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Riassunto appendice II - Cenni storici, Sintesi del corso di Filologia italiana

Cenni storici e confronto tra metodo lanchmanniano e obiezioni.

Tipologia: Sintesi del corso

2022/2023

Caricato il 09/01/2024

lucia-bosco-1
lucia-bosco-1 🇮🇹

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Scarica Riassunto appendice II - Cenni storici e più Sintesi del corso in PDF di Filologia italiana solo su Docsity! Il metodo di Lachmann e i suoi precursori: Paris e Grober Ha come fulcro del suo metodo la recensio (revisione) il metodo del Lachmann e, il suo fautore, Karl Lachmann (1793 - 1851) ne ha dato alcune formulazioni ben precise. Questo metodo trova applicazione prima in filologia classica, germanica e neotestamentaria, per poi passare a quella francese, nella quale segnerà la fine dell’uso di riprodurre e di lavorare su un manoscritto ritoccandolo sulla scorta di altri. C’è stato, in Francia, un incremento dell’attività letteraria, durante il secondo Impero, per via di motivazioni politiche e patriottiche, poiché Napoleone III incaricò di dar vita alla raccolta di Les anciens poètes françois, impresa destinata a Francis Guessard, professore della Ecole Nationale des chartes. Di questo autore, abbiamo un’edizione del 1872 di La vie de saint Alexis, portata a termine in campo romanzo, seguendo il metodo lachmanniano; nelle prime pagine infatti sono enunciati in maniera sintetica i criteri che sono alla base della costituzione del testo, dove vengono chiaramente distinte la critica delle lezioni e la critica delle forme. Eppure questo testo viene pubblicato in ritardo rispetto alle lezioni che il professore aveva tenuto, dunque prima vennero già pubblicati testi di altri autori, tra i quali una monografia del 1869 intitolata Le configurazioni manoscritte delle gesta di Fierabras e i suoi primi stadi ad opera di Gustav Gröber. Paris aveva già recensito quest’opera, con un giudizio poco favorevole, ma aveva comunque affermato che in questa, per la prima volta, si era tentato di sottoporre i manoscritti a un vero lavoro critico. Nascita del movimento anti lachmanniano e obiezioni Alla scuola di Paris si formeranno altri, tra cui Joseph Bédier, che nel 1889 pubblica il Lai de l’Ombre di Jean Renart, seguendo il suddetto metodo lachmanniano, a cui rimarrà fedele per anni, fin quando non sarà preso da forti dubbi. Questa crisi viene raccontata dall’autore stesso in un articolo del 1928, il quale afferma che la meccanicità del metodo lachmanniano è illusoria, in quanto le scelte dipendono esclusivamente dal filologo, e questo comporta alla creazione di testi mai esistiti in realtà, ricchi di elementi nuovi e di provenienza diversa tra loro. Una soluzione quindi sarebbe quella di scegliere un unico buon manoscritto e limitarsi a riprodurlo applicando solo correzioni ovvie e indispensabili, così da non avere un prodotto di natura soggettiva e non storicamente esistito. Dunque il Lai de l’Ombre fu pubblicato di nuovo nel 1913, e nella sua prefazione conteneva già gli argomenti che verranno poi trattati nell’articolo del 1928. In alternativa alle tesi di Bédier, abbiamo il pensiero di dom Henrique Quentin, specialista di filologia veterotestamentaria. Egli vuole basarsi su metodi di ricostruzione che seguono calcoli statistici applicati alla distribuzione di varianti. Parlando della categoria onnicomprensiva delle varianti, Quentin fa rientrare lezioni giuste ed errori, poiché pensa che ci si debba limitare a prendere atto del fatto che esistono lezioni diverse, senza però dare giudizi di valore. Quentin quindi abolisce la distinzione tra conservazione di lezioni giuste e innovazione, eliminando ogni gusto soggettivo, ma questo ci da un rigore solo apparente, poiché la quantità dei fatti è erroneamente privilegiata rispetto alla loro diversa qualità; in conclusione, sarebbe un metodo troppo arbitrario. La verità di alcune di queste obiezioni anti lachmanniane fece crescere le adesioni al metodo del “bon manuscrit”, in particolare in Francia e in Belgio, assecondate anche per via della presenza di una corrente nazionalista filologia anti tedesca. Da questo momento vennero dunque create numerose edizioni che davano patente di autenticità non all’autore, ma ai copisti. Per questo, Alexandre Micha, elaborò un correttivo al biederismo: si deve trovare un manoscritto migliore e utilizzarlo come manoscritto-base, sottoponendolo comunque al controllo dei manoscritti migliori di altre famiglie. Questo metodo proposto non impedisce però che l’edizione sia intaccata in maniera soggettiva, infatti non ebbe grande seguito. Un altro tentativo di introdurre criteri più omogenei e rigorosi nelle edizioni basate su un unico manoscritto, fu quello di Eugène Vinaver, il quale propose di fissare dei principi di emendamento, così da evitare sia eccessi di conservatorismo, sia numerose modifiche soggettive. Si può ritenere una lezione sospetta, così da emendarla, quando essa indica in modo verosimile la genesi di un errore. Restano però da fare due obiezioni: da un lato, non c’è modo di riconoscere ed eliminare lezioni apparentemente accettabili e dall’altro lato, per quanto una correzione possa spiegare la formazione dell’errore, è necessario in primis che soddisfino esigenze di senso, lingua, stile, etc. Anche questo tentativo di imporre regole al biederismo risulterà molto poco efficace. Il lachmannismo in Italia: Barbi e Pasquali Anche in Italia sopraggiunse l’onda lachmanniana verso la fine dell’Ottocento, vedendo tra i protagonisti Michele Barbi, editore della Vita Nuova. L’attività di quest’ultimo si dispiega in concomitanza del successo del biederismo e dell’elemosina culturale crociana, la quale era poco favorevole alla filologia. Da questo clima infatti derivò la collezione laterziana degli “Scrittori d’Italia” di Croce, che pubblicava edizioni senza adeguate note giustificative della lezione e senza apparati critici. Salta all’occhio l’opera di Giorgio Pasquali Storia della tradizione e critica del testo, la quale evidenzia che la tradizione è oggetto di studio storico, ma non dipende dalla critica del testo. I singoli testimoni non sono solo portatori di errori e varianti, ma hanno una specifica fisionomia culturale, quindi conoscerli meglio ci permette di fare storia della cultura e di scoprire nozioni per la critica testuale. Pasquali, rispetto alla critica testuale, rifiuta la rigidità, perché ogni problema ha bisogno di soluzioni particolari e non c’è una chiave generale che apre tutte le porte. Da parte di questi il lachmannismo non viene contestato con argomenti bederiani, ma soltanto ritenuto non idoneo a risolvere problemi della realtà concreta, come ad esempio recensioni aperte, fenomeni di contaminazione o varianti d’autore. Contemporaneamente agli interventi di Pasquali, sono stati pubblicati degli studi di Barbi, dedicati a testi italiani il quale centro dell’attenzione era sull’esistenza di varianti redazionali, poiché il tema delle varianti suscita un interesse speciale, in quanto l’idea che certe varianti possano risalire agli autori e non ai copisti, apre nuovi orizzonti alla critica testuale, perché si registrano non solo varianti di tradizione, ma anche quelle genetiche ed evolutive. Cosa accade nella filologia romanza?: Contini e il ritorno del metodo lachmanniano Anche in filologia romanza si evidenziano casi controversi. Gli studi di Barbi e Pasquali hanno avuto grande influenza sui filologi romanzi, come si evince nel lavoro di Gianfranco Contini. A lui si deve una delle più grandi recensioni della Storia della tradizione, definita
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