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Riassunto. Appunti di Geografia (Minca) tutti i capitoli tranne il 9, Sintesi del corso di Geografia

Riassunto di Appunti di Geografia di C. Minca, utilizzato in preparazione all'esame di Introduzione alla Geografia Umana (E. Magnani). Manca il capitolo 9 (capitolo 10 molto schematico).

Tipologia: Sintesi del corso

2021/2022

Caricato il 02/02/2023

Sofiastudent94
Sofiastudent94 🇮🇹

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Scarica Riassunto. Appunti di Geografia (Minca) tutti i capitoli tranne il 9 e più Sintesi del corso in PDF di Geografia solo su Docsity! Capitolo 1. IL PENSIERO GEOGRAFICO 1.1 La geografia, lo spazio, la carta [Concetti: relazione socio-naturale: rapporto fra esseri viventi e gli altri elementi della Terra] Dematteis e Farinelli: oggi sappiamo che le rappresentazioni prodotte dalle scienze geografiche nei secoli non sono mai state oggettive e neutrali, ma sempre situate nel tempo e nello spazio. La geografia non è una scienza esatta, esaustiva, ma è una forma di conoscenza attorno a specifiche prospettive concettuali indissolubilmente associate al soggetto che le produce, prospettive che in realtà sono “metamorfosi geografiche”, cioè modi di dire il mondo. Dalla loro comparsa sulla Terra, gli esseri umani hanno iniziato a instaurare un rapporto con lo spazio fatto di percezione, interpretazione ed elaborazione della realtà esperita. L’origine della cartografia, infatti, risale all’epoca preistorica (es: Roccia dei campi in Valcamonica). → RIDUZIONE DEL MONDO ALLA SUA RAPPRESENTAZIONE PER POTERLO COMPRENDERE: questa è l’essenza della geografia. La cartografia Sin da piccoli siamo stati educati a pensare il mondo attraverso la mediazione delle carte: ma la cartografia è solo una delle sue possibili scritture (da “geo-grafia” = scrittura della Terra). ● Riflessioni scientifico-filosofiche della Grecia antica tuttora importanti per i suoi modelli descrittivi e rappresentativi dello spazio → ruolo influente nella cultura europea: - Anassimandro (filosofo di Mileto del VI sec. a.C.): pinax = rappresentazione della Terra usando proprietà generali della geometria. Secondo Farinelli questa invenzione comportò la nascita della filosofia occidentale e la concezione della polis come luogo di democrazia politica. - Questa carta fu modificata da Ecateo, per renderla strumento che giustifica le argomentazioni geopolitiche dei greci nelle Guerre Persiane. Nel Rinascimento europeo la moderna cartografia matematica perfezionerà il controllo del territorio → LEGAME INDISSOLUBILE TRA CARTOGRAFIA, SAPERE SCIENTIFICO E PROCESSI POLITICO-ECONOMICI. ● Claudio Tolomeo (90-168 d.C, Alessandria d’Egitto): La Geografia = modello grafico e matematico del mondo e dell’universo sviluppato sul sapere accumulato fino a quel momento. Se il modello geocentrico aristotelico-tolemaico perse di credibilità con la rivoluzione scientifica di Copernico e Galilei, questo testo rimane importante per RIDURRE LA SFERICITÀ SULLA TERRA SU UN PIANO. ● Fine 1400, la svolta: grazie ai viaggi di esploratori e portolani (es: carta pisana) si comprende che la superficie terrestre è occupata da molta più terra di quanto si immaginasse ● PROSPETTIVA LINEARE di Filippo Brunelleschi e Leon Battista Alberti: ribaltamento in orizzontale della proiezione tolemaica. Il punto di vista di chi osserva è orizzontale. ● TECNICA DELLA TRIANGOLAZIONE di L.B. Alberti: per calcolare le distanze reali su territori e quindi la posizione degli oggetti geografici. ● Intorno al 1500: nasce l’Atlante = insieme ordinato di mappa del mondo e delle sue parti. Es: Italia di Magini ● Tra il 1300 e il 1600: diffusione cartografia olandese (soppianta quella italiana): - La carta del mondo di Mercatore = carta utile alla navigazione con un nuovo sistema di proiezione, adottato fin ad oggi - Theatrum orbis Terrarum di Ortelius → interazione tra cartografia, arte e potere. ● Dopo la pace di Vestfalia (1648): si afferma lo stato territoriale moderno come soggetto della politica interna e internazionale (tradizione cartografica francese soppianta quella olandese): - Carta generale di Francia: prima carta topografica di tutto un territorio statale, basata su osservazioni geodetiche (geodesia=studio forma semplificata della Terra) e geometriche, sull’adozione di una scala e di un simbolismo unitari. → Permise di: ripartire il territorio in zone da amministrare, calcolare le superfici a fini statistici e fiscali, sviluppare mappe catastali e presidiare il territorio statale per il controllo militare, sviluppare le prime infrastrutture (ferrovie → autostrade) CONTRIBUTO DELLA CARTOGRAFIA ALL’IDEA STESSA DI PROGRESSO IN ETÀ MODERNA E ALLO SVILUPPO POLITICO, ECONOMICO E CULTURALE DEGLI STATI-NAZIONE IN EUROPA. ● Le campagne napoleoniche in Europa segnano il passaggio quasi totale della produzione di mappe topografiche in mano a organizzazioni militari. ● Dopo l’Unità d'Italia (1861) la produzione cartografica ufficiale sarà affidata all’Istituto geografico militare. 1.2 Geografia, esplorazioni, scienza (e colonialismo) Le cosmografie della Grecia antica condizionarono tutta la riflessione filosofica-scientifica e la percezione del mondo dei secoli successivi in Europa occidentale: per esempio, l’idea dei confini del mondo abitabile come i limiti della civilizzazione accompagnò il processo colonialistico-militare. Le “scoperte geografiche” rappresentarono sia la diffusione della civiltà europea nel continente che l’incontro con nuove specie animali e vegetali che comportò una diversa e nuova percezione del mondo naturale. Modello cartografico per oggettivare la conoscenza delle nuove scoperte, sempre secondo criteri classificatori: - Carta del mondo di Martin Waldseemuller (1507): tratta degli aspetti geometrici del pianeta, classifica i climi e le diverse regioni del mondo, riporta i viaggi di Vespucci e chiama “America” per la prima volta il nuovo continente. - Cosmographia Universalis di Sebastian Munster: prima ad essere in tedesco (prima solo in latino): trattazione monografica delle regioni del mondo, caratteristiche geografiche fisiche dei territori e storiche-culturali dei popoli. → scopo di queste carte, compresa la loro componente naturalistica: estendere il proprio controllo sulle nuove terre conquistate. Infatti erano commissionate dalle corti europee. Tra il XVI e il XVII secolo: - resoconti delle esplorazioni e descrizione del mondo naturale - nascono le wunderkammer (gabinetti delle curiosità) per collezionare oggetti esotici. XVII sec: Rivoluzione scientifica - Durante il Barocco sorgono le prime accademie scientifiche: Académie française (ribattezzata Accademia delle scienze) Parigi, 1635. - Progetti per raccogliere il sapere: Enciclopedie di Carl Linnaeus, mondo naturale descritto con parole e immagini, iniziato nel Settecento e non ancora concluso. - Scoperta di James Cook degli arcipelaghi del Pacifico → fine concezione sulla finitezza del mondo e dell’aura di mistero: il globo diviene definito e oggettivabile. Prima metà XIX sec: Alexander von Humboldt (fondatore della moderna geografia scientifica): ❖ Insieme a Aimé Bonpland, intraprende viaggi in America e riporta il loro resoconto in un’opera monumentale: Voyage aux régions équinoxiales du Nouveau Continent (Parigi, 1807-1834) ❖ Con Forster, viaggio nella Bassa Renania per indagine sul campo. ❖ Propone metodo che supera il binomio ricerca empirica + formalizzazione/circolazione del sapere→ indagine e misurazione delle relazioni e variabili geografiche. Studio geografico che prende in considerazione i diversi luoghi nei quali avvengono i fenomeni e li analizza in termini comparativi (rifacendosi a diverse scale geografiche). Obiettivo è spiegarne la natura nel loro contesto regionale, connetterli in una relazione più ampia ed esprimere una visiona unitaria della natura. ❖ La cartografia assume un ruolo fondamentale. ❖ Kosmos. Entwurf einer physischen Weltbeschreibung: summa del sapere sul sistema solare e della geografia del pianeta, pensiero humboldtiano. ❖ Scopo: produrre una rivoluzione culturala attraverso la conoscenza della natura e facilitare il progresso dei popoli. Influenza su Charles Darwin. 1.3 Geografia e discorso scientifico XVI - XVIII secolo: nascita della scienza moderna. - Dalla rivoluzione seicentesca di Galilei e Copernico si apre questo processo per la conoscenza sistemica del mondo naturale e per la definizione degli strumenti scientifici. La carta geografica diviene così “contenitore di oggetti” (regioni, stati ecc) secondo un approccio mitico-ideologico: lo spazio assume proprietà della sfera sociale/culturale/politica. Si solidifica il rapporto tra spazio e potere, di cui sappiamo ancora poco. - La traduzione di luoghi in spazio si basa sull’idea di scala, cioè l’idea di costruire una rete intorno al mondo e di tradurre gli oggetti del mondo all’interno di questa rete. La corrispondenza tra mondo=rappresentazione cartografica comporta una corrispondenza univoca tra gli oggetti rappresentati e il nome assegnato loro (come appartenesse all’oggetto e non alla carta) → la denominazione è essa stessa dominazione. - Effetto speciale dello spazio geografico: con questo termine si intende lo sfondo implicito di tutte le proiezioni prodotte dalla spazializzazione della politica. Spazializzazione della politica: la politica, appoggiandosi alla geografia, giustifica l’opera di messa in ordine e di normalizzazione che esercita sul mondo → il sapere geografico come sapere strategico: chi detiene il sapere/potere ne vuole il controllo. La geografia fornisce sostegno materiale e “scientifico” al potere. La geografia che ha consentito che lo Stato divenisse il riferimento spaziale fondamentale della nostra collocazione nel mondo, che divenisse il contenitore spaziale all’interno del quale ognuno è misurato, contato, classificato, a volte espulso. Il trionfo dello spazio geografico non solo ha prodotto tutta una serie di conseguenze nella geografia accademica, a ha anche contribuito a diffondere, a rendere ‘naturale’ agli occhi di tutti, un determinato linguaggio geografico ‘popolare’, quello utilizzato dai mass media e dai politici ancora ai giorni nostri. Si tratta della geografia positivista che viene proposta agli alunni delle scuole, a chi guarda la televisione o legge i giornali, a chi consulta gli atlanti e le guide turistiche; come vedremo, essa costituisce il fondamento culturale per la legittimazione profonda della nazione e contribuisce a normalizzare, a dare assolutamente per scontato, un certo modo di pesare lo spazio e il suo rapporto con la politica. Cerca fin dall’infanzia di convincerci che la realtà è quella che è. La fiducia nell’esistenza di un livello descrittivo essenziale contribuisce infatti ad alimentare una lettura tipicamente cartografica del mondo, che porta a immaginarlo come se fosse composto da contenitori (regioni, stato, continenti, ecc.) e a ritenere che questi contenitori siano l’esito spontaneo e naturale dei processi di antropizzazione dello spazio. L’idea di una “geografia pura” apolitica, scientifica è frutto dell’adozione positivista (a cavallo tra ‘800 e ‘900) del modello spaziale topografico, fine di qualsiasi teoria critica dello spazio. - la “geografia borghese”: è con la presa del potere da parte della borghesia francese che inizia la “geografia moderna” (pretesa di essere scienza). Rifiuto (vs ancien régime) della dimensione politica, rivendicazione della neutralità e autonomia della scienza. La borghesia conquista prima il potere economico, poi quello politico, ha così bisogno di una geografia che la legittimi → geografia che è oltre lo stato perché lo contiene >cfr Humboldt >il geografo borghese è maschio, bianco, ricco e “civilizzato” (lettura coloniale), rappresenta un certo sistema di classe e una proiezione imperialista (es Mackinder ). Lo sguardo geografico è coloniale: mette le basi per una conquista cognitiva che sarà seguita da quella militare ed economica. - la nascita della “geografia contemporanea“ è da individuare in Germania, fine ‘700, con la distruzione dello stato aristocratico feudale (emancipazione borghese) Il luogo Al luogo, da tempo, si associano valori di tipo politico e culturale, che molti ritengono si debbano ‘proteggere’ o ‘conservare’. Il luogo è spesso anche principio di inclusione e di esclusione, così come serbatoio di memoria e di presunta identità. Il luogo, infine, è così potente come concetto proprio perché non si piega mai alle nostre categorie, qualunque esse siano, in quanto muta continuamente, è sempre in movimento. La geografia umana pone l’attenzione sull’esperienza e la pratica del luogo. Essa non descrive gli infiniti luoghi che compongono il mondo, ma ne descrive i modi con cui la sua concettualizzazione influenza i nostri e gli altrui giudizi sulle “geografie dell’appartenenza”. Il luogo ha una dimensione cognitiva/affettiva (spazio degli affetti, della memoria, dell’appartenenza) nella geografia umanistica (≠ geografia quantitativa positivista che lo traduce in geometrie e cifre e lo fa coincidere con la sterile nozione di “spazio”). Luogo VS spazio (Cresswell): l’idea di spazio ha a che fare con una certa area senza significato. Quando invece gli umani inventano un senso e significato su un area, quando iniziano ad avere senso di attaccamento e identificazione con tale area, questo diviene un luogo. Luogo studiato inizialmente (dagli anni 70) nella geografia umanistica, di ispirazione fenomenologica. L’indagine della geografia umanistica si concentra soprattutto sulla costruzione sociale e sull’esperienza individuale di luoghi e paesaggi. Studiosi importanti: Yi-Fu Tuan ed Edward Relph. Successivi contributi post moderni in geografia della prospettiva femminista (anni ‘90) e Children’s Geographies (anni 2000) sul concetto di “sense of place” e il suo ruolo nella produzione del sociale, culturale e politico. Luogo come prodotto ma anche origine di una serie di processi politici, culturali e sociali che orientano il nostro quotidiano. Concetto di luogo entrato nelle strategie di marketing. Luogo nella geografia umanistica: - Vidal (anni ‘70): approccio idiografico descrittivo dei luoghi senza definirli o generalizzarli in quanto unici. Il mondo dunque era fatto di organismi territoriali chiamati “regioni” composti a loro volta di luoghi. Studio del genere di vita: ossia del rapporto tra un determinato territorio e la sua comunità. - Yi-Fu Tuan concettualizza finalmente il luogo. Tuan spiega che il luogo è importante per la geografia perché è investito dalle persone di significati profondi che hanno a che fare sia con il loro quotidiano sia con le loro geografie personali degli affetti e delle emozioni. Due componenti di luogo: spirito (dà sacralità al luogo) e personalità (ciò che rende il luogo unico e “umano”). Ogni luogo è carico di “sense of place” (affettività/attaccamento emotivo degli abitanti per quel luogo). Per Tuan luoghi intesi come piccoli mondi, con public symbols (caratteristiche stabili del luogo, riconoscibili nelle sue componenti materiale e di significato) e fields of care (riconosciuti solo da chi sente quel luogo proprio). I simboli pubblici si ‘riconoscono visivamente’, sono oggetto di ammirazione e riconosciuti da chiunque, hanno un significato che va ‘oltre il tempo’ (esempio monumenti, vedi concetto di heritage cap.6). I fields of care, invece, possono anche scomparire man mano che le emozioni umane cambiano o svaniscono con il trascorrere del tempo. Il tempo è per il geografo americano Tuan una componente fondamentale del luogo. Tuan ha adottato il termine topophilia per descrivere proprio “il legame emozionale tra le persone e il luogo”. - Relph: gli esseri umani sono tali solo in place, in quanto è il luogo che determina la loro esperienza. Casey riprende questo concetto per affermare il primato del luogo sullo spazio. Per lui, luoghi e corpi si costituiscono a vicenda, senza gli uni non ci sarebbero gli altri. - Seamon: col termine body ballet si intende una serie di gesti e movimenti preconsci dei nostri corpi nel quotidiano (vestirsi, lavare i piatti ecc). Quando questi diventano comportamenti abituali si parla di routine spazio-temporali. Insieme, danno luogo al place ballet. - Pred (1984): luogo come processo, in continuo divenire. Critica all’approccio umanista per un latente conservatorismo (luogo come casa, rifugio) - per la geografia femminista: luogo pensato come prodotto sociale e culturale (esito di principi di esclusione/inclusione), pericolo nell’associare a luogo l’idea di casa (luogo di violenza, secondo Gillian Rose, 1993). Il modo in cui noi formuliamo le nostre idee di luogo ha una componente di genere fondamentale: il modo in cui pensiamo lo spazio pubblico, la sicurezza, la divisione del lavoro all’interno di un luogo e tutta una serie di pratiche condivise o meno (alcuni spazi accessibili altri no alle donne: es bar nella prima metà del ‘900). → Comprensione del luogo anche attraverso una politica di genere: separazione tra spazio pubblico e privato, l’idea di spazio privato, assoluto, quello domestico come uno spazio fondamentalmente in cui le relazioni di genere si sviluppano nella loro forma più spiccata e consolidata (la donna che rimane a casa e il marito che va a lavorare in centro) sono tutta una serie di politiche che si traducono poi nel modo in cui i luoghi si declinano, diventano dei processi, delle relazioni, dei principi di identità. - per la geografia marxista, es Harvey: enfasi sulla dimensione sociale e politica del luogo (no emotiva) Il luogo, secondo Harvey, è contestato: viene usato per ancorare significati e memoria dalle forze conservatrici che vogliono tutelarlo dalle spinte della globalizzazione, ma dall’altra viene usato per marginalizzare l’Altro. - per Massey: il luogo va pensato anche secondo una prospettiva più inclusiva e progressista. I luoghi non sono statici e chiusi, ma subiscono gli effetti di infinite interazioni sociali, anche globali. Va maturata un “progressive sense of place” in cui pensare i luoghi come spazi fluidi, mutevoli, costantemente rinegoziati. Es: New York e Londra, luoghi che hanno fatto del loro cosmopolitismo e multiculturalità la loro auto-rappresentazione. Massey apre la strada a una riflessione sul luogo che va oltre i classici dualismi locale/globalle, luogo/non luogo, aperto/chiuso, soggettivo/oggettivo. → Children’s Geographies e Common Worlds Research Collective: (punto di vista ecologico) luogo come parte in un ecosistema, focus relazione e convivenza tra società umana e ambiente naturale, rapporto tra bambini e luoghi. Esempio: luoghi della nostra quotidianità scomposti durante la situazione pandemica e necessità di ricomporli per riconsiderarli nostri rifugio. - Nonluoghi (Augé) = spazi dimessi, marginali, anonimi delle periferie divenute centrali nella geografia urbana contemporanea. Augé definisce dapprima il “luogo antropologico” come una costruzione simbolica e al tempo stesso concreta dello spazio, alla quale fanno riferimento tutti coloro ai quali essa assegna un posto. Definisce così il “nonluogo” come uno spazio che non può definirsi né identitario né relazionale né storico (1993): alcuni esempi sono gli aeroporti, gli autogrill, i villaggi turistici (spazi che ospitano una popolazione che però non li abita). I suoi studi rappresentano le basi della critical ethnography. → Questo è stato fortemente contestato, anche dai geografi, che hanno risposto che magari uno può passare la vita a lavorare in aeroporto, innamorarsi lì, … : la sedimentazione di pratiche, memorie può avvenire comunque, quindi è molto difficile in una società come la nostra, con una mobilità così spinta, pensare che quelli non siano luoghi carichi di significato. Poi ci sono anche i luoghi che vengono replicati: es. rappresentazioni di Venezia e Parigi a Las Vegas. Il paesaggio Concetto che indica allo stesso tempo un oggetto e la sua rappresentazione. Dagli anni ‘80 il paesaggio è stato definito come “modo di vedere”, “testo” e prodotto di una serie di pratiche. Il suo concetto va sempre contestualizzato, talvolta veniva concepito come “modello del mondo” alternativo alla carta geografica, e quindi veicolo dell’illusione di oggettività ed esaustività (per esempio quando si introdusse la tecnica della prospettiva, secondo Cosgrove). I passaggi che ne hanno determinato lo studio permisero comunque di abbandonare questa illusione per riscoprire il punto di vista del soggetto, interpretazione che oggi sta alla base dell’analisi geografica. ❖ Paesaggio come “modello del mondo”: - il primo a pensarlo come oggetto scientifico fu Humboldt → maschera un intento politico: dal momento che il paesaggio era un concetto appartenente all’estetica letteraria borghese, rispetto a quello di carta (vicino allo sguardo sul mondo del potere aristocratico), Humboldt intendeva soppiantare il potere aristocratico rendendo scientifico il concetto di paesaggio. Opera “Quadri della natura”: Viandante sul mare di nebbia di Friedrich, 1817: dialogo fra soggetto rappresentato e soggetto osservatore: due opzioni: a) il soggetto è rappresentato, e pensato, nel paesaggio b) la presenza del soggetto nel quadro lega il paesaggio al punto di vista: cioè esplicita il paesaggio sia uno dei modi di vedere il mondo. La soggettività come parte integrante del mondo è un’interpretazione attuale che va oltre i concetti binari di soggetto/oggetto, ma viene abbandonata col riaffermarsi dell’idea del mondo positivista come oggetto di studio da studiare con uno sguardo distaccato e neutrale - Inizi del 900: paesaggio come insieme di oggetti. Punto di vista oggettivo ereditato dal positivismo francese e tedesco adottato dalla scuola francese di Vidal de la Blanche, dalla “geografia del paesaggio” di Passarge, dal “paesaggio terrestre” di Biasutti. - Anni ‘60, Lucio Gambi: lo sguardo sul paesaggio è parziale. Focus non più sul visibile nel paesaggio, ma sull’invisibile ossia sulla componente storica e sociale riflessa sul paesaggio. Si anticipa così il pensiero critico inglese degli anni ‘80. ❖ Il paesaggio come “modo di vedere” → Dematteis: l’ordine geo-grafico della cartografia è, invece, un sistema di coordinate del tutto estraneo alle cose rappresentate. La carta non ci dice nulla dei luoghi rappresentati, eppure pretende di rappresentarli come tali e non come punti, di cui ci dice solo distanze, superfici, figure. Così noi ci abituiamo ad associare queste proprietà geometriche agli oggetti. Molti esperti GIS (Geographical Information Systems) vorrebbero produrre una mitica mappa totale, la stessa pretesa che hanno chi si occupa di remote sensing (immagini satellitari), per quanto la tecnologia di oggi sia molto avanzata. Tutte le carte, anche quelle elaborate dalla cartografia scientifica sono sempre state e sempre saranno dei prodotti culturali, sociali e politici; la loro analisi e la loro funzione comunicativa non possono essere astratte dal sistema di relazioni sociali. La decostruzione della carta - Il potere ha fatto sempre ricorso alle carte per sostenere le proprie argomentazioni, in modo acritico - la produzione scientifica induce a pensare il territorio secondo le logiche dello spazio geografico - lo Stato nazione moderno europeo ha imposto al mondo il suo modello nel progetto coloniale avvalendosi delle carte - Franco Farinelli e successivamente Brian Harley, pionieri della decostruzione della cartografia. Harley in Deconstructing the map mette in discussione la carta come unico modello di rappresentazione e lo definisce uno strumento tecnico del potere di matrice positivista. Harley si sofferma su due regole sottese alla produzione cartografica: - la prima è “la regola dell’etnocentrismo”, esempio l’adozione convenzionale del meridiano di Greenwich era il riflesso dell’egemonia britannica del tempo - la seconda è “la regola dell’ordine sociale”, le carte cioè fanno apparire come “naturale” l’ordine sociale dominante → le carte ci parlano tanto di quello che includono e di quello che omettono. I “silenzi cartografici” riflettono un sistema di relazioni di potere. Esempio: le carte ad uso turistico omettono di citare le bidonville (le abitazioni marginali). Un’altra forma celata di potere della cartografia è quella di disciplinare il mondo attraverso una specifica modalità descrittiva. Le carte normalizzano, fanno apparire come naturale e immutabile, le differenze sociali (es povertà/ricchezza). Accettiamo come naturale il concetto di confine, per esempio, quando è una tecnica di potere e controllo. La regione e il territorio Il concetto di regione è vario e ambiguo, in Italia lo assoceremmo a una cartina geografica, ma può essere inteso come “regione artica” (clima), “regione montuosa" (morfologia terrestre) - Richard Hartshorne (anni 30) spazio che si distingue da altri spazi e si estende nella misura di questo suo distinguersi. Molte regioni amministrative vengono identificate a seconda delle necessità, attraverso una serie di parametri diversi: quello etnico-linguistico; quello fisico-naturale; quello storico e quello basato su forme territoriali originate dallo sviluppo urbano e/o economico. Naturalizziamo anche la regione, come se non fosse una costruzione politico-culturale. La regione formale Primo criterio per differenziare le regioni: carattere fisico-naturale. Intorno al 1700 il geografo Philippe Buache parla di “regione naturale” dividendo il territorio basandosi su bacini fluviali. → regione come unità organica che influenza gli abitanti che ci vivono. Nel 900 focus sulla componente umana delle regioni, per indagare sulla differenza tra popolazioni civilizzate e non (colonialismo). La regione funzionale Berry e Hägerstrand (anni 50/60) propongono modelli meno statici per definire una regione. Criteri di attrazione, connessione, coesione esercitate dall’azione coordinatrice dei poli urbani e industriali. Le regioni si fanno centri di gravità e polarizzazione dai centri di accumulazione di persone e mezzi: la regione esiste in relazione alle funzioni che ha rispetto a questi centri. Le specificità materiali dei luoghi vengono rimpiazzate da campi di forza invisibili. Approccio riduttivo, secondo Vallega. La regione sistemica Regione come un sistema (no struttura) aperto, dinamico, mutevole, di cui si contemplano relazioni e processi in divenire. Analisi su un piano multi scalare: sistema dentro a un sistema più grande (Veneto dentro Italia, Europa, mondo) e in relazione con esso. Regione cartografica, regione e potere L’esigenza di frazionare il territorio serve a dominarlo concettualmente. La logica cartografica congela queste divisioni regionali e le naturalizza, processo insidioso → the prison house (definito dalla critica artistica) della lingua che ci ingabbia in uno specifico mondo e ci separa dal resto. Nella divisione regionale ritroviamo “ordine e coerenza”, che tanto vorremmo trovare nella realtà. Tracciando un confine si modifica non solo la rappresentazione, ma anche la realtà stessa, anche in modo drammatico (vedi dissoluzione Jugoslavia). Duplice ruolo della regione: - salvaguardia del particolarismo e delle specificità locali (es. leggi per la tutela minoranze linguistica) - strumento di controllo sul territorio da parte del Governo, facendosi garante dell’unità nazionale del Paese. Lo Stato nazione Lo Stato territoriale Lo Stato moderno ha avuto origine nell’Europa del XVII sia come modello geografico ideale di organizzazione della politica, sia come modello alternativo di organizzazione socio-economica rispetto a quello imperiale e a quello reticolare (basato su coalizioni legate a interessi commerciali), che avevano dominato la configurazione spaziale della politica europea nei secoli precedenti. La scelta di “Stato” come forma ideale di organizzazione politica e morale del territorio è il risultato di cambiamenti di ordine politico, militare ed economico. - All’inizio del 500 la geografia politica europea consisteva di un tessuto in cui si intrecciavano entità territoriali diverse quali Sacro romano impero, papato, città-stato… - Prima del XVII secolo, i territori fedeli al singolo sovrano erano spesso distanti dal punto di vista spaziale. - Durante la cosiddetta ‘età delle dinastie’ (1400-1559) la formazione di coalizioni tra diverse entità politico-territoriali era sovente l’esito della combinazione di guerre, matrimoni tra le classi regnanti e eredità. - Soltanto alla fine del XVI secolo il controllo politico e militare del territorio comincia a tradursi in un tentativo di produrre entità compatte e contigue: gli Stati. - La Pace di Vestfalia del 1648 è generalmente riconosciuta come l’evento che ha segnato la nascita ufficiale dello Stato moderno sulla scena europea (diritto per ciascuno Stato di esercitare la propria sovranità sul territorio). - L’affermarsi dei primi stati territoriali è anche l’esito di guerre di religione in Europa (durante la Riforma e controriforma) e dell’affermarsi dell’economia capitalista a livello globale. - La successiva grande trasformazione nell’evoluzione dello Stato territoriale, arriva con le rivoluzioni francese (1489) e americana (1755-1783). Questi due eventi portano infatti un cambiamento epocale. → In precedenza, la sovranità era un dato di fatto che derivava da un’investitura di ordine divino. Le rivoluzioni dei cittadini attaccano direttamente questa pretesa e questa legittimità. Quegli stessi cittadini sono ora investiti da tutta una serie di nuovi diritti e doveri, diversi da quelli dei sudditi. La funzione dello Stato è innanzitutto quella di assicurare i diritti dei propri cittadini. Dalla nazione allo Stato nazione Nel corso del XVIII e XIX secolo, all’unità politico-amministrativa dello Stato si associa l’ideale della nazione, segnando così l’inizio dell’era dello Stato nazione. Connor: i veri Stati-Nazione hanno i confini territoriali che coincidono con quelli amministrativi e nei quali la popolazione è omogenea al suo interno. Approccio costruttivista (influenza di Hobsbawn e Anderson, inizio anni 90): nazione come costruzione sociale e politica caratterizzata da una specifica storia legata allo sviluppo dello Stato moderno e del capitalismo globale. Comunità immaginate fondate sull’invenzione di una tradizione (nazionale) da parte di un’elite. Le rivoluzioni francese e americana hanno sancito la nazione dei cittadini. Massimo D’Azeglio: “Adesso che abbiamo fatto l’Italia facciamo gli italiani” riassume la netta separazione tra progetto nazionale e sentire popolare. In effetti la comunità immaginata è unita solo da un immaginario condiviso. Muore la visione universalistica tipica delle comunità religiose → il declino delle religioni coincide con la nascita del nazionalismo verso fine 700. Per questo il concetto di nazione assolve anche all’improvviso dissolversi del paradiso e della salvezza, garantendo continuità tra passato e futuro, rendendosi pensabile, legittima e naturale. Altra nuova caratteristica è l’idea della comunità limitata, per garantire la possibilità di controllo e quindi la propria sovranità. Lo Stato nazione moderno dunque ricorre a un discorso condiviso di appartenenza e identità per assicurarsi la fedeltà dei cittadini, solidificando quel senso di unità che si traduce per Marshall Johnson in una sorta di “relazione di compresenza”. Nel progetto di costruzione della nazione hanno un ruolo i mezzi di comunicazione di massa (print capitalism), la codificazione di lingue nazionali, un sistema educativo pubblico nazionale, la leva militare, diffusione apparato amministrativo statale, i quotidiani (es. analisi di Billing in Banal Nationalism). Il richiamo alla nazione è così famigliare e continuo da non essere percepito come tale (es. “Italia 1”, targa con iniziale “I”, carta d’identità, campionati di calcio…) Capitolo 4. GEOGRAFIE DELL’AMBIENTE E DELLO SVILUPPO 4.1 Natura, ambiente e sviluppo nel pensiero geografico La nascita della critica socio-ambientale in geografia Fino agli anni 60, la natura era intesa come entità distinta e contrapposta all'agire umano. Il determinismo sfruttava questa separazione per giustificare concettualizzazioni di supremazia razziale evidenziando il ruolo della forza della natura nel condizionare le società umane e nel determinare i destini. Vidal de la Blache, nei primi decenni del XX secolo, apre la critica al determinismo e una nuova tradizione di geografia umana (che avrà impatti sulla riflessione storiografica, in particolare sulla rivista Annales d'histoire économique et sociale). Egli riconosce il ruolo dell’agire umano nella modifica della natura. Nel secondo dopoguerra, Lucio Gambi sottolinea come i processi storici influenzino l’ambiente (studiando le bonifiche del Delta del Po e della Romagna) e come i gruppi umani siano parte integrante della complessità della natura, non separati da essa. Anni 50: avviene una globale e accelerata trasformazione ambientale dovuto al proposito di governare la natura attraverso l’interazione tra controllo politico e progresso scientifico e tecnologico. Inoltre, il governo centralizzato delle risorse naturali, come il petrolo, il gas e le acque, diviene in molti Paesi strumento strategico di legittimazione e consolidamento politico a scala nazionale e internazionale (es. francobollo sovietico del 1959, celebra il potere centralizzato dello Stato dello sviluppo infrastrutturale idraulico del dopoguerra). Rachel Carson: in Silent Spring (1962) critica l’impatto ambientale del boom economico capitalista statunitense e lo sfruttamento intensivo nella produzione agricola (pesticidi e ddt) sostenute da corporation private. Anni 60: primi movimenti ambientalisti statunitensi. La spinta verso un confronto politico sul diritto ambientale si deve inizialmente a: - movimenti ambientalisti e operaisti europei, - geografia critica + altre scienze sociali - movimenti socio-politici di rivendicazione di decolonizzazione e accesso alla terra Anni 70: Gli storici Caldwell et al. definiscono l’importanza dell’ecologia in quanto disciplina anticapitalista verso un riequilibrio dei rapporti umani con ambiente. Castells: produce una geografia dei movimenti ecologici radicali nelle grandi città europee. Meadows et al. “I limiti dello sviluppo”, impo pubblicazione frutto di un lavoro interdisciplinare. 1972, Stoccolma: Human Environment, primo dibattito nella conferenza Onu sul rapporto ambiente-sviluppo (prima forma di international environmental politics). Laura Conti: le problematiche ecologiche assumono un ruolo sempre più centrale nelle lotte di classe e operaie. Apporti importanti dal confronto tra pensiero marxista e ambientalismo radicale. - Ricadute socio-economiche (aumento della siccità e della desertificazione e conseguente minore resa agricola, impatto su popolazioni locali e causa di flussi migratori Climate Hotsposts: zone particolarmente vulnerabili agli impatti Le cause Aumento delle concentrazioni di gas a effetto serra in atmosfera (anidride carbonica, vapore acqueo, metano…): ● Incremento influenzato da processi antropici, in particolare dall’uso di combustibili fossili per attività industriali, agricole, di trasporto ● Presenti in quantità piccole in atmosfera, ma fondamentale ruolo regolatore ● Anidride carbonica → da 280 parti per milione (ppm), prima della rivoluzione industriale a 420 ppm nel 2021, superamento della soglia di guardia dell’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change), organismo di ricerca climatica costituito dall’Agenzia delle Nazioni Unite per l’Ambiente. ● Conseguente aumento delle temperature: dal 1880 ad oggi la temperatura media del pianeta è aumentata di circa 1˚C e l’IPCC stima che le temperature potrebbero aumentare da 1,1˚C a 5,4˚C entro il 2100. ● Degrado ambientale e deforestazione (riduzione della capacità di assorbire l’anidride carbonica), frutto principalmente dello sfruttamento di risorse naturali, impatto in particolare sui gruppi più vulnerabili quali i poveri, donne e giovani, interagendo con aspetti sociali, politici, culturali ed economici. Rischio, vulnerabilità e resilienza climatica Necessario trovare una connessione tra la scala locale e quella globale, sia per quanto riguarda le cause, sia per quanto riguarda il rischio e la vulnerabilità dei diversi territori. ● Rischio climatico: possibilità di conseguenze a beni e oggetti associate ad eventi connessi al clima, e dipende dalla condizione sociale dei diversi individui e gruppi e dal contesto naturale e culturale in cui vivono. ● Vulnerabilità: propensione a subire conseguenze negative. ● Resilienza: capacità di un gruppo sociale o di una comunità di rispondere ad un evento rischio (propensione all’adattamento). Vulnerabilità e resilienza offrono una prospettiva di analisi della distribuzione degli impatti e della percezione dei cambiamenti climatici, facendo emergere le varie disuguaglianze globali, ad esempio per i Paesi del Sud Globale → basso contributo all’emissione dei gas serra, ma maggiormente interessati dagli eventi associati ai cambiamenti climatici (minore capacità di adattamento e di mitigazione, dovuta ad una più scarsa capacità e una minore disponibilità finanziaria) ● Concetto di (in)giustizia climatica: consente di analizzare la relazione tra cambiamenti climatici e la distribuzione degli impatti a livello territoriale e della povertà, mettendo in risalto l’efficacia (o meno) delle risposte neoliberiste. Governance climatica Nuova politica globale sviluppatasi con la costituzione della commissione Quadro sui cambiamenti climatici durante la conferenza di Rio COP13: Protocollo di Kyoto 1997: ● Entrato in vigore «al 90° giorno dopo la data in cui non meno di 55 Paesi della convenzione che producevano almeno il 55% delle emissioni di biossido di carbonio del 1990, avranno depositato i propri strumenti di ratifica, approvazione e accettazione», nel 2005 con la ratifica della Russia. ● Obiettivi: introduzione di obiettivi vincolanti di riduzione del 5,2% delle emissioni globali di gas serra da parte dei Paesi industrializzati, noti come Annex B, rispetto al 1990 Le restanti Nazioni cosiddette «in via di sviluppo» raccolte nel Non-Annex, acconsentirono a porsi degli obiettivi di riduzione che però non erano legalmente vincolanti, in quanto rispondevano a uno dei principi del protocollo ’principio di responsabilità comuni ma differenziate’ Altri due principi: ● Principio di precauzione: atteggiamento prudenziale di fronte ad azioni di cui non si conoscono le conseguenze ● Principio di cooperazione tra parti: collaborazione tra paesi dell’Allegato I e Non-Allegato per raggiungere gli obiettivi Strategie del protocollo: Mostrano quanto la governance climatica sia influenzata da prospettive neoliberiste in cui i paesi sono interessati prima di tutto ai propri interessi finanziari e alla loro posizione dominante nel commercio globale Strumenti del Protocollo basati sul Carbon Trading: ● Carbon Sink: assorbimento e stoccaggio di anidride carbonica attraverso l’utilizzo di strumenti e tecnologie ● Meccanismi flessibili: Clean development mechanism; joint implementation; emission trading ● Emission trading: permette di commerciare crediti di carbonio (emission reduction units) tra Paesi dell’Annex I e Annex B per adempiere ai loro obblighi di riduzione → Meccanismo che si fonda sul principio del Cap-and-Trade, secondo cui viene fissata una soglia di emissioni che ogni Stato può produrre (Cap). I singoli Paesi ricevono quindi un tot di crediti di carbonio che possono essere scambiati o commercializzati (trade) tra diversi Paesi attraverso il mercato del carbonio ● Joint implementation (JI): permette ai Paesi dell’Annex B di investire in progetti volti alla riduzione delle emissioni in Paesi con vincoli di emissione e ricevono quote di riduzione ● Clean development mechanism (CDM): permette ai Paesi dell’Annex B di investire in progetti di sviluppo sostenibile o riduzione delle emissioni nei Paesi del Non-allegato e ricevono quote di riduzione Finanzia climatica globale L’istituzionalizzazione del carbon trading da parte della governance climatica globale attraverso la cosiddetta finanza climatica globale si è rilevato poco proficuo per il benessere del clima e delle popolazioni che abitano il Pianeta. La sostenibilità finanziaria è diventata l’elemento caratterizzante della governance climatica da Kyoto in poi→ Si ricordi: COP13 nel 2007 a Bali; COP15 nel 2009 a Copenaghen; COP21 nel 2015 a Parigi. ● COP13 Bali: si stabilisce una road map, un piano per negoziare un accordo successivo al protocollo che prevede di definire i meccanismi per attuare l’appoggio tecnologico e finanziario da parte dei Paesi di economia avanzata verso quelli ad economia emergente e in via di sviluppo ● COP15 Copenaghen: accordo globale a mantenere entro 2°C l’aumento delle temperature nei prossimi anni e diminuire le emissioni del 50% entro il 2030 ● COP21 Parigi: mantenere il riscaldamento «ben al di sotto di 2°C rispetto al periodo preindustriale, ma sforzarsi per rimanere entro i 1,5°C» → Criticità di COP21: - Poca chiarezza sugli obiettivi che i Paesi dovrebbero raggiungere - Impegni presi attraverso il INDC (intended nationally determined contribution) non sono vincolanti - Non ci sono forme di controllo da parte della Convenzione sui cambiamenti climatici, ma solo verifiche quinquennali effettuate dai Paesi stessi Criticità del Protocollo di Kyoto: - I meccanismi neoliberisti promossi attraverso questo accordo rimangono inalterati anche nelle COP prima citate, rendendo così vani gli sforzi di riduzione delle emissioni globali e favorendo al contempo gli interessi dei grandi gruppi finanziari globali piuttosto che il benessere del Pianeta e delle popolazioni che lo abitano. - Appare chiaro che la governance climatica globale si è focalizzata fin da Kyoto sulla mitigazione delle cause, ma ad essa si è affiancata la necessità di avviare forme di adattamento climatico: la prima agisce sulle cause, il secondo sulle conseguenze ed insieme rappresentano le soluzioni politiche alla crisi climatica. La crisi ambientale e climatica tra Antropocene e Capitalocene Nel 2000 il chimico Paul Crutzen e il biologo Eugene Stoermer avanzano il concetto di Antropocene → Per Antropocene si intende una nuova era geologica, successiva all'Olocene, caratterizzata dall'impatto sulla terra delle attività umane e dal rischio di eventi estremi e potenziali catastrofi ambientali e climatiche. La geografia analizza l'etimologia del termine sottolineando come le responsabilità della crisi ambientale e climatica non si possano attribuire in modo generico all'essere umano, ma come sia necessaria un'analisi approfondita della complessità e delle diseguaglianze socio-politiche e ambientali a scala globale all'origine di questa crisi. Jason Moore riflette sui rapporti di dominio e subordinazione che si celano sotto la dicotomia uomo-natura e sull'origine della modernità capitalistica → ipotizza una natura capitalogenica della crisi ambientale e climatica. Capitalocene → sistema globale di interazioni tra accumulazione di capitale, rapporti asimmetrici di potere e produzione di natura attraverso le leggi del valore, le quali implicano un progressivo deterioramento degli equilibri socio-economici giungendo così alla crisi economica. Il post sviluppo Approccio che si sviluppa attorno agli anni '80, ma si concretizza solo nel decennio successivo I tratti distintivi del filone di studi sul post-sviluppo sono essenzialmente tre: ● Atteggiamento fortemente critico nei confronti della nozione di sviluppo ● Il tentativo di superare la nozione stessa di sviluppo ● Constatazione che le teorie dello sviluppo hanno tutte fallito nel riconoscere le cause e nel trovare soluzioni al sottosviluppo ● Dicotomia sviluppato/sottosviluppato ● Critica gli approcci mainstream dello sviluppo per non aver considerato le zone d'ombra dello sviluppo di matrice occidentale ● Approccio eco-femminista di Vandana Shiva → sostiene che il processo di greening non sia qualcosa di positivo a prescindere, anzi che le teorie per uno sviluppo alternativo siano venute a patti con le teorie di sviluppo mainstream proponendo una versione più accettabile della visione neoliberista, delle cause e delle soluzioni al sottosviluppo. Secondo l’antropologo Arturo Escobar il superamento della concezione modernista dello sviluppo porterà a far emergere nuove visioni del mondo basate sulle conoscenze locali di coloro che attualmente sono sottoposti all’egemonia del pensiero moderno occidentale → il Buen Vivir prevede il recupero di saperi e tradizioni di alcuni popoli indigeni, prendendo le distanze dalle idee occidentali di progresso e promuovendo una concezione di vita buona e rispettosa della natura Critica al post-sviluppo → assenza di proposte concrete per risolvere i mali dello sviluppo. Il pensiero post-sviluppista non si propone di provare dei modelli di sviluppo territoriale, ma vuole arrivare a decostruire i discorsi e il pensiero dominante dell’approccio modernista di sviluppo Ecologia politica Prospettiva critica alle problematiche ambientali, riconcettualizzazione delle relazioni socio-ambientali e riflessione sul rapporto tra capitalismo, gestione dell’ambiente e asimmetrie di potere. Politicizzazione dell’ecologia, riconoscendo i limiti del pensiero ecologico tecnico-scientifico e neomalthusiano, mettendo in crisi la tesi dell’eco-scarsità e evidenziando il concetto di limiti alla crescita e la natura politica dell’inquinamento. Decolonizzazione pensiero scientifico: utilizzo di prospettive progressiste e radicali e importanza dell’analisi delle problematiche socio-ambientali, basata sul lavoro sul campo, approfondendo così saperi, esperienze e pratiche di soggetti e comunità radicati nei territori. ● Anni ’70: Gorz (1977), fra i primi a sviluppare la prospettiva dell’ecologia politica. Contraddizioni tra la natura, i suoi equilibri, e l’affermarsi dei processi di accumulazione capitalista. Necessità di superare le dinamiche di potere capitaliste, attraverso nuove relazioni socio-ecologiche basate sull’emancipazione, il sapere delle comunità e adeguati meccanismi di accesso alle risorse. ● Anni ‘80: Blaikie (1985), processi come degradazione ed erosioni dei suoli in vari contesti del Sud globale, sono riconducibili a specifiche politiche economiche, a dinamiche estrattive e a regimi di accumulazione trans-scalari. Politiche spesso finanziate da organizzazioni internazionali e varie agenzie governative internazionali, che, attraverso progetti e investimenti, mirano, sulla carta, a sradicare la povertà e a promuovere lo sviluppo nel Sud globale. ● Anni ’90: critica alla neoliberalizzazione dell’ambiente e necessità di ripoliticizzare la questione ambientale, in contrasto, appunto, all’approccio neoliberista in materia. ● Anni 2000: tre punti chiave dell’Ecologia politica: - impegno teorico - ricerca sociale partecipata - giustizia socio-ambientale e climatica I più importanti: Londra, New York e Tokio. ● Queste città subiscono una denazionalizzazione: la loro identità nazionale sfuma grazie alla maggiore connettività che hanno col mondo, anche rispetto agli Stati stessi (appaiono come entità indipendenti, che competono con altri Stati in politica ed economia). ● Nuove professionalità (influencer, rider…) e + consumi culturali ● Esercito di lavoratori malpagati necessari alla sopravvivenza di queste città globali. ● Queste città sono le principali mete del turismo internazionale e grazie alla loro city branding influenzano e contribuiscono alla trasformazione delle altre città del mondo, un successo da imitare. Ultimi anni (2000 in poi): Capitalismo delle piattaforme, legato allo sviluppo di grandi imprese tecnologiche: Amazon, Google, Facebook, Apple e Airbnb: - controllo di una serie di attività produttive attraverso il web - influenza crescente sui mercati globali - modificano lo spazio urbano - possibile insediamento nelle politiche di governo Effetti dei processi di globalizzazione: nuovi posti di lavoro e opportunità economiche VS divario sociale maggiore Capitolo 6. GEOGRAFIE CULTURALI Concetto di heritage: “eredità” patrimonio storico, artistico, culturale e naturale. ● Funzione politica e sociale: l’heritage si fa meccanismo di produzione del sapere associato al potere, poiché sono le istituzioni a scegliere cosa è heritage per raggiungere obiettivi contemporanei (es. identità nazionale, celebrazione di determinati ideali, ecc). ● Dibattito: la heritage industry (musei, parchi tematici, luoghi della memoria, mass media ecc) spesso non rappresenta il passato in maniera autentica, ma lo reinterpreta in chiave contemporanea (Robert Hewison). → eliminazione/alleggerimento di un certo passato non funzionale agli scopi del potere costituito. ● L'heritage è un'invenzione "europea", che emerge con lo Stato nazione e nasce in parte per la necessità di dare corpo a una narrativa storica che rimarcasse idealmente i confini fra le popolazioni delle grandi potenze coloniali e le popolazioni colonizzate, come tentativo di definire il sé. ● Fonte inesauribile (tutto del passato può diventare heritage) da cui poter inventare o ricreare immagini di luoghi e comunità del mondo ● Risorsa primaria dell’industria del turismo ● I governi la utilizzano per fare marketing territoriale (rendere appetibili alcune mete e attirare capitale), per accentuare il “sense of place” e per proporre un’immagine apparentemente onesta della realtà cittadina, in realtà illusoria perché limitata ● Esempio di sfruttamento "negativo" dell’heritage è Venezia, perché costantemente monitorata dall'Unesco e minacciata più volte di essere estromessa poiché accusata di non saper gestire la valorizzazione del proprio territorio ● Heritage dal basso (Robertson “heritage from below”): è possibile che lo stesso heritage possegga diversi significati (a seconda dell’osservatore) in opposizione tra loro vs heritage tradizionale che si impone sul fruitore → Avviene quando si dà un’interpretazione diversa a un monumento/sito heritage rispetto alla narrativa storica che incorpora “ufficialmente”. Es.statua di Bruce Lee ● Luoghi della memoria: servono a creare un legame solido tra una comunità e il suo territorio, facendo leva sulla condivisione di una storia pregressa. Scopo: universalizzare solo una parte storica di un popolo. ● UNESCO: «brandizzazione» del patrimonio culturale con marchio classificatorio. Inclusione/esclusione. ● Sacralizzazione oggetti e uso di simboli (es: auschwitz) Spazi monumentali: di più forte impatto perché: - più accessibili (nei luoghi pubblici, piazze) + significato di facile fruizione - collocato dal potere - scopo: creare sentimenti condivisibili - punto storico-ideologico del paesaggio in cui promuovere partecipazione attiva dei cittadini → Memoryscape (Tim Enderson) monumenti e luoghi di memoria di una memoria hanno lo scopo di creare un senso di appartenenza alla patria e rendere coesa una comunità Museo: - Nell’800: veicolo di storia oggettiva, neutrale e scientifica (visione positivista), ammessa un’unica “storia” - luogo di ricostruzione e composizione dell’heritage (oggetto analizzato, schedato, esposto e “sacralizzato”) - luogo in un cui vi è una narrazione museale non oggettiva → esempio di "narrazione museale": diverse rappresentazioni della guerra (museo dell’Olocausto>compassione; museo in un castello medievale>guerra come virtù dell’uomo valoroso; un museo dedicato alle armi> descrizione materialistica, occultando effetti distruttivi, guerra = lavoro di professionisti con armi sempre più tecnoligiche. Le geografie del consumo: Settore di studi che analizza le merci e la trafila di produzione-consumo che le caratterizza. Scopi: ● mettere in luce le relazioni tra i diversi luoghi attraverso cui tale trafila si dispiega (approccio biografico delle merci, Arjun Appadurai e Igor Kopytoff) ● indagare il ruolo del consumo nella costruzione di un’identità collettiva e individuale → consumatore succube delle strategie marketing ma mantiene una propria “agency” ● Luoghi di indagine da parte delle scienze sociali su: - Luoghi turistici: mete, parchi tematici, festival market place; - Grandi centri commerciali - Media: immagini usate dal marketing territoriale, foto, cartoline, film e fumetti; - Spazi ove gli oggetti acquisiscono un’identità ● Feticismo della merce (Marx): la nostra incapacità di individuare il valore della merce nel lavoro umano che essa incorpora. Le merci infatti non mettono in mostra le relazioni sociali, geografiche e spazio-temporali che stanno alla base della produzione della merce stessa. Si deve quindi indagare la “biografia della merce” per mettere in luce le relazioni sociali che l’hanno prodotta (es: Shein e sfruttamento dei suoi dipendenti cinesi) Commodities: tutto ciò che è commercializzato (beni, servizi, idee, persone e/o parti di esse). "Fasci di relazioni sociali": - connotate da associazioni simboliche (Gilette: “shave like a bomber”, uso di testimonial, colori, motti che rappresentano un “mondo simbolico”) → cosa sta dietro la semiotica del prodotto? Food geographies Indagano il rapporto tra consumo di cibo ed esseri umani (es spettacolarizzazione del cibo). Si parla anche di “more than human geographies”: rapporto tra corpo e cibo (fattori sociali e geografici che intervengono nel nostro rapporto col nutrimento)>si evidenzia come il mangiare non si una semplice azione metabolica (reti globali del consumo, della produzione, impatto ambientale) Spazi globali Globalizzazione: Mondo (scala globale) come mosaico di Stati nazionali (scala locale): l’idea di mosaico è messa in discussione dalla globalizzazione. ● McLuhan parla di “villaggio globale”: mondo come villaggio dove tutti sono in contatto. Attraverso le nuove tecnologie sappiamo in diretta che cosa succede dall’altra parte del mondo. ● Allen: la globalizzazione agisce sull’economia, sulla politica e sulla cultura 1) Globalizzazione dell’economia: non sono scomparsi i confini tra stati ma le multinazionali ne hanno mutato la rilevanza in ambito economico. Le multinazionali hanno creato un mondo senza confini per poter spostare senza difficoltà grosse somme di denaro. ● Movimenti no global contro il capitalismo, oppure movimenti fondamentalmente populisti contro gli effetti della globalizzazione (pochissimi ricchi che ne beneficiano, molto divario sociale) 2) Globalizzazione della cultura Omologazione culturale/americanizzazione: - strapotere economico degli Usa - monopolio linguistico dell’inglese - uso dei social Le multinazionali tentano di rendere uguali i gusti di acquirenti di differenti parti del mondo per poter esportare lo stesso prodotto. In alternativa, sfruttano le differenze culturali per trarne vantaggio (es. McDonald’s fornisce diversi menù in diversi Paesi). Una effettiva “cultura globale” omogenea è irrealizzabile: esiste invece un’interazione tra locale e globale che produce la nascita di culture ibride. Migrazioni di massa: favoriscono la crescita nelle città di una cultura cosmopolita che influenza la nostra quotidianità (es. ristoranti etnici) 3) Globalizzazione della politica Non siamo di fronte alla “fine degli Stati nazioni”: ma i Paesi non possono affrontare in maniera autonoma i problemi contemporanei. La sicurezza nazionale è un problema transnazionale (es. crisi climatica): tutti gli stati ne sono toccati, anche coloro che inquinano meno. Capitolo 7. GEOGRAFIE DELLA MOBILITÀ “In the Move” di T.Cresswell: nuovo paradigma nell’intendere diversi tipi di mobilità: non ci sono spazi e luoghi fissi, ma essi si trasformano in base alle pratiche che li coinvolgono → al centro vi è il concetto di pratica spaziale che coinvolge il corpo, i suoi affetti e i suoi sensi. Mobility turn che prende il posto dello spatial turn, che ha caratterizzato lo studio delle scienze umane negli ultimi anni del 900. Cresswell teorizza una nuova “metafisica” (la costruzione di paradigmi, ossia modi di pensare il mondo): flusso (al posto di “fissità”), nomade (al posto di “sedentaria”) ● Il pensiero della società moderna era caratterizzato da uno “spatialized odering principle”, ossia una metafisica della sedentarietà come principio per “disciplinare” lo spazio da parte degli Stati nazioni, i quali davano alla mobilità un’accezione negativa (minaccia, disordine). Anche l’idea di “luogo” è statica → la mobilità non promuove l’emergere del “sense of place” di Tuan. ● Fra modernità e postmodernità si afferma il “pensiero nomade” → “Mille piani” di Deleuze e Guattari, testo che spiega meglio il concetto: i punti geografici sono subordinati al tragitto. Il nomade abita uno “spazio liscio”, esente dalle delimitazioni precostituite. Anche le grandi città sono spazi lisci. ● Michel de Certeau: concetto di tattiche ( = mobilità che sfuggono agli spazi urbani pensati dall’alto, iscritti sulle carte geografiche. Camminare può essere considerata una di queste, perché ricostruisce il significato degli spazi ed è una pratica imprevedibile. Il flaneur, colui che girovaga in un posto senza meta precisa, infrange il concetto di sedentarietà → idea ispiratrice di un turismo contemporaneo ● Cresswell riflette sull’idea di mobilità dopo pandemia. Crisi delle migrazioni Le mobilità migranti, nel loro essere in esubero rispetto all’ordine territoriale degli Stati nazione, mostrano con particolare evidenza la crisi di questi ultimi e della ragione cartografica li ha costruiti sulla base di confini e popoli che vanno protetti da possibili infiltrazioni (retorica della sicurezza) La “crisi” delle migrazioni, quindi, è il riflesso di un’altra crisi: quella dello Stato moderno, che è statico (anche nel nome) per eccellenza, perché di natura territoriale, concepito cartograficamente. Anche il principio di cittadinanza è territoriale, in quanto legato all’ordinamento politico dello Stato nazione. Karl Haushofer è colui che, ancora più di Mackinder, popolarizza l'idea di geopolitica. Egli ne fonda un campo di saperi (in qualche maniera era una strana commistione di sapere accademico e di sapere popolare) che verrà chiamato “Geopolitik”. Geopolitica e impero Mackinder: geopolitico (tra i primi) a sostegno del progetto britannico. Assegnazione a ciascuna regione di un ruolo gerarchico (banalizzazione del mosaico globale), giustifica così come naturale la presenza di numerose piattaforme politiche e strategie militari. Alfred MacKinder è uno dei padri della geopolitica, esplicitamente aderiva al progetto coloniale tant'è che la sua teoria, la sua visione geografica del mondo era stata coniata con l'idea che l’impero britannico dovesse preoccuparsi delle minacce che il cambiamento globale poteva comportare per il proprio dominio. Geografo che ancora oggi viene studiato nelle scuole di guerra. MacKinder stesso parla dell’appropriazione geografica del mondo: sostiene che l’uomo conosca tutto il mondo e che non abbia più nulla da esplorare, quello che rimane da fare è comprendere il suo funzionamento e capire che alcuni territori devono essere controllati dall’impero britannico per evitare il suo sfaldamento. → mappa di Mackinder: all'inizio del 900 sostiene che sia necessario comprendere cosa succederà in un’epoca in cui da un lato la tecnologia porterà ad un’accelerazione del movimento delle forze armate, dall’altra sostiene che l’impero britannico, basato sulla conquista dei mari, rischia di ridursi ed essere sconfitto. Disegna, quindi, questa mappa → punta l’attenzione su un’area centrale, Pivot, che comprende la Russia e una parte cospicua dell’Europa, un'area che se viene controllata da una sola potenza rappresenterà il punto di partenza per la conquista del mondo. Mackinder raccomandò ai geografi inglesi di impedire che la Germania e la Russia diventassero alleate perché si preoccupava che questa alleanza potesse distruggere la potenza britannica. Questa mappa è tutt'oggi utilizzata. Mackinder dice che il modo di pensare geografico è essenziale per continuare a dominare il mondo e sostiene esplicitamente che per continuare a dominare il mondo bisogna assicurare due cose: - le élite devono continuare a studiare la geografia per poter vincere le guerre - bisogna educare le masse a pensarsi un popolo centrale in un grande impero La geopolitica rispetto la guerra fredda La Russia di Stalin si stava riprendendo dopo le devastazioni naziste, rispetto all’America la quale invece non aveva vissuto la guerra direttamente sul suo territorio. ● G. Kennan: visione americana di una Russia con progetti espansionistici via terra (spirito euroasiatico). Si ripete il concetto di ragione cartografica (semplificazione del mondo come una scacchiera) ● Dottrina Truman: propone l’idea di una battaglia universale per la libertà contro i totalitarismi (post guerra civile greca). Comunismo come cancro sociale: questo discorso funge da base per la politica interventista statunitense. ● retorica degli “Stati canaglia” come potenziali minacce terroristiche: produce l’idea di una rete globale terrorista di matrice islamica → Legittimazione per fare guerra in Afghanistan e Iraq (per esempio) ● partizione di aree d'influenza: - NATO = alleanza tra alcuni Paesi europei e nord America (vs minaccia, soprattutto sovietica) - Patto di Varsavia (controparte della NATO) = patto tra paesi Est Europa e Unione sovietica. La geopolitica e la guerra in Ucraina - Forte potere performativo di una certa prospettiva geografica che fa immaginare, ad esempio, ad un ripensamento dell’Ucraina come Stato nazionale sovrano indipendente. Putin, in un discorso prima dell’invasione, sostiene l’Ucraina non ha nessuna ragione storica di essere un’entità statale. La biopolitica Per Foucault (e per Agamben): processo attraverso il quale la vita biologica comincia ad essere inclusa nei meccanismi e nei calcoli del potere statuale (da politica a biopolitica) [Differenza “stato di emergenza”, che presuppone la stabilità di un sistema, e lo “stato d’eccezione”, il suo disfacimento che apre la strada a un sistema diverso. Lo stato di eccezione, sostiene Agamben, è la sospensione delle normali garanzie liberal-democratiche, cioè dell’insieme di diritti e libertà generalmente garantite in una liberal-democrazia] In mancanza di una tutela giuridica, lo stato d’eccezione si insinua la geopolitica. → esito drammatico: politiche di segregazione razziale (es. Germania nazista → campo di concentramento come luogo per eccellenza della biopolitica moderna: spazio di eccezione per uno stato “di eccezione” che deve potersi manifestare in un luogo reale, così da poter avere accesso alla “nuda vita” dell’uomo → già le teorie darwiniste e positiviste propongono un’analisi della società in termini biologici - Agamben sullo stato di eccezione: sospensione dell’ordine in determinati spazi dove tutto è possibile - biopolitica e geopolitica: sono la stessa cosa, due espressioni dello stesso funzionamento moderno del potere (così pervadente da essere invisibile) Capitolo 10. Metodi e metodologie di ricerca sul campo in geografia La ricerca qualitativa ● Si pone l'obiettivo di comprendere le interazioni tra gli elementi che compongono la complessità e la molteplicità dell’esperienza umana (discorsi, identità, luoghi, paesaggio) → attenzione ai rapporti sociali ● Si sviluppa in contemporanea con l’etnografia e l’osservazione partecipata antropologica, si sviluppa poi negli anni ’80 in corrispondenza della crescita d’interesse rispetto gli studi di genere, studi postcoloniali ● Enfatizza la soggettività e specificità degli individui o gruppi con cui si fa ricerca vs ricerca quantitativa (metodologie statistiche matematiche come questionari, test) ● Etica della ricerca qualitativa, considerazione dell’aspetto etico: rapporto tra ricercatori e soggetti coinvolti, considerazione degli aspetti di potere, privacy, consenso informato, possibili danni alla persona ● Utilizzo della tecnica della triangolazione: uso di metodi differenti, diverse fonti, diversi ricercatori ● Diversi metodi: testuali (fonti es cartacee), orali (interviste), di osservazione (osservazione partecipante) ● scelta di chi parteciperà alla ricerca: es. campionamento casuale, finalizzato (selezionato), stratificato (sottogruppi) ● Analisi dei dati nella ricerca, le fonti dei materiali raccolti si dividono in: - primarie (generate da chi fa ricerca es interviste) - secondarie (raccolte da altre ricerche quindi riutilizzate) ● metodo deduttivo (si applica la teoria al caso preso in esame) vs induttivo (dalla situazione osservata si ricava una teoria) Ricerca in Uzbekistan e Vietnam - influenza socialista, processi di transizione post-socialista Uzbekistan,1991 indipendenza dall’URSS Vietnam LEZIONE SUI CAMPI di Minca - concetto di confine/stato nazione - tema di ricerca per G.Agamben (“teoria del campo”) “…la nascita del campo nel nostro tempo appare […] come un evento che segna in modo decisivo lo stesso spazio politico della modernità”. Essa si produce nel punto in cui il sistema politico dello Stato-moderno, che fondava sul nesso fra una determinate localizzazione (il territorio) e un determinato ordinamento (lo Stato), mediato da regole automatiche di iscrizione della vita (la nascita o nazione), entra in una crisi duratura e lo Stato decide di assumere direttamente fra i propri compiti la cura biologica della nazione”. Quando abbiamo soggetti che non rientrano all’interno del principio di cittadinanza territoriale, all’interno di questa ontologia dello Stato nazione, allora compare il campo, luogo dove collochiamo i residui di questo processo selettivo di soggettività. È questo il motivo per cui, ad un certo punto, nel momento stesso in cui appare chiaro (soprattutto alla fine della Prima Guerra Mondiale) che questo orizzonte di coincidenza tra una comunità nazionale e un territorio non si può compiere lo Stato comincia ad accollarsi un compito diverso, ossia quello della riproduzione biologica della nazione >Agamben riprende il concetto di Carl Schmitt di “stato d’eccezione” Il “presidente” ha il permesso di sospendere le regole del gioco finché questo momento di crisi non finisce. Dice Agamben che il campo compare nel momento in cui lo stato d’eccezione diventa stabile, permanente: ci sarà sempre una fetta di popolazione che verrà trattata al di fuori dell’ordinamento giuridico che spetta ai cittadini di quel territorio. >Auschwitz: Nel caso del Terzo Reich abbiamo un regime che fa di questo compito la sua missione storica: la purificazione del corpo nazionale tedesco è il grande compito che porta alla Shoah e ai campi di concentramento, non solo per gli ebrei ma per tutti i tedeschi che non rientrassero in una certa idea nazionale (le prime camere a gas furono create per internare i disabili, ritenuti un peso inutili in questo processo di purificazione biologica dello Stato). >caso del campo di Gradisca (Friuli): vicinanza all’idea di carcere >il professore si è occupato di un campo, forse il più grande al mondo, ossia quello dei Rohingya in Bangladesh: i Rohingya sono una popolazione musulmana della Birmania che, in varie fasi, è stata espulsa dal governo centrale birmano ed è scappata in Bangladesh. Quando il prof visitò il campo, nel 2019, un milione di Rohingya vivevano in questo campo: una sorta di metropoli gigantesca sviluppata a partire da una zona forestale e dove vigono principi di riorganizzazione sociale: circa 600.000 di questo milione sono minori. Campo informale ma che ha comunque una forte presenza umanitaria. >la rotta balcanica
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