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Riassunto + appunti di tutto il programma di Sociologia della cultura (prof. Toscano), Dispense di Sociologia Dei Processi Culturali

Riassunto + appunti di tutto il programma di Sociologia della cultura (prof. Toscano) Anni: 2019/2020/2021/2022/2023 Testi di riferimento: • Griswold, Sociologia della cultura; • Corbetta, La ricerca sociale: metodologia e tecniche. Volume III. Le tecniche qualitative; • Becker, Outsiders; • Perrotta, Toscano, Osservare, immaginare e scrivere. Riflessioni sulla relazione tra sociologia e letteratura; • Berger, Luckmann, La realtà come costruzione sociale.

Tipologia: Dispense

2022/2023

In vendita dal 05/04/2023

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Scarica Riassunto + appunti di tutto il programma di Sociologia della cultura (prof. Toscano) e più Dispense in PDF di Sociologia Dei Processi Culturali solo su Docsity! Riassunto + appunti di tutto il programma di Sociologia della cultura (prof. Toscano) Anni: 2019/2020/2021/2022/2023 Testi di riferimento:  Griswold, Sociologia della cultura;  Corbetta, La ricerca sociale: metodologia e tecniche. Volume III. Le tecniche qualitative;  Becker, Outsiders;  Perrotta, Toscano, Osservare, immaginare e scrivere. Riflessioni sulla relazione tra sociologia e letteratura;  Berger, Luckmann, La realtà come costruzione sociale. PRIMO LIBRO: Sociologia della cultura, Griswold 1 La cultura e il diamante culturale Definizioni: due modi di definire la cultura La cultura è un concetto complesso da definire, perché può avere diversi significati, quindi, per prima cosa bisogna sempre guardare il contesto. Secondo il sociologo statunitense Talcott Parsons, quando i sociologi parlano di cultura solitamente intendono una di queste quattro cose:  Norme: modo in cui gli individui si comportano in una data società;  Valori: ciò a cui essi tengono;  Credenze: modo in cui essi pensano che funzioni il mondo;  Simboli espressivi: rappresentazioni, spesso delle stesse norme sociali, valori e credenze. Le prospettive accademiche riguardo la cultura si possono riunire in due scuole di pensiero: le discipline umanistiche da un lato, e le scienze sociali dall'altro. Discipline umanistiche Secondo le discipline umanistiche, la cultura è legata alla coltivazione della mente e delle sensibilità umane, quindi riguarda lo sviluppo delle potenzialità dell’uomo, infatti, Matthew Arnold definisce la cultura come “quanto di meglio è stato pensato e conosciuto”. Le caratteristiche principali dell’accezione umanistica sono:  La cultura è unica, definita cultura alta, e alcune culture sono migliori delle altre;  La cultura è un qualcosa di separato dalla società e l'armonia tra le due è difficile;  La cultura contiene un’aura di sacralità e non ha senso se ridotta alle sue dimensioni economiche, politiche e sociali;  La cultura è vista come qualcosa di fragile che va preservato. Per esempio, per gli umanisti la cultura può essere la Divina Commedia, le opere di Shakespeare o comunque tutti quei prodotti che rappresentano la massima espressione dell’uomo, ma non considereranno mai la saga di Harry Potter come cultura. Scienze sociali Secondo le scienze sociali, la cultura va intesa in senso più ampio, come un insieme complesso che include il sapere, le credenze, l’arte, la morale, il diritto e ogni altra competenza e abitudine acquisita dall’uomo in quanto membro della società. Le caratteristiche principali dell'accezione delle scienze sociali sono:  Non esiste una cultura in senso assoluto, ma essa è relativa, quindi non se ne può parlare al singolare;  Non vi è una distinzione tra cultura e società, sono due cose strettamente connesse;  La cultura non ha un’aura di sacralità come per gli umanisti, ma può essere studiata empiricamente come un qualsiasi aspetto della società;  La cultura non è vista come qualcosa di fragile ma come qualcosa di persistente e in continuo cambiamento. Inoltre, secondo le scienze sociali, la cultura è composta da 3 elementi: 1) Ciò che gli individui pensano: norme e credenze come religioni, diritti, morali ecc.; 2) Ciò che gli individui fanno: i costumi, le pratiche ordinarie ecc.; 3) I materiali che producono: cioè gli artefatti.  Visione polimorfa (può essere un'anatra ma anche un coniglio): ci rendiamo conto che la prima visione era ingenua perché implicava di essere l'unica. Perché abbiamo bisogno del significato? Il significato serve ad orientarci nel mondo e a definire la situazione, e, di conseguenza, a permetterci di agire. A tal proposito Clifford Geertz dice che l’animale ha l’istinto e quindi agisce sulla base di quanto è scritto nel suo codice genetico, invece, l'uomo ha la cultura, che permette di definire una situazione, magari in maniera più lenta rispetto all’animale ma in maniera più appropriata, per esempio in un momento di pericolo l'animale aggredisce o fugge, invece l'uomo cerca di capire cosa sta succedendo e come comportarsi. Quindi, Geertz continua dicendo che non diretto da modelli culturali, il comportamento dell'uomo sarebbe ingovernabile, un puro caos di azioni prive di senso e senza scopo. Quindi, la cultura offre orientamento, significato e ordine tramite un gran numero di simboli. Noi umani, prima di agire:  Definiamo la situazione: quest’idea è alla base di quello che il sociologo americano William Thomas chiama “definizione della situazione”, cioè egli dice che gli individui non reagiscono meccanicamente agli stimoli, ma li interpretano e quindi non si può stabilire a priori quale potrà essere il loro comportamento, dunque, per prima cosa, bisogna capire come l'individuo definisce la situazione. A partire da questo concetto, Thomas elabora il cosiddetto Teorema di Thomas, in base al quale “un fatto creduto vero sarà vero nelle sue conseguenze”, cioè l'individuo agisce sulla base di ciò che ritiene vero, quindi, se voglio comprendere un dato comportamento non è tanto importante capire che cosa è vero ma cosa io ritengo sia vero. In conclusione, la situazione è un oggetto culturale perché una situazione in sé non significa niente, viene caricata di un significato condiviso e quindi diventa una situazione culturalmente connotata, quindi, un oggetto culturale non è solo un oggetto concreto ma anche una situazione o una pratica sociale;  Definiamo lo spazio: in quanto lo spazio in cui viviamo e interagiamo con gli altri si carica di significati che derivano dall'interazione con gli altri. A questo proposito, uno degli studi più noti è quello del sociologo Erving Goffman, che considera gli individui come degli attori, in quanto, quando ci presentiamo alle altre persone controlliamo il nostro comportamento perché siamo consapevoli dell'importanza della nostra impressione sugli altri, cioè che gli altri ci definiscono sulla base di ciò che vedono di noi. Questa idea porta Goffman a ritenere che noi siamo attori in quanto agire socialmente è come recitare su un palcoscenico, quindi significa muoversi in zone di backstage e zone e di frontstage, e, proprio come in teatro, ci sono anche le quinte che devono essere nettamente divise dal palcoscenico perché se si intravede ciò che c'è dietro, il pubblico si rende conto che è tutta una finzione, quindi nelle interazioni sociali è fondamentale una netta distinzione tra territori di ribalta e territori di retroscena, definiti non tanto dalle caratteristiche intrinseche del territorio, ma dai significati che emergono dall’interazione con le persone che si trovano all'interno di quel territorio;  Definiamo il tempo: vi sono vari concetti di tempo derivanti da vari contesti culturali, per esempio, nelle culture occidentali il tempo viene visto come una linea che si sviluppa all'infinito, altre culture invece hanno una concezione ciclica di tempo, quindi come un eterno ritorno. Vi sono vari studi su questo discorso, come per esempio quello di Strauss sul fatto che noi immaginiamo la nostra vita come un susseguirsi di pietre miliari, poiché ci sono dei punti di svolta che determinano il passaggio da una condizione a un'altra. Queste pietre miliari non sono un qualcosa di oggettivo ma un qualcosa di culturalmente costruito, poiché variano da persona a persona. Un altro studio su questo discorso è quello di Giddens, sul primordialismo inventato, ovvero pensare di fare riferimento a un passato remoto ma in realtà è primordialismo inventato, e riporta l'esempio del kilt scozzese che può sembrare qualcosa del medioevo ma in realtà è stato introdotto con la prima rivoluzione industriale, con l'evoluzione del telaio meccanico, quindi, è un'espressione della modernità e non del passato. Quindi l'idea che noi abbiamo del passato è un qualcosa di costruito;  Definiamo le azioni: su questa questione, Wright Mills parla di vocabolario di motivi, ovvero egli dice che ci sono una serie di motivazioni che sono ritenute plausibili in un dato contesto. A questo proposito Scott e Lyman distinguono tra giustificazioni e scusanti, e dicono che una giustificazione è molto più inquietante di una scusante, perché se io mi scuso, perché magari ho violato una norma, implicitamente sto ammettendo di averla violata quindi significa che io non la sto mettendo in discussione, ma se invece di scusarmi mi giustifico significa che sto spiegando il mio comportamento facendo riferimento a un'altra norma;  Definiamo gli altri: Goffman parla di non-persona per fare riferimento a quei soggetti che sono estromessi dal contesto sociale, soggetti che sanno cosa non sono ma che non sanno cosa sono (persone di “un’altra razza” o portatori di una disabilità). Inoltre, noi definiamo gli altri attraverso degli stereotipi, che sono immagini estremamente semplificate ecc.;  Definiamo noi stessi: secondo Goffman ognuno di noi tende a gestire le impressioni e il ruolo di ognuno di noi può essere giocato con maggiore o minore coinvolgimento (Role embracement o Role distance). Cultura e significato nella teoria del riflesso La cultura fornisce significati che sono fondamentali per gli umani, quindi, una comprensione sociologica della cultura dovrebbe connettere i significati culturali con il mondo sociale. A tal fine è stata elaborata la teoria del riflesso, secondo la quale la cultura viene concepita come lo specchio della realtà sociale, pertanto, il significato di un dato oggetto culturale sta nelle strutture sociali che esso riflette. Tale modello prefigura due approcci: l’approccio funzionalista e marxista e l’approccio weberiano; la sociologia culturale ha preferito tradizionalmente il primo approccio ammettendo come possibilità il secondo. Visione marxista (paradigma conflittualista): Marx è dell'idea che il mondo sociale determini e configuri la cultura, in particolare ritiene che ciò che tiene in piedi una società è il suo sistema economico e i rapporti di produzione che ne derivano, quindi egli vuole mettere in evidenza come l'economia condizioni la cultura. Alla base del modello marxiano c'è l'idea che il sistema capitalistico per funzionare come sistema economico deve necessariamente basarsi sullo sfruttamento del lavoro, altrimenti entra in crisi. Egli sostiene che nella produzione sociale della loro esistenza, gli uomini entrano in rapporti di produzione che corrispondono a un determinato grado di sviluppo delle loro forze produttive materiali. L'insieme di questi rapporti di produzione costituisce la struttura economica della società, ossia la base reale sulla quale si eleva la sovrastruttura giuridica e politica e alla quale corrispondono forme determinate della coscienza sociale. Visione di weberiana (paradigma interpretativista): Weber, al contrario di Marx, è dell’idea che la cultura determini e configuri il mondo sociale, quindi, che alla base del funzionamento del sistema economico c'è un'idea religiosa, in quanto alcune idee religiose, che rappresentano l'oggetto culturale, hanno influenzato la società. Per esempio, Weber nota che nella maggior parte delle nazioni capitaliste (Inghilterra, Stati Uniti, Germania) è maggiormente diffusa la religione protestante, e nota la presenza di 2 principi tipici del credo protestante e delle sette calviniste: a) Vocazione: dedicarsi completamente al proprio lavoro, poiché è anche un modo per onorare Dio; b) Pre-destinazione: la grazia divina ci è concessa ancora prima di nascere, cioè già Dio sceglie chi di noi dopo la morte andrà in paradiso o all'inferno, quindi, la nostra salvezza è predestinata e non possiamo fare nulla per cambiare le cose; Ovviamente non si aveva la certezza se dopo la morte avevano la salvezza o meno, ma è proprio il “lavoro professionale indefesso” che dava agli uomini quella sicurezza di sé, e placava quello stato d'ansia. L'origine greca della teoria del riflesso Questa teoria trae le sue origini nel mondo greco, principalmente dalla teoria delle forme di Platone, il quale sostiene che al di là di ogni apparenza si trova una forma o un'idea, e sosteneva che le apparenze derivavano dal riflesso (noi dormiamo su un letto fatto di materia che è pura apparenza, la sostanza sta nella forma ideale del letto, dunque il letto materiale è solo una copia imperfetta della forma ideale che noi umani scambiamo per reale). Inoltre, Platone concepisce tre tipi di creatori: Dio il quale ha creato le forme ideali, l'artigiano il quale produce le forme materiali e il pittore, il quale fa una riproduzione delle forme materiali, quindi, fa una copia della copia e per questo e altamente imperfetta è distante dalla verità, di conseguenza, secondo Platone, l'arte è un ostacolo per il conseguimento della realtà. Riassumendo, la teoria platonica delle forme ha tre componenti: la forma, l'apparenza e l'arte che si possono tradurre in: idea, concretizzazione materiale di tale idea, espressione simbolica dell'idea. Al contrario, Aristotele difende l'arte, sostenendo il fatto che non imita il mondo delle idee ma universali naturali. Cultura e significato nella sociologia marxiana Marx ed Engels erano interessati al dibattito filosofico tra idealismo e materialismo. Premessa di fondo dell'idealismo è che la cultura sia la materializzazione di idee, e bellezza universale, quindi, è separata e autonoma dall'esistenza materiale o terrena. Ma anche l'immateriale, come la coscienza, è un prodotto sociale, lo stesso può dirsi di tutto ciò che chiamiamo cultura. Linee di ricerca della tradizione marxista La ricerca marxista comprende sempre una critica sociale e difende il mutamento. Un gruppo particolarmente influente di ricercatori di ispirazione marxista è la Scuola di Francoforte che avanzò una nuova teoria critica che utilizzava l'analisi culturale con l'obbiettivo di una riforma sociale. Nel frattempo, un'altra teoria, il funzionalismo, si stava facendo strada; essa conservava il modello riflessivo della cultura offrendo al contempo un organico resoconto delle relazioni sociali umane che, secondo tale modello sono tendenti all'armonia e non al conflitto come nell'accezione marxista. Cultura e significato nella sociologia funzionalista Come quello marxista, questo modello definisce la direzione della freccia verso il basso, quindi da mondo sociale oggetto culturale, e permette che si utilizzi la cultura come testimonianza sociale, argomento spesso fuorviante perché gli oggetti culturali spesso idealizzano certi aspetti della realtà sociale mettendo in primo piano l'aspetto sensazionale. Esistono anche modelli funzionalisti più complessi che non assumono un modello puro del riflesso in cui la cultura non è un puro riflesso del mondo sociale, piuttosto è mediata dalle menti degli esseri umani. Cultura e significato nella sociologia weberiana Weber sostiene che non sia solo il mondo sociale influenzare la cultura, ma che la freccia sul diamante sia bidirezionale. Celebre è la metafora di Weber sul ruolo della cultura visto come uno la realtà di cui hanno esperienza. Al contrario di Durkheim, l’interazionismo simbolico è un approccio micro-sociologico, infatti si interessa al singolo individuo e in particolare a come esso costruisce attivamente le proprie norme. Si parla di interazionismo simbolico in relazione a due questioni: da un lato lo studio delle subculture e dall'altro lato lo studio dell'identità, della percezione di sé. Le subculture Sono aggregati sociali che fanno parte della più ampia società, ma al tempo stesso hanno una propria specificità, cioè condividono dei significati e dei modelli di comportamento che sono comprensibili e condivisi solo dai membri del sottogruppo. Lo studio delle subculture è affrontato dalla Scuola di Chicago, concentrandosi principalmente su subculture non assimilate, come le gang criminali e i gruppi di immigrati. Sulla questione dell’immigrazione, importante fu la ricerca sugli immigrati polacchi a Chicago condotta da William Thomas e Znaniecki nel 1927. A proposito della questione degli immigrati, Robert Park parla dell’immigrato come un uomo marginale che vive in due diverse culture e che ha due diverse personalità, quella riguardante la consapevolezza di non far più parte della comunità di origine e di non essere ben integrato nella nuova comunità in cui si vive. L'identità Il sé è molto disponibile ad essere influenzato data la carenza di spinte istintive, l'uomo deve così creare le proprie linee di condotta, e ciò avviene attraverso le interazione con gli altri. Per quanto riguarda la costruzione del sé, vi sono diversi aspetti:  Il sé riflesso: il sociologo statunitense Cooley sviluppò il concetto di Looking Glass Self (lo specchio del sé), cioè io mi vedo come ritengo che gli altri mi vedono, quindi, devo mettermi nel punto di vista degli altri e immaginare come mi considerano e come mi giudicano. In base a questa immagine modifico il mio comportamento. Inoltre, secondo Cooley un’interazione completa contempla tre fasi: o Immaginiamo come appariamo a quelli che ci circondano, ci vediamo con gli occhi degli altri; o Immaginiamo come gli altri ci giudicano, in base alle loro azioni ed espressioni ne deduciamo che ci considerano buoni o cattivi, simpatici o noiosi ecc.; o Guidati dalla nostra interpretazione delle reazioni e del giudizio degli altri, sviluppiamo la percezione che abbiamo di noi stessi.  Self: secondo Mead, il self si forma quando il bambino comincia a padroneggiare il linguaggio e diventa capace di role-taking, cioè quando impara a guardarsi dall'esterno e a comunicare con se stesso. Inoltre, secondo Mead, durante la fase di sviluppo il bambino attraversa 3 fasi: o La fase preparatoria: è una fase poco rilevante, in quanto il bambino si limita a imitare le persone che lo circondano senza comprenderne i significati; o La fase del play: è la fase chiave che consiste nello sviluppo della capacità di role-taking, cioè assumere il ruolo degli altri. È sbagliato pensare che questa fase sia senza regole (esempio della bambina che gioca con la bambola, lei assume il ruolo di sua madre e in questo senso la bambola è la bambina stessa, quindi la bambina si vede dal punto di vista di sua madre); o La fase del game: qui il bambino non deve assumere un ruolo di una singola persona ma di più persone, cioè deve rispondere alle aspettative di molte persone contemporaneamente, quindi, i bambini assumono il ruolo dell’altro generalizzato che si riferisce alla prospettiva della comunità come un tutto complesso (esempio di una squadra di calcio). Cambiamento sociale e innovazioni culturali Ritardi e direzione culturali Ogburn è un sociologo collegato all’approccio funzionalista che parla di cambiamento culturale in termini di ritardo culturale o cultural leg: innanzitutto egli distingue tra una cultura materiale (case, macchine e altri oggetti materiali) e una cultura adattiva o immateriale (valori, tradizioni, modelli di comportamento ecc.) e quest'ultima cambia a seconda dei cambiamenti della prima e ci vuole sempre un po' perché ciò avvenga: questo scarto si chiama "ritardo culturale". Le innovazioni culturali Nell’innovazione culturale, vi sono alcuni elementi costanti:  Determinati periodi più favorevoli di altri alla produzione di innovazione: la creatività culturale esplode in periodi di instabilità, di fronte a perturbazioni dell'ordine morale e a sfilacciamenti dell'ideologia dominante, di fronte al vuoto morale le persone reagiscono all'anomia producendo innovazione;  Anche le innovazioni seguono alcune convenzioni: tra i quattro tipi di artisti individuati da Becker, solo un tipo non segue le convenzioni, ovvero quello naif, il più minoritario e poco diffuso;  Alcune innovazioni hanno più probabilità di altre ad istituzionalizzarsi: non tutte le innovazioni si consolideranno, per sopravvivere dovranno per esempio ricevere sostegno da qualche figura istituzionale. 4 Produzione, distribuzione e ricezione della cultura (asse orizzontale: rapporto tra creatori della cultura e ricettori) La produzione di cultura Gli oggetti culturali non sono semplicemente i prodotti naturali di qualche contesto sociale, al contrario essi sono prodotti, distribuiti, commercializzati, ricevuti e interpretati da una pluralità di persone e di organizzazioni. Durante gli anni ‘70 alcuni sociologi industriali iniziarono ad applicare i loro modelli nell’analisi dei sistemi economici, e Peterson descrive questo nuovo approccio come “un complesso apparato interposto tra i creatori di cultura e i consumatori”. Il sistema dell'industria culturale L’industria culturale è l'insieme di organizzazioni che producono articoli culturali di massa come libri, musica, film ecc. A tal proposito HIRSCH individua tre sistemi di industria culturale, quella discografica, quella editoriale e quella cinematografica, tutti accumunati da tre aspetti:  L’incertezza della domanda  La tecnologia relativamente economica  L’eccedenza di aspiranti creatori culturali A partire da questa premessa, Hirsch formula il sistema di industria culturale, articolato in sottosistemi: 1) Sottosistema tecnico: è costituito dagli artisti creativi, cioè da nuovi autori, scrittori, musicisti ecc. che cercano di accedere al sistema cercando di entrare in contatto col prossimo sottosistema, ovvero il sottosistema manageriale; 2) Sottosistema manageriale: è costituito dalle organizzazioni, come una casa editrice, che devono entrare in contatto col prossimo sottosistema, quello istituzionale, per dare visibilità ai prodotti. Inoltre, sono interessati al feedback dei media perché di fa capire se il prodotto ha successo o meno; 3) Sottosistema istituzionale è costituito dai media che danno visibilità ai prodotti; 4) Consumatori: quando il prodotto viene distribuito e il successo del prodotto dipende da i consumatori. Inoltre, tra i vari sottosistemi vi sono 3 filtri: 1) Filtro 1 posto tra il sottosistema tecnico e il sottosistema manageriale: seleziona ad ogni livello alcune opere e solo alcune raggiungono il pubblico; 2) Filtro 2 posto tra il sottosistema manageriale e il sottosistema istituzionale: filtro svolto dai mezzi di comunicazione di massa che danno visibilità ai prodotti; 3) Filtro 3 posto tra il sottosistema istituzionale e i consumatori: non è detto che un prodotto ammesso dal sottosistema istituzionale riesca ad avere successo. Infine, vi sono 2 feedback, uno che proviene dal sottosistema istituzionale e un altro che proviene dai ricettori ed entrambi sono rivolti alle organizzazioni, perché devono tener conto delle recensioni e del successo di un prodotto, per poi decidere se investire denaro o no in un altro libro, film ecc. Un modello alternativo è quello del sociologo statunitense BECKER, il quale fa riferimento alla produzione culturale parlando non di sistema ma della nozione di art world, il mondo dell'arte, ovvero la rete di individui che collaborano producendo opere artistiche, quindi, non si parla di sistema di connessione. Becker propone diverse tipologie di artisti:  Professionisti integrati: possiedono l'abilità tecnica, le qualità sociali e il bagaglio concettuale necessari per produrre arte con facilità. Accettano le convenzioni del mondo artistico e si adattano facilmente alle sue attività ordinarie;  Artisti ribelli: questi artisti non accettano le convenzioni del mondo artistico e propongono innovazioni che il mondo artistico non accetta, nonostante ciò, i ribelli continuano a seguire il loro percorso innovativo senza l'appoggio degli altri;  Artisti naïf: sono artisti liberi, non hanno mai avuto rapporti con il mondo artistico, quindi, non hanno ricevuto una formazione artistica normale e non conoscono i membri del mondo dell’arte ufficiale in cui sono prodotte opere simili alle loro; questi artisti violano più convenzioni rispetto ai ribelli e lo fanno in modo molto più globale;  Artisti folk: soggetti che si dedicano all'attività creativa perché è una pratica ordinaria dei membri della loro comunità; sottomettersi a forme di tirannide politica ecc. Questa è la concezione della Scuola di Francoforte. Secondo la concezione pessimistica della cultura di massa i pubblici sono innocenti e ingenui, facili da imbonire. La concezione opposta sostiene che la gente è troppo esperta e che sa troppe cose per essere preda degli oggetti culturali e in questo caso non si parla di cultura di massa ma di cultura popular.  La scuola della cultura popolare: il termine popolare ha preso a significare la cultura della gente comune in contrapposizione con la cultura alta, dunque comprende la saggezza, il senso comune, i modi di vita della "gente" priva di potere e ricchezza. La cultura popolare è dunque il sistema di significati a disposizione della gente comune. Al contrario della cultura di massa, dove gli oggetti culturali impongono i propri significati sui loro pubblici, nella cultura popolare il pubblico crea i propri significati. 5 La costruzione culturale dei problemi sociali La costruzione di un'identità collettiva L'identità può essere oggettiva o costruita ed è malleabile, fluida e soggetta all'interpretazione. Secondo il sociologo italiano Alberto Melucci, l'identità collettiva è un processo, “una definizione interattiva e condivisa prodotta da diversi individui interagenti interessati all'orientamento del loro agire così come al campo di opportunità e vincoli in cui tale agire avviene”. Inoltre, quando un’identità collettiva viene attivata, produce un modo di pensare condiviso, per esempio, l'etnia è un oggetto culturale con diversi creatori e ricevitori, tutti che costruiscono significati differenti, le differenze etniche e razziali sembrano naturali ma sono costruzioni culturali artificiali. Inoltre, l'identità collettiva può cristallizzarsi in forme organizzative, ed è da ciò che nasce il collegamento con i problemi sociali e con i movimenti sociali. La costruzione di un problema sociale Un problema sociale è un oggetto culturale e si crea quando un fatto viene interpretato, attraverso dei significati condivisi, come problematico. La povertà, il crimine, gli alti tassi di mortalità infantile, il razzismo, la disoccupazione, le droghe e l'alcolismo ecc. sono i vari problemi sociali urgenti, e, sebbene causino sofferenza umana ovunque, le forme che assumono sono specifiche di ogni cultura e società. Per esempio, gli americani considerano la gravidanza adolescenziale un problema sociale, mentre in Nigeria le donne che arrivano a 20 anni senza avere avuto almeno un bambino sono un problema sociale, oppure per il governo cinese, che sta combattendo contro la questione dell’eccesso demografico, ogni gravidanza è un problema. Il sociologo Blumer (approccio costruttivista) evidenzia i limiti degli approcci che tendono a considerare i problemi sociali come condizioni oggettive del contesto storico-sociale di riferimento. Infatti, secondo l'approccio costruttivista, i problemi sociali non sono fatti oggettivi, ma sono produttori di significato, ed è solo quando una situazione ha significato per un gruppo di persone e questo significato è negativo che può essere definita come un problema sociale. Invece, i sociologi che partono da una concezione oggettivista non sono in grado di individuare dei fatti che siano problematici di per sé, ma possono solo prendere atto di ciò che in un dato momento e in un dato contesto è già considerato un problema da tutti. Inoltre, secondo l’approccio costruttivista, i problemi sociali non sono dati ma culturalmente costruiti. Ciò non significa che la sofferenza umana collegata a eventi naturali o fatti casuali non sia reale, ma ci dice che la rilevanza sociale di tali eventi è un oggetto culturale. Questo discorso è legato a un fenomeno chiamato Moral Panic, secondo il quale molti problemi sociali sono il risultato della reazione di ansia generalizzata che in alcuni casi assume tratti del panico morale. Le caratteristiche del panico morale sono:  Si manifesta con grande intensità e per brevi periodi di tempo;  È focalizzato su specifici avvenimenti (un crimine violento, un caso di pedofilia, una morte per overdose);  Si diffonde velocemente;  Si basa su stereotipi e semplificazioni;  È suscitato e gestito da imprenditori morali; Quindi, in molte situazioni l'esigenza di attuare una realtà rassicurante induce a individuare nemici da sconfiggere, a sollevare guerre ideologiche sulla base di problemi edificati a partire da situazioni episodiche e accidentali. Una situazione, un episodio, un individuo con date caratteristiche, o un gruppo portatore di valori o modi di vita propria, possono essere considerati una minaccia per i valori e per gli interessi della società più ampia. Una situazione di panico morale può essere quella che si è verificata negli Stati Uniti nel periodo della cosiddetta “caccia alle streghe maccartiana”, quindi tutta una serie di provvedimenti che creavano panico tra gli americani per la paura che ci fossero spie sovietiche ecc. Questo tema è stato applicato allo studio del problema sociale sull’immigrazione. Un classico testo su questo argomento è “Tautologia della paura” di Alessandro Dal Lago. Egli sostiene che la creazione del problema dell’immigrazione sia il risultato di una tautologia (ragionamento che si auto dimostra). La struttura del panico morale  Fase di avvertimento: quando degli episodi, anche molto gravi, ottengono un’attenzione che sembra rientrare più o meno nella norma;  Fase di impatto: un rilievo sproporzionato rispetto alla consueta prassi giornalistica;  Fase di propagazione: quando una serie di episodi minori riceve una forte enfatizzazione;  Fase di reazione: la maggior parte dello spazio è guadagnata dalle iniziative messe in atto dagli agenti del controllo sociale e delle proposte per affrontare il problema;  Fase di latenza: quando l'ha tensione cala riportando l'informazione sul tema ai livelli consueti. Creare noie: nascita e declino dei problemi sociali Il mondo è pieno di eventi paurosi, tragedie ecc. A volte, la sofferenza umana viene trasformata da un semplice accadimento in un oggetto culturale significativo, che viene a sua volta designato come problema sociale. Quando si compie questa trasformazione, diventa possibile per la gente cercare soluzioni perché l'esistenza di un problema implica l'esistenza di una soluzione. Ma, se per esempio, la povertà non viene vista come un problema sociale, allora le sue più dolorose conseguenze possono venire alleviate, ma la povertà stessa non viene vista come qualcosa che deve essere risolta. D'altra parte, considerata come oggetto culturale, la povertà, così come ogni altro problema sociale, può beneficiare dell’analisi sul diamante culturale come ogni altro oggetto culturale e quindi ci si può chiedere chi crea la definizione del problema, chi lo accoglie e lo interpreta, quali significati esso contiene e quale è il mondo sociale per cui è significativo. Dal fatto all'evento al problema sociale Sembra che per creare un oggetto culturale e poi definirlo come problema sociale, esso debba essere articolato con un insieme di idee e istituzioni tra loro intersecantesi. Per esempio, nel caso del problema sociale della guida in stato di ebrezza, Gusfield ha notato che, tra i vari fatti, gli americani hanno individuato l'autista ubriaco come l'unico oggetto culturale significativo e dunque come problema sociale, questo perché la nostra cultura sottolinea la responsabilità individuale, quindi nel caso di un incidente fatale, vi è una colpa individuale e non del “sistema”. Invece, in Nigeria la morte per un incidente stradale ha un diverso significato nel sistema culturale, in quanto, una combinazione di strade sconnesse, inesistente applicazione di leggi del traffico, condizioni di sovraffollamento, autisti non abilitati ecc. danno origine a grandi incidenti stradali, ma i nigeriani non individuano gli autisti, i pedoni o le auto come il problema sociale, ma per loro il problema è la strada, vista come il luogo di pericolo. Dunque, i problemi sociali tendono ad esprimere un adattamento con le idee e le istituzioni della società in cui essi si trovano. La carriera di un problema sociale In quanto culturalmente definiti, i problemi sociali aumentano e calano in popolarità nel corso del tempo. A tal proposito, Hilgartner e Bosk hanno cercato di identificare cosa spieghi il sorgere e il declino dei problemi sociali, cominciando da cosa viene identificato come problema sociale. Per esempio, il caso dell’epidemia di AIDS dei nei primi anni ’80, una nuova malattia altamente contagiosa e fatale che si stava diffondendo ovunque, di fatto, negli Stati Uniti venne considerato come un problema sociale, invece, in Africa orientale i governi africani non parlavano di questa epidemia in quanto associata all’omosessualità maschile, aberrante per gli africani, quindi non meritava di essere riconosciuta come un problema sociale. Una volta che l’AIDS non poteva essere ignorato, si iniziò a parlare della questione sempre più. La carriera dell’AIDS offre un chiaro esempio di come i valori e i temi culturali plasmino o ostruiscano la stessa definizione di un problema sociale. La costruzione di un movimento sociale I movimenti sociali richiedono che le persone siano motivate a riconoscere che esista un problema, ad accettare la possibilità che esso venga risolto e riconoscere una certa condotta adatta a produrre il risultato sperato. Quando un determinato problema è ritenuto plausibile, la gente può creare un movimento sociale che inizia a fare pressione sulle istituzioni per far risolvere il problema. Dunque, un movimento sociale è un insieme di individui che si organizzano in maniera congiunta per ottenere o impedire alcuni cambiamenti sociali o politici. Un movimento può anche sviluppare un’ideologia, intesa come un insieme di credenze interconnesse, condivise e utilizzate dai membri di un gruppo o di un movimento, che offre spiegazioni e soluzioni in relazione a questioni sociali. Caratteristiche dell’ideologia  Agisce come mappa o prescrizione che indica ai partecipanti del movimento come guardare eventi o persone;  Semplifica la realtà e dunque elimina le basi di dubbi problematici sul fatto che il raggiungimento degli scopi del movimento promuova realmente i valori del movimento;  Pone il movimento e i suoi obiettivi in una prospettiva temporale che progredisce, offrendo un resoconto della storia passata che ha portato all’attuale triste situazione;  Spesso ritrae un’utopia relativa che deve essere realizzata;  Tende a tradurre gli interessi soggettivi in ideali identificandoli come il bene generale;  Genericamente individua un gruppo ristretto di individui impegnato in una cospirazione volta a perseguire i propri sinistri interessi contro quelli del bene generale; 1) Che influenza ha la divisione tra lavoro e management sulla formazione di subculture entro un’organizzazione? Innanzitutto, la chiara coscienza di classe immaginata da Marx non è così marcata ovunque, per esempio negli Stati Uniti anche i membri della classe operaia tendono a inserirsi nella classe media, mentre in Giappone lo scarto esiste ma la socializzazione tra operai e manager lo colma. Quindi, possiamo assumere che le solidarietà di classe non siano poi così rilevanti per l'analisi organizzativa, anche se non totalmente irrilevanti perché emergono nelle lotte che oppongono datori di lavoro e lavoratori: durante scioperi e licenziamenti la cultura della solidarietà emerge e persiste a lungo anche dopo la crisi. 2) Cosa ne è della cultura manageriale? Rappresenta solo la cultura nazionale o è specifica del management? Weber suggerisce entrambe le opzioni. La subcultura manageriale favorisce un’astrazione crescente dalle funzioni organizzative e un ascetismo psicologico attraverso cui il ruolo di manager è nettamente separato da relazioni familiari ed extralavorative. Quindi, esistono due tipi di cultura organizzativa:  La cultura consensuale: l'armonia è la norma e la dissidenza è un problema che chiama soluzioni;  La cultura conflittuale: i gruppi sono pensati come aventi interessi diversi, la linea di divisione passa attraverso management e lavoratori, ma anche tra etnie, genere, religione ecc. e queste divisioni possono originare cultura della solidarietà e conflitti. Martin ha poi elaborato il modello della frammentazione in cui le organizzazioni sono bersagliate da ambiguità e le persone adottano prospettive multiple: ogni persona e il nodo di una rete di più gruppi, categorie e culture. Le organizzazioni in contesti culturali Per quanto riguarda la dimensione esterna all'organizzazione, cioè il rapporto tra le organizzazioni e ambiente esterno, si può ricorrere all’esempio del McDonald che decide di aprire una filiale di una serie di fast food a Israele, dove però si pone il problema della conciliazione della cultura globale con quelle locali: il fast food ad Israele avrebbe tanto successo perché i giovani israeliani sono affascinati dalla cultura americana ma vi è un problema di natura religiosa, in quanto gli hamburger sono fatti con carne tritata, considerata impura dalle autorità religiose israeliane, quindi viene posto il divieto di consumarla. Si potrebbe risolvere la situazione mettendo una semplice bistecca nel panino e non l'hamburger, ma non ci sarà lo stesso successo perché i giovani israeliani vogliono l'hamburger originale. Tutto questo riguarda l’oggetto culturale, in questo caso il panino del McDonald, che cambia nella cultura in cui si colloca. Inoltre, molti studi hanno messo in evidenza che l’ambiente in cui si colloca un’organizzazione è costituito da altre organizzazioni, per cui in questo caso si parla di reticoli organizzativi. A tal proposito vi sono varie teorie, come quella dell'isomorfismo istituzionale di Powell e Di Maggio, cioè l’esistenza di più organizzazioni che operano in diversi settori: il problema è che, in un dato contesto sociale, vi sono delle organizzazioni a cui viene dato maggiore rilievo rispetto alle altre, condizionando la forma assunta da tutte le altre organizzazioni. 7 La cultura in un mondo connesso Il postmodernismo è uno stadio post-industriale dello sviluppo sociale dominato dai media. Quando si parla di postmodernismo lo contrapponiamo al modernismo, caratterizzato dalla divisione sociale del lavoro (Durkheim), dal disincantamento del mondo (Weber), dal progresso (Positivismo), dall’alienazione (Marx) e dall'anomia (Durkheim). Dunque, il postmodernismo viene visto come una frammentazione delle linee divisorie, un crollo delle meta-narrazioni ecc. Tuttavia, il postmodernismo non si separa dal passato ma lo recupera e lo rielabora in modo caricaturale, quindi vi è una sorta di ibridazione tra il vecchio e il nuovo. Sia Eco che Baudrillard hanno considerato Disneyland la massima espressione della postmodernità e dell’affermarsi di quello che Baudrillard chiama “iperrealtà”, cioè la nuova realtà creata dai mezzi di comunicazione, una realtà che ha cancellato dalle nostre menti l'idea che al di là delle immagini e dei simboli esiste un mondo oggettivo. Tecnologie e comunità culturali Due significati della parola comunità:  Un'entità spaziale, cioè qualcosa che possiamo localizzare su una mappa, da considerare anche come un oggetto culturale;  Un'entità relazionale costituita da persone legate da reti di relazioni di comunicazione, d'amicizia, di lavoro ecc. anche se non si conoscono direttamente (es. comunità gay, ebraica ecc.). I membri di entrambi tipi di comunità sono uniti almeno in parte dalla cultura che può tenere insieme una comunità per secoli, anche quando dispersa dalle forze sociali. Ma oggi giorno siamo in piena rivoluzione culturale, ovvero quella delle comunicazioni elettroniche a livello globale, dunque ci si chiede cosa succede alle comunità durante questa rivoluzione. Per fare ciò è necessario partire dalle origini, quindi le culture orali, caratterizzate da un tipo di comunicazione faccia a faccia e da un sapere fortemente condiviso, tramandato e conservato tramite la sua continua ripetizione. La comunità che sostiene la cultura orale è normalmente di tipo territoriale e su piccola scala, un ordine sociale indifferenziato in cui la coscienza comunitaria e individuale è quasi totalmente sovrapposta. Poi, l'alfabetizzazione ha prodotto mutamenti enormi. Da qui sì sono successe tre rivoluzioni culturali: 1) Prima rivoluzione culturale: sistemi di scrittura fonetica; 2) Seconda rivoluzione culturale: invenzione della stampa a caratteri mobili che segna il passaggio dai manoscritti al testo stampato, conducendoci all’era moderna; 3) Terza rivoluzione culturale: costituita dalle comunicazioni elettroniche conducendoci all’era postmoderna. Culture senza centri I centri culturali non hanno retto e siamo passati da un mondo bipolare ad uno policentrico ricco di significati multipli e paralleli e la purezza culturale è sparita dalla faccia della terra. Ma anche l'idea di un multiculturalismo in cui diverse culture si mescolano mantenendo tuttavia la loro identità specifica è ormai fuorviante. Nonostante ciò, gli esseri umani continuano a combattere il caos producendo e ricevendo oggetti culturali. ricercatore può studiare come avvengono le comunicazioni all’interno di un’azienda, per esempio, o all’interno di un’assemblea politica, di un’aula di un tribunale, ecc.  Interazioni informali: sono le più difficili da studiare poiché non possono essere regolate. L’osservatore parte dalle interazioni fisiche, cioè insiemi coordinati di azioni che appaiono sempre più nitide al ricercatore dopo un’attenta visione. Infatti, il punto di partenza è proprio il comportamento ordinario composto da una serie di atti meccanici dei quali l’attore sociale ha poca consapevolezza. All’opposto l’osservatore deve diventare consapevole di tutti questi frammenti di vita quotidiana, deve sapersi osservare e isolare per una buona analisi. Un processo importante è quello della progressiva messa a fuoco delle interazioni che interessano. Problemi legati all’osservazione partecipante L’osservazione partecipante ha il grande vantaggio di osservare direttamente la realtà che si vuole studiare e ciò permette di comprenderla a fondo. Però, vi sono alcuni problemi legati all’osservazione partecipante: 1) Accedere al campo: riguardante la difficoltà di ingresso all'interno di un’organizzazione o un gruppo. Il modo più comune per risolvere il problema è l’intervento di un mediatore culturale, una persona che gode della fiducia della popolazione e che è facilmente avvicinabile dal ricercatore, un esempio è lo studio di Whyte su Little Italy: Whyte conduce una ricerca sul quartiere italo-americano di Boston, Little Italy, che lui chiama Cornerville, proprio perché la prima cosa che nota è che gli abitanti avevano la caratteristica di incontrarsi agli angoli delle strade a parlare. Per condurre questo studio doveva necessariamente trasferirsi in quel quartiere, quindi, la ricerca è basata sull’osservazione partecipante. All’inizio non viene visto bene e spesso viene scambiato per un poliziotto sotto copertura, poi fa amicizia con un ragazzo che chiama Doc che lo aiuta a condurre la sua ricerca, consigliandogli di non fare troppe domande. Successivamente Whyte diventa membro del gruppo di Doc e anche se sapevano che era un ricercatore si fidavano. 2) Conquistare la fiducia della popolazione da studiare: un esempio è lo studio di Geertz sul combattimento dei galli a Bali: Geertz e la moglie vanno in un villaggio balinese ma agli occhi degli abitanti di quel villaggio erano estranei quindi lo studio fallì. Poi partecipano ad un combattimento illegale tra galli in quanto era una partecipazione collettiva dei membri del villaggio. Poi si sparge la voce che stava arrivando la polizia e tutti iniziano a scappare, così Geertz e la moglie scappano pure ed entrano in un casale insieme ad un abitante del villaggio. Un poliziotto vai in questo casale e l’abitante gli spiega che non era al combattimento, ma era insieme al professor Geertz e alla moglie per condurre una ricerca. Dal giorno dopo gli abitanti del villaggio si presentano amichevoli con loro e questo perché hanno deciso di stare dalla parte degli abitanti, ed è proprio quando ha ottenuto la fiducia degli abitanti che per Geertz inizia la sua ricerca. Quindi, si rese conto che in quel contesto sociale esistevano due subculture contrapposte: gli abitanti del villaggio e la polizia; 3) La reattività dei soggetti: ovvero ciò che Corbetta chiama “paradosso dell’osservatore”, cioè il fatto che se le persone sono consapevoli di essere osservate si comportano in maniera diversa da quella abituale e quindi l’osservatore non vede più la vera realtà; 4) La fine della ricerca: non si può sapere quando la ricerca finisce, per alcuni sociologi finisce quando si raggiunge il livello di saturazione, cioè quando i costi di tempo e in termini economici che bisogna sostenere per condurre la ricerca non sono più commisurati alle informazioni che si ricavano. Inoltre, vi è il going native, ovvero quando il ricercatore si immerge troppo in un gruppo sociale e non riesce ad uscirne. Registrazione dell’osservazione Il processo di registrazione è un momento fondamentale in ogni tipo di ricerca, nel caso dell’osservazione partecipante, si procede con la stesura quotidiana di appunti, infatti, il ricercatore dovrebbe sempre avere con sé un taccuino che a fine giornata rilegge e riordina, come fosse un diario quotidiano delle sue attività, mentre l’uso della memoria è sconsigliato in quanto fonte quasi certa di errore. Cosa deve essere appuntato:  La descrizione dei fatti: non bisogna descrivere tutti gli avvenimenti, ma vanno selezionati, anche se all’inizio è importante attuare una descrizione estensiva, che poi man mano che si prosegue può focalizzarsi. Il focus può anche cambiare nel corso della ricerca, ecco perché è importante che alle prime fase si opti per uno spettro più ampio possibile;  L'interpretazione del ricercatore: l’aggiunta di alcune riflessioni del ricercatore e di un suo coinvolgimento che va oltre all’impiego scientifico, poiché l’esplicitazione dei propri sentimenti rappresenta una forma di autoanalisi utile per il controllo di sé stessi;  L'interpretazione dei soggetti studiati: i resoconti delle persone studiate devono essere trattati nello stesso modo di quelli prodotti dal ricercatore. Come si deve appuntare  Principio di distinzione: il resoconto di un avvenimento deve essere chiaramente separato dal commento del ricercatore;  Principio di fedeltà della registrazione: le interpretazioni dei protagonisti devono essere riportate esattamente con le stesse parole utilizzate da loro, per questo è molto utile il registratore, il quale, però, può anche rappresentare la superficialità dell’intervista. Analisi del materiale empirico Il ricercatore che attua un’osservazione partecipata può optare per una prospettiva dall’interno, la quale costringe il ricercatore ad entrare nel mondo delle persone studiate e uscirne con una lettura chiara; oppure per una prospettiva dall’esterno che cerca di mettere in evidenza gli aspetti del mondo sociale che sono sconosciuti agli stessi protagonisti dell’azione sociale. L’analisi dei dati dell’osservazione partecipante è un processo continuo, che in parte si sviluppa nel corso della stessa osservazione. È consigliabile analizzare i dati man mano che vengono raccolti, producendo dei testi provvisori che poi andranno ad essere ultimati. I passi fondamentali per orientarsi all’analisi del materiale empirico:  Descrizione: è necessaria la cosiddetta thick description, cioè una descrizione densa nella quale non viene presentato solo ciò che si vede o che si sente, ma viene arricchita di significati e interpretazioni. Questa descrizione è una vera e propria costruzione, risultato di un assemblaggio di narrazioni, cronache giornalistiche, resoconti visivi sugli ambienti sociali ecc.;  Classificazione: il metodo migliore è l’individuazione di sequenze temporali, che consiste nell’introdurre in un flusso continuo di eventi dei confini che permettono di raggrupparli in blocchi temporali separati. Un secondo metodo è quello di mettere ordine raggruppando gli oggetti sociali in classi a seconda delle similarità o dissimilarità;  Dimensione della tipologia: è necessario mettere a nudo la struttura della classificazione, individuando le caratteristiche che rendono i tipi differenti fra loro. Questa individuazione delle dimensioni di una tipologia consente di svelare la struttura concettuale della classificazione;  Temi culturali: è importante tracciare le linee generali del panorama culturale, infatti, l’identificazione dei temi culturali rappresenta uno degli scopi poiché individuandone uno, può illuminare la ricerca. Ma non sempre è possibile fare questo, poiché spesso non vi è solo un tema culturale ma molteplici;  Stile di scrittura: si può scegliere uno stile riflessivo dato dal fatto che il ricercatore è parte del mondo che sta studiando, quindi, anche la scrittura è legata alla sua personalità e alla sua cultura; uno stile di presentazione, quindi è informale e scritto in prima persona; uno stile narrativo, un modo di scrivere concreto e diretto, con descrizioni dettagliate. Infine, il modo di scrivere del ricercatore deve essere un modo naturale di scrivere la realtà sociale, perché il fine è quello di trasmettere al lettore il più possibile della propria esperienza osservativa. Osservazioni in microsociologia Il metodo dell’osservazione partecipante può anche essere utilizzato per studiare noi stessi. Seguendo questo avvicinamento allo studio della propria cultura, si è scoperto che gli aspetti della nostra vita sociale hanno una loro cultura e che tutti i momenti più banali della nostra quotidianità sono portatori di una cultura nascosta. Questa è la microsociologia, che si occupa dell’individuo, dell’interazione, del comportamento e della coscienza entro un piccolo raggio di tempo, spazio e quantità di persone. Nasce da qui l’interazionismo simbolico, il quale si basa sull’interpretazione: gli esseri umani si comportano nei confronti delle cose e delle persone sulla base dei significati che esse hanno per loro. Ogni significato è sociale e viene appreso dall’individuo nel processo di interazione sociale con i suoi simili. L’insieme di questi significati è la cultura. Questi significati vengono fatti propri attraverso la loro interpretazione, che dipende a sua volta dalle premesse culturali di ciascuno. Poi vi è l’etnometodologia, che si riferisce allo studio del ragionamento pratico di senso comune, la scienza del mondo quotidiano. Secondo questo approccio, l’agire quotidiano è regolato da norme che controllano l’interazione fra gli uomini, le quali sono implicite e quindi l’essere umano non ne ha consapevolezza. Al fine di individuarle, gli studiosi si proposero di romperle così da portarle alla luce. Limiti e risorse  Soggettività del ricercatore: nel descrivere le altre culture, l’etnografo descrive anche sé stesso, quindi l’osservazione dipende dagli occhi di chi guarda;  Non generalizzabilità dei casi studiati: entra in gioco anche la soggettività dei casi studiati, questo impedisce l’applicazione su grande scala, e conferma il fatto che sono studi su realtà che rappresentano solo se stesse;  Non standardizzazione delle procedure utilizzate: se il ricercatore cambia, cambiano i soggetti e gli ambienti osservati, i modi di osservare, le pratiche di raccolta dati ecc. Ma questi limiti possono anche essere visti come risorse, poiché questo approccio rivendica la soggettività, affermando che solo attraverso il coinvolgimento personale si può arrivare alla comprensione e che la conoscenza autentica è solo quella che passa per l’esperienza diretta.  Le sintesi e le generalizzazioni hanno forma di classificazione e tipologie, il modo di analizzarle è unitario, e non varia a seconda che questo materiale provenga da osservazioni partecipanti o da interviste. L’elemento che distingue fra ricerca quantitativa e qualitativa è la presenza o meno della matrice-dati, la quale è l’organizzazione standardizzata della risposta secondo uno schema di classificazione comune a tutti i soggetti. Nell’intervista strutturata le domande sono prestabilite e le risposte libere; la base informativa comune a tutti i soggetti può essere quindi uniformata secondo un procedimento di codifica, tipico dell’approccio quantitativo. Si otterrà quindi una matrice-dati dove tutti i soggetti sono classificati sulle stesse variabili, ma solo una parte dell’intervista sarà codificata, quella cioè in comune a tutti i soggetti, diversa dalla parte più specifica per ognuno di loro. In questo caso l’analisi procede per analisi dei dati standardizzati con gli strumenti della statistica e analisi dei testi integrali della trascrizione con le modalità della ricerca qualitativa. L’intervento di quantificazione ha senso solo quando si è in presenza di campioni di una certa ampiezza, raro caso per l’intervista non strutturata. La cosa più importante è la codifica delle risposte, la quale viene effettuata dal ricercatore spesso. Per evitare di trovarsi con interviste prive d’informazione, si consiglia di stabilire lo schema di codifica prima di iniziare le interviste, in modo tale da sapere a priori le informazioni da dover chiedere. Non standardizzazione e interazione La mancanza di standardizzazione è sia il lato vincente che il lato perdente nelle interviste qualitative. L’intervistatore non ha vincoli posti dall’intervistato, il quale lascia piena libertà al primo per garantirgli la condizione tale per far risultare il suo punto di vista. Quindi è uno strumento adatto per la scoperta e per la comprensione. Ma la mancanza di standardizzazione si pone come un problema di fronte alla valutazione quantitativa dei fenomeni studiati, la loro comparazione e la loro sintesi. Se non si standardizza è più difficile confrontare, è più difficile contare ed è più difficile inferire dal campione studiato conoscenze su una popolazione più ampia. Un’argomentazione portata avanti dai sostenitori dell’approccio quantitativo è che l’intervista qualitativa può contribuire nella fase esplorativa della ricerca quantitativa, sia durante la fase della ricerca di sfondo, sia dopo la raccolta dei dati per approfondire un tema emerso. All’opposto, per gli studiosi che si ispirano al paradigma interpretativo, l’intervista qualitativa rappresenta l’unica strada per la comprensione autentica della realtà sociale. L’intervista, quindi, deve essere il risultato di quell’unica interazione sociale che si realizza fra intervistatore e intervistato; non è un atto di osservazione ma un atto di interazione, attraverso il quale il ricercatore accede in modo diretto al mondo dell’intervistato, ed è questa partecipazione che gli permette poi di ricostruire la sua realtà grazie alla visione dal di dentro. 3 L’uso dei documenti Per documento si intende un materiale informativo su un determinato fenomeno sociale, che esiste indipendentemente dall'azione del ricercatore. Dunque, esso viene prodotto dai singoli individui o dalle istituzioni per finalità diverse da quelle della ricerca sociale. I vantaggi dei documenti personali sono il fatto di dare informazioni non reattive, cioè che non risentono dell'interazione studiante-studiato e dei suoi possibili effetti distorcenti, il fatto di studiare anche il passato e infine il fatto che comporta costi contenuti. Documenti personali Sono documenti di carattere privato, in quanto compilati dagli individui in prima persona e per un uso strettamente personale. Un esempio di ricerca sociale condotta attraverso documenti personali è quella del “Contadino polacco in Europa e in America”: è una ricerca sugli immigrati polacchi a Chicago condotta da William Thomas e Znaniecki nel 1927 basata sulle lettere che questi immigrati scambiavano con i propri familiari in Polonia. In cambio di qualche soldo a chi gli portava le proprie lettere, i due studiosi riuscirono a raccogliere 754 lettere, che costituiscono i dati principali dello studio in quanto riescono a dare tantissime informazioni sullo stile di vita dei polacchi, sulle motivazioni dei flussi migratori, la loro nuova vita a Chicago ecc. Alla base di questa ricerca vi è il paradigma interpretativista, in quanto non si tratta di trovare le cause dell’immigrazione, ma di studiare la cultura di questi immigrati quando si trovano in un altro contesto sociale. I documenti personali sono:  L'autobiografia: è il resoconto scritto dell'intera vita di una persona, da lei stessa compilato, in un periodo di tempo piuttosto limitato. Nella sua forma ideale si tratta di opere redatte spontaneamente da persone non selezionate, tuttavia, spesso nella ricerca sociale l'autobiografia è provocata, cioè viene chiesto ai soggetti reputati interessanti ai fini della ricerca di scrivere la loro autobiografia e spesso il ricercatore può indirizzare il resoconto ponendo delle domande o fornire una scaletta di temi che vorrebbe fossero toccati;  I diari: sono definiti come il documento personale per eccellenza, poiché sono scritti per uso strettamente personale e simultaneamente agli avvenimenti descritti. Tuttavia, le ricerche basate esclusivamente sui diari sono rare, infatti, spesso si utilizzano i diari commissionati, ovvero dei resoconti giornalieri compilati su richiesta del ricercatore: ai soggetti studiati vengono consegnate alcune schede, nelle quali la giornata viene suddivisa in frazioni di tempo e per ciascuna di esse si chiede a ognuno di annotare che cosa ha fatto per un certo periodo;  Le lettere: le lettere sono un importante strumento puro e indisturbato di espressione dell'intera vita degli individui e della loro soggettiva definizione della situazione. Tuttavia, nella ricerca sociale le ricerche basate su materiale epistolare sono rare, in quanto, con la diffusione del telefono, la comunicazione per lettera non è più comune come una volta. Un caso particolare è rappresentato dalle lettere spedite a giornali o a figure pubbliche, come per esempio la ricerca di Sussman sulle lettere inviate al presidente americano F. D. Roosevelt. Tuttavia, in queste lettere la componente di spontaneità e di rivelazione della propria soggettività può essere oscurata dal fatto che si tratta di un documento destinato al pubblico o a una figura pubblica. La testimonianza orale Questi tre tipi di documenti personali, però, presentano dei problemi, infatti, si tratta di documenti rari, difficili da ottenere, spesso incompleti o frammentari. Infine, c’è il problema della scarsa rappresentatività, cioè il ricercatore non può scegliere i casi da studiare ma deve accettare ciò che la situazione gli offre. Così, si è sviluppato un nuovo approccio per la ricerca basata su documenti personali, la testimonianza orale, una sorta di autobiografia orale provocata dal ricercatore, cioè il soggetto scelto deve narrare il proprio passato. Questo approccio è simile all'intervista non strutturata ma esistono almeno tre importanti elementi di differenziazione: nelle testimonianze orali vi è una centratura autobiografica che nelle interviste qualitative non è necessariamente presente, poi il ruolo dell'intervistatore è assai più limitato e infine non ci si preoccupa della numerosità dei casi studiati. Le forme principali in cui si articola questa tecnica sono due:  La storia di vita: il racconto della vita di una persona da lei stessa fatto a un intervistatore attraverso conversazioni o interviste. Poi la testimonianza orale viene interpretata, gli episodi vengono legati l'un l'altro, spostati dal loro naturale ordine cronologico e collocati in un contesto più ampio, in cui è il ricercatore a trovare nessi logici instaurare connessioni fra i fatti. Con riferimento al modo in cui il materiale biografico viene trattato dal ricercatore, possiamo individuare tre approcci: la pura e semplice raccolta di autobiografie con qualche pagina di presentazione del ricercatore; presentare, assieme alle autobiografie, anche un corposo saggio interpretativo; far interagire sistematicamente materiale empirico e interpretazione teorica, in un confronto continuo che assume anche una sua visualizzazione nel modo con il quale il testo viene costruito;  La storia orale: il racconto di una persona su avvenimenti ai quali essa ha preso parte. Si tratta sempre di un racconto autobiografico, ma al centro del racconto non vi è lo stesso narratore ma il mondo e le vicende attraversate. La parte dominante è costituita dall’analisi descrittiva e interpretativa dell'autore. Numerosi sono i vantaggi dell'utilizzazione delle fonti orali rispetto ai documenti, di fatto il ricercatore può può porre domande, evitando l'incompletezza e la frammentarietà del dato. Ma vi sono anche svantaggi, come il problema della memoria, cioè alcuni contenuti potrebbero non essere attendibili, perché sono cose del passato. Leggere i documenti personali Approccio riduttivo: non si nega il fascino letterario e il potere evocativo delle loro immagini ma i documenti personali sono insufficienti per convalidare una teoria scientifica; Approccio interpretativo: se il nostro scopo non è quello di spiegare i fatti ma quello di comprenderli, allora anche lo studio di singoli casi può gettare luce sulla realtà che stiamo studiando e aiutare la nostra comprensione. Documenti istituzionali Sono documenti prodotti da istituzioni o nell'ambito della sfera pubblica e quindi non da persone private. Più frequentemente si tratta di testi scritti, anche se non mancano i documenti materiali. I documenti istituzionali sono:  Mezzi di comunicazione di massa: cioè la stampa e la televisione. Un esempio è lo studio sulla soap opera Sentieri, che mostra come negli anni '40 solo una minoranza dei principali personaggi femminili lavorava fuori casa, successivamente, negli anni '60 le donne lavoratrici diventano la maggioranza ma occupate in attività “tradizionalmente” femminili, poi negli anni '80 quasi tutte le donne lavorano, molte nel campo degli affari, del design, ecc.;  Narrativa, testi pedagogici, racconti della cultura popolare: un'importante fonte documentaria è rappresentata dalla narrativa, dai testi pedagogici, dai libretti di precettistica religiosa o morale, dai libri di testo per le scuole ecc., in quanto, sono probabilmente lo specchio più fedele della cultura e dell'ideologia di ogni epoca proprio perché la loro finalità è quella di trasmettere alle nuove generazioni i valori e le norme del mondo degli adulti;  Materiale giudiziario: cioè sentenze dei tribunali, verbali dei processi, trascrizioni di interrogatori, denunce, ecc. che costituiscono un’imponente base documentaria per molteplici fenomeni sociali e in particolare per lo studio della devianza. Per esempio, Bandini, Gatti e Traverso hanno studiato il problema della violenza a partire dall'analisi di 237 casi di omicidio volontario, tentato omicidio e infanticidio che si sono verificati nell'arco di un quindicennio nella città di Genova, utilizzando come materiale empirico i fascicoli giudiziari relativi a ogni caso; TERZO LIBRO: Outsiders, Becker La cultura di un gruppo deviante: il musicista da ballo Spesso il comportamento deviante viene etichettato come criminale se praticato da adulti e come delinquente se praticato da giovani. Nonostante le loro attività siano formalmente legali, i musicisti da ballo vengono considerati come un gruppo deviante, infatti, la loro cultura e il loro modo di vivere sono sufficientemente bizzarri affinché vengano etichettati outsiders dai membri più convenzionali della comunità. Per capire il comportamento dei membri di un gruppo deviante, è necessario capire lo specifico modo di vivere, e a tal proposito, secondo l’antropologo Redfield, la cultura si fonda su degli accordi e sul legame tra significati e oggetti, cioè le persone si mettono d’accordo su alcuni significati da attribuire alla realtà e questi significati sono convenzionali e perciò culturali. Esempio dell’anatra che può essere vista come un coniglio: noi possiamo fare un accordo in cui diciamo che questa immagine è un’anatra, a questo punto questo diventa un tratto di una cultura che abbiamo formato noi e un tratto implicito, per cui ogni volta che vediamo questa immagine vediamo un'anatra che per noi rappresenta la realtà oggettiva. Successivamente, Hughes (iugs), un importante sociologo della Seconda Scuola di Chicago, aggiunge qualcosa alla definizione di Redfield, mettendo in evidenza il fatto che le persone che creano una subcultura hanno un problema in comune da risolvere, quindi si parla di subcultura quando le persone devono unire le forze per affrontare un problema comune. Sulla base di queste definizioni, Becker conduce il suo saggio, Outsiders, riguardante lo studio di una subcultura deviante, ovvero quello dei musicisti da ballo di Chicago e Kansas City negli anni 50. Più la ricerca è basata sull’osservazione partecipante, di fatto era pianista di professione da alcuni anni e non faceva delle vere e proprie interviste formali ma si limitava ad ascoltare le conversazioni e a parlare con i musicisti per poi appuntare ciò che avveniva e ciò che veniva detto. Vengono analizzati tre punti principali 1) Conflitto generato dalla relazione tra musicista e square: i musicisti usano il termine square per indicare tanto un tipo di persona o di oggetto quanto una qualità di comportamento, di fatto si riferisce al tipo di persona che è l’opposto di tutto ciò che è il musicista e si riferisce anche ad un modo di pensare, sentire e comportarsi opposto a quello apprezzato dai musicisti. Infatti, il musicista considera sé stesso e i propri colleghi come artisti con un dono speciale che li rende diversi dai non musicisti e dunque non devono essere soggetti al loro controllo, di conseguenza, secondo il musicista allo square mancano questo dono e la comprensione della musica e del modo di vivere di coloro che lo possiedono e per questo è visto come una persona ignorante e intollerante che bisogna temere, poiché esercita le pressioni che costringono il musicista a suonare in modo non artistico per ottenere successo; 2) Le reazioni al conflitto: innanzitutto bisogna considerare i due temi contraddittori: da un lato il desiderio di una libera espressione in accordo con le opinioni del gruppo di musicisti e dall'altro il riconoscimento del fatto che le pressioni esterne possono costringere il musicista a rinunciare a soddisfare questo desiderio. I musicisti jazz tendono ad accentuare il primo, mentre i musicisti commerciali tendono ad accentuare il secondo, ma tutti e due i tipi di musicisti provano un intenso disprezzo e un’avversione per il pubblico square, colpevole del fatto che i musicisti debbano diventare commerciali per avere successo. Dunque, vi sono due tipi di reazioni al conflitto, o si sceglie di sacrificare i benefici del comportamento artistico a favore dei benefici del lavoro fisso, del reddito più alto, del prestigio di cui gode il musicista che diventa commerciale, oppure si sceglie di non arrendersi, come i musicisti jazz. 3) Isolamento e autosegregazione: i musicisti sono timorosi di dover sacrificare i loro modelli artistici agli squares e per questo tendono all’isolamento e all’autosegregazione, la cui funzione è quella di proteggere il musicista dall’interferenza del pubblico square e la sua conseguenza è quella di intensificare lo status di outsider del musicista. Le difficoltà di rapporto con gli squares portano ad un crescente isolamento. Di regola, il musicista è isolato dal pubblico nello spazio, di fatto, lavora su un palco che costituisce una barriera fisica che impedisce l’interazione diretta e questo isolamento è gradito perché il pubblico viene visto come un potenziale pericolo, in quanto i musicisti temono che il contatto diretto con il pubblico possa condurre ad interferenze con l’esecuzione musicale. Carriere in un gruppo professionale deviante: il musicista da ballo Una carriera è una serie di cambiamenti della prospettiva secondo la quale la persona percepisce la sua vita come una totalità e interpreta il significato delle sue caratteristiche, delle sue azioni, e di tutto ciò che gli capita. I tratti della carriera caratteristici di una professione sono determinati dai problemi peculiari a quella professione in relazione alla posizione di questa rispetto ad altri gruppi nella società. I principali problemi dei musicisti riguardano il tentativo di rimanere liberi dal controllo sul comportamento artistico da parte degli outsiders per i quali essi lavorano e che di solito giudicano e reagiscono all’esecuzione musicale in base a norme piuttosto differenti da quelle del musicista. La relazione di tipo antagonista tra i musicisti e gli outsiders dà forma alla cultura del musicista e determina inoltre l’eventualità dei maggiori punti di crisi nella sua carriera. Infine, la famiglia del musicista ha un effetto considerevole sulla sua carriera, di fatto, i genitori e le mogli generalmente non sono musicisti e, come outsiders, spesso non riescono a capire la natura dell’attaccamento del musicista al suo lavoro. Le incomprensioni e i disaccordi che emergono cambiano spesso la direzione della carriera di un uomo e, in certi casi, la fanno cessare. Le cricche e il successo Il musicista concepisce il successo come un percorso attraverso la gerarchia di lavori disponibili. Una classificazione informale di questi lavori costituisce la scala con cui un musicista misura il suo successo a seconda del tipo di lavoro che fa: ai livelli più bassi vi sono musicisti che suonano nei ricevimenti di matrimoni, in taverne e night club di bassa categoria ecc. dove la paga è bassa, così come il riconoscimento da parte della comunità; mentre ai livelli più alti mi sono i musicisti che suonano nelle orchestre locali, nei migliori night clubs della zona, in radio o nella televisione ecc. e la paga è alta , gli orari comodi e un buon riconoscimento da parte della comunità. I membri si garantiscono reciprocamente per i posti di lavoro, o si assumono a vicenda quando ne hanno il potere, o si raccomandano l’un con l’altro presso quelli che effettuano le assunzioni per un’orchestra, quindi, la raccomandazione ha una grande importanza poiché è con questo mezzo che gli individui disponibili vengono conosciuti da quelli che fanno gli ingaggi, mentre lo sconosciuto non verrà ingaggiato, per tanto essere membri di cricche garantisce che una persona che ha molti amici lo raccomandino presso le persone giuste. Di conseguenza, per ottenere le posizioni di lavoro più alte ci vuole sia l’abilità che la formazione di relazioni informali con persone che possono farsi garanti di un altro per un lavoro. Il posto di lavoro con più prestigio è quello in cui il musicista deve sacrificare la sua indipendenza artistica e il prestigio professionale connesso, quindi le cricche, cui una persona deve poter accedere se vuole ottenere il successo e la sicurezza nel lavoro, sono costituite da persone di orientamento commerciale, mentre le cricche costituite da musicisti jazz offrono solo il prestigio di mantenere l’integrità artistica. Questo conflitto è uno dei maggiori problemi per il musicista solista, e lo sviluppo della sua carriera dipende dalla sua reazione di fronte ad esso. La maggior parte dei musicisti entra nel mondo della musica con un grande rispetto per il jazz e la libertà artistica, ma ad un certo punto della sua carriera, quando insorge il conflitto, si rende conto che il tipo di successo che desidera risulta irraggiungibile se allo stesso tempo vuole mantenere l’indipendenza nell’esecuzione musicale. Dunque, il musicista deve fare una scelta, o interrompere la carriera oppure ignorare le pressioni commerciali trovandosi ostacolato nell’accedere a lavori di più grande prestigio e reddito. Tuttavia, la maggior parte dei musicisti arriva ad un compromesso, cioè adottano una concezione artigianale del lavoro, non preoccupandosi più del genere di musica che si suona, ma solo di sapere se è suonata correttamente, se ha le capacità necessarie per fare il lavoro nel modo in cui dovrebbe essere fatto. Genitori e mogli Un’altra area di contatto tra la professione e la società è la famiglia. Il fatto di far parte di una famiglia lega il musicista a delle persone che sono squares, degli outsiders che si conformano a delle convezioni sociali la cui autorità non è riconosciuta dal musicista. La famiglia ha una grande influenza sulla scelta professionale attraverso il suo potere di appoggiare e di aiutare nella carriera scelta. Le famiglie di classe popolare sono preoccupate dall’irregolarità dell’impiego in campo musicale, mentre nella famiglia della classe media la scelta del lavoro come musicista da ballo è considerata come un movimento verso una vita bohémienne. Tale conflitto porta a due effetti: l’abbandono della professione o il continuo della professione ignorando i familiari. Una volta sposato, il musicista entra in un rapporto in cui le convenzioni della società gli vengono presentate in modo immediato e violento, in quanto sua moglie si aspetta che lui sia presente e che provveda alla loro esistenza, ma a volte l’insicurezza economica dell’ambiente musicale rende difficile provvedere correttamente all’esistenza della coppia e può costringere l’individuo a lasciare la professione, oppure le esigenze del matrimonio spinge il musicista a diventare commerciale. Dunque, è probabile che il matrimonio diventi una guerra con esisto negativo o per il matrimonio o per la carriera del musicista. mostrando una tranquilla situazione quotidiana, poi, però, la quotidianità si spezza (rottura del frame di Goffman???), Alice viene catapultata in una realtà altra e trascina con sé chi legge, così il mondo dato per scontato va in frantumi: qui lo shock culturale è intenso perché Alice non viene dalle classiche fiabe, i personaggi sono insoliti e le situazioni stravolte. Dunque, il velo della quotidianità viene lacerato e vi è un invito a sorprendere il giudizio e a staccarsi dalla realtà data per ovvia: si tratta di un fenomeno già presente nel teatro pirandelliano, in quanto Pirandello smentisce la ragionevolezza del senso comune e infrange le norme delle rappresentazioni teatrali, dunque lo spettatore dà per scontato che la recita avvenga sul palcoscenico e che nella platea ci sia il pubblico, ma in "questa sera si recita a soggetto" questo non accade e il pubblico si sente confuso. Mostrandoci culture lontane e diverse, gli studi di antropologia ci fanno capire il fenomeno del “relativismo culturale”: vi sono luoghi in cui non vi è la crisi dell’adolescenza, in cui si pratica la poligamia, dove i ruoli di genere sono invertiti ecc. Si tratta di consapevolezze che ci introducono in mondi “diversi”. Nei romanzi lontani dal nostro periodo incontriamo dei modi di costruire relazioni doversi dal nostro, ad esempio Balzac con “Papà Goriot” ci fa vedere come nell’alta società di Parigi i mariti consentono alle moglie di partecipare alla vita mondana con i loro amanti, mentre nella Sicilia rurale di Verga compare Alfio che difende il proprio onore uccidendo l’amante della moglie. Lo stesso accade con i romanzi vicini al nostro periodo ma che appartengono ad altre culture che ci appaiono strane, come per esempio quando una musulmana non mangia carne di suino e se ci prova, sente un senso di nausea. Pur nella loro diversità, i mondi sociali hanno delle caratteristiche in comune, come la costruzione delle realtà che propongono con valori imposti considerati superiori, per esempio, in “Un amore di Swann”, Proust presenta due dei tanti mondi della vita di Parigi: il gruppo degli aristocratici e quello di borghesi in ascesa in contrasto tra loro. I diversi mondi sociali difendono la loro persistenza etichettando in modo negativo gli altri mondi e le persone che non rispettano le loro regole. Goffman dice che per definizione crediamo che una persona con uno stigma non sia veramente umana, e partendo da questa premessa facciamo molte discriminazioni e creiamo una teoria dello stigma per spiegare l’inferiorità o il pericolo di una persona. Inoltre, Lemert, Goffman e Becker mostrano come il processo di stigmatizzazione sociale spinge le persone a deviare, in quanto lo stigma pone la persona colpita al di fuori rendendola outsider e impedendogli l’acquisizione di ruoli normali e relazioni non devianti. Cooley aveva già notato il meccanismo del “looking glass self”: l’immagine che l’individuo ha di sé si forma attraverso il riflesso che egli coglie negli altri come persone importanti, dunque se gli altri lo considerano negativamente, si considererà negativo. Questo perché si pensa che la condanna, il biasimo o le punizioni servano a correggere il colpevole, ma succede il contrario e si va verso la devianza, un esempio è dato dall’Esclusa di Pirandello in cui la protagonista Marta inizia a credere al riflesso negativo degli altri e comincia a comportarsi come viene etichettata, oppure da Rosso Malpelo considerato cattivo per i suoi capelli rossi, dunque viene giudicato ed escluso, e questo lo porta a diventare davvero cattivo. Così come possono spingerlo verso il male, le immagini che gli altri mostrano ad un individuo di sé stesso possono orientarlo verso il bene, per esempio il mito di Pigmalione narra di come la protagonista Eliza viene trasformata da giovane rozza fioraia a cortese dama facendole acquisire nuovi modelli e trattandola con la cortesia dovuta ad una dama. Strappare il velo e andare oltre Lo svelamento nella letteratura consiste nell’esplicitare gli stereotipi che noi tendiamo ad utilizzare in maniera implicita (cultura implicita). Le fiabe classiche sono piene di stereotipi e la realtà viene presentata da un’unica prospettiva, mostrando i buoni come positivi e i cattivi com'è essere malvagi, per esempio in “Le 7 mogli di Barbablù” egli viene mostrato come un mostro, ma in realtà era vittima delle sette mogli. Anche la favola della Bella Addormentata viene capovolta con la versione nuova di Maleficent, o la Sorellastra di Cenerentola: afferma di non essere veramente cattiva; era un’intellettuale ma non amava cucinare e fare le pulizie come faceva Cenerentola, la quale, invece, non era per niente intellettuale e aveva come amici dei topi, inoltre amava rimanere a case anziché uscire come faceva la sua sorellastra e aveva una madrina molto all’antica, mentre la seconda sorellastra era solo un’invenzione. Un giorno incontra il principe azzurro e scopre di avere due grandi passioni in comune ovvero il rock and roll e Dostoevskij, si sposano ma hanno dovuto mantenere il segreto perché il Re azzurro non era d’accordo perché non sopportava le intellettuali. Un giorno, il Re azzurro organizza una festa di ballo e tutte le giovani donne vengono invitate, la sera del ballo il principe si innamora di Cenerentola ma a mezzanotte doveva andarsene e, essendo incapace di leggere l’ora, scappò senza dire il suo nome perdendo la scarpetta. Visto che Cenerentola era l’unica ad avere un piede piccolissimo, la madrina suggerì al re di provare la scarpetta su tutte le donne e infatti fu trovata Cenerentola e si sposò col principe e si dice che vissero felici e contenti. Ma non è così in quanto la sorellastra sapeva molte cose che avrebbero potuto rovesciare il finale, come l’adulterio del principe che era l’amante della sorellastra. Complessità dell’individuo: uno, nessuno e centomila Il processo di socializzazione ci abitua a non cogliere la complessità degli individui, dunque, si è costretti a focalizzare l'attenzione su uno dei loro aspetti e catalogarli in base a stereotipi, che aiutano a muoversi con sicurezza ma impoverisce lo sguardo e porta a pregiudizi e discriminazioni. Quando si parla di Self sociale, James mostra la complessità dell’essere umano: l’uomo ha un diverso self in base alla persona con cui interagisce, per esempio i giovani si comportano bene con i loro genitori ma fanno i duri con i loro amici. Anche Mead esprime un concetto analogo dicendo “Siamo una cosa per l’uno e una cosa per l’altro”. Secondo saggio dedicato all’uso delle narrazioni nell’opera di Goffman Gli studi di Goffman che considerano gli aspetti metodologici del suo lavoro sono rari per la sua riluttanza nel dare indicazioni sul proprio modo di fare ricerca, tuttavia, sapendo che l'individuo può presentarsi con varie facce, Goffman suggerisce l'introduzione del ricercatore in un gruppo, infatti, nella prefazione di "Asylums" fa riferimento alla tecnica dell'osservazione partecipante, in quanto consente di raggiungere una sincronizzazione con i soggetti che si intende studiare. Inoltre, Goffman evita di assumere una posizione centrale nei suoi libri, infatti al posto del suo resoconto personale preferisce riportare testi narrativi in grado di esprimere delle situazioni che lui stesso ha visto e vissuto, perché sostiene che abbiano una forte valenza espressiva, in quanto le immagini descritte aiutano a comunicare in maniera efficace interpretazioni che sembrerebbero troppo astratte, infatti in "Espressione e identità" Goffman afferma che la letteratura riesce a fornire un'immagine più chiara della realtà. I testi narrativi a cui Goffman fa riferimento sono per lo più bestseller biografici e autobiografici che andavano di moda ai suoi tempi che facilitano la comunicazione con allusioni a personaggi e situazioni che risuonino familiari anche al lettore comune. Ma fa anche riferimento alla letteratura classica che gli consente di sensibilizzare l'analisi e di stimolare l'immaginazione sociologica, per esempio in Asylums si trovano diversi estratti da "Such, Such Were the Joys", un testo autobiografico in cui Orwell descrive in maniera cruda le umiliazioni subite nel collegio privato: il lettore che legge delle memorie della vera vita di Orwell non dubita dell’autenticità dei fatti riportati ma al tempo stesso può rievocare con l’immaginazione la società del tempo. Oppure quando fa riferimento ai contrabbandieri di vodka di un brano di Dostoevskij tratto da “Memorie dal sottosuolo” per spiegare gli adattamenti secondari: pratiche degli internati che sfidano lo staff nonostante le restrizioni dell’istituzione totale, infatti, si racconta delle prigioni siberiane nelle quali i carcerati si scambiavano bottiglie di vodka solo per il gusto del pericolo e per dimostrare la loro astuzia. Inoltre, Goffman fa anche riferimento a testi di finzione, per esempio in “Espressione e identità” fa riferimento a un passo di “Orgoglio e pregiudizio” non per il contenuto ma per il discorso comune che condivide con la scrittrice inglese e che spinge a farsi le stesse domande e a guardare il mondo dalla stessa prospettiva. La stessa cosa si può dire di Kafka e Goffman per l’attenta osservazione dei rituali di vita e la capacità di comunicare in maniera vivida l’angoscia e l’assurdità della routine del giorno. Uso di testi narrativi in sociologia Questo uso di testi narrativi può sollevare delle obiezioni perché lo scambio tra letteratura e sociologia è considerato legittimo solo se i due piani rimangono separati. Il sociologo è autorizzato a usare la letteratura per finalità illustrative, oppure se si occupa di letteratura come fenomeno sociale può rivolgere l'attenzione alle condizioni che consentono la creazione, la distribuzione e la ricezione dei testi, mentre l’analisi del contenuto narrativo è riservata a letterati. A tal proposito Becker afferma che leggere un testo narrativo utilizzando come chiavi analitiche le categorie delle scienze sociali è una scelta adottata in lavori che ormai possono essere considerati i classici della sociologia, un esempio è Bourdieu che fece una lettura sociologica di "L'educazione sentimentale" di Flaubert come introduzione a "Le regole dell'arte": Bourdieu sostiene che un romanzo come questo offre degli strumenti necessari per l'analisi sociologica. Terzo saggio sulla letteratura migrante in Italia Quello dei giovani scrittori migranti di seconda generazione è un caso letterario italiano molto conosciuto negli anni 2000: emerge la figura dello scrittore migrante visto non più come straniero ma come autore che scrive a nome della collettività da cui proviene. Schutz afferma che chi ha lasciato il proprio paese non conosce ciò che gli altri danno per scontato, dunque, lo straniero mette in discussione l’ovvio e crea disordine, per questo è visto come un pericolo, in quanto la paura del caos induce gli altri a difendersi erigendo muri fisici e mentali che impediscono di partecipare alla vita sociale a chi non è ancora accettato ma vorrebbe esserlo. Una delle strategie messe in atto per difendersi dagli stranieri consiste nel limitare o impedire il controllo della propria immagine. La difficoltà di gestire la rappresentazione di sé stessi costituisce una limitazione determinante per l'integrazione sociale dei migranti: il senso comune li identifica con immagini stereotipate e stigmatizzanti che suscitano commiserazione, paura o rabbia. Invece, nella produzione narrativa migrante, lo straniero presenta un’immagine diversa da quella proposta dal senso comune e dai media, infatti, i romanzi e i racconti scritti dai migranti possono mettere in dubbio gli stereotipi e limitare i meccanismi di etichettamento. Dunque, il fenomeno dei giovani scrittori migranti di seconda generazione dimostra come un gruppo stigmatizzato possa diventare di moda: le loro pratiche sociali vengono fatte proprie dal pubblico di massa e diventano scelte di consumo ordinario. La scrittrice Igiaba Scego sostiene che la letteratura migrante italiana non ha ancora una seconda generazione ma si tratta solo di un movimento e non di un processo definito. Armando Gnisci propone una periodizzazione dello sviluppo della letteratura migrante in Italia articolata in 3 fasi: 1) Gli autori stranieri non sanno bene l’italiano, dunque sono affiancati da un curatore e l’interesse delle case editrici è determinato dal tema dell’immigrazione; 2) Gli autori stranieri scrivono senza alcuna intermediazione ma l’interesse degli editori commerciali si attenua, la produzione narrativa migrante rimane di nicchia ed è pubblicata da piccole case editrici impegnate nella diffusione dell’intercultura; QUINTO LIBRO: La realtà come costruzione sociale, Berger e Luckmann La società come realtà soggettiva La tesi sostenuta in questo libro è che la realtà viene costruita socialmente e a partire da premesse fenomenologiche, Berger e Luckmann elaborano il modello dialettico di costruzione sociale della realtà, affermando che ciò che noi definiamo reale è il risultato di un processo dialettico che si articola in 3 fasi: Interiorizzazione, Esteriorizzazione e Oggettivazione. Si tratta di un ciclo continuo, perché nel relazionarci con la realtà noi interiorizziamo, esteriorizziamo e oggettiviamo costantemente ciò che definiamo reale: per noi la realtà è qualcosa di oggettivo e indipendente da noi, ma al tempo stesso abbiamo interiorizzato quei significati che ci permettono di dare senso alla realtà, quindi abbiamo appreso una cultura e in base a questa esteriorizziamo ciò che abbiamo appreso, cioè agiamo e orientiamo le nostre azioni e stabiliamo interazioni con gli altri, di conseguenza, confermiamo la realtà oggettiva. Interiorizzazione: è il meccanismo attraverso il quale facciamo propria la realtà sociale oggettivata, cioè interiorizziamo quei significati che ci permettono di dare senso alla realtà → io capisco non solo l’altro, ma il mondo in cui vive, e quel mondo diventa mio, dunque tale processo non è solo passivo, ma l’individuo crea e ricrea continuamente il proprio mondo e può essere considerato membro della società solo quando ha completato questo grado di interiorizzazione. Il concetto di socializzazione coincide con quello di interiorizzazione e viene intesa dagli autori come “l'insediamento completo e coerente di un individuo in un mondo oggettivo di una società o di un suo settore”.  Socializzazione primaria: è la prima socializzazione che un individuo intraprendere nell'infanzia, attraverso il quale diventa un membro della società. Questa socializzazione implica più che un semplice apprendimento poiché avviene in circostanze cariche di componenti emotive, infatti, il bambino si identifica con le persone che influiscono su di lui, dunque l’’interiorizzazione avviene attraverso l’identificazione. A tal proposito, Mead definì il concetto di “altro generalizzato”, ovvero tutti gli altri, dunque implica l’interiorizzazione della società in quanto tale.La socializzazione primaria termina quando il concetto dell’altro generalizzato è ormai instaurato nella coscienza dell’individuo;  Socializzazione secondaria: è ogni processo successivo che introduce l'individuo già socializzato in nuovi settori del mondo oggettivo della sua società. Ciò che si impara nel periodo della socializzazione secondaria ha un grado minore di oggettività e questo fa sì che sia possibile staccare una parte dell’io e della sua realtà concomitante e considerarla pertinente solo alla situazione legata al ruolo. Per alcune professioni e ruoli sociali della socializzazione secondaria, sono richieste le tecniche di intensificazione che fanno sì che l'individuo si immerga all'interno di un nuovo mondo, per esempio un aspirante ballerino può capire che questa è la sua vocazione per cui assume un determinato stile di vita, così come le relazioni con gli altri ballerini e il maestro implicheranno un coinvolgimento emotivo e non solo un apprendimento nazionale. La socializzazione riesce quando vi è un alto grado di simmetria fra realtà oggettiva e soggettiva (è probabile che la socializzazione ottenga il massimo successo nelle società nelle quali vi è un basso grado di divisione del lavoro, e quindi di distribuzione del sapere). Invece, la socializzazione fallisce quando un soggetto viene estromesso dalla comunità derivante da una stigmatizzazione, come il pazzo, il lebbroso ecc. Esteriorizzazione: attraverso le nostre attività, esteriorizziamo ciò che abbiamo appreso con l’interiorizzazione, cioè agiamo e orientiamo le nostre azioni e stabiliamo interazioni con gli altri, di conseguenza confermiamo la realtà oggettiva. Oggettivazione: è il processo mediante il quale comprendiamo che la realtà è un qualcosa di oggettivo e indipendente da noi → la realtà quotidiana appare all'uomo già oggettivata, cioè costituita in un ordine di oggetti che sono stati designati come oggetti prima della sua comparsa sulla scena. Preservazione della realtà La realtà della vita quotidiana viene continuamente rafforzata dall’interazione di un individuo con gli altri, dunque, così come viene originariamente interiorizzata mediante un processo sociale, viene anche conservata attraverso processi sociali. Le persone importanti nella vita dell’individuo sono i principali agenti per la preservazione della sua realtà soggettiva. Il veicolo più importante di preservazione della realtà è la conversazione noncurante, in quanto non si preoccupa di analizzare il mondo, ma di confermarlo. Nelle situazioni di crisi il procedimento è lo stesso che per la conservazione delle routines: la società stessa crea specifici procedimenti attraverso i quali ribadisce la realtà in situazioni di crisi. La situazione di crisi per eccellenza è la morte. La ristrutturazione La ristrutturazione o risocializzazione determina una rottura con quello che è stato precedentemente appreso, ovvero il caso in cui un individuo “cambia mondo”, come per esempio la conversione religiosa. Inoltre, Berger e Luckmann dicono che affinché ci sia una ristrutturazione è necessaria una struttura di plausibilità, cioè che l’individuo sia a contatto con persone con le quali l’individuo dovrà stabilire un’identificazione fortemente affettiva. Bisogna fare una distinzione tra risocializzazione e socializzazione secondaria: a differenza della socializzazione, nella risocializzazione il presente viene interpretato per adattarlo al passato, e il passato viene completamente reinterpretato per adattarlo al presente. Teorie sull’identità L’identità è un fenomeno che nasce dalla dialettica tra individuo e società, in quanto formata da processi sociali: una volta cristallizzata, viene mantenuta, modificata o rimodellata dalle relazioni sociali. I processi sociali implicati sia nella formazione che nella preservazione dell’identità sono determinati dalla struttura sociale. D’altra parte le identità stesse lavorano sulla struttura sociale, conservandola, modificandola o rimodellandola. Le specifiche strutture sociali producono tipi di identità, che possono essere notati nella vita quotidiana. Le teorie psicologiche servono a legittimare il procedimento di conservazione e di ricostruzione dell’identità instaurato nella società, fornendo l’anello di congiunzione tra identità e mondo. Organismo e identità L’organismo influisce su ogni fase umana di costruzione della realtà e ne è a sua volta influenzato. È possibile parlare di una dialettica tra natura e società, consistente in una reciproca restrizione. Si può dire che la realtà sociale determina in grado notevole anche il funzionamento dell’organismo. Il substrato biologico continuerà per tutta la vita a resistere alle imposizioni sociali. L’uomo è biologicamente predestinato a costruire un mondo e ad abitarvi in comune con gli altri. Questo mondo diventa per lui la realtà dominante e definitiva. I suoi limiti sono posti dalla natura, ma, una volta costruito, esso influisce a sua volta sulla natura. Nella dialettica tra la natura ed il mondo socialmente costruito lo stesso organismo umano viene trasformato ed in questo modo l’uomo produce la realtà e sé stesso. La realtà della vita quotidiana Il mondo è costituito da molteplici realtà e fra esse la realtà della vita quotidiana è quella dominante e ordinata e mi si presenta come un mondo intersoggettivo che condividiamo con gli altri, ciò significa che in questo mondo vi è una continua corrispondenza fra i miei e i loro significati. L’evidenza della vita quotidiana, la fattualità autoevidente e indiscutibile, la capacità di sospendere il dubbio che tale realtà sia qualcosa di diverso da ciò che appare è indispensabile per il funzionamento stesso di ogni società. Questo fino a che non si presenta un problema nuovo che ci costringe a fermarci a riflettere. A questo punto per il soggetto è necessario reintegrare il settore problematico in ciò che problematico non è, cioè tradurre l’ignoto nel noto. Questi casi, che si presentano quotidianamente, mostrano come accanto a routine ed automatismi sia all’opera un’attività incessante di interpretazione del proprio mondo da parte dei membri della società, impegnati costantemente a creare e ricreare il loro mondo, come trama di significati condivisi interrogativamente. La società come realtà oggettiva I meccanismi che presiedono alla creazione dell’ordine culturale sono essenzialmente sociali e tale ordine culturale è il frutto della cristallizzazione delle consuetudini. Questi processi di consuetudinarietà precedono ogni istituzionalizzazione, che ha luogo ovunque vi sia una tipizzazione reciproca di azioni consuetudinarie. L’istituzionalizzazione avviene in ogni situazione sociale durevole: anche se A e B provenienti da mondi diversi si incontrano in un’isola deserta, daranno inizio ad un processo di istituzionalizzazione, infatti, mentre A e B interagiscono, ben presto verranno prodotte alcune tipizzazioni e questo avverrà anche se ognuno continua ad eseguire azioni diverse da quelle dell’altro. Un vantaggio dell’istituzionalizzazione è che ciascuno sarà capace di prevedere le azioni dell’altro, liberando entrambi gli individui da un notevole carico di tensione. La legittimazione non solo dice all’individuo perché egli deve comportarsi in un certo modo, ma gli fornisce anche una spiegazione di come stanno le cose. Sedimentazione e tradizione La sedimentazione si dice intersoggettiva quando numerosi individui condividono la stessa biografia e può essere definita veramente tale solo quando è stata oggettivata in un sistema di simboli, normalmente il linguaggio, il quale diviene il deposito della tradizione comune. La trasmissione del significato di un’istituzione è fondata sul riconoscimento sociale di quella istituzione come soluzione permanente ad un problema permanente. I ruoli I ruoli appaiono non appena comincia a formarsi un comune bagaglio di conoscenze che contengono tipizzazioni reciproche della condotta, di fatti, ogni condotta istituzionalizzata implica dei ruoli, che rappresentano l’ordine istituzionale, ovvero sono in speciale rapporto con l’apparato di legittimazione della società. L’analisi dei ruoli è particolarmente importante nella sociologia perché rivela la mediazione tra i macroscopici universi di significato oggettivizzati in una società ed i modi in cui questi universi sono oggettivamente reali agli individui. Portata e modi dell’istituzionalizzazione La portata dell’istituzionalizzazione nella totalità delle azioni sociali in una data collettività dipende dal grado di diffusione delle strutture di pertinenza. In una società in cui l’istituzionalizzazione fosse totale, tutti i problemi e tutte le soluzioni sarebbero comuni, e le cosiddette società primitive si avvicinano a questo modello. Invece, l’estremo opposto porterebbe ad una società priva di una cultura comune, con la conoscenza interamente legata ai ruoli, e ogni società in cui c’è una crescente divisione del lavoro tende verso questo modello. Altra condizione è la presenza di un surplus
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