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Riassunti Tecnologia Meccanica (I PARZIALE), Appunti di Tecnologia Meccanica

Riassunti del programma relativo al I PARZIALE del corso di Tecnologia Meccanica. Gli appunti sono stati battuti al computer in modo che siano leggibili e schematici. Il file comprende: -processi produttivi -struttura, caratteristiche e proprietà dei materiali -legami atomici -reticoli cristallini -ricristallizzazione -deformazione plastica -incrudimento -proprietà meccaniche dei metalli (con prova di trazione, duttilità, ecc) -tensione e deformazione -curve di flusso plastico -metrologia

Tipologia: Appunti

2020/2021

In vendita dal 20/05/2021

LorenzoFlorence
LorenzoFlorence 🇮🇹

2 documenti

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Scarica Riassunti Tecnologia Meccanica (I PARZIALE) e più Appunti in PDF di Tecnologia Meccanica solo su Docsity! costi INVESTIMENTOINIZIALE CONTENUTO RIGUARDA la ricerca e lo sviluppo gliutensili richiesti sonoPOCHI eeconomici INVESTIMENTO a noai pezzi costi BISOGNAFAREun'investimentoconsistenteper comprare l macchine investimento Noaipezzi Per quanto riguarda il processo produttivo ci sono 3 macro voci da tenere in considerazione: 1. MATERIALI: si dividono in Metallici, Ceramici, Polimerici 2. CAPACITÀ di PRODUZIONE: rappresenta la massima quantità che un impianto può produrre in un dato lasso di tempo sotto delle date condizioni operative 3.CAPACITÀ di ELABORAZIONE TECNOLOGICA: rappresenta il come certi processi possano essere gestiti. I processi manifatturieri sono adatti speciale te a certi materiali (materiali per cui l’impianto è specializzato) (4. MANODOPERA: altra voce importante nei processi produttivi, bisogna disporne in numero ma anche in competenze) MANUFACTURING• ORGANIZZAZIONE dei PROCESSI PRODUTTIVI• Sono le 4 macroclassi che si possono trovare. Si possono anche avere incroci tra queste macroclassi. PROJECT SHOP: prevede che l’azienda operi per PROGETTI. Si lavora ad un 1. solo prodotto per volta e sono i processi ad alternarsi intorno al prodotto. È presente una forte CUSTOMIZZAZIONE e FLESSIBILITÀ dei processi. (È la versione industriale e meccanica di un cantiere. Personale molto qualificato, efficienza non molto alta e tempi lunghi. 2. FLOW LINE/TRANFER LINE: è la CATENA di MONTAGGIO, la linea di produzione, ovvero l’opposto del project shop. Le macchine sono organizzate solo per fare una specifica lavorazione. I prodotti in produzione seguono dei percorsi prefissati, spesso con elevata automazione e si cerca di eliminare i tempi morti. Non è caratterizzata dalla flessibilità ma c’è un’ELEVATISSIMA PRODUZIONE. A fine della loro vita questa linee vengono semplicemente smantellate investimento a Noaipezzi costi INVESTIMENTI PIÙBASSIRISPETTO allo TRANSFERLINE investimento a Noaipezzi 3. JOB SHOP: è una soluzione a metà strada fra flow line e project shop. Le macchine sono organizzate per tipologia di macchine (settore fresatrici, ecc). Si creano dei percorsi (non prefissati) per produrre oggetti con elevata variabilità: ovvero agli tipo di prodotto segue la sua “strada” da una macchina all’altra. C’è una perdita di efficienza rispetto alla catena di montaggio (flow Line) ma si guadagna in flessibilità. Si hanno 2 problematiche: PROBLEMA LOGISTICO —> è più complesso gestire un’azienda del genere rispetto ad altre soluzioni e si creano tempi di attesa più lunghi. PROBLEMA EFFICIENZA —> c’è una minore efficienza perché le singole macchine non sono fatte per seguire una sola tipologia di lavorazione. Tuttavia sono strategie molto RESILIENTI, se una macchina si rompe là si sostituisce velocemente con un’altra, posso aggiornare poche macchine (o comprarne di nuove) senza doverle cambiare tutte. 4. CELLULAR SISTEM: è caratterizzato da piccole linee di produzione per gruppi e famiglie di prodotti. Si usa quando si vogliono raggruppare sequenze di lavorazione che sono comuni a più prodotti. È un ibrido fra il job shop è la transfer Line. TAVOLA PERIODICA e TIPI di LEGAMI ATOMICI• -ELEMENTI ELETTOPOSITIVI: sono elementi nella PARTE SX della tavola periodica che hanno uno spiccata TENDENZA a CEDERE i PROPRI ELETTRONI: ovvero si trasformano facilmente in IONI POSITIVI. -ELEMENTI ELETTRONEGATIVI: sono elementi nella PARTE DX della tavola periodica che hanno un’elevata CAPACITÀ nell’ATTRARRE ELETTRONI dall’ESTERNO e a trasformarsi in IONI NEGATIVI. I seguenti tipi di legame sono DISPOSTI in ORDINE DECRESCENTE di FORZA di LEGAME LEGAME IONICO: è un LEGAME FORTE, si ha quando si avvicinano due 1. atomi, uno ELETTRONEGATIVO è uno ELETTROPOSITIVO. Richiede un trasferimento di elettroni. Comune nei materiali ceramici. LEGAME COVALENTE: è sempre un legame piuttosto forte, avviene tra 2. elementi che non hanno il massimo numero di elettroni nell’orbita le più esterno. Richiede di mettere in comune degli elettroni. LEGAME METALLICO: si ha quando un insieme di atomi è immerso in un 3. mare di elettroni che si muovono da una parte all’altra. I materiali metallici sono caratterizzati da una CONTINUA COMPARTECIPAZIONE degli ELETTRONI PIÙ ESTERNI. Ciò spiega l’elevata conducibilità elettrica dei metalli. LEGAMI di VAN DER WAALS: sono LEGAMI DEBOLI, sono legati ad una 4. asimmetria del legame molecolare e ciò è causa della formazione di un piccolo dipolo elettrico: quindi le molecole tenderanno ad orientarsi in un modo particolare e a formare dei legami. Immaginiamo di avere due atomi e che si leghino con uno dei legami visti sopra. I due atomi si avvicineranno fino a raggiungere una distanza interatomica che si ha grazie all’equilibrio di 2 forze: -una FORZA ATTRATTIVA, è in sostanza la forza di coulomb e deriva dallo scambio di elettroni fra i due atomi. -una FORZA REPULSIVA, dovuta alla positività di entrambi i nuclei che tendono a respingersi. La DISTANZA INTERATOMICA si trova quindi quando la risultante di queste due forze è zero: questa condizione di equilibrio è una CONDIZIONE di EQUILIBRIO STABILE. Ciò spiega anche il comportamento ELASTICO del materiale, ovvero il MODULO di ELASTICITÀ del materiale è condizionato dal suo tipo di legame, (materiali con legami ionici (forti) subiranno una variazione minore della distanza interatomica parità di forza applicata). RIPERCUSSIONI MACROSCOPICHE delle TIPOLOGIE di LEGAME• Il MINIMO di e POTENZIALE CORRISPONDE alla DISTANZA INTERATOMICA L'ENERGIA E Associata in quelpunto è LEGATA alla forza del legame attrattivo Conviene però ragionare in TERMINI ENERGETICI (infatti le forze che consideriamo sono FORZE CONSERVATIVE e quindi possiamo definire un’energia potenziale). L’energia potenziale correlata ad un certo tipo di legame ha un andamento che è funzione della distanza interatomica Vediamo come si spiega la TEMPERATURA di FUSIONE ragionando in termini di energia: la temperatura di fusione è legata ad una AGITAZIONE TERMICA degli ATOMI, infatti la distanza interatomica NON è fissa e gli atomi tendono ad avvicinarsi e allontanarsi fra loro: l’oscillazione è tanto maggiore quanto più alta è la temperatura. Non esiste un limite superiore alla temperatura ma esiste un LIMITE INFERIORE che è lo ZERO ASSOLUTO, ovvero la temperatura alla quale gli atomi non oscillano più ma stanno fermi. Il fatto che la maggior parte dei materiali abbiano un COEFFICIENTE di DILATAZIONE TERMICA POSITIVA (ovvero che aumentando la temperatura i materiali aumentano di volume) è spiegato dall’oscillazione sempre più veloce e intensa degli atomi: quindi materiali con legami più forti avranno un’espansione volumetrica minore (a parità di energia cinetica associata alla temperatura). Quindi riguardo la temperatura di fusione, aumentando la temperatura (e quindi l’energia cinetica degli atomi) si raggiungerà un livello energetico pari a quello dell’ENERGIA di LEGAME; a questo punto gli atomi non sono più vincolati a stare vicini e ciò risulta nella LIQUEFAZIONE del materiale. (Materiali caratterizzati da FORTI legami atomici hanno una MAGGIORE temperatura di fusione). TEMPERATURA di FUSIONE MODULO di ELASTICITÀ Materiali caratterizzati da FORTI legami hanno ELEVATI moduli di elasticità, perché bisogna fornire più energia per modificare della stessa quantità la distanza interatomica. pignattadi ai MATERIALI con RETICOLI MATERIALI ANÈTO CRISTALLINI CERAMICI: LEGAME —> ionico / covalente (grandi energie di legame) 1. ALTE temperature di fusione GRANDI moduli di elasticità PICCOLI coefficienti di dilatazione termica OTTIMA RESISTENZA alle ALTE TEMPERATURE FRAGILI 2. POLIMERICI: LEGAME —> van der waals / covalente BASSE temperature di fusione PICCOLI moduli di elasticità GRANDI coefficienti di dilatazione termica hanno PROPRIETÀ DIREZIONALI (sono ANISOTROPI) 2. METALLICI: LEGAME —> metallico MEDIE temperature di fusione INTERMEDI moduli di elasticità INTERMEDI coefficienti di dilatazione termica hanno caratteristiche intermedie rispetto ai materiali ceramici e polimerici (sono materiali dall’impiego molto FLESSIBILE). CARATTERISTICHE delle 3 TIPOLOGIE di MATERIALI• Gli atomi nei materiali si possono disporre in maniera casuale o regolare: se RAFFREDDAMENTO è MOLTO LENTO —> si ha RETICOLO CRISTALLINO. se RAFFREDDAMENTO è MOLTO VELOCE —> si ha RETICOLO AMORFO. -RETICOLO CRISTALLINO: è una configurazione nella quale gli atomi hanno la MINIMA ENERGIA (ovvero sono in una posizione di equilibrio stabile) -RETICOLO AMORFO: con un raffreddamento veloce gli atomi non riescono a disporsi in un reticolo cristallino quindi NON si ha una configurazione di minima energia. (Perciò MATERIALI AMORFI —> molto DEFORMABILI) RETICOLI CRISTALLINI e DISPOSIZIONE degli ATOMI• È un processo meccanico in cui si va a modificare la forma del materiale deformandolo plasticamente. Sono di 3 tipi: -D.P. a FREDDO (avviene a una temp < 30% della temp di fusione) -D.P. a CALDO (avviene a una temp > 60% della temp di fusione) -D.P. a TEMP. INTERMEDIA (avviene a una temp intermedia tra la D.P. a freddo e quella a caldo). Questi processi vanno a modificare la forma dei grani (allungandoli) in una certa direzione (ciò è dovuto allo scorrimento di piani atomici). I reticoli cristallini assumono così una direzione prevalente e il materiale diventa anisotropo. Durante la deformazione plastica si applicano delle forze di taglio ad alcuni reticoli con conseguente scorrimento di piani atomici. Non tutti i reticoli sono orientati allo stesso modo quindi non tutti i piani dei reticoli possono scorrere (questo è anche il motivo per cui il materiale non arriva subito a rottura). La deformazione plastica MIGLIORA le PROPRIETÀ MECCANICHE del materiale perché durante questo processo le dislocazioni si muovono e si accumulano (contro i bordi di grano) interferendo fra loro; quando un reticolo ha visto movimentate tutte le sue dislocazioni , esso sarà in una configurazione di equilibrio più stabile rispetto a prima e ciò migliora la resistenza ai carichi esterni. (INCRUDIMENTO). [i materiali metallici hanno un comportamento incrudente, ovvero migliorano le proprie caratteristiche meccaniche all’aumentare delle deformazioni plastiche]. Quindi la deformazione plastica produce 2 effetti: -INCRUDIMENTO -nascita di TENSIONI RESIDUE, all’interno del materiale si crea uno stato tensionale la cui risultante complessiva è uguale a zero ma che localmente sono diverse da zero. Questo è male perché andando a caricare il materiale, la presenza di tensioni riduce la capacità del materiale di resistere ai carichi. MATERIALE con TANTI GRANI = DUTTILE (non tutti i reticoli scorrono e quelli che non scorrono fanno si che il materiale si deformi ma non si rompa) MATERIALE MONOCRISTALLINO = NON DUTTILE (appena si cerca di deformarlo c’è un unico reticolo cristallino che scorre e il materiale si rompe). DEFORMAZIONE ELASTICA: si ha quando NON si è in grado di movimentare le dislocazioni. C’è una modifica della geometria del reticolo sotto al carico esterno ma una volta rimosse le forze si torna alla geometria di partenza. DEFORMAZIONE PLASTICA: si ha se si applica un carico esterno tale da garantire il movimento delle dislocazioni lungo i piani di scorrimento. DEFORMAZIONE PLASTICA• ie aef IICICLO di CARICO t iI o Si ha un RITORNO ELASTICO b definito come b fa 9 sollecitazione E i.co Felastico lo di FENOMENO dell’INCRUDIMENTO nella DEFORMAZIONE PLASTICA• Sottoponendo il provino ad un carico e superando il LIMITE di PROPORZIONALITÀ (punto in cui si ha una deformazione massima con un comportamento perfettamente elastico) fino ad arrivare ad generico carico σy e poi scaricando il provino dal carico, il “punto” non si muoverebbe a ritroso sulla curva sforzo-deformazione percorsa inizialmente ma scenderebbe lungo una RETTA che è parallela alla retta che definisce il comportamento elastico lineare. Quindi il “punto” farebbe O - Y - A - A’ Chiaramente nel punto A’ si avrà uno stato tensionale nullo (σ = 0) ma si avrà uno STATO DEFORMATIVO DIVERSO da ZERO, ovvero si è introdotta una deformazione permanente nel provino. Se andassimo (dopo il primo ciclo di carico) a riapplicare un altro carico, il “punto” rappresentativo dello stato tensionale-deformativo del provino si muoverebbe lungo la RETTA A - A’ (e NON partirebbe più da O). Questo andamento lineare perdurerebbe fino al punto A e poi il “punto” continuerebbe sulla curva rossa di flusso plastico. Così facendo, con questi cicli di carico, si è AUMENTATO il CARICO di SNERVAMENTO del MATERIALE e questo fenomeno si chiama INCRUDIMENTO. - nei MATERIALI con R.C. MOLTO REGOLARI il fenomeno dell’INCRUDIMENTO è POCO EVIDENTE, perché i R.C. sono già nella condizione di massima resistenza. - nei MATERIALI con R.C. con DIFETTI il fenomeno dell’INCRUDIMENTO è EVIDENTE, perché vengono mosse le dislocazioni e si regolarizzano i reticoli. Così facendo si aumenta il carico di snervamento del materiale ma si DIMINUISCE la ZONA di DEFORMAZIONE PLASTICA UNIFORME perché il punto del carico di snervamento “avanza” verso Dx nella curva ma il punto UTS rimane fermo e non si muove con l’incrudimento. Se dopo l’incrudimento si facesse un trattamento termico di RICRISTALLIZZAZIONE, il materiale tornerebbe ad avere le caratteristiche meccaniche di partenza e di conseguenza il punto del carico di snervamento si “ri-abbasserebbe” tornando al valore iniziale. ( con il materiale che manterrebbe la nuova forma ) Ogni materiale deve essere caratterizzato sperimentalmente con delle prove che si caratterizzano in funzione di: -tipologia di carico (statico o dinamico) -forze impulsive o periodiche -prove per temperature -tempo (più velocemente si applica il carico più il materiale risulta resistente). Si hanno diverse tipologie di prove: PROVA di FRATTURA 1. PROVA di FATICA 2. PROVA di CREEP (carico costante per lungo tempo a alte temperature) 3. PROVA di TRAZIONE4. PROVA DI TRAZIONE Dalla prova di trazione si ottengono le 4 informazioni minime per caratterizzare un materiale: -CARICO di SNERVAMENTO -CARICO di ROTTURA -ALLUNGAMENTO a ROTTURA -MODULO di ELASTICITÀ Questa prova è normata, sono definite forma del provino e condizioni di applicazione del carico. PROVINI—> ad “osso di cane” (sezione circolare o rettangolare), ha questa forma per avere una forza di trazione uguale in tutti i punti del provino e ciò permette di correlare le forze a livello macroscopico agli stati tensionali a livello macroscopico. La superficie del provino è Lappata (le rugosità sono come piccole cricche). La geometria normata del provino consente di ottenere gli stessi risultati di tensione e deformazione con qualsiasi sistema si bloccaggio. LUNGHEZZA UTILE—> lunghezza della parte a sezione costante del provino. STEP della PROVA: (1) posizionamento del provino (normato) (2) posizionamento dello strumento di misura (strain gauge) (3) azionamento della macchina (4) fermo della macchina quando si arriva al CARICO di SNERVAMENTO, rimozione dello strain gauge e ri-azionamento della macchina (5)formazione di una strizione nel provino (zona in cui avverrà la rottura) (6) rottura del provino e fermo della macchina (7) esame della superficie del provino e effettua di varie misure (LUNGHEZZA FINALE a ROTTURA, SEZIONE a ROTTURA). PROPRIETÀ MECCANICHE dei METALLI - TEST SPERIEMENTALI• I seienni amimai MI È.FIIanento L f ÉcatteIIInasfervamento rettaparallela INDIVIDUARE il CARICO di SNERVAMENTO è un procedimento che cambia in base al materiale considerato: -MATERIALI con R.C. CUBICO a CORPO CENTRATO: in questi materiali si individua facilmente dalla curva tensioni-deformazioni ingegneristiche. Si nota infatti una crescita lineare, subito dopo una decrescita lineare e poi come la curva si stabilizzi con leggerissime oscillazioni: proprio in corrispondenza di questo valore pressoché costante si associa il carico di snervamento. -MATERIALI con R.C. CUBICO a FACCE CENTRATE: questi materiali hanno un passaggio continuo (poco definito) dal campo plastico al campo elastico ed è più difficile individuare il carico di snervamento. Per cui si definisce come: “il carico corrispondente ad una deformazione plastica permanente dello 0.002%” Esaminando la curva di flusso plastico si individua il modulo di elasticità, poi si traccia una retta parallela al modulo di elasticità e corrispondente ad una deformazione dello 0.002%. Questa retta appena tracciata intersecherà la curva di flusso plastico in un certo punto che diventerà convenzionalmente il punto del carico di snervamento. Quindi anche se deformando il materiale, senza arrivare al carico di snervamento convenzionale, rilevassi una deformazione plastica, essa sarebbe comunque inferiore allo 0.002%. fanfani 11 I frazza misurata i PUNTO di ROTTURA Vediamo nel dettaglio cosa accade nel momento del rottura del provino. Si hanno comportamenti diversi a seconda che il materiale sia fragile o duttile: (1) MATERIALE DUTTILE: dopo aver raggiunto l’UTS in una sezione del provino si andrà a concentrare la deformazione (strizione), questo perché dove ci sono piccole imperfezioni (microcricche, bolle d’aria) si cominceranno a formare delle piccole cavità e si avrà la rottura di alcuni grani cristallini. (b). All’aumentare del carico applicato aumenteranno anche le cricche fino a formare un’ampia zona di rottura (c). Nel punto in cui avviene la rottura i bordi sono a 45 gradi rispetto alla direzione di applicazione del carico (perché a 45 gradi lo sforzo di taglio è massimo ed esso è quello che determina la rottura dei reticoli cristallini) (d). La rottura avviene e i due pezzi hanno (nel punto di rottura) la caratteristica FORMA COPPA-CONO. (2) MATERIALE FRAGILE: per i materiali fragili il comportamento è completamente diverso. C’è una lievissima deformazione, una propagazione rapida delle cricche (perpendicolare alla direzione del carico applicato). Si può avere una frattura di 2 tipi: -FRATTURA INTERGRANULARE, la propagazione della cricca è lungo il bordo di grano. -FRATTURA TRANSGRANULARE, la cricca passa attraverso i grani, che si spezzano PROVA di FLESSIONE Effetttuare la prova di trazione sui materiali fragili è particolarmente difficile (difficoltà di misurare l’allungamento a rottura, facilità che il provino si spezzi in corrispondenza delle pinze di bloccaggio) quindi si preferisce utilizzare le prove di flessione a 3 punti. La DUTTILITÀ è una caratteristica qualitativa del materiale e indica la capacità di un materiale di deformarsi plasticamente sotto un carico prima di giungere a rottura. La duttilità si misura con l’allungamento percentuale a rottura che può essere calcolato in 2 modi: - con una VARIAZIONE di LUNGHEZZE (%EL), si divide l’allungamento Δl (lunghezza finale meno lunghezza iniziale) per la lunghezza iniziale l0 del provino. È meno accurata perché quando si entra nel campo della deformazione plastica NON uniforme NON si ha più la conservazione del volume. - con una VARIAZIONE di AREE (%AR), si divide il -ΔA (area iniziale meno area finale) per l’area finale. È la misura più corretta perché in campo plastico NON uniforme avviene il necking e NON si ha più la conservazione del volume. L’allungamento a rottura è utile per classificare i materiali in 2 grandi categorie: MATERIALI FRAGILI: materiali con BASSO ALLUNGAMENTO a ROTTURA 1. (<5%) [tipo i materiali ceramici]. Di solito sono materiali con un modulo di elasticità maggiore dei duttili e carichi di snervamento e rottura molto vicini tra loro e con valori elevati. MATERIALI DUTTILI: materiali con un allungamento a rottura >5% [tipo i 2. materiali polimerici]. Sono materiali caratterizzati da un modulo di elasticità relativamente basso, carichi di snervamento e rottura più bassi a piuttosto distanti fra loro. Gli acciai possono essere sia fragili sia duttili ma in generale essi hanno sostanzialmente lo stesso modulo di young. DUTTILITÀ • Dove ti asino surresiamontanano sempre unatonnara LeRelazioni scritte sopra che definisconoTENSIONE e deformazione VERE e COEFF di Poisson NON VALGONO PIÙ DOPO l Uts i a Rappresentare la curva di flusso plastico in termini ingegneristici è comodo perché permette di svincolarsi dalle dimensioni del provino e garantisce che la curva sia rappresentativa del solo materiale. Tuttavia la tensione e deformazione ingegneristiche differiscono da quelle reali perché durante la prova il materiale tenderà a ridurre la propria sezione resistente e quindi la tensione varierà istante per istante al variare dell’area del provino. Quindi definiamo: -TENSIONE VERA (σ): è il rapporto (in un certo istante) fra il carico esterno (P) e la sezione resistente effettiva (A) -DEFORMAZIONE VERA (ε): si ottiene facendo il logaritmo naturale della lunghezza del provino in un certo istante della prova diviso per la lunghezza iniziale del provino. -COEFFICIENTE di POISSON (ν): è il rapporto tra deformazione in direzione trasversale alla direzione di applicazione del carico e la deformazione reale nella direzione di applicazione del carico. TENSIONE e DEFORMAZIONE REALI • Da un certo punto in poi la curva sforzo-deformazione ingegneristica è la curva sforzo-deformazione reale cominciano ad allontanarsi, perciò si approssima l’andamento delle 2 curve con una CURVA dall’andamento ESPONENZIALE, ovvero: K e n vengono determinati con un’approssimazione ai minimi quadrati, ovvero si cerca di trovare i K e gli n che minimizzano l’errore tra la curva reale e la curva ingegneristica. K e n sono: -INDICE di RESISTENZA del MATERIALE (K) -COEFFICIENTE di INCRUDIMENTO (n): quantifica l’incrudimento del materiale. Per n=0 la curva di flusso plastico è caratterizzata da una tensione di flusso plastico costante e quindi K diventa il carico di snervamento [ perché si avrebbe σ = K * (1) ]. Più n è elevato è maggiore sarà l’incrudimento cioè maggiore sarà lo scostamento, dalla curva di flusso plastico, del valore della tensione di snervamento. INDIVIDUARE il VALORE dell’UTS Si parte dalla verifica sperimentale che il punto UTS è il MASSIMO della CURVA TENSIONE-DEFORMAZIONE INGEGNERISTICHE, cioè è il punto in cui la derivata di quella curva è uguale a zero. Si dimostra che se la curva di flusso plastico è rappresentata da una CURVA ESPONENZIALE allora il valore dell’UTS sarà quello in corrispondenza del punto in cui: DEFORMAZIONE (ε) = COEFF. di INCRUDIMENTO (n) APPROSSIMAZIONI della CURVA di FLUSSO PLASTICO • All’aumentare della TEMPERATURA il comportamento di flusso plastico di un materiale cambia e molto spesso con i valori meccanici che si hanno a disposizione (tipo carico di snervamento, modulo di young) NON è possibile definire una curva di flusso plastico precisa, però si possono fare delle approssimazioni. Infatti per tracciare una curva approssimata ci bastano: -modulo di elasticità -carico di snervamento -carico a rottura -allungamento a rottura Vediamo le varie approssimazioni: (1) COMPORTAMENTO PERFETTAMENTE ELASTICO (2) COMPORTAMENTO RIGIDO-PERFETTAMENTE PLASTICO (3) COMPORTAMENTO ELASTICO-PERFETTAMENTE PLASTICO (4) COMPORTAMENTO ELASTICO-PERFETTAMENTE PLASTICO: Nel caso il materiale sia caratterizzato da una differenza tra carico di snervamento e UTS poco marcata (ovvero la curva nella zona della Def. Plastica è relativamente piatta) si approssima la curva con 2 TRATTI LINEARI, il primo con pendenza uguale al modulo di elasticità e il secondo con pendenza zero. Si utilizza questa approssimazione per descrivere il comportamento di un materiale (metallico) ad elevate temperature, perché si riscontra che il modulo di elasticità NON cambia, diminuisce il carico di snervamento e di rottura, la differenza tra carico di snervamento e UTS si appiattisce.
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