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riassunto 1,2 e 3 capitolo del libro, Sintesi del corso di Economia E Innovazione

sintesi dei primi 3 capitoli del libro di innovation design del professore Mario Calabrese

Tipologia: Sintesi del corso

2021/2022

Caricato il 10/11/2022

chiara-favazzi
chiara-favazzi 🇮🇹

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Scarica riassunto 1,2 e 3 capitolo del libro e più Sintesi del corso in PDF di Economia E Innovazione solo su Docsity! INNOVATION DESIGN 1) INTRODUZIONE 1.1 IMPORTANZA DELL’INNOVAZIONE TECNOLOGICA In molti settori, l’innovazione tecnologica è diventata il fattore determinante del successo competitivo: per la maggior parte delle imprese, innovare è ormai un imperativo strategico, fondamentale per mantenere e acquisire posizioni di leadership nel mercato così come recuperare condizioni di svantaggio competitivo. L’innovazione può giocare un ruolo decisivo nei processi di cambiamento strategico e di turnaround di un’impresa. La crescente importanza dell’innovazione è in parte dovuta alla globalizzazione dei mercati; non poche, infatti, è la pressione della concorrenza internazionale a imporre alle imprese di innovare in modo continuo allo scopo di produrre servizi e prodotti ad alto grado di differenziazione. (Ferrero ha fondato il suo successo sull’innovazione). L’introduzione di nuovi prodotti consente alle imprese di proteggere i propri margini, mentre gli investimenti nell’innovazione di processo si rivelano quasi sempre indispensabili per ridurre i costi. Anche i progressi dell’information technology hanno contribuito ad accelerare i ritmi dell’innovazione. Queste tecnologie aiutano l’azienda a sviluppare e produrre più varianti dello stesso prodotto. Innovare è soprattutto una questione di atteggiamento. (Illycaffè: 3 invenzioni radicali che hanno rivoluzionato il mondo del caffè: 1934 invenzione della pressurizzazione, 1935 la formula dell’espresso, 1974 l’invenzione della cialda in carta). Quando imprese adottano nuove tecnologie e accelerano il proprio ritmo di innovazione, in realtà elevano per tutti i concorrenti la soglia competitiva e innalzano le barriere all’ingresso: sollecitano le imprese ad accorciare i cicli di sviluppo e a introdurre con maggiore velocità nuovi prodotti. L’esito finale di tale processo è una maggiore segmentazione del mercato e una più rapida obsolescenza del prodotto. Questo meccanismo stimola le imprese a concentrarsi sempre più sull’innovazione intesa come imperativo strategico: un’impresa non in grado di sostenere rapidi ritmi di innovazione vedrà i propri margini di profitto ridursi inevitabilmente non appena i propri prodotti diventeranno obsoleti. 1.2 IMPATTO DELL’INNOVAZIONE TECNOLOGICA SULLA SOCIETA’ La spinta all’innovazione, determinando un aumento degli standard competitivi in molti settori, ha reso più difficile per le imprese raggiungere il successo di mercato: tuttavia, ha garantito al contempo effetti quasi sempre positivi per la società nel suo complesso. Il processo tecnologico ha consentito a consumatori di tutto il mondo l’accesso a un’ampia gamma di prodotti e servizi. Un indicatore dell’impatto complessivo dell’innovazione tecnologica è il prodotto interno lordo (PIL). Il prodotto interno lordo di un’economia è il valore complessivo di beni e servizi prodotti sul territorio nazionale nell’arco di un anno, misurato al prezzo d’acquisto per il consumatore finale. In una serie di studi condotti negli Stati Uniti presso il National Boreau of Economic Research, è stato dimostrato che il tasso storico di crescita del PIL non poteva essere spiegato esclusivamente con la crescita nell’impiego dei fattori in termini di lavoro e di capitale. Nel 1957, l’economista Robert Merton Solow, in una sua ricerca costruita in base all’analisi del PIL pro capite negli Stati Uniti fra il 1909 e il 1949, ha ipotizzato che il “residuo” statistico, ovvero la componente della crescita non spiegata, era da imputare al progresso tecnologico: era l’innovazione tecnologica ad aumentare la produzione ottenibile da una determinata quantità di lavoro e di capitale. La tesi di Solow non fu, però, accettata subito. Nel 1981, Solow ha ricevuto il premio Nobel per l’economia, e il fattore residuo ha preso la denominazione di “residuo di Solow”. In realtà, anche se il, PIL non sempre è da ritenere un indicatore attendibile del tenore di vita, esso segnala ancora la quantità di beni acquistabili da consumatori. Pertanto, nella misura in cui i beni migliorano la qualità della vita, possiamo attribuire all’innovazione tecnologica un certo impatto positivo. A volte, l’innovazione tecnologica produce delle esternalità negative. Le tecnologie di produzione possono essere fonte di inquinamento dannoso per le comunità di cittadini che vivono in prossimità delle fabbriche: le tecnologie adoperate nell’agricoltura e nella pesca possono causare fenomeni di erosione. Tuttavia, nella sua forma più pura la tecnologia è conoscenza: una conoscenza che consente di risolvere problemi. L’innovazione tecnologica può essere definita, pertanto, come la creazione di nuova conoscenza. Sebbene il governo rivesta un ruolo importante negli investimenti per l’innovazione tecnologica, la maggior parte dei fondi per la R&S (ricerca e sviluppo) deriva dalle imprese, e questa quota di investimenti negli ultimi anni ha registrato un rapido aumento. Il quadro dell’innovazione in Italia, invece, è capovolto: le imprese investono poco e la maggior parte delle risorse finanziarie per la ricerca è di fonte pubblica. 1.3 ECONOMIA DELL’INNOVAZIONE. UNA BREVE INTRODUZIONE Molto tempo prima di Solow, la consapevolezza dell’innovazione come fattore chiave dei processi economici, e come determinante della “ricchezza di una nazione” era già presente nell’opera di economisti classici come Adam Smith. Nell’introduzione della sua opera più celebre, l’economista e filosofo scozzese distingueva due differenti concetti di innovazione. Il primo richiamava una modalità di innovazione basata sull'esperienza, il secondo si riferiva invece ai processi di innovazione basati sul progresso scientifico. Due secoli più tardi, un economista dell'innovazione svedese, Gunnar Lundvall, ha ribattezzato i due modelli guardando ai processi di apprendimento generati dalle due differenti forme di innovazione: il primo come DUI-mode of learning (DUI = learning by doing, using and interacting) e il secondo come STI-mode of learning (STl = science, (new) technology, innovation). La teoria neoclassica ha considerato il cambiamento e l’innovazione tecnologia in termini statici. Per i neoclassici la tecnologia è informazione e di conseguenza l’apprendimento è acquisizione di informazioni o di esperienza. È solo con l’economista Joseph Schumpeter che la ricerca sui temi dell’economia dell’innovazione si separa dai paradigmi neoclassici per inaugurare una nuova stagione di studi. Schumpeter adotta un approccio dinamico e guarda con particolare attenzione all’innovazione tecnica e ai sistemi tecnologici innovativi. Nella sua opera principale, Teoria dello sviluppo economico (1912), l’innovazione viene considerata come il meccanismo principale delle dinamiche capitalistiche: 3) la base di risorse disponibili dell'impresa dovrà essere integrata con altre opportunamente scelte. L'obiettivo principale della strategia consiste nel far corrispondere le competenze dell'impresa alle opportunità offerte dall'ambiente esterno. Le risorse di cui dispone un'impresa sono i beni, le capacità di base e ogni altro fattore ‘’produttivo’’ necessario per agire nel mercato. La distinzione tra rendite economiche, basate sul presidio di risorse scarse, e rendite organizzative, basate sull'utilizzo di queste risorse, vale a dire sulla capacità di combinarle in modo originale rispetto ai concorrenti e di ottenere in questo modo risultati superiori. Dalla seconda metà degli anni Novanta, gli studi di management hanno approfondito il ruolo delle risorse cognitive quali asset di maggior valore strategico, giungendo a definire l'impresa come un insieme di conoscenze il cui scopo è l'impiego di tali risorse per creare valore. La conoscenza come fonte di vantaggio competitivo ha ispirato altresì un nuovo approccio teorico, definito come knowledge-based view. RISORSE E VANTAGGIO COMPETITIVO La condizione di vantaggio competitivo risiede nella capacità di creare un valore superiore attraverso il suo patrimonio di risorse. L’impresa dovrebbe elaborare o far emergere le proprie strategie facendo leva sul proprio patrimonio di risorse e competenze. Dovrà ricercare in primo luogo quei mercati che in modo opportuno si adattino alle risorse e competenze disponibili. Per garantirne la reale sostenibilità, le risorse e le capacità di un'impresa dovranno soddisfare una rigorosa serie di condizioni, che dipendono dalla capacità di conseguire un vantaggio competitivo (criticità e scarsità delle risorse), di mantenerlo nel tempo (durata, trasferibilità e replicabilità) e, soprattutto di acquisire e trattenere i rendimenti generati (appropriabilità). La prima condizione prevede che la risorsa sia critica, ovvero sia determinante per sfruttare un'opportunità o attenuare i rischi presenti nell'ambiente competitivo ove opera l'impresa. Le risorse sono "critiche" quando mettono in grado l'impresa di concepire o realizzare strategie che ne aumentino il grado di efficacia e/o di efficienza, sempre che, come è ovvio, siano "incorporate" in prodotti o soluzioni capaci di creare valore per il cliente, soddisfacendo la domanda di mercato, e di garantire la sopravvivenza dell'impresa nell'arena competitiva. In secondo luogo, le risorse devono possedere una condizione di rarità. Qualora talune risorse critiche siano nella disponibilità di un grande numero di concorrenti attuali o potenziali, esse non possono più rappresentare una fonte di vantaggio competitivo. Solo l'impresa che possiede un fascio unico di risorse, capacità, abilità è in grado di raggiungere un vantaggio competitivo sostenibile. Per conseguire un vantaggio competitivo, occorre valutare altresì la capacità dell'impresa di mantenerlo nel tempo. Per esempio, verificare la durata, l'attitudine di una risorsa o di una competenza a durare, a conservare valore nel tempo. Naturalmente, la durata del vantaggio non dipende soltanto da quella delle risorse, ma anche dalle risposte del mercato e dai comportamenti dei concorrenti. Nessun vantaggio competitivo difatti può essere mantenuto se le risorse sono facilmente trasferibili o sostituibili da risorse (strategicamente) equivalenti. Tale condizione viene definita come imperfetta mobilità delle risorse. Le risorse sono di difficile o impossibile trasferibilità quando non possono essere scambiate o vendute ad altre imprese. E se un rivale non è in grado di acquisire le risorse né di sostituirle con quelle già possedute, dovrà cercare di replicarle. La difficile replicabilità o imitabilità è un'altra condizione necessaria per conservare un vantaggio competitivo. Perché un’impresa possa beneficiare di una posizione di vantaggio e delle rendite economiche associate dovranno esistere delle "forze", degli ostacoli che rallentino la concorrenza o impediscano l'accesso a tali risorse, predisponendo barriere di protezione contro strategie imitative, come i brevetti. I limiti posti dalla difficile imitabilità sono stati definiti meccanismi di isolamento poiché proteggono le rendite di cui gode l'impresa. Infine, si dovrà verificare la capacità dell'impresa di mantenere il controllo sulle rendite generate dalle risorse e competenze di cui dispone (appropriabilità). È la capacità dell'impresa di beneficiare dei profitti creati da una risorsa e in particolare dalla sua innovazione. Il grado di appropriabilità è maggiore quando la tecnologia impiegata o i nuovi prodotti lanciati nel mercato sono per loro natura difficili da replicare e i sistemi di protezione forniscono solide barriere legali all'imitazione. Per contro, l'appropriabilità è debole nei casi di facile replicazione della tecnologia o dei nuovi prodotti, nonché di indisponibilità (o inefficacia) dei meccanismi di protezione. 1.5 INNOVAZIONE E IMPRESA: IMPORTANZA DI UNA STRATEGIA Nella frenetica corsa all'innovazione, molte imprese si buttano a capofitto nello sviluppo di nuovi prodotti senza definire strategie chiare o predisporre processi ben articolati per la scelta e la gestione dei progetti. Così facendo, spesso avviano più progetti di quanti effettivamente possano sostenerne, oppure ne scelgono alcuni che non sono adatti per le risorse dell'impresa e coerenti con i suoi obiettivi: ne consegue perciò un allungamento dei cicli di sviluppo e un alto tasso di fallimento. MODELLO A IMBUTO DELL’INNOVAZIONE Gran parte delle idee innovative non si trasforma in nuovi prodotti di successo; molti studi suggeriscono che ciò accade solo a un'idea su qualche migliaio. Tanti progetti non sono in grado di evolvere in prodotti realizzabili sotto il profilo tecnico e, di quelli che ci riescono, solo pochi generano un rendimento di mercato adeguato agli investimenti. Secondo uno studio del 2012 solo uno su nove progetti di sviluppo di un nuovo prodotto intrapresi riesce a giungere al termine e, fra quelli che arrivano a essere lanciati sul mercato, solo una metà consegue un profitto. Inoltre, molte idee vengono vagliate e poi abbandonate prima che un progetto di sviluppo abbia formalmente inizio. In base a una ricerca che si è avvalsa sia dei risultati conseguiti da precedenti studi sul tasso di successo dell'innovazione sia di dati relativi ai brevetti, ai fondi di venture capital e a ricerche di mercato, occorrono circa 3000 idee prima di giungere a un prodotto nuovo e di successo nel mercato. Il caso dell’industria farmaceutica dimostra che soltanto uno, fra oltre 5000 composti, riesce a raggiungere gli scaffali di una farmacia e soltanto uno su 15 000 conseguirà un successo tale da consentire all'azienda di recuperare i costi di ricerca e sviluppo. Inoltre, passa almeno una decina di anni dalla scoperta del composto fino al lancio nel mercato del nuovo farmaco, con un costo complessivo stimato in 1,5 miliardi di dollari. Per questi motivi, il processo di innovazione viene spesso raffigurato come un imbuto, nel quale entrano molte idee di potenziali nuovi prodotti, ma di queste solo pochissime riescono a superare tutte le fasi del processo di sviluppo e a raggiungere l'altra estremità. MANAGEMENT STRATEGICO DELL’INNOVAZIONE TECNOLOGICA Per migliorare il tasso di successo delle innovazioni di un'impresa, occorre elaborare una buona strategia, i progetti di innovazione dovrebbero essere coerenti con le risorse e gli obiettivi dell'impresa, facendo leva sulle sue competenze chiave (core competency). Il processo di sviluppo di un nuovo prodotto dovrebbe massimizzare le probabilità di successo dei progetti sotto il profilo sia tecnico sia commerciale. Per conseguire questi obiettivi, è indispensabile che il management dell'impresa: (a) abbia una conoscenza approfondita delle dinamiche dell'innovazione (b) concepisca una strategia di innovazione ben strutturata (c) formuli in modo adeguato i processi di implementazione della strategia di innovazione. barca a vela di piccole dimensioni. Un altro caso esemplare è lo sviluppo di Indermil, un adesivo per tessuti umani basato sulla tecnologia del Superglue, conosciuto in Italia con il nome di Superattak. Le innovazioni ideate dagli utilizzatori possono anche far nascere nuovi settori; è accaduto per esempio nel caso degli snowboard o delle action cam, lanciate nel mercato da un surfista appassionato, Nicholas Woodman, fondatore della GoPro. • ATTIVITA’ DI RICERCA E SVILUPPO NELLE IMPRESE Nella realtà aziendale, una delle naturali fonti di innovazione è costituita dall’impegno e dagli investimenti in ricerca e sviluppo dell’impresa. Ricerca e sviluppo, pur rappresentando una coppia inscindibile, si riferiscono in realtà a differenti campi di attività benché sempre collegati all’innovazione. La ricerca comprende sia quella di base che quella applicata. La ricerca di base (o ricerca pura) consiste negli sforzi orientati a comprendere meglio un argomento o ad approfondire la conoscenza di un’area scientifica, senza considerare le applicazioni commerciali immediate. Il suo obiettivo fondamentale è contribuire al progresso del sapere scientifico, che pure nel lungo termine potrebbe offrire opportunità di mercato. La ricerca applicata è orientata, al contrario, all'aumento della comprensione di un problema allo scopo di soddisfare un particolare bisogno. Per sviluppo si intendono, invece, tutte le attività che consentono di applicare la conoscenza alla realizzazione di nuovi prodotti, materiali o processi. L'espressione ricerca e sviluppo (R8S) indica, pertanto, una serie di attività che vanno dalle indagini esplorative e dalla ricerca sperimentale fino allo sviluppo di applicazioni commerciali. Numerosi studi condotti dimostrano che le imprese considerano la R&S interna come fonte principale di innovazione. Fra Il 1950 e il 1960, gli esperti di innovazione avevano posto l'accento su un approccio science push alla ricerca e sviluppo, in base al quale l'innovazione presentava un percorso lineare che procedeva in sequenza dalla scoperta scientifica all'invenzione, alla progettazione, quindi alle attività di produzione, fino ad arrivare al marketing. Secondo questa filosofia, le fonti principali di innovazione erano le scoperte scientifiche. Questo processo lineare si è rivelato ben presto poco aderente alla realtà. Verso la metà degli anni Sessanta, ha guadagnato spazio un differente modo di intendere l'innovazione: il modello demand pull della R&S. Secondo questo approccio, l'innovazione era guidata piuttosto dalla domanda dei potenziali utilizzatori. Anche questa prospettiva però è stata criticata, in quanto ritenuta troppo semplicistica. Nelle sue ricerche Rothwell, per esempio, ha osservato che ciascuna fase del processo di innovazione tende ad essere caratterizzata da livelli differenti di science push e demand pull. La maggior parte degli studi recenti indica che, in realtà, le imprese innovatrici di successo si avvalgono di un'ampia varietà di fonti di informazione e di idee, tra cui: • la R&S in house, ovvero realizzata all'interno dell'organizzazione • le relazioni con i clienti o con altri potenziali utilizzatori delle innovazioni • le relazioni con un network esterno di imprese che può comprendere concorrenti, produttori di beni complementari e fornitori • le relazioni con altre fonti esterne di informazione scientifica e tecnica, quali università e centri di ricerca pubblici • RELAZIONI DELL’IMPRESA CON CLIENTI, FORNITORI, CONCORRENTI E PRODUTTORI DI BENI COMPLEMENTARI Spesso le imprese formano delle alleanze con clienti, fornitori, produttori di beni complementari e persino con i concorrenti per collaborare insieme a un progetto di innovazione o per scambiarsi informazioni e altre risorse nella ricerca dell'innovazione. La collaborazione può avvenire sotto forma di alleanza, di partecipazione a consorzi di ricerca, di concessione di licenze, di accordi contrattuali di ricerca e sviluppo, di joint venture o attraverso altre modalità di accordo. Gli attori in comune possono mettere in comune risorse quali la conoscenza e il capitale. Le collaborazioni più frequenti coinvolgono le imprese e i propri clienti, fornitori o università locali. Alcuni studi indicano che le imprese considerano proprio gli utilizzatori come la fonte più preziosa di idee di nuovi prodotti. Le imprese possono scegliere di collaborare anche con concorrenti e produttori di beni complementari. FONTI DI INNOVAZIONE INTERNE ED ESTERNE A volte, le imprese sono accusate di acquisire l'innovazione tecnologica da fonti esterne invece di investire in ricerca originale. Tuttavia, i dati empirici suggeriscono che le fonti esterne di innovazione tendono a svolgere un ruolo complementare alle attività di ricerca e sviluppo interne, piuttosto che sostituirsi a queste ultime. La R&S in-house contribuisca a costruire la capacità di assorbimento dell'impresa, consentendo un apprendimento e un utilizzo più efficaci della conoscenza acquisita da fonti esterne. La capacità di assorbimento si riferisce all'attitudine dell'impresa a comprendere e impiegare nuove risorse di conoscenza. • UNIVERSITA’ E RICERCA CON FINANZIAMENTI PUBBLICI Un’altra fonte di innovazione importante è rappresentata da enti di ricerca pubblici come le università, i centri di ricerca e i laboratori, gli incubatori di imprese. UNIVERSITA’ Molte università stimolano il proprio corpo docente a intraprendere attività di ricerca che possano condurre a innovazioni utili. Per rafforzare I legami fra ricerca universitaria e sviluppo di innovazioni, molte università hanno istituito delle strutture chiamate a favorire il trasferimento tecnologico (liaison office o technology transfer office). Negli Stati Uniti, la diffusione di tali servizi è diventata molto più rapida dopo l'approvazione nel 1980 del Bayh-Dole Act, una legge che consente alle università di mantenere le royalty delle invenzioni il cui sviluppo è stato finanziato con fondi pubblici. Le università forniscono, inoltre, un contributo significativo all’innovazione mediante la pubblicazione dei risultati delle ricerche. RICERCHE CON FINANZIAMENTI PUBBLICI I governi di molti paesi investono attivamente nella ricerca con la creazione di laboratori, science parks e incubatori di imprese, oppure finanziando enti di ricerca pubblici e privato. Parchi scientifici e incubatori di imprese. A partire dagli anni Cinquanta, i governi nazionali hanno investito con decisione nello sviluppo di parchi scientifici allo scopo di promuovere la collaborazione tra enti pubblici di ricerca, università e imprese private. Quando queste strutture sono dedicate in particolar modo alla creazione e allo sviluppo di nuove realtà imprenditoriali, prendono il nome di “incubatori di imprese”. • ORGANIZZAZIONI PRIVATE NON PROFIT Le organizzazioni private non profit, quali gli istituti di ricerca privati, gli ospedali non profit, le fondazioni private, le associazioni professionali o tecniche, i consorzi accademici o industriali e le associazioni imprenditoriali, contribuiscono anch'essi alle attività di innovazione con modalità differenti. Molte tra loro svolgono programmi di ricerca e sviluppo in-house: altre finanziano le attività di R&S di diverse organizzazioni; altre, infine, realizzano entrambe le attività. 2.4 INNOVAZIONE NEI NETWORK COLLABORATIVI I network collaborativi svolgono un importante ruolo di ricerca e sviluppo nel realizzare innovazioni di successo. Queste collaborazioni possono essere impostate secondo formule quali la joint venture, la concessione di licenze, le associazioni di ricerca, i programmi di ricerca congiunti finanziati dallo Stato, dalle regioni e dall'Unione Europea, i network per lo scambio delle conoscenze tecniche e scientifiche, i network informali. La ricerca collaborativa assume un'importanza particolare nei settori high-tech. I network collaborativi sono un potente motore di innovazione. CLUSTER TECNOLOGICI A volte, la prossimità geografica sembra rivestire un ruolo decisivo ai fini della creazione di network collaborativi e della loro capacità innovativa. Cluster regionali noti nel mondo, come quello dei semiconduttori e delle tecnologie dell'informazione nella Silicon Valley, il cluster multimediale di Manhattan, il distretto della maglieria di Carpi, in provincia di Modena, o il distretto delle scarpe sportive a Montebelluna, in provincia di Treviso. Come ha scritto Michael Porter, un cluster tecnologico è una rete di imprese connesse fra loro e di istituzioni associate, concentrate territorialmente, operanti in determinati campi, dove competono e al tempo stesso cooperano, collegate da elementi di condivisione e di complementarità. L'ambito territoriale di un cluster può andare da un'unica area urbana o regione fino a un intero Paese, a volte perfino attraversando i confini nazionali. La prossimità fisica e l'interazione possono invece esercitare un'influenza decisa sulla capacità e sulla volontà delle imprese di scambiare conoscenze. In primo luogo, la conoscenza complessa o tacita, per essere trasferita con esiti favorevoli, potrebbe richiedere un'interazione ravvicinata e frequente tra gli attori dello scambio. In secondo luogo, la vicinanza e la frequenza dell'interazione possono influenzare la predisposizione e la volontà dell'impresa a scambiare le proprie conoscenze. Con un'interazione frequente, le parti possono sviluppare un rapporto di fiducia e istituire norme e Una tecnologia potrebbe rappresentare una novità assoluta, oppure risultare nuova solo nel contesto di un settore o per un'impresa in particolare. Potrebbe invece presentarsi molto differente dai prodotti e dai processi già esistenti, oppure mostrare differenze solo marginali. Le innovazioni radicali per eccellenza dovrebbero presentare un carattere di novità assoluta e risultare differenti in modo significativo dai prodotti e dai processi produttivi già esistenti. I prodotti di telecomunicazione wireless sono un ottimo esempio di innovazione radicale perché, quando sono stati introdotti nel mercato. Le innovazioni incrementali, invece, non presentano caratteristiche particolarmente nuove o originali, possono essere già note all'interno dell'impresa o del settore e consistono in cambiamenti marginali o in lievi adattamenti di soluzioni preesistenti. Esempi di innovazioni incrementali sono una nuova configurazione di un telefono cellulare con o senza sportellino a protezione della tastiera. Il carattere radicale di un'innovazione viene talvolta definito anche in termini di rischio. Poiché le innovazioni radicali spesso incorporano nuove conoscenze, ciascun produttore o cliente, avendo un diverso grado di esperienza e familiarità con l'innovazione, potrà esprimere quindi anche un giudizio differente sulla sua utilità o affidabilità. Il carattere radicale di un'innovazione tecnologica presenta infine una componente di relatività, in quanto può cambiare nel tempo o secondo la prospettiva di analisi. Un'innovazione un tempo considerata radicale potrebbe assumere un carattere incrementale a mano a mano che le conoscenze che hanno contribuito a generarla si diffondono. Inoltre, la stessa innovazione radicale per un’azienda potrebbe risultare incrementale per un’altra. Innovazioni radicali, a volte non comprese a pieno alla prima apparizione, hanno segnato anche la storia dello sport, come è capitato per il "calcio totale" inventato o re-inventato da un geniale allenatore olandese, Rinus Michels, o per un sorprendente nuovo modo di valicare l'asticella nel salto in alto. INNOVAZIONI COMPETENCE ENHANCING E COMPETENCE DESTROYING Un'ulteriore distinzione è quella fra innovazioni competence enhancing e innovazioni competence destroying. Assumendo la prospettiva dell'azienda, un'innovazione si considera competence enhancing quando consiste in un'evoluzione della base di conoscenze preesistenti. Sempre nella prospettiva dell'azienda, un'innovazione è invece competence destroying se la nuova tecnologia non scaturisce dalle competenze già possedute o se addirittura le rende inadeguate. INNOVAZIONI ARCHITETTURALI E MODULARI La maggior parte dei prodotti e dei processi è un sistema nidificato, ordinato in modo gerarchico. Ciò significa che, indipendentemente dal livello di analisi, l'entità considerata è un sistema di più componenti in cui, a sua volta, ciascun componente consiste in un sistema formato da parti più piccole. Un'innovazione può implicare una modifica dei singoli componenti, della struttura generale (l'architettura) entro la quale operano i singoli componenti, o di entrambi. Per innovazione modulare si intende un'innovazione che preveda cambiamenti di uno o più componenti senza modifiche sostanziali alla configurazione generale del sistema. Per contro, un'innovazione architetturale consiste in un cambiamento della struttura generale del sistema o del modo in cui i componenti interagiscono tra loro. Un'innovazione strettamente architetturale potrebbe riconfigurare i meccanismi di interazione dei componenti pur senza modificarli singolarmente. La maggior parte delle innovazioni architetturali comporta, però, dei cambiamenti del sistema che si ripercuotono sul progetto nel suo complesso, implicando modifiche nei componenti e non solo dei meccanismi di interazione. Spesso le innovazioni architetturali esercitano profonde e complesse influenze sui concorrenti e sugli utilizzatori di quella tecnologia. L'introduzione o l'adozione di un'innovazione modulare richiede all'impresa, una conoscenza limitata al componente oggetto della modifica: l'introduzione o l'adozione di un'innovazione architetturale comporta invece, necessariamente, una conoscenza più ampia dei meccanismi che governano le relazioni e le interazioni tra le varie parti all'interno del sistema. L'impresa deve essere in grado di comprendere come interagiscono gli attributi di ciascun componente e in che modo un cambiamento di determinate caratteristiche possa far scattare il bisogno di modificare il progetto del sistema nel suo complesso o di qualcuna delle sue parti. CURVE TECNOLOGICHE A S È stato osservato che sia il tasso di miglioramento della performance di una tecnologia, sia il suo tasso di diffusione nel mercato tendano a seguire un andamento graficamente riproducibile come una curva ad S. Sebbene le due curve siano correlate fra loro, i due processi devono essere considerati sostanzialmente distinti e separati. CURVA A S DEL MIGLIORAMENTO TECNOLOGICO Lungo Il proprio ciclo di vita, molte tecnologie presentano un andamento a forma di S se si osserva il processo di miglioramento della performance. Ponendo a confronto l'incremento delle prestazioni con il volume di investimenti e l'impegno organizzativo, di norma si riscontra infatti un andamento iniziale più lento, quindi un'accelerazione e infine un rallentamento nel processo di miglioramento. Nella fase iniziale, il miglioramento della performance è lento perché i principi di base della tecnologia sono stati compresi. Se la tecnologia risulta differente dalle tecnologie precedenti, I ricercatori potrebbero non disporre di strumenti di valutazione in grado di stimare il suo effettivo grado di progresso e il potenziale di sviluppo. E ancora, fino a quando la nuova tecnologia non ha conquistato uno status di legittimità, potrebbe essere difficile o improbabile che riesca ad attrarre altri ricercatori interessati a partecipare al suo ulteriore sviluppo. Quando però i ricercatori e l'organizzazione nel suo complesso hanno acquisito una conoscenza più approfondita della tecnologia, il miglioramento incomincia a essere più rapido. Durante lo sviluppo, l'attenzione è posta in tutte quelle attività che producono i maggiori miglioramenti a parità di impegno, garantendo un rapido incremento della performance. A un certo punto, però, il rendimento delle risorse e delle energie impegnate per lo sviluppo della tecnologia comincia a decrescere. E quando la tecnologia si avvicina al proprio limite naturale, il costo marginale di ciascun miglioramento aumenta, mentre la curva tende ad appiattirsi. Molte volte, la curva a S del miglioramento tecnologico viene tracciata in base al rapporto tra la performance e il tempo, ma questo approccio può rivelarsi insidioso. Se infatti l'impegno aziendale non è stato costante nel tempo, la curva a S può indurre previsioni distorte, ponendo in ombra la reale relazione fra le due variabili. Se invece l'impegno è rimasto stabile, la curva del rapporto performance/tempo traccerà un andamento analogo a quella del rapporto performance/impegno. Qualora l'impegno dedicato allo sviluppo di una tecnologia diminuisse o aumentasse nel tempo, la curva tenderebbe nel primo caso a un appiattimento immediato, mentre nel secondo non si appiattirebbe affatto. Una delle traiettorie tecnologiche più conosciute è descritta dall'assioma noto come legge di Moore. (1965) Non sempre, però, le tecnologie raggiungono i propri limiti, perché già prima potrebbero essere rimpiazzate dall'avvento di nuove tecnologie discontinue. Un'innovazione tecnologica si dice discontinua quando risponde a una richiesta di mercato simile a quella già soddisfatta da una tecnologia preesistente, partendo però da una base di conoscenze completamente nuova. Negli stadi iniziali, il rendimento degli sforzi orientati allo sviluppo di una nuova tecnologia risulta di solito inferiore a quello degli investimenti destinati al miglioramento di una tecnologia esistente, e le imprese sono spesso riluttanti ad abbandonare una tecnologia già conosciuta e adottata da tempo per passare a una tecnologia nuova o non familiare. Tuttavia, se quest'ultima presenta una curva a S più ripida, oppure raggiunge un limite di performance più elevato, vi è un punto dal quale il rendimento che deriva dagli investimenti nella nuova tecnologia comincerà a superare di gran lunga quello derivante dagli investimenti nella tecnologia attualmente adottata. Di norma, le imprese, quando entrano per la prima volta in un settore, tendono a optare per una tecnologia discontinua, mentre le aziende già presenti nel mercato sono chiamate ad affrontare una scelta difficile: decidere se tenere ancora in vita la tecnologia attuale o investire nel passaggio alla nuova tecnologia. Se, a parità di impegno, la tecnologia discontinua garantisce un potenziale di performance molto più elevato rispetto alla tecnologia attuale, è probabile che nel lungo termine possa imporsi e sostituirsi a quest'ultima. CURVE A S DELLA DIFFUSIONE DELLA TECNOLOGIA Spesso le curve a S sono adoperate anche per descrivere il processo di diffusione di una tecnologia. A differenza delle curve a S della performance, le curve a S della diffusione di una tecnologia esprimono il rapporto tra il numero complessivo degli utilizzatori di una tecnologia e il tempo. La forma della curva deriva dal seguente meccanismo. In una fase iniziale, quando una tecnologia ancora poco conosciuta viene introdotta nel mercato, l'adozione è lenta; poi, quando gli utilizzatori ne acquisiscono una comprensione più approfondita, si diffonde nel mercato di massa così da far aumentare il tasso di adozione: infine, quando il mercato tenderà a saturarsi, il tasso di nuove adozioni comincerà a diminuire.
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