccezionale dovuta all’ambientazione esotica, alla vivacità romanzesca . Fece presa negli ambienti cristiani la scelta di vita descritta nell’opera (rinuncia alle cose terrene:direzione opposta a quella della Chiesa ufficiale, presa dal proprio potere istituzionale). Il centro dell’opera è la vocazione di Antonio all’eremo su cui si innestano racconti di miracoli e incontri con pellegrini, meditazioni morali e massime; la varietà evita la monotonia. Vite di Ambrogio, Martino di Tours e Agostino: le più antiche (dopo il resoconto su Cipriano); si caratterizzano per la scarsa presenza del meraviglioso e perché i protagonisti, dotati di virtù monastiche, fanno parte della gerarchia ecclesiastica propongono un modello di santità attiva. La poesia e il teatro Le corti imperiali del IV sec sono importanti centri di produzione poetica presenza di un pubblico colto relativamente ampio, interesse dei regnanti a circondarsi di letterati che potessero diffondere le ideologie dominanti presso i ceti economicamente e politicamente più significativi. Intorno agli imperatori circolavano scrittori di vario genere e ciò comportava notevoli varietà di temi e atteggiamenti. È però possibile individuare un tratto comune a questa poesia: la ripresa dei classici di età augustea. (Decimo Magno) Ausionio Vita: nasce a Burdìgala intorno al 310. Fu professore di grammatica e retorica. Nel 364 fu chiamato a corte come maestro del futuro imperatore Graziano; ricoprì poi importanti cariche pubbliche. Ritiratosi a vita privata muore intorno al 393-4. Opere: Opuscola: raccolta di tutte le numerosissime opere, soprattutto poetiche, precedute da 3 Praefatiuncolae in distici elegiaci, probabilmente posteriori al 383. La sua opera è fortemente segnata dalla sua attività di maestro di scuola: i temi sono quelli tipici del mondo dell’insegnamento; la scelta delle parole e i giochi metrici mostrano l’esperienza del retore. Nel mondo antico la definizione di valori e ideali era affidata alla scuola, alla grammatica e alla poesia fare poesia su di essi, ironizzando bonariamente e parodiandone alcuni aspetti, rispondeva agli interessi culturali di uno dei settori più importanti per l’organizzazione sociale dello stato. Commemoratio professorum Burdigalensium: i personaggi sono colti nelle occupazioni quotidiane; interesse per i pettegolezzi propri del mondo scolastico ritratto chiaro di una società colta di provincia; è anche fondamentale documento. Eclogarum liber: tipici argomenti di insegnamento. Protrepticus ad nepotem: piano di studi da seguire per la formazione culturale. Lo stesso si può dire delle molte opere composte da pezzi di pochi versi dedicati a illustrare personaggi famosi, o i sette sapienti o le città più importanti dell’impero. Oratio: preghiera in versi ropalici dalla versificazione ricca di virtuosimi e dal pieno dominio su lingua e parole. Griphus ternarii numeri: indovinello di stampo pitagorico. Cento nuptialis: versi di Virgilio tagliati e accostati in modo da modificarne il significato originario piegandoli a descrivere celebrazione e consumazione di un matrimonio. Grammaticomastix: elenco delle più difficili questioni linguistiche. Poesia funeraria : Epitaphia, iscrizioni fittizie per le tombe dei grandi personaggi della letteratura; Parentalia, carmi dedicati ai propri defunti ricchi di espressioni di tenerezza e affetto. Bìssula; Mosella, opera di maggiore impegno, reminiscenze di autori classici(pg552). 114 epigrammi; 25 epistole metriche ad amici, tra cui personaggi importanti. Ad Assio Paolo invicia una curiosa lettera bilingue greco-latina, primo esempio di poesia maccheronica in cui alle parole latine sono applicate desinenze greche e viceversa. Prosa: Gratiarum actio in onore di Graziano; Ephemeris: descrive la giornata tipica di un alto burocrate imperiale; ricerca formale; metri diversi per le varie fasi del giorno. Nella sua poesia Ausonio dà spazio ad un realismo spicciolo e quotidiano. Mostra totale sordità ai problemi reali, sociali, economici e politici. Nella visione di Ausonio lo stato è ancora quello del I sec d.C. La tradizione letteraria classica è recuperata per intero anche se in forme diverse: uso di vari tipi di verso (polimetria) e sperimentazione poetica (neoterismo); eleganza compositiva, equilibri formali (età augustea). La grande erudizione tende al recupero di una tradizione sentita come degno soggetto di una poesia capace di cofnrotnari, attraverso un’originale rielaborazione, con temi consacrati da secoli di letteratura Ausonio era cristiano ma è lontano da rigorismi estremistici e difende ciò che del paganesimo è funzionale all’esaltazione di Roma. Grande successo per: abilità, potere politico, atteggiamento conciliante. Il successo diminuisce con il tempo, fino alle valutazioni anche troppo negative di una critica recente che non è disposta a perdonare i suoi atteggiamenti superificiali e scherzosi. Claudiano ricostruire il martirio nei suoi aspetti eroici grande fortuna delle Passioni nel V sec. Le due opere contengono informazioni sulle consuetudini di vita dei cristiani. La nuova poetica si confronta con quella classica senza timori, perché l’eccellenza degli argomenti compensa i limiti soggettivi dei poeti intenzione di competere con i classici, nella certezza di risultare ad essi superiori, forti dell’aiuto di Dio. Prudenzio sceglie come modello e rivale Orazio, ma al posto della mitologia usa racconti biblici o narrazioni fantastiche dei martìri. Inni, successo: valore letterario non secondario: ricchezza di erudizione nel campo della tradizione classica e della cultura biblica, pieno possesso degli strumenti metrici, abilità oratoria e retorica perfino eccessiva. Poesia didascalica: tre poemetti (Apotheòsis, Hamartigenìa, Psychomàchia) e un Dittochaeon. Apotheòsis: esametri; preceduta da un inno sulla trinità in esametri e da una prefazione in giambi; argomento teologico (trinità, passione di Cristo); confuta dottrine ereticali; opposizione violenta agli ebrei; Giuliano l’Apostata è ricordato con riseptto ma ne condanna la scelta religiosa; Hamrtigenìa (origine del peccato): sull’anima umana e responsabilità dell’uomo per confutare le eresie; esame dei peccati e manifestazioni del male cosmico; descrizioni eleganti e di piacevole lettura; moralistiche condanne del lusso; attacchi alle donne, strumenti del demonio; conclude il poema con una rappresentazione dell’inferno e del paradiso e con una preghiera a dio perché sia indulgente verso di lui. Psychomàchia: il più riuscito e complesso; descrive, in esametri e con tecnica epica, il combattimento fra vizi e virtù, personificati che si comportano come eroi omerici o virgiliani: gusto per il macabro. Ai duelli si alternano i discorsi a cui è affidato l’insegnamento morale: stretta commistione fra epos e poesia didascalica. La descrizione, vivace e dettagliata, ricorre all’allegoria, diventando quasi una rappresentazione iconologica. I tipi allegorici creati da Prudenzio si diffonderanno anche nelle zone di cultura tedesca. Dittochaeon: didascalico; illustra scene di Antico e Nuovo Testamento (considerati due nutrimenti, come da titolo). I brevi carmi dovevano fungere da didascalia a raffigurazioni pittoriche interesse al rapporto testo- immagine. Contra Symmachum: poema apologetico in 2 libri; argomento: disputa sull’altare della vittoria tra Ambrogio e Simmaco. Prudenzio fa sue le tesi di Ambrogio contro l’idolatria pagana; insiste sulla necessità di non contrapporre il cristianesimo alla civiltà romana: attribuire alla volontà divina i successi di Roma è un modo per recuperarne la tradizione, limitando i cambiamenti al solo fatto religioso, senza rinunciare alla cultura classica. Paolino di Nola Vita: nasce nel 353 a Burdigala; intraprese una brillante carriera politica (console; governatore in Campania). Abbandonò la politica e si ritirò prima in Spagna, dove divenne prete nel 394, poi a Nola di cui divenne vescovo dal 409. Muore nel 431. Opere: Epistulae, circa 50 scritte tra 394-413. Carmina: circa 30; metri vari ma esametro prevalente. Perso un Panegirico di Teodosio; quasi sicuramente spuri De obitu Baebiani e i 4 carmi dell’Appendix a lui attribuita dai manoscritti. Lettere: destinatari: spesso personaggi di primo piano; argomenti: questioni concrete, informazioni di vita quotidiana (a volte accompagnate dalle risposte), temi di maggiore impegno teologico (es corrispondenza con Agostino) il suo ideale era un mondo pacifico e sereno, in cui le cose andassero per il loro verso, magari per intervento provvidenziale di qualche santo. Così anche la fede non deve diventare eccessiva e superba, ma deve essere quella istintiva degli umili. Paolino si tiene distante anche dalle polemiche sulle eresie. Altro argomento presente nelle lettere: Rapporto cristianesimo-cultura pagana: cultura pagana è pericolosa se usata per sé ma può essere conservata se viene utilizzata per trasmettere la nuova fede stile: usa tutti gli artifici della retorica, ma anche parole e intere frasi tratte dalla Bibbia in un collage che può ricordare i centoni. Carmi: quasi metà a S. Felice protettore di Nola, a cui è dedicato un carme ogni anno in occasione del suo natalicium (giorno del martirio); Natalicia: 14, di varia lunghezza (tra 395-408). In qualche caso si sofferma sulle vicende del momento. Stile: sostenuto; lingua nell’insieme epicheggiante. Temi: spesso tratti dalla realtà rurale di Nola, dove le scene più riuscite descrivono feste popolari: accenti di incantevole candore e disarmante sincerità. Altre poesie (non natalicia): lettere in versi ad Ausonio: esalta la superiorità della vita spirituale e della dedizione alla fede, ribadendo la decisione di abbandonare le cose del mondo. Rivisita tre generi tipici della poesia classica, apportando innovazioni molto significagive: Epitalamio (403): per le nozze di Giuliano d’Eclano (l’epitalamio diventa quasi un’esortazione);Propemticon: carme d’augurio per il viaggio di un amico; consolatio: per una coppia di coniugi che hanno perso un figlio. Paolino vede nella sua poesia un mezzo di edificazione e di intervento, ma non la considera, come Prudenzio, lontano dai circoli che contano, come il mezzo principe per esercitare la propria influenza. Il Querolus Querolus sive aulularia: commedia anonima collocabile sul finire del IV sec o inizio del V; unica commedia latina di età imperiale pervenuta, segna un ritorno alla produzione teatrale. Cambiano struttura e destinazione: è destinata a rappresentazione privata (es banchetti), non alla scena. Il testo è in prosa, ma ricca di andamenti metrici (non più in versi). I testi drammatici tardoantichi, destinati ad un pubblico più selezionato rispetto a quello che assisteva alle rappresentazioni nei teatri, adottano una forma di espressione che anticipa di molti secoli il teatro in prosa moderno. Il Querulus si discosta dalle commedie antiche per trama e caratterizzazione dei personaggi. È una sorta di continuazione dell’Aulularia. Querolo: personaggio ben delineato che sembra cercarsi la sfortuna: si lamenta di tutto ed è convinto che colpe e difetti risiedano negli altri. Presenza del Lar: genio tutelare, sdoppiamento e metà più lucida di Querulo; il loro dialogo è quasi un esame di coscienza, di quelli che gli stoici tardoantichi raccomandavano al vir bonus. La commedia rispecchia ideali e consuetudini di vita dei signori colti: descrizione credibile di una villa gallica e delle persone che la abitavano, del padrone e dei servi. Servo: monologo in cui espone la vita dei servi il punto di vista è anche qui quello dei padroni, tanto consolatorio da dichiarare che la vita degli schiavi non ha nulla da invidiare a quella dei signori. L’intento moralistico non è tale da distruggere la piacevolezza del racconto successo nel Medioevo. L’apologeo della cultura cristiana I padri della chiesa Dalla seconda metà del IV sec al sacco di Roma: uno dei momenti più felici nella produzine letteraria latina, per quantità, ricchezza culturale, eleganza formale delle opere. Patristica: campo di fertilità prodigiosa; Padri della Chiesa: scrittori cristiani di questo periodo, greci e latini, che compiono un’opera di mediazione tra cultura classica e cristiana. Il mondo latino continua ad essere, nella riflessione teologica e nell’esegesi biblica, parzialmente debitore di quello greco, ma produce comunque figure fondamentali ed è ricco di figure di intellettuali “intermedi” che trasmettono ai fedeli le elaborazioni dei grandi pensatori. Autori: 1. Ambrogio Vita: nasce a Trèviri (Germania) intorno al 339-40, da importante famiglia senatoria già cristianizzata. Studia nelle migliori scuole di Roma. 370 circa: inviato a Milano come governatore di tutta l’Italia Settentrionale. 374: morte vescovo di Milano Ambrogio sopisce i violenti conflitti tra ariani e cattolici: fu, quindi, nominato vescovo. Muore nel 397, dopo aver avuto un ruolo di primo piano nelle principali vicende di impero e chiesa. Coprì un ruolo fondamentale anche nel concilio di Aquileia del 381. Minacciò di scomunica Teodosio e gli impose pubblica penitenza dopo un intervento di polizia contro la città di Tessalonica di fatto fu una delle principali autorità dello stato. Opere: numero notevole di scritti: 90 lettere, inni (sicuramente autentici solo 4), discorsi funebri o polemici, prediche queste sono state a volte rielaborate e unite insieme a formare nuove opere. Così è per: Hexàmeron (6 libri con 9 discorsi sulla creazione), De sacramentis, molte opere sulla verginità. De fide: 3 libri sulla teologia trinitaria; De paenitentia: su peccato e grazia; De officiis ministrorum: 3 libri sui doveri dei sacerdoti e fornisce precetti di vita; De Nabùthae, su proprietà e rapporto ricchi-poveri. Numerosissimi i commenti a passi di Antico e Nuovo Testamento. Risale almeno in parte ad Ambrogio il processo di secolarizzazione della Chiesa che la porta gradualmente a sostituirsi alle istituzioni politiche in decadenza. Con lui si limita l’autonomia decisionale dell’imperatore che, in quanto cristiano, è soggetto alla chiesa sulle iniziative politiche che hanno rilievo sul piano morale es discorsi funebri per Valentiniano II e Teodosio: qui traccia il profilo del pius princeps stabilendo una sorta di legame tra la pietà cristiana dell’imperatore e il suo diritto a governare. Controversa la valutazione di Ambroglio sul piano letterario, ma unanime il giudizio positivo sugli inni (in dimetri giambici catalettici): autenticità di Aeterne rerum conditur, Iam surgit hora tertia, Deus creator omnium, Veni redemptor gentium è garantita da Agostino. Epistolario: efficace; alterna lettere private e ufficiali: evidente una raffinata eleganza. Fra i temi ricorrenti, lo scontro cattolici-ariani. Presente anche l’eco dell’ultima battaglia contro il paganesimo (disputa Altare della Vittoria). Fa frequente uso di citazioni bibliche, latino chiaro ed elegante; delinea il ruolo del vescovo nella tarda antichità. De officiis ministrorum: nel titolo e nel numero di libri (3), richiama il ciceroniano De officiis. Del mondo antico recupera valori e comportamenti compatibili con la nuova etica cristiana nel confronto fra idee antiche e moderne, opera travisamenti e aggiustamento: cristianizzazione del pensiero antico; classicizzazione del cristianesimo, coerente con il suo progetto di integrazione Chiesa-Impero. Hexameron: commenta i 6 giorni della creazione in 6 libri; risente di analoghi scritti di autori cristiani greci. Opere di gradevolezza letteraria; ingenuo stupore della sua scrittura; raffinata esposizione che usa le tradizionali figure retoriche. De nabùthae e De Tobia: tema della ricchezza e della proprietà privata, condannata quando comporta differenze abissali fra ricchi e poveri. Autori: 2. Girolamo Vita: nasce in Dalmazia intorno al 347. Studia nelle migliori scuola di Roma. Viaggia molto; in Oriente apprende il greco ed è ordinato sacerdote; 3 anni di vita monastica nel deserto della Càlcide. Tornato a Roma ha grande successo: segretario del papa Dàmaso, alla cui morte autorità e prestigio di Girolamo decadono; criticato il suo ascetismo come eccessivo. Andò in Oriente, fa fondare monasteri maschili e femminili e muore intorno a 419-20. Opere: Vulgata: traduzione in latino della Bibbia. Epistolario. 3 vite di monaci eremiti. Commenti a testi diAntico e Nuovo testamento; testi di polemica religiosa: Adversus Iovinianum (su ascetismo e verginità); Adversus Vigiliantium (culto dei martiti); Dialogus adversus Pelagianos: 3 libri contro l’eresia di Pelagio. Traduzioni dal greco di autori cristiani: Chrònicon: traduce e aggiorna l’opera di Eusebio; De viris illustribus: 135 biografie di scrittori cristiani, da S.Pietro a Girolamo stesso. Carattere decisamente difficile famosa la polemica con Rufino: Girolamo, dopo essere stato seguace di Orìgene (che sosteneva la lettura allegorica della Bibbia), compì un brusco voltafaccia contro Giovanni, vescovo di Gerusalemme e sostenitore di Orìgene: alla pacata dichiarazione di disaccordo di Rufino risponde con improperi e invettiva personale. Ricorda la veemenza di un Tertulliano, ma la sua aggressività è molto meno giustificata: il Cristianesimo non è più minacciato da persecuzioni. Del carattere difficile di Girolamo è testimone anche l’epistolario: emerge la figura di un uomo brillante, ma anche violentemente emotivo col desiderio di primeggiare. Le lettere affrontano temi di ogni tipo. Si assiste ad una modifica strutturale: nei suoi sviluppi occasionali, la lettera si trasforma, avvicinandosi a specifiche forme letterarie (biografia, trattatello, scritti esortatori alla verginità, consolationes, disquizioni esegetiche sulla Bibbia…). Molte lettere sono sul rapproto fra Cristianesimo e cultura classica: notissimo il sogno che racconta di aver fatto durante il primo soggiorno in Terrasanta (pg571) che si traduce in una solenne abiura del classicismo. Il suo capolavoro è la Vulgata: del testo biblico circolavano varie traduzioni in latino, da cui la necessità di una revisione che stabilisse un testo definitivo e canonico. Su incarico di papa Damaso, allestì la traduzione del Nuovo Testamento e una traduzione dei Salmi, effettuata sul testo greco più diffuso, quello dei Settanta che traduceva a sua volta l’originale ebraico. Girolamo si convinse della necessità di tradurre in latino ma di fatto vivono intrecciate e mescolate in ogni uomo: il futuro dell’umanità è che la loro inseparabile mescolanza diventi, alla fine, separazione. L’ordinaria società deve far posto a una civitas peregrina, comunità di cittadini “stranieri in patria”: il peregrinus, straniero-pellegrino, deve viaggiare per uscire dal mondo in cui si trova ad esistere e raggiungere la città di Dio (peregrinus: straniero che temporaneamente risiede nel mondo perché non può rifiutare un’intima dipendenza dalla vita che lo circonda) consapevolezza che l’uomo, anche il Cristiano, è legato a questo mondo da vincoli necessari: l’opera è un ardente invito a vivere nel mondo, ma, allo stesso tempo, distaccati dal mondo. Pensiero e stile di Agostino Il suo pensiero è arricchito dal complesso itinerario individuale: si forma sulla tradizione classica; manicheo; neoplatonico, ha approfondito la lezione di Platone partecipando alle elaborazioni filosofiche dell’ultima corrente del pensiero pagano; pur ridimensionando il ruolo di Roma e dell’impero, non esista a chiederne l’aiuto nella repressione dello scisma donatista; raffinato intellettuale, si occupa di problematiche complesse; raggiunge fino al più debole e incolto dei suoi fedeli; scrive per tutti. A tale necessità risponde lo stile, diverso a seconda dell’opera. Più colloquiale nei Sermoni, dove cerca, con la ripetizione di singoli nessi e termini, di imporre alla memoria i concetti fondamentali. Vario anche lo stile delle epistole. La sua scrittura si articola in periodi di brevi elementi disposti musicalmente secondo precise corrispondenze di durata, rime e assonanze (presuppone una lettura a voce alta). La costruzione elegante, a volte troppo artificiosa, ingloba le citazioni bibliche in un discorso continuo, senza far avvertire sgradevoli salti di tono. Lo stile è un sistema di perfetti equilibri che garantiscono la stabilità dell’insieme; logica sottile e spietata. Altri padri della Chiesa Rufino: Aquileia, 345-411 circa. Fu prima amico di Girolamo, poi oggetto dei suoi attacchi. La sua produzione originale è quasi tutta sulla polemica su Orìgene, che egli difende ipotizzando che i passi non ortodossi dello scrittore siano opera dei falsari nel De adulteratione librorum Origenis. Nei due libri di Apològia contra Hieronymum giustifica i motivi del suo apprezzamento verso Origene. De benedictionibus patriarcharum: opera di esegesi veterotestamentaria. L’attività di traduttore è più significativa di quella di scrittore. Traduzioni più interessanti: storie dei monaci d’Egitto, che contribuirono alla diffusione del monachesimo in Occidente; rielaborazione della Historia ecclesiastica di Eusebio, che Rufino tradusse, integrò e completò aggiungendo la parte dal 324-395. Sulpicio Severo: scritto brillante e piacevole, nasce nella Gallia Aquitanica intorno al 360; studia a Bordeaux; si dedica alla vita ascetica; a Tours nel 396 conosce il vescovo Martino che influenzerà la sua attività di scrittore; nel 399 rinuncia a tutti i suoi bene e con l’aiuto economico della suocera (vedovo) costruisce un convento nella Gallia Meridionale dove rimane fino alla morte (420 circa). Molta della sua produzione letteraria ruota attorno alla figura di Martino Vita sancti Martini, uno dei primi esempi di vite dei santi scritte in Occidente. Le fonti non sono sottoposte a vaglio critico e largo spazio è lasciato a miracoli e descrizioni fantasiose: danneggiata l’attendibilità storica, ma efficacia propagandistica; lettura gradevole. Martino: ideale di ascetismo e dedizione a Dio, in lotta con il diavolo e protagonista di vicende edificanti spesso con evidenti tratti di soprannaturale i fenomeni di credenza superstiziosa, elementi di “religiosità popolare”, erano diffusi anche presso persone di cultura. Ripsetto alle vite orientali, Sulpicio è parco di miracoli e visioni demoniache. La notevole capacità di Sulpicio di colpire la fantasia dei lettori, ha contribuito alla creazione della leggenda di S. Martino. Al ciclo di Martino appartengono anche due Dialogi: dialogo tra Sulpicio, un monaco occidentale e un viaggiatore reduce dall’Oriente: confronto tra le imprese dei monaci orientali e quelle di Martino, ad essi affatto inferiori; toni ancora più popolari. Lettere: vicende di vita, morte, culto di Martino. Chronica: 2 libri, scritto storiografico, facile manuale di storia ecclesiastica dalle origini del mondo al 400 d.C.; ampia la trattazione sull’eresia di Priscilliano (Sulpicio sembra simpatizzare per alcune eresei). Affinità biografiche e di scrittore con Paolino di Nola: capacità di cogliere quanto di meraviglioso e fantastico circola nei ceti subalterni e diventarne i cantori; attraverso il Cristianesimo emergono ambienti e realtà finora ai margini della cultura classica e che saranno tra gli elementi più vivi della nuova realtà medievale. Da Onorio a Odoacre (410-476) La fine dell’impero d’Occidente: un nuovo quadro politico-istituzionale Ultimi decenni dell’impero: susseguirsi di invasioni e inefficacia dei tentativi di resistenza; divisione Oriente-Occidente definitiva e rapporti culturali precari differenziarsi delle varie zone anche sul piano linguistico e letterario; aree periferiche abbandonate già prima delle invasioni per impossibilità di garantirne il collegamento con il centro (es Britannia: recupero del sostrato celtico): vicende drammatiche per debilitazione delle economie e peggioramento delle condizioni di vita. Africa, Sardegna, Corsica, Baleari poi Sicilia conquistate dai Vandali primo Stato autonomo. Spagna: attraversata da Vandali, Suebi, Alani. Gallia spartita tra Visigoti, Burgundi, Franchi, Bretoni. L’Italia, dopo l’invasione dei Visigoti di Alarico, riesce a respingere quasi tutte le ondate ed è investita solo marginalmente da quella degli Unni, il cui impero (fra Reno, Urali e Danubio) termina con la morte di Attila. Cessato il pericolo degli Unni i vari stati germanici si consolidano e ha inizio un processo di definizione dei rapporti con la nobilitas romana e con la Chiesa accordi che consentiranno un’integrazione relativamente pacifica. Il cambiamento istituzionale (impero-stati nazionali) è accompagnato da regresso economico: 1)inizio V sec le casse imperiali possono far fronte alle spese ma a costo di imposizioni fiscali gravose; latifondi (Gallia, Africa soprattutto) producono ingenti ricchezze; commerci attivi nelle maggiori città; 2)seconda metà V sec: crisi fortissima che coinvolge le casse dello stato e i patrimoni privatidistruzione delle città, riduzione aree coltivate fortissimo aumento della tassazione. Contadini e schiavi si armano per combattere contro gli invasori e i rappresentanti del potere imperiale, soprattutto in Spagna e Francia. Dalla crisi ad una nuova sintesi culturale Nella realtà mutata non manca la conservazione di alcune caratteristiche tipiche del sistema imperiale, come le tradizioni burocratiche e amministrative che garantiscono anche la sopravvivenza delle scuole, necessarie per formare personale competente. I Germani erano già in contatto con la cultura romana e ciò rende meno pesante l’impatto dell’occupazione. L’integrazione si verifica su tutto il territorio, ma con modalità diverse: quadro poco omogeneo della vita culturale e letteraria dell’Occidente. Agli ideali della tradizione classica si affianca in alcuni la disponibilità, più o meno interessata, al confronto col mondo dei vincitori, trasponendone la cultura nei canoni latini in una mediazione passato-presente. Marziano Capella: cartaginese, avvocato-scrittore. Vive in Africa tra il sacco di Roma 410 e quello di Cartagine 439. De nuptiis Mercurii et Philològiae: enciclopedia dell’erudizione classica (grammatica, commentari ed enciclopedie sono generi ancora ampiamente praticati) in 9 libri. L’opera è in prosa ma con frequenti parti in versi (quasi un’antologia dei metri antichi), avvicinandola alla Satura Menippea. Forte gusto per l’allegoria: in questa fabula epitalamica allegorica, Mercurio presenta, come dono nuziale alla sposa Filologia, 7 discipline liberali. Le Artes o Disciplines enciclopediche espongono in prima persona di fronte al senato celeste. La configurazione scolastica del Medioevo in Trivio e Quadrivio ha l’enciclopedia marzianea come modello. L’opera è una summa della cultura e della scienza antiche: da cui la sua importanza storica. Lo stile di prosa e poesia è artificioso e complicato, di lettura difficile e problematica; forte intonazione retorica, sapientemente strutturato; riecheggiamenti di autori classici, variati a formare nuove immagini con un nuovo impasto linguistico. L’esposizione della dottrina delle arti è condotta con una prosa tecnica e concettosa ma più semplice. Prontuari scientifici Interesse per vari settori scientifici Medicina: Marcello Empirico: alto funzionario dell’Impero d’Oriente, dedica ai figli un De medicamentis; tra le fonti Plinio il Vecchio, lo Pseudo-Apuleio e Celso. Lingua: latino pieno di termini tecnici, grecismi, parole dell’uso popolare, gallicismi, influssi germanici; non mancano alcune formule magiche. Cassio Felice: africano; nel suo De medicina riporta termini delle lingue locali. Geografia: Giulio Onorio: Cosmografia: lezioni trascritte e pubblicate da un suo scolare; illustra una carta geografica del IV sec con particolare riguardo alla geografia fisica, fiumi soprattutto. Diritto e burocrazia Le opere di carattere giuridico e burocratico sono in maggiore continuità con le elaborazioni dei decenni precedenti. Importanti due opere scritte sotto Teodosio II, imperatore d’Oriente (408-450): 1)Codex Theodosianum: raccoglie le leggi promulgate dall’età di Constantino in poi suddivise per argomento; l’opera è fondamentale per la conoscenza del diritto e della storia della tarda antichità; 2) Notitia dignitatum omnium tam civilium quam militarium: pianta organica dell’impero d’Occidente e Oriente, con l’elenco di cariche amministrative, relative mansioni e competenze dei rapporti gerarchici. Fornisce anche un quadro delle diocesi e province dell’impero, unendo all’interesse storico e giuridico, quello geografico. Cronaca e storiografia cristiana Nel V sec il dominio della storiografia è degli scrittori cristiani, che elaborano una nuova metodologia storiografica con Agostino. Orosio: sacerdote nato in Spagna circa nel 390; fugge per l’invasione dei Vandali: in Africa è in contatto con Agostino; in Palestina con Girolamo. Ultima notizia risalente al 417. Scrive: Commonitorium de errore Priscillianistrarum et Origenistarum, primo scritto, ad Agostino, sulle eresie diffuse in Spagna; Liber apologeticus, contro il pelagianesimo; Historiae adversus paganos, 7 libri: 6 dedicati alla storia dell’umanità dalle origini fino alla venuta di Cristo e all’impero di Augusto; il 7 sul periodo imperiale fino al 417. Segue schemi tradizionali, si rifà a fonti consuete non senza fraintendimenti. Le notizie di qualche utilità riguardano la fine del IV sec e l’inizio del V. ma Orosio è importante per la sua impostazione interpretativa: è la provvidenza divina che ha voluto l’impero romano, la cui missione è facilitare la diffusione del cristianesimo, e le condizioni di vita, rispetto agli anni precedenti la venuta di Cristo, stanno migliorando evidente sottovalutazione del problema germanico. L’elaborazion di un sistema fondato sulla sacralità dello stato e sulla sua funzione provvidenziale influenzerà molto il Medioevo. Salviano: gallico vissuto circa tra 400-470. Ad ecclesiam: 4 libri, in cui invita i cristiani a consegnare alla Chiesa le proprie ricchezze per rafforzare la resistenza da opporre alle invasioni barbariche, la cui minaccia è presente anche negli 8 libri del De gubernatione dei. Risposta ai problemi storici e morali: non nega la drammaticità degli eventi, ma l’attribuisce a un disegno divino che vuole punire i cristiani delle loro colpe. Per Salviano i barbari sono strumento divino: eccessiva rivalutazione degli invasori, considerati più onesti e morali, meno degenerati e crudeli dei romani, meno colpevoli perché non ancora raggiunti dalla vera fede. Storici minori Prospero di Aquitania: vissuto tra 390-463. Chronicon: continua l’opera di Girolamo fino al 455. De ingratis: carme in esametri contro gli ingrati verso dio e contro la negazione dell’importanza fondamentale della grazia divina nella salveza (pelagiani). Idazio: continua il Chronicon di Girolamo fino al 468, occupandosi soprattutto delle invasioni barbariche. Al genere storiografico rimandano le vite di vescovi e Gli albori del Medioevo Continuità è innovazione nella letteratura medioevale La rottura dell’unità politica ebbe conseguenze anche sulla letteratura difformità nell’attività letteraria: Italia: attiva nel VI sec con figure come Boezio e Cassiodore che definisocno un’enciclopedia del pensiero filosofico, religioso e scientifico; Spagna e Inghilterra: fioriscono rispettivamente nel VII e VIII sec con Isidoro di Siviglia e Beda. Questi dotti sono ponte tra mondo classico e medievale. Importante anche Prisciano, alla corte di Costantinopoli, autore dell’Institutio de arte grammatica. Importanza ha anche il Corpus iuris civilis, monumentale sintesi del diritto romano, compilata dal 528 per volere di Giustiniano. Codex Iustinianus: primo frutto di questa attività, raccolta di leggi oggi perduta. Digesta (o Pandectae): raccolta di brani giuristi classici in 50 libri(530-33). Institutiones: 533, 4 libri, riassunto dei Digesta a scopo didattico. Necessaria la pubblicazione di un nuovo codice per l’intensa attività giuridico-legislativa: Codex repetitae praelectionis, in 12 libri (534). Le leggi entrate in vigore fino alla morte di Giustiniano (565) sono pervenute col nome di Novellae (sottinteso constitutiones), scritte in greco o in greco e latino. Occidente europeo sconvolgimenti etnici, sociali e linguistici: cresce il divario fra lingua scritta e lingua parlata, non più riconoscibile come forma popolare dell’idioma usato per scrivere nascono le lingue romanze; latino= lingua dotta, destinata allo scambio culturale elevato, e lingua liturgica della Chiesa d’Occidente. È un sistema di comunicazione per persone colte già ai tempi di Carlo Magno: ciò segna in modo decisivo tutta la letteratura a partire dal IX sec. Intorno a Carlo si riunisce una corte che favorisce letterati e poeti, la cui produzione dimostra che il rapproto fra lingua latina e società è profondamente alterato. La cultura nell’Italia del VI sec: Boezio e Cassiodoro I tre secoli che portano a questa nuova situazione sono zona di confine tra età classica e Medioevo. Si sviluppano due tendenze: 1) lottare per cancellare almeno gli effetti più sgradevoli della caduta dell’impero romano e avvicinare la visione del mondo pagana a quella cristiana (Boezio); 2) tentare il compromesso mediando con i Goti per salvare qualcosa della tradizione classica (Cassiodoro). Boezio Vita: nasce a Roma intorno al 480; studia filosofia nell’Oriente greco. È uno dei primari esponenti della nobiltà romana; fu prefetto, console e magister officiorum. Improvvisamente fu accusato di congiure contro Teodorico, quindi imprigionato e messo a morte nel 524. Opere: ad un corpus enciclopedico appartengono Institutio arithmetica e De institutione musica. Opere filosofiche su logica o dialettica: traduzioni di Aristotele, del neoplatonico Porfirio, di Cicerone; 2 scritti sul sillogismo; De differentiis topicis, trattato in 4 libri; De divisione. Opere teologiche: scritto sulla trinità; testo polemico contro alcune eresie. Opera più famosa: dialogo De consolatione philosophiae, satira menippea, prosimetro dialogo tra Boezio imprigionato e la Filosofia che lo consola discutendo di grandi temi. È una summa del pensiero antico (da cui la sua importanza) che dimostra la superiorità greco-latina sul mondo germanico: conclusione: non sempre a meriti e virtù corrisponde il successo. La rigorosa impostazione teorica, fondata su Aristotele, stoici, neoplatonici, Cicerone, Seneca e Agostino, si coniuga con una prospettiva morale che fa dell’opera un’esortazione al bene. Finissima competenza retorica; vasta erudizione letteraria; esperimenti audaci (es alternanza in ciascun libro di brani in prosa alternati a parti in poesia; uso di forme metriche anomale e inconsueto). Cassiodoro Vita: nasce in Calabria prima del 490; fu questore, console e magister officiorum. Quando i bizantini conquistano Ravenna nel 540, si trasferisce a Costantinopoli fino alla vittoria definitiva dell’impero d’oriente nel 554. Torna in Calabria dove muore nel 580. Opere: due gruppi: 1)opere fino al 540 (politicamente impegnate): Variae, lettere ufficiali in 12 libri; Chronica, eventi da Adamo fino al 519; De origine actibusque Getarum, opera storica in 12 libri perduta di cui rimane il riassunto e continuazione di Jordanes, goto vescovo di Crotone. 2) opere dopo il 540 (argomento religioso o erudito): Institutiones, prontuario enciclopedico in 2 libri dedicato alle lettere sacre e profane; De ortographia: composto a 92 anni. Cassiodoro cerca di capire il mondo dei vincitori e auspica una fusione per costruire nella pace, senza inutili contrapposizioni, il nuovo stato e la nuova civiltà. Il suo progetto politico è destinato al fallimento e dopo la guerra gotica si trasforma in un’iniziativa culturale di tipo enciclopedico ma, diversamente da Boezio, rimane attento ai contenuti pratici delle varie arti: poca letteratura e molti testi che insegnano ocme operare nelle varie attività. Nel monastero di Vivarium, sotto la sua guida, si raccolse una preziosa biblioteca e si iniziò un lavoro sui testi classici che anticipa i centri scrittorii delle abbazie dei secoli seguenti. I poeti Ennodio: nato ad Arles, circa 473-4. Vescovo di Pavia fino alla morte nel 521. Fu autore di opere in prosa, carmi ed epigrammi in cui il mondo classico è ricordato con un rimpianto singolare in un vescovo; a volte risulta appesantito dall’erudizione scolastica. Aratore: poeta di successo; De actibus Apostolorum: poema in 2 ibri di esametri. Massimiano: originario dell’Etruria, vissuto forse alla metà del VI sec; scrive 6 elegie dove la fine della cultura pagana, con la sua gioia di vivere, è rappresentata come l’incombere della morte e la tristezza dell’invecchiare. Benedetto da Norcia e Gregorio Magno Alcuni autori sono espressione della nuova relatà medievale: Benedetto da Norcia, la cui Regola, rielaborazione della più antica Regula magistri, è destinata a governare per secoli e secoli le comunità monastiche; papa Gregorio Magno, figura di grande rilievo politico e rilevante sul piano letterario. Preoccupato dalle aspirazioni dell’imperatore d’Oriente di diventare tutore del papato, sfruttò per riparasene i conflitti fra regni barbarici e Impero; consapevole dei vantaggi derivanti da una solida situazione economica e da possessi territoriali, pose le base dello Stato Pontificio 14 libri di Epistole: fonte fondamentale per la ricostruzione della vita religiosa e politica del tempo. Gregorio rifiuta l’eredità culturale profana: esemplare l’epistola a Desiderio, vescovo di Vienne, che aveva aperto per i suoi chierici una scuola che seguiva i programmi comprendenti i testi classici: Gregorio glielo vieterà. 4Dialogorum libri: tenta una forma letteraria di più immediata presa, per temi e stili, anche su un pubblico non troppo colto (il 2 è biografia di Benedetto da Norcia); affresca una realtà rurale con linguaggio colloquiale. Alla fine del secolo in Italia con i Longobardi diventa tutto difficile: per due secoli la letteratura non è più attività facile o utile: solo con nuovo clima carolingio si troverà uno storico come Paolo Diacono, autore della Historia Langobardorum , o un grammatico come Pietro da Pisa, e una ripresa degli studi. La letteratura in Africa Africa: ultimi anni del V e prima metà del VI sec= fioritura letteraria. Draconzio: ultimi anni V sec, muore intorno al 500. Commistione di argomenti pagani e cristiani: una tragedia: Orestis tragoedia (o Orestes); 2 epilli: De raptu Helenae e Medea (uniti nella raccolta Romùlea insieme ad altri componimenti di genere vario). Contesto mitologico-classico rivissuto attraverso l’esperienza della scuola, degli studi di retorica e della tradizione degli spettacoli (mimi soprattutto), che continuavano ad avere successo nell’Africa del V sec. Carattere cristiano evidente in: Satisfactio, distici elegiaci, al re dei Vandali per chiederne il perdono; De laudibus Dei, 3 libri di esametri che canta la benevolenza di Dio per suscitare la pietas del re ottenendone la grazia tentativo di usare la cultura come merce di scambio con il re, interlocutore alternativo rispetto agli imperatori romani. Colpisce la fiducia del poeta nella sua arte, la convinzione che siano ancora proponibili schemi di relazioni fra potere e cultura. Fulgenzio: età vandalica; erudito autore di 4 opere: Mythologiarum libri: cercano le motivazioni “scientifiche” sottostanti ai racconti della religione pagana, per ricavare dal simbolo le verità da esso nascoste e renderle accessibili al cristiano. Expositio Vergilianae continentiae: dialogo in cui Virgilio gli spiega le allegorie celate nell’Eneide, di cui propone una possibile lettura morale. De aetatibus mundi et hominis: riassunto di storia dal peccato originale alla seconda metà del IV sec, scritto con la tecnica del lipogramma. Expositio sermonum antiquorum: illustra il significato di 76 parole con citazioni dagli autori che a volte danno l’impressione di essere state alterate o inventate di sana pianta. Queste 4 opere sono significative di una fase di passaggio dall’antichità al medioevo: nuove proposte di interpretazione e us dei classici, nuova valutazione della storia in chiave salvificia, lingua ricercata ed efficace ma lontana dalle consuetudini dei decenni precedenti. Vittore di Vita: fine V sec; vescovo di Vita (Africa); Historia persecutionis Africanae provinciae: crudeltà dei Vandali dall’invasione 429 fino al 484, insistendo soprattutto sulle persecuzioni religiose contro i cristiani. Corippo: scrive nella metà del VI sec, nonostante fra 480-534 (riconquista di Giustiniano) diminuisca la produzione letteraria. Iohannis (Giovannide): poema epico in 8 libri di esametri sulla gloria degli eserciti imperiali guidati dal generale Giovanni; vuole ricalcare l’Eneide e narra la guerra contro i Mauri. In laudem Iustini Augusti minoris, 4 libri all’imperatore e ai primi tempi del suo regno. È poeta di cultura che intreccia cristianesimo e cultura classica. Caratteri p articolari: gusto per la rappresentazione di apparati e cerimoniali; lentezza del procedere dell’azione, sostituita spesso dalla descrizione degli ambienti e dai discorsi dei passaggi. Letteratura in Spagna Fine VI sec: positivi rapporti Romani-Visigoti società di dotti, soprattutto vescovi e uomini di chiesa ma anche Sisebuto, re Visigoto. Rinascenza visigotica: interesse per gli studi scientifici; compendio enciclopedico del sapere a cui faranno ricorso per secoli i dotti dell’Europa occidentale. Martino: vescovo di Braga (attuale Portogallo) nella seconda metà del VI sec; muore nel 580. Gli scritti morali (De ira, Formula vitae honestae) hanno come fonte principale Seneca. De correctione rusticorum: opera maggiore; mostra che nelle campagne della Galizia nel VI sec sopravvivevano pratiche pagane. Isidoro di Siviglia Vita: nasce a Siviglia intorno al 570 da famiglia di origini romane. Alla morte del fratello Leandro, vescovo di Siviglia, nel 600 gli succede come vescovo. Riorganizza la chiesa spagnola, cura i rapporti con i re visigoti e accresce il potere temporale dei vescovi. Muore nel 636. Opere: produzione letteraria ampia di argomento religioso o ecclesiastico, ma anche storiografico (De viris illustribus; Chronica; Historia Gothorum, Vandalorum, Sueborum); opere enciclopediche, tra cui Origines sive Etymologiae: 20 libri; attraverso le etimologie cerca di risalire alle radici e alla verità originaria; conservare e diffondere conoscenze e tecnologie che altrimenti si sarebbero perdute; i libri sono divisi per argomento primi 10 libri: arti di trivio e quadrivio, problemi di vita religiosa, le diverse lingue, popoli, stati ecc… Il libro X è un vero e proprio vocabolario. Ultimi 10: argomenti più “scientifici”: uomini e mostri, animali, universo, terra, agricoltura ecc… alcuni libri sono curiosi per gli accostamenti dei contenuti: XVIII su guerra e giochi; XIX su navi, edifici, vestiti; XX cibarie e utensili per casa e campagna. Vede nei Goti i fondatori del nuovo stato nazionale: impero d’Oriente=nemico. Il recupero della cultura classica non avviene in chiave nostalgica, ma per attrezzare il nuovo popolo alla sua storia futura in forme
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