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Riassunto 800, Manzoni e Leopardi da "STORIA DELLA LETTERATURA ITALIANA. Dall'ottocento al novecento. di G. Ferroni", Sintesi del corso di Letteratura Italiana

Riassunto del manuale "STORIA DELLA LETTERATURA ITALIANA. dall'ottocento al novecento. di Giulio Ferroni" fino a Leopardi compreso. Argomenti: quadro storico di riferimento, il romanticismo, nuovi generi romantici, il romanticismo italiano, Alessandro Manzoni, Giacomo Leopardi.

Tipologia: Sintesi del corso

2018/2019

In vendita dal 26/02/2019

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Scarica Riassunto 800, Manzoni e Leopardi da "STORIA DELLA LETTERATURA ITALIANA. Dall'ottocento al novecento. di G. Ferroni" e più Sintesi del corso in PDF di Letteratura Italiana solo su Docsity! TRA1815-1861 ¨IL QUADRO STORICO DI RIFERIMENTO. Dopo la tempesta della rivoluzione e delle guerre napoleoniche, l’Europa sembra tornare indietro agli equilibri dell’Antico regime: le potenze vincitrici (riunite nella Santa Alleanza – Austria, Russia, Prussia, Francia) durante il Congresso di Vienna (1815) rimettono sul trono i vecchi sovrani, con l’intento di spazzare via il periodo rivoluzionario. Tuttavia i vecchi valori erano stati ormai messi in crisi: in modi diversi da paese a paese, la borghesia ha acquisito una nuova coscienza di sé, come protagonista dello sviluppo sociale, politico e economico. Molti furono i moti insurrezionali: una prima ondata insurrezionale si ebbe con i moti del 1820-21, forti soprattutto in Italia e Spagna e duramente repressi; seguì nel 1830 in Francia la rivoluzione di luglio, che portò alla cacciata dei Borbone e all’istaurazione della monarchia costituzionale di Filippo di Orleans; infine, si giunse all’ondata rivoluzionaria del 1848, che ripropose con forza le prospettive nazionali e liberali e, in molti paesi, vede anche una nuova partecipazione popolare. Queste rivoluzioni però, erano lacerate al loro interno dai conflitti tra moderati e democratici, perciò non ebbero l’esito sperato, tanto che ovunque i moti vennero repressi. Anche in Italia, in quegli anni si organizzò un’intensa attività cospirativa, ma i fallimenti dei molti tentativi avvenuti tra il 1820-44, fecero comprendere ai rivoluzionari la necessità di una educazione nazionale: molti intellettuali, strinsero contatti internazionali collaborando con gruppi liberali e democratici europei. Si distinguono due tendenze politiche: un orientamento liberale moderato, fiducioso di trovare in uno degli stati italiani il sostegno alla causa antiaustriaca, e un orientamento democratico-repubblicani, che invocava un’insurrezione popolare. La prima guerra di indipendenza (dal 27 marzo 1848 al 20 marzo 1849) venne sostenuta da diversi stati italiani e dalle forze militari dello Stato Sabaudo, ma si concluse rapidamente con la vittoria austriaca. Ma in Piemonte si gettarono le basi grazie per l’indipendenza, grazie all’abile politica liberale e diplomatica di Cavour, che riuscì ad ottenere l’appoggio dell’Inghilterra e della Francia alla causa italiana: nel 1859 prese avvio la “seconda guerra di indipendenza”, condotta da francesi e piemontesi contro l’Austria nel regno Lombardo-veneto, e che portò all’annessione Lombardia al regno di Savoia; nel 1860, dopo una serie di sollevazioni, furono annesse anche la Toscana, l’Emilia e la Romagna. Dopo la spedizione dei mille (5 maggio 60) guidata da Garibaldi venne conquistato anche il Regno meridionale: temendo sviluppi in senso repubblicano i piemontesi attraversarono l’Italia centrale (liberando Marche e Umbria) e raggiunsero Garibaldi a Teana: viene così proclamato il regno di Italia il 17 marzo 1861 (di cui non facevano ancora parte lo stato della Chiesa e Venezia). •Dal punto di vista delle istituzioni culturali, in generale, le due novità principali furono: - DIVERSO RUOLO DELL’INTELLETTUALEà entra in crisi il tradizionale rapporto di collaborazione tra intellettuali e potere. Se il regime napoleonico tentò di inserire gli intellettuali all’interno delle strutture statali come funzionari pubblici, in seguito alla sua caduta la maggior parte degli intellettuali rifiutarono ogni forma di collaborazione con i nuovi regimi dandosi a indipendenti forme di iniziativa. Inoltre nel nuovo contesto sociale e politico, la parola dello scrittore non si rivolge più ad ambienti circoscritti, ma all’intera nazione e alla sua opinione pubblica. - NASCITA DEL MERCATO LIBRARIOà l’editoria si avviò a divenire una vera e propria industria, e gli editori concentrarono il loro impegno su opere e libri redditizi, capaci di incontrare i gusti dei lettori, promuovendo in particolar modo il nuovo genere del romanzo storico e del romanzo di appendice. La letteratura venne condizionata così dai meccanismi economici della produzione e del consumo, e gli scrittori che volevano trarre sostentamento dal lavoro intellettuale dovevano adattarsi alle richieste del mercato e degli editori. Per quanto riguarda l’editoria italiana, essa ebbe fino 1840 centro propulsore a Milano, ma il particolarismo italiano non aiutò alla formazione di un’editoria di ampia portata; solo nel 1840, quando fu stipulata una convenzione tra la maggior parte degli stati italiani, si rese possibile una libera circolazione libraria. Da quel momento il centro di produzione più vivace divenne Firenze. (e anche Torino –utet) In quest’epoca ha il suo culmine il processo di marginalizzazione della cultura italiana rispetto a quella europea: la letteratura italiana non sa attingere agli esiti più alti ed audaci raggiunti dagli scrittori inglesi, francesi e tedeschi, e sembra aver perduto quel respiro internazionale che aveva mantenuto sino al 700. Questo non vuol dire che nel periodo compreso tra restaurazione e risorgimento l’Italia non produsse prodotti letterari, ma è innegabile che ciò avvenne in misura minore e meno originale rispetto alle culture del continente. Grandi eccezioni furono quelle di Manzoni e Leopardi. (una spiegazione a tale limite, è il fatto che specialmente dagli anni Trenta la maggior parte degli sforzi intellettuali si rivolse al terreno politico e alla prospettiva dell’unificazione nazionale). La letteratura italiana del primo Ottocento risente comunque dell’esperienza romantica, seppur essa assunse nella nostra penisola caratteri peculiari e differenti rispetto al panorama europeo (come vedremo dopo). È possibile distinguere nell’ambito della letteratura italiana tra la restaurazione e il risorgimento 3 fasi: 1. Fase 1815-30à la letteratura si caratterizza per la scoperta del Romanticismo e la polemica tra classici e romantici, che si articola intorno all’attività di riviste come il “Conciliatore” e l’”Antologia”, e che porta a un vivo fervore critico e teorico. Si registra anche la più intensa attività creativa di Manzoni e Leopardi. Centro culturale più importante è Milano. 2. Fase 1830-48à in letteratura si assiste a due tendenze: - da un lato si configura il quadro ideologico e letterario del risorgimento, e prende avviò una cultura “militante” che si pone il problema dell’azione e dell’educazione nazionale; - Dall’altro emerge una seconda generazione romantica. Le forme e i generi tipici della letteratura romantica, specie il romanzo storico e la novella in versi, trovano il successo del pubblico e la dimensione di consumo. 3. 1849-61à il fervore politico degli intellettuali aumenta. In letteratura continuano forme di romanticismo “medio”, cariche di sentimentalismo e di schemi convenzionali. Europa Italia La cultura italiana negli anni della Restaurazione rispetto a quella europea ¨IL ROMANTICISMO. Con il termine Romanticismo, si indica globalmente una nuova sensibilità che si diffonde in tutta Europa tra la fine del 700 e la prima metà dell’Ottocento e che influenzò in modo decisivo, l’arte, la letteratura, l’ideologia, e il comportamento, segnando un profondo distacco dal secolo precedente e dalla tradizione classica. Il termine (che deriva dall’inglese romantic poi, passato in Francia, con cui si sottolineava la partecipazione commossa agli spettacoli della natura) può essere utilizzato sia come una categoria storica, ossia per indicare un intero periodo nelle sue varie manifestazioni, sia (con un’accezione più ristretta) per designare un movimento, che si concreta in gruppi di intellettuali accomunati da una precisa poetica e da una precisa visione del mondo. Tuttavia il Romanticismo non è una tendenza univoca: anzi sotto questa etichetta si sviluppano atteggiamenti differenti e talvolta quasi opposti, ed in più va considerato che in ogni paese esso assunse peculiarità differenti. Sebbene esso si sviluppò in momenti diversi e con differenti connotati a seconda dei vari paesi europei, è comunque possibile individuare alcuni caratteri generali del Romanticismo, quali: 1. L’ESASPERATO SOGGETTIVISMO E INDIVIDUALISMO: il romantico è spinto ad una esaltazione assoluta dell’io e della soggettività. Su questo atteggiamento ebbe influsso la filosofia idealistica, che riduceva la realtà a puro soggetto e considera il mondo esterno solo come negazione dell’io. Luoghi privilegiati della manifestazione dell’io sono l’arte e la poesia. 2. IL RAPPORTO LA POESIA E IL GENIO: essa non è intesa come strumento di conoscenza razionale, ma come espressione del genio, delle esperienze assolute e vitali che concentrano il significato dell’esistenza del singolo e della società. 3. ATTENZIONE PER L’IRRAZIONALE e per le esperienze forti e vitali. Da qui deriva l’attenzione romantica per: Il sogno, la follia, e la sfera sentimentale Il folclore e le superstizioni popolari. Il popolo è visto come dotato di una fantasia naturalmente poetica e depositario dellanima originaria e spontanea della nazione. Di qui nasce l’interesse per le tradizioni, le leggende e le fiabe popolari (specie quelle nordiche) Il mito dell’infanzia e del primitivo, entrambe dimensioni spontanee, caratterizzate da un rapporto diretto con le cose La religiosità Il Medioevo e l’esotismo spaziale e temporale. 4. ESPLORAZIONE DEL NEGATIVO in tutte le sue possibili manifestazioni (notte, paesaggi lunari e tempestosi, eroi che portano in sé i segni della distruzione e della malattia) 5. CONCEZIONE DELLA POESIA COME ESPERIENZA ASSOLUTA, volta ad afferrare l’assoluto e l’infinito oltre i limiti dell’umano; perciò non si guarda più ai modelli classici consacrati (Virgilio, Orazioe petrarca) ma a poeti dotati di potenza come Omero Dante e Shakespeare. Per svolgere tale funzione essa ha bisogno del simbolo e dell’analogia capaci rispettivamente di condensare dietro alle parole significati profondi e di creare inedite corrispondenze. 6. IL RAPPORTO CON LA NATURA. Essa non è intesa (come per gli illuministi) in senso meccanicistico, ma come un un organismo vivente ed un sistema di forze estranee all’uomo, in cui l’uomo ravvede lo specchio dei suoi sentimenti. 7. NAZIONE E STORIA: la storia deve essere posseduta a fondo dal momento che è depositaria dell’identità di ogni realtà nazionale. Il senso della storia romantico, si contrappone all’antistoricismo razionalistico, che svalutava i secoli precedenti come cumulo di aberrazioni. 8. ROTTURA CON LA TRADIZIONE CLASSICISTICA: cadono i principi di ordine, equilibrio e armonia alla base del neoclassicismo e si cercano forme espressive completamente nuove. La poesia non cerca l’ordine, ma l’accensione sentimentale o la densità narrativa. La nuova sensibilità romantica appare come una risposta e una reazione al disorientamento creato dalla rivoluzione politica e da quella industriale, le quali avevano fatto crollare capisaldi secolari. Nella sua rottura con la tradizione e nella sua ricerca di nuove forme espressive, la letteratura romantica rompe il tradizionale sistema dei generi. Tuttavia questa rottura non è radicale: non si risolve infatti in una distruzione delle norme (come avverrà nelle avanguardie) ma piuttosto in un rinnovamento dei generi tradizionali, epurati dalle regole tropo vincolanti. 1. In ambito liricoà entrano in crisi le forme chiuse della tradizione petrarchesca (anche se in Italia il sonetto mantiene ancora forte vitalità) e si preferiscono forme libere (in Italia è il caso della canzone libera di Leopardi). Forme liriche tipicamente romantiche sono - LA BALLATA ROMANTICA (essa non ha alcun rapporto con il termine “ballata” che designa la tradizionale forma metrica. Con il termine ballata romantica si intende un genere di poesia insieme lirica e narrativa, che accompagna l’effusione sentimentale con lo svolgimento di motivi romanzeschi. Si tratta di una forma al confine tra generi diversi, di ampiezza variabile e dall’andamento serrato e aggressivo). - ROMANZA (con cui si indicano varie forme poetiche legate al canto e all’ esibizione davanti al pubblico) 2. In ambito narrativo si affermano le forme del - ROMANZO, che assume una posizione centrale e vede uno straordinario sviluppo, sovrapponendosi ad altri generi e accogliendo le voci della storia, della realtà, della soggettività. Si hanno romanzi di formazione, ma soprattutto Romanzi storici à basato sulla rappresentazione di fatti e personaggi appartenenti a ben definite epoche storiche. Può trattarsi di vicende storiche reali arricchite da elementi romanzeschi, o di vicende inventate dall’autore ma inserite in un contesto storico reale. Il narratore si preoccupa rendere verisimile il carattere dell’epoca, documentandosi su usi, costumi, linguaggi, modi di vita del tempo. Ricordiamo i romanzi storici dello scozzese Walter Scott (Ivanhoe – romanzo conosciuto dalla traduzione del Barbieri del 22). In Italia anno decisivo per questo genere fu il 1827, quando si concluse la prima edizione dei Promessi Sposi e apparvero Il castello di Trezzo di Giovan Battista Bazzoni e La battaglia di Benevento del Guerrazzi) Romanzi d’appendice à ossia i romanzi pubblicati a puntate in appendice ai quotidiani. Questo genere ebbe un grande sviluppo in Francia, dove veniva chiamato roman-feuilleton (=foglietto) di cui maggior esponente è Alexandre Dumas. In Italia la maggior parte dei romanzi storici apparvero per la prima volta a puntate sui giornali, ma questa produzione si sviluppò negli anni 50. Spesso questi romanzi erano a tinte fosche come nel caso de La cieca di Sorrento e I Misteri di Napoli del napoletano Francesco Mastriani, e di Carolina Invernizio) - LA NOVELLA IN VERSI, forma narrativa di media ampiezza che ai motivi della novellistica tradizionale sostituisce la materia storica, patetica, sentimentale. Esempio sono le novelle di Byron. (in Italia primi esiti in Grossi) NUOVI GENERI ROMANTICI Il Manzoni ricevette una formazione illuminista e classicista, i cui segni sono ravvisabili nelle sue opere giovanili, ancora legate al gusto neoclassico, scritte con un linguaggio aulico, fitte di rimandi dotti e mitologici e nello stile della poesia montiana e foscoliana. Tra produzione di questa prima fase ricordiamo: 1. Il trionfo della libertà poemetto in 4 canti in terzine, scritto per celebrare la ricostruzione della Repubblica Cisalpina. Segue gli schemi danteschi messi in voga dal Monti, e in essa si ravvisa una esaltazione della libertà repubblicana. 2. L’idillio Adda indirizzato a Monti 3. Quattro Sermoni (che mostrano un’aggressiva scrittura satirica contro il costume contemporaneo, prendendo a modello Parini) 4. Il carme in endecasillabi sciolti In morte di Carlo Imbonati, scritto e pubblicato. Col proposito di consolare la madre Giulia dal recente lutto, il poeta presenta una visione in cui riappare il defunto e si instaura un dialogo morale con lui: ne sorge un modello di vita virtuosa e di nobile comportamento intellettuale 5. Urania, poemetto mitologico in versi sciolti, ancora in stile neoclassico, in cui è evidenziata la funzione civilizzatrice delle Muse. Ma dal contatto con gli ideologi, egli maturò una attenzione alle tematiche storiche e un’esigenza di poesia come partecipazione ai caratteri storici del presente. La produzione successiva alla conversione di Manzoni mostra infatti caratteri del tutto diversi rispetto alle prime opere giovanili (esito di un lungo processo di maturazione spirituale e interiore). Ma il Manzoni cattolico non rinuncia alle radici illuministiche, bensì le ingloba nella nuova svolta ideologica: il suo cattolicesimo non è vissuto come rinuncia di ogni ricerca, ma come punto massimo dei valori di libertà, uguaglianza e impegno morale alla base dell’indagine sociale. La svolta interiore ebbe un ruolo determinante nella svolta letteraria di Manzoni e favorì il passaggio da una concezione letteraria neoclassica a quella romantica. - L’idea del ruolo fondamentale della religione come strumento universale e di continuità nel popolo si può vedere nello scritto Osservazioni sulla morale cattolica, un saggio filosofico-religioso composto su esortazione di monsignor Tosi, in contrapposizione alla Storia delle repubbliche italiane del Medio Evo di Sismonde de Sismondi, in cui lo storico svizzero denuncia la Chiesa Cattolica di aver ostacolato la nascita di una morale salda, ritenendola responsabile della decadenza italiana. Manzone distingue i comportamenti sbagliati spesso assunti da alcuni ecclesiastici, dall’indiscutibile purezza dei valori religiosi Diviene centrale per Manzoni un contatto diretto con la storia e una letteratura che guardi al “vero” e che si prefigga l’utile in campo morale come in quello civile. -In una lettera Sul Romanticismo a Carlo d’Azeglio del 1823 Manzoni fisserà in una formula sintetica i principi che muovono la sua ricerca letteraria “l’utile per iscopo, il vero per soggetto e l’interessante per mezzo.” Manzoni è contro l’imitazione, le regole classicheggianti e la mitologia ed è a favore di un sistema letterario che abbia tre principi: l’utile per iscopo, il vero per soggetto e l’interessante per mezzo. L’utile per iscopo significa che il fine dell’arte è l’educazione civile e morale. Il vero per soggetto significa che l’arte deve esprimere la realtà umana in senso storico e in senso spirituale e psicologico. l’interessante per mezzo significa che l’arte per educare deve tener conto dei lettori contemporanei. (come vedremo la nuova posizione letteraria è spiegata da Manzoni nella prefazione al conte di Carmagnola, nella lettera al sig Chauvet e in quella a Cesare d’Azeglio) ¨INNI SACRI. (5) Prima produzione successiva alla conversione del Manzoni furono gli inni sacri, dedicati alle festività religiose della liturgia cattolica: nelle intensioni dell’autore dovevano essere dodici, quanto le festività liturgiche ma egli ne compose solo 5: -Tra il 1812-15 furono composti i primi 4 La Resurrezione, Il nome di Maria, Natale, La Passione -Nel 1817 iniziò la Pentecoste, pubblicato dopo una lunga rielaborazione nel 22. Caratteri degli inni sono: • CARATTERE CORALE E VALORI COLLETTIVI: le feste cattoliche appaiono come un presente che si ripete sempre nell’esperienza del popolo cristiano, e perciò come un segno eterno rispetto alla mutevolezza della storia. La voce del poeta si immerge in mezzo al popolo che vive il rito. • ENTUSIASMO PER LA FEDE CATTOLICA: per i benefici che essa può apportare alla vita degli uomini con il suo messaggio di pace, fratellanza e speranza; • METRI AGILI: Manzoni ricorre a metri agili e dal ritmo popolareggiante (settenari, ottonari, decasillabi) e incalzante, che rendano il senso di tripudio delle masse dei fedeli. Si riprendono le formule rituali dalla tradizione biblica. I PRIMI 4 INNIàsono costruiti su uno schema fisso: enunciazione del tema, rievocazione dell’episodio centrale, commento che affronta le conseguenze morali e dottrinali dell’evento. La Pentecoste rompe lo schema, mettendo da parte il motivo teologico e insistendo sul rivolgimento portato dallo spirito santo nel mondo. LA PENTECOSTEàEsso ebbe tre redazioni diverse prima di quella definitiva del 22. L’inno è composto di diciotto strofe di settenari, in un’alternanza tra piani e sdruccioli, che risente dell’eco dell’innografia sacra. La lirica ha un ritmo liturgico ed è incentrata sulla forza vivificante dello Spirito Santo, la cui discesa è motivo per tutta la comunità di conciliazione e solidarietà (successivamente Manzoni lavorò a altri due inni sacri, rimasti incompiuti: Natale del 1833 e Ognissanti ) ¨LE TRAGEDIE. (2) Manzoni scrisse 2 tragedie, Il conte di Carmagnola e L’Adelchi. Manzoni elaborò la sua idea di tragedia storica definendone i caratteri in vari scritti teorici quali -Materiali estetici e Della moralità delle opere tragiche -nella prefazione al Conte di Carmagnola La svolta letteraria - Lettera a Mosieur Chauvet sull’unità di tempo e di luogo della tragedia (1820). La lettera fu scritta in francese a Parigi, in risposta alle critiche rivolte al Conte di Carmagnola sulla rivista “le Lycèe Francais” dal classicista Victor Chauvet. La lettera venne affidata a Fauriel che la pubblicò nel 1823 insieme alle traduzioni in francese delle sue tragedie. Si tratta di un vero e proprio MANIFESTO DI POETICA in cui Manzoni rifiuta il rispetto delle unità aristoteliche e afferma la libertà creativa libera da ogni regola classicistica, su modello di Shakespeare. Per lui la tragedia doveva indagare sulla storia e sui sentimenti degli uomini dinanzi agli eventi. Punti cardine della sua idea tragica sono: 1. RIFIUTO DELLA TRAGEDIA CLASSICAà che presentava un mondo fuori dalla storia e sottratto da ogni legame col tempo e con lo spazio 2. SCELTA DELLA TRAGEDIA STORICAà Egli vuole collocare i suoi personaggi in un contesto storico definito, attenendosi alla verità dei fatti, e mostrando i pensieri e i sentimenti di chi è stato protagonista di quegli avvenimenti (patimenti). Gli eroi tragici devono essere degli innocenti la cui sofferenza è inserita negli eventi e mostra i limiti della condizione terrena e la necessità della speranza cristiana, della provvidenza divina. 3. RIFIUTO DELLE UNITA’ ARISTOTELICHE DI TEMPO E SPAZIO 4. LA NUOVA FUNZIONE DEL CORO: Manzoni nelle sue tragedie inserisce il coro, una novità per il teatro tragico moderna, ma gli attribuisce una funzione nuova rispetto a quella che possedeva nel teatro greco: esso non è più parte integrante dell’azione drammatica, ma “cantuccio del poeta”, cioè mezzo attraverso cui l’autore può esprimere la propria opinione sui fatti tragici. •Il Conte di Carmagnola, (16-20) è una tragedia in 5 atti in endecasillabi sciolti ambientata nel 400, epoca in cui l’Italia era dilaniata dalla guerra tra le Signorie. Essa è incentrata sulla figura del condottiero Francesco Bussone, conte di Carmagnola, capitano prima al servizio dei Visconti di Milano, poi passato al servizio di Venezia, cui assicurò la vittoria sui milanesi nella battaglia di Maclodio; ma inizia la parabola discendente del conte che, sospettato di tradimento dai veneziani per la sua clemenza verso i prigionieri, viene incarcerato e condannato a morte. Carmagnola è presentato come un eroe virtuoso, che è vittima del male della storia e a cui non resta che fare affidamento sulla giustizia divina. L’azione procede per varie stazioni separate. Di forte tensione sono, il monologo di Marco nell’atto VI (lacerato tra la fedeltà alla repubblica e il desiderio di salvare l’amico) e il colloquio finale dell’eroe con le sue donne, figure deboli, cui il conte fa comprendere come la morte sia compresa nel piano della volontà divina. Coroà coro sulla battaglia di Maclodio (S’ode a destra uno squillo di tromba, in strofe di decasillabi) L’autore introduce il proprio punto di vista, opposto a quello dei personaggi, mostrando l’irrazionalità della guerra e la vanità della gloria terrena •Adelchi, (20-21) è ambientata nell’VIII secolo durante il conflitto sul suolo italiano tra Longobardi e Franchi, e incentrata sulla caduta del dominio longobardo in seguito alla discesa dei francesi e di Carlo Magno, chiamati dal papa. - TRAMA: Prima di scendere in Italia chiamato dal papa, Carlo re dei Franchi ripudia la moglie Ermengarda, figlia del re Longobardo desiderio. Il primo atto si apre proprio con il ritorno di Ermengarda, sorella di Adelchi, e con la pianificazione delle mosse militari da parte di Desiderio: l’armata longobarda sarà guidata da Adelchi, che nonostante sia consapevole dei torti del padre nei riguardi del papa, non può sottrarsi al suo dovere di principe. Carlo bloccato alle Chiuse di Susa, riesce ad aggirare le posizioni longobarde grazie a un varco segreto indicato dal diacono Martino, ispirato da Dio; vani sono i tentativi di Adelchi e molti duchi longobardi passano dalla parte nemica; Ermengarda nel frattempo si è ritirata nel convento di Brescia per dimenticare l’amore per il marito e, alla notizia delle nuove nozze di Carlo, è assalita dal delirio e muore. Intento le truppe francesi con l’aiuto del traditore Svarto entrano a Pavia e fanno prigioniero Desiderio, e dopo la resistenza di Adelchi a Verona, cade anche questa città: Adelchi è portato in scena morente e chiede al nemico di essere pietoso verso il padre, e muore cristianamente. Struttura e stileàLa struttura dell’Adelchi rispetto al Carmagnola è più aperta: non procede infatti per stazioni successive, ma per tensioni contrapposte e presenta un ritmo scorrevole Eroi tragicià personaggi centrali sono i longobardi Ermengarda e Adelchi, due eroi puri ma sconfitti, non responsabili delle ingiustizie della loro stirpe e condannati alla sconfitta perché estranei a ogni connivenza con il potere (rappresentato da Carlo e Desiderio). Ermengarda è fissata nella sua condizione di dolore per l’amore perduto, confidando unicamente nella giustizia divina che trasformerà il dolore in strumenti di purificazione e salvezza.Adelchi, non può mai essere l’eroe che vorrebbe essere, perché costretto alle decisioni del padre che contrastano col suo desiderio di giustizia, ma trova conforto nella giustizia divina e morendo cristianamente. Corià sono due: -il primo è contenuto nell’atto terzo (Dagli atrii muscosi, dai fiori cadenti). Manzoni riflette sul popolo italico, che erroneamente confida nello straniero per raggiungere la libertà, ma che si ritrova alla mercé di due padroni. (implicitamente vi è un riferimento alla storia nazionale italiana, e l’invito a non confidare nello straniero per raggiungere la libertà) -Il secondo è contenuto nell’atto quarto (Sparsa le trecce morbide) e invita Ermengarda ad abbandonare i dolori e ad affidarsi alla volontà divina. In una lettera a Fauriel 1821 Manzoni rivela la sua insofferenza per i particolari d’invenzione dell’Adelchi, non corrispondenti a precisi dati storici. La volontà di precisare i dati storici portò Manzoni alla stesura di Discorso sopra alcuni punti della storia longobardica in Italia, pubblicato nel 22 insieme a una nuova redazione della tragedia, per chiarire appunto lo sfondo storico dell’Adelchi e correggere l’aspetto romanzesco assunto dai fatti reali nella tragedia. L’intento era quello di rivendicare la funzione positiva del papato e della Chiesa nella storia dell’Italia medievale, in opposizione alla storiografia laica che attribuiva alla Chiesa la mancata formazione di uno spirito nazionale. Dimostra inoltre l'interna debolezza del regno longobardo e in particolare la mancata fusione tra Longobardi e Latini per arrivare a giustificare l'operato dei papi che chiamano in Italia i Franchi. ¨ODI CIVILI In quegli anni Manzoni tentò anche una poesia più direttamente legata alle trasformazioni politiche contemporanee, ossia una poesia civile ispirata da valori religiosi. •due canzoni civili rimaste incompiute 1. Aprile 1814 2. Il proclama di Rimini, a sostegno di Murat che incitava gli italiani, dopo la caduta di Napoleone, a combattere per uno stato italiano indipendente. Discorso sopra alcuni punti della storia longobardica in Italia, 22 •due odi: 3. Marzo 1821, ode in strofe di decasillabi scritta nel 1821 durante i moti piemontesi, quando Carlo Alberto sembrava sul punto di varcare il Ticino per liberare la Lombardia dagli austriaci. Il ritmo è incalzante e si ritrova uno scatto aggressivo, in cui trova espressione un anelito patriottico. È Dio stesso a sostenere la causa dei popoli che lottano per la loro indipendenza, perché opprimere un altro popolo è contrario alle sue leggi. 4. Cinque Maggio, composto di getto nel 1821 alla notizia della morte di Napoleone avvenuta a Sant’Elena il 5 maggio. La censura non permise la sua pubblicazione, ma essa circolò subito manoscritta in Italia e fuori. Il metro si basa sull’alternanza di settenari sdruccioli, piani e tronchi, il tono è aulico, ricco di fratture e pause. Non si tratta ci una celebrazione delle sue imprese, ma della redenzione della figura nella sconfitta e nella morte: Manzoni guarda per un momento non ai valori storici, ma all’esperienza di un individuo; l’eroismo individualistico è riscattato dalla sconfitta e dalla morte, che si inseriscono nel disegno provvidenziale di Dio. Lo scrittore immagina un approdo dell’eroe, sconfitto e deluso, alla pace della fede religiosa. ¨I PROMESSI SPOSI (38 CAPITOLI) Con i Promessi sposi Manzoni inaugura il genere del romanzo storico in italia: egli operò una scelta innovativa e di rottura, visto che il genere era considerato come inferiore dalla tradizione classicista.Ma la sua ricerca di un’opera dal respiro collettivo e in grado di rappresentare realtà umane articolate e concrete, non poteva trovare una realizzazione risolutiva nella scrittura lirica né in quella tragica. Questo genere “misto di storia e invenzione”(che aveva conosciuto grazie alla lettura dell’Ivanohe di Walter Scott), era funzionale perché: • Consentiva la rappresentazione del vero e della storia • poteva raggiungere grazie al linguaggio accessibile, un più vasto pubblico • si prestava per la sua struttura aperta all’esposizione di idee, precetti, analisi morali, rispondendo al precetto della letteratura utile (IN SOSTANZA RISPONDEVA AI TRE PRECETTI ESPOSTI nella lettera sul romanticismo) • Consentiva una libertà dalle regole e dalla classicistica “separazione degli stili. Redazioni. 1. 1821-1823: Fermo e Lucia à Manzoni iniziò la stesura del suo romanzo nel 1821, con l’intenzione di ambientarlo nella Milano del Seicento, al cui scopo aveva cominciato a raccogliere una vasta documentazione storica, (basandosi soprattutto su Historia Patria del milanese Giuseppe Ripamonti). La prima redazione del romanzo era già conclusa nel 1823 e contenuta in un manoscritto, intitolato probabilmente Fermo e Lucia, era diviso in 4 parti e comprendeva una Appendice storica su la colonna infame, con la storia documentata dei processi agli untori durante la peste del 1630. 2. EDIZIONE DEL 27 (detta dai filologi “ventisettana”)à Manzoni intraprese sin da subito un lavoro di riscrittura e sistemazione, tentando una prima “toscanizzazione della lingua”. La nuova edizione presentava il titolo definitivo I Promessi sposi 3. EDIZIONE del 40-42 (detta dai filologi “quarantana”)à Sin dopo la redazione del 27, Manzoni si orientò a una ulteriore rielaborazione linguistica, indirizzata verso la lingua utilizzata nella toscana contemporanea. A tal scopo effettuò proprio nel 27 un viaggio a Firenze per “risciacquare i panni in Arno. Dopo una lunga gestazione, nel 40 fece allestire a sue spese una lussuosa edizione definitiva, che apparve in dispense tra il 40-42. In appendice a questa edizione apparve una diversa redazione dell’appendice originaria Storia della colonna infame Il Fermo e Lucia La prima redazione del romanzo, venne modificata quasi totalmente nella redazione successiva, tanto da poter essere considerata un’opera a sé (talvolta alcuni critici hanno addirittura preferito la struttura più aperta, sperimentale e polemica del fermo e Lucia). Sue peculiarità (che allo stesso tempo costituiscono le differenze dai Promessi Sposi) sono: 1. Struttura organizzata su BLOCCHI NARRATIVI COMPATTI, QUASI AUTONOMI E GIUSTAPPOSTI (invece dopo saranno distribuiti e integrati in maniera equilibrata). Esso si articolava in 4 tomi: -il primo dedicato agli ostacoli frapposti alle nozze di Fermo e Lucia fino alla fuga dal villaggio -il secondo narra delle vicende di Lucia, accolta nel monastero di Monza dalla Monaca Geltrude (à Gertrude) e fatta rapire con la sua complicità, su richiesta di Don Rodrigo, dal conte del Sagrato (àinnominato), -il terzo tomo si apre con la conversione del conte del Sagrato (grazie anche alla figura del cardinale Federico Borromeo) e la liberazione di Lucia, e si concentra sulle avventure milanesi di Fermo, fino alla fuga nel bergamasco, territorio della Repubblica di Venezia -Il quarto è dominato dalla guerra e dalla peste, e si conclude con il ritorno di Fermo, il ritrovamento di Lucia e lo scioglimento della vicenda. 2. PRESENZA DIGRESSIONI SUCCESSIVAMENTE ELIMIATE O RIDOTTE. ad esempio la digressione sulla monacazione forzata e la corruzione di Gertrude, così come quella dedicata alla vita di delitti dell’innominato, vennero molto ridimensionate nell’edizione successiva; sparirà, invece, la digressione sullo “scrivere d’amore”, in cui l’autore giustifica il suo rifiuto di trattare materia amorosa. Per la presenza di digressioni questa redazione ha un impianto quasi saggistico. 3. MORALISMO DELL’AUTORE PIU’ ESPLICITO 4. SEPARAZIONE NETTA TRA BENE E MALE: da una parte ci sono gli umili, dall’altra i potenti e gli oppressori, e tra i due gruppi non sembra essere possibile nessuna comunicazione 5. LINGUA COMPOSITA, in cui si sovrappongono elementi toscani, lombardi, francesizzanti e alcuni latineggianti, d in cui si alternano livelli stilistici diversi (lombardo toscanizzato), che verranno eliminate nella revisione successiva. Tema e caratteristiche promessi sposi Il romanzo manzoniano è ambientato nella campagna lombarda, tra l’Adda e il lago di Como, e a Milano tra il 1628 e il 1630, durante la dominazione spagnola e quando il territorio milanese subì i contraccolpi della guerra dei trent’anni, sconvolto da una terribile carestia e poi da una drammatica pestilenza. La scelta dell’ambietazione lombarda è legata alla volontà di rappresentare un mondo ben noto all’autore e al pubblico a lui più vicino. La scelta del 600 è dovuta a varie motivazioni: - non era un periodo troppo lontano e perciò rendeva possibile una rappresentazione realistica, appoggiata su una precisa documentazione storica; Ambientazione e scelta del 600 erudite come Storia dell’astronomia). (dal punto di vista politico segue gli orientamenti reazionari del padre, come dimostra l’orazione Agli italiani per la liberazione del Piceno ). Ma quegli anni lo segnano nel corpo e nello spirito (ha gravi problemi alla schiena e alla vista). La vastissima conoscenza, il vasto orizzonte apertogli dalle sue letture e la gloria del mondo classico tanto diverso dal decadente presente, gli fecero maturare un senso di infelicità e si svegliò in lui una insofferenza per l’autoritarismo familiare (“gabbia”). Tra il 15-16 egli maturò quella che egli stesso definisce “la sua conversione dall’erudizione al bello”, ossia l’abbandono delle aride minuzie filologiche e una più diretta immersione nell’attività letteraria: comincia a leggere i moderni (Vita di Alfieri, il Werter, l’Ortis), tramite la lettura della De Stael viene a contatto con le nuove idee romantiche (anche se nei loro confronti, come vedremo, avrà forti riserve), e si dedica alle prime prove poetiche. Un momento fondamentale della sua formazione è costituito dall’amicizia con Pietro Giordani, intellettuale di orientamento classicistico, ma di idee democratiche e laiche: con lui iniziò una fitta corrispondenza che aprì più vasti orizzonti culturali e contribuì ulteriormente al suo distacco dall’ideologia del padre, volgendolo su un patriottismo guidato dal culto della virtù antica. (è questo il periodo del pessimismo storico) Divenutogli insostenibile l’ambiente di Recanati, nel 19, Dopo una visita di Giordani, Giacomo organizzò una fuga dalla casa paterna, ma il tentativo venne scoperto e fermato dal padre. Sentendosi prigioniero, cadde in uno stato depressivo (acuito da un’infermità agli occhi): raggiunse una percezione della nullità di tutte le cose, che lo avvicinano a una visione filosofica sensistica e materialisticaà è la cosiddetta “conversione filosofica”, il passaggio che Leopardi definisce “dal bello al vero”, ossia dalla poesia d’immaginazione alla filosofia e a una poesia nutrita di pensiero. Gli anni tra il 19-23 videro un intenso -approfondimento filosofico testimoniato dallo Zibaldone, e –il primo sviluppo della sua grande poesia, con le canzoni pubblicate a Bologna nel 24 e con gli idilli, confluiti insieme a vari altri testi poetici nel volumetto dei Versi, stampato a Bologna nel 26. •Nel 22 ha finalmente la possibilità di uscire da Recanati, compiendo un viaggio a Roma e soggiornando lì per un anno presso lo zio Carlo Antici; ma quell’uscita si risolse in una grande delusione (come si vede nelle lettere inviate al fratello Carlo): scarso entusiasmo suscitò in lui la vista dei monumenti e delle antiche rovine, e gli ambienti letterari di Roma gli apparvero vuoti e meschini, chiusi in un’erudizione antiquaria priva di ogni problematicità. Confrontandosi per la prima volta con la più ampia vita contemporanea, sentì ancora più forte la propria diversità e l’infelicità della propria condizioneà maturò un’idea negativa della vita di relazione, e il suo pessimismo si acuì, indirizzandosi verso un rifiuto dell’impegno e della partecipazione politica e verso la definitiva scoperta del carattere negativo della stessa natura (pessimismo cosmico). •Nel 23, tornato a Recanati si dedica alla composizione delle Operette morali, cui affida l’espressione del suo pessimismo. È il sintomo di un periodo di aridità interiore, che gli preclude di scrivere versi, e lo porta alla prosa, all’investigazione dell’”acerbo vero”. •Nel 25 si reca a Milano, dopo aver accettato la proposta dell’editore Stella, per cui lavorò alacremente •Nel 27 passa a Firenze, dove venne accolto dagli intellettuali dell’”Antologia”. (qui viene in contatto con intellettuali tra cui Manzoni di cui lesse i Promessi sposi) Trasferitosi a Pisa nel 27, nel 28 ritornò alla poesia con Il Risorgimento e A Silvia. Tornato a Recanati nel 28, ritornò a Recanati, (ultimo soggiorno nel “natìo borgo selvaggio”) dove rimase per un anno e mezzo, periodo, da lui definito “sedici mesi di notte orribile” caratterizzato da un isolamento tra ricordi della giovinezza e i dolori causati dalla malattia; ma proprio nel corso di quell’anno nascono i suoi idilli più grandi. Nel 30 accettò la proposta fattagli dagli amici toscani dell’”Antologia” che lo invitarono a tornare a Firenze e lasciò così definitivamente Recanati per non farvi più ritorno. Inizia una nuova fase della sua esperienza intellettuale, in cui stringe rapporti sociali più intensi, viene in contatto con il dibattito culturale e politico (mostrando posizioni polemiche contro l’ottimismo progressistico dei liberali), e sente l’esigenza di far sentire la sua voce. Tra i nuovi incontri c’è quello con una elegante dama piena di ambizioni intellettuali, Fanny Targioni Tozzetti, per cui provò una forte passione amorosa, la cui delusione ispira un nuovo gruppo di Canti, il cosiddetto “Ciclo di Aspasia”, che presenta soluzioni poetiche nuove. Nel 31 era intanto uscita a Firenze (dove soggiornava con Ranieri) la prima edizione dei Canti. In questa fase Leopardi avverte il dissidio con gli indirizzi moderati e progressisti dell’ambiente toscano e in genere della cultura italiana di quegli anni, e ciò lo portò ad una critica sempre più lucida e impietosa verso gli sviluppi della civiltà borghese contemporanea: su questo sfondo nasce anche l’ultima “operetta” Dialogo di Tristano e di un amico. In cerca di un clima migliore nel 33 Leopardi si stabilisce a Napoli col Ranieri. Insopportabili e ostili gli appaiono gli intellettuali napoletani, guidati da tendenze idealistiche e spiritualistiche, avverse al suo materialismo ateo. Tra il 1836 e il 1837 Leopardi e Ranieri abbandonano Napoli per l’epidemia di colera e vanno a Torre del Greco alle falde del Vesuvio. Durante la permanenza, Leopardi compone due poesie straordinarie: La ginestra o il fiore del deserto e Il tramonto della luna . Muore a Napoli il 14 giugno 1837. ¨LA PRIMA PRODUZIONE CLASSICISTICA e LA PRIMA PRODUZIONE DOPO LA CONVERSIONE DALL’ERUDIZONE AL BELLO. Leopardi ebbe una formazione precocissima, che lo portò in breve tempo a padroneggiare del greco, del latino, dell’ebraico e a possedere una ricca erudizione filologica, filosofica e scientifica, studiando nella biblioteca paterna, e facendo proprie le prospettive ideologiche e culturali di Monaldo (tra cui una sorta di cattolicesimo illuministico).La sua formazione di tipo arcadico-settecentesco e di orientamento classico, parte dai modelli di un classicismo scolastico e clericale per cercare un rapporto diretto con i grandi autori greci e latini. Numerose furono le sue esercitazioni poetiche “puerili”, liriche, poemetti in versi sciolti, e componimenti di vario genere.Tra questa prima produzione ricordiamo: 1. le tragedie La virtù indiana e Pompeo in Egitto, offerte al padre rispettivamente per il Natale dell’11 e del 12. 2. Dissertazioni filosofiche 3. Storia dell’astronomia dalla sua origine fino all’anno 1811 vasto repertorio di notizie erudite 4. Saggio sopra gli errori popolari degli antichi, in cui l’erudizione è guidata da uno spirito illuministico di denuncia per le favole, gli errori e le illusioni dell’antica mitologia 5. Vari scritti di natura filologica e traduzioni tra cui ricordiamo, la traduzione del poemetto pseudo-omerico della Batracomiomachia, che narra la guerra dei topi e delle rane ,traduzione degli Idillo di Mosco, traduzione del primo libro dell’Odissea, del secondo libro dell’Eneide e della Titanomachia di Esiodo. 1816 à la conversione letteraria “dall’erudizione al bello” la crisi del 19 e il passaggio “dal bello al vero” Il risorgimento poetico e i grandi idilli (tra Pisa e Recanati) A Firenze dal 30 A Napoli dal 33 In seguito alla “conversione dall’erudizione al bello” (vedi su), Leopardi cercò forme di intervento originale, investendo tutte le sue energie nella letteratura e nella poesia, sperimentando varie forme espressive. Ricordiamo: 1. L’idillio funebre Le rimembranze 2. Inno a Nettuno, in cui finge una traduzione di un testo greco trovato a Roma. Fu pubblicato insieme a due odi scritte in greco, le Odae adespotae, cioè anonime. 3. Sonetti in persona di Ser Pecora fiorentino beccaio che si ricollegano alle forme della letteratura burlesca toscana. 4. La cantica Appressamento della morte, composta da cinque canti in terzine, di cui un unico frammento è confluito poi nei canti. (in essi si ritrova la ripresa di schemi danteschi) Dall’infatuazione amorosa per la cugina Gertrude Cassi Lazzari, nacquero le prime prova di una scrittura basata sull’analisi di sé: 5. Il frammento in prosa Diario del primo amore. L’io si lascia abitare dall’immagine della donna, e la passione amorosa si origina nell’immaginazione e si afferma come affetto violento 6. Elegia prima, in terza rima (che confluirà nei canti con il titolo Il primo amore). Qui la vicenda è vista come esperienza interiore e si esalta in un colloquio col dolore del cuore e con la “bella imago” della donna. 7. Elegia seconda che indugia sulla pena del poeta, che ha perso il rapporto con la donna che nulla sa di ciò che egli prova per lei. ¨LO ZIBALDONE E L’EVOLUZIONE DEL PENSIERO LEOPARDIANO Tutta l’opera leopardiana si fonda su un sistema di idee continuamente meditate e sviluppate: Leopardi maturò una sua “filosofia” che contiene i tratti alla base del suo pensiero della sua poesia; Il pensiero di Leopardi non è qualcosa di omogeneo e sempre uguale a se stesso, ma si sviluppa progressivamente con la sua opera, precisando un orientamento materialistico e pessimistico. È possibile seguire l’evoluzione del pensiero leopardiano nello Zibaldone di pensieri, una sorta di diario intellettuale, avviato nel 17 e a cui continuò a lavorare con varia intensità sino al dicembre del 32, che contiene appunti e riflessioni filosofiche, letterarie e linguistiche di vario genere. (il titolo fu usato dall’autore nel 27, quando intraprese a Firenze la stesura di un indeice analitico; il testo comprende 4526 facciate – conservate ora alla Biblioteca Nazionale di Napoli- e rimase sconosciuto, sino alla fine dell’800). Al centro della meditazione di Leopardi si pone subito il motivo pessimistico dell’infelicità dell’uomo; egli arriva a individure la causa prima di questa infelicità in alcune pagine del luglio 1820, nella cosiddetta “TEORIA DEL PIACERE”à riprendendo la filosofia del sensismo, Leopardi identifica la felicità col piace; l’uomo però aspira non ad un singolo piacere, ma a un piacere infinito per estensione e per durata, ma poiché nessuno dei piaceri particolari goduti dall’uomo può soddisfare questa esigenza, l’uomo prova un’insoddisfazione perpetua. Il piacere non esiste se non come attesa di un piacere futuro o come provvisoria sospensione del dolore. L’infelicità e il senso della nullità di tutte le cose nasce da questa tensione inappagata verso un piacere infinito che sempre gli sfugge: l’uomo è perciò infelice per sua stessa costituzione. Ma la natura, concepita in questa prima fase come benigna nei confronti dell’uomo, ha offerto un rimedio all’uomo l’immaginazione e le illusioni. Ma, riprendendo da Rousseau la nozione di inconciliabità tra natura e ragione, Leopardi instaura una differenza tra gli antichi e il passato: gli uomini primitivi, i greci e i romani, essendo più vicini alla natura, erano capaci di illudersi e di immaginare, e perciò erano felici, poiché ignoravano la loro infelicità; il progresso della civiltà e la ragione, hanno fatto perdere quella natura spontanea: i moderni hanno perciò perso quella condizione privilegiata, poiché la ragione ha messo sotto i suoi occhi il vero. Il progresso della civiltà, spegnendo le illusioni ha spento ogni slancio magnanimo e reso i moderni incapaci di azioni eroiche. La colpa dell’infelicità presente è perciò dell’uomo stesso che si è allontanato dalla via tracciata dalla natura benigna.(dal giudizio negativo sul presente scaturisce la tematica civile e patriottica delle prime canzoni, e lo slancio titanico del poeta, unico depositario solitario della virtù) Questa prima fase del pensiero leopardiano è stata designata PESSIMISMO STORICO, nel senso che la condizione negativa del presente viene vista come effetto di un processo storico di allontanamento progressivo da una condizione originaria di felicità e pienezza vitale. Questa concezione di una natura benigna e provvidenziale e di una infelicità legata al progresso storico entra in crisi. Leopardi nel 23 si avvicina al meccanicismo materialistico e impone una svolta ancor più chiusa al suo pessimismo. Più che al bene dei singoli, la natura mira esclusivamente alla sua conservazione, sacrificando per tal fine anche il bene del singolo e generando sofferenza. Leopardi rovescia la sua concezione di natura, che da madre amorosa e provvidenziale è vista come un meccanismo cieco, in cui la sofferenza degli esseri è essenziale. Ne deriva che il male non è più un accidente, ma rientra nel piano stesso della natura, e che l’uomo non è più causa della sua infelicità. Questo punto d’approdo emerge chiarissimo nel Dialogo della Natura e di un islandese. Se causa dell’infelicità è la natura nel suo meccanismo cieco e immutabile, tutti gli uomini, in ogni tempo e luogo, sono necessariamente infelici: subentra UN PESSIMISMO COSMICO, nel senso che l’infelicità non è più legata a una condizione storica dell’uomo, ma a una condizione assoluta, eterna e immutabile di natura che investe ogni essere vivente.Questa concezione influenzerà tutta la produzione successiva al 24. Subentra in Leopardi un atteggiamento ironico e distaccato: vana è la protesta e la lotta e non resta che la contemplazione lucida e disperata della verità. [questa “filosofia va al di là della filosofia idealista, e sembra anticipare le forme dell’ “esistenzialismo contemporaneo (di cui rifiuterà però ogni assolutizzazione della negatività, rimanendo legata alla concretezza dell’esperienza) La teoria del piacere elaborata nel luglio 1820, è un crocevia fondamentale nel pensiero leopardiano, dal momento che da un lato il nucleo d’avvio della sua filosofia pessimistica, dall’altro il punto d’avvio della sua poetica. L’immaginazione è l’unico modo mediante il quale l’uomo può figurarsi piaceri infiniti rispetto a una realtà che è infelicità e noia: questo compito è assolto dalla poesia: Leopardi individua nel genere lirico quello poetico per eccellenza, dato che mantiene la spontaneità originaria che gli consente di dare voce alle illusioni, alle sensazioni più indefinite e inafferrabili, che si collocano sul piano del vago e dell’indefinito e appartengono all’ambito della rimembranza. Perciò è necessario scegliere parole vaghe e indefinite che abbiano tale forza suggestiva; nello Zibaldone Leopardi passa in rassegna tutti gli aspetti della realtà sensibile che abbiano queste caratteristiche, costruendo una Teoria della visioneà in cui elenca tutte le immagini che evocano idee vaghe e indefinite: la vista impedita da un ostacolo (una siepe, un albero, una finestra) oppure un filare di alberi che si perde all’orizzonte, un declivio di cui non si vede la fine, una fuga di stanze, il gioco della luce lunare tra gli alberi, sui tetti. LA POETICA DEL VAGO E DELL’INDEFINITO Teoria del suonoà in cui elenca una serie di suoni suggestivi perché vaghi: un canto che vada a poco a poco allontanandosi, o uno che giunga dall’esterno, o il muggito di armenti per le valli, il fruscio del vento. Parole come “lontano”, “antico” “ultimo” “eterno” • Ma l’immaginazione che muoveva gli antichi e che è alla base della poesia, è stata perduta dai contemporanei. Tuttavia essa può essere compensata DALLA RIMEMBRANZA, che richiama le illusioni e i sogni della fanciullezza e della giovinezza, età in cui l’immaginazione non è stata ancora soffocata dalla razionalità dell’arido vero dell’età matura. Questa concezione poetica, viene meno come vedremo nei componimenti degli ultimi anni (La ginestra): la poesia diviene lucida coscienza critica della realtà e del vero. Leopardi nel 16, interviene nella polemica classico-romantica seguita alla pubblicazione dell’articolo della De Steal. Per via della sua formazione classicistica (consolidata dall’amicizia colo Giordani), Leopardi prese inevitabilmente posizione contro le tesi romantiche, in due scritti (che non furono pubblicati e rimasero ignoti ai contemporanei): 1. LETTERA AI COMPILATORI DELLA “BIBLIOTECA ITALIANA” (16), in risposta alla De Stael 2. DISCORSO DI UN ITALIANO INTORNO ALLA POESIA ROMANTICA (18), spedito all’editore Stella in risposta a un articolo di Ludovico di Breme (apparso sullo spettatore) Un classicismo “romantico”à Nel difendere la corrente classicista, egli mostra una posizione originale. La poesia degli antichi, deve essere da modello per via della sua forza primitiva, della sua capacità di immaginare e di avere un rapporto diretto con la natura: per questo è superiore rispetto a quella dei moderni, i quali invece a causa dello sviluppo della ragione hanno perso la capacità di immaginare ed illudersi. IL CLASSICISMO DI LEOPARDI, VUOLE RIPRENDERE SOLO QUESTA CAPACITA’ DEGLI ANTICHI, E RIFIUTA INVECE L’IMITAZIONE PEDISSECUA E LE REGOLE TROPPO SCHEMATICHE CHE PRECLUDONO LA SPONTANEITA’ DELLA CREAZIONE POETICA. Rifiuto del Romanticismo italianoà perciò Leopardi si oppone al concetto di letteratura “utileche era propria dei romantici lombardi Vicinanza e differenze col Romanticismo europeoà Piuttosto, per la sua concezione di una poesia spontanea, espressione dell’interiorità del soggetto, - per l’enfasi posta sul sentimento, -per la tensione verso l’infinito, -per il culto della fanciullezza e del primitivo, Leopardi si colloca vicino alle tematiche della nuova sensibilità romantica europea. E allo stesso tempo del Romanticismo europeo differisce: -per il suo retroterra illuministico, materialistico e sensistico (e non idealistico e spiritualistico) -per il rifiuto dell’esaltazione del negativo -per la sua ricerca di razionalità. ¨LE CANZONI (sono 10) Le Canzoni furono composte tra il 1818-1823 e pubblicate in un opuscolo a Bologna nel 1824. Si tratta di componimenti di impianto classicistico, che impiegano il linguaggio aulico della tradizione, e dalla difficoltà metrica e sintattica; si da voce a personaggi dell’antichità, atteggiati come esempi di estrema virtù. Esse si possono distinguere in 3 gruppi: • CANZONI CIVILI: in esse viene espresso il motivo del contrasto tra la decadenza presente dell’Italia e la sua grandezza antica, e si risolvono in una sorta di titanismo eroico, espressione del pessimismo storico. 1. All’Italia 2.Sopra il monumento di Dante 3. Ad Angelo Mai, quand’ebbe trovato i libri di Cicerone della Repubblica Nelle prime due canzoni Leopardi si rivolge all’Italia presente per risvegliare la virtù, rappresentata dall’antica Roma e dalla poesia volgare di Dante e Petrarca, modelli supremi di tensione civile. Il tono è alto e ricco di elaborazione formale (riprende lo schema delle canzoni civili di Petrarca e delle canzoni eroiche cinquecentesche e seicentesche –Tasso, Chiabrera, Testi, Guidi). Ognuna delle due canzoni trova il suo punto più alto in una digressione che le porta fuori dal nucleo tematico: - All’Italia, il ricordo dei giovani italiani morti nelle guerre napoleoniche per “altra terra” suscita per contrasto il ricordo dei giovani greci morti alle Termopili, con la rievocazione di un canto perduto di Simonide di Ceo - La seconda si basa sul contrasto tra la situazione di un Italia “vedova e sola” e il progetto di un comitato fiorentino di erigere un monumento a Dante in piazza Santa Croce, che chiama in causa per contrasto i tempi eroici del passato e la tensione civile di Dante. Si sviluppa poi un’ampia digressione sugli italiani morti in Russia nella campagna napoleonica del 12. In “Ad Angelo Mai” il poeta trae spunto per esaltare la funzione civile e patriottica della filologia, che con la memoria di un grande passato, può risvegliare gli spiriti eroici inducendo gli italiani a passare all’azione. • CANZONI FILOSOFICHE: 2. Nelle nozze della sorella Paolina, scritto per un progetto si matrimonio che poi fallì 3. A un vincitore nel giuoco del pallone, dedicata a un giovane sportivo marchigiano Entrambe ripropongono un tema civile e pedagogico e propongono, modelli di virtù in contrasto con la mediocrità del presente: un modello di femminilità patriottica nella prima (con richiamo alla figura eroica della romana Virginia) e uno di forza maschile, rivolta all’azione e all’intervento sul mondo, nella seconda 4. Alla primavera o delle favole antiche, in cui è esposta l’origine del mito, che nasce dal rapporto diretto con la natura e dalle antiche illusioni; la primavera segna la rinascita dell’anno come le favole antiche hanno segnato la nascita dell’umanità 5. L’Inno ai Patriarchi, o de principii del genere umano, presenta i patriarchi biblici come esempi di una umanità vicina alla natura originaria (perciò non vi è alcuna prospettiva religiosa) • CANZONI STORICO-MITOLOGICHE, in cui Leopardi delega il discorso poetico a due personaggi dell’antichità, entrambi morti suicidi ed espressioni del suo pessimismo. 6. Bruto minoreà dopo aver presentato la scena della battaglia di Filippi e la figura di Bruto sconfitto, si riferisce il monologo di Bruto che ne precede e giustifica il suicidio. L’eroe, sostenitore della repubblica e uccisore di Cesare, avverte il negativo dell’intera storia e la natura indifferente alla sorte dell’uomo LEOPARDI E IL ROMANTICISMO Di non certa datazione, ma sicuramente composte tra l’ultima fase del soggiorno fiornetino e la prima di quello napoletano, sono due canzoni sepolcrali, che riprendono schemi neoclassici, tra cui Sopra un basso rilievo antico sepolcrale, Dall’attenzione alla realtà collettiva e dalla sua critica contro tutte le ideologie che esaltano il progresso nascono varie opere. Già in precedenza Leopardi aveva analizzato in un suo scritto la realtà collettiva: Discorso sopra lo stato presente dei costumi degli italiani, un breve trattato (filosofico?) dove Leopardi analizza le peculiarità che contraddistinguono la società italiana, e le compara con il carattere, la mentalità e la moralità delle altre nazioni d'Europa. Alla fine dell'opera Leopardi giunge all'amara conclusione che l'Italia è troppo poco civile per godere dei benefici del progresso (come in Francia, Germania ed Inghilterra), ma troppo civile per godere dei benefici dello «stato di natura», come accadeva nelle nazioni meno sviluppate, quali Portogallo, Spagna e Russia. Ma il suo impegno polemico si fa più forte nelle opere “satiriche dell’ultimo periodo quali: 1. Palinodia al marchese Gino Capponi, un’epistola in endecasillabi sciolti (scritta a Napoli e inserita subito nella seconda edizione dei canti) in cui il poeta, rivolgendosi allo storico e politico Gino Capponi, esponente della corrente liberal-moderata toscana, finge ironicamente di ritrattare le proprie posizioni e il proprio pessimismo, con tono satirico e stile letterariamente elaborato. In realtà, Leopardi mostra l’infondatezza dei miti del progresso scientifico e della modernità 2. I nuovi credenti, capitolo in terza rima dal tono fortemente satirico, in cui Leopardi difende il proprio pessimismo dalle ideologie cattolico-spiritualistiche dominanti a Napoli. 3. Paralipomeni della Batracomiomachia poema eroicomico in otto canti in ottave, iniziati a Firenze e concluso a Napoli. Il titolo Paralipomeni = “cose tralasciate”, mostrando il proposito di continuare la Batracomiomachia pseudo-omerica. La vicenda continua appunto quella del poema omerico sulla guerra tra i topi e le rane, dietro cui si cela una vastissima serie di riferimenti alla storia contemporanea (gli eventi napoletani del 15-21 , quelli toscani del 31 e il comportamento tenuto in quelle circostanze dai liberali moderati. TRAMA: Nella guerra tra i topi e le rane intervengono ora, in appoggio alle rane, i granchi, che sconfiggono i topi e uccidono il loro capo Mangiaprosciutti. I liberali-topi, sconfitti dalle rane-pontificie e dai granchi-austriaci, eleggono su base costituzionale il re Rodipane, di cui diventa primo ministro il conte Leccafondi, intellettuale progressista e impegnato in politica; i granchi intervengono per reprimere questo regime, mettendo in rovinosa fuga i topi. Il conte Leccafondi allora va in esilio per cercare aiuto per la sua patria oppressa, incontra Dedalo, e scende persino nel regno dei morti a chiedere consiglio ai topi defunti, che però rispondono alle sue domande con una fragorosa risata. Alla fine essi gli consigliano di rientrare in patria e rivolgersi al generale Assaggiatore. Leccafondi riesce a ritornare a Topaia e dopo mille insistenze ad ottenere l'aiuto di Assaggiatore. Il poemetto si interrompe qui, perché come spiega Leopardi, al manoscritto da cui aveva tratto la storia manca la parte finale. Le figure dei granchià sono immagine degli austriaci / delineate con caratteri negativi I topià sono immagine dei liberali italiani , / sono irrise La figura del conte Leccafondi—> ricorda gli intellettuali toscani Leopardi adombra dietro alle vicende degli animali sarcastiche definizioni di costume intellettuale e di iniziative politiche; in questo testo egli mostra tutta la sua insofferenza per la condizione dell’Italia della restaurazione. à raccolta di 111 aforismi, in cui si ritrova una analisi delle dinamiche sociali e in cui vengono smascherate le false immagini possedute dagli uomini in ogni campo dell’esistenza, “La ginestra” e “Il tramonto della luna” Ma è con La ginestra che il poeta tocca il vertice della propria poesiaà Leopardi compose La ginestra nella primavera del 1836, probabilmente prima del Tramonto della luna. La canzone fu poi stampata postuma nei Canti del 1845. E’ il testo più lungo dei Canti (le sue sette strofe hanno dimensioni eccezionali) ed è un poemetto lirico-filosofico, che per dimensioni e per genere può ricordare i Sepolcri di Ugo Foscolo: dai Sepolcri lo distingue, però, un superiore grado di innovazione e di audacia formale e di radicalità intellettuale. Lo stile della Ginestra è molto vario e intreccia toni diversi: quelli aspri della polemica, quelli difficili della contemplazione che produce ragionamento e quelli del dialogo lirico. La collocazione alla fine della raccolta, le dimensioni straordinarie e le caratteristiche tematiche e formali ne fanno una sorta di testamento lirico-filosofico TRAMAà in questa lirica una solitaria ginestra, che cresce sul Vesuvio, induce il poeta a riflettere sulla possibile fratellanza tra uomini, come unico conforto e difesa contro la Natura matrigna”. La materia è distribuita nelle sette strofe in modo che ognuna costituisca un'unità tematica - Nella prima strofa la ginestra è scelta come interlocutrice del poeta e le pendici del Vesuvio, sede un tempo di città fiorenti e ora deserte e cosparse di rovine per le eruzioni del vulcano, costituiscono lo 'spazio simbolico' del destino tragico dell'umanità. A prevalere, in questa strofa iniziale, è il sarcasmo, che culmina con l'irrisione dei falsi idoli del progresso umano - Nella seconda strofa il poeta definisce l'Ottocento «secol superbo e sciocco» e lo accusa di avere rifiutato le coraggiose verità del pensiero razionalista; a dominare sono ancora il tono e le parole sprezzanti dell'invettiva. - La terza strofa oppone la stupidità di chi si rifiuta di constatare la miseria umana alla grandezza di chi osa guardare in faccia questa miseria e attribuirne la responsabilità alla natura, contro la quale gli uomini sono chiamati a far fronte comune e a stringere legami di solidarietà sociale («social catena») - Nella quarta strofa la prospettiva dell'infelicità umana si allarga: dall'esperienza individuale del poeta scaturisce una meditazione universale indotta dalla visione degli spazi celesti. Di fronte alle inutili pretese dell'uomo di essere il centro dell'universo il poeta non sa se cedere alla compassione o al riso. - La quinta strofa contiene una lunga similitudine: come un frutto che distrugge, cadendo da un albero, un intero formicaio, allo stesso modo l'eruzione del Vesuvio del 79 d.C. si riversò disastrosamente sulle città di Pompei, Ercolano, Stabia, cancellandole; per la natura indifferente, dunque, il destino dell'uomo non conta più di quello di una formica. Le 2 canzoni sepolcrali Leopardi satirico I Pensieri - Nella sesta strofa si osserva la potenzialità distruttiva del vulcano e viene presentato un raffronto fra il tempo umano e i grandi cicli naturali, che in un moto lentissimo ma continuo travolgono ogni cosa, anche se appaiono immobili. - Nella settima e ultima strofa il poeta si rivolge nuovamente alla ginestra e ne elogia l'umiltà e il coraggio: anche la ginestra è destinata a soccombere alla «crudel possanza» della natura; ciò non ne scalfisce l''eroismo', ma, anzi, lo esalta. Qui, il tono oramai commosso e il lessico vago («lenta, odorate, adorni, molli») suggeriscono la partecipazione del poeta al destino di annientamento di tutte le cose e, in particolare, all'eroica resistenza della ginestra. Tema fondamentale della poesia è la contemplazione del paesaggio vesuviano (appare di volta in volta desertico, minaccioso, imponente, estraneo), specchio perfetto della condizione umana e del rapporto tra uomo e natura, e che incarna l'indifferenza della natura, responsabile del dolore degli uomini e, più in generale, della sofferenza di tutti gli esseri viventi (pessimismo cosmico). Rispetto a questa natura distruttrice, simboleggiata dal terribile Vesuvio, la storia umana sembra non avere senso: i «mille e ottocento / anni» trascorsi dalla distruzione di Pompei non hanno visto cambiare la fragilità degli uomini, sempre esposti alla stessa minaccia mortale. Forte di questa evidenza, Leopardi deride l'ottimismo dei pensatori suoi contemporanei, sostenitori delle «magnifiche sorti e progressive» dell'umanità e accusa di codardia il suo tempo, che rifiuta di vedere la realtà delle cose. Eppure, la civiltà assume per Leopardi un valore positivo: la «social catena», ossia la solidarietà, permette infatti agli uomini di reagire alle ingiustizie della natura. L’ultimo testo leopardiano viene composto pochi giorni prima della morte, il 14 giugno 1837: Il tramonto della luna riprende alcuni temi cari al poeta (la fine della giovinezza, il crollo delle illusioni, la morte come fine della vita umana), chiudendo l’esperienza poetica dello scrittore su toni di cupo ed incurabile pessimismo. Il tramonto della luna
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