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Umanesimo e Rinascimento: Il Contesto Storico - Ariosto e la Crisi del Quattrocento, Schemi e mappe concettuali di Italiano

Il contesto storico dell'umanesimo e del rinascimento in europa, dalla fine del medioevo alla fine del cinquecento. Il testo tratta della rivalutazione della realtà terrena, dell'affermazione della dignità umana, del recupero del mondo classico e del nuovo atteggiamento scientifico e realistico. Vengono presentate le opere di ariosto, in particolare l'orlando furioso, e il suo approccio all'ironia e alla critica delle satire. Il documento include anche una breve descrizione delle sue commedie e dei cinque canti.

Tipologia: Schemi e mappe concettuali

2022/2023

Caricato il 17/01/2024

rebecca-giarnieri
rebecca-giarnieri 🇮🇹

11 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Umanesimo e Rinascimento: Il Contesto Storico - Ariosto e la Crisi del Quattrocento e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Italiano solo su Docsity! UMANESIMO E RINASCIMENTO IL CONTESTO STORICO Dalla fine del Medioevo alla fine del Cinqucento, l’Europa conosce un nuovo spirito culturale che valorizza la centralità dell’uomo e della realtà terrena. Il rinascimento, dal punto di vista letterario, è suddiviso in due fasi: • UMANESIMO, riguardante il recupero e la rivalutazione delle opere classiche, che si sviluppò a partire da Petrarca e Boccaccio e lungo tutto il Quattrocento; • RINASCIMENTO vero e proprio, XVI secolo, in cui vengono elaborati in forma autonoma e originale nuovi modelli culturali e nuove concezioni della realtà che dall’Italia si diffondono in tutta Europa. Nel Quattrocento nacquero in Europa le monarchie e gli stati nazionali: • in FRANCIA si afferma la monarchia assoluta; • in INGHILTERRA nasce il capitalismo mercantile; • in GERMANIA il Sacro romano impero germanico diventa Stato nazionale sotto il governo degli Asburgo; • in SPAGNA si assiste ad un processo di reconquista della penisola, con la vittoria degli arabi e l’unificazione territoriale e politica. Questo fenomeno è accompagnato dalla formazione di eserciti statali permanenti, l’affermarsi delle lingue volgari e l’identità religiosa. Resta estranea a questa evoluzione l’Italia, subendone però le conseguenze con la progressiva perdita di indipendenza. Tra la fine del 300 e la prima metà del 400, in Italia abbiamo il passaggio dalla signoria al principato e la progressiva affermazione degli Stati regionali, che entreranno in crisi. Ma proprio in questi anni, l’Italia vede affermarsi la cultura umanistica, seguita poi da quella rinascimentale. A determinare i processi socio-culturali dell’Europa occidentale sono: • la caduta dell’impero bizantino e la conseguente creazione dell’Impero turco ottomano; • le scoperte geografiche e la conseguente nascita dei grandi imperi coloniali, tra cui la scoperta dell’America avvenuta nel 1492, grazie a Cristoforo Colombo. Questa scoperta portò allo spostamento dei centri economici dal Mediterraneo all’Europa atlantica, alla fine dell’eurocentrismo e alla fine della centralità geopolitica dell’Italia. Il Cinquecento è il secolo dei banchieri e degli industriali. Infatti, le politiche si legano ai finanziamenti e agli interessi dei banchieri e degli industriali, dando vita ad un’economia capitalista. Le attività agricole continuano ad essere il fulcro dell’economia, pur non presentando innovazioni, a differenza dei settori industriali e mercantili. In questi anni si assiste a un grande incremento demografico. Di conseguenza, aumenta il divario fra le varie classi sociali, manca un’uguaglianza giuridica e nascono le prime forme di ribellione. L’avvenimento fondamentali di questo periodo storico è la RIFORMA PROTESTANTE, guidata da Martin Lutero, dovuta a. l’insorgere di una nuova sensibilità religiosa; la decadenza della Chiesa romana e la corruzione del suo clero; l’affermazione dello stato; la rivolta contro il fiscalismo della Chiesa romana; l’attenzione dei protestanti alle rivendicazioni dei più deboli e l’affermazione dell’eguaglianza cristiana. La riforma metteva in discussione il papa, la Chiesa e la loro autorità, sfociando poi in rivolte sociali. In Svizzera la riforma fu guidata da Calvino, mentre in Inghilterra nacque la Chiesa Anglicana. La Chiesa Cattolica risponde con la CONTRORIFORMA CATTOLICA, per riaffermare la propria autorità. Nel 1545, papa Paolo III convocò un concilio a Trento, durante il quale sancisce nuove regole rigide (lotta contro le eresie e gli ebrei; creazione di un indice dei libri proibiti; censura della stampa, l’istituzione del tribunale dell’inquisizione), tramite le quali riafferma i fondamenti della dottrina cattolica e conferma il primato papale. IL CONTESTO CULTURALE La cultura e il pensiero del rinascimento si basano su. la rivalutazione della realtà terrena e il riconoscimento del suo valore per quanto riguarda il godimento dei piaceri della vita; l’affermazione della dignità umana; il recupero del mondo classico, visto come modello eccellente; il muovo atteggiamento scientifico e realistico nei confronti del mondo e delle capacità dell’uomo di studiarlo e controllarlo. IL QUATTROCENTO La nascita di un nuovo mondo viene realizzata facendo ritorno al mondo classico. Per “Umanesimo” si intende un insieme di manifestazioni intellettuali, spesso diverse o contrastanti tra loro, che hanno un obiettivo in comune, ovvero restaurare gli studia humanitates, gli studi indirizzati alla scoperta del mondo antico greco-romano. A differenza del Medioevo, l’Umanesimo vede la civiltà antica come indipendente, proponendone una nuova e diversa interpretazione. In questo periodo si inizia a parlare di filologia: gli umanisti ricercavano le opere greche e classiche, per poterle ricostruire e interpretare correttamente. Il rappresentante più valido della filologia è LORENZO VALLA, di cui ricordiamo il saggio “De falso credita et ementia Costantini donatione”, nel quale dimostra che la donazione di Costantino è un falso, dopo averla studiata attentamente dal punto di vista filologico (il papa si arrogò il diritto di appropriarsi il territorio e avere il potere temporale; perciò Valla studiò quel testo). Già Petrarca notò l’importanza di questa scienza. Ma oltre ad un desiderio di rinascita, c’erano anche dei fattori storici che spinsero gli umanisti ad analizzare il patrimonio culturale greco: il concilio di Firenze del 1439, che puntavano ad un riavvicinamento tra la Chiesa di Roma e la cristianità d’Oriente, e la caduta di Costantinopoli nel 1453. Alla base della società non vi è più Dio, bensì l’uomo: in quest’epoca, l’uomo è considerato come l’artefice del proprio destino. Ci fu quindi un processo di laicizzazione della cultura e del mestiere di intelletuale: si abbandonarono gli studi rivolti o ispirati alla religione (→DIVINAE LITERATAE), per dare spazio a tutte quelle discipline ritenute fondamentali nella formazione dell’uomo nell’era classica (→HUMANAE LITERATAE), vale a dire letteratura, grammatica, retorica, storia e filosofia. Dal punto di vista filosofico, alla fine del 300 entra in crisi la filosofia scolastica, che aveva influenzato il pensiero medievale e si basava sul pensiero di Aristotele, perché non corrispondeva più alla nuova visione del mondo e della centralità dell’uomo. Si dimostrava più convincente la filosofia di Platone: la nuova percezione del mondo NON è in contrasto con la fede, perciò si afferma il Neoplatonismo, che concilia la libertà di riflessione con la teologia cristiana; inoltre i platonici concentrano la loro riflessione sul piano ideologico, mettendo in discussione le principali questioni religiose e sostenendo un rinnovamento spirituale. Nel 1462 a Firenze nacque l’accademia Neoplatonica, per rinnovare l’antica accademia di Atene, dove si riunivano intellettuali e artisti (tra cui Leon Battista Alberti, Poliziano, Pico della Marandola, Lorenzo de’ Medici) sotto Marsilio Ficino, che per primo tradusse in latino le opere di Platone, rendendole così più accessibili. Ficino affermò che “anche nell’uomo è contenuta una scintilla di divinità”. Di Pico Della Mirandola ricordiamo il trattato “Oratio de hominis dignitatate”. Dio è contemplato, ma con un’accezione diversa, infatti è Lui stesso a volere che l’uomo fosse a così, a dargli potere, a dargli il libero arbitrio e a volerlo al centro dell’universo. Questo suo trattato conferisce dignità all’uomo. L’evento fondamentale di questo periodo, che ha segnato una linea di demarcazione nella storia della cultura (medioevo prima, mondo moderno dopo), è l’invenzione della stampa. Inizialmente, manoscritti e libri stampati convivevano. Ma, dopo aver visto l’utilità della stampa (economicità, rapidità e numero di volumi in grado di produrre), i manoscritti furono gradualmente abbandonati. A favorirne lo sviluppo si aggiunse anche una maggior disponibilità di carta. Tutti i libri stampati fino al 500 sono detti incunaboli, dal latino “cuna” (culla), ovvero l’infanzia della tipografia. Si ispirano al manoscritto, infatti presentano dei caratteri gotici. Di quelli stampati in Italia, solo il 20% è in volgare italiano. Si tratta per lo più di opere di carattere religioso, come Fioretti di San Francesco o La legenda aurea di Jacopo da Varazze. I primi stampatori si dedicarono prevalentemente alla divulgazione dei testi più richiesti. Il frate Girolamo Savonarola si servì subito della stampa. L’UMANESIMO È LA BASE DEL RINASCIMENTO. (Distinzione non solo cronologica. Umanesimo: più imitazione dei classici, maggiore predilezione dei classici. Rinascimento: più consapevolezza, libertà, attenzione verso la creazione di qualcosa di nuovo). quanto gli ideali umanistici fossero in crisi. Il mondo delle opere di Ariosto è dominato dalla follia, sempre esposto al rischio di precipitare nel caos. Inoltre, Ariosto vede il sentimento amoroso come una potente forza distruttiva, che ha il potere di annientare l’individuo, al quale oppone la fede nella poesia, nella bellezza e nell’armonia che solo l’arte riesce ad imporre anche nel caos. La sua opera più significativa, l’Orlando Furioso, RISPECCHIA LA GRANDE CRISI STORICA CHE AFFRONTA L’ITALIA TRA FINE 400-INIZI 500. La poetica di Ariosto è classicista: LA POESIA È ARMONIA, BELLEZZA, IN QUANTO SOLO COSÌ PERMETTE DI CONTEMPLARE LA REALTÀ IN MODO DISTACCATO (→obiettivo). Benedetto Croce paragonò l’ironia di Ariosto “all’occhio di Dio che contempla tutta la sua creazione, il bene e il male, e la ama tutta”. Ariosto si rifà ai modelli antichi perché perfetti, si contrappongono a una realtà disarmonica e complessa. Egli dissacra i valori cristiani per privilegiare le debolezze umane e la fortuna. Anche nelle sue opere troviamo il caso e la fortuna, che svolgono un ruolo molto importante. Il distacco con cui il poeta contempla la realtà e l’ideale di saggezza ed equilibrio a cui aspira sono alla base dell’ironia ariostesca. ARIOSTO SI SERVE DELL’IRONIA PER OSSERVARE GLI ELEMENTI PROBLEMATICI E TRAGICI DA UNA CERTA DISTANZA, SENZA PERÒ ANNULLARE I SENTIMENTI E LE EMOZIONI, PIUTTOSTO OGNUNA DI ESSE HA IL PROPRIO POSTO. Ariosto aderisce alla tesi di Pietro Bembo e Petrarca, adeguando alle loro teorie la propria lingua. Nelle sue scelte linguistiche e stilistiche ritroviamo anche i suoi ideali. Aristo adatta il suo stile a toni colloquiali, ma sempre elevati: anche nelle commedie opterà per la scrittura in versi. LE OPERE MINORI: LE SATIRE Sono 7 lettere in terzine dantesche, composte tra il 1517 e il 1524, ispirate alle Epistole e alle Satire di Orazio. Il poeta trae spunto da episodi autobiografici e dalle meditazioni morali. Nella satira prima, Ariosto parla della sua rottura con il cardinale Ippolito. Con la satira settima, il poeta rifiuta l’incarico di ambasciatore a Roma presso il papa Clemente VII, dichiarando il suo desiderio di condurre una vita sobria a Ferrara. L’obiettivo delle satire è rivelare i difetti, metterli in luce tramite una distorsione (→criticare con l’ironia), sui modelli classici-latini (Varrone sosteneva che le satire fossero state inventate dai latini, in quanto non si hanno modelli greci). LE COMMEDIE Sono 5 componimenti: i primi due, La Cassaria e I Suppositi, sono messe in scena a Ferrara rispettivamente nel 1508 e nel 1509 e si ispirano al teatro latino (storie d’amore contrastate, scambi di persona) e proprio per questo sono ritenute importanti; il terzo, Il Negromante, scritta inizialmente in prosa, per poi essere riscritta in versi endecasillabi, si ispira alla commedia plautina; La Lena, anch’essa in versi, racconta la storia di Lena, una mezzana, che aiuta due giovani amanti a incontrarsi di nascosto, fino a quando non si sposano; il quinto, I Studenti, rimasto incompiuto. LE LIRICHE Nel 1494 inizia l’attività letteraria di Ariosto, che scrive all’incirca 70 Poesie latine, dei componimenti basati sul modello di Orazio. Tra queste ricordiamo Le Rime, composte tra il 1494 e il 1527, che si ispirano al modello petrarchesco del Canzoniere, ma presentano tratti della produzione lirica di Boiardo e della lirica latina (Properzio e Catullo). I CINQUE CANTI Nascono come tentativo di ampliare l’Orlando Furioso e furono pubblicati la prima volta in appendice del poema nel 1545. Essi trattano prevalentemente i tradimenti di Gano di Maganza ai danni di Carlo Magno. Erano caratterizzati da un tono più cupo rispetto al poema, perciò l’autore decise di escluderli. LE LETTERE Si tratta di più di 200 lettere, di cui solo una in latino, risalente al 1498, mentre le altre sono in volgare, scritte fra il 1509 e il 1533. Non erano destinate alla pubblicazione, infatti erano legate a occasioni pratiche, doveri d’ufficio, caratterizzate da uno stile spesso poco curato, molto informale e non sottoposto ad alcuna revisione. IL CAPOLAVORO-L’ORLANDO FURIOSO Si tratta di un poema epico-cavalleresco, come possiamo notare dal proemio, strutturato in 46 canti di ottave di varia estensione (da 72 strofe a 199). Le ottave si avvalgono di ripetizioni, riprese, strofe aperte ed enjambement. L’opera inizia IN MEDIAS RES, nel bel mezzo dei fatti, si pone come continuatore (o gionta) dell’opera di Boiardo, l’Orlando Innamorato, e dà per scontato che i lettori conoscano la storia (→ANTEFATTO: l’arrivo di Angelica destabilizza il protagonista e gli altri paladini. Tutti vogliono averla e sono disposti a combattere per lei. In questa situazione, Angelica fugge e si innamora di un fante saraceno di nome Medoro). Anche se, l’unica cosa che riprende da quest’opera è l’innamoramento di Orlando, oltre ad alcuni personaggi e alcune situazioni. La stesura dell’opera inizia nel 1505 e fu pubblicato per la prima volta nel 1516 (40 canti), ma in questi anni si affermarono le teorie di Pietro Bembo, perciò Ariosto ripubblicò l’opera nel 1521, dopo una prima revisione di tipo prevalentemente linguistiche. L’edizione definitiva risale al 1532 (46 canti), che oltre alle revisioni linguistiche (adegua il testo al modello del puro fiorentino di Petrarca), presenta anche delle gionte. Ariosto modifica i suoi testi secondo alcuni criteri. Emarginazione delle tecniche tipiche della tradizione poolaresca, come la ripresa delle parole tra un’ottava e l’altra, la cantabilità delle rime baciate finali; eliminazione degli elementi linguisticamente ibridi (→ appartenenti a lingue diverse); attenuazione delle caratteristiche linguistiche emiliane e “toscanizzazione” del linguaggio (→ el diventa il, annonzio diventa annunzio); correzione della componente latina nella grafia di molte parole (→ battizzare diventa battezzare); labor limae. Il protagonista dà il titolo all’opera. L’aggettivo “furioso” riportato nel titolo, che deriva dal latino FURENS (→pazzo per amore), ci rivela uno dei temi principali dell’opera. Ariosto, come aveva già fatto Boiardo, unisce la tradizione epico-cavalleresca del ciclo carolingio e quella amoroso-cortese del ciclo arturiano (questo lo ritroviamo nell’incipit), allontanandosi dai modelli classici. I temi trattati sono: il desiderio, come motore dell’azione umana; la follia, come condizione costitutiva della natura umana; l’incertezza del confine tra realtà e apparenza; carattere soggettivo e provvisorio delle opinioni. La tecnica narrativa scelta è l’ENTRELACEMENT (→intreccio, particolarmente usata nei romanzi medievali e rinascimentali), che consiste nel mescolare più vicende, passando continuamente dall’una all’altra senza chiuderle. Nel passaggio da una vicenda all’altra, Ariosto interviene, giustifica alcuni passaggi, rammenta gli avvenimenti lontani di cui si riprendono le fila, ma sorattutto commenta le vicende con osservazioni ironiche e allusioni autobiografiche. Il tono ironico è la caratteristica fondamentale di questo poema, si tratta di una novità, che gli permette di esprimere la sua visione del mondo e della realtà. La vicenda principale è l’amore (drammatico) del paladino Orlando per Angelica, la principessa del Catai (→Cina), che impazzisce quando scopre di non essere ricambiato. Ma quest’opera ha una struttura complessa: oltre a questa vicenda, vengono narrate altre due. Una seconda vicenda vede come protagonisti il musulmano Ruggiero e la cristiana Bradamante, destinati a diventare i capostipiti della famiglia d’Este. Sullo sfondo abbiamo la guerra tra Cristiani (saraceni) e Musulmani (mori d’Africa). Partiamo proprio dallo sfondo: LA GUERRA TRA CRISTIANI E MUSULMANI. La guerra fu scatenata dal re africano Agramante per vendicare suo padre Troiano, ucciso da Orlando. Agramante, con l’appoggio del re di Spagna Marsilio, minaccia Parigi, dov’è asserragliato Carlo Magno. La fuga di Angelica, che apre l’opera, rappresenta un problema per la difesa della città: i paladini cristiani sono sparsi nel mondo in cerca di Angelica. Ciononostante, i cristiani riescono ad avere la meglio e i pochi musulmani sopravvissuti si vedono costretti a scappare. Il secondo nucleo riguarda la vicenda principale: L’INNAMORAMENTO DI ORLANDO. Inseguendo Angelica, Orlando si trova ad affrontare numerose avventure e duelli. Nel frattempo, Angelica, impegnata nella sua fuga, trova nel bosco e soccorre un uomo gravemente ferito, Medoro, che decide di sposare e portare con sé nel Catai. Quando Orlando scopre il presunto “tradimento” perde il senno: questo ha conseguenze disastrose, in quanto Orlando possiede delle forze sovrumane. Dio decide di intervenire e a questo proposito si serve di San Giovanni Evangelista: con il suo aiuto, il paladino Astolfo sale fino alla luna e ritrova il senno di Orlando. Così Orlando riesce a contribuire alla conclusione della guerra. Il terzo nucleo riguarda i capostipiti della famiglia d’Este. RUGGIERO E BRADAMANTE. Ariosto sviluppa il tema encomiastico (→le lodi degli Estensi): i due si sono innamorati dopo essersi visti in battaglia, ma il loro amore è ostacolato da più fattori, quello religioso e da una profezia secondo cui Ruggiero sarebbe morto subito dopo le nozze. Il mago Atlante fa di tutto per impedire che la profezia si avveri: crea un castello sui Pirenei, dove rinchiude tutti i cavalieri che sconfigge in duello; si allea con la maga Alcina affinché, seducendoli, possa attirare sulla propria isola i cavalieri, per poi trasformarli in piante e animali; infine, crea un palazzo incantato in cui tutti credono che sia nascosto ciò che più bramano al mondo e quindi si affaticano a cercare. Bradamante però non si fa ingannare dal mago Atlante, riuscendo a sposare Ruggiero, che si è convertito, coronando la vittoria dei cristiani e la fine del poema. Possiamo quindi dividere la narrazione del poema in 6 sequenze: I (canti I-XIII): Orlando insegue Angelica, mentre Bradamante insegue Ruggiero e ode la profezia del mago Merlino sul loro matrimonio. Ruggiero, grazie all’ippogrifo, arriva sull’isola della maga Alcina, che lo seduce. Sarà poi liberato dalla maga Melissa, che ridona forma umana a Astolfo, in precedenza trasformato in mirto. Nel fratempo, Ruggiero salva Angelica che era stata offerta come vittima sacrificale all’orca marina dell’isola di Ebuda. Tutti i personaggi si ritrovano nel palazzo incantano di Atlante, dove inseguono dei fantasmi di un proprio desiderio senza mai raggiungerlo. II (canti XIII-XVIII): Agramante e il suo esercito assediano Parigi, dando il via alla guerra. In questa sequenza ricorrono diversi intrecci amorosi. Tra questi, ricordiamo Rodomonte e Mandricardo: Rodomonte, promesso sposo di Doralice, e Mandricardo sono due guerrieri; quest’ultimo si imbatte in Doralice, i due si innamorano perdutamente. Perciò, i due guerrieri diventano nemici. Compare, inoltre, Marfisa, che farà ingelosire Bradamante, ma alla fine si rivelerà la sorella di Ruggiero. Intanto, i Mori si ritirano da Parigi. III (canti XIX-XXIX): è una sequenza dominata dalle vicende amorose parallele. Angelica incontra Medoro, se ne innamora e fugge con lui. Quando Orlando viene a saperlo, impazzisce. Ruggiero e Bradamante riescono a ricongiungersi, ma per poco tempo: saranno nuovamente costretti a separarsi. Rodomonte e Mandricardo si affrontano per amore, ma vengono richiamati per tornare a Parigi. Dio invia l’arcangelo Michele dalla Discordia per introdurre contrasti tra i saraceni, Doralice sceglie Mandricardo e Rodomonte si imbatte in Orlando impazito. IV (canti XXX-XXXIX): Rugiero e Mandricardo si scontrano in duello, dove quest’utlimo perde la vita. Bradamante si ingelosisce nel vedere Marfisa accompagnare Ruggiero. Astolfo, con il suo ippogrifo, è impegnato a contrastare Agramante. Raggiunge san Giovanni nel paradiso terrestre, che gli indicherà la via per ritrovare il senno di Orlando. Bradamante, accecata dalla gelosia, sfida Marfisa e Ruggiero, ma poi il mago Atlante le rivelerà che sono in realtà fratelli. Marfisa si converte al cristianesimo. La maga Melissa convince Agramante ad attaccare in massa i cristiani, anziché optare per un duello finale, che avrebbe coinvolto Ruggiero. V (canti XL-XLII): Agramante viene sconfitto. Due guerrieri saraceni sfidano a un duello nell’isola di Lampedusa Orlando. Ruggiero si converte al cristianesimo. Orlando uccide Agramante e uno dei guerrieri che lo aveva sfidato.
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