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RIASSUNTI SULLE SOCIETA' DIRITTO COMMERCIALE MODULO 2 (SECONDO) MANUALE DI DIRITTO COMM., Sintesi del corso di Diritto Commerciale

RIASSUNTI SULLE SOCIETA' DIRITTO COMMERCIALE MODULO 2 (SECONDO) MANUALE DI DIRITTO COMMERCIALE 18ESIMA EDIZIONE GRAZIANI MINERVINI BELVISO SANTORO DA PARTE TERZA (IMPRENDITORE COLLETTIVO) FINO A PARTE QUINTA (QUINDI TUTTA LA PARTE SULLE SOCIETA'

Tipologia: Sintesi del corso

2022/2023

In vendita dal 18/04/2023

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Scarica RIASSUNTI SULLE SOCIETA' DIRITTO COMMERCIALE MODULO 2 (SECONDO) MANUALE DI DIRITTO COMM. e più Sintesi del corso in PDF di Diritto Commerciale solo su Docsity! GLI IMPRENDITORI COLLETTIVI Le imprese possono essere esercitati da soggetti collettivi e dar luogo a imprese e imprenditori collettivi, i soggetti possono essere pubblici e privati e si parlerà perciò di imprese e imprenditori privati e imprese e imprenditori pubblici. L’impresa è l’esercizio di un’attività avente le caratteristiche dell’art. 2082 CC (imprenditore), le distinzioni poi tra i soggetti sopra nominati si giustificano per la natura degli stessi e non per le caratteristiche delle attività che saranno sempre le stesse. La disciplina dell’attività di impresa individuale non coincide del tutto con quella dell’imprenditore collettivo e lo stesso vale per imprenditore privato e pubblico, a fare differenza infatti concorrono varie ragioni. 1.   La necessità di tener conto delle diverse regole di organizzazione dei soggetti collettivi 2.   La necessità di tener conto dei peculiari interessi affidati alla gestione dell’ente pubblico. Di conseguenza le differenze assumono rilevanza anche dal punto di vista della disciplina. Per parlare in senso stretto di impresa privata è sufficiente che l’impresa sia esercitata direttamente da un soggetto qualificabile come soggetto di diritto privato. all’opposto per parlare di impresa pubblica è necessario che l’impresa sia esercitata direttamente da un soggetto di diritto pubblico. Se dunque un ente pubblico esercita un’attività di impresa non direttamente ma per mezzo di un privato si sarà in presenza di un’impresa e imprenditore privato; l’aria operativa che l’ordinamento lascia all’impresa pubblica sembra ridursi sempre di più (si punta sempre più alla privatizzazione). Recentemente il legislatore ha emanato un testo unico in materia di società a partecipazione pubblica, con l’obbiettivo da un lato di razionalizzare e ridurre la spesa pubblica necessaria per le partecipazioni pubbliche e per promuovere la tutela della concorrenza. Per esempio si stabilisce che le PA non possono né acquisire né mantenere partecipazioni se non strettamente necessarie per il perseguimento dell’attività istituzionale, inoltre si stabilisce che le società a partecipazione pubblica siano sottoposte alle ordinarie procedure concorsuali. Le società a partecipazione pubblica inoltre dovranno avere necessariamente la forma di SPA o SRL ovvero forme di società cooperative al fine di garantire un più efficace governo pubblico. Gli enti pubblici esercenti attività di impresa. La capacità dell’ente pubblico di esercitare un’attività di impresa trova riscontri nella costituzione (art 41/42/43), peraltro l’esistenza concorrente di impresa pubblica e privata esisteva ancor da prima della costituzione ed era anzi diffusa per svariati settori. Già nel codice civile si trovano numerosi riferimenti alla capacità degli enti pubblici. Tuttavia nemmeno lo stesso codice dice quali siano gli enti che possono esercitare attività di impresa, per saperlo è necessario conoscere le attività che ciascun ente è abilitato a compiere. Possono certamente esercitare lo stato, le regioni, le province e i comuni ai quali viene riconosciuta capacità generale all’esercizio di attività economiche, mentre per gli altri enti andrà verificato volta per volta. di 1 124 Il CC tuttavia opera una distinzione tra enti pubblici a seconda che esercitino l’attività economica in via esclusiva o come attività secondaria. In entrambi i casi si applicherà lo statuto dell’imprenditore e sempre in entrambi i casi non si applica il codice della crisi. Ma mentre per chi esercita in via esclusiva trova applicazione la residua parte dello statuto del grande imprenditore commerciale per chi esercita in via secondaria l’applicazione dello stesso risulta ulteriormente ridotta (ad esempio non si applica l’iscrizione nel registro delle imprese) Gli enti privati esercenti l’attività di impresa. Anche i privati possono dar vita a enti collettivi esercenti attività di impresa. La libertà dei privati di organizzare forme associative nell’esercizio dell’attività di impresa si esercita nel rispetto dei principi che regolano l’attività contrattuale. La legge talvolta restringe questa libertà stabilendo le forme organizzative tramite cui i privati potranno esercitare l’attività di impresa (ad esempio imprese operanti nel mercato bancario o finanziario). Tuttavia la possibilità di dar vita a contratti associativi atipici deve ritenersi limitata a quei contratti associativi che abbiano una rilevanza meramente interna (senza che producano perciò effetti verso terzi). Quando i privati intendono creare una vera e propria impresa collettiva è necessario che il fenomeno associativo assuma rilevanza esterna: occorre pensare ad un soggetto collettivo che sia titolare di un patrimonio autonomo e occorre regolare i rapporti tra ente e terzi soggetti stabilendo regole organizzative e regole di responsabilità. il contratto di associazione con rilevanza esterna deve perciò essere idoneo a produrre effetti nei confronti di terzi. La legge mette a disposizione dei privati numerosi contratti tipici. Gli enti che questi contratti permettono di creare possono essere enti che hanno come oggetto esclusivo o prevalente l’esercizio dell’attività di impresa oppure enti che hanno questo esercizio come secondario. Enti privati che possono esercitare l’attività in via secondaria sono le fondazioni e le associazioni riconosciute e non, enti privati che possono esercitare l’attività in via esclusiva sono le società, le società cooperative, le mutue assicurazioni, i consorzi, il gruppo europeo di interesse economico e il contratto di rete. Le società sono caratterizzate dal fatto che esse realizzano direttamente nel patrimonio sociale, sotto forma di utili, i vantaggi patrimoniali dell’impresa esercitata rendendo i soci in un secondo momento partecipi a quei vantaggi. L’espressione società lucrativa può essere però fuorviante: le società disciplinate dal CC possono essere utilizzate quale struttura (si pensi alle società consortili che non necessariamente perseguono uno scopo lucrativo). Gli enti collettivi sono caratterizzati dal fatto che i vantaggi patrimoniali possono prodursi direttamente nel patrimonio dei soggetti che vi partecipano, nella società cooperativa o gli altri enti considerati l’impresa diventa strumento per realizzare il reciproco aiuto dei soggetti che vi partecipano, quindi hanno uno scopo mutualistico contrapposto a quello lucrativo delle società. di 2 124 europea e poi in modo interno si è esteso questa possibilità anche alle società di capitali in modo da incoraggiare le PMI. Dal punto di vista causale poi il legislatore ammette che la società non abbia come fine quello di realizzare utili o che la società non abbia come fine ulteriore quello di distribuirlo ai soci. Già nel CC sono previste le società cooperative o le mutue assicuratrici il cui scopo è mutualistico. L’elenco non ha fine in quanto varato nel 2017 il D.lgs. 112 che contiene la disciplina dell’impresa sociale, ovvero organizzazioni private, comprese le società che esercitano in via stabile e principale un’attività d’impresa di interesse generale adottando modalità di gestione trasparenti e favorendo un più ampio coinvolgimento dei lavoratori e degli utenti. Il legislatore ha poi aggiunto la start up innovativa che deve adottare uno dei tipi di società di capitalo o il tipo di società cooperativa (non può dividere gli utili per i primi 5 anni e ha una concessione di vari sgravi fiscali). Pensata per favorire la crescita e lo sviluppo. la L. 208/2015 disciplina le “società che nell’esercizio di un’attività economica perseguono una o più finalità di beneficio comune oltre allo scopo di dividere gli utili”. e le denomina società benefit (SB). Esse possono essere costituite adottando uno qualsiasi dei tipi delle società lucrative, l’uso dei tipi delle società di persone è limitato a quelle società che sono iscritte nel registro delle imprese. Nella SB lo scopo della divisione degli utili è depotenziato per essere bilanciato con interessi esterni, ovvero coloro che sono indicati come destinatari del beneficio comune (i terzi beneficiari possono appartenere alle più varie categorie e gli stessi soci possono essere beneficiari). La scelta per la SB si riverbera sull’oggetto sociale che deve indicare l’attività benefica a favore e gli amministratori avranno il compito di assicurare il perseguimento delle attività benefiche. Il mancato perseguimento è considerato pratica commerciale scorretta e repressa dalla competente autorità garante. LA SOCIETA’ SEMPLICE. è il tipo più elementare di società, destinato all’esercizio di attività economiche non commerciali (attività agricola, nel caso in cui l’esercizio agricolo sia svolto in via esclusiva la ragione sociale deve recare l’indicazione di società agricola). Dal 2010 inoltre si prevede che anche le società di revisione possano costituirsi anche secondo il tipo della società semplice. Per la sua costituzione non è richiesta una forma particolare; quando l’accordo è raggiunto la società è venuta all’esistenza. Se i conferimenti richiedono però una forma particolare questo si riflette sull’atto costitutivo perciò sarà necessario l’atto pubblico per conferire in società. Comunque sia gli amministratori entro 30 giorni devono richiedere l’iscrizione nella sezione speciale del registro delle imprese, la mancata iscrizione secondo i principi della pubblicità dichiarativa non impedisce di opporre ai terzi l’esistenza della società se si prova che essi ne erano a conoscenza. Inoltre la mancata iscrizione non comporta modifiche della disciplina dei rapporti tra i soci e tra i terzi. Perciò o il contratto sociale viene perfezionato e con esso il fondo sociale diventerà un autonomo centro di imputazione di attività o passività o non solo mancherà un’autonomia patrimoniale ma nessun vincolo legherà i soggetti contraenti. Il diretto collegamento dell’autonomia patrimoniale al contratto sociale è un principio comune alle SNC e SAS. Non solo non è richiesto qui alcun requisito di forma ma all’infuori della determinazione dell’oggetto sociale nessun altro elemento deve essere concordato fra i soci (possono si di 5 124 indicare i conferimenti ma se non lo fanno nel contratto sociale questo è ugualmente valido e si presume che debbano conferire in parti uguali). Se poi non viene stabilito un termine di durata la società si intende a tempo indeterminato. La società offre la garanzia personale e solidale anche dei soci che hanno agito per nome e per conto della società, a questa garanzia può aggiungersi quella degli altri soci e si aggiunge se un patto espresso non la esclude. Qui la SS si differenzia dalla SNC in cui la responsabilità illimitata di tutti i soci è inderogabile. In ogni caso al socio illimitatamente responsabile compete il beneficio della preventiva escussione del patrimonio sociale, per la SS tale beneficio non è automatico e al socio è richiesto di indicare i beni sociali il quale creditore può soddisfarsi, per la SNC invece è automatico. L’organizzazione. I soci Il codice non parla di assemblea di soci pur richiedendo per casi specifici che sia manifestata la volontà unanime di tutti i soci o la maggioranza (calcolata per quote o per teste). Non è solo una questione terminologica perché riconoscere che la manifestazione della volontà debba scaturire da un’assemblea implica esigere una preventiva convocazione al fine di garantire l’intervento dei soci alla riunione. La giurisprudenza nella SS è orientata verso la negazione del requisito di collegialità se pattiziamente non richiesto, trattandosi queste di società di poche persone, mentre lo richiede nelle società di capitali dove ci sono molti più soci. Ai soci è rimesso di decidere sulle modificazioni del contratto sociale, sulla nomina e revoca degli amministratori, lo scioglimento della società, nomina e revoca dei liquidatori e sull’esclusione dei soci. Se la società è già iscritta nel registro delle imprese, queste decisioni sono soggette anch’esse all’iscrizione e gli amministratori devono farne domanda entro trenta giorni dall’adozione o in caso contrario renderle conoscibili ai terzi utilizzando mezzi idonei. Ai soci è rimessa inoltre di decidere sull’approvazione del rendiconto. In taluni casi la legge richiede il consenso unanime di tutti i soci, in altri si accetta la maggioranza, ad esempio il contratto sociale può essere modificato solo con il consenso di tutti i soci se non si dispone diversamente. Nelle deliberazioni da assumere a maggioranza normalmente i voti sono attribuiti in proporzione della parte spettante a ciascun socio negli utili Amministrazione e rappresentanza sociale Va tenuta distinta amministrazione e rappresentanza -          Rappresentanza sociale→ spetta a chi agendo in nome e per conto della società determina l’acquisto di diritto o l’assunzione di obbligazioni per la società -          Amministrazione→ spetta a chi gestisce l’impresa sociale e delibera il compimento di quegli atti che saranno poi validamente posti in essere dal rappresentante. Possono essere due poteri appartenenti alla stessa persona, ma non necessariamente. L’amministrazione se i soci non dispongono diversamente spetta disgiuntamente a ciascun socio. E tali vasti poteri trovano temperamento nel diritto di opposizione che compete ad ogni socio rispetto alle operazioni che un altro socio compie, va esercitata prima che l’operazione sia compiuta e sull’opposizione gli altri soci deliberano a maggioranza. La legge consente che l’amministrazione venga attribuita congiuntamente di 6 124 ad alcuni soci e cosi viene per lo più stabilito nei contratti sociali. Indipendentemente dal modello l’istituzione di un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato spetta sempre congiuntamente agli amministratori. la loro competenza esclusiva comporta che i soci non amministratori non possano interferire nelle decisioni che riguardano questi assetti. L’amministratore viene nominato nel contratto sociale o con atto posteriore, nel primo caso non può essere revocato se non per giusta causa, nel secondo è revocabile secondo le norme del mandato. Per quanto concerne la rappresentanza il contratto sociale può liberamente attribuirla ad uno o più soci. Ma se nulla dispone il contratto spetta a ciascun amministratore. Nel sistema di legge è normale la coincidenza tra poteri di amministrazione e di rappresentanza.   Rapporti tra soci e la società Va rilevato per prima cosa il diritto che spetta ad ogni socio non amministratore di avere notizia dello svolgimento degli affari sociali. E di ottenere il rendiconto dagli amministratori. il rendiconto deve essere reso quando gli affari per cui fu costituita la società sono compiuti ma se il compimento degli affari sociali dura più di un anno deve essere consegnato al termine di ogni anno. Al diritto di ottenere il rendiconto è consequenziale il diritto di ciascun socio di percepire la sua parte di utili (si matura perciò annualmente). Si consegue che una volta accertati gli utili quindi consegna un immediato diritto dei soci alla ripartizione, cosa che non succede nelle SPA per le quali si convoca l’assemblea per l’approvazione del bilancio e deliberare la distribuzione degli utili. nelle SS comunque le parti spettanti ai soci sono proporzionali salvo diversa deliberazione nel contratto sociale. La legge alla libera esplicitazione della volontà delle parti pone un solo limite: è nullo il patto con il quale uno o più soci sono esclusi da ogni partecipazione ad utili o perdite (patto leonino). Scioglimento della società Il codice enumera varie cause 1.   Il decorso del termine 2.   Conseguimento dell’oggetto sociale o sopravvenuta impossibilità a conseguirlo 3.   Volontà di tutti i soci 4.   Mancanza di pluralità dei soci se nel termine di 6 mesi non viene ricostituita 5.   Apertura della liquidazione controllata Avvenuto lo scioglimento, cessa l’attività sociale rivolta al conseguimento dello scopo sociale ma la società permane sino a compimento degli affari in corso, fino a soddisfazione dei creditori e ripartizione del residuo attivo. E questo è lo stadio di liquidazione. Alla liquidazione possono procedere i soci in accordo con il formale procedimento previsto dalla legge, ma di regola viene affidata a 1 o più liquidatori. Due norme fondamentali regolano l’attività dei liquidatori 1.   Di carattere positivo (art 2278)→ attribuisce ai liquidatori i poteri di compiere tutti gli atti necessari alla realizzazione dell’attivo 2.   Di carattere negativo (art 2279)→ vieta ai liquidatori di compiere nuove operazioni di 7 124 capitale sociale mediante rimborso ai soci se non dopo 3 mesi dall’iscrizione nel registro delle imprese. Al creditore particolare del socio che non può chiedere liquidazione della quota finché la società dura la legge consente di opporsi alla proroga della società e in caso di proroga tacita può chiedere la liquidazione della quota. La società tra professionisti. La società tra avvocati In base al CC il contratto che ha per oggetto una prestazione di opera intellettuale è il contratto d’opera e prevede che il prestatore debba eseguire personalmente la prestazione promessa. Se l’attività professionale è organizzata in forma di impresa si applicano anche le norme relative all’imprenditore. Secondo opinione diffusa la disciplina dell’art 2232 è da considera inderogabile per le professioni intellettuali per il cui esercizio è richiesta l’iscrizione in appositi elenchi o libri perché per queste professioni l’iscrizione intende garantire l’utente dell’esistenza di specifiche capacità tecniche. È da considerarsi derogabile per le professioni intellettuali non protette per cui è possibile una esecuzione della prestazione non personale. La disciplina codicistica delle professioni protette contrasta con la disciplina riservata ai vari tipi di società menzionati dall’art 2249 che consentono che le prestazioni di servizi possano essere eseguite da chiunque ne sia incaricato dai gestori della società. I paesi più evoluti economicamente però già ammettevano da tempo l’esercizio in forma societaria di professioni intellettuali e ciò rendeva il nostro ordinamento più arretrato. Oggi art 3 D.L. 138/2011 ha abrogato le norme vigenti sugli ordinamenti professionali consentendo la costituzione di società tra professionisti aventi ad oggetto esclusivamente l’attività professionale o più attività professionali. Solo i soci professionisti potranno svolgere l’incarico professionale affidato alla società e il cliente ha la possibilità al momento del primo contatto di richiedere che l’operazione sia eseguita da soggetti di sua fiducia tra quelli cui la società si avvale. Accanto ai soci professionisti sono previsti soci non professionisti per finalità di investimento ma anche tali dovranno possedere dei requisiti di onorabilità. Il legislatore ha provveduto a riformare gli ordinamenti professionali in modo tale da consentire l’iscrizione agli ordini anche alle società. Le società di professionisti infatti devono iscriversi in una sezione speciale dell’albo mentre le società multidisciplinari devono iscriversi nell’albo individuato come prevalente nel medesimo atto costitutivo della società. Per le società di avvocati il D. LGS. 96/2001 detta disposizioni dirette a facilitare l’esercizio della professione in uno stato membro UE e ha introdotto un tipo di società ricalcando con delle deroghe la SNC, deroghe che rendono possibile l’esercizio in forma societaria della professione. Per raggiungere ciò si prevede che l’attività professionale di rappresentanza, assistenza e difesa possa essere esercitata in forma comune secondo il tipo della società tra avvocati. Questa società può avvenire soltanto tra soci che esercitano la professione di avvocati e la ragione sociale deve contenere l’indicazione di società tra avvocati, il suo oggetto è limitato alla professione dei soci. La società tra avvocati deve costituirsi con atto pubblico o scrittura privata con sottoscrizione dei contraenti e deve essere iscritta nel registro delle imprese che ha una funzione di certificazione anagrafica e di pubblicità notizia. Chi si rivolge a una società di avvocati deve essere informato che l’incarico potrà essere eseguito da ciascun socio in possesso dei requisiti professionali necessari a meno di 10 124 che non ci sia richiesta esplicita che l’esecuzione sia affidata ad uno o più soci indicati. Su questo meccanismo si instaura il meccanismo di responsabilità: insieme alla società sono personalmente e illimitatamente responsabili i soci quali l’incarico è stato affidato, in mancanza della scelta o comunicazione tutti i soci rispondono illimitatamente e solidalmente. In mancanza di disciplina speciale poi si applica in via suppletiva la disciplina della SNC. Tuttavia la società tra avvocati non è soggetta a liquidazione giudiziale sin quando i professionisti si avvalgono nella loro attività a un’organizzazione meramente ancillare quale che siano le obbligazioni che restate inadempiute ne abbiano determinato l’insolvenza. Infine art 1 della L. 124/2017 ha aggiunto una norma relativa all’esercizio della professione forense in forma societaria. La scelta è singolare e difficoltosa in ambito interpretativo della disciplina; in conseguenza l’attività di avvocato in forma societaria da un lato potrà essere esercitata attraverso una STP forense e al pari delle altre STP potrà essere multidisciplinare e ammettere soci di minoranza non professionisti, dall’altro lato potrà continuare ad essere svolta da una STA funzionale esclusivamente all’esercizio dell’attività di avvocato che non ammette soci che non siano avvocati. Il principio enunciato da un lato mantiene fermo il principio della personalità della prestazione e dall’altro stabilisce che per l’esercizio della professione forense potrà essere usato uno dei tipi delle società lucrative o cooperative, i due terzi dei soci dovranno essere avvocati e che la maggioranza dei membri dell’organo gestionale dovrà essere scelta tra soci avvocati, fermo restando che anche altri membri dell’organo dovranno essere avvocati. SOCIETA’ IN ACCOMANDITA SEMPLICE 
 Caratteristica di questa società è che in essa si distinguono 2 categorie di SOCI: ACCOMANDATARI: oltre che obbligato nei confronti della società all’esecuzione dei conferimenti, sono personalmente responsabili, con vincolo solidale, nei confronti dei terzi per le obbligazioni sociali ACCOMANDANTI: obbligati, soltanto nei confronti della società, all’esecuzione dei conferimenti(art 2313 cc). Storicamente appare come il primo esempio in cui il principio di responsabilità limitata si innesta sulla società; essa consente un significativo connubio tra capitale e lavoro: CAPITALE: prevalentemente fornito dagli accomandanti, che rimangono estranei alla gestione e limitano la propria alea alle quote conferite; LAVORO: dagli accomandatari, che assumono la direzione dell’impresa, e in essa rischiano, col loro nome, le loro, per lo più modeste, fortune. Le norme che disciplinano la costituzione sono le stesse della società in nome collettivo, e art 2315, ma nell’atto costitutivo devono essere indicati quali sono i soci accomandanti e quali gli accomandatari(2316 cc). La mancata iscrizione produce gli stessi effetti che produce nella collettiva, ma gli accomandanti non perdono il beneficio della responsabilità limitata ex art 2317 cc. Questa società agisce sotto una RAGIONE SOCIALE, ma in essa non possono essere compresi i nomi degli accomandanti. di 11 124 L’amministrazione della società è rigorosamente riservata agli accomandatari ex art 2318, né gli accomodanti, né persone estranee alla società possono essere nominati amministratori. Per la nomina degli amministratori, se l’atto costitutivo nulla dispone, è prevalente la volontà degli accomandatari di cui occorre il consenso unanime, mentre è sufficiente l’approvazione di tanti soci accomandanti che rappresentino la maggioranza del capitale da essi sottoscritto(2319 cc).  L'accomandante non può compiere atti di amministrazione,né trattare o concludere affari in nome della società  se non in forza di procura speciale per singoli affari. Se infrange il divieto, incorre in una triplice sanzione: • responsabilità illimitata e solidale verso i terzi per tutte le obbligazioni sociali;
 • responsabilità verso la società per i danni ad essa arrecati;
 • esclusione dalla società
 So attua così il DIVIETO DI INGERENZA O DI IMMISTIONE dell'accomandante nella gestione sociale; esso mira ad una duplice TUTELA: • dei TERZI che entrano in rapporto con la società
 • degli ACCOMANDATARI, i cui interessi potrebbero essere compromessi dall’azione dei consoci protetti e resi audaci dalla limitazione della responsabilità.
 A questa rigida esclusione di ogni ingerenza amministrativa, si contrappone la SICUREZZA che gli ACCOMANDANTI hanno di non essere in alcun caso tenuti alla restituzione degli utili riscossi in buona fede secondo il bilancio regolarmente approvato. Per le CAUSE DI SCIOGLIMENTO si rinvia a quanto si è detto per la società semplice, e va aggiunto che la società si scioglie quando rimangono soltanto soci accomandanti o soci accomandatari(la mancanza de primi muterebbe la società in collettiva; dei secondi renderebbe impossibile la vita sociale per l’assenza di chi possa amministrare). Tuttavia lo scioglimento non avviene immediatamente, la legge concede un termine di 6 mesi perché si sostituisca il socio venuto meno(durante questo periodo i soci accomodanti possono nominare un amministratore provvisorio per il compimento di atti di ordinaria amministrazione). SOCIETA’ PER AZIONI è il tipo di società di capitali di più larga diffusione nel nostro sistema economico. La sua disciplina è stata oggetto di significative riforme, con l'intento di adeguarla ai mutamenti dell’economia, molto rapidi nell’età contemporanea( d.lgs 2003 n. 6 ha dato vita ad una riforma organica dell’intera materia). • Per le obbligazioni sociali risponde unicamente il patrimonio sociale, mentre è esclusa qualsiasi responsabilità sia pure sussidiaria del patrimonio dei singoli soci(2325); non è una caratteristica esclusiva della spa, essendo comune alla srl
 di 12 124 • società che non fanno ricorso al mercato del capitale di rischio, cioé al pubblico, per acquisire soci e capitale(SOCIETà CHIUSE)
 • società per azioni che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio e  le società con azioni quotate in mercati regolamentati o diffuse fra il pubblico in misura rilevante. (SOCIETà APERTE)
 C’è uno STATUTO comune a tutte le spa, quelle chiuse e quelle aperte, che detta essenzialmente le regole del governo dell'impresa e del patrimonio sociale e le modalità doi partecipazione dei soci a questo governo e dei suoi risultati, a tutela innanzi tutto dei terzi creditori, ed è  grosso modo quella dettata per le società chiuse, laddove non venga derogata dalla disciplina speciale delle società aperte, a disciplina generale di tutte le società. Vi è poi una disciplina speciale riservata alla spa con azioni quotate in mercati regolamentati, che prevale, se diversa, sulle altre ex TUF:  queste norme prevalgono anche su quelle che il cc detta per le società che fanno ricorso al mercato del K a rischio(2325-bis). Il legislatore ha dettato una disciplina per le società aperte, preso atto della loro realtà,  in parte diversa(cosa che il cc del 1942 non faceva), caratterizzandola dal punto di vista formale da un maggiore GRADO DI IMPERATIVITà, e dal punto di vista sostanziale da una maggiore attenzione alla tutela del socio non in quanto imprenditore ma in quanto investitore. I RISPARMIATORI che- acquistando azioni in un mercato del K di rischio, le cui caratteristiche ne rendano facile l'acquisto e la vendita-  diventano SOCI DI UNA SPA, intendono in realtà affidare i loro risparmi alla gestioni altrui e  non pensano affatto di doversi occupare di problemi gestionali. La loro ATTESA DI TUTELA consiste nella adeguata,veritiera,corretta e tempestiva informazione sui rischi dei loro investimenti e sull’andamento dell impresa sociale: essi chiedono di poter acquistare le azioni senza che sua loro nascosta la reale situazione della società e di poter vendere le loro azioni nel modo più semplice e rapido, se l’investimento non appaia più convincente alla luce del reale andamento dell’impresa sociale COSTITUZIONE I FASE) Redazione dell'atto costitutivo per contratto/atto unilaterale II FASE) Pubblicità di natura costitutiva, secondo l’opinione prevalente: sino a che l’iscrizione non è avvenuta non si ha una società, neppure irregolare(magari potrebbe produrre degli effetti, ma non si tratterà di una società).  L’ATTO COSTITUTIVO deve essere stipulato, per atto pubblico, da un notaio che sarà tenuto ad assicurare la sua rispondenza alle condizioni richieste dalla legge, con esclusione di ogni esame del merito: tale forma è prescritta a pena di nullità. La STIPULAZIONE può avvenire mediante l’intervento alla redazione dell’atto costitutivo dell’unico socio o di tutti i soci: si parla di COSTITUZIONE SIMULTANEA. Anche in questo caso tra i soci saranno intervenute trattative ed intese, ma non assumono giuridica di 15 124 rilevanza e, comunque, ad esse l’atto costitutivo non fa alcun riferimento.In queste trattative preliminari sarà sempre ooportuno tenere conto dell’eventuale partecipazione alla costituzione di una o più amministrazioni pubbliche quali futuri soci ex art 7 iv e 24 v comma del TUSPP. CASO RARO di COSTITUZIONE MEDIANTE PUBBLICA SOTTOSCRIZIONE:un gruppo di promotori redige un programma. che deve indicare l’oggetto, il capitale e le principali disposizioni dell’atto costitutivo della società che si intende costituire, e lo deposita presso un notaio, convocando poi l’assemblea dei sottoscrittori(con  raccolta  di sottoscrizioni e conferimenti relativi alle azioni sottoscritte) nel quale gli intervenuti, a maggioranza, stipulano l’atto costitutivo. CONTENUTO DELL’ATTO COSTITUTIVO: deve contenere le indicazioni principali relative alla società, tra le quali le generalità dei soci, la denominazione e il comune dove è posta la sede sociale, l’attività che costituisce l’oggetto sociale, l’ammontare del capitale sottoscritto e versato, il numero e l’eventuale valore nominale delle azioni, la nomina dei componenti gli organi di amministrazione e di controllo, la durata della società(anche a tempo indeterminato); e di regola viene allegato uno statuto, che contiene le norme relative al funzionamento della società ex art 2328 cc. La Legge condiziona la COSTITUZIONE DELLA SOCIETà alla: • sottoscrizione delle azioni costituenti  l’intero capitale sociale(nella costituzione simultanea sarà contestuale alla stipula dell’atto costitutivo)
 •  alla esecuzione, alla misura e nelle forme di legge, dei conferimenti dei soci( quelli in danaro precederanno la stipula dell’atto costitutivo, quelli in natura si avranno contestualmente alla stipula dell’a.c nella costituzione simultanea e prima della stipula dell’a.c nella costituzione successiva)
 • sussistenza delle autorizzazione e di altre condizioni richieste da leggi speciali, in relazione al suo particolare oggetto. ES, per le società bancarie, devono avere un ammontare minimo del capitale sociale più elevato rispetto a quello ordinario.
 DEPOSITO DELL’ATTO COSTITUTIVO:con i documenti comprovanti la sussistenza delle ricordate condizioni, per l’ISCRIZIONE presso l’Ufficio del registro delle imprese nella cui circoscrizione è stabilita la sede sociale. Al deposito e alla domanda di iscrizione è obbligato il Notaio che ha ricevuto l’atto, che deve procedervi nel termine di 10 giorni dalla stipula o dal momento in cui riceve il provvedimento autorizzativo. Se non vi adempie, devono provvedervi gli Amministratori nello stesso termine,e, in mancanza, ciascun socio può provvedere a spese della società. L’UFFICIO DEL REGISTRO, al quale spetta solo di verificare la regolarità formale della documentazione da allegare alla domanda di iscrizione, procede infine alla iscrizione della società nel registro. Con l’iscrizione  si completa il procedimento di costituzione e la società viene ad esistenza: tutti gli effetti dell’atto costitutivo/es, attribuire autonomia perfetta al patrimonio sociale) si producono dal momento dell’iscrizione nei confronti dei soci e dei terzi. di 16 124 VIZI DELLA COSTITUZIONE L’iscrizione nel registro non sani tutti i VIZI della costituzione. L’art 2332 cc recita: Avvenuta l'iscrizione nel registro delle imprese, la nullità della società può essere pronunciata soltanto nei seguenti casi: 1) mancata stipulazione dell'atto costitutivo nella forma dell'atto pubblico; 2) illiceità dell'oggetto sociale; 3) mancanza nell'atto costitutivo di ogni indicazione riguardante la denominazione della società, o i conferimenti, o l'ammontare del capitale sociale o l'oggetto sociale.  Solo in questi casi il legislatore reputa prevalente il riconoscimento dell’invalidità della costituzione rispetto all’esigenza di garantire la sicurezza giuridica nei rapporti facenti capo a spa. Tuttavia l’art 7 Tuspp ha introdotto una nuova e speciale causa di nullità nel caso in cui partecipi alla società una P.A e tale partecipazione sia essenziale: la mancanza o la nullità/annullamento delle deliberazioni pubbliche presupposte comporta la nullità della stessa società.  Nel periodo intercorrente fra la registrazione e la pronuncia di invalidità, la società è stata in realtà un organismo vivo e operante; i terzi, affidandosi alle risultanze del regsitro, sono entrati con essa in rapporti, assumendo obblighi e acquistando diritti nei suoi confronti. La rigida applicazione dei princìpi in materia di NULLITà pregiudicherebbe gravemente gli interessi dei terzi. SOLUZIONE: la dichiarazione di nullità non pregiudica l’efficacia degli atti compiuti in nome della società dopo l’iscrizione nel registro; inoltre i soci non sono liberati  dall’obbligo dei conferimenti fino a quando non sono soddisfatti i creditori sociali ex art 2332 II-III comma. La successiva dichiarazione di nullità opera solo per l’avvenire: la norma esprime il FAVOR per la conservazione dell’organismo produttivo. Inoltre ex V comma la nullità della spa è sanabile, laddove la causa di essa sia stata eliminata e di tale eliminazione sia stata fatta pubblicità con iscrizione nel registro delle imprese. EFFETTI DELLA MANCATA REGISTRAZIONE Possono esistere delle Obbligazioni che i soci, o gli amministratori nominati nell’atto costitutivo, hanno posto in essere iniziando operazioni sociali PRIMA CHE LA SOCIETà SIA VENUTA AD ESISTENZA. Se sono state compiute in nome della società queste operazioni: • coloro che hanno agito sono illimitatamente e solidalmente responsabili verso i terzi, e sono altresì solidalmente e illimitatamente responsabili il socio unico fondatore e quelli tra i soci che hanno consentito il compimento dell’operazione ex art 2331 II comma.
 • si tratta di OBBLIGAZIONI DIRETTE di costoro; la loro responsabilità non si aggiunge alla responsabilità della società; una obbligazione sociale non c’è perché la società non è ancora venuta ad esistenza, e anche se viene in seguito ad esistenza,e assuma a proprio carico le obbligazioni derivanti dalle operazioni compiute anteriormente in suo nome, la responsabilità di CHI HA AGITO O CONSENTITO PERMANE, anche se la società diventa anch’essa responsabile nei di 17 124 azioni in cui il K sociale è suddiviso: AZIONI SENZA VALORE NOMINALE( si resta sempre nella nozione di spa comunque). A ciascun socio è assegnato un numero di azioni, proporzionale alla parte del K sociale sottoscritta e per un valore non superiore a quello del suo conferimento ex art 2346 IV c. Tuttavia l’atto costitutivo può prevedere che le azioni siano assegnate ai soci in modo diverso, senza cioé rispettare questo rapporto proporzionale. Quello che importa è che il valore dei conferimenti non sia, complessivamente, inferiore a quello espresso dal K sociale. Le AZIONI sono INDIVISIBILI; se per successione ereditaria, o altra causa, un’azione diviene proprietà di più persone, i diritti dei comproprietari devono essere esercitati da un rappresentante comune. Le azioni attribuiscono UGUALI DIRITTI; ma lo statuto può creare categorie di azioni fornite di diritti diversi. Anche quando non sono stati emessi i t i tol i azionari , le azioni possono essere TRASFERITE per contratto(es, donazione,osservando le forme richieste), o per successione a causa di morte. Il TRASFERIMENTO avrà effetto nei confronti della società solo dal momento dell'iscrizione nel libro dei soci. L’ISCRIZIONE si avrà,su richiesta dell’alienante o dell’acquirente e a cura della società emittente, verso esibizione del contratto, con le sottoscrizioni autenticate dell’alienante e dell'acquirente , da cui risulti il trasferimento( caso di CONTRATTO). In caso di SUCCESSIONE A CAUSA DI MORTE, l’iscrizione si avrò a richiesta dell’erede/legatario e sempre a cura della società emittente, dietro presentazione della documentazione attestante la morte dell’azionista e la qualità di erede/legatario del richiedente. Le AZIONI, ex disciplina del cc, possono essere NOMINATIVE o AL PORTATORE, a scelta dell’azionista, se lo statuto non stabilisce che esse debbano essere nominative. • AL PORTATORE: il titolo azionario si trasferisce con la semplice consegna materiale del titolo ex artt 2355 IIc, 2003)
 • NOMINATIVO: il trasferimento può avvenire
 …per atto autentico: si realizza in conformità alla disciplina generale dei titoli di credito nominativi, mediante l’annotazione dell’acquirente sul titolo e nel libro dei soci ovvero col rilascio di un nuovo titolo intestato al nuovo titolare, e annotato nel libro dei soci( artt. 2355 IV c, 2022) …per girata ex art. 2023 cc: si opera mediante girata autenticata da un notaio o da altro soggetto secondo quanto previsto dalle leggi speciali. Per l’art 2355 IIIc( diversamente dal 2023 che afferma che il trasferimento per girata a  titolo nominativo non ha efficacia nei confronti dell’emittente fino a che non ne sia fatta annotazione nel registro dell’emittente) il giratario possessore del titolo azionario è legittimato ad esercitare i diritti sociali, anche senza l’annotazione nel libro dei soci, ed è fatto salvo l’obbligo della società,se previsto da leggi speciali, di aggiornare il libro dei soci.  L’azione nominativa, che prevede l’iscrizione del suo titolare nel libro dei soci( a differenza del titolo azionario al portatore che si trasferisce mediante consegna del titolo, non consentendo alla società di conoscere chi ne è il possessore se questi non intenga di di 20 124 svelarsi), meglio può servire alla società per ottenere l’adempimento dell’obbligo del conferimento. ALTRA IPOTESI in cui le azioni non possono essere al portatore: quando alle azioni sia connesso l’obbligo di prestazioni accessorie ex art 2345 cc; e ciò in relazione al carattere personale di dette prestazioni. ALTRA IPOTESI: quando lo statuto vieti/sottoponga a particolari condizioni il trasferimento delle azioni, solo per un periodo non superiore a 5 anni dalla costituzione della società o dal momento in cui il divieto è introdotto. Le CLAUSOLE più diffuse sono quelle di PRELAZIONE, con le quali i soci in caso di alienazioni si obbligano a dare la preferenza agli altri soci,ove questi lo desiderino; e di GRADIMENTO, in virtù delle quali l’operatività del trasferimento rispetto alla società è subordinata all’approvazione da parte di un organo sociale(cda) o di altri soci. Quella che abbiamo visto è il SISTEMA DEL CODICE CIVILE. Per quanto riguarda le varie normative: L. 1942 n.9: introdusse il principio della nominatività obbligatoria dei titoli azionari, con la finalità contingente di dirottare i risparmiatori dagli investimenti privati verso quelli pubblici. L'ammissibilità delle azioni al portatore risultava radicalmente preclusa L. 1974 n.216: spezzò la generalità del divieto delle azioni al portatore, prevedendo una nuova categoria di azioni: AZIONI DI RISPARMIO, ammettendo che queste azioni potessero essere al portatore; ora anche le SICAV e le SICAF possono emettere sia azioni nominative sia al portatore L.1992 n.59: consente alle società cooperative di emettere AZIONI DI PARTECIPAZIONE COOPERATIVA che possono essere al portatore L.1998 n.58 (modificato come TUF poi) disciplina la gestione accentrata del  REGIME DI DEMATERIALIZZAZIONE ex art 83-bis.: i titoli sono sostituiti dai CONTI ACCESI nella contabilità di un depositario centrale dei titoli incaricato della gestione accentrata degli strumenti finanziari, rendendo non più necessario il possesso del titolo, e APPANNANDO LA STESSA DISTINZIONE tra azioni nominative e azioni al portatore. Gli Artt 85 ss. TUF consentono ai titolari di strumenti finanziari di avvalersi volontariamente di una diversa disciplina: questa elimina la necessità del loro possesso materiale solo per l'esercizio di una serie di diritti,ad es. quello di voto. AZIONI PROPRIE Si pensi all’interesse che potrebbe avere la spa ad acquistare le proprie azioni, diverso dall’interesse,insensato, di diventare socia di sé stessa, e gli effetti che la legge potrebbe collegare all’acquisto di proprie azioni potrebbero  essere diversi da quelli che si ricollegano normalmente all’acquisto di un partecipazione sociale. ES: una spa, ritenendo le sue attività esuberanti per il conseguimento dell’oggetto sociale, decida di ridurre il capitale sociale, restituendo ai soci una parte dei conferimenti: è una operazione ammessa dalla legge, e ben può pensarsi che per la sua prosecuzione possa darsi mandato agli amministratori di acquistare azioni proprie della società, e di procedere quindi al loro annullamento. In questo caso l’ACQUISTO DELLE AZIONI di 21 124 PROPRIE non mira a far diventare la società socia di sé stessa, ma ad estinguere altre alcune partecipazioni, di seguito alla decisione di ridurre il capitale sociale. ES: alla spa che rileva il pacchetto azionario di un suo socio, che volendo uscire dalla società, non abbia trovato acquirenti o li ha trovati in terzi sgraditi alla società. Anche in questo caso l’interesse della società non sarà quello di diventare socia di sè stessa, e di esercitare i diritti e i poteri che si ricollegano alle proprie azioni, ma quello di consentire al socio di dismettere la sua partecipazione o quello di non trovarsi, tra i soci , persone sgradite. Vari ESEMPI in cui l’acquisto delle azioni proprie potrebbe risolversi in • una vera e semplice operazione di restituzione dei conferimenti ai soci, e perciò compromettere l’interesse, che non è solo dei creditori, all’integrità del capitale sociale
 • un favore reso ad alcuni soci, quelli di cui si acquistano le azioni, e compromettere gli interesse degli altri, sottraendo nalla società risorse necessarie
 • influenza artificiosa i corsi delle azioni, per favorire manovre speculative e compromettendo gli interessi dei risparmiatori al loro regolare andamento
 Gli ARTT. da 2357 a 2357-ter consentono l'acquisto delle azioni proprie e lo circondano di CAUTELE;a tutela degli interessi che potrebbero essere pregiudicati. La legge distingue a seconda che l’ACQUISTO avvenga per: • DARE ATTUAZIONE AD UNA DELIBERAZIONE DI RIDUZIONE DEL CAPITALE SOCIALE: laddove siano osservate tutte le disposizioni che la legge detta per la riduzione del k sociale, da attuarsi restituendo ai soci i conferimenti o liberando i soci dall’obbligo di eseguirli
 • ALTRO MOTIVO: l’acquisto è possibile se:
 1. avvenga nei limiti degli utili distribuibili  e delle riserve disponibili risultanti dall’ultimo bilancio approvato; 2. le azioni da acquistare siano interamente liberate; 3. l’assemblea dei soci autorizzi gli amministratori, e determini modi e termini dell’acquisto; 4. il valore nominale delle azioni proprie acquistate non superi la quinta parte del K sociale, quando però si tratti di azioni di società che fanno ricorso al K di rischio Le azioni eccedenti i limiti di cui ai precedenti punti devono essere ALIENATE entro un anno dal loro acquisto o, in mancanza,annullate con corrispondente riduzione del K sociale. Finché le azioni restano di proprietà della società il diritto agli utili e il diritto di opzione sono attribuiti proporzionalmente ad altre azioni; il diritto di voto è sospeso( le azioni proprie sono comunque computate ai fini del calcolo delle quote richieste per la costituzione e per le deliberazioni dell’assemblea per evitare che la società possa essere di 22 124 La legge tutela il diritto della società ai conferimenti in danaro in rigore, giustificato dall’esigenza di di garantire i terzi, rispetto ai quali l’ unico presidio è l'integrità del patrimonio sociale: gli amministratori, se non preferiscono agire nei confronti dell’azionista moroso per ottenere il pagamento dei conferimenti dovuti, hanno la facoltà di offrire le azioni agli altri soci, in proporzione alla loro partecipazione, per un corrispettivo non inferiore ai conferimenti non ancora dovuti,e, in mancanza di disponibilità da parte dei soci, possono far vendere le azioni a rischio e per conto dell’azionista moroso e, se non si trovano compratori, dichiarare l’azionista stesso decaduto, trattenendo le somme già versate in acconto e, con salvezza del risarcimento dei danni ulteriori; perdurando l’impossibilità di vendita, debbono estinguere le azioni, con la corrispondente riduzione del K (2344). Le Azioni corrispondenti ai conferimenti devono essere integralmente liberate al momento della sottoscrizione(2342 IIc): per esse il legislatore vuole che l'obbligo del conferimento sia immediatamente adempiuto. Accanto all’obbligo di conferimento, che è l’unico essenziale, la legge prevede che l’atto costitutivo possa porre a carico dei soci l’obbligo di eseguire ulteriori PRESTAZIONI ACCESSORIE, non costituenti in danaro(art 2345 cc). Trattasi di un istituto poco praticato nella prassi. IL DIRITTO DI RECESSO attribuisce al socio il potere di sciogliere il rapporto sociale LIMITATAMENTE ALLE AZIONI per il quale egli lo esercita, e di ottenere conseguentemente il RIMBORSO di queste azioni, vale a adire la liquidazione di una somma di danaro corrispondente al loro valore( da determinarsi a norma dell’art 2437-ter IIc in base a: consistenza patrimoniale della società, delle sue prospettive di mercato, del presso del mercato delle azioni; vi è poi la disciplina prevista per le società con azioni quotate ex art IIIc e quella della autonomia statutaria ex IVc). Consente al socio di disinvestire, in tutto o in parte, il capitale investito nell'impresa sociale, e rappresenta perciò un estremo, ma efficace, mezzo di tutela del socio nei confronti del gruppo di controllo, di cui non condivida più le decisioni. L’esercizio del diritto di recesso incide sul patrimonio sociale, e può portare a intaccare lo stesso capitale sociale, ledendo la garanzia patrimoniale che questo rappresenta per i creditori della società. Il diritto di recesso è perciò possibile solo quando la legge,o lo statuto sociale, lo preveda, ed è regolato,per quanto attiene al suo esercizio, in modo da tutelare anche i creditori sociali. I CASI che attribuiscono il diritto di recesso sono in gran parte COMUNI alle società chiuse e a quelle aperte: la differenza consiste nel fatto che SOLO le società chiuse possono prevedere casi di recesso in aggiunta a quelli previsti direttamente dalla legge(lo statuto delle società chiuse offre maggiori spazi di autonomia) a prevedere un RECESSO IN NATURA, cioé non vincolato al ricorrere di particolari circostanze, bensì rimesso alla discrezionalità del socio ex art 2437 IVc.  LE NORME DI LEGGE che attribuiscono, nelle società chiuse e in quelle aperte il diritto di recesso hanno, in alcuni casi, NATURA IMPERATIVA, tale da rendere nullo ogni patto contrario(statutario), in altri casi, NATURA DISPOSITIVA. di 25 124 Nasce da norma imperativa il diritto di recesso che spetta ad ogni socio sin dalla costituzione della società, quando la società sia costituita a tempo indeterminato, deciso il periodo di tempo previsto dall’atto costitutivo per il suo esercizio. Viene attribuito come correttivo della mancanza di un preciso termine di durata della società.  è attribuito anche il diritto di recesso che spetta ai soci che non hanno concorso a talune deliberazioni dell’assemblea dei soci: è un correttivo del potere della maggioranza di variare condizioni del contratto sociale di particolare importanza, tali comunque da alterare  sensibilmente il rischio che i soci hanno inteso originariamente assumere partecipando alla società, o tali da modificare le regole di gestione della società, o da incidere sui diritti individuali dei soci ex art 2347 Ic. Vi rientra anche il diritto di recesso che il Codice Civile riconosce per consentire l soci di società facente parte di un gruppo di dissociarsi dalla “politica” che la società che esercita la direzione potrebbe fare o sta facendo nei confronti alla sua società. Sono invece norme dispositive quelle che attribuiscono il diritto di recesso ai soci che non hanno concorso alle deliberazioni aventi ad oggetto: • la proroga del termine di durata della società
 • introduzione o la rimozione di vincoli alla circolazione dei titoli azionari
 Il diritto di recesso è esercitato mediante LETTERA RACCOMANDATA che deve essere SPEDITA ENTRO 15 GIORNI DALL’iSCRIZIONE NEL REGISTRO DELLE IMPRESE DELLA DELIBERAZIONE ASSEMBLEARE CHE LO LEGITTIMA o ENTRA 30 GIORNI DALLA CONOSCENZA da parte del socio del fatto che legittima il recesso, se questo fatto non consiste in una deliberazione assembleare ex art 2437-bis.   Il recesso non può però essere esercitato, se entro 90 GIORNI LA SOCIETà REVOCA LA DELIBERAZIONE che lo legittima ovvero se DELIBERA LO SCIOGLIMENTO DELLA SOCIETà. Infatti, se la modifica statutaria adottato ha provocato, o rischia di provocare, troppi recessi, sì da mettere in difficoltà l’impresa sociale, chi controlla la società può optare tra 2 SOLUZIONI(entrambe in grado di bloccare i recessi, i quali sono ispirati alla volontà di risolvere i conflitti che si sono determinati all’interno della compagine sociale) • porre nel nulla la modifica e continuare nello svolgimento dell’attività sociale sulla base delle vecchie norme statutarie, ovvero
 •  sciogliere la società, e procedere alla liquidazione della stessa
 Il PROCEDIMENTO PER GIUNGERE AL RIMBORSO DELLE AZIONI è studiato tenendo conto anche dell’esigenza di evitare che esso, sottraendo risorse finanziarie al patrimonio sociale, produca danni all’impresa sociale e ai suoi creditori. Il legislatore dispone che gli amministratori devono tentare di collocare le azioni dei soci recedenti presso gli altri soci( evitando di sottrarre all'impresa sociale le disponibilità finanziarie necessarie per il rimborso delle azioni, offrendole in opzione in proporzione al numero di 26 124 delle azioni possedute; consente inoltre che gli amministratori collochino le azioni inoptate presso i terzi.  Se questo non è possibile, gli amministratori devono acquistare le azioni per le quali è stato esercitato il recesso, a condizione però che siano utilizzati utili e/o riserve disponibili(art 2437-quater Vc). L’acquisto con utili e /o riserve disponibili, pur sottraendo risorse alla società, non può invero sollevare doglianze giuridicamente rilevanti da parte dei creditori.   Nel caso in cui non siano presenti riserve/utili, gli amministratori devono convocare l’assemblea straordinaria per deliberare la riduzione del K sociale ovvero lo scioglimento della società I sistemi di governo. Il sistema di governo tradizionale. L'assemblea dei soci La società per azioni è governata da organi, ciascuno con proprie competenze. Prima della riforma del 2003, la società per azioni conosceva un solo sistema (o modello) di governo. Si trattava di un sistema che risaliva ai codici di commercio dell'Ottocento, e che non era condiviso da molti paesi, nemmeno in Europa. La riforma del 2003 ha ora previsto, in aggiunta a questo modello tradizionale, altri due sistemi, alternativi, di governo della società per azioni, il modello dualistico, d'ispirazione germanica, e il modello monistico, d'ispirazione anglosassone, che i soci possono scegliere al posto di quello tradizionale (2380). Peraltro, poiché, come si sa, la riforma è entrata in vigore nel 2004, prima di questa data non si sono avute in Italia società per azioni governate con il sistema dualistico o monistico. Per il momento il sistema tradizionale prevale, numericamente parlando, sugli altri. La sostituzione dei nuovi sistemi al sistema tradizionale non è, infatti, obbligatoria, e anzi il sistema tradizionale dovrà applicarsi in tutti i casi in cui lo statuto della società non disponga diversamente; inoltre, il sistema tradizionale garantisce - come si vedrà - una maggiore partecipazione dei soci al governo delle società, e perciò sembra meglio adattarsi, rispetto agli altri, alle società chiuse, che sono assai più numerose di quelle aperte. Secondo il sistema di governo tradizionale, la società per azioni è governata da tre organi: un organo c.d. deliberativo, l'assemblea dei soci, un organo c.d, amministrativo, l'amministratore unico o gli amministratori (riuniti allora in consiglio di amministrazione), ai quali possono affiancarsi, come organi amministrativi eventuali, il comitato esecutivo e gli amministratori delegati, un organo c.d. di controllo, il collegio sindacale, al quale può affiancarsi, se non escluso dallo statuto, un organo di controllo contabile, il revisore contabile o la società di revisione. Per quanto l'assemblea dei soci, gli amministratori, e il collegio sindacale siano tutti essenziali al funzionamento della società, l'organo di base è quello assembleare, perché è l'assemblea l'organo al quale compete la nomina dei componenti degli altri due organi. È per questo che, mentre in caso di irregolare o impossibile funzionamento dell'organo amministrativo o di controllo, la legge attribuisce all'assemblea il potere di nominare nuovi di 27 124 Per la valida costituzione dell'assemblea ordinaria è necessario l'intervento di tanti soci che rappresentino almeno la metà del capitale sociale; se tale presenza non si raggiunge, l'assemblea deve essere nuovamente convocata: e, in seconda convocazione, l'assemblea ordinaria è valida qualunque sia la parte di capitale rappresentata dai soci intervenuti. Tanto in prima che in seconda convocazione, l'assemblea ordinaria delibera a maggioranza assoluta di voti: tuttavia, per la prima convocazione lo statuto può richiedere una maggioranza più elevata, e può richiederlo anche per la seconda convocazione, tranne che per l'approvazione del bilancio e per la nomina e la revoca delle cariche sociali. Per l'assemblea straordinaria in prima convocazione non è previsto un quorum costitutivo, ma solo un quorum deliberativo: questa assemblea delibera con il voto favorevole di più della metà del capitale sociale, se lo statuto non richiede una maggioranza più elevata. In seconda convocazione, invece, l'assemblea straordinaria è regolarmente costituita con la partecipazione di oltre un terzo del capitale sociale e delibera con il voto favorevole di almeno i due terzi del capitale rappresentato in assemblea, tranne che lo statuto non richieda maggioranze più elevate. Peraltro per le deliberazioni concernenti il cambiamento dell'oggetto sociale, la trasformazione della società, lo scioglimento anticipato, la proroga della società, la revoca dello stato di liquidazione, il trasferimento della sede sociale all'estero e l'emissione di azioni privilegiate, è necessario, anche in seconda convocazione, che la deliberazione sia adottata con il voto favorevole di tanti soci che rappresentino più di un terzo del capitale sociale. In taluni casi (quorum deliberativi dell'assemblea ordinaria di prima convocazione e dell'assemblea straordinaria di prima e seconda convocazione), è testuale la modificabilità in aumento delle maggioranze richieste dalla legge (ma deve trattarsi pur sempre di aumento delle "maggioranze", che non può spingersi sino a comportare l'unanimità) e implicita, ma non meno certa, l'immodificabilità in diminuzione dei quorum stabiliti dalla legge, mediante apposite disposizioni dello statuto.  La questione che ha suscitato il maggiore interesse, per la sua frequente ricorrenza nella pratica, è quella concernente l'ammissibilità della previsione statutaria di un quorum costitutivo, che dalla legge non è prescritto, per l'assemblea ordinaria di seconda convocazione. In passato, la giurisprudenza si era espressa in senso negativo. Oggi, dopo la riforma del 2003, la disposizione - secondo cui, per la seconda convocazione, «lo statuto può richiedere maggioranze più elevate, tranne che per l'approvazione del bilancio e per la nomina e la revoca delle cariche sociali» - 'sembra ammetterlo come regola escludendolo solo nei casi in cui maggioranze più elevate possono impedire il funzionamento dell'organo assembleare e determinare lo scioglimento della società. L'atto costitutivo delle società chiuse può prevedere ulteriori convocazioni dell'assemblea, in sede ordinaria e in sede straordinaria, e in tal caso l'assemblea delibererà nelle relative adunanze con le stesse maggioranze previste per la seconda convocazione. di 30 124 Intervento e voto in assemblea Possono intervenire all'assemblea coloro cui spetta il diritto di voto. Nei casi previsti dall'art. 23521, il creditore pignoratizio, l’usufruttuario o il custode (in caso di sequestro delle azioni) o ancora, ai sensi dell'art. 2372, il rappresentante per delega, hanno il diritto di voto al posto degli azionisti. È sufficiente che il diritto di voto spetti in astratto, anche se in concreto sia temporaneamente sospeso: potrà p.e. intervenire il socio titolare di azioni che non attribuiscano il diritto di voto per morosità.  Il diritto di voto che legittima l'intervento deve riguardare le materie poste all'ordine del giorno della determinata assemblea alla quale l'azionista (o chi per lui) intenda intervenire.  Le azioni che consentono il diritto di voto solo in determinate assemblee (azioni a voto limitato) consentono il diritto di intervento solo in queste assemblee. Al fine di accertare, preventivamente, la sussistenza della legittimazione a intervenire ed esercitare il voto in assemblea, lo statuto delle società non quotate può richiedere il preventivo deposito delle azioni, sia presso la sede sociale sia presso banche specificamente incaricate. Per le società con azioni quotate, il diritto d'intervento e quello di voto spettano a chi sia registrato al termine della giornata contabile del settimo giorno (di mercato aperto) precedente quello fissato per l'assemblea. Tale disposizione, che prescinde dalla titolarità sostanziale delle azioni, è intesa a facilitare la negoziazione delle stesse anche in prossimità e persino durante l’adunanza assembleare, Dunque, la continuità delle negoziazioni sui mercati è, oggi, percepita quale interesse prevalente dal legislatore europeo e, di conseguenza, anche italiano. Tutti i soci hanno il diritto di intervenire in assemblea e di porre domande agli amministratori, sui temi all'ordine del giorno. Questo diritto, solitamente disciplinato da un regolamento sul funzionamento dell'assemblea, p.e. riguardo alla durata degli interventi, è disciplinato in modo particolare nelle società quotate che, in ragione della loro complessità organizzativa, richiedono una procedimentalizzazione per consentire agli amministratori di dare risposte più circostanziate. A tal fine i soci hanno la facoltà di porre domande sulle materie all'ordine del giorno prima dell'assemblea e, qualora previsto nell'avviso di convocazione, anche quello di ricevere risposte (anche mediante un sito internet) almeno due giorni prima dell'assemblea: ciò dovrebbe favorire un dibattito assembleare maggiormente consapevole. Per votare, non è sempre necessario essere presenti fisicamente in assemblea. Lo statuto può anche consentire l'intervento in assemblea mediante mezzi di telecomunicazione, e può ammettere il voto per corrispondenza o in via elettronica: e anche chi esprime il voto per corrispondenza o in via elettronica si considera intervenuto all'assemblea. Viceversa, non tutti gli azionisti intervenuti possono votare: non gli azionisti amministratori nelle deliberazioni riguardanti la loro responsabilità; non gli azionisti che, per conto proprio o di terzi, abbiano un interesse in conflitto con quello della società; non gli azionisti in mora nei versamenti; non la società controllata nell'assemblea della società controllante; non gli azionisti che abbiano omesso, nei casi prescritti, determinate comunicazioni alla Consob. di 31 124 La ragione, che porta in tutti questi casi a sottrarre il diritto di voto, non è sempre la stessa. Per fare degli esempi, talvolta, come nel caso dell'azionista moroso e di quello che non abbia effettuato la prescritta comunicazione, il voto viene sottratto a mo' di sanzione per l'inadempimento dell'azionista agli obblighi che la legge pone a suo carico; talaltra - ed è il caso, di più ampia por-tata, dell'azionista che si trova in conflitto d'interessi - la legge è preoccupata della possibilità che il voto sia espresso in modo da danneggiare la società. Il divieto agli amministratori di votare nelle deliberazioni concernenti la propria responsabilità era già nel Codice di commercio; nulla si disponeva per il caso più generale del conflitto d'interessi. Alcune correnti dottrinali, pure nel silenzio della legge, osservando come il diritto di voto in assemblea dovesse ritenersi attribuito al socio non nell'interesse proprio ma nell'interesse sociale (onde più che di un diritto si tratterebbe di un potere), traevano la conclusione della invalidità del voto che risultasse dato per il soddisfacimento di un fine personale del socio (o altro titolare del diritto di voto, p.e. creditore pignoratizio, usufruttuario) contrastante con l'interesse sociale. Il Codice vigente, risalendo dalla finalità perseguita dal socio votante alla situazione di fatto dalla quale tale finalità può derivare, inibisce il voto al socio (o, comunque, a chiunque sia titolare del diritto di voto) che si trovi in conflitto di interessi con la società. E se, infrangendo il divieto, questi ugualmente prende parte alla deliberazione, la deliberazione, qualora possa recare danno alla società, è impugnabile solo se senza il voto in conflitto di interessi non si sarebbe raggiunta la necessaria maggioranza. Come si è accennato, all'assemblea i soci possono intervenire, se l'atto costitutivo non disponga il contrario, anziché di persona mediante un rap. presentante. Ma l'art. 2372 restringe notevolmente l'utilizzabilità di questo strumento al fine di evitare adulterazioni della maggioranza assembleare: la procura (delega) non può essere rilasciata con il nome del rappresentante in bianco ed è sempre revocabile; non possono rivestire la qualifica di rappresentanti gli amministratori, i sindaci, i dipendenti della società o di società controllate, e parimenti non possono essere rappresentanti le stesse società controllate; infine una stessa persona non può rappresentare più di un certo numero di soci (venti, se si tratta delle società chiuse). Collegata con la funzione che/si ritenga di riconoscere al voto è anche la questione dei cc.dd. sindacati di voto. I sindacati di voto rientrano nella categoria dei patti parasociali, vale a dire degli accordi, che possono intervenire tra i soci o tra alcuni soci, al momento della costituzione della società o successivamente, estranei al contenuto del contratto sociale, ma intesi a regolare poteri, diritti e obblighi dei soci. I sindacati di voto, in particolare, sono intesi a vincolare i soci che li sottoscrivono a votare in assemblea in un dato modo, già prestabilito o di cui (ed è il caso più frequente) è predeterminato il meccanismo di elaborazione. Dalla giurisprudenza erano emerse in passato indicazioni non univoche, spesso ispirate a grande prudenza; mentre la pratica. vi aveva fatto ricorso da sempre, fiduciosamente, anche ad altissimo livello, nonostante che non mancassero, di 32 124 all'impugnativa devono possedere tante azioni aventi diritto di voto, con riferimento alla deliberazione oggetto dell'impugnativa, da rappresentare il cinque per cento del capitale, salvo diversa, più liberale, disposizione statutaria. I soci che non raggiungano, da soli o collegandosi ad altri soci, la percentuale richiesta per l'impugnativa, possono per contro solo chiedere il risarcimento del danno loro cagionato dalla non conformità della deliberazione alla legge o allo statuto (23773.4). Il legislatore del 2003 ha, in tal modo, ulteriormente compresso i diritti individuali dei soci, nell'intento di evitare che irregolarità poco gravi forniscano il destro, anche al possessore di azioni di poco valore, di creare intralci all'operatività della società. L'impugnativa della deliberazione assembleare (e/o la domanda di risarcimento) va fatta mediante citazione della società dinanzi al tribunale del luogo dove la società ha sede (23781), nel termine di decadenza di novanta giorni dalla data della deliberazione, o, se soggetta ad iscrizione o deposito presso il registro delle imprese, entro novanta giorni dalla iscrizione o dal deposito (così l'art. 2377%). L'annullamento della deliberazione inoltre non può aversi, se la deliberazione impugnata, anche in corso di causa, è sostituita con altra presa in conformità della legge o dello statuto (2377°). Per contro la deliberazione nulla può essere impugnata da chiunque vi •abbia interesse (ma, per eccezioni, v. gli artt. 2379-bis' e 2434-bis*), sempre a pena di decadenza, nel maggior termine di tre anni dalla sua iscrizione o deposito nel registro delle imprese, se soggetta a iscrizione o deposito, o dalla trascrizione nel libro delle adunanze dell'assemblea, se non soggetta ad iscrizione o deposito (2379); ma diversi sono i termini previsti per l’impugnativa delle deliberazioni di aumento e riduzione del capitale sociale e di emissioni di obbligazioni dall'art. 2379-ter.  Da notare anche che l'invalidità della deliberazione per mancanza del verbale può essere sanata mediante verbalizzazione avutasi prima dell'assemblea successiva. Con la nuova disciplina dell'invalidità delle deliberazioni si sono risolte molte questioni dibattute prima della riforma del 2003; altre, però, come sempre avviene dopo qualsiasi riforma, permangono, nonostante risulti dai lavori preparatori la volontà del legislatore di superarle. La più importante è quella relativa alla possibilità di aggiungere alla categoria delle delibere nulle, annullabili, e irregolari, la categoria delle deliberazioni inesistenti. L'art. 2379, nel testo antecedente alla riforma del 2003, dichiarava nulle le deliberazioni aventi oggetto impossibile o illecito; l'art. 2377, a sua volta, dichiarava sottoposte al regime dell'annullabilità le deliberazioni che «non sono prese in conformità della legge o dell'atto costitutivo». Di fronte a queste disposizioni, ci si chiedeva se il campo della nullità fosse ristretto ai casi di deliberazioni aventi oggetto impossibile o illecito, e se ogni altro vizio rientrasse nella sfera dell'annullabilità, o se, al contrario, dovessero ammettersi  altri casi di nullità oltre quelli espressamente indicati nell'art. 2379. La giurisprudenza adottava un indirizzo restrittivo quanto alla nullità, non solo escludendo che essa potesse riferirsi a casi diversi da quelli previsti dall'art. 2379, ma interpretando in senso limitativo i casi previsti da tale norma; nello stesso tempo, però, affiancava alle categorie delle deliberazioni nulle e delle deliberazioni annullabili la categoria delle deliberazioni di fatto inesistenti, quelle cioè rispetto alle quali la volontà sociale non si fosse addirittura formata, o comunque difettasse di requisiti indispensabili. In particolare, di 35 124 attraverso queste indicazioni, la giurisprudenza faceva rientrare tra le deliberazioni inesistenti le deliberazioni risultanti da verbale di assemblea mai tenuta, le deliberazioni di assemblea non convocata previamente né totalitaria, le deliberazioni attribuite ad una maggioranza mai formatasi e erroneamente verbalizzata, ecc. Malgrado alcuni di questi casi - si pensi a quello della mancata convocazione dell'assemblea - siano stati presi in considerazione dalle nuove disposizioni sull'invalidità delle deliberazioni assembleari e malgrado la Relazione al d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6 manifesti la volontà del legislatore di «escludere ipotesi di invalidità atipiche, come l'inesistenza», parte della dottrina è tornata, anche dopo la riforma del 2003, a mostrarsi perplessa, e alcuni autori ripropongono la categoria dell'inesistenza, affermando, da un canto, che la categoria della inesistenza non può essere confusa con quella della invalidità (può essere invalido, si dice, solo ciò che materialmente esiste), e affermando dall'altro canto, che l'utilità pratica della categoria della inesistenza non è venuta meno anche dopo la riforma del 2003. Gli amministratori  Nel sistema tradizionale, accanto all'assemblea, altro organo essenziale delle società per azioni è costituito dagli amministratori. L'amministrazione può essere affidata a persone fisiche, socie o non socie; a una sola persona (amministratore unico) o a più persone (che costituiscono il consiglio di amministrazione). Gli amministratori sono nominati dall'assemblea, salvo le eccezioni di legge (p.e., i primi amministratori che sono nominati nell'atto costitutivo). Essi, prima della nomina, devono presentare una dichiarazione nella quale attestano che non vi siano cause di ineleggibilità, anche con riferimento all'ordinamento di altri Stati dell'UE. Il loro numero è fissato dallo statuto, che può tuttavia limitarsi a indicare solo il numero minimo e massimo, e, in tal caso, è l'assemblea dei soci a determinare in concreto il numero degli amministratori. Durano in carica per un periodo non superiore a tre esercizi ma sono rieleggibili, salva diversa disposizione statutaria; sono revocabili dall'assemblea in qualunque momento, salvo il diritto al risarcimento del danno se la revoca avviene senza giusta causa, al riguardo non sono sufficienti mere divergenze o attriti con gli altri amministratori. Il rapporto che lega l'amministratore alla società è un rapporto di natura contrattuale; esso sorge dalla nomina (cioè, proposta) da parte della società e dall'accettazione, da parte del destinatario, della proposta. Il codice detta numerose norme per assicurare la continuità di funzionamento dell'organo amministrativo quando si verificano cause di cessazione dalla carica (scadenza del termine, rinuncia, revoca, decadenza, morte). Nell'ipotesi di scadenza del termine, la cessazione dall'ufficio ha effetto solo dal momento in cui è stato ricostituito il nuovo consiglio di amministrazione. Nell'ipotesi di rinuncia, decadenza o morte dell'amministratore, gli amministratori rimasti in carica (cc.dd. amministratori superstiti) sono tenuti a provvedere a una sostituzione provvisoria del cessato amministratore mediante deliberazione da approvarsi dal collegio sindacale (si parla di nomina per cooptazione); gli amministratori così nominati restano in carica fino alla successiva assemblea. di 36 124 Tale sistema peraltro non va seguito quando, essendosi verificata una causa di cessazione per alcuni amministratori, venga meno la maggioranza degli amministratori nominati dall'assemblea. In tal caso va convocata d'urgenza l'assemblea per la sostituzione degli amministratori mancanti. Compito fondamentale degli amministratori è quello di provvedere alla gestione della società, curandone gli aspetti organizzativi, amministrativi, e contabili, e compiendo tutte le operazioni necessarie per l'attuazione dell'oggetto sociale. Spetta quindi agli amministratori determinare quella volontà che deve valere come volontà della società: e ciò su tutti gli argomenti che non siano dalla legge o dallo statuto riservati alla competenza dell'assemblea.  Spetta agli amministratori: 1) eseguire la volontà sociale, sia espressa dall'assemblea, sia da essi stessi manifestata; 2) rappresentare la società nei confronti dei terzi; 3) curare collegialmente che l'assetto organizzativo, amministrativo e contabile della società sia adeguato alla natura e alle dimensioni dell'impresa.  Può spettare, infine, agli amministratori compiere atti, normalmente attribuiti alla competenza dell'assemblea straordinaria: così lo statuto, originariamente o in ragione di una sua modificazione, può attribuire agli amministratori la facoltà di aumentare in una o più volte il capitale, ovvero di emettere obbligazioni convertibili fino ad un ammontare determinato e per il periodo massimo di cinque anni (2443, 2420-ter). Quando gli amministratori sono più di uno, essi costituiscono il consiglio di amministrazione, che è presieduto da un presidente, scelto dall'assemblea dei soci o dagli stessi componenti del consiglio; a lui spetta, salvo diversa disposizione dello statuto, convocare il consiglio e fissarne l'ordine del giorno. Gli amministratori deliberano, dunque, collegialmente, e, perché le deliberazioni del collegio siano valide, è necessaria la presenza della maggioranza degli amministratori in carica, sempre che lo statuto non richieda un maggior numero di presenti, e il voto favorevole della maggioranza assoluta dei presenti, salva diversa disposizione dello statuto, che può stabilire diverse maggioranze; il voto deve essere dato personalmente, non essendo ammessa rappresentanza nelle deliberazioni del consiglio di amministrazione (2388).  Le deliberazioni consiliari, come quelle assembleari, debbono constare da verbale; ma la Cassazione non reputa la verbalizzazione requisito di validità dell'atto. Le deliberazioni che non sono prese in conformità della legge o dello statuto possono essere impugnate, ma legittimati alla relativa azione giudiziale sono solo il collegio sindacale e gli amministratori assenti o dissenzienti, che devono proporla, a pena di decadenza, entro novanta giorni dalla data della deliberazione; i singoli soci possono impugnarle solo quando esse risultino lesive dei loro diritti. Tra le possibili cause d'invalidità delle deliberazioni del consiglio, il legislatore (2391) menziona particolarmente il conflitto d'interessi. L'amministratore, che ha per conto proprio o di terzi un interesse in una determinata operazione della società, deve darne notizia agli altri amministratori e al collegio sindacale. Il consiglio, se ritenga ugualmente di decidere l'operazione, deve di 37 124 amministratori indipendenti impedisce l'approvazione dell'operazione. Per uscire dall'impasse, la procedura statutaria della società può prevedere che il consiglio di amministrazione approvi ugualmente l'operazione purché a ciò sia autorizzato dall'assemblea con la c.d. procedura del whitewash che, ferma restando la facoltà di votare degli stessi soci coinvolti nell'operazione, impedisce il compimento dell'operazione qualora la maggioranza dei soci correlati esprimano voto contrario.  In altre parole, la descritta procedura è ritenuta sufficiente a salvaguardare l'interesse della società nonostante il voto espresso conflitto di interesse da azionisti coinvolti (2391- bis), let). Infine, il 192-quater Tuf dispone sanzioni amministrative a carico di soci e amministratori che violino l'obbligo di astensione, evidentemente la sanzione non colpire gli azionisti coinvolti quando siano autorizzati a votare in applicazione di una procedura di whitewash. Gli amministratori e la rappresentanza sociale L'art. 2328 al n. 9 prescrive, fra l'altro, che l'atto costitutivo deve indi-care, s'intende quando gli amministratori siano più d'uno, «quali tra essi hanno la rappresentanza della società»: vale a dire, quali tra essi hanno il potere di dichiarare ai terzi, in modo vincolante per la società, la volontà formata dall'organo munito della competenza deliberativa (assemblea o consiglio di amministrazione). L'art. 2383 in aggiunta prescrive che deve indicarsi se gli amministratori ai quali è attribuita la rappresentanza sociale abbiano il potere di agire disgiuntamente, o solo congiuntamente: indicazione soggetta, anche questa, all'iscrizione nel registro delle imprese. Una serie di norme è dettata a tutela dei terzi contraenti. In primo luogo, avvenuta che sia la pubblicità della nomina degli amministratori che hanno la rappresentanza sociale, le cause di nullità o di annullamento che inficino il loro atto di nomina non sono opponibili ai terzi di buona fede, ma solo ai terzi di cui la società provi la mala fede (2383). D'altra parte, il potere di rappresentanza si estende a ogni atto che l'amministratore ritenga di porre in essere a nome della società, sembra, che rientri o non rientri nell'oggetto sociale: «il potere di rappresentanza attribuito dallo statuto o dalla deliberazione di nomina è - recita l'art. 23841 - generale» (Cass. 21 settembre 2015, n. 18449). A parte l'ovvia possibilità di deroghe legislative, sono ammesse le limitazioni statutarie; ma queste, se hanno valore nei rapporti interni (e quindi sul piano della responsabilità degli amministratori verso la società), non ne hanno, quand'anche pubblicate, nei confronti dei terzi, salva l'eccezione che la società provi avere i terzi «intenzionalmente agito a danno della società»: prova d'altra parte, per la sua difficoltà, quasi diabolica (2384; la Suprema Corte - v. Cass. 21 gennaio 2016, n. 1095 - in quest'ordine di idee precisa che per l'opponibilità al terzo delle limitazioni al potere di rappresentanza si richiede non già la prova della conoscenza della loro esistenza, bensì la prova dell'esistenza di un accordo fraudolento tra l'amministratore e il terzo, o quantomeno la consapevolezza da parte del terzo della stipulazione di un atto potenzialmente dannoso per la società). Conclusivamente, tutte le prevaricazioni degli amministratori muniti di rappresentanza sociale sono poste a carico della società, anziché a carico dei terzi di buona fede: di 40 124 soluzione che, se richiede massima oculatezza da parte delle società nella designazione di questi amministratori, facilita lo svolgimento dei traffici giuridici con le società medesime, e giova quindi in definitiva anche ad esse. Si aggiunge la sostanziale equità della soluzione: cuius commoda, et eius incommoda (chi trae i vantaggi, deve sopportare anche gli svantaggi): la società, che trae vantaggio dall’opera degli amministratori muniti della rappresentanza sociale, deve sopportare il rischio, e il costo, della loro eventuale infedeltà. Responsabilità degli amministratori Gli amministratori devono adempiere i doveri imposti dalla legge e dall'atto costitutivo con la diligenza professionale, ovvero - come dice la legge con disposizione più analitica - «con la diligenza richiesta dalla natura dell'incarico e dalle loro specifiche competenze». Essi sono solidalmente responsabili dei danni, che dall' inosservanza di questi doveri possono derivare alla società, purché non si tratti danni derivanti dall'inosservanza di doveri relativi alle attribuzioni delegate al comitato esecutivo o a singoli amministratori (2392). Spetta in primo luogo all'assemblea ordinaria di deliberare questa azione di responsabilità (azione sociale di responsabilità), e l'assemblea può farlo quando l'azione sia posta all'ordine del giorno, o, in occasione della discussione del bilancio, anche se non è indicata nell'ordine del giorno, quando si tratti di fatti che abbiano interessato l'esercizio cui si riferisce il bilancio: Se la deliberazione dell'azione di responsabilità è approvata col voto favorevole di almeno un quinto del capitale sociale, essa importa anche, di diritto, la revoca dall'ufficio degli amministratori contro cui viene deliberata (2393). L'assemblea può anche rinunziare a proporre l'azione di responsabilità o, dopo averla proposta, transigerla; ma occorre in tal caso che non vi sia il voto contrario di una minoranza di soci che rappresenti almeno il quinto del capitale sociale (23935). L'azione sociale di responsabilità, in forza dell'art. 2393-bis, introdotto nel Codice civile con la riforma del 2003, può però oggi essere esercitata anche, senza necessità di delibera assembleare, dai soci di minoranza che rappresentino, nelle società chiuse, almeno un quinto del capitale, o la diversa misura prevista nello statuto, comunque non superiore al terzo. Si tratta di una speciale azione, che pensata dapprima per le società con azioni quotate, è stata poi riconosciuta per tutte le società, con l'evidente fine di evitare che gli amministratori, nominati dalla maggioranza dei soci, possano poi trovare da parte degli stessi soci copertura per comportamenti scorretti, magari tenuti proprio nel loro interesse. La legge, comunque, legittima a questa azione solo i soci che rappresentino una significativa partecipazione al capitale sociale (almeno un quinto) sì da evitare che soci titolari di una minima partecipazione possano avviare azioni giudiziarie sostanzialmente ricattatorie. Accanto alla società, dall'operato degli amministratori possono subire danni anche i creditori sociali. Essi hanno, come unica garanzia, il patrimonio sociale: se l'integrità di questo viene meno per colpa degli amministratori, ed esso non è più sufficiente a soddisfare i creditori, gli amministratori sono responsabili nei loro confronti (2394). Infine, dal comportamento colposo o doloso dell'amministratore può derivare danno (non come di 41 124 conseguenza del danno arrecato alla società ma) direttamente al singolo socio o ad un terzo: l'esempio classico è quello dell'amministratore che, falsificando un bilancio in senso positivo o negativo, induce un terzo a comprare le azioni a prezzo elevato, o un socio a venderle a prezzo vile; oggi a noi sembra possibile aggiungere l'esempio del singolo socio o del terzo rispetto agli amministratori di una società benefit (v. par. 62) che abbiano disatteso un beneficio comune ben individuato: si pensi alla mancata bonifica di una modesta area territoriale in cui abiti il socio o il terzo, a seguito di cui questi ultimi abbiano contratto una malattia causata da una lunga esposizione a fattori ambientali negativi. I danneggiati possono chiedere agli amministratori colpevoli il risarcimento (2395). È pacifica la natura contrattuale dell'azione di responsabilità sociale, anche se esercitata da soci di minoranza, e la natura extra-contrattuale dell'azione individuale del socio e del terzo; discusso è invece se l'azione di responsabilità dei creditori sociali sia un'azione autonoma, avente natura  extra-contrattuale, ovvero altro non sia che l'esercizio in via surrogatoria da parte dei creditori sociali dell'azione sociale di responsabilità, avente natura contrattuale. Il problema non è solo teorico: se si ritenga che i creditori sociali dispongano di un'azione auto noma, il risarcimento dei danni sarà ad essi dovuto; sarà dovuto invece all società, se si ritenga la natura surrogatoria della loro azione. Per quest’ultima  soluzione è l'orientamento prevalente della Cassazione. Il collegio sindacale. Il revisore e la società di revisione L'organo di controllo interno della società per azioni è, nel sistema tradizionale, il collegio sindacale. È composto di tre o cinque sindaci effettivi e due supplenti, soci o non soci, nominati per la prima volta nell'atto costitutivo e successivamente dall'assemblea; almeno un membro effettivo ed uno supplente devono essere scelti fra i revisori iscritti nell'apposito registro tenuto dal Ministero dell'economia e delle finanze; gli altri tra gli iscritti in particolari albi professionali o tra i professori universitari di ruolo in materie economiche o giuridiche; non sono eleggibili (e, se la causa di ineleggibilità interviene dopo la nomina, decadono) i dipendenti o quanti sono altrimenti legati alla società o alle società che la controllano o ne sono controllate o con le quali sono sottoposte a comune controllo da un rapporto di natura patrimoniale che ne comprometta l'indipendenza; non sono parimenti eleggibili quanti siano legati agli amministratori delle stesse società da un rapporto di matrimonio, di parentela o di affinità entro il quarto grado; durano in carica per tre esercizi, e la loro retribuzione, se non è stabilita nello statuto, è fissata all'atto della nomina per l'intero periodo di durata dell'ufficio; sono revocabili solo per giusta causa e la deliberazione di revoca deve essere approvata dal tribunale, sentito il sindaco interessato. Sono disposizioni, queste, volte ad assicurare l'indipendenza del collegio sindacale dagli amministratori e garantirne un'efficace opera di controllo. Ma già nel vigore del Codice di commercio del 1882 si osservava che nelle società per azioni gli amministratori sono molte volte nominati perché dispongono della maggioranza dei voti nell'assemblea, sicché anche i sindaci sono nominati per loro scelta; e, tuttora, essi, per la stessa ragione, di 42 124 e rimesso al consiglio la definitiva determinazione; sono anch'essi rieleggibili e sempre revocabili dal consiglio di sorveglianza, salvo il diritto al risarcimento dei danni, se la revoca avvenga senza giusta causa; sono sostituiti dal consiglio di sorveglianza, se uno o più vengano, nel corso dell'eserci-zio, a mancare.  Anche per i componenti del consiglio di gestione valgono le stesse cause di ineleggibilità e di decadenza, previste dall'art. 2382 per gli amministratori del sistema tradizionale: con l'ulteriore precisazione che non possono essere componenti del consiglio di gestione i componenti del consiglio di sorveglianza.  Il consiglio di gestione può, come si è accennato, delegare le proprie attribuzioni a uno o più dei suoi componenti, e in tal caso si renderanno applicabili le norme sulla delega delle attribuzioni da parte del consiglio di amministrazione del sistema tradizionale. nomina e la revoca, l'esercizio dell'azione sociale di responsabilita nel loro confronti (l'azione di responsabilità peraltro potrà aversi anche da parte dell'assemblea e dei singoli soci, secondo quanto avviene per gli amministratori del sistema tradizionale), la denunzia al tribunale di loro gravi irrego-larità, ai sensi dell'art. 2409; ma si estende - va rilevato - all'approvazione in luogo dell'assemblea del bilancio di esercizio e, ove redatto, del bilancio consolidato, e all'esercizio delle funzioni di controllo che, nel sistema tradizionale, spettano al collegio sindacale nei confronti degli amministra-tori; nonché, eventualmente, le funzioni dell'organismo di vigilanza di cui al d.lgs. n. 231/2001.   Anche i componenti del consiglio di sorveglianza, come i sindaci, devono partecipare alle assemblee, mentre possono (non vi sono però tenuti) assistere alle adunanze del consiglio di gestione (2409-terdecies). La competenza del consiglio di gestione, per contro, attiene essenzialmente alla gestione collegiale dell'impresa sociale, salva la delega che ritenga di fare ad uno o più dei suoi componenti (2409-novies). Il primo comma, ultimo periodo, di quest'ultimo articolo, denota che al consiglio di gestione è riservata l'istituzione degli assetti organizzativi adeguati in conformità con il dettato dell'art. 2086, senza aggiungere che, in tal caso, il compito possa essere delegato ad alcuno dei suoi componenti, il che lascia pensare che tale compito debba essere svolto necessariamente in modo collegiale. Come si vede, il consiglio di sorveglianza dispone, da una parte, di molti dei poteri, che, nel sistema tradizionale, competono all'assemblea ordinaria dei soci, e questo vale in particolare per la nomina, la revoca e il compenso dei componenti del consiglio di gestione (in pratica degli amministratori della società), e per l'approvazione dei bilanci, d'altra parte, di molti dei poteri, che, nel sistema tradizionale, competono al collegio sindacale, dovendo, come il collegio sindacale, vigilare sull'osservanza della legge e dello statuto e sul rispetto dei principi di correttezza amministrativa. Il consiglio di gestione corrisponde, invece, al consiglio di amministrazione del sistema tradizionale, di cui in sostanza ha i poteri e le responsabilità. Il sistema dualistico, nella misura in cui riduce i poteri dell'assemblea, il solo organo sociale nel quale tutti i soci possono fare sentire la loro voce, appare così in linea con quella evoluzione della società per azioni, che, guardando alla realtà delle società aperte, prende atto della sostanziale indifferenza degli azionisti risparmiatori alla gestione personale della società, e tende perciò sempre più ad escluderli di diritto, senza le di 45 124 ipocrisie del pas-sato, da questa gestione, e a tutelarli in altro modo, soprattutto sul piano dell'informazione dei fatti sociali (v. parr. 74 e 102). Se questa è la logica nella quale esso si inserisce, può anche affermarsi che il sistema dualistico, come appare in qualche modo adeguato alla realtà delle società aperte, così appare poco adeguato a quella delle società chiuse. Il sistema monistico Il sistema monistico comporta anch'esso, come il sistema dualistico, l'assenza del collegio sindacale, e la presenza di un controllore esterno (il ravicorza ale collegio sindacane). Non ci sono però, come nel sistema duali-stico, due organi, il consiglio di sorveglianza e il consiglio di gestione, composto di persone nominate dal consiglio di sorveglianza, ma estranee allo stesso. Nel sistema monistico, infatti, l'amministrazione e il controllo sono esercitati, rispettivamente, dal consiglio di amministrazione e da un comitato per il controllo sulla gestione, costituito al suo interno (2409-sexiesdecies). La nomina dei componenti del consiglio di amministrazione compete all'assemblea, al pari di quanto avviene per i componenti del consiglio di amministrazione del sistema tradizionale. Anzi, più in generale, può dirsi che ai componenti del consiglio di amministrazione del sistema monistico si applicano le stesse disposizioni che si applicano ai componenti del consiglio di amministrazione del sistema tradizionale (2409- noviesdecies), a cominciare da quella che riserva loro in via esclusiva la gestione dell'impresa sociale e, collegialmente, l'istituzione di assetti organizzativi adeguati, con poche, anche se significative, varianti. Una di queste varianti riguarda i requisiti che devono avere i componenti del consiglio di amministrazione: nel sistema monistico, infatti, è previsto che, oltre ai requisiti previsti per gli amministratori del sistema tradizionale, «almeno un terzo dei componenti del consiglio di amministrazione deve essere in possesso dei requisiti di indipendenza stabiliti per i sindaci dall'art. 2399'», e lo statuto può prevederne degli altri, con riguardo all'ono-rabilità e alla professionalità. Un'altra variante - la più importante, perché attiene all'essenza dell'istituto - prevede poi che lo stesso consiglio di amministrazione, salvo diversa disposizione dello statuto, determina il numero e nomina, tra i suoi componenti, i componenti del comitato di controllo. La nomina deve avvenire scegliendo i componenti del comitato di controllo tra i componenti del consiglio di amministrazione che abbiano i particolari requisiti di indipendenza, onorabilità e professionalità previsti - come poc'anzi si è detto - «per almeno un terzo dei componenti del consiglio», e non svolgano, anche di mero fatto, funzioni attinenti alla gestione della impresa sociale o di società che la controllano o ne sono controllate; inoltre, almeno uno dei componenti del comitato di controllo deve essere scelto tra i componenti del consiglio di amministrazione che risultino iscritti nel registro dei revisori contabili, quando qualcuno di questi componenti disponga di questo requisito. Lo stesso consiglio di amministrazione provvede alla sostituzione dei componenti del comitato di controllo, con altri componenti del consiglio di amministrazione, naturalmente in possesso dei necessari requisiti, quando i primi siano venuti meno nel corso dell’esercizio. di 46 124 Compete al comitato di controllo vigilare «sull'adeguatezza dell'assetto organizzativo della società, del sistema del controllo interno e del sistema Amministrativo e contabile, nonché sulla sua idoneità a rappresentare correttamente i fatti di gestione» (2409-octiesdecies. let. b), nonché, eventualmente, le funzioni dell'organismo di vigilanza di cui al d.lgs. n. 231/2001 (v. par. 90). L'art. 2409-octiesdecies les. b ripropone parzialmente quanto si legge a proposito dei sindaci nel primo comma dell'art. 2403 (per il quale - come si è già ricordato - «il collegio sindacale vigila sull'osservanza della legge e dello statuto, sul rispetto dei principi di corretta amministrazione ed in particolare sull'adeguatezza dell'assetto organizzativo, amministrativo e contabile adottato dalla società e sul suo concreto funzionamento»), senza cioè richiamare la vigilanza sull'osservanza della legge e dello statuto e sul rispetto dei principi di corretta amministrazione. Ciò perché questa vigilanza deve ritenersi già compresa tra i poteri-doveri che i componenti del comitato di controllo hanno in quanto componenti anche del consiglio di amministrazione. Al comitato di controllo il consiglio di amministrazione può inoltre delegare altri compiti, «con particolare riguardo ai rapporti con il soggetto incaricato di effettuare la revisione legale dei conti». Il sistema monistico, in definitiva, non sopprime la distinzione tra chi amministra e chi controlla nel governo della società per azioni, ma la considera più che una distinzione basata sulle competenze attribuite ai diversi organi una distinzione tra le diverse attribuzioni dei componenti di uno stesso organo. Nel sistema monistico, si distingue tra i componenti che ricevono deleghe relative alla gestione della impresa sociale e i componenti che ricevono deleghe per controllare l'efficienza della struttura imprenditoriale, amministrativa e contabile, adottata. Si tratta, comunque, di una disciplina non sempre chiara: il dubbio maggiore riguarda l'eventualità che il consiglio di amministrazione non proceda a deleghe per quanto attiene alla gestione dell'impresa sociale. Se ciò fosse possibile, e la legge non sembra escluderlo, la gestione della impresa sociale dovrebbe essere curata dallo stesso consiglio di amministrazione, di cui fanno parte i componenti del comitato di controllo: come si concilia allora una simile eventualità con la disposizione che sembra vietare ai componenti del comitato di controllo di svolgere, anche di fatto, funzioni attinenti alla gestione della impresa sociale? A parte ciò, da un canto, la presenza di un revisore esterno, sempre necessario nel sistema monistico, sottolinea che questo sistema di governo può ben essere utilizzato sia dalle società chiuse che dalle società aperte, d'altro canto, l'attribuzione al comitato di controllo - come al collegio sindacale e al consiglio di sorveglianza - di un esteso controllo di merito segnala anche che l'attribuzione di questo tipo di controllo a componenti dello stesso consiglio di amministrazione può giustificarsi laddove i soci ritengano che esso possa essere meglio esercitato da chi, partecipando all'organo cui è affidata la gestione dell'impresa sociale, ha un quadro più completo delle sue esigenze aziendali, contabili e amministrative. di 47 124 Tali società, fin quando conservano almeno due dei detti requisiti nel primo esercizio o per due esercizi consecutivi, sono esentate dall'obbligo di redazione del rendiconto finanziario, della nota integrativa e della relazione di gestione, ma alcune informazioni, contenute in tale ultimo documento, devono essere indicate in calce allo stato patrimoniale.  Alla formazione del bilancio della società chiusa, che adotti il sistema tradizionale, concorrono tutti e tre gli organi sociali: gli amministratori, che redigono il progetto di bilancio, corredandolo, li dove sia pre-visto, anche da una relazione sulla situazione della società e sull'andamento della gestione, detta relazione sulla gestione (2428); il collegio sindacale, che, con altra relazione (relazione del collegio sindacale), deve riferire all'assemblea sui risultati dell'esercizio e sull'attività svolta, e fare osservazioni e proposte in ordine al bilancio; l'assemblea, cui spetta di approvare il bilancio; vi concorre anche, se esiste, il soggetto incaricato del controllo contabile (revisore o società di revisione), che deve, a sua volta, predisporre una relazione, con lo stesso contenuto di quella del collegio sindacale. Quanto a quest'ultima va specificato che l'art. 10 del d.lgs. 139/2015 richiede che il revisore dia un giudizio di coerenza della relazione di errori signiticadve tema essere «fornite indicazioni sulla natura di tali errono, La ridondanza di tale ultima disposizione sembra intesa a rendere più difficoltoso l'accertamento in giudizio della responsabilità del revisore: si noti, a tale riguardo, soprattutto l'uso dell'aggettivo "eventuale" accompagnato alla "identificazione di errori" ancorché significativi. Per assicurare il concorso di giudizi sopra ricordato, il bilancio con la relazione sulla gestione deve essere comunicato dagli amministratori al collegio sindacale e al soggetto incaricato della revisione legale dei conti, almeno trenta giorni prima di quello fissato per l'assemblea che deve discuterlo (2429), la quale, di norma, deve essere convocata a questo fine entro un termine non superiore a centoventi giorni dalla chiusura dell'esercizio sociale (2364); deve quindi restare depositato in copia, a disposizione dei soci che intendano prenderne visione, nella sede della società, insieme con le relazioni degli amministratori e dei sindaci e del soggetto incaricato del controllo contabile (quando designato), durante i quindici giorni che precedono l'assemblea, e finché sia approvato (2429). Naturalmente, il procedimento di formazione del bilancio, sopra riassunto, subisce adattamenti laddove il sistema di governo non sia quello tradizionale. Nel sistema monistico, dove - come si sa - resta la competenza dell'assemblea in merito all'approvazione del bilancio, ma non esiste un organo di controllo interno distinto dal consiglio di amministrazione, sembra che il bilancio e la relazione sulla gestione debbano essere trasmessi, almeno trenta giorni prima di quello fissato per l'assemblea che deve discuterlo, solo al soggetto incaricato del controllo contabile, fermo restando, per il resto, quanto previsto dal sistema tradizionale. Nel sistema dualistico, dove per contro il bilancio e la relazione di gestione sono redatti dal consiglio di gestione, ma l'approvazione del bilancio spetta, di norma, al consiglio di sorveglianza, sembra che il bilancio con la relazione sulla gestione debba essere trasmesso, almeno trenta giorni prima di quello fissato per la riunione del consiglio di sorveglianza che deve discuterlo, sia di 50 124 al soggetto incaricato del controllo contabile sia al consiglio di sorveglianza. Non è chiaro però quale sia il termine per la riunione del consiglio di sorveglianza che deve approvare il bilancio: può ritenersi, in analogia con quanto è disposto per approvato provvisorio da parte dell'assemblea, che essa debba aversi, almeno di norma, entro un termine non superiore a centoventi gg dell'esercizio sociale. Quanto di contenuti del bilancio l'art. 2423 prescrive, in via generale, che «il bilancio deve essere redatto con chiarezza e deve rappresentare in modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale e finanziaria della società e il risultato economico dell'esercizio»; esso, inoltre, deve essere redatto in conformità ad un "principio di rilevanza", infatti, «non occorre rispettare gli obblighi in tema di rilevazione, valutazione, presentazione e informativa quando la loro osservanza abbia effetti irrilevanti al fine di dare una rappresentazione veritiera e corretta», così si esprime in modo significativamente innovativo l'art. 2423. Tuttavia, il legislatore non si è limitato a questa generica enunciazione dei criteri di formazione e delle funzioni, che egli vuole assolte dal bilancio, ma ha precisato ulteriori principi che devono guidare le valutazioni di bilancio (2423-bis):  a) prudenza, vale a dire non si deve tenere conto degli utili se non effettivamente realizzati e si deve tenere conto delle perdite anche se solo presunte;  b) continuità, le poste del bilancio devono essere valutate nell'ottica della continuazione dell'attività;  c) prevalenza della sostanza sulla forma, infatti, «la rilevazione e la presentazione delle voci [deve essere] effettuata tenendo conto della sostanza dell'operazione o del contratto». Il Codice civile, poi, predispone una dettagliata disciplina, sia per quanto riguarda il contenuto dello stato patrimoniale, del conto economico e della nota integrativa, sia per quanto riguarda i criteri di valutazione che debbono essere seguiti. Lo stato patrimoniale deve essere redatto seguendo uno schema a colonne contrapposte, una destinata a raccogliere le voci dell'attivo, l'altra quelle del passivo (2424). Le voci sono organizzate in modo da comprendere categorie di elementi patrimoniali via via più ristrette: ci sono voci di genere, voci di specie, voci di sottospecie. Ricordando soltanto le voci di genere, nella colonna dell'attivo vanno indicati: A) i crediti verso soci per i versamenti ancora dovuti (sulle azioni sottoscritte) B) le immobilizzazioni (vale a dire i beni per loro natura destinati ad essere utilizzati durevolmente p.e.impianti e macchinari), C) l'attivo circolante (vale a dire i beni, che sono il risultato del processo produttivo della società) D) ratei attivi (vale a dire proventi di competenza dell’esercizio chiuso, ma esigibili in esercizi successivi: p.e., i canoni, che, quale corrispettivo della locazione relativa all'esercizio chiuso, il terzo conduttore dovrà pagare alla società nell'esercizio o negli esercizi successivi) e i risconti attivi (vale a dire i costi sostenuti entro la chiusura dell'esercizio, ma di competenza di esercizi successivi: p.c., i canoni, che, quale corrispettivo di una locazione di beni relativa all'esercizio o agli esercizi successivi, la società ha pagato nel corso dell'esercizio chiuso al terzo locatore). Sempre ricordando solo le voci di genere, nella colonna del passivo di 51 124 vanno invece indicati: A) il patrimonio netto (vale a dire la somma algebrica tra le componenti patrimoniali attive e le componenti patrimoniali passive, che - se positiva - indica anche la parte dell'attivo corrispondente ai mezzi propri della società), B) i fondi per rischi ed oneri (vale a dire gli accantonamenti per rischi ed oneri destinati a coprire perdite o debiti di natura determinata, di esistenza certa o probabile, dei quali tuttavia alla chiusura dell'esercizio sono indeterminati o l'ammontare o la data di sopravvenienza: p.e., il fondo costituito per le probabili perdite su crediti della società nei confronti di debitori sottoposti a liquidazione giudiziale), C) il trattamento di fine rapporto di lavoro subordinato (c.d. tfr), D) i debiti, con separata indicazione, per ciascuna voce, degli importi esigibili oltre l'esercizio successivo, E) i ratei passivi (vale a dire i costi di competenza dell'esercizio chiuso, che richiedano pagamenti in esercizi successivi: p.e., i canoni, che, quale corrispettivo di una locazione relativa all'esercizio chiuso, la società dovrà pagare al terzo locatore nell'esercizio o negli esercizi successivi) e i risconti passivi (vale a dire proventi percepiti nell'esercizio, ma di competenza di esercizi successivi: p.e., i canoni, che, quale corrispettivo di una locazione relativa all'esercizio o agli esercizi successivi, il terzo conduttore ha pagato alla società nell'esercizio chiuso). Lo schema che il nostro legislatore ha prescelto per il conto economico non è invece del tipo a colonne contrapposte, ma del tipo scalare (2425). Il legislatore non richiede, infatti, che su una colonna siano indicati tutti gli incrementi patrimoniali e sull'altra tutti i decrementi patrimoniali, che la società ha ottenuto nel corso dell'esercizio (di tal che il risultato economico della società - utile, perdita o pareggio - sia dato dalla somma algebrica dei totali delle due colonne), ma richiede che su un'unica colonna siano elencati, secondo una progressione di somme algebriche, gli incrementi e i decrementi che il patrimonio sociale ha ottenuto  1) nella gestione della ordinaria attività d'impresa,  2) nella gestione delle risorse e investimenti di natura finanziaria,  3) per la svalutazione o la rivalutazione degli investimenti finanziari,  4) per eventi estranei alla gestione ordinacia,  5) con separata indicazione degli accantonamenti e rettifiche richieste dalle norme fiscali. Anche le voci del conto economico sono 'organizzate in modo da comprendere categorie di incrementi e decrementi patrimoniali via via più ristretti: e anche qui ci sono voci di genere, voci di specie, voci di sottospecie. In particolare, le voci di genere del conto economico si riferiscono: A) al valore della produzione (sotto questa voce vanno segnalati gli incrementi patrimoniali che la società ha ottenuto attraverso la gestione ordinaria della sua specifica attività produttiva, sia in termini di beni e servizi non ancora esitati, sia in termini di ricavi delle vendite e dei servizi); B) ai costi della produzione (sotto questa voce vanno segnalati i decrementi patrimoniali - per acquisto di materie prime, per salari e stipendi, ecc. - che la società ha dovuto subire per la gestione ordinaria della sua specifica attività produttiva); di 52 124 soci devono accertare la perdita e ridurre il capitale, perché non deve esserci un’apparenza difforme dalla realtà.  Prima che l’obbligo di riduzione per perdite diventi immediato, il legislator concede due esercizi per esperire un risanamento patrimoniale; tuttavia tale obbligo è da subito immediato quando venga intaccato l’ammontare minimo del capitale (50mila euro), e in tal caso gli organi di gestione devono subito convocare l’assemblea straordinaria che delibera o la riduzione del capitale o la trasformazione della società. I termini sono in ogni caso derogabili per le start up innovative. LE OBBLIGAZIONI Spesso le società necessitano di nuovi mezzi patrimoniali, e dunque possono aumentare il capitale (chiamando nuovi soci a partecipare oppure offrendo ai vecchi soci a una maggiore partecipazione),  oppure facendo ricorso al credito, verso grandi finanziatori (es banche) oppure verso una massa di piccoli risparmiatori (infatti si parla di titolo di massa). Dunque la società, in deroga al principio per cui la raccolta del risparmio è vietata ai soggetti che non siano banche, può procedere all’emissione di Obbligazioni. L’Obbligazione è quindi un titolo di credito verso la società che incorpora un diritto di credito. Questo diritto di credito frutta interessi stabiliti e deve essere rimborsato alla scadenza.  Vi sono nette differenze normative con l’azione e l’azionista;                                                   -l’azione incorpora un diritto di partecipazione e lo status di azionista (quindi socio) mentre l’obbligazione incorpora il diritto di credito e l’obbligazionista non è socio ma creditore                          -le vicende sociali investono direttamente il socio (il quale potrà anche percepire un dividendo se vi sono gli utili) mentre investono solo indirettamente il creditore, che pretende il pagamento degli interessi (possibile finché vi sia il patrimonio della società debitrice) Tali differenze tra azionisti e creditori tuttavia si assottigliano in caso di obbligazioni partecipative (in cui è riconosciuto anche una partecipazione agli utili, oltre all’interesse fisso) e obbligazioni subordinate (in cui il diritto al rimborso è subordinato al soddisfacimento di tutti gli altri creditori).  Salvo diversa disposizione dello statuto, spetta agli amministratori deliberare l’emissione di obbligazioni; questa deve risultare da verbale redatto da notaio e iscritto nel registro. Essendo un titolo di massa, il legislatore dispone norme di cautela; infatti l’ammontare delle obbligazioni emesse non può superare il doppio del capitale sociale e delle riserve legali e disponibili risultanti dall’ultimo bilancio. Tale limite però è derogabile quando l’emissione è garantita da ipoteca di primo grado sui beni della società o quando è sottoscritta da investitori istituzionali o quando “si ravvisino ragioni di economia nazionale” su provvedimento di autorità amministrativa. Un’altra eccezione invece vige per le società per azioni che emettono obbligazioni destinate a mercati regolamentati.  Le obbligazioni sono rappresentate in titoli nominativi ma anche al portatore, ma è prevista anche la dematerializzazione. Gli obbligazionisti sono organizzati in assemblea e di 55 124 hanno un rappresentate comune. Questa assemblea delibera su materie di interesse comune e in particolare sulle deliberazioni che concernono “modificazioni delle condizioni del prestito” e per queste si richiede, in seconda votazione, voto favorevole di una percentuale di obbligazionisti che rappresentino almeno la metà delle obbligazioni emesse. L’emissione delle obbligazioni, poiché appunto potrebbero essere convertite in azioni (obbligazioni convertibili), deve essere deliberata non dagli amministratori ma dall’assemblea, salvo modifica dello statuto che attribuisca tale facoltà anche agli amministratori. Come un aumento di capitale non può essere eseguito fino a che le azioni precedentemente emesse non siano state interamente liberate, lo stesso non è possibile deliberare un’emissione di obbligazioni convertibili se il capitale sociale non è stato interamente versato. Dunque gli stessi limiti ed eccezioni che valgono per le obbligazioni valgono per quelle convertibili.  Il d.l 83/2012 detta la disciplina delle obbligazioni Subordinate e di quelle Partecipative. Queste possono essere emesse con scadenza iniziale non inferiore a 36 mesi, da società che non siano banche o micro imprese o che non siano quotate in mercati regolamentati o in sistemi multilaterali di negoziazione. Le Subordinate sono caratterizzate dalla postergazione dei diritti dell’obbligazionista nei confronti degli altri creditori, quindi si soddisfa solo prima dei soci. Le Partecipative invece conferiscono il diritto di partecipare al risultato economico dell’impresa emittente, in particolare all’utile netto di esercizio; inoltre nelle partecipative si ha diritto alla corresponsione di un tasso di interesse fisso e alla restituzione della quota capitale del prestito quali che siano i risultati economici della società, salvo clausola di subordinazione (c.d Obbligazioni subordinate) in relazione alla quale la componente variabile del corrispettivo deve essere accantonata quale costo nel conto economico. STRUMENTI FINANZIARI DIVERSI DA OBBLIGAZIONI E AZIONI Si deve individuare l’azione da ciò che azione non è, perché vi sono differenze in termini di diritti e obblighi conseguenti. Dunque individuare la nozione di azione risulta decisivo; per azione si intende quello strumento finanziario che implichi conferimenti costitutivi del capitale sociale; diritto in senso di azione si intende quello della partecipazione agli utili, mentre per obbligo si intende la partecipazione alle perdite. La riforma del 2003 ha complicato le cose introducendo nella spa la previsione di nuovi strumenti finanziari c.d partecipativi, che si collocano a metà strada tra azioni e obbligazioni. Infatti l’art 2346 riconosce alle società di emettere, a seguito dell’apporto di soci o terzi anche di opera o servizi, strumenti finanziari forniti di diritti patrimoniali o amministrativi (escluso il diritto di voto nell’assemblea). Sono strumenti finanziari non riconducibili alla categoria delle azioni ma vicine a queste per i diritti che possono attribuire, perché gli apporti dei soci e dei terzi non concorrono alla formazione del capitale sociale. Sono dunque strumenti finanziari a metà tra azioni e obbligazioni (es strumenti collegati a operazioni di prestito che sottopongono in modo diretto i diritti dei titolari al rischio dell’impresa). di 56 124 SCIOGLIMENTO, LIQUIDAZIONE, CANCELLAZIONE Scioglimento Ex art 2484, le società per azioni (così come quelle in accomandita per azioni e a responsabilità limitata) si sciolgono nei seguenti casi; 1) per il decorso del termine               2) per il conseguimento dell'oggetto sociale o per la sopravvenuta impossibilità di conseguirlo, salvo che l'assemblea non deliberi le opportune modifiche statutarie     3) per l'impossibilità di funzionamento o per inattività dell'assemblea     4) per la riduzione del capitale al disotto del minimo legale     5) mancato rimborso delle azioni per le quali sia stato esercitato il diritto di recesso 6) per deliberazione dell'assemblea di anticipato scioglimento 7) per le altre cause previste dall'atto costitutivo o dallo statuto Tutte le cause di scioglimento devono essere iscritte presso il registro delle imprese a cura degli amministratori, salvo scioglimento previsto dallo statuto, che indicherà anche chi dovrà iscrivere.  Il verificarsi di una di queste cause di scioglimento non comporta l’immediata estinzione, infatti prima la società dovrà definire il suo patrimonio sociale e definire i rapporti in corso. Appena si verifica questa causa, ai fini della conservazione dell’integrità del patrimonio, gli amministratori hanno poteri ristretti ai soli poteri di gestione, e quindi rispondono verso creditori sociali e terzi per gli affari intrapresi se non rispettano tale disposizione. Vige una presunzione sul danno risarcibile che sarà pari alla differenza tra il patrimonio netto alla data della cessazione della carica dell’amministratore e il patrimonio netto al verificarsi della causa di scioglimento; tuttavia i danneggiati sono legittimati a dimostrare un maggior danno. All’accertamento della causa di scioglimento quindi gli amministratori devono subito convocare l’assemblea; questa procede alla nomina i liquidatori (atto soggetto a iscrizione nel registro da parte degli stessi liquidatori) Procedimento di liquidazione  Salvo diversa disposizione dello statuto, spetta ai liquidatori di compiere tutti gli atti utili per la liquidazione, ovvero la realizzazione dell’attivo e l’estinzione con il ricavato dei debiti sociali. I liquidatori hanno la stessa responsabilità degli amministratori durante la gestione. Estinto il passivo, si converte in denaro l’eventuale attivo in natura, si redige il bilancio e si provvede al versamento ai soci. La società, con deliberazione dell’assemblea, può sempre revocare lo stato di liquidazione e tornare allo stato di gestione ordinaria.  Cancellazione Chiusa la liquidazione, spetta ai liquidatori chiedere la cancellazione della società dal registro delle imprese, e solo con la cancellazione quindi si arriva all’effetto definitivo dell’estinzione della società. Quindi la cancellazione dal registro delle imprese è elemento costitutivo della cancellazione; senza cancellazione non si ha estinzione quindi. La riforma del 2003 stabilisce che per le spa, ferma restando l’estinzione della società, dopo la cancellazione i creditori sociali non soddisfatti possono far valere i loro crediti verso i soci di 57 124 Inoltre gli atti di nomina e revoca degli organi sociali sono efficaci solo dal momento in cui sono comunicati alla società. Inoltre amministratori/sindaci/componenti consiglio di sorveglianza non sono revocabili dall’assemblea ma solo dagli enti che li hanno eletti. Nelle società aperte poi si può prevedere che i diritti amministrativi a favore dello stato o di enti pubblici siano rappresentati da una particolare categoria di azioni. Nelle società in mano pubblica è inoltre previsto un equilibrio di genere dei consigli di amministrazione nella misura di 1/3 della componente più debole. Inoltre lo stato si riserva poteri speciali sulle imprese strategiche, in primis aziende sanitarie o della difesa. LE SOCIETÀ PER AZIONI CHE FANNO RICORSO AL MERCATO DEL CAPITALE DI RISCHIO RICORSO AL MERCATO DEL CAPITALE DEL RISCHIO E DISCIPLINA SPA La riforma del 2003 codifica la distinzione tra società aperte (i cui soci sono anche reclutati anche tra il pubblico dei risparmiatori) e società chiuse (i soci non sono reclutati anche tra i risparmiatori), introducendo nel Codice l’art 2325bis, che parla di Società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio (società aperte) e Società che non fanno ricorso al mercato del capitale di rischio (società chiuse).  La Riforma del 2003 riprende anche un’altra distinzione che si era già affermata con il dlgs 58/1998 TUF in tema di intermediazione finanziaria, ovvero Società con azioni quotate in mercati regolamentati (art 119) e ed Emittenti di strumenti finanziari (individuati dalla Consob, art 116).  L’art 2325bis riprende questa distinzione all’interno della categoria delle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio;  distingue infatti tra Società emittente di azioni quotate in mercati regolamentati e Società con azioni diffuse tra il pubblico in misura rilevante. Queste sottocategorie hanno disciplina comune per una serie di esigenze, e questo le contrappone alle società chiuse. Queste esigenze delle società aperte sono; -(a) Dare ai soci risparmiatori mezzi di tutela che rispondano ai loro effettivi interessi. Infatti le spa nel codice del 1942 sono disciplinate senza tener conto che alcune società fanno riferimento al pubblico mercato per procurarsi il capitale del rischio; inoltre la disciplina del 1942 non tiene conto della differenza tra azionisti risparmiatori e azioni imprenditori, attribuendo a questi i medesimi diritti e in particolare sui diritto amministrativo (es di voto o di impugnazione sulle delibere assembleari), non considerando però che i piccoli azionisti difficilmente lo potranno far valere. Peer questo motivo la tutela dei piccoli risparmiatori si sposta sul prima, ovvero su tutele informative che rendano il piccolo risparmiatore consapevole sull’entrare o meno in quella società (tutela c.d preventiva) -(b)Esigenza di una maggiore rigidità di disciplina                                               Infatti quando si parla di soci tutti egualmente interessati e dediti alla gestione della società, il legislatore lascia grossomodo la regolazione dei rapporti interni a quest’ultimi; ma questo è impossibile nelle società che attingono al pubblico risparmio, dove si parla di di 60 124 soci risparmiatori che di fatto delegano la gestione ai soci-imprenditori e si limitano a godere del risultato. -(c) Esigenza di assicurare il buon funzionamento della società La diffusione delle azioni fra il pubblico dei piccoli risparmiatori di norma comporta la mancanza delle presenza attiva di questi nella gestione della società, quindi nella sua vita sociale; di fatti questi non sono interessati all’esercizio dei diritti amministrativi, es voto o impugnazioni. L’interesse di questi verso il diritto di voto sta nel fatto che le azioni con diritto di voto sul mercato valgono molto di più quelle azioni sfornite di questo diritto, dunque di norma capita che i soci imprenditori acquistino queste azioni con diritto di voto dagli azionisti risparmiatori così da assicurarsi i quorum necessari per il buon funzionamento della società. -(d) Esigenza di un controllo pubblicistico sul governo della società Questa assenza degli azionisti risparmiatori nel governo della società può determinare il fenomeno che di fatto il governo sociale sia nelle mani di soci imprenditori che però rappresentano una minoranza di capitale sociale (c.d gruppi minoritari di controllo); questo poiché l’assemblea delle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio è costituita in un’unica convocazione e “qualunque sia la parte di capitale rappresentata, delibera a maggioranza assoluta”, quindi pochi azionisti imprenditori, nonostante la loro minoranza di capitale, di fatto possono essere in maggioranza e quindi governare la società se gli altri soci sono assenteisti. Allora si capisce che, per supplire all’assenza di controllo dei soci risparmiatori, lo stato debba intervenire, anche alla luce dell’art 47 c1 1-2 che mette in luce l’interesse pubblico ad un equilibrato sviluppo economico del paese (C1.La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina, coordina e controlla l'esercizio del credito.  C2.Favorisce l'accesso del risparmio popolare alla proprietà dell'abitazione, alla proprietà diretta coltivatrice e al diretto e indiretto investimento azionario nei grandi complessi produttivi del Paese.) - (e) Esigenze di mera natura tecnica Per esempio mezzi di comunicazione adeguati a diffondere la conoscenza a una quantità elevata di soci o risparmiatori interessati a diventarlo. SOCIETÀ  CHE FANNO RICORSO AL MERCATO DEL CAPITALE DEL RISCHIO Quindi le società, sia se emittenti azioni quotate in mercati regolamentati (azioni quotate) sia se con azioni diffuse presso il pubblico (società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio), hanno dunque le esigenze cui sopra, e per questo motivo la disciplina di queste società si sovrappone e si integra con quelle delle società chiuse, la cui disciplina si può considerare come quella di base, quella generalista. Dunque la disciplina di società che fanno ricorso al mercato del capitale del rischio è all’interno delle società per azioni. Dunque vi sono una serie di norme destinate alle società che fanno ricorso al mercato del capitale del rischio, e che non sono derogabili.  Va detto poi che la disciplina delle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio, pur presentandosi apparentemente come disciplina comune alle sottocategorie delle società con azioni diffuse presso il pubblico e delle società emittenti azioni quotate, in realtà è disciplina che si applica per intero solo alle società con azioni diffuse presso il di 61 124 pubblico.                                                             Infatti il 2325bis dice che “Ai fini dell'applicazione del presente titolo, sono società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio le società con azioni quotate in mercati regolamentati o diffuse fra il pubblico in misura rilevante. Le norme di questo titolo (cioè quelle sulla spa, quindi anche quelle che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio) si applicano alle società con azioni quotate in mercati regolamentati in quanto non sia diversamente disposto da altre norme di questo codice o di leggi speciali”. Dunque le norme per le società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio non si applicano alle società con azioni quotate, se esistono norme del Codice e del Tuf che dispongano diversamente. Si ricordi anche che alle società con azioni diffuse presso il pubblico non si applicano solo le norme che il Codice civile detta per le società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio.  Dunque le società con azioni diffuse presso il pubblico rientrano nell’art 116 Tuf i quanto società emittenti strumenti finanziari; a queste dunque, oltre alle norme del Codice, si applicano le norme che il Tuf prevede per le società emittenti strumenti finanziari. Inoltre a queste società ex art 116 Tuf si applica il dlgs 38/2005 che chiede, nella redazione del bilancio, di osservare i principi contabili internazionali (es l’applicazione del c.d Fair value, ossia il valore di mercato dello scambio attuale dei beni), così da permettere ai mercati extranazionali di avere un’informazione generale sull’andamento economico di queste società.  LA DISCIPLINA DELLE SOCIETA’ CON AZIONI DIFFUSE PRESSO IL PUBBLICO IN MISURA RILEVANTE La disciplina delle società con azioni collocate presso il pubblico presenta una forte esigenza di tutela dei risparmiatori, e questa si collega alla disciplina dell’informazione societaria.  Infatti nelle società chiuse l’informazione societaria è prevalentemente riservata ai soci, e più che altro per l’esercizio consapevole dei loro diritti amministrativi (es diritto di voto). Invece l’informazione societaria, nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio e nelle società con azioni diffuse tra il pubblico, questa diventa informazione non solo dei soci ma del pubblico in generale. Infatti il legislatore si preoccupa che l’informazione societaria sia; -adeguata    -corretta    -veritiera    -tempestiva In questo modo si permette ai risparmiatori (o agli intermediari finanziari, a cui i risparmiatori affidano la loro gestione finanziaria) di valutare se entrare o meno in quella società (tutela c.d preventiva) ed eventualmente, se rimanervi o uscire.  Norme ispirate a questa esigenza sono quelle del 116 Tuf che rimandano agli artt 114-115 del Tuf e prevedono che gli emittenti di strumenti finanziari diffusi presso il pubblico in maniera rilevante, oltre agli obblighi informativi di legge, “comunichino al pubblico senza indugio le informazioni privilegiate”; sostanzialmente queste sono quelle precise informazioni  e così rilevanti che sono suscettibili, se rilevate, di modificare il prezzo degli strumenti finanziari. Inoltre si attribuiscono una serie di poteri di controllo e vigilanza maggiori alla Consob, sempre in tema di informazioni fornite al pubblico.  di 62 124 acquisto e vendita e, per tale ragione, sono soggetti a più intensi obblighi di protezione a tutela degli investitori che accedono al sistema. Comunque, il servizio di organizzazione e gestione dei mercati di strumenti finanziari da servizio pubblico è diventato, in forza di questa disciplina, vera e propria attività d'impresa, più o meno controllata, a seconda che il mercato oggetto dell'attività sia regolamentato o non regolamentato. Di conseguenza, i mercati di strumenti finanziari, oggi, possono essere molti, e in concorrenza tra di loro. Più in dettaglio, per quanto riguarda i mercati regolamentati, l’art. 64 Tuf prevede che l'attività di organizzazione e gestione di mercati regolamentati di strumenti finanziari è esercitata da società per azioni, anche senza scopo di lucro. Queste società di gestione sono soggette a controllo pubblico. Anche su di esse il controllo è esercitato da autorità amministrative, che nella specie sono la Consob, la Banca d'Italia e il Ministro dell'economia e delle finanze. Attualmente, le società di gestione autorizzate sono la "Borsa Italiana S.p.A." e la "MTS S.p.A." che gestiscono diversi mercati; possono prestare la propria attività in Italia anche i mercati riconosciuti ai sensi dell'ordinamento europeo. Il nuovo assetto giuridico delle borse valori ha influito anche sul nome. Potendo essere più e diversi i mercati regolamentati, la parola borsa, nel linguaggio giuridico italiano, non identifica un unico mercato regolamentato. Nel Codice civile, dopo la riforma del 2003, non si parla più di società con azioni quotate in borsa, ma di società con azioni quotate in mercati regolamentati. L'ammissione degli strumenti finanziari alle negoziazioni in un mercato regolamentato, oltre a rendere assai facile l'incontro della domanda e dell'offerta degli strumenti negoziati, ne consente la quotazione, cioè la rilevazione ufficiale e pubblica dei prezzi che essi spuntano nel corso delle negoziazioni. E la conoscenza di questi prezzi è importante anche ai fini delle successive decisioni dei risparmiatori, che valutano l'opportunità di investire o disinvestire. Le società emittenti di azioni quotate nei mercati regolamentati. La disciplina delle società emittenti di azioni quotate ha come disciplina base quella che il Codice civile detta per le società chiuse. Però, a questa disciplina si sostituisce o si aggiunge la diversa disciplina prevista dal codice o dalle leggi speciali per le società con azioni diffuse tra il pubblico in misura rilevante, e a quest’ultima si sostituisce o si aggiunge, infine, se diversa, la disciplina prevista specificamente dal Codice civile o dalle leggi speciali (tra queste assume particolare importanza il Tuf) per le società emittenti di azioni quotate. La disciplina riservata alle società emittenti di azioni quotate, dopo la riforma del 2003: a) Ci sono disposizioni, quasi tutte contenute in regolamenti, ministeriali o della Consob, di attuazione del Tuf, che infittiscono, rispetto a quelli delle stesse società con azioni diffuse tra il pubblico, gli obblighi informativi delle società con azioni quotate, specie di quelle con azioni quotate nei mercati regolamentati italiani. Queste disposizioni, inoltre, dispongono che l’informazione dovuta al pubblico dei risparmiatori sia la stessa dovuta ai soci. di 65 124 Si segnalano, tra queste disposizioni, quelle in tema di convocazione delle assemblee. b) Viene accentuato il controllo pubblico sulla gestione sociale da parte della Commissione nazionale per le società e la borsa (Consob). La Consob, istituita con la L. n. 216 del 1974 che tuttora la regolamenta, è una persona giuridica pubblica, indipendente dal potere esecutivo (oltre che da quello legislativo e giudiziario), con sede in Roma e sede secondaria in Milano, alla quale inizialmente sono stati attribuiti compiti di vigilanza sulle società quotate e sulla borsa, ma che oggi dispone di poteri estesi all'intero mercato mobiliare, con particolare riguardo ai soggetti che vi operano, specie al fine di assicurare la trasparenza e la correttezza dei loro comportamenti. Il controllo che la legge affida alla Consob è un controllo che riguarda, anche se non soltanto, soprattutto l'informazione del pubblico dei risparmiatori, e risponde all'esigenza di assicurare che gli obblighi di informazione che gravano sulle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio stano osservati, e siano osservati correttamente. c) Nella disciplina delle società con azioni quotate, il fenomeno delle partecipazioni reciproche è considerato con maggiore severità, in parte per meglio tutelare il capitale sociale contro fenomeni di annacquamento, ma soprattutto per evitare che gli amministratori delle società, facendo acquistare dalle società che amministrano partecipazioni in altre società e da queste ultime partecipazioni nelle prime, si pongano nelle condizioni, attraverso queste partecipazioni incrociate, di controllare interi gruppi senza essere titolari di molte azioni, e perciò senza rischiare in modo significativo propri  capitali (c.d. autocrazia dei managers). Per le società non quotate, la disciplina delle partecipazioni reciproche si riduce a quella dettata dall'art. 2359-bis, che consente l'acquisto da parte di società controllata di azioni o quote della società controllante solo nei limiti degli utili distribuibili e delle riserve disponibili risultanti dall'ultimo bilancio regolarmente approvato, e solo se le azioni da acquistare siano interamente liberate. Per le società quotate, la disciplina delle partecipazioni reciproche si arricchisce: alla disciplina di diritto comune dettata dall'art. 2359-bis si aggiunge, in particolare, quella che si legge nell'art. 121 del Tuf. L'art. 121 dispone, infatti, che, fuori dai casi previsti dall'art. 2359-bis, se 2 società con azioni quotate hanno partecipazioni reciproche in misura superiore al 3% del capitale sociale, la società che ha superato il limite, poi, non può esercitare il diritto di voto inerente alle azioni o quote eccedenti e deve alienarle entro 12 mesi dalla data in cui ha superato il limite. Se non è possibile accertare quale delle 2 società ha superato il limite successivamente, la sospensione del diritto di voto e l'obbligo di alienazione si applicano a entrambe (salvo loro diverso accordo). Se l'alienazione non avviene nel termine previsto dei 12 mesi, la sospensione del voto si estende all'intera partecipazione della società inadempiente. d) Viene prevista la partecipazione obbligatoria del «genere meno rappresentato» (si tratta di un riequilibrio volto a favorire la presenza femminile) negli organi amministrativi delle società: almeno 2/5 degli amministratori eletti; in caso di inadempimento la Consob diffida la società ad adeguarsi nel termine di 4 mesi e, permanendo l'inadempimento, procede alle sanzioni e fissa un nuovo termine di 3 mesi ad adempiere. di 66 124 e) La disciplina delle società con azioni quotate incentiva, mediante appropriata disciplina della rappresentanza dei soci nelle assemblee, la partecipazione dei piccoli azionisti alla vita della società. g) Si dispone, disciplinando le azioni di risparmio, una maggiore tutela degli azionisti che hanno sottoscritto azioni prive del diritto di voto. Queste azioni possono essere create soltanto da società le cui azioni siano quotate nei mercati regolamentati e attribuiscano ai possessori alcuni privilegi patrimoniali, aventi il contenuto minimo stabilito dall'atto costitutivo, inoltre possono essere emesse al portatore. h) L’art. 127-quinquies Tuf consente che gli statuti delle società quotate permettano la maggiorazione del voto (fino a due voti, ma evidentemente sarà possibile anche una maggiorazione per una frazione di voto) a favore delle azioni che siano rimaste nella disponibilità del medesimo soggetto per almeno due anni. L'offerta pubblica di acquisto. Possono farsi rientrare tra le disposizioni a tutela dei piccoli azionisti anche quelle rivolte ad evitare che l'acquisizione di una partecipazione di controllo di una società con azioni quotate in borsa attribuisca vantaggi agli azionisti di comando, e non ai piccoli azionisti. Per intendere il senso di queste disposizioni occorre riflettere su 2 casi. Può essere che un soggetto intenda acquistare il pacchetto azionario di controllo di una società con azioni quotate da chi già lo possegga. Per realizzare l'acquisto, l'acquirente dovrà quasi sempre pagare un prezzo molto superiore a quello che risulta dalla quotazione di borsa. La quotazione, giacché definisce il prezzo che il pubblico dei risparmiatori deve pagare per l'acquisto o può ottenere per la vendita delle azioni, esprime infatti il valore delle azioni per i piccoli azionisti, non certo per gli azionisti di comando. II risparmiatore, che acquista in borsa poche azioni, può solo sperare di avere dalle azioni un buon dividendo, e di rivendere le azioni ad un prezzo maggiore di quello pagato, realizzando così un capital gain (= guadagno in termini di capitale), se le loro quotazioni saranno salite, e non considera fra gli elementi per la quantificazione del prezzo i vantaggi, che sono propri degli azionisti di comando, derivanti dai c.d. diritti amministrativi spettanti alle azioni, e dal conseguente potere di gestione dell'impresa sociale. Chi intende acquistare un pacchetto azionario di controllo sa invece che potrà godere di questi vantaggi, che sono assai consistenti, ed è perciò disponibile a pagare un prezzo più elevato, che li consideri; è pronto cioè a corrispondere al titolare del pacchetto azionario di controllo anche quello che, nella pratica degli affari, viene chiamato il premio di maggioranza. Può essere, questo è il secondo caso, che una società veda il proprio capitale sociale molto frazionato, sì da essere controllata mediante una partecipazione, che non rappresenta la maggioranza del capitale sociale, ma una percentuale molto più bassa. In un caso del genere, può accadere che chi intende sottrarre a chi lo detiene il controllo della società, ne tenti la "scalata", cercando di acquistare in borsa magari poco per volta, e senza fare scoprire le sue intenzioni, tante azioni da superare in numero l'attuale pacchetto di controllo, e magari da ottenere addirittura la maggioranza delle azioni. È probabile che le quotazioni delle azioni della società oggetto della scalata (c.d. società bersaglio) aumentino per l'insistente domanda di cui sono oggetto le azioni: ma è altrettanto probabile che, se la "scalata" riesce, chi l'ha compiuta avrà pagato il pacchetto di 67 124 Ne deriva che, nella disciplina che il Codice civile dedica, dopo la riforma del 2003, all'accomandita per azioni il socio accomandatario può essere o amministratore unico o componente del consiglio di amministrazione nel sistema tradizionale, componente del consiglio di gestione nel sistema dualistico; c) la carica di amministratore non è soggetta a limiti di tempo; non è parso necessario il rinnovo periodico della fiducia per chi lega, con l'assunzione della responsabilità illimitata per le obbligazioni sociali, la sorte del proprio patrimonio a quella del patrimonio della società; d) la revoca degli amministratori deve essere deliberata con le maggioranze prescritte per le deliberazioni dell'assemblea straordinaria e dà diritto al risarcimento dei danni se avviene senza giusta causa. Si garantisce con ciò maggiore stabilità a chi, nell'assumere la carica di amministratore, ha messo in gioco la sorte del proprio patrimonio; e) la sostituzione degli amministratori non solo richiede anch'essa di essere deliberata con le maggioranze dell'assemblea straordinaria, ma, nel caso di pluralità di amministratori, deve essere approvata dagli amministratori in carica. f) se mancano tutti gli amministratori e non si provvede a sostituirli entro sei mesi, la società si scioglie; g) per l'art. 2459, i soci accomandatari non hanno diritto di voto per le azioni ad essi spettanti nelle deliberazioni dell'assemblea che concernono la revoca e la nomina dei sindaci ovvero dei componenti del consiglio di sorveglianza, nonché l'esercizio dell'azione di responsabilità nei loro confronti. Il tipo dell'accomandita per azioni è scarsamente apprezzato, per il diretto esercizio di attività d'impresa, dagli operatori economici, che di rado vi fanno ricorso, probabilmente a causa della responsabilità illimitata che grava sui suoi amministratori. Per contro il tipo oggi è talora utilizzato per fini diversi da quelli che possiamo chiamare fisiologici, coerenti alla sua vocazione e alla sua storia; esso è stato individuato come un comodo strumento di controllo dei gruppi di imprese, i quali abbiano carattere familiare. La società a responsabilità limitata.  Questo tipo di società è stato, in Italia, per la prima volta introdotto dal vigente Codice civile, e oggi la società a responsabilità limitata costituisce uno dei tipi di società commerciale, che la riforma del diritto delle società del 2003 ha più fortemente caratterizzato, mirando a farlo diventare soprattutto adatto all'esercizio delle piccole e medie imprese, ciò tuttavia non esclude che possa essere adoperato anche dalle imprese di maggiore dimensioni. La società a responsabilità limitata raccoglie in sé le caratteristiche della società in nome collettivo e della società per azioni; la Corte Cost. al fine di denotarne l'acquisita autonomia rispetto al tipo per azioni, mostra di aderire alla tesi di quanti definiscono quella a responsabilità limitata una società di persone a responsabilità limitata. I soci della società a responsabilità limitata, come nella società per azioni, godono del beneficio della responsabilità limitata, dato che delle obbligazioni sociali, nella società a responsabilità limitata, in via di principio risponde soltanto la società con il suo patrimonio; tuttavia, la compagine sociale della società a responsabilità limitata, come quella della società in di 70 124 nome collettivo, ha una forte caratterizzazione personalistica, essendo stata pensata come un gruppo di pochi soci, ognuno in grado di conoscere gli altri, e di poterne valutare la capacità e l'affidabilità. La società a responsabilità limitata pur attribuendo ai soci il beneficio della responsabilità limitata, non può attingere al pubblico risparmio, salvo quanto si dirà riguardo alla srl/PMI; nello stesso tempo, però, proprio per questa limitazione, può avvalersi di regole organizzative più elastiche di quelle previste per la stessa società per azioni chiusa, talvolta vicine a quelle della società in nome collettivo; infatti, la dottrina parla spesso di modello flessibile. La legge dispone che le partecipazioni dei soci di una società a responsabilità limitata non possono essere rappresentate da azioni  e che esse non possono costituire oggetto di offerta al pubblico di prodotti finanziari, aggiungendo che la società a responsabilità limitata, quando lo statuto lo preveda, può emettere «titoli di debito», che possono essere offerti in sottoscrizione e sottoscritti solo da «investitori professionali soggetti a vigilanza prudenziale a norma delle leggi speciali», p.e. Sgr, Sicaf, Sicav o banche. Tuttavia, oggi, anche la società a responsabilità limitata - al pari delle altre società di capitali non quotate – può emettere i c.d. minibond (obbligazioni e titoli similari) «purché con scadenza iniziale uguale o superiore a trentasei mesi».  In seguito a innovazioni legislative è venuto meno uno dei tratti distintivi rispetto al tipo della società per azioni; infatti, anche le quote possono essere tutte di uguale valore, esprimendo una stessa frazione del capitale sociale. La standardizzazione delle quote è funzionale alla loro negoziazione sui mercati dei capitali e risponde all'esigenza di facilitare il finanziamento della srl/PMI attraverso nuovi canali di accesso diretto al capitale privato (p.e., attraverso il crowdfunding, tecnica per la raccolta di capitale da un vasto pubblico di piccoli investitori, con l'ausilio di piattaforme telematiche). Società a responsabilità limitata semplificata e a capitale ridotto. Accanto alla società a responsabilità limitata ordinaria, il legislatore ha introdotto quella semplificata, regolata dall'art. 2463-bis e quella a capitale ridotto, regolata dall'art. 2463 comma 4. In entrambi i casi non si tratta di nuovi tipi sociali, ma piuttosto di varianti, come si evince dal fatto che le norme della società a responsabilità limitata ordinaria si applicano alle varianti totalmente fatta eccezione per le poche disposizioni speciali. Pertanto il passaggio dalla società semplificata o a capitale ridotto alla società a responsabilità limitata ordinaria non comporta il ricorso al procedimento di trasformazione ma modificazione dell'atto costitutivo. L'esigenza alla base di questi interventi legislativi è stata quella di offrire un modello societario a buon mercato per chi intenda intraprendere nuovi progetti economici avvantaggiandosi della regola della responsabilità limitata dei soci. L'iniziativa si inserisce in un quadro di politica legislativa volta a rendere più attrattivo per le imprese il c.d. sistema Italia, ed è necessitata dall'esigenza di essere concorrenziali con gli ordinamenti di altri paesi numerosi dei quali si erano già dotati di norme speciali, relative anche lì al tipo che corrisponde alla nostra società a responsabilità limitata, al fine di rendere economica- mente più conveniente la costituzione di una tale società. di 71 124 Comunque, le due varianti differiscono fra loro fondamentalmente perché la semplificata è destinata esclusivamente a soci persone fisiche, essa, inoltre, non gode di flessibilità quanto a contenuto dell'atto costitutivo il quale deve essere necessariamente redatto «in conformità al modello standard tipizzato con decreto del Ministro della giustizia», da tale ultima caratteristica deriva una facilità del procedimento di costituzione e, pertanto, la stessa specificità della denominazione: “semplificata”. La costituzione. Il capitale sociale e i conferimenti. La società a responsabilità limitata si può costituire, come la società per azioni, con più soci, e perciò mediante contratto, ovvero con un unico socio, e perciò mediante atto unilaterale. Il contratto sociale (o l'atto unilaterale) costitutivo della società a responsabilità limitata deve essere redatto per atto pubblico, nel rispetto delle stesse condizioni previste dall'art. 2329, per la costituzione della società per azioni. L'art. 4 d.l. 3/2015, tuttavia, consente la costituzione della società a responsabilità limitata anche mediante atto informatico provvisto di firma digitale semplice dei sottoscrittori, purché si tratti di start-up innovative il cui atto costitutivo sia conforme al previsto modello ministeriale. L'atto costitutivo della società a responsabilità limitata deve recare le principali indicazioni relative alla società, tra le quali le generalità dei soci, la denominazione e il comune ove sono poste la sede principale e le eventuali sedi secondarie, l'attività che costituisce l'oggetto sociale, l'ammontare del capitale sociale, i conferimenti di ciascun socio e il loro valore, la quota di partecipazione di ciascun socio, le norme relative al funzionamento della società. Non è previsto che le norme relative al funzionamento della società siano collocate non nell'atto costitutivo, ma in un suo allegato, lo statuto. L'atto costitutivo (contratto o atto unilaterale) della società a responsabilità limitata deve poi, una volta venuto all'esistenza, essere depositato iscritto presso l'ufficio del registro delle imprese nella cui circoscrizione è stabilita la sede sociale, seguendo lo stesso procedimento previsto per l'atto costitutivo della società per azioni, e anche per la società a responsabilità limitata, come per la società per azioni, l'iscrizione nel registro delle imprese attribuisce la personalità giuridica, come dire l'autonomia patrimoniale perfetta. La legge, per la costituzione della società a responsabilità limitata ordinaria, richiede un capitale sociale minimo, pari a diecimila euro; si accontenta, invece, di un capitale minimo di un solo euro per la variante semplificata per la quale, infatti, dispone che il capitale, da versare interamente, deve essere inferiore a diecimila euro, ma pari o superiore a un euro. Inoltre, a partire dal 2013 sono stati aggiunti due commi all'art. 2463 che consentono la costituzione di qualsiasi società a responsabilità limitata con un capitale sociale inferiore a diecimila euro ma con un minimo di un euro, si tratta della variante di società a capitale ridotto. Invece, per la società a responsabilità limitata ordinaria, come per la società in nome collettivo, e a differenza dalla società per azioni, i conferimenti che devono concorrere a formare il capitale possono essere dati da qualsiasi utilità suscettibile di valutazione economica, e non solo da danaro, crediti o beni in natura, cosi si potrà conferire l'opera o di 72 124 La norma prescinde da tali qualificazioni essa, infatti, intende per finanziamenti dei soci quelli «a favore della società (...) in qualsiasi forma effettuati». L'art. 2467 sottintende un principio di corretto finanziamento delle imprese, la cui violazione comporta la riqualificazione del prestito in prestito postergato rispetto alla soddisfazione degli altri creditori della società: con l'espressione postergazione si indica la posposizione del diritto del socio a quelli degli altri creditori. Questa conseguenza non è automatica ma occorre che concorrano le condizioni: 1) che il momento di riferimento per l'applicazione della disposizione sia quello in cui i finanziamenti «[siano] stati concessi»; sia pure con espressione tecnicamente non precisa, il legislatore sembra alludere al momento in cui il socio abbia assunto l'obbligazione di pagare (o il rischio di dovere pagare, nel caso di garanzia) indipendentemente dall'esecuzione; 2) che l'impresa sociale versi in condizioni di squilibrio patrimoniale o finanziario, cioè che risulti «un eccessivo squilibrio dell'indebitamento rispetto al patrimonio netto oppure in una situazione finanziaria della società nella quale sarebbe stato ragionevole un conferimento». A tali condizioni il credito del socio diviene postergato e, nell'ipotesi che sia stato rimborsato nell'anno precedente la dichiarazione di fallimento della società, deve essere restituito al curatore fallimentare a semplice richiesta stragiudiziale, accompagnata dalla prova che il rimborso è avvenuto, appunto, nell'anno antecedente. Si dubita, invece, che la postergazione abbia natura sostanziale, cioè che <incid[a] direttamente sugli effetti del negozio di finanziamento>, proprio perché il legislatore ha stabilito l'inesigibilità del credito in presenza di una delle situazioni previste dall'art. 2467, vietando la restituzione delle somme alla condizione (sospensiva) che la società non versi (più) nella situazione prevista dal secondo comma dell'art. 2467. Ne deriva la conseguenza che gli amministratori devono rifiutare il rimborso, sino a quando non siano venute meno le predette condizioni. Gli amministratori che incautamente rimborsino ne risponderanno verso i creditori sociali. Recesso ed esclusione del socio. La caratterizzazione in senso personalistico della società a responsabilità limitata riduce di molto le possibilità del socio, che non condivida la politica gestionale della società, di uscire dalla società mediante il trasferimento della quota. Il legislatore ha perciò ritenuto, in cambio, di disciplinare in modo ancora più liberale di quanto non faccia in materia di società per azioni il recesso del socio dalla società. Non solo la legge prevede che il socio ha diritto di recedere dalla società in tutti i casi in cui lo statuto lo preveda, ma, con norma da ritenere imperativa, attribuisce ai soci - lo preveda o meno l'atto costitutivo - il diritto di recedere quando non abbiano consentito (cioè non siano intervenuti o si siano astenuti o si siano dichiarati contrari) alle decisioni relative: 1) al «cambiamento dell'oggetto» sociale (a qualsiasi cambiamento, non a quei soli cambiamenti significativi ai quali fa riferimento l'art. 2437'), 2) al cambiamento del tipo di società, 3) alla fusione o scissione della società (è questa una causa di recesso non prevista per i soci di società per azioni), 4) alla revoca dello stato di liquidazione,  di 75 124 5) all'eliminazione di una causa di recesso prevista dall'atto costitutivo, 6) al compimento di operazioni che comportano una sostanziale modificazione dell'oggetto sociale o una rilevante modificazione dei particolari diritti attribuiti ai singoli soci dall'atto costitutivo (è questa un'altra causa di recesso non prevista per i soci di società per azioni). Spetta però sempre all'atto costitutivo determinare le modalità e i termini del recesso del socio che non abbia consentito alle decisioni sopra ricordate, anche se poi non si sa bene come queste modalità e questi termini debbano essere determinati nel caso che l'atto costitutivo abbia omesso di provvedervi. I soci possono inoltre in ogni momento recedere, dando un preavviso di almeno sei mesi, in caso di società a tempo indeterminato, e possono altresì recedere, come avviene per la società per azioni, nei casi previsti dall'art. 2497-quater, quando siano soci di società facente parte di un gruppo. La partecipazione del socio che recede va rimborsata in danaro, in misura proporzionale al valore del patrimonio sociale, da stimare tenendo conto del suo valore di mercato, non invece, salvo coincidenza, secondo quanto la legge detta per la sua valutazione ai fini del bilancio di esercizio: a ben guardare, si tratta di un criterio che sostanzialmente non è molto diverso da quello che è previsto per il rimborso delle azioni, in caso di recesso del socio da società chiuse. E‘ previsto che il rimborso delle partecipazioni deve essere eseguito nel termine di centottanta giorni dalla comunicazione del recesso. Entro questo termine, la società - a quanto si può capire da una normativa che non è molto chiara - deve offrire agli altri soci di acquistare, in proporzione ciascuno alla partecipazione già posseduta, le partecipazioni dei soci receduti. In pratica, socio che ha dichiarato di recedere viene dato di vendere la sua partecipazione agli altri soci o a un terzo. Se la vendita non è però possibile, la società al deve eseguire il rimborso utilizzando le riserve disponibili ovvero, nel caso manchino riserve disponibili, riducendo il capitale sociale. Quando il rimborso della partecipazione non sia possibile neanche mediante la riduzione del capitale sociale, e la società non revochi la delibera che lo legittima (se è una delibera a legittimare il recesso), la società di scioglie. Da notare, infine, che la legge non solo ammette, come nella società per azioni, che la società possa per morosità sciogliere il rapporto sociale del socio moroso, ma ammette altresì che l'atto costitutivo preveda altre specifiche ipotesi di esclusione per giusta causa del socio. L'atto costitutivo della società a responsabilità limitata può, in altre parole, prevedere l’esclusione del socio anche in casi non previsti dalla legge, purché disponga in modo specifico, individuando determinati casi apprezzabili come casi di giusta causa. GOVERNO DELLA SRL esiste un solo sistema di governo (a differenza della SPA dove si può scegliere tra 3 modelli) ma tramite l’atto costitutivo la legge permette di apportarvi ampie deroghe (quindi la disciplina legale è di fatto suppletiva, vi si ricorre solo se lo statuto non ne prevede una diversa). il suddetto sistema di governo prevede 3 organi: ·       Assemblea dei soci: organo deliberativo, si occupa di Ø  Approvare il bilancio e distribuire gli utili di 76 124 Ø  Nominare gli amministratori, i sindaci, il presidente del collegio sindacale o il revisore Ø  Delibera sulle modifiche dell’atto costitutivo o dell’oggetto sociale ·       Amministratore (unico o CdA): da scegliere tra i soci (se l’atto costitutivo non dispone diversamente). Si occupa di Ø  Amministrazione Ø  Rappresentanza generale della società ·       Organo di controllo (un solo membro) o revisore: stesse competenze e poteri del collegio sindacale della spa nel sistema tradizionale. Va/vanno nominati soltanto in presenza di requisiti previsti dall’art 2477 cc (es. se la srl controlla una società che è tenuta alla revisione legale dei conti), altrimenti, cessa l’obbligo di nominare il sindaco o il revisore. In deroga, l’atto costitutivo può prevedere che: ·       Se gli amministratori sono più di uno, invece che costituire un CdA, possono avere una COMPETENZA DISGIUNTIVA, il cui ambito è però ristretto soltanto alla gestione non strategica. La gestione strategica (es. il progetto di bilancio, la decisione di aumento di capitale, il progetto di fusione o scissione) necessita invece sempre di una gestione collegiale. ·       N.B. le modalità di amministrazione disgiuntiva e congiuntiva sono vietate se la srl è a partecipazione pubblica. ·       Le materie di competenza dell’assemblea dei soci e degli amministratori siano ripartite diversamente (Es. l’atto costitutivo può aggiungere alla competenza dell’assemblea materie previste come di competenza degli amministratori). ·       N.B. Ciò tenendo sempre a mente la competenza esclusiva degli amministratori di compiere tutti gli atti necessari al raggiungimento dello scopo sociale. Sicché anche quando l’atto costitutivo riservi ai soci ampi poteri decisionali e autorizzativi, l’esecuzione deve comunque sempre passare al vaglio degli amministratori che oltretutto se ne assumono la responsabilità. ·       Le decisioni dei soci, invece che in assemblea, siano adottate mediante consultazione scritta o sulla base del consenso espresso per iscritto. ·       Eccezioni: Ø  le materie più importanti (modifiche dell’atto costitutivo, nomina degli amministratori, modifiche dell’oggetto sociale) sono riservate all’assemblea. Ø  Se lo richiedono soci o amministratori che rappresentino 1/3 del capitale sociale si va in assemblea. ·       Le decisioni degli amministratori, invece che in CdA, siano adottate mediante consultazione scritta o sulla base del consenso espresso per iscritto. ·       Eccezione: ·       Se si decide su materie che attengono alla gestione strategica si va in CdA   di 77 124 ·       Questo comma 8 ci indica intanto come siano sfumati i confini fra soci e amministratori nella srl, inoltre potrebbe scardinare il principio dell’autonomia patrimoniale perfetta ma così non è perché ciò che rileva qui è il DOLO con cui il socio abbia agito. La responsabilità dei soci può essere fatta valere dalla società stessa o dai terzi danneggiati.   IL CONTROLLO SULL’AMMINISTRAZIONE 1.       CONTROLLO DEI SOCI (NON AMMINISTRATORI) Essi hanno il diritto (e possono richiedere di): - avere notizie dagli amministratori sullo svolgimento degli affari sociali - consultare i libri sociali (libro delle decisioni dei soci ecc) - ispezionare scritture contabili e documentazione amministrativa - controllo periodico in sede di approvazione del bilancio In forza di questi poteri i soci possono esercitare consapevolmente l’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori e possono addirittura chiedere al giudice la revoca in caso di gravi irregolarità di gestione. 2.       CONTROLLO DEL SINDACO O DEL REVISORE Come abbiamo detto nel paragrafo 117 la nomina è obbligatoria solo in presenza delle condizioni previste dal 2477 cc. Se presenti gli spettano competenze e poteri del collegio sindacale nelle spa. 3.       CONTROLLO GIUDIZIARIO Dopo discussioni dottrinarie circa la necessità o meno del controllo giudiziario nelle srl, nonostante i soci fossero già legittimati ad esercitare l’azione sociale di responsabilità e a richiedere un provvedimento di revoca degli amministratori, nel 2019 viene aggiunto l’ultimo comma dell’attuale 2477 cc che applica anche alla srl (come alla spa) l’art 2409 “denunzia al tribunale” per cui i soci possono ricorrere al tribunale per denunciare le “gravi irregolarità nella gestione” degli amministratori.     LE MODIFICAZIONI DELL’ATTO COSTITUTIVO -riservate all’assemblea dei soci (solo nel caso dell’aumento del capitale possono essere attribuite alla competenza degli amministratori). -serve il voto favorevole di tanti soci che rappresentino almeno la metà del capitale sociale (come detto parlando dei quorum) -il verbale deve essere redatto da un notaio e la deliberazione deve essere depositata e iscritta nel registro delle imprese -rientra nelle modifiche dell’atto costitutivo (e non nella trasformazione) la conversione di una srl semplificata o a capitale ridotto. MA N.B. ·   Una srl semplificata può sempre convertirsi in srl (quindi nella variante superiore ordinaria), perché è connaturale col fatto che la variante inferiore possa aver successo e capitalizzarsi superando la barriera dei 10 mila. SRLS-> SRL ·   Una srl non può mai convertirsi in srl semplificata ·   Una srl può sempre convertirsi in srl a capitale ridotto di 80 124   -come nella spa, la disciplina delle modifiche dell’atto costitutivo della srl si occupa soprattutto delle deliberazioni aventi ad oggetto l’aumento e la riduzione del capitale sociale. L’aumento può essere: ·   Aumento oneroso e reale: dovuto a nuovi conferimenti (si attua con la sottoscrizione delle quote di nuova emissione, non può essere attuato finchè i conferimenti precedentemente dovuti non sono stati integralmente eseguiti, per le stesse ragioni della spa) ·       Aumento gratuito e nominale: dovuto a passaggio di riserve a capitale L’aumento può essere attuato mediante DIRITTO DI OPZIONE da parte dei soci (cioè i soci possono sottoscrivere essi stessi l’aumento di capitale in proporzione alle loro partecipazioni, per salvaguardare la misura dei loro diritti amministrativi e patrimoniali), oppure mediante OFFERTE DI QUOTE DI NUOVA EMISSIONE A TERZI (in pratica escludendo o limitando il diritto di opzione, in tal caso i soci che non hanno consentito all’aumento possono scegliere di recedere dalla società). La riduzione può essere: ·   Riduzione reale: mediante rimborso ai soci dei conferimenti, o liberazione dei soci dall’obbligo dei conferimenti ancora dovuti (rimessa alla discrezionalità dei soci che non devono neppure motivare, può essere eseguita dopo 90 gg dall’iscrizione nel registro delle imprese se nessun creditore avrà fatto opposizione). ·       Riduzione nominale: ad esempio quando bisogna adeguare, in caso di perdite, il capitale sociale all’effettivo netto patrimoniale. (è una riduzione obbligatoria, il procedimento ricalca quello della spa:  quando il netto patrimoniale si riduce a meno di 2/3 del capitale sociale, gli amministratori devono convocare l’assemblea dei soci affinchè adotti provvedimenti idonei al risanamento della società. Se entro l’esercizio successivo la differenza non si riduce a meno di 1/3, l’assemblea deve ridurre il capitale sociale.  Se poi il capitale si riduce sotto al minimo di legge (cioè se il valore del netto patrimoniale risulta inferiore a 10 mila), in tal caso l’assemblea delibererà la riduzione del capitale ed il suo contemporaneo aumento a cifra non inferiore al minimo di legge, oppure la trasformazione in un altro tipo sociale (es. snc) o in una srl a capitale ridotto. Poiché poi la riduzione del capitale per perdite può essere l’occasione per i soci di maggioranza di liberarsi di soci scomodi in difficoltà economica o che comunque non abbiano la disponibilità liquida per sottoscrivere l’aumento di capitale, il legislatore nel 2003 ha vietato in tali occasioni “ogni modificazione delle quote di partecipazione e dei diritti spettanti ai soci”.    LA DISCIPLINA COMUNE ALLA SPA. BILANCIO E UTILI. RINVIO Parti di disciplina in comune con la spa che sopravvivono anche dopo la riforma del 2003: -scioglimento e liquidazione della società -gruppi di società di 81 124 -disciplina del bilancio (gli amministratori devono predisporlo ed, entro 120 gg dalla chiusura dell’esercizio, presentarlo ai soci che devono decidere se approvarlo o meno. Una volta approvato (e distribuiti gli utili), esso va depositato, nei successivi 30 gg, presso l’ufficio del registro delle imprese.     Le società cooperative e le mutue assicuratrici NOZIONE L’articolo 2511 ci dà la definizione: “le società cooperative sono società a capitale variabile con scopo mutualistico iscritte presso l’albo delle società cooperative all’art 2512”. Da questa definizione ricaviamo che: §  Le società cooperative hanno capitale variabile. Cioè il capitale sociale non è prestabilito in un ammontare predeterminato e può aumentare semplicemente con l’ingresso di nuovi soci senza che sia richiesta la procedura di modifica dell’atto costitutivo-> è sufficiente una deliberazione dell’organo amministrativo.   §  L’art omette il voto per  teste ma è un’altra caratteristica fondamentale: il socio della cooperativa ha quindi un solo voto nelle assemblee sociali a prescindere da quale sia il capitale da lui investito; normalmente (nelle altre società) l’aumento di capitale per l’ingresso di nuovi soci richiede il rispetto di una procedura (quella delle modificazioni dell’atto costitutivo) dove i soci devono pronunciarsi proprio perchè questi ingressi possono destabilizzare l’assetto dei diritti amministrativi dei soci preesistenti, il voto per teste invece evita questo tipo di conseguenze.   §  Le società cooperative sono caratterizzate dallo scopo mutualistico. Il codice civile non ne dà una definizione, ma la “relazione al codice civile” ci dice che esso consiste nel “fornire ai soci beni o servizi od occasioni di lavoro direttamente ai membri dell’organizzazione senza guadagnarci, e perciò  a condizioni più vantaggiose di quelle che otterrebbero dal mercato”. anche la riforma del 2003 non rinnega questa tradizionale nozione. Oltretutto l’art 2521 cc ci dice “L'atto costitutivo stabilisce le regole per lo svolgimento dell'attività mutualistica e può prevedere che la società svolga la propria attività anche con terzi(1).” Ma per quanto l’art si esprima in termini tali da far pensare che le società cooperative siano solo quelle che hanno come scopo ESCLUSIVO lo scopo mutualistico (N.B. lo scopo mutualistico, se esclusivo, imporrebbe alla società di agire solo con i soci) in realtà l’interpretazione sistematica corregge ciò, e in particolare la riforma del 2003 ci dice che la società cooperativa può agire con i terzi solo se l’atto costitutivo lo preveda, ma l’atto costitutivo può prevederlo senza imporre che la società agisca in prevalenza con i soci, e quindi è ammessa anche l’ipotesi di una società cooperativa NON a mutualità prevalente, tanto che oltre ai soci cooperatori possono coesistere anche soci finanziatori che sono invece mossi esclusivamente da scopo lucrativo.   di 82 124 oltre ovviamente ai diritti patrimoniali, allargando ulteriormente la possibilità per le coop di raccogliere capitale di rischio. Questo ci conferma dunque che ci possono essere soci che perseguono uno scopo lucrativo accanto a quello mutualistico; in questo ambito i soci stilano due programmi, uno mutualistico e uno lucrativo: -Il programma lucrativo consiste nel collocare sul mercato beni e servizi ad un prezzo superiore al costo, sì da ottenere un utile da distribuire ai soci-> specula sui terzi (inclusi i soci che sono trattati allo stesso modo dei terzi) -quello mutualistico, consiste invece nel fornire senza guadagno ai soci beni, servizi, occasioni di lavoro a condizioni più vantaggiose di quelle che otterrebbero sul mercato dalle imprese lucrative-> non tratta allo stesso modo terzi e soci (programma anticapitalistico)   Come si attua? Nella pratica la società cooperativa realizza i suoi programmi non compiendo una distinzione di prezzo fra i suoi acquirenti (soci e terzi) quindi agendo sul mercato come una qualsiasi impresa lucrativa. però contabilmente le vendite verranno distinte per distinguere il guadagno ottenuto dai terzi e dai soci e poter assicurare ai soci il risparmio di spesa non ottenuto al momento dell’acquisto, e quindi a titolo di ristorno.   Infine, le società che vogliano definirsi a mutualità  prevalente devono rispettare: ·       Il divieto di distribuire i dividendi in misura superiore all’ interesse massimo dei buoni postali fruttiferi; ·       Il divieto di remunerare gli strumenti finanziari offerti ai soci cooperatori in misura superiore a due punti del limite massimo dei dividendi; ·       Il divieto di distribuire le riserve fra i soci cooperatori; ·       L’obbligo di devoluzione, in caso di scioglimento della società, dell’intero patrimonio sociale ai fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della cooperazione.   LA VIGILANZA GOVERNATIVA Viste le agevolazioni fiscali che lo Stato assicura alle società cooperative è normale che vengano previsti controlli al fine di evitare che società non meritevoli ne abusino. La vigilanza è attribuita al Ministero delle attività produttive mediante: a)revisioni cooperative ogni due anni o ogni anno in casi speciali da revisori incaricati dal Ministero; b) ispezioni straordinarie predisposte dal ministero stesso in base ad accertamenti a campione. sulla base di queste ispezioni il Ministero può: 1)diffidare la società in caso di irregolarità nell’ ammissione di nuovi soci; 2) nominare un commissario con il compito di rimediare a determinati inadempimenti della cooperativa; 3)affidare la gestione della società ad un commissario determinandone poteri e durata, o nominare un liquidatore per sciogliere la società.   di 85 124 LA COOPERAZIONE TRA IMPRESE COOPERATIVE .IL GRUPPO COOPERATIVO PARITETICO Il voto per teste rende impossibile il controllo di una società cooperativa da parte di un’altra società cooperativa attraverso il possesso di azioni o quote; è pero possibile che una società cooperativa diventi socia o costituisca una SRL o una SPA; quindi difficilmente si avrà un gruppo verticale tra società cooperative, ma potranno per esempio formarsi gruppi di società dove una cooperativa sia la capogruppo e le società controllate siano SRL o SPA. Se inutilizzabile tra cooperative è lo strumento del controllo, allora, la legge ha predisposto altri istituti per soddisfare gli stessi bisogni di integrazione e coordinamento dei processi produttivi: 1.      i Consorzi di società cooperative, sono cooperative di secondo grado che permettono alle società cooperative che la costituiscono di organizzarsi per l’esercizio in comune di attività economiche, mediante la costituzione di una struttura organizzativa comune. 2.  La riforma del 2003 inoltre ha previsto anche la possibilità che le cooperative possano regolare contrattualmente direzione e coordinamento delle rispettive imprese, dando vita ad un gruppo cooperativo paritetico, riconducibile al fenomeno dei “gruppi orizzontali”.   LE MUTUE ASSICURATRICI Tra le imprese aventi scopo mutualistico il Codice civile prende in considerazione, oltre alle cooperative, le mutue assicuratrici. Il loro scopo è fornire ai soci servizi che conseguirebbero attraverso la stipulazione di un contratto di assicurazione, quindi per essere soci si dev’essere assicurati presso la società (SOCIO=ASSICURATO). Tuttavia, al fine di facilitare la costituzione di fondi di garanzia per assicurare il pagamento delle indennità, si è previsto che anche i non assicurati possano effettuare conferimenti Ed essere comunque considerati soci. è Diff con le cooperative: nelle cooperative i soci non conseguono beni, servizi ecc in virtù della sola partecipazione sociale (come accade qui), ma serve ogni volta un negozio ulteriore (es contratti di compravendita nelle coop di consumo).     TRASFORMAZIONE, FUSIONE E SCISSIONE DELLE SOCIETA’ Trasformazione omogenea e trasformazione eterogenea della società Le societa` lucrative possono trasformarsi da un tipo ad un altro; e il mutamento non implica l’estinzione di  una societa`  e costituzione di una nuova societa`, avente  e gli stessi soci  e lo stesso patrimonio. Ne consegue che mantiene gli stessi diritti e obblighi e prosegue in tutti i rapporti, anche processuali della societa` che si e` trasformata. La  trasformazione  e`  circondata  da  necessarie  cautele  a  garanzia  dei  soci  e  dei  terzi.  Salvo  diversa disposizione del contratto sociale, la trasformazione di societa` di persone in societa` di capitale e` decisa con il consenso della maggioranza dei soci di 86 124 determinata secondo la parte attribuita a ciascuno sugli utili ex art. 2500 ter; lo stesso anche in caso di trasformazione da societa` di persone ad un altro tipo di societa` di  persone.  Invece,  la  deliberazione  di  trasformazione  di  societa`  di  capitali  in  societa`  di  persone  e` adottata con le maggioranze previste per le modifiche dello statuto e il consenso dei soci che con la trasformazione  assumono  responsabilita`  illimitata.  La  deliberazione  di  trasformazione  deve  essere rivestita delle forme e sottoposta al regime pubblicitario propri del nuovo regime adottato. Restano fermi i diritti e gli obblighi della trasformazione. La trasformazione trattata finora e`  c.d. omogenea, perche´  interviene tra tipi di societa`  aventi la stessa causa lucrativa. Si ha controversia, invece, in caso di trasformazione di societa`  mutualistica in lucrativa e viceversa: l’orientamento della Giurisprudenza, in particolare della Cassazione, si era manifestato negativo. L’art. 14 L.17 Febbraio 1971, n. 127, aveva dato espressamente divieto in merito, anche in caso di  unanimita`  in  fase  di  deliberazione;  per  l’ipotesi  opposta,  la  Giurisprudenza  aveva  gia`  anticipato l’attuale soluzione legale orientandosi in senso affermativo. La Cassazione non aveva trovato ostacoli alla trasformazione persino di un’associazione non riconosciuta in societa`  per azioni, appellandosi al principio fondamentale della liberta` contrattuale e all’assenza di un divieto legislativo espresso. Si  era  aperta, così`, la strada  per  la  trasformazione eterogenea,  ossia la  trasformazione  di  una societa` lucrativa in una cooperativa o in un altro ente privato non societario; e viceversa. Il riconoscimento legislativo si ha con la Riforma del 2003, dell’art.2500-septies; -octies. La ragione per cui non e` prevista la trasformazione e da e per societa` di persone sta nei limiti della legge delega alla base della riforma del 2003, che ne circoscriveva l’ambito alle societa` cooperative e alle societa` di capitali. In via interpretativa, si  dice che  l’ipotesi  e`  ammissibile  posto che  le societa`  di  persone  possono trasformarsi  in societa`  di capitali o essere l’essere l’esito della trasformazione di quest’ultime. Si ha in questi casi la trasformazione, ma con un processo piu`  lungo. Costringerli, pero`, a cio`  sarebbe un paradosso, poiche´ in contraddizione con il principio di economia dei mezzi giuridici. L’art.2500-novies, riconosce ai creditori un diritto di opposizione alla trasformazione eterogenea, e l’art. 2545-decies  prevede  e  regola  la  trasformazione  della  societa`  cooperativa,  purche´  non  a  mutualita` prevalente, in societa` lucrative o in consorzio. La trasformazione eterogenea e` regolata, dove manchino disposizioni a esse proprie, dalle stesse norme della trasformazione omogenea. Ad  evitare  che  agevolazioni  concesse  siano  distratte  dai  loro  fini  originari,  la  societa`  cooperativa  a mutualita`  prevalente non puo`  trasformarsi in societa`  lucrativa o in consorzio, se prima non adotti le regole   delle   cooperative  cc.dd.   diverse.   Tutte   le   societa`   devono   devolvere   una   somma   ai   fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo di tale cooperazione (art.2545-undecies). Le imprese sociali, a loro volta, in caso di trasformazione devono realizzare tali operazioni in modo da preservare l’assenza di scopo di lucro con i conseguenti vincoli operativi e di destinazione del patrimonio.  Per  analoghe  ragioni,  non  possono  di 87 124 misura della loro partecipazione originaria, ma assegnando ad alcuni soci quelle di alcune societa` e ad altri soci quelle di altre societa` (scissione in senso soggettivo) La varieta` delle forme che l’operazione puo` assumere consente alla scissione di rispondere a diverse esigenze economiche. Il procedimento di scissione ricalca quello di fusione: lo si deve al fatto che la scissione pone in termini non diversi il problema di tutelare quegli interessi che il procedimento di fusione si sforza di salvaguardare. Anche questo procedimento si divide in tre fasi: -          Prima fase: gli amministratori della societa` che si scinde redigono la situazione patrimoniale delle rispettive societa`, il progetto di scissione, contenente i dati essenziali dell’operazione, e una relazione, la quale illustri e giustifichi il progetto di scissione, il rapporto di cambio e del valore del patrimonio trasferito alle societa` beneficiario e eventualmente restato nella societa` scissa. Il progetto di scissione e` depositato nel registro delle imprese o, in alternativa, nel sito internet delle societa`. -          Seconda fase: i soci, con l’osservanza delle disposizioni dettate per le modificazioni dell’atto costitutivo, approvano il progetto di scissione; le relative decisioni devono essere iscritte nel registro delle imprese. -          Terza fase: i rappresentanti della societa` che si scinde stipulano l’atto di scissione, che va anch’esso iscritto nel registro delle imprese. L’atto di scissione non puo`  essere stipulato immediatamente dopo le decisioni dei soci relative all’operazione, ma solo dopo sessanta giorni dalla loro iscrizione nel registro delle imprese (come con la fusione). Perfezionata la scissione, ogni societa` che vi ha partecipato diventa titolare delle attivita` e delle passivita` previste dal progetto, e risponde in solido con le altre dei debiti della societa` scissa solo nei limiti del valore del patrimonio netto ad essa trasferito o rimasto. Puo`  aversi, così`, che i creditori della societa` che intende scindersi si oppongano, ritenendo che la societa`, che all’esito dell’operazione risultera` debitrice, offra minori garanzie a causa della consistenza della parte del patrimonio originario che il progetto di scissione le attribuisce o a causa delle passivita` preesistenti alla scissione. Per scissioni transfrontaliere si intendono quelle che all’esito comportano il trasferimento di una o piu`  societa` in un altro Stato europeo.     Scorporo e patrimoni destinati  La scissione e`  una operazione molto giovane, essendo stata introdotta con il d.lgs. n.22 del 1991. Prima si avevano effetti analoghi attraverso un altro istituto tutt’ora largamente utilizzato, ossia il c.d. scorporo; esso si  realizza, pero`, attraverso aumenti  di capitale e conseguenti  conferimenti  da parte della societa` scorporante a una o piu`  societa` beneficiarie, preesistenti o di nuova costituzione, di parte o dell’intero suo patrimonio aziendale. Naturalmente, lo scorporo e`, per gli effetti giuridici che produce, operazione diversa dalla scissione: nello scorporo la societa`  scorporante sopravvive sempre, e riceve essa, in seguito all’aumento del capitale sottoscritto, le azioni o quote, che nella scissione sono di 90 124 invece attribuite direttamente ai soci della  societa`  scissa.  Lo  scorporo  non  si  presta  ne´  a  recidere  del  tutto  il  legame  tra  la  societa` scorporante e il patrimonio scorporato ne´ a ottenere una divisione della compagine sociale. La Riforma del 2003 ha introdotto una disciplina della societa`  per azioni l’istituto del patrimonio destinato. La societa` per azioni puo`  “costituire uno o piu`  patrimoni ciascuno dei quali destinato in via esclusiva ad uno specifico affare”, vale a dire destinato all’esercizio di una specifica attivita`, anche di  natura  occasionale.  Il  patrimonio  destinato  ad  una  specifica  attivita`  e`  separato  dal  restante patrimonio  della  societa`:  infatti,  i  creditori  della  societa`  non  possono  far  valere  alcun  diritto  sul patrimonio  destinato  ad  una  attivita`,  salvo  che  sulla  parte  dei  frutti  e  dei  proventi  spettanti  alla societa`. La societa`, ai cui organi resta affidata l’esercizio e il controllo dell’attivita`  cui e`  destinato il patrimonio separato, resta pero`  illimitatamente responsabile per le obbligazioni derivanti da fatto illecito. La  costituzione  di  un  patrimonio  destinato  puo`   servire  anche  ad  ottenere  lo  stesso  risultato economico e giuridico che si puo`  ottenere con un’operazione di scorporo senza dover dar vita alla costituzione della societa`  beneficiaria e al conferimento, evitando in questa maniera i relativi, non indifferenti costi. I  patrimoni  destinati  ad  uno  specifico  affare  non  sono  acquisibili  al  fallimento  della  societa` fallimentare (Cass.). GLI ORGANISMI DI COOPERAZIONE AZIENDALE I consorzi per il coordinamento della produzione e degli scambi  I  consorzi  per  il  coordinamento  della  produzione  e  degli  scambi  sono  contratti  con  i  quali  “piu` imprenditori istituiscono un’organizzazione comune per la disciplina o per lo svolgimento di determinate fasi delle rispettive imprese” (art.2602 com.1). Siamo in presenza di una nozione generica, poiche´ il legislatore non specifica ne´ l’oggetto della disciplina ne´ il fine che deve assistere lo svolgimento di determinate fasi delle rispettive imprese da parte della organizzazione comune. Possiamo trovare dei chiarimenti attraverso la storia della norma. Il testo originario del 2602 era congegnato in modo tale che l’opinione prevalente attribuiva ai consorzi natura schiettamente anti- concorrenziale e percio` lo scopo di mantenere alti i prezzi di vendita dei beni e servizi delle imprese consorziate. Si finiva con il ravvisare nei consorzi un sottotipo qualificato dei cartelli, in quanto contratti stipulati tra concorrenti per la reciproca restrizione della concorrenza e caratterizzati dal fatto di disporre di una organizzazione comune. A questa opinione si contrapponeva l’indirizzo per cui si reputava che il consorzio fosse possibile non solo fra imprenditori concorrenti, ma anche fra imprenditori esercenti attivita` in rapporto di strumentalita` e complementarita`; e conseguentemente potesse avere per oggetto non solo la reciproca restrizione della concorrenza, ma anche forme di cooperazione interaziendale, volte a ridurre i costi di produzione delle imprese consorziate. Il 2602 com.1 costituisce l’esplicita opzione a favore della tesi estensiva. Il consorzio, così` configurato, e` un contenitore assai ampio, potendo assolvere sia ad una funzione meramente restrittiva della concorrenza, sia di 91 124 ad una funzione di cooperazione interaziendale, di produzione di beni o servizi destinati a soddisfare bisogni comuni dei consorziati. Il problema e`  stabilire, sul piano causale, la linea di confine con altri fenomeni associativi. I contratti di consorzio normalmente intervengono tra imprenditori commerciali; ma nulla impedisce  che  un’organizzazione  comune  venga  istituita  da  piu`   imprenditori  agricoli  per  la disciplina o per lo svolgimento di determinate faso delle rispettive imprese.    Disciplina generale del contratto di consorzio Il contratto di consorzio e` un contratto formale: deve essere fatto per iscritto a pena di nullita`. Deve indicare l’oggetto e la durata del consorzio, gli obblighi dei consorziati, le condizioni che regolano l’ammissione, l’esclusione, il recesso dei consorziati (2603 com.1). Il 2604 non pone dei limiti riguardo la durata del consorzio, solo prevedendo la durata decennale con norma suppletiva, “in mancanza di determinazione della durata” nel contratto. I consorzi della sottospecie anticoncorrenziale avrebbero una durata massima, e questa sarebbe di cinque anni. Il contratto di consorzio non puo`  essere modificato senza il consenso di tutti in consorziati; ma per quanto l’attuazione dell’oggetto del consorzio, la deliberazione presa col voto favorevole della maggioranza dei consorziati vincola tutti i contraenti. Agli assenti e ai dissenzienti e`  aperta solo la possibilita`  di impugnare entro trenta giorni la deliberazione davanti all’autorita`  giudiziaria, se non sia stata presa in conformita` della legge o del contratto. La giurisprudenza, pero`, non esclude casi di inesistenza e di nullita` delle deliberazioni consortili. Le ipotesi di recesso e di esclusione dei consorziati devono essere disciplinate dal contratto. Ma anche in mancanza di qualsiasi patto, allorche´, avendo un consorziato alienato la prorpia azienda, l’acquirente  e`   subentrato  nel  contratto,  gli  altri  consorziati  possono  escluderlo  dal  consorzio, sempreche´ sussista una giusta causa.    Consorzi con attività esterna. Consorzi-società Abbiamo sempre parlato di consorzio quale contratto che vincola e disciplina i rapporti tra consorziati. Accade spesso, pero`, che i consorziati debbano entrare in rapporto con terzi al fine di perseguire lo scopo consortile, ergo, il contratto consortile non ha effetto solo tra i consorziati, ma anche nei  confronti  di  terzi.  L’attivita`  esterna e`, di solito, il mezzo piu`  idoneo per  lo svolgimento dell’attivita` consortile. In questi casi, si addiveniva alla costituzione di una societa`, la quale di cio`  aveva la sola struttura, e la funzione si allontanava da quella tipica per svolgere quella del consorzio. La giurisprudenza riconosceva la validita`  e la legittimita`  di tale societa`. Oggi il legislatore esplicitamente riconosce la possibilita` di costituire societa` avente fini consortili (2615- ter); offre altresì` ai consorzi la possibilita` di esercitare attivita` di impresa, entrando in rapporto con i terzi. Il contratto rimane un vero e proprio contratto di consorzio, non diviene contratto di societa`; deve essere iscritto nel registro delle imprese; deve stabilire a chi spetti la presidenza e la direzione; e deve stabilire quali siano i contributi cui i consorziati sono di 92 124 L’art.3  lett.  u  cod.  appalti,  con  il  termine  raggruppamento  temporaneo,  intende  per  esso  che  e`  “un insieme di imprenditori, o fornitori o prestatori di servizi (…)” In virtu` del mandato collettivo ricevuto, l’operatore economico mandatario e` ammesso a partecipare alle procedure di affidamento dei contratti pubblici. Se l’offerta ha buon fine con l’aggiudicazione dell’appalto, il cod. appalti ci dice come i lavori, le forniture o i servizi devono essere eseguiti. Il codice ci dice altresì` la distinzione concernente in cui il mandatario assuma su di se´  l’obbligo eseguire il lavoro prevalente, da quelli in cui i lavori siano scorporabili e, quindi, possono essere eseguiti direttamente e autonomamente dalle imprese riunite, ciascuna per la sua parte; nel caso della prestazione di forniture o servizi, invece, il mandatario esegue quelli indicati come principali mentre i mandanti le prestazioni indicate come secondarie, in ogni caso il contratto deve specificare “le parti del servizio o della fornitura che saranno eseguite dai singoli operatori economici” (art.48). In ogni caso, gli operatori rispondono in solido dell’adempimento, ma e`  prevista un’eccezione nel caso di lavori scorporabili. Il rapporto di mandato non esaurisce con cio`  la sua efficacia. Al mandatario spetta la rappresentanza esclusiva, anche processuale, dei mandanti nei confronti della stazione appaltante per tutte le operazioni e gli atti di qualsiasi natura dipendenti dall’appalto, anche dopo il collaudo, o atto equivalente, fino all’estinzione   di   ogni   rapporto.   L’esclusivita`,   pare,   debba   essere   ristretta   alla   rappresentazione sostanziale e processuale attiva perche´ e` la stessa disposizione che aggiunge che il soggetto appaltante possa far valere direttamente le responsabilita` facenti capo ai mandanti. Il mandato e` proclamato irrevocabile e la revoca per giusta causa non produce effetti nei confronti della stazione appaltante. Infine, norme peculiari previste per le ipotesi di fallimento, liquidazione coatta amministrativa, amministrazione straordinaria ecc.. Nella serie di ipotesi relative al mandatario, la stazione appaltante prosegue il rapporto di appalto con altro operatore economico che abbia i requisiti di legge e che venga designato mandatario da altri operatori, qualora non siano soddisfatte tali condizioni recede dall’appalto; il mandatario ha la facolta`  di indicare alla stazione appaltante altro operatore economico subentrante in possesso dei requisiti prescritti, in mancanza spiega effetto la responsabilita` solidale.    Gruppo europeo di interesse economico Con il d.lgs. n.240/1991, e`  stata data attuazione, in Italia, al Regolamento del Consiglio dei Ministri delle Comunita` Europee, istitutivo del gruppo europeo di interesse economico. E’ un contratto tra soggetti  esercenti  un’attivita`  economica,  che  da`  luogo  ad  un  fenomeno  associativo  a  rilevanza esterna; esso ha il fine di sviluppare e di agevolare l’attivita` economica dei suoi membri, di migliorare o di aumentare i risultati di questa attivita`; non ha scopo di realizzare profitti per se stesso; esercita un’attivita`  che deve collegarsi all’attivita`  economica dei suoi membri e puo`  avere soltanto carattere ausiliario rispetto a quest’ultima. Anche il Geie, dunque, svolge un’attivita` economica. Questa attivita` puo`  consistere nella produzione di beni o di servizi, ma, per il suo carattere ausiliario, non puo`  essere destinata al mercato, dovendo servire a soddisfare esclusivamente i bisogni dei suoi di 95 124 membri. Siccome il Geie non ha scopo di lucro, i beni e i servizi che esso produce devono essere offerti ai suoi membri al costo. Così` si realizzano i vantaggi dei suoi singoli membri, quanto e` proprio il fine mutualistico; e` fine di mutualità pura. Le norme comunitarie non esauriscono la disciplina del Geie: e`  lo stesso regolamento comunitario che riserva ai legislatori nazionali di emanare una serie di disposizioni, specie in materia di pubblicita`, necessarie per darvi attuazione all’interno dei territori di competenza. Il Geie assume caratteristiche diverse a secondo dello Stato Comunitario in cui ci troviamo. In Italia l’attuazione del regolamento ha comportato l’introduzione di un istituto che, sul piano della causa,   assolve   alla   stessa   funzione   alla   quale   puo`    assolvere   il   consorzio   di   cooperazione interaziendale: il consorzio, alla pari del Geie, puo` svolgere un’attivita` economica, ausiliaria rispetto a quella dei suoi membri e perseguire un fine di mutualita` pura. Il contratto costitutivo del Geie deve avere come parti persone giuridiche, costituite conformemente alla legislazione di un paese della unione europea e aventi sede legale e amministrazione  centrale  nella  unione,  ovvero  persone  fisiche,  esercenti  nella  Unione  un’attivita` economica, anche se costituente esercizio di libere professioni; per garantire la sua funzione di strumento di cooperazione transnazionale, almeno due delle parti contraenti devono avere centro operativo della loro attivita` in Paesi diversi dell’Unione. E` richiesta la forma scritta del contratto, pena nullita`; deve indicare le parti, la denominazione, la sede, l’oggetto e la durata ma puo` contenere anche altre indicazioni. Deve essere depositato e iscritto nel registro delle imprese nella circoscrizione in cui il Geie ha sede e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale. L’iscrizione sembra avere natura costitutiva: il gruppo acquista la capacita` di essere titolare di diritti e di obbligazioni di qualsiasi forma, di stipulare contratti o di compiere altri atti giuridici e di stare in giudizio. L’iscrizione non attribuisce al Geie personalita`  giuridica: cio`  dipende dalla volonta` degli Stati nazionali. La personalita` giuridica riconosce al Geie l’attribuzione di una soggettivita` giuridica e di un’autonomia patrimoniale. L’autonomia patrimoniale riconosciuta al Geie si accompagna alla responsabilita` dei suoi membri, che, infatti, rispondono illimitatamente e solidalmente di tutte le obbligazioni non soddisfatte dal gruppo. I nuovi membri del Geie possono venire esonerati delle obbligazioni sorte anteriormente al loro ingresso e la dichiarazione del fallimento del Geie non comporta il fallimento dei suoi membri. Per il resto, la disciplina e` simile a quella s.n.c.. Il regolamento comunitario prevede come organi necessari del gruppo il collegio di membri e uno o piu`  amministratori. Il collegio dei membri e`  un organo assembleare dalla competenza generale, potendo prendere qualsiasi decisione ai fini della realizzazione dell’oggetto sociale. L’organo amministrativo puo`  essere formato da uno o piu`  amministratori, nominati nel contratto o  con  deliberazione  del  collegio  dei  membri.  Puo`   essere  nominato  amministratore  anche  una persona giuridica. È di competenza dell’organo amministrativo di 96 124 gestire il gruppo, convocare il collegio dei membri, redigere il bilancio, curare gli adempimenti pubblicitari, rappresentare il gruppo verso terzi. Tuttavia, spetta al contratto definire con maggiore puntualita`  la competenza dell’organo. Non e` comunque una competenza esclusiva. Sulle vicende della partecipazione, l’ingresso dei nuovi membri nel Geie costituisca una modificazione del contratto costitutivo, possibile soltanto col consenso di tutti i membri. La partecipazione puo`  essere trasferita ad un altro membro o di un terzo, ma l’efficacia e` subordinata all’autorizzazione unanime degli altri membri. Il regolamento ammette una serie di casi in cui lo scioglimento del rapporto di partecipazione del gruppo limitatamente ad un membro, anche senza il consenso unanime degli altri membri. Ogni membro puo`  recedere per giusta causa e negli altri casi previsti dal contratto costitutivo. Su richiesta della  maggioranza  degli  altri  membri  il  giudice  puo`   decidere  l’esclusione  del  membro  per  motivi indicatine contratto di gruppo e comunque quando contravvenga ai suoi obblighi o quando causi o minacci di causare perturbazioni gravi nel funzionamento del gruppo. E` escluso di diritto il membro dichiarato fallito, assoggettato a qualche procedura concorsuale. ogni membro del gruppo cessa di farne parte al momento del decesso o quando abbia perso i requisiti previsti dal regolamento comunitario. La cessazione del rapporto sociale deve essere iscritta nel registro delle imprese e pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale. I nuovi membri del Geie possono venire esonerati dalle obbligazioni sorte anteriormente al loro ingresso; per converso, ogni membro che cessa di far parte del gruppo rimane responsabile delle obbligazioni anteriori alla cessazione della sua qualita` di membro. Il Geie si scioglie nei confronti di tutti i suoi partecipanti: 1) Per nullita del contratto costitutivo. 2) Per il decorso del termine fissato dal contratto costitutivo 3) Per altre cause previste dal contratto costitutivo 4) Per il conseguimento dell’oggetto del gruppo o per l’impossibilita` di conseguirlo 5) Il venir meno del carattere transnazionale 6)     A   richiesta   di   qualunque   interessato   o   dell’autorita`   competente,   in   caso   di   irregolarita` particolarmente gravi 7)     A richiesta di ciascun membro, per giusta causa 8) Per deliberazione del collegio dei suoi membri 9) Per la dichiarazione di fallimento    L’ASSOCIAZIONE IN PARTECIPAZIONE Con il contratto di associazione in partecipazione, l’associante attribuisce all’associato una partecipazione agli utili della sua impresa o di uno o più affari verso corrispettivo di un determinato apporto. Caratteristica di questo contratto è l’assoluta mancanza di patrimonio sociale; l’impresa resta personale dell’associante. La gestione dell’impresa spetta all’associante; l’associato può, nei limiti stabiliti dal contratto, esercitare un’attività di controllo. Tale attività, però, anche se stavolta in forma palese, non implica mai una sua responsabilità verso i terzi; i vincoli e le sanzioni che di 97 124
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