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Riassunto arte una storia naturale e civile: dal 400 alla controriforma (fino a pag. 309), Sintesi del corso di Storia dell'Arte Moderna

Riassunto arte una storia naturale e civile: dal 400 alla controriforma (fino a pag. 309 per studenti frequentanti) ci sono alcune integrazioni delle lezioni e integrazioni personali non è completo di tutte le lezioni!

Tipologia: Sintesi del corso

2021/2022

Caricato il 07/09/2023

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Scarica Riassunto arte una storia naturale e civile: dal 400 alla controriforma (fino a pag. 309) e più Sintesi del corso in PDF di Storia dell'Arte Moderna solo su Docsity! IL GOTICO INTERNAZIONALE La fase del GI è collocabile tra la fine del XIV sec. e la prima metà del XV sec. Il nome allude alla matrice gotica dello stile e alla sua inarrestabile propagazione in molti paesi europei, resa possibile dai continui viaggi degli artisti. Detto anche ‘gotico cortese’, perché legato alle corti in cui lo stile si manifesta e diffonde. Altri termini: ‘tardogotico’, evidenzia dato cronologico; ‘gotico fiorito’, evidenzia amore per il lusso, raffinatezza e decorativismo. Nel 1401 a Firenze viene inaugurata la nuova stagione del Rinascimento (concorso 1401, Ghiberti Brunelleschi, porta del Battistero), nonostante ciò, il GI mantiene viva la sua propagazione per tutta la metà del secolo successivo. Al costante e assillante pensiero della morte, alimentato dalla tragica diffusione della peste che terrorizzò l’Europa, si oppone nelle opere un amore sfrenato per la vita, il lusso e lo sfarzo, proiettando le opere in realtà quasi fiabesche, di mondi raffinati e personaggi vestiti di abiti sontuosi. I pittori immergono le loro figure longilinee in luminosi fondi oro, circondati da dimensioni fiabesche, dove sullo sfondo emergono città fantastiche. Il GI si caratterizza anche per una minuziosa cura del particolare, rappresentazione realistica dei dettagli. Nonostante ciò, le opere tardogotiche mancano di unità spaziale, è scarsa la resa tridimensionale dello spazio, vengono preferiti studi sui panneggi delle vesti e sulle decorazioni. Per quanto riguarda l’architettura, a differenza del romanico, le strutture sono caratterizzate da un grande sviluppo in altezza. L’arco a sesto acuto viene sostituito da arco a tutto sesto, che conferisce maggiore verticalità. Tipici elementi decorativi esterni sono i pinnacoli o guglie, a forma di cono o piramide allungata. Anche le vetrate policrome sono tipicamente gotiche, e la luce che ne penetra è espressione del divino. (es. Saint Chapelle di Parigi) In Italia invece persistono le forme tradizionali dell’architettura romanica, le finestre sono più piccole e le decorazioni interne sono costituite da affreschi. La rappresentazione del volume, movimento e delle espressioni viene sviluppata da Giotto, allievo di Cimabue. Lineamenti storici A partire dal XII secolo in Europa si formano le grandi monarchie nazionali. A seguito dei forti contrati tra il re francese Filippo il Bello e papa Bonifacio VII, nel 1309 papa Clemente V trasferisce la sede papale da Roma ad Avignone, in Francia, dove rimane per circa settant’anni sotto controllo dei sovrani francesi. In questo periodo in Italia i territori italiani appartenenti alla chiesa acquistano maggiore autonomia e nascono le piccole Signorie cittadine, dove mercanti, commercianti e banchieri, la nuova borghesia, contribuiscono a rafforzare il potere. Il Gotico fiorisce in Francia per poi espandersi nel resto d’Europa come un’arte barbarica, visto come qualcosa di negativo perché le sue costruzioni non rispettavano le proporzioni armoniche dell’arte classica. Uno dei più grandi conflitti del XIV-XV secolo fu la Guerra dei Cent’anni (1337-1453), tra Francia e Inghilterra per ragioni dinastiche. Vinse la Francia, simbolo della vittoria fu Giovanna d’Arco, contadina che guidò le truppe francesi a rompere l’assedio inglese nella città di Orléans, poi fu catturata e finì a rogo. Altra guerra causata per ragioni dinastiche, per il trono d’Inghilterra, fu la Guerre delle Due Rose, vide scontrarsi i Lancaster e gli York. Si concluse con la vittoria e l’incoronazione di un Lancaster, Enrico VII, che sposò una York, e fu il primo della dinastia Tudor. In Spagna Ferdinando d’Aragona sposa Isabella di Castiglia unendo i due regni. Nel 1492, ci fu la presa della città di Granda che chiudeva il lungo periodo della presenza araba sulla penisola iberica. Nello stesso anno Cristoforo Colombo scopre, per conto dei sovrani spagnoli, il “nuovo mondo”, che avviò nuove rotte commerciali che aiutarono la Spagna ad arricchirsi. Il Portogallo contribuiva all’esplorazione dell’Asia e dell’Africa. Il Mediterraneo non era più sicuro, causa la presa di Costantinopoli dai Turchi nel 1453, mettendo fine all’Impero Romano d’Oriente. Fino agli ultimi decenni del 300 il Gotico Internazionale fu il linguaggio artistico del Ducato di Milano, antico stato che si estese in gran parte della Lombardia, Piemonte, Veneto ed Emilia. Il suo signore fu Gian Galeazzo Visconti, la sua corte ebbe sede nel castello edificato dal padre a Pavia. Visconti era un grande politico e militare e aveva una notevole passione per le arti; infatti, i Visconti patrocinarono una scuola di miniatura nella quale si formò il grande minatore e pittore Michelino da Besozzo, negli anni 80 del 300. I Visconti cercarono di estendere il loro dominio fino alla Repubblica Fiorentina, ma Firenze resistette all’attacco di Milano. La costruzione del Duomo di Milano fu avviata da Gian Galeazzo Visconti nel 1387. È la chiesa più grande d’Italia. Vennero abbattute le chiese precedenti, santa Maria maggiore e santa Tecla. Inizialmente doveva essere un edifico in mattoni ma quando Gian Galeazzo assunse il controllo dei lavori impose un progetto più ambizioso. Il materiale scelto divenne il marmo di Candoglia e le forme architettoniche quelle del tardo Gotico. Il desiderio di Gian Galeazzo era quello di dare alla città un grandioso edificio al passo con le tendenze europee, che simboleggiasse le ambizioni del suo Stato. La cattedrale è eretta su una pianta a cinque navate, fu un cantiere cosmopolita dove lavorarono artisti, artigiano, scalpellini, muratori e marmorai dall’Europa settentrionale. La costruzione iniziò dalla zona absidale, con pareti alleggerite da enormi finestroni ad arco acuto, con un’accentuata profusione di guglie e pinnacoli. Opere → Fratelli Limbourg, Les très riches heures du Duc de Berry, 141-1416 Codice miniato, commissionato dal duca di Berry ai tre fratelli olandesi, che divennero famosi grazie a questo lavoro. È una raccolta di preghiere da recitare nei diversi mesi dell’anno. Il codice non è terminato. Il titolo fa riferimento alla ricchezza del volume corredato di preziose miniature. Le miniature erano lavori molti lunghi, rari e preziosi. Rispecchiano chiaramente stile cortese, riflettono gusti raffinati della gente borghese. Per quanto riguarda lo stile vengono prediletti colori preziosi, attenzione alle vesti e scrupolosa indagine della natura. Una parte del codice è destinata ai salmi e alle preghiere, l’altra alle immagini dei dodici fogli di apertura dove sono illustrate le allegorie dei mesi dell’anno, accompagnati da relativo calendario. Le lunette raffigurano segni zodiacali sono un riferimento di carattere astronomico, non c’entrano con i lavori sottostanti. Caratterizzati da luminosi e immensi paesaggi, gli animali popolano quasi tutte le pagine del manoscritto. L’oro è utilizzato molto nelle vesti e nella decorazione di sfondi. Vengono rappresentate la vita di corte contrapposta a quella dei contadini, le figure cortesi sono più rigide rispetto ai contadini che sono più dinamici. I fratelli riuniscono naturalismo e formalismo. (mese di febbraio, inverno contadino / mese di aprile, il fidanzamento / mese di novembre, raccolta delle ghiande) → Pisanello: pseudonimo di Antonio Pisano, nato da una famiglia di Pisa trasferita poi a Verona. Pittore e medaglista. Massimo interprete della cultura tardogotica insieme a Gentile, di cui fu allievo. Ebbe alta stima presso i Visconti, i Gonzaga e la corte aragonese di Napoli. Opere in gran parte perdute o conservate male. La sua formazione avvenne probabilmente a Verona dove rimangono le sue opere più significative. Pisanello conobbe Gentile a Venezia, quando Pisanello viene chiamato per decorare la sala del Maggior Consiglio del Palazzo Ducale iniziata da Gentile. Prima opera certa di Pisanello, la Madonna della Quaglia, dove è evidente l’influenza di Gentile. Influenzato anche da Michelino da Besozzo. Si trasferì a Mantova al servizio dei Ludovico III Gonzaga, dove acquisisce familiarità con le corti. Morì a Roma Gentile che lasciò le redini di un lavoro a Pisanello. Pisanello si spostò poi a Verona, dove vengono datati gli affreschi con San Giorgio e la principessa. In alto a sinistra i Magi avvistano la stella cometa sul monte Vettore, proseguendo nell’arcata centrale vediamo il viaggio dei Magi seguiti da un lungo corteo (di solito si dirigevano da soli) verso Gerusalemme, per poi arrivare nella scena principale in primo piano di fronte alla capanna. I magi rendono omaggio al bambino, alle loro spalle si accalca una folla preceduti dai ritratti di Palla Strozzi e il figlio Lorenzo. Vediamo come il più anziano dei Magi, poggi la corona a terra in segno di rispetto e viene benedetto da Gesù, il suo dono è in mano alle servitrici dietro Maria; gli altri due magi in attesa del loro turno hanno lo sguardo volto verso Gesù. I Magi sono di tre età diverse, simbolo delle tre fasi della vita umana, giovinezza maturità e anzianità. Il loro abbigliamento è sfarzoso e carico d’oro. L’uomo con il falco in mano è Palla strozzi, accarezza il falco e guarda la Sacra Famiglia, il ragazzo alla sua destra che guarda verso di noi è il figlio Lorenzo. (Vasari sosteneva che non fosse Lorenzo ma lo stesso Gentile) L’elevate presenza degli animali è perché Gentile vuole dimostrare la sua abilità nella rappresentazione di quest’ultimi, dando inoltre sfogo al suo istinto naturalistico. Nei tondini in alto da sinistra, l’angelo che annuncia a Maria che porterà in grembo il figlio di Dio, al centro cristo che benedice a sinistra vediamo Mosè che ha tra le mani ha le tavole dei dieci comandamenti, a destra Maria che riceve l’annunziazione dall’angelo. La predella in baso partendo da sinistra raffigura l’adorazione della vergine, la fuga in Egitto al centro, e la purificazione della vergine a destra. Nella fuga in Egitto vediamo rappresentato per la prima volta un cielo atmosferico, per la realizzazione del sole Gentile ha utilizzato un sistema arcaico, una pastiglia a rilievo che poi è stata dorata. Protagonisti Maria e Gesù in sella all’asino, Giuseppe che guida la famiglia e le ancelle che seguono il gruppo. Per far risaltare i personaggi Gentile ha disegnato la collina alle loro spalle, dando un contrasto notevole. Qui l’oro è utilizzato come colore per accentuare le parti dove batte la luce del sole, la luce riaffiora dal fondo del dipinto, ha coperto con fondo scuro l’oro dando al cielo un bagliore meraviglioso. (Adorazione dei Magi di Lorenzo Monaco, Interessante è il soggetto trattato analogo a quello di Gentile, anche se in maniera molto diversa. La cornice richiama la forma del trittico. Naturalismo cortese quasi del tutto assente. Segue le caratteristiche del gotico internazionale, con colori smaltati e brillanti, presenti dorature e dettagli preziosi, è meno appariscente e ricca rispetto a quella di Gentile. Non ci sono partizioni tra i diversi scoparti, come in quella di Gentile. L’articolazione della scena è però più semplice, la compartizione risulta libera nel campo. Provenienza incerta) → Jacopo della Quercia: scultore che fece da ponte con il nuovo linguaggio rinascimentale. Nato a Siena, partecipa al concorso del 1401. monumento funebre di Ilaria del Carretto, marmo, cattedrale san martino di Lucca, 1406-08 Tra il 1406 e 1407 realizza la sua opera più celebre, il monumento funebre di Ilaria del Carretto, cattedrale di San Martino a Lucca, commissionatogli dal marito della donna, morta a 26 anni. L’iconografia deriva dalla scultura borgognona, il corpo è disteso su un sarcofago riccamente abbigliato, ai piedi il suo fedele cagnolino. Le fiancate sono decorate con putti reggifestone, motivo ripreso dai sarcofagi classici. → Claus Sluter: nella scultura fu il primo grande maestro olandese che fece fortuna in Francia come i fratelli Limbourg. Fu al servizio del fratello di Jean de Berry, Filippo d’Ardito, il quale gli commissionò un grandioso gruppo scultoreo figurante la crocifissione. Andò in gran parte distrutto durante la Rivoluzione francese, ma si salvò un monumentale frammento: Pozzo dei Profeti o di Mosè, Certosa di Champmol Digione + il portale della certosa, 1395 chiamato così perché si appoggiano sei figure di profeti e angeli, modo per ribadire la concordanza tra Antico e Nuovo Testamento, sottolineando la sofferenza di Cristo. È un pilastro esagonale Le statue sono caratterizzate da una straordinaria espressività, ognuna di esse partecipa al dramma con diverse espressioni, mostrando fisici possenti. Dettagli resi con massima precisone e realismo, dai pesanti cinturoni alle vene pulsanti sulla fronte. Le figure tendono a tutto tondo, si isolano dal resto dell’architettura, scolpite in pietra calcarea con tracce d’oro e di colori utilizzate per impreziosire il tutto, ricordandoci quanto il Gotico Interazionale era uno stile policromo. → Michelino da Besozzo : pittore e miniatore italiano. Lavorò prevalentemente in Lombardia e Veneto Elogio funebre di Gian Galeazzo Visconti di Pietro da Castelletto, 1403 Durante le cerimonie funebri di Gian Galeazzo Visconti, il frate e cortigiano Pietro da Castelletto compose un sermone in memoria del duca, miniato da Michelino nel 1403. Partendo dalla cornice possiamo notare la capacità naturalistica dei miniatori lombardi, il loro interesse era volto verso il mondo vegetale e mondo naturale. L’opera illustra una scena in cui Gian Galeazzo in paradiso viene incoronato da Gesù, per la prima volta GG è quello a doversi inchinare di fronte a qualcuno più autorevole di lui. Nella miniatura non c’è alcun sentimento di sconforto, né lacrime o facce tristi ma piuttosto un senso di magnificenza. La vergine e il bambino sono accompagnati da 12 virtù, rappresentate come giovani eleganti dai capelli raccolti, e 8 angeli con le insegne viscontee. La corte celeste viene rappresentata come una corte mondana, per celebrare la famiglia dei Visconti, sullo sfondo possiamo notare vessilli araldici con il biscione visconteo e l’aquila imperiale, in memoria del titolo di Duca di Milano ricevuto dall’imperatore. Michelino non dimostra interesse per la resa dello spazio, si concentra di più sulla decorazione con motivi geometrici nello sfondo, utilizzando colori vivaci e ricercati in contrasto con la tenerezza dei visi fanciulleschi. Uno dei suoi marchi di fabbrica, che manterrà anche in pittura, sono le line sinuose e forme fantasiose dei corpi. IL RINASCIMENTO Termine che indica evento miracoloso, come nascita dopo la morte, in relazione al rinascere delle arti e della cultura classica. Acquisita nuova consapevolezza accompagnata da ottimismo e orgoglio. Comprende pittura, scultura, architettura, ma anche poeti e scrittori. Uno degli elementi nuovi era la collocazione dell’uomo come centro del mondo, attraverso regole scientifiche e matematiche e la riscoperta della “sezione aurea” che dava maggiore armonia. La grandezza del Rinascimento consiste nello spirito di conquista che spinse a compiere nuove scoperte e ricerche in tutti i campi del sapere e delle arti. Le caratteristiche principali di questo movimento furono: la scoperta della prospettiva (Brunelleschi) e la conquista dell’anatomia e delle proporzioni nella rappresentazione dei corpi umani. Anatomia e prospettiva furono temi principali delle ricerche artistiche; Brunelleschi fu colui che inventò la prospettiva centrale o lineare, tecnica per rappresentare razionalmente oggetti nello spazio, ottenendo effetto tridimensionale su superficie bidimensionale. Teorizzò metodo matematico che individua un punto di fuga, il centro dell’orizzonte, verso il quale l’occhio fa convergere una serie di linee creando gabbia spaziale entro la quale si collocano gli oggetti. Lineamenti storici Nel corso del Quattrocento, fase di passaggio dall’età medievale all’età moderna, l’Italia era politicamente frammentata in un complesso di stati diversi. Assediamento politico sancito dalla Pace di Lodi (1454, mise fine al conflitto tra Venezia e Milano), garantito per tutta la metà del secolo da Lorenzo de’ Medici, il Magnifico. Pace messa in discussione dalla discesa in Italia del re di Francia Carlo VII che diede avvio al periodo delle guerre in Italia, scatenate da truppe francesi per far valere i loro diritti sul Regno di Napoli e poi sul Ducato di Milano. L’Italia settentrionale era frazionata fra il Ducato di Savoia e Ducato di Milano, Repubblica di Venezia e Repubblica di Genova con la Corsica. Nell’Italia centrale c’erano le repubbliche di Firenze, Lucca e Siena. Il Mezzogiorno era unificato sotto il Regno di Napoli, mentre Sicilia e Sardegna facevano parte della Corona d’Aragona. Il Regno di Napoli attraversò una lunga crisi dinastica dal 1435 dopo la morte della regina Giovanna II, che si concluse con la vittoria di Alfonso V d’Aragona sul rivale Renato d’Angiò. La prima signoria in Italia nacque a Milano con i Visconti, nel 1450 poi prese il potere Francesco Sforza, sposando una Visconti. A Firenze c’erano tensioni tra Guelfi e Ghibellini, e in quel momento di tensioni si affermano le figure dei De’ Medici che fecero ripartire la città agli inizi del 400, il grande promotore fu Lorenzo il Magnifico. Lo Stato pontificio aveva situazione instabile siccome la sede era ancora ad Avignone. Nel 1442 Alfonso d’Aragona unifica le corone di Sicilia e Napoli, con accordi con Francesco Sforza, sotto sé stesso. A fine del 400 e primi decenni del 500 fu periodo confuso e turbolento per l’intera penisola, causa le mire espansionistiche dei re francesi che riuscirono a insediarsi nel Regno di Napoli, poi vennero scacciati. Nuovo oggetto di attenzione poi divenne il Ducato di Milano, in particolare Novara, che a seguito della cattura di Ludovico il Moro (Sforza) fu sotto assedio dai francesi. Venne quindi svuotata la dimora degli Sforza e vandalizzata. Il castello si trasformò in caserma per le truppe di occupazione e deposito di armi e munizioni. o Orsanmichele Chiesa gotica, a metà strada tra Duomo e Palazzo della Signoria. Sulle rovine di una chiesa dedicata a San Michele in Orti iniziò la costruzione di una loggia destinata al mercato del grano. Lungo le pareti esterne vennero posti 14 tabernacoli dove le arti fiorentine posero statue dei Santi patroni: San Giovanni Battista di Ghiberti, Santi Quattro Coronati di Nanni Banco, San Giorgio e San Ludovico di Donatello. Queste quattro statue illustrano perfettamente l’affermarsi a Firenze dello stile rinascimentale a scapito di quello gotico. o Concorso 1401 Nel 1401 fu bandito un concorso tra i migliori artisti toscani, il vincitore avrebbe realizzato la seconda grande porta bronzea del Battistero di San Giovanni, la quale aveva tre ingressi. (la prima era stata realizzata da Andrea Pisano nel secolo precedente, porta composta da 28 formelle che appartengono pienamente alla cultura gotica; l’ultima quella dorata ‘la porta del paradiso’ viene ultimata nel 1452 da Ghiberti) A indurre la competizione fu l’arte di Calimala (una delle corporazioni professionali che giocarono ruolo chiave nell’economia e nel governo della Repubblica Fiorentina). Al concorso parteciparono molti valenti artisti, ma si risolse in un confronto tra Brunelleschi e Ghiberti, vedendo quest’ultimo vincere. L’opera di Brunelleschi era vista come un manifesto del Rinascimento, mentre Ghiberti era del tutto gotico. In realtà entrambi appartenevano ancora alla cultura tardo gotica, ma comunque in entrambi si possono cogliere i primi annunci di un nuovo modo di vedere il mondo. Questo concorso viene infatti indicato come punto di rottura tra arte gotica e l’arte rinascimentale. Brunelleschi si prese così la rivincita per il concorso del 1401, aveva ben chiaro come realizzare l’impresa, ovvero realizzare una cupola autoportante, capace di sostenersi da se in ogni fase della costruzione, senza bisogno di impalcature, centine o armature da terra, i finanziatori videro subito opportunità di risparmio. I finanziatori gli chiesero delle garanzie, volevano verificare il progetto ma Brunelleschi non glielo permise; quindi, per garanzia gli venne affiancato un altro architetto Ghiberti, il quale si ritirò di fronte a un problema. La cupola è composta da due calotte sovrapposte separate da delle intercapedini nelle quali si può camminare, B collega le due calotte con delle costolature, delle nervature verticali e orizzontali creando una rete estremamente resistente. La parete interna ha spessore di due metri, quella esterna varia da 90cm alla base in alto è 45cm, funge da copertura protettiva. Uno dei segreti è la disposizione dei mattoni a spina di pesce che seguono curvatura della cupola. L’affresco gigantesco all’interno è stato realizzato da Vasari. Spedale degli Innocenti, centro storico di Firenze, 1417-36 Nel 1419 gli venne incaricato dall’Arte della Seta di progettare il primo orfanotrofio d’Europa. Il loggiato dell’ospedale è costituito dal succedersi di campate di identiche proporzioni in larghezza e altezza, dal susseguirsi di arcate a tutto sesto impostate su colonne. Non è improprio definire questa struttura il primo spazio urbano rinascimentale, dove per la prima volta l’architettura è pensata in termini geometrici e aritmetici. Curioso come questo avvenga per un edifico pubblico, piuttosto che destinato ad una corte signorile Sagrestia vecchia di San Lorenzo Firenze, 1421-1440 Uno dei primi capolavori architettonici del Rinascimento. Incaricato da Giovanni di Bicci dei Medici, padre di Cosimo il Vecchio, di costruire una cappella funebre per la sua famiglia. Brunelleschi ci lavorò per 7 anni, ricostruisse anche l’intera basilica su commissione di Cosimo il Vecchio. Al centro della cappella sotto il tavolo marmoreo si trova la tomba di Giovanni de Medici La cappella si presenta come semplice vano cubico, la pianta è infatti quadrata, il lato misura come l’altezza. Il vano a pianta rettangolare che ospita l’altare si chiama scarsella. La parete dell’altare è divisa in tre parti, costituite dal grande arco centrale a tutto sesto, sorretto da due porte di bronzo che danno accesso ai locali di servizio, realizzate da Donatello e Michelozzo. I materiali scelti, la pietra serena per l’architettura e l’intonaco delle pareti, creano una bicromia di grigio e bianco, che divenne caratteristico dell’architettura brunelleschiana e del rinascimento fiorentino in generale. La cupola presenta una struttura a ombrello innervata da dodici costoloni e dodici finestre circolari alla base. In questo progetto Brunelleschi rivelò il suo interesse per il simbolismo delle forme geometriche e dei numeri. Il numero tre rimanda alla santissima trinità. Il numero quattro agli elementi naturali e punti cardinali; il numero dodici, sono gli spicchi della cupola, è il risultato della moltiplicazione 3x4 in modo da combinar il loro significato simbolico. → Donatello: Donato di Nicolò di Betto Bardi, visse 80 anni. Ottenne sino alla fine della sua carriera importati commissioni. Fu uno sperimentatore infaticabile, grande amico di Brunelleschi, con il quale intraprese l’avventura di creare per l’arte un nuovo stile e un nuovo linguaggio, superando la secolare tradizione medievale. Fece parte del gruppo di scultori nei più importanti cantieri di Firenze: in Duomo (facciata e porta della mandorla), e Orsanmichele (san Giorgio e san Ludovico). Aiutò Ghiberti nella realizzazione della porta nord del Battistero. Gli venne poi commissionata la realizzazione di una delle due Cantorie per il Duomo. Realizzò una serie di colorati rilievi nella Sagrestia Vecchia di San Lorenzo, di Brunelleschi. Commissionato dai Medici realizzò due sculture in bronzo per la prima volta a tutto tondo, il David e Giuditta. Inventò la tecnica dello stiacciato, tecnica che permette di realizzare un rilievo minimo rispetto al fondo e per offrire allo spettatore un’illusone di profondità lo spessore diminuisce in modo graduale dal primo piano allo sfondo. Tecnica che si rivela adatta all’applicazione della prospettiva. Intorno al 1406 Donatello, scultore rinascimentale, scolpì un crocifisso ligneo per la chiesa di Santa Croce. Nelle vite di Vasari viene raccontato che Donatello chiese a Brunelleschi, suo grande amico, un parere in merito all’opera e Brunelleschi schietto gli rispose che gli sembrava un contadino. Donatello si offese e commentò che è molto più facile criticare che fare. Così Brunelleschi scolpì a sua volta un crocifisso, oggi nella chiesta di Santa Maria Novella, e lo mostrò a Donatello, che umilmente accettò la ‘sconfitta’. I due crocifissi sono molto diversi, sia nell’impostazione che nell’interpretazione del soggetto. Crocifisso, chiesa santa croce, 1406-08 (confronto con quello di Brunelleschi) Quello di Donatello presenta caratteri gotici evidenti: andamento sinuoso del perizoma, eccessivo allungamento delle membra, costruito secondo un asse centrale come se fosse eretto. Allo stesso tempo presenta nel volto un naturalismo senza precedenti, rappresentato nel momento dell’agonia, si concentra infatti sulla sofferenza del Cristo. San Giorgio Orsanmichele, 1415-18 lo scultore scardina la tradizione gotica, creando statua dalla marcata volumetria e il recupero dell’antico. Realizzato in marmo apuano. Il tabernacolo qui è meno profondo degli altri, il santo guerriero è ritratto con l’armatura e con lo scudo crociato. Figura composta su tre ovali sovrapposti: il volto, il busto e lo scudo. Figura leggermente ruotata fa perno sulle gambe leggermente divaricate che risaltano il torso ben eretto dando l’idea di fermezza morale. Il gesto di voltare la testa anima la statua, in contrasto alla posizione statica del corpo. Caratteristica tipica delle opere di Donatello. Nella parte bassa è presente la storia di San Giorgio che sconfigge il drago, un basso rilievo realizzato con la tecnica dello stiacciato, rilievo appunto basso simile al disegno, arricchito da una delle più antiche rappresentazioni della prospettiva centrale a un unico punto di fuga, le figure sono collocate tutte coerentemente nello spazio. Norme che Donatello deve aver appreso da Brunelleschi. San Ludovico di Tolosa, Orsanmichele, 1423-25 bronzo dorato, fuso. Prima grande prova in bronzo dell’artista. Secondo una testimonianza di Vasari alla realizzazione partecipò anche Michelozzo. Realizzata con il recupero della tecnica della fusione a cera persa. La statua è infatti assemblata in più pezzi, rappresentato come un giovane vescovo, nell’atto di benedire con la mano destra. Rispetto alle opere precedenti è molto più grande. La nicchia a differenza delle altre è a tutto sesto, elemento per eccellenza del linguaggio architettonico elaborato da Brunelleschi. La statua ora si trova al museo di Santa Croce Cantorie per il Duomo di Firenze, 1433-38 (con Luca della Robbia) David, bronzo, museo del Bergello Firenze, 1440; Giuditta e Olofene, palazzo Vecchio, bronzo, 1457 Nel David Donatello esprime una grazia che lo accomuna a Ghiberti. Venne realizzato per una sala del vecchio palazzo di Cosimo de Medici, si ergeva sopra una colonna come i monumenti dell’antichità. La novità fu che realizzò una statua in bronzo a tutto tondo, come quelle antiche, affinché fosse possibile girarci intorno, con sguardo appositamente rivolto verso il basso visto che si osservava dal sotto in su. Il David è rappresentato come un adolescente dai lunghi capelli, completamente nudo, tranne che per il cappello che sulla cima doveva presentare un pennacchio vero. Nella mano destra la spada, nella sinistra il sasso con cui ha abbattuto il gigante Golia. Trionfante poggia il piede sul capo del gigante morto. Oggi è conservato nel museo nazionale del Bergello. Quella di Giuditta, è stata realizzata un quarto di secolo dopo, sul finire della sua carriera. Commissionata da Cosimo de Medici e destinata a una fontana del palazzo medici. Statua in bronzo fuso di quasi due metri e mezzo. Rappresenta Giuditta dopo aver fatto ubriacare Olofene, si appresta a decapitarlo. Nel basamento sono presenti tre basso rilievi con putti vendemmianti e scene di ebbrezza. Venne poi sistemata a palazzo vecchio dopo il sacco del palazzo dei medici in seguito alla seconda cacciata. Il figlio di cosimo dedicò la statua all’unione di fortezza e libertà affinché i cittadini fossero ricondotti alla difesa della Repubblica. Rappresentava esempio di virtù civile e amore di patria San Giovanni Evangelista, Santa Maria del Fiore, 1409-1415 Statua marmorea per una nicchia vicino al portale centrale. La statua è di oltre due metri, è rappresentato seduto, il panneggio crea forti effetti chiaroscuri, accrescono volume delle membra. Spalle curve, braccia inerti, mani potenti tengono in piedi sulla gamba il libro del vangelo. Testa scatta verso destra, sguardo fisso e intenso. Espressione contratta sopracciglia aggrottate. Si può ammirare realismo del volto e delle mani che rivelano un’approfondita conoscenza dell’anatomia umana. → Luca della Robbia: Nella Firenze del primo rinascimento la scultura si seppe creare un nuovo linguaggio grazie all’invenzione di una tecnica inedita: la terracotta inventriata o robbiana, una scultura in argilla su cui in superficie viene steso uno smalto policromo lucente. Il merito spetta a Luca della Robbia, che prima di cimentarsi nella terracotta si dimostrò un grande scultore in marmo, confrontandosi negli anni 30 con Donatello nell’esecuzione delle cantorie del duomo di Firenze. Brunelleschi durante il cantiere della cupola, aveva progettato l’arredo della zona sottostante dell’altare maggiore dotandolo di cantorie, ossia due balconi che accolgono l’organo e il coro. Due opere straordinarie molto diverse tra loro, nello stile e nell’approccio ai temi affidati. Luca rappresenta diversi gruppi di fanciulli che cantano, suonano e danzano, con la compostezza e grazia tipiche del Rinascimento. Scende nel dettaglio analizzando stato d’animo e atteggiamenti. Quella di Donatello, considerata opera sperimentale, presenta puttini quasi abbozzati e lanciati in una corsa che le fa apparire dinamiche e vive. Le due teste bronzee eseguite forse anche da Michelozzo. Le cantorie rimasero al loro posto per più di due secoli, ma poi vennero rimosse in occasione delle nozze del Principe Ferdinando figlio di Cosimo de Medici, perché giudicate superate e non facenti parte del gusto barocco. Nel 1442 Luca ebbe l’incarico di eseguire la lunetta della Resurrezione per la pronta della sagrestia delle messe di Santa Maria del Fiore. La scena fu realizzata con la tecnica della terracotta invetriata. La figura di cristo risorto, adorata da quattro angeli, svetta sul sepolcro dove attorno riposano dei soldati. Netto contrasto tra azzurro del fondo e le candide figure ad altorilievo. Dopo gli anni 40 Luca della Robbia si dedicò alla terracotta invetriata organizzando una bottega capace di realizzare produzioni di carattere postindustriale, con la capacità di soddisfare tempi rapidi per le committenze più diverse. → Masaccio: Tommaso di ser Giovanni, detto Masaccio, il suo percorso artistico fu breve. Brunelleschi e Donatello i primi a comprenderne la sua grandezza. Brunelleschi lo tenne sempre sotto la sua ala. Divenne poi socio di Masolino, pittore tardogotico. Sant’Anna Metterza, tempera su tavola, Uffizi, 1424-25 + Masolino Tavola raffigurante Madonna con Bambino accompagnati da Sant’Anna. Masaccio qui dimostra la sua esperienza nell’esaltare la struttura delle figure della Madonna e del Bambino, e il suo saper rendere il senso del rilievo, del volume e della luce che segna e definisce le forme. Masolino invece dipinse Sant’Anna, corpo privo di massa, risulta infatti molto meno naturalistica. Cappella Brancacci con Masolino + cacciata Adamo ed Eva + il Tributo a san Pietro, 1424 qui i due pittori raggiunsero una maggiore unità di intenti, ma l’opera è rimasta incompiuta. Tra gli affreschi distinguiamo due episodi della Genesi: il peccato originale di Masolino, dal clima tardogotico, e la Cacciata di Adamo ed Eva di Masaccio, dove i corpi sono dotati di sentimenti umani, Veneziano concilia la preziosità della pittura tardogotica con la concretezza prospettica della nuova pittura rinascimentale. Intuì che esisteva una compenetrazione profonda tra luce e colore, colore e forma, colore e spazio prospettico. La sua pittura viene infatti definita ‘pittura di luce’. Fu autore di delicate e aggraziate madonne e di eleganti pale d’altare come la Pala di santa lucia, tempera su tavola, Uffizi, 1445 destinata alla chiesta di Santa Lucia a Firenze oggi agli Uffizi. Opera che documenta la sua concezione luministica della sua arte. È un grande pannello unico privo di scomparti e fondo oro. La scena raffigura la sacra conversazione, al centro la vergine con bambino in braccio. Da sinistra, san francesco, san Giovanni battista, san Zanobi vescovo di Firenze e santa Lucia che da il nome alla pala. I personaggi sono accolti in un ambiente aperto con logge, prospetticamente definito in modo da creare l’effetto di un trittico. Architettura e pavimento sono impreziositi dall’effetto marmoreo e dai delicati toni pastello. Luce primaverile mattutina, proviene da destra, attraverso le gradazioni di tono definisce lo spazio. La pala era un tempo integrata da una predella, riportante episodi relativi alla vita dei personaggi. →Piero della Francesca ‘ Pittori di luce’ : Si forma a Firenze nella prima metà del 400, studia a fondo metodo prospettico Pittore nazionale, la sua pittura fece da filo conduttore tra la cultura dell’Italia centrale, meridionale e settentrionale. Le sue opere sono abitate da personaggi rigidi e inespressivi, modellati da straordinari effetti di luce Battesimo di Cristo, tempera su tavola, Londra, 1445 Composizione caratterizzata da uno schema apparentemente naturale, in realtà dominato da precise regole matematiche che danno senso di calma e serenità Figura di Gesù al centro, sovrastato dalla colomba simbolo dello spirito santo, affiancato da un lato da un albero e san Giovanni battista dall’altro che lo benedice. Tre angeli all’estrema sinistra vestiti di bianco, rosso e blu assistono all’evento, secondo alcuni studiosi sono un’allegoria della Trinità. Si tengono per mano in segno di concordia, alludendo al recente concilio di Firenze e al tentativo di riunificazione della chiesa d’occidente con quella d’oriente. Lo sfondo è composto da un paesaggio collinare con un piccolo borgo fortificato. La luce molto forte annulla le ombre dei personaggi rendendo omogenea la composizione Storie della vera croce, affreschi, Basilica San Francesco Arezzo, 1452-66 Commissionato dalla famiglia Bacci. Qui si rivela la piena maturità dell’artista Ciclo di affreschi disposti su tre livelli sulle pareti laterali e sul fondo Soggetto ispirato alla leggenda aurea, testo che narra la storia del sacro legno con il quale fu costruita la croce di cristo La narrazione non segue un ordine cronologico degli eventi ma piuttosto una corrispondenza della tipologia di scena, l’ordine cronologico inizia dalla lunetta destra e termina in quella di sinistra Dalla lunetta a destra si inizia con la scena della morte di Adamo, dove il figlio mette in bocca il germoglio dal quale crescerà l’albero da cui sarà ricavato il legno della croce. Nel successivo la regina di Saba adora il legno della croce e incontra salomone: anche se le due scene si svolgono una all’interno e una all’esterno, Piero riesce a unificare l’ambiente sfruttando la colonna centrale come perno per la PIRAMIDE PROSPETTICA (leon battista Alberti). La soluzione di adoperare uno spazio unico per raccontare più episodi rimanda al Tributo di Masaccio, e quanto teorizzato da Leon Battista Alberti nel suo trattato sulla pittura. L’affresco della battaglia di Ponte Milvio fu probabilmente realizzato dopo il soggiorno di Piero a Roma dove vie la colonna traiana e gli antichi sarcofagi da cui trasse ispirazione per la realizzazione delle scene di battaglia. Altra ispirazione potrebbe essere derivata dagli arazzi fiamminghi che aveva avuto modo di vedere a Rimini. Costantino ha una somiglianza inconfondibile con l’imperatore bizantino Giovanni VII Paleologo, che venne in Italia per il concilio di Ferrara-Firenze (prevedeva tenuta periodica di un concilio della chiesa cattolica) e in quell’occasione fu effigiato da Pisanello su una famosa medaglia. È una chiara allusione a fatti di cronaca quotidiani dell’Europa: quando Costantinopoli fu presa dai Turchi ponendo fine all’impero millenario di Costantino. Ritraendo Giovanni VII il pittore voleva rappresentare il volto del suo legittimo erede, evocando una possibile rivincita cristiana che nella realtà non vi fu. Episodio precedente: Il sogno di Costantino, qui si riconoscono le migliori qualità dell’artista, resa tridimensionale del padiglione, lo scorcio dell’angelo che dall’alto cala a mostrarci la croce (che l’indomani l’imperatore avrebbe vinto a Ponte Milvio), il cielo stellato e l’accurato studio della luminosità. Nel ritrovamento della e verifica della croce: Fu poi la madre di Costantino Elena in pellegrinaggio a trovare la reliquia della croce in Terrasanta, che riconosciamo a destra che solo al contatto fa resuscitare il corpo. Elena e il suo seguito in adorazione. Anche qui scene diverse in ambiente unificato. Dittico Montefeltro Duchi di Urbino, olio su tavola, Uffizi, 1465-72 I committenti sono mostrati di profilo, come aveva insegnato Pisanello Federico guarda immobile la moglie che invece sembra guardare in un punto lontano Il volto di federico reso con estremo realismo e attenzione per i dettagli, influenza della cultura fiamminga Le figure si stagliano su di un fondo paesaggistico come se fossero a una finestra I pannelli sono dipinti anche sul retro dove Piero raffigura trionfo dei due personaggi accompagnati dalle figure di virtù Pala di Brera, tempera e oro su tavola, Pinacoteca di Brera, 1472 Ospita tredici figure in un edificio ecclesiastico La madonna con bambino addormentato, che prefigura il suo sacrificio, sulle ginocchia al centro di una rigorosa composizione prospettica con punto di fuga in mezzo al viso L’abside presenta una nicchia a conchiglia dal quale pende un uovo di struzzo a simboleggiare la nascita e la resurrezione Federico da Montefeltro inginocchiato in primo piano ritratto ancora una volta di profilo →Andrea dal Castagno ‘ Pittori di luce’ : dallo stile influenzato da Masaccio e Donatello, sviluppò la resa prospettica, il chiaroscuro plastico, il realismo delle fisionomie e dei gesti. Portò a termine il ciclo di Sant’Egidio rimasto incompiuto da Domenico Veneziano. Cenacolo di Sant’Apollonia, affresco, 1447 Dipinta come se si stesse svolgendo in un piccolo edificio imperiale, con la parte anteriore assente in modo da permettere allo spettatore la visione dell’interno. Ambientazione curata nei minimi dettagli, inquadrato in una prospettiva rigorosa, dove tutti gli elementi hanno precisa collocazione geometrica. Stanza all’antica decorata con raffinata eleganza. La tavola evidenzia lo sviluppo orizzontale della scena, +distinguiamo subito Giuda l’unico seduto solitario dal lato opposto del tavolo su uno sgabello, collocazione tipica dell’iconografia, di solito però si trova a destra di Gesù. San Giovanni dormiente accanto a Gesù è un elemento tradizionale Le spalliere sono decorate da sfingi alle estremità, evidente richiamo al gusto antico Sul lato destro ci sono due finestre che giustificano l’illuminazione da destra, che da una luce intensissima che fa risaltare gli elementi chiari, accendendo il colore bianco della tavola. Coronata dalle scene della resurrezione, crocifissione e compianto →Michelozzo di Bartolomeo Palazzo Medici, 1444 Vasari ci racconta come Cosimo il Vecchio decise di costruire un nuovo palazzo in prossimità delle chiese della sua famiglia: San Lorenzo e San Marco. Oggi viene chiamato quartiere mediceo. Cosimo convocò Brunelleschi che gli propose un progetto di un magnifico edificio da costruire in Piazza San Lorenzo. Cosimo rifiutò il progetto giudicandolo troppo sontuoso e magnifico, e che avrebbe richiesto un investimento economico notevole. Dunque, entrò in scena Michelozzo, allievo di Ghiberti e collaboratore di Donatelo. Fu l’architetto dei signori, in grado di interpretare appieno la volontà di modernizzazione delle famiglie mercantili fiorentine. Vasari lo definì il più ordinato dei suoi tempi. Michelozzo propose di edificare il palazzo in Via Larga, non in asse con la basilica di San Lorenzo, e di adottare un rivestimento murario tipico della tradizione fiorentina, nel Medioevo veniva usato per palazzi pubblici. Si trattava del bugnato, parametro murario esterno costituito da conci sporgenti, detti bugne. (piò essere liscio superficie levigata; rustico bugne rozzamente abbozzate; a punta di diamante bugne a forma di piramide). Il palazzo appariva come un sobrio ma imponente cubo di pietra, sviluppato attorno ad un cortile centrale. La facciata è divisa in tre piani separate da cornici marcapiano, scandita da finestre bifore a tutto sesto. Michelozzo scelse di graduare l’aggetto del bugnato, sporgente al piano terra e appiattito al primo piano e lisciato al secondo, richiamando alla caratteristica casa-fortezza medievale ed evocò la sovrapposizione degli ordini romana (gli antichi romani usavano gli ordini architettonici dorico ionico e corinzio sovrapponendoli dal basso vero l’alto per alleggerire la struttura) Il cortile è circondato da un portico di colonne composite, fregio decorato con festoni ad affresco e medaglioni con lo stemma dei Medici. → Filippo Lippi: divenne prete appena quindicenne, arrestato per truffa poi liberato su richiesta di Cosimo de Medici che lo prese in simpatia. La sua formazione si realizzò sull’esempio dell’arte di Masaccio, la cui influenza è evidente nelle robuste figure delle sue prime opere. In seguito, questo plasticismo si attenuò, lasciando spazio a dolci cadenze lineari e trasparenze cromatiche. Il suo stile si sviluppò verso una predominanza della linea di contorno ritmica, figure snelle, pose ricercate e dinamiche. Costruì le basi su cui pittori come Botticelli affermarono il proprio stile. Ultimò le storie di San Pietro i Masaccio e Masolino, nella Cappella Brancacci. Madonna di Tarquinia, tempera su tavola, 1437, Roma Cornice ancora gotica, ma l’opera richiama al rinascimento masaccesco. L’ambientazione è uno spazio domestico, realizzato in prospettiva. La stanza da letto è rischiarata da una luce tenue che entra dalla finestra laterale. Minuziosa attenzione ai dettagli degli oggetti che sembrano uscire dal quadro. L’illuminazione, un primo scenario di questa natura morta, non hanno niente a che fare con la pittura di Masaccio, ma piuttosto sono ispirati alle novità della pittura fiamminga Annunciazione Martelli, tempera su tavola, San Lorenzo Firenze, 1440. Situato nella chiesa di cui si stava occupando Brunelleschi, che volle polittici di forma quadrata. Lippi illustrò la scena in uno spazio unificato in un’ingegnosa scenografia architettonica. La scena si compie al di là delle due grandi arcate in primo piano, loggiato all’antica, aperto sul fondo per mostrare la fuga prospettica di un rigoglioso giardino delimitato da palazzi. Nell’arcata di destra Gabriele inginocchiato di fronte a Maria, sorpresa lo accoglie. Per bilanciare la composizione nell’arcata di sinistra una coppia di angeli. Spicca il dettaglio di un’ampolla di vetro in basso a destra, sembra poter ospitare il giglio dell’arcangelo, infatti, è riempita per metà d’acqua, situata in primo piano in una specie di nicchia studiata appositamente. Questo dettaglio riporta allo stile di Van Eyck che aveva insegnato ad amare questi piccoli insignificanti oggetti e le loro proprietà fisiche. →Leon Battista Alberti: Nato a Genova nel 1404, si forma tra Venezia, Padova e Bologna. Seguì Eugenio IV nelle sue tappe del pontificato, ebbe numerosi incarchi e godé di benefici ecclesiastici. Durante il suo soggiorno a Roma studia le rovine antiche, misurandole secondo il metodo appreso da Brunelleschi, apprezzandole da un punto di vista umanistico. A Roma dirige i lavori del restauro della basilica di S. Pietro. Cristo Morto, tempera su tela, Pinacoteca di Brera, 1475 Una delle opere più suggestive del rinascimento. Opera che venne trovata nella bottega dell’artista dopo la sua morte, poi venduta a Sigismondo Gonzaga per pagare alcuni debiti. È raffigurato il cadavere di Cristo, coperto parzialmente da un lenzuolo, steso su una lastra di pietra rossastra, testa appoggiata su un cuscino leggermente rialzata rispetto al piano su cui giace il corpo esamine. Piedi di Gesù in primissimo piano, caso unico nella storia della pittura quattrocentesca. Ambiente chiuso e buio, probabilmente è il sepolcro, alla destra un vaso destinato a contenere l’unguento usato per ungere il corpo prima della sepoltura. Ben visibili le ferite alle mani e ai piedi con la pelle sollevata. A sinistra c’è la madonna piangente e San Giovanni, vengono esaltati aspetti drammatici insistendo sulla definizione dei particolari dei volti, sulle rughe della madre e su occhi gonfi e rossi e smorfie del pianto. Il corpo viene rappresentato in scorcio, visti nei putti della camera degli sposi. Nonostante ciò, non vengono applicate correttamente le regole della prospettiva, le figure inginocchiate presuppongono punto di vista basso invece il corpo punto di vista alto. Questa iconografia venne richiamata in alcune immagini fotografiche e cinematografiche. (foto Che Guevara, film mamma Roma di Pasolini) Affreschi cappella Ovetari, Padova, 1453-57 Il progetto prevedeva ciclo di storie dei santi Giacomo e Cristoforo, commissione divisa con altri tre pittori. Alla fine, fu Mantegna a eseguire la maggior parte del lavoro, tutte le storie di Giacomo nella parte sinistra, martirio san Cristoforo e assunzione della vergine nell’abside. Alcuni affreschi si salvarono dal bombardamento angloamericano del 1944. Pala di san Zeno, tempera su tavola, basilica san Zeno Verona, 1456-59 Commissionata da Gregorio Correr, abate della chiesa, realizzata nella bottega padovana e poi inviata a Verona. Decorata con cornice lignea e antiquarie architetture illusionistiche. Dipinta in prospettiva con sfondo aperto a mostrare il cielo. Vediamo le figure della madonna con bambino e 8 santi e alcuni spiritelli. La decorazione alterna rilievi all’antica e lussureggianti festoni di frutta e foglie che pendono dall’architrave. Nella parte sottostante sono raffigurate tre storie, orazione di cristo nell’orto, crocifissione e resurrezione (le copie originali sono in Francia, trasferite ai tempi di Bonaparte) Morte della vergine, tempera e oro su tavola, Mantova cappella san Giorgio, 1460-64 Opera commissionata da Ludovico Gonzaga per una delle cappelle del castello. Raffigura maria distesa, sul letto funebre circondata dagli apostoli. Sala ben messa in prospettiva, sul fondo si apre una finestra con una veduta realista di quanto si poteva ammirare affacciandosi dalla dimora dei Gonzaga. Si vede il ponte di San Giorgio, immagine che documenta come il ponte al contrario di oggi fosse allora coperto. Orazione nell’orto, tempera su tavola, Londra, 1459 Non si conoscono le circostanze che portarono alla realizzazione. Scena dominata dalla figura di cristo, raffigurato in preghiera nella parte centrale, rivolto verso sinistra verso un gruppo di putti che gli mostrano simboli della passione: colonna della flagellazione, croce e la lancia con cui sarebbe stato squarciato il costato. Gli apostoli in basso, rappresentati di scorcio dormono pesantemente, vestiti di colori sgargianti in confronto a cristo. Lo sfondo presenta un paesaggio roccioso, Gerusalemme viene rappresentata assemblando monumenti della Roma antica, Venezia e Verona. Si vedono a destra arrivare i soldati che giungono per arrestare cristo, guidati da Giuda che indica la via con il braccio destro. Il pellicano rimanda al sacrificio di cristo, albero secco presagio morte imminente, i germogli preannunciano la sua resurrezione. →Antonello da Messina: Antonio de Antoni, nato a Messina. Nessuna notizia certa della sua formazione, probabile avvenuta a Napoli in cui era di grande rilievo la cultura fiamminga. Apre una bottega nel 1460 mostrando influenza di Jan Van Eyck. Vasari ricorda che Antonello fu il primo in Italia a diffondere segreto della pittura ad olio diventando molto abile nei particolari. Il suo successo è legato all’attività di ritrattista, rende con magistrale realismo ogni dettaglio fisionomico dei soggetti, dimostra capacità d’introspezione psicologica. Nel 1476, dopo aver rifiutato proposta di diventare ritrattista ufficiale per i signori di Milano, gli Sforza, rientra in Sicilia. Nel suo stile è la luce a modellare i corpi attraverso la gradazione dei toni, esaltando la forma pura. Pala di San Cassiano, olio su tavola, Vienna, 1475 Del dipinto resta solo la parte centrale della madonna con bambino, i santi Nicola, maddalena, Domenico e Orsola. Oggetto è la sacra conversazione, personaggi raggruppati in una chiesa investita dalla luce, sotto una cupola. Come nella pala di prera di piero della francesca, i santi circondano la madonna a semicerchio, seduta su un trono collocato su semplice basamento. Vediamo influenza fiamminga e pierfrancescana dalla straordinaria luminosità e per il risalto volumetrico delle figure. L’Annunziata, olio su tavola, Palermo, 1475 Ritratto della vergine, mentre riceve la visita dell’angelo che non vediamo ma percepiamo dall’alito di vento che agita le pagine del libro. La donna giovanissima spicca dal fondo nero di radice fiamminga. Al di sotto del suo velo guarda verso di noi in cerca dell’angela che l’ha distolta dalla lettura. Il gesto della mano in scorcio e il libro posto di spigolo, il tutto accuratamente delineato dalla luce danno senso di tridimensionalità. San Sebastiano, olio su tavola, Dresda, 1476 Molto legato al mondo intellettuale di Piero della Francesca. Morbido corpo apollineo, proporzionato su modelli di statue greche, sul quale le frecce proiettano corte ombre. L’albero sembra venir fuori direttamente dal pavimento in marmo della piazza, rappresentata in prospettiva. Si percepisce una sorta di congelamento dell’immagine, dell’intera azione nel tempo. Come anche la vita nella piazza appare ferma, un soldato dorme per terra, una donna immobile con bambino in braccio, altre figure femminili affacciate al parapetto, annoiate, indifferenti. →Giovanni Bellini: ha subito molto l’influenza di Mantegna, suo cognato, ma non dipese mai da lui. Da Antonello da Messina impara a definire le forme senza l’intervento della linea, ma a modellarle con la luce attraverso gradazioni di tono. Formatosi presso la bottega del padre pittore. La pala di San Giobbe decreta definitivo approdo al cromatismo veneto. Orazione nell’orto, tempera su tavola, Londra, 1459 ca. In questo caso cristo è accolto da un piccolo angelo che gli mostra un calice. Scena ambientata in un paesaggio più naturale rispetto a quello di Mantegna. Le due città che si intravedono non sono presentate come rievocazioni dell’antichità ma come presentazioni reali delle costruzioni di un tempo. Pala di san Giobbe, olio su tavola, Venezia, 1486 Ispirata alla pala di San Cassiano di Antonello, prima pala d’altare ambientata all’interno di una chiesa e non con sfondo paesaggistico. Raffigura sacra conversazione tra la madonna, bambino e alcuni santi. La vergine siede su alto trono marmoreo vestita di bianco e blu, alza la mano sinistra in gesto di benvenuto. Ai piedi tre angeli musicanti. In primo piano si confrontano la nudità di San Giobbe e San Sebastiano. Il giovane ancora con le mani legate dietro la schiena e trafitto da due frecce, espressione languida, la luce ne definisce l’anatomia. La tecnica ad olio rende la pittura più atmosferica, facendo sembrare la scena pervasa da una luce diffusa che accarezza le forme dei vari personaggi; i contorni sono morbidi e sfumati. →Andrea dal Verrocchio: celebre scultore e maestro di Botticelli, Perugino e Da Vinci. Battesimo di Cristo, olio e tempera su tavola, Uffizi, 1469 + Leonardo Per il monastero di San Salvi. Scena in cui Giovanni Battista battezza Gesù nel fiume Giordano, due angeli assistono inginocchiati a sinistra. La precisione anatomica e il modellato dei corpi mostrano influenze fiamminghe. Leonardo dipinge testa dell’angelo a sinistra, il paesaggio e l’acqua in cui Gesù immerge i piedi. Leonardo qui svela attenzione per la natura, la soffice resa dei capelli dell’angelo che sono impregnati di luce, il paesaggio è realizzato con un’atmosfera mai vista prima, Da vinci sperimentava già la tecnica dello sfumato pittorico. →Leonardo da Vinci: pittore, architetto, scultore, scrittore, matematico, teorico d’arte e perfino compositore. Ebbe quindi innumerevoli interessi ma si sentiva prima di tutto un pittore, mettendo quest’arte al vertice della sua visione delle cose, affermando che la pittura è l’arte più nobile. Attraverso il disegno indagò vari campi del sapere, dall’astronomia all’anatomia, dalla botanica alla zoologia, etc. Il suo metodo scientifico si basava sull’esperienza e la sperimentazione, diede anche molta importanza alla matematica. Per Leonardo la pittura è una scienza, basata sulla prospettiva matematica e studio della natura; quindi, deve riprodurre la natura nel modo più fedele possibile, senza idealizzarla. Osserva che l’atmosfera ha una densità che altera i colori, per questo introduce la tecnica dello sfumato pittorico, ammorbidendo i contorni. Nella sua prospettiva aerea fa decrescere gli oggetti, mostrando quelli più lontani molto più sfumati. Ritratto di Monna Lisa Gherardini ‘la Gioconda’, olio su tavola, 1503, Louvre Non si sa se ritrae una donna realmente esistita. Opera realizzata in Francia dove stava Leonardo negli ultimi anni della sua vita, venne acquistata dal re Francesco I, per questo oggi si trova legittimamente al Louvre. La donna è seduta in una loggia, mostrata di tre quarti ma il volto è frontale, sul capo un velo che le tiene fermi i capelli. Mani delicate raccolte in grembo in primo piano, sguardo rivolto all’osservatore. Il paesaggio montano alle spalle è attraversato da corsi d’acqua, non completamente inventato, ma riproduce a memoria zone in cui l’Arno attraversa le campagne di Arezzo. A destra il ponte medievale Buriano. La donna presenta sguardo vivo e sorriso enigmatico, ironico e malinconico anche. Gli occhi poco definiti sono immersi in una morbida penombra. L’espressione così sembra sfuggente ogni volta che la si osserva. Annunciazione, olio su tavola, 1472, Uffizi Scena ambientata davanti un palazzo rinascimentale, arcangelo inginocchiato offre un giglio. La vergine seduta con eleganza davanti a un leggio. Straordinaria resa della luce crepuscolare che plasma le forme dei personaggi, lo sfondo chiaro e sfumato fa risaltare la scena. Gli elementi architettonici sono disegnati secondo le regole della prospettiva con punto di fuga centrale. Nella resa del prato si riconosce influenza fiamminga, particolari realizzati con grande attenzione. La luce permette di creare un’atmosfera viva e dinamica, le vesti infatti sono mosse e morbidamente modellate. Dal muro rimbalza la luce che illumina i volti e i capelli dei personaggi. Secondo l’iconografia medievale la scena era ambientata in luoghi chiusi, camera da letto di Maria. Dama con l’ermellino, olio su tavola, 1485, Cracovia Di grande interesse del pittore i soggetti femminili che andavano rappresentati con la stessa integrità fisica e spirituale. Dipinta nel suo primo soggiorno milanese. Palazzo strozzi + benedetto da maiano Ripropone modello michelozziano. Costruzione iniziata per volere di Filippo Strozzi, ricco mercante rivale come Pitti di Cosimo il Vecchio. Considerò la realizzazione della sua nuova residenza come forma di riscatto sociale e politico. I lavori procedono con lentezza e difficoltà dopo la morte di Filippo, che non vide mai coronare il suo sogno. Di grandezza superiore a quello dei De’ Medici, volontariamente. Il palazzo ripropone schema di edificio cubico a tre piani, sviluppato attorno a cortile centrale. Il rivestimento a bugnato uniforme lo fa apparire maestoso e autorevole. Sui tre prospetti si aprono tre portali ad arco. Finestre bifore che poggiano su cornici marcapiano. Intorno al palazzo corre uno zoccolo a panca di via continuo. →Ghirlandaio: opera nella firenze di Lorenzo Apre una delle più rinomate botteghe, con allievi come Michelangelo all’epoca tredicenne Su sggerimento di lorenzo viene convocato a roma per decorare la cappella sistina Cenacolo di Ognissanti, affresco, 1480, Firenze museo ognissanti Scena ambientata in una loggia, due archi aprono su un verdeggiante giardino. Giuda come da tradizione separato dai suoi compagni. L’attenzione per i dettagli della tavola, le stoviglie, caraffe di vetro ecc, sono frutto di studi dal vero. Cappella tornabuoni, 1485, affresco, Santa Maria Novella Su incarico della famiglia Tornabuoni Si distribuisce su quattro livelli, raffigur scene della vita di maria e di san giovanni battista Episodi ambientati nella Firenze contemporanea, contesti domestici molto arredati →Michelangelo: arista poliedrico, uomo coltissimo. Come architetto progetta la basilica di san pietro. Cappella Sistina, 1508, affresco, Roma Inizialmente Michelangelo non voleva prendere l’incarico perché non abile nell’affresco. Secondo vasari Michelangelo dipinse la cappella perché direttamente ingaggiato dal papa su consiglio del Bramante che voleva umiliarlo per far emergere il suo amico Raffaello presso il pontefice. Michelangelo necessitava di una struttura per raggiungere il soffitto, così Bramante, suo rivale, gli costruisce un’impalcatura sospesa in aria per mezzo di funi, ma a Michelangelo non piaceva temendo che questo avrebbe lasciato dei buchi nel soffitto cosi costruisce lui la sua impalcatura, su consiglio di Giuliano da Sangallo. Il primo strato di intonaco però cominciò ad ammuffire perché troppo bagnato, lo rimuove e ricomincia da capo. La cappella prende il nome da Papa Sisto IV. Incarico ricevuto da Papa Giulio II, impresa titanica vista la copertura di 680mt quad. Realizza una complessa architettura dipinta, divisa in tre piani, dove al centro sono rappresentate le scene della Genesi, sono nove episodi, tra cui la Creazione di Adamo che illustra i nodi salienti della creazione del mondo e delle storia dei primi uomini come raccontati nella Bibbia. Vediamo Dio sostenuto dagli angeli a destra e un atletico Adamo a sinistra, sdraiato in atteggiamento di chi si sta svegliando. Lo sguardo di Dio è volto verso la sua creatore, il paesaggio è quasi assente e sintetizzato. Nella Bibbia il momento della creazione è dato da un soffio di Dio per dare vita ad Adamo, Michelangelo traduce questo episodio con l’immagine di un quasi contatto tra i due indici. Pietà, marmo di carrara, città del vaticano, 1498 Commissionata dall’ambasciatore del re di Francia presso papa Alessandro VI Mostra una giovanissima vergine, seduta su una roccia, tra le braccia il corpo senza vita di cristo Soggetto del repertorio gotico ma seppe conferirgli una perfezione di stampo greco. Il braccio destro di Gesù abbandonato privo di vita, ma con vene apparentemente pulsanti a prefigurare la futura resurrezione. La vergine sembra più giovane del figlio, in quanto non vuole rappresentare il legame familiare ma il mistero divino quello della vergine rimasta incinta, e di Gesù uomo e dio che è figlio e padre allo stesso tempo; dunque, Maria è figlia di suo figlio. David Forte vigoroso e completamente nudo, omaggio alla scultura antica Momento di intensa concentrazione subito prima di affrontare il gigante golia Braccia e torace ostentano magnifica muscolatura, scarica peso sulla gamba destra Braccio sinistro piegato e tiene la fionda con cui colpirà golia, per poi decapitarlo con la sua stessa spada. Pittura Fiamminga e Francese Nel 1453 a Castillon l’esercito inglese subì la sconfitta da parte dell’esercito francese, ponendo così fine alla Guerra dei cent’anni. Il vincitore fu Carlo VII, legittimo successore di re Carlo VI di Francia. Carlo VII non mancò di dare vita ad una corte in cui prosperarono le arti, ebbe al suo servizio Jean Fouquet, il più grande pittore francese del 400. Il ducato di Borgogna rappresentò uno stato cuscinetto tra Francia e regioni dell’Impero germanico. In questo ducato Filippo l’Ardito allargò i suoi domini. Al suo tempo il principale centro artistico del ducato era la capitale di Digione dove si apprezzavano le novità della pittura fiamminga introdotta da Jan Van Eyck. La chiave di lettura della pittura fiamminga è un’ossessione per l’indagine dei più minuti dettagli della realtà. Cosimo de Medici ebbe grande interesse in ambito fiammingo, aprì a Bruges una filiale della sua banca. Bruges era il principale centro commerciale di attività manifatturiere e mercantili che garantivano notevoli profitti. In questo contesto nacque un nuovo tipo di pittura che si basava sulla quotidiana realtà delle cose, scrupolosa attenzione ai dettagli grazie alla tecnica della pittura ad olio. La pittura italiana e fiamminga fu caratterizzata da continui scambi, frutto dell’incessante movimento di maestri come Filippo Lippi. →Jan Van Eyck: Capostipite della pittura fiamminga e specialista nell’arte del ritratto. Fu al servizio del conte d’Olanda nel 1422. Ritratto dei coniugi Arnolfini, olio su tavola, Londra, 1434. Opera più celebre dell’artista. Doppio ritratto di Giovanni Arnolfini e la moglie. Lui ricco mercante di Lucca trasferitosi nelle Fiandre per curare affari di famiglia. I due sposi facevano parte della comunità di banchieri italiani residenti a Burges. I due sposi, riccamente abbiglianti, sono ritratti nella loro camera da letto rappresentata in ogni minimo dettaglio, si rivolgono allo spettatore tenendosi per mano. Giovanni, dall’aspetto severo copie gesto cerimonioso con la mano destra, saluto o giuramento. Probabile che i due stiano pronunciando la loro promessa di fedeltà matrimoniale alla presenza di testimoni. I due, infatti, non sono soli nella stanza, attraverso lo specchio situato al centro della composizione, è riflesso l’ambiente che ci rivela che sono presenti altre due figure, una di quelle lo stesso artista. In alto uno splendido lampadario dai bracci riccamente sagomanti che domani la parte alta centrale. Sotto la finestra si intravede un mobile basso sul quale è stata posta della frutta, come anche sul davanzale. La luce filtra dalla grande finestra a croce tipica rinascimentale. I vetri sono a fondo di bottiglia. L’immagine è ricca di simboli che rimandano al vero tema affrontato, quello del matrimonio. La donna ha un atteggiamento di sottomissione, raccoglie al ventre un lembo del suo vestito, gesto di buon auspicio che allude a future gravidanze. Il colore dell’abito simboleggia fertilità. Il cane ai loro piedi, molto espressivo, è simbolo di fedeltà coniugale. Anche la frutta simboleggia il frutto del matrimonio dei figli che verranno. La candela accesa sul lampadario indica che i due sposi sono diventati una cosa sola, o simbolo di Dio presente nella vita dei due coniugi. Uomo col turbante rosso, olio su tavola, Londra, 1433 Immagine di ridotte dimensioni Sorprende l’evidenza veristica della stoffa del copricapo, della pelliccia del colletto, della barba, del colore della pelle e dell’intensità dello sguardo. Intorno al ritratto una finta croce con incisi firma e data in basso, e in alto il motto fiammingo ‘come posso’. Polittico dell’Angelo Mistico, olio su tavola, Belgio, 1426. Ultimo periodo dell’artista trascorso a Bruges e lavora su quest’opera. Ancora tardomedievale nel soggetto e nel formato Sportelli dipinti sia avanti che dietro per poter alternare le immagini Destinata al ricco mercante Vyd, che, a sportelli chiusi, si vede ritratto con la moglie inginocchiato di fronte alle statue di Giovanni Battista ed Evangelista, al disopra l’annunciazione Aprendo i battenti un lussureggiante giardino, attenzione agli elementi naturali ma sfugge a ogni rigore prospettico, al centro l’agnello divino simbolo di cristo adorato dagli angeli e da umani divisi in modo gerarchico. Scomparto superiore Dio, la vergine e battista, di fianco angeli cantori, alle estremità Adamo ed Eva. Attenzione alle vesti, corone, strumenti musicali, dettagli preziosi e fisionomie → Roger Van Der Weyden: Uno dei più grandi maestri della pittura fiamminga. Pittore ufficiale della corte di Bruxelles, poi si trasferì in Italia, soprattutto la corte ferrarese di Lionello D’este apprezzò molto la sua pittura. La deposizione del Prado, olio su tavola, Madrid museo del Prado, 1443
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