Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Riassunto Artivismo-arte, politica, impegno, Appunti di Storia dell'arte contemporanea

Riassunto completo del libro Artivismo del professor Vincenzo Trione. Sono presenti tutti i 7 capitoli

Tipologia: Appunti

2022/2023

Caricato il 05/09/2023

GiuCadri
GiuCadri 🇮🇹

5

(1)

4 documenti

1 / 18

Toggle sidebar

Spesso scaricati insieme


Documenti correlati


Anteprima parziale del testo

Scarica Riassunto Artivismo-arte, politica, impegno e più Appunti in PDF di Storia dell'arte contemporanea solo su Docsity! Artivismo Arte, politica, impegno Capitolo primo- discorso sull’arte politica Il paradigma contemporaneo Coerenza insita nei paesaggi dell’arte contemporanea che spesso sono descritti come contraddittori e dissonanti: territori frastagliati, impossibili da rappresentare nelle loro metamorfosi; dove si trovano forme espressive diverse e difformi per i mancati punti di vista stabili e la definizione di salde categorie. Nella civiltà artistica contemporanea sembra che non ci sia una storia lineare e così è impossibile da stabilire entro un discorso determinato data la varietà delle esperienze. Non ci sono più movimenti coesi, ma singole personalità che corrono in direzioni diverse. Nathalie Heinich ha parlato dell’affermarsi del paradigma contemporaneo cui i tratti principali sono: • Gusto per lo scandalo linguistico e violazione delle frontiere tradizionali • Sostegno della ricerca di artisti trasgressivi che ottengono ottime risposte mediatiche • Confronto solo con una elite di iniziati • Strategie per dimostrare che il valore dell’arte non è nell’opera ma nell’economia dell’informazione, in un gioco di discorsi sociali, in connessioni tra specifiche situazioni ed effetti di senso. L’opera tende spesso a dissolversi in un flusso comunicativo in attesa di legittimazione da parte di mediatori (galleristi, direttori di musei, curatori,..)= perché ormai in sé nulla è arte-> lo diventa attraverso stratagemmi: pensiero dell’artista, contesto diacronico e sincronico, i filtri del pubblico, del mercato, della critica, dei media. Paradigma contemporaneo: testimonianza dell’”età dell’incoscienza”= specchio di un’industria culturale spietata, dominata da legge della produzione che le avanguardie novecentesche avevano mascherato dietro il proprio arbitrio. In questo contesto è sempre più diffusa la celebrity culture: gioco tra ricchi per accrescere il proprio prestigio= centralità del mercato, intrattenimento visivo, culto di ciò che è nuovo. Biennale, Documenta I territori dell’arte contemporanea oggi sono paesi sempre diversi, eppure al di là di un atteggiamento puramente descrittivo, si trovano convergenze inattese. Proviamo a delineare i contorni di una tendenza che da qualche anno si sta imponendo nell’artworld. Potremmo accostarla ad analoghe esperienze trasversali (dadaismi e espressionismi) affermatesi tra Europa e Stati Uniti nel XX sec. Questa è una tendenza però sostenuta da critici e curatori. Una cartografia mobile all’interno della quale confluiscono personalità di diversa provenienza culturale e geografica che condividono precise intenzioni: necessità di dire le ragioni dell’impegno e della partecipazione, in polemica con la superficialità presente nel sistema dell’arte. Un fenomeno che ha contaminato gli eventi più significativi dell’art System dalla seconda metà degli anni ’90: da diverse edizioni della Documenta di Kassel alla Biennale di Venezia e altre Biennali organizzate. Megainstallazioni progettate da curatori con all’interno opere di artisti. Assemblages di gesti e idee; spazi di dibattito testimoni della relazione tra arte e mondo attraverso lavori capaci di comunicare contenuti e significati. Arte politica. Exempla Ai Weiwei: installazioni parlano esplicitamente di drammi, problemi sociali, oppressioni, conflitti, libertà negate. 2008: terremoto nella regione di Sichuan con più di 70’000 vittime e tanti bambini, le autorità però minimizzano la tragedia. Ai Weiwei nel 2009 a Monaco espone Remebering: sulla facciata del museo, migliaia di zainetti che formano la frase (in cinese) che aveva detto una donna parlando della figlia morta nel terremoto “è vissuta felicemente per 7 anni in questo mondo”. 2016 Ai Weiwei realizza una foto che cita lo scatto del corpo senza vita di Aylan Kurdi sostituendo il volto con quello di un bambino siriano= processo di identificazione nella differenza: fermare la memoria dei tanti morti di cui nessuno sa niente. 2016 opera sulla facciata di Palazzo Strozzi= gommoni arancioni nelle finestre a bifora per ricordare i migranti. History of Bombs 2020: enciclopedia di riproduzioni 3d di bombe e missili nella sala centrale dell’Imperial War Museum di Londra per indagare i nessi tra individui e politica, tra paura e sicurezza sociale. L’arte, suggerisce Hito Steyerl, per continuare ad avere un significato deve farsi atto istituzionale. Gli artisti non paghino più dazio a potenti e mercato, né si lascino sottomettere al dovere di rappresentare la cultura di una nazione= la loro missione è combattere per la verità, per la condivisione, per la libertà. Installazione allo Skulptur projekte di Munster nel 2017: una distonia= monitor trasmettono videoanimazioni di automi meccanici creati per salvare abitanti di aree colpite da disastri; su altro schermo bambini che vivono in zona di guerra chiedono a Siri quando arrivano i robot a salvarli. Posto importante in questo campo di visioni politiche per Maurizio Cattelan. Untitled 1994: readymade che trasforma il simbolo delle brigate rosse in una cometa. La nona ora 1999 papa Giovanni Paolo II colpito da un meteorite. Him Varsavia dicembre 2012: appoggiata a un cancello di via Prozna la sagoma di un innocente scolare inginocchiato in preghiera= mani raccolte, occhi verso il cielo, ma avvicinandosi si riconosce l’identità di Hitler simile al Chaplin del Grande dittatore= un’opera che salda testimonianza, ironia e stupore. Muove da alcune 1 impossibilità: tragedia del nazismo è tanto grande da sottrarsi a ogni tentativo di rappresentazione. Per dire il terribile ricordo del nazismo ricorre ad ironia e paradosso. Attento a salvaguardare la leggibilità del suo linguaggio, immette nella dimensione realistica la componente dell’incanto. Miniaturizza Hitler, uno scolare ma con il viso di un’uomo di mezza età= umanizza il dittatore come individuo inquieto, addolorato e pentito che chiede perdono per le atrocità commesse. Lo spettatore si sente superiore, può dominarla dall’alto o da lontano. Può giudicare e anche assolverlo dai suoi atti feroci. Questo effetto straniante è amplificato dalla scelta di presentare Him all’ingresso del ghetto di Varsavia: non atto blasfemo, non provocazione, ma un modo per confrontarsi con il volto più malefico della storia. Contro il concettualismo, contro il postmodernismo Sono artisti diversi ma che condividono affinità, corrispondenze: somiglianze di famiglia, una rete di consonanze, un repertorio di posture. Gli artisti rifiutano le teorie estetiche novecentesche secondo cui la pittura è esperienza pura, indipendente da vincoli politici, sociali, religiosi ed etici, rivolta a dar voce all’interiorità dell’artista. Per alcuni artisti del XX sec l’arte non ha obblighi, basta a se stessa, diritto di disimpegno, indifferente nei confronti di eventi e miserie che tormentano l’uomo. Molti artisti politici si oppongono alla scelta di alcuni protagonisti del concettualismo di trasformare l’arte in un sistema esatto e autonomo, fermo e immune, privo di significati denotativi e connotativi. Inoltre artisti politici rifiutano le poetiche del postmodernismo con il loro corresti di pastiches, ibridazioni; sottraendosi ad un’arte fondata su citazioni ironiche e sulla confusione tra gerarchie, evitano di farsi risucchiare dall’entertainment. Genealogie: storia dell’arte Maggior parte degli artisti impegnati si richiama alla trazione politica dell’arte occidentale: opere attente a reinventare e risiginificare passaggi della storia in modo più o meno esplicito. Dall’Allegoria del Buono e del Cattivo governo e Effetti del Buon Governo 1338 di Ambrogio Lorenzetti a Siena. A questo capolavoro si sono richiamate alcuni voci della realismo ‘800-‘900: Courbert, Picasso, Dix, Beckam, Fautrier, Guttuso, Vedova,.. anche se diversamente hanno concepito l’arte come riflesso, tribunale del presente. Combinano forma estetica e contenuto etico; arte pensata come conoscitiva, politica e dotata di simbolicità. Artista realista mira a saldare mimesis e mathesis: l’imitazione con la conoscenza del reale nelle sue strutture più intime Ritorno a Baudelarie Su queste intenzioni sembra allungarsi l’ombra di Baudelaire: aveva elogiato il pittore della vita moderna, flaneaur sapiente nel coniugare rappresentazione del presente e qualità essenziale del presente, cogliendo ovunque la bellezza. Costantin Guys non è maestro ma cronista visivo. Un uomo che comprende il mondo e le ragioni misteriose e legittime di tutte le sue usanze. Per pronunciare la confusione moderna Guys inventa un linguaggio che accorcia le distanze. Esercita un rapporto di intimità e adesione dubbiosa verso chi che ha di fronte. Disegna mentre la città dorme e chiede all’opera d’arte di assumere su di sé ciò che è emergenza. Si fa osservatore appassionato che riflette gli altri come un caleidoscopio dotato di coscienza. Guys fissa gli eventi, commenta avvenimenti politici, è un modello per gli artisti politici di oggi. Assonanze: letteratura, cinema, graphic novel, filosofia La potenza della visività In linea con momenti significativi dei realismi ‘800 e ‘900 con indirizzi di letteratura, graphic novel, cinema e filosofia, gli artisti politici elaborano una poetica con passaggi comuni. • Concepiscono il proprio lavoro come esercizio dello sguardo. Si concentrano sulla visività= arte è lente d’ingrandimento sul quotidiano, che l’occhio nudo tende a guardare senza soffermarsi. È un dispositivo privilegiato di conoscenza e comprensione. Questi artisti attribuiscono alla dimensione contenutistica dell’arte assoluta centralità. Inseguono mete spesso mancate dagli artisti concettuali: chiarezza, efficacia del segno e trasparenza di comunicazione. Vogliono reagire e ricominciare a parlare e farsi sentire. Questi artisti guardano spesso alle modalità espressive e artifici propri della fotografia, che ha il potere di mostrare e testimoniare, senza limitarsi a evocare: si offre alla vista con immediatezza. Immagini atroci ma segretamente simboliche, che consentono di conservare una distanza dall’aggressività di eventi e situazioni. Riescono a fermare le ferite della cronaca: non richiedono commenti, comunicano senza filtri, favoriscono reazioni di empatia, immediata identificazione con le vittime, riconducono il caos del reale in icone che ne stringono il senso. 2 In difesa della torre d’avorio Nella stessa epoca Erwin Panofsky ha fatto un elogio seducente e anche minacciosa metafora della torre d’avorio: gli abitanti della torre dovrebbero essere contenti di stare dove stanno esercitando i poteri di osservare, pensiero e immaginazione; perfezionando le loro tecniche di lavoro e di comunicare. Cosi contribuiscono alla costruzione del nostro mondo. L’uomo che sta a terra ha il potere di agire ma non sempre quello di vedere e scappare dal destino e dalle conseguenze delle azioni. L’uomo della torre ha il potere di vedere ma non agire; la sola cosa che può fare è mettere in guardia L’intellettuale classico che sta nella torre non ha niente in comune con chierici e apologeti intenti a difendere ciò che è indifendibile. Rifiuta azione concreta, mantiene una distanza dagli eventi. Vuole essere dentro il proprio tempo e mondo. Vive la cittadinanza come un atto civile. Sa che è arduo fare luce nella notte, per illuminare il buio che attraversiamo, ma si accontenta di un’esile fiamma. Nonostante la coscienza di queste difficoltà l’intellettuale autentico vuole svelare le false apparenze della società; mostrare che esistono speranze e aspirazione. Apocallitici- integrati Gli artisti politici 2.0 si portano oltre l’indifferenza di una sorta di antropologia egocentrica. Vogliono partecipare e prendere posizione rispetto alla cronaca. Condannati spesso a mettersi ai margini della società, mirano a difendere un’indipendenza dalle condizioni concrete. Questi artisti pensano la propria pratica non come consolazione o evasione, ma come empirismo critico per offrire una comprensione inquieta del reale, sottolineando una distanza dalle forme comunicative omologate e dalla banalizzazione dei media. L’arte è in grado di svelare lati del presente che non avremmo forza e coraggio di cogliere. È un modo per prendere posizione. È la filosofia sottesa alle scritture critiche di Ai Weiwei, Banksy e Steyerl. Da un lato entrano da protagonisti nell’art system, dall’altro portano avanti una critica dall’interno dello stesso art system, rivelandone trucchi e imbrogli: usano il proprio potere all’interno del sistema per cambiare certe regole. Ai Weiwei tra 2006-2009 ha gestito un blog: testimonianza irrequieta che è il coraggio di dire la verità contro le menzogne dei tiranni. Nel suo blog si descrive come un pugile che parla di arte e architettura. Affronta disumanizzazione delle megalopoli cinesi; commenta episodi sportivi e eventi drammatici; racconta con rabbia la Cina postmoderna. Molte pagine sono dedicate a Twitter e al web= “cambierà il modo in cui comunichiamo”: Paesi con opinione pubblica controllata e orientata, ma favorite anche gesti di critica sociale e attivismo politico. Banksy attivo sui social propone un’originale azione estetica e mediatica. Afferma la sua sovversione nei confronti dell’artworld; si rivolge a un ampio pubblico non a un’élite; elabora una forma differita di readymade e mostra opere realizzate da writers, fotografie urbane, tweet scritti da altri e frame estratti dall’immenso archivio che è la rete. Incurante del copyright preleva qualsiasi materiale. Cronista e attivista Banksy sui social si fa inviato speciale tra i drammi dell’età contemporanea. Con slancio testimoniale parla di emarginazione, alienazione, apocalissi imminenti, handicap, solidarietà,.. e del rapporto natura e cultura. Un programma politico da accostare a quel che ha sostenuto Steyerl in Duty Free art ritratto di una figura in guerra contro la mercificazione dell’arte e il potere corrosivo del mercato. Si interroga sul valore delle istituzioni artistiche in un’epoca di guerra civile planetaria aumentata da like, combattuta da droni e gestita via whatsapp. Rappresenta il paesaggio dispotico: videogames, fake news, web, tecnologie 3d. L’abuso della rete per Steyerl sta consumando la nostra anima: durata nel tempo non è più sostenibile, bisogna fingere di essere online sempre. In che modo gli artisti possono resistere in un sistema dall’economia della presenza e da pettegolezzi ben manovrati? Per un’”altra” politica Anche se con modi diversi gli artisti intellettuali (es Ai Weiwei, Banksy, Steyerl) condividono il ruolo e lo spazio della politica che concepiscono come un ambito che negli anni ha perso coscienza del proprio rango ontologico indebolendo i propri fondamenti. I 3 sopracitati considerano la politica come non con un fine in sè, ma un campo dell’agire e del pensiero umano. Luogo di cittadinanza, democrazia, rappresentanza, giustizia, diritti civili ed equità. Giorgio Manganelli scriveva che la politica è territorio dove il bene e il male si proiettano. Quindi politica non come astrazione ma tutela della vita e strumento che delinea il perimetro in cui città e comunità si influenzano. Gli artisti muovono da una simile riarticolazione concettuale, per reagire alla marginalità sociale di oggi, avvertono il bisogno di oltrepassare l’individualismo delle avanguardie del XX sec. Si lasciano coinvolgere dal loro tempo. Intenti a comunicare una precisa idea ricorrono a metafore. Per aprire piste sulla superficie della cronaca. Insinuando dubbi e domande. Le loro opere: eventi che vengono dal mondo, sono nel mondo con l’ambizione di produrre effetti nel mondo. 5 Dietro ciò si intravede l’ombra di Picasso che non è mai al di sopra della realtà storica: intende la sua libertà non come immunità ma come gesto rivolto a prendere posizione rispetto alla situazione minacciosa, con interventi pittorici forti e chiari (vetta raggiunta con Guernica). Capitolo terzo- immaginari migranti Epiche cinematografiche Prime sequenze di Lamerica di Gianni Amelio 1994 con titoli di testa: un brano sull’Albania redenta dalle truppe italiane. L’Italia, (Lamerica) è la terra del destino. Apologo sulle speranze, il film si chiude con una lunga carrellata di volti di migranti con colonna sonora che evoca un canto popolare sull’emigrazione di inizio ‘900. Sottofinale di Nuovomondo di Crialese 2006: gruppo di disperati dalla Sicilia raggiunge la soglia dell’El Dorado e lì si accerta chi può rimanere negli Stati Uniti. Due film che affrontano una tra le questioni politiche, civili, sociali e giuridiche più forti della nostra epoca: migrazione. Esuli, apolidi, nomadi, profughi, rifugiati; vite di scarto generate dalla globalizzazione. Senza patria che oltrepassano e scavalcano confini; nomadi che non possono più affidarsi a punti di riferimento sicuri. Da anni i media registrano situazioni disperate. Papa Francesca nel 2021 “da qualche anno il mare nostrum è diventato il più grande cimitero d’Europa”. Filosofia della migrazione È un atto esistenziale, più sofferto che scelto. L’immigrazione è un trauma che scava faglie profonde nel mondo contemporaneo, continuando a ridisegnare gli spazi di politica, cultura, etica e giustizia. L’ingresso dei migranti porta a ripensare la nozione di cittadinanza: i diritti dei singoli vengono ridefiniti sulla base della residenza, perché la nazionalità non si da più come criterio normativo inviolabile. È una trasformazione che esige paradigmi di pensiero, rappresentazione e risemantizzazione adeguati. Lo “straniero interno” fa vacillare le sicurezze di chi si sente al sicuro; mette in crisi la “purezza mitica” dello Stato. La terra inquieta Jacques Derrida si era fatto interprete di questi cambiamenti in un discorso del 2001 a Siracusa dove parla dell’esigenza di porre le basi per una diversa “era della cittadinanza”, che supera i valori tradizionali e anacronistici di autoctonia, nazione, fraternità, lingua, religione, terra per celebrare nuove leggi di solidarietà e ospitalità internazionale. Rassegne dirette da Enwezor con la Documenta di Kassel del 2002 e Biennale di Venezia del 2015; e la mostra alla Triennale la terra inquieta curata da Massimiliano Gioni (titolo ispirato raccolta di poesie del caraibico Edouard Glissant). Affrontando alcuni temi e nuclei geografici (conflitto in Siria, Lampedusa, campi profughi,..) il percorso espositivo documenta le trasformazioni dello scenario globale attuale. In mostra opere provenienti da oltre 40 Paesi con l’idea che solo l’arte impegnata a dire la verità possa lambire le vette della grande poesia. Cronisti Gli artisti che sembrano comportarsi come il cronista di cui aveva parlato Benjiamin in un passaggio del suo saggio sul narratore: a differenza dello storico, il cronista si limita a presentare fatti ed eventi senza preoccuparsi di come si inseriscono nel corso del mondo. Da cronisti, gli artisti politici vogliono occultare la propria funzione poetica: decretano il sopravvento dell’impellenza cronachistica sulle esigenze stilistiche. Le opere sono specchi trasparenti su cui riflettono emergenze sociali e libertà negate. Nella maggior parte dei casi sono esperienze non vissute in prima persona, ma filtrate dai media. 2000. Network mobile di artisti, fotografi, registi, urbanisti, architetti e geografi, Multiplicity presenta Solid Sea 01. The ghost ship per un naufragio al largo della Sicilia nel 1996 dove persero la vita 283 migranti. Incidente a lungo negato dalle nazioni coinvolte fu poi riportato alla luce da un’inchiesta de la Repubblica: nasce così il progetto, che con i modi propri del giornalismo, con filmati subacquei, testi e interviste ricostruisce l’evento. 2005. Con il collettivo Askavusa, l’artista e attivista siciliano Giacomo Sferlazzo raccoglie relitti al largo di Lampedusa con l’obiettivo di salvare relitti che raccontano storie di migrazioni per il Mediterraneo. Diventano frammenti che rendono presente ciò che non c’è più. 2008-2011. Bouchra Khalili ha visitato città europee, africane e mediorientali che fungono da centro di smistamento di persone nel sistema migratorio contemporaneo. Ad alcune delle persone ha chiesto di raccontare il proprio viaggio tracciando il percorso su una mappa= così è nata una videoinstallazione- affresco. 2016. Thomas Hirschhorn combina immagini delle rovine di Aleppo e fotografie del Colosseo in Beyond ruins e Ruins Ahead. Le città erano state colpite da invasioni barbariche. 2017. Installazione Green Light alla Biennale di Venezia Olafur Eliasson testa nuove strategie di public comminino con originali forme di produzione, apprendimento condiviso, scambio e esplorazione urbana. Diversi soggetti 6 (viaggiatori, maestri, volontari, artisti, storyteller,..) trasformano il contesto espositivo in sito produttivo di una comunità in divenire. 2017. Mostra welcome Blanket allo Smart museum of art di Chicago di Jayna Zweiman present 3200 coperte 1x1 fatte a meno arrivate da tutto il mondo che formano un tessuto di 3200 km: rimando al muro anti migranti di Trumpo tra USA e Messico (pg 60-61 altri lavori) Lavori che combinando testi, immagini, oggetti analizzano il fenomeno della migrazione in Europa e internazionale. Africa comics Importante l’esperienza del graphic novel africano: un capitolo della poco rappresentata arte africana contemporanea. Metà del 2000 viene scoperto in occidente il fumetto africano. 2006 Harlem. A NY al museo di arte contemporanea afroamericana Studio museum si tiene africa comics. Il critico Robert Storr rimase così colpito dal lavoro del disegnatore Faustin Titi e del giornalista Eyoum Nganguè da presentarli alla 52° edizione della Biennale di Venezia 2007. L’opera un’eternità a Tangeri racconta il percorso del ragazzo africano Gnasville che arriva a Tangeri dopo un lungo viaggio a piedi, cavallo e macchina sfidando condizioni disumane, polizia e trafficanti. L’opera è uno dei momenti più interessanti del graphic novel africano: rilievo estetico, culturale e civile. Tanti artisti attivi in Congo, Ciad, Gabon, Madagascar, Algeria, Marocco,.. pensano la propria arte come modo per comunicare, confessarsi, far conoscere certi contesti geografici e emergenze socio-antropologiche. Per svelare i lati perturabanti dell’africa non si affidano a fantasie o concettualismi: riarticolano eventi della storia recente del loro Paese; usano momenti quotidiani e autobiografie. Mescolano tendenze di reportage e slancio lirico documentando eventi tragici, libertà negate, sofferenze e conflitti. 1994 Pat Masioni album sul genocidio in Ruanda; Didier Kassai resoconto della guerra in Repubblica centroafricana del 2013; Al’Mata ripercorre le perizie di Alphonse Madiba studente africano espulso dalla Francia 2016. Insistono soprattutto sul tema della migrazione. Mettono in scena individui che a causa di drammatiche situazioni economiche, sociali e politiche lasciano la loro terra per cercare rifugio; ma subiscono violenze; solo pochi si salvano, intraprendono fughe senza fine. Paure, ansie quotidiane, volti disperati, piccole utopie. I fumettisti africani ci parlano di una civiltà repressa, oscura e ignorata, in gran parte ignota, incapace di far sentire la propria voce. Poetici Altri artisti decidono di rendere poetici alcuni episodi di cronaca: conferire ardore lirico alle proprie idee sulla vita, passioni civili e intellettuali, urgenze etiche. Per non estetizzare la miseria trattano i migranti come soggetti dotati di una potente dignità. Artisti accomunati dalla volontà di sfidare i modi tradizionali della mimesi. Essi rispettano i fatti cui aderiscono, fino a interiorizzarli. Si portano allo stesso tempo al di là dell’evidenza di quei fenomeni come ipotesi e congetture fino ad arrivare a relazionare documentazione e fantasia. Vogliono utilizzare una comunicazione immediata ed efficace, non messaggi cifrati, ma situazioni di bruciante attualità esposte con chiarezza. Sono abili nel transitare tra media diversi (fotografie, quadri, video, performance,..), non comportandosi da cronisti. Per far comprendere gli eventi li trattano con intimità, ma sempre con distanza. Per suggerirne la complessità ne estraggono brandelli e simboli, determinando inattesi effetti di senso. Esempi Affreschi popolari di Tindar che colleziona impronte di migranti per comporre quadri astratti; la riscrittura dell’ultima cena di Leonardo al Pac di Milano da Vanessa Beecroft 2009: 12 africani con abiti da sera rovinati intorno a una tavola trasparente; 2016 ciclo di Antonio Biasiucci Molti: collage fotografico di gesti di carità nell’isola di Chios. Map di Mona Hatoum 1998: delicata composizione di biglie di vetro a terra che descrive i confini del pianeta come astrazioni instabili alludendo al doloroso stato di sradicamento cui sono costretti i rifugiati. La mer morte di Kader Attia 2015: sul pavimento una distesa di vestiti rimanda al numero sconosciuto di morti nel Mediterraneo. (pg 68-69 altri esempi) Monumentali Vanno citati gli autori di monumentali trasfigurazioni del dolore. Abel Abdessemed 2011-12 Hope: imbarcazione di legno abbandonata da migranti sulle coste delle Florida Keys. All’interno mucchi di sacchi d’immondizia, che alludono a come venivano considerati i migranti dalla società tra pregiudizi e tabù. Un “altare” al negativo. 7 The Weather Project di Olafur Eliasson 2003 nella Turbine Hall della Tate Modern di Londra: meditazione sulla crisi climatica. Una paesaggio post-apocalittico dove la fievole luce di lampade a basso voltaggio è irradiata nello spazio da una nebbia artificiale. Catastrofismi Pare inevitabile un’imminente apocalisse, capace di orientare i nostri gesti quotidiani, che è intervenuta nelle nostre esistenze. È una condizione comune di alcune opere degli artisti ecologici: Bacterial Radio di Joe Davis, Cape Mongo di Francois Knoetze, Never Alone di Upper One Games,.. Reliquaries di Paola Bay e Armando Bruni: elementi naturali (una goccia d’acqua, una manciata di terra, minerali) sono radunati in vetrine come fossili. Petrified River di Antonio Garcia Abril e Debora Mesa: una scultura site specific che rappresenta le trasformazione i Manhattan da luogo di natura a paesaggio urbanizzato. Ephiphania di Ludovic Debeurme un graphic novel che narra gli effetti dell’ecoterrorismo, cronaca di una Terra impegnata a difendersi da sola creando creature capaci di scatenare la rovina della società. Tristanoil di Nanni Balestrini è il più lungo film della storia del cinema trasmesso 24h per 100 giorni durante il Documenta 13 del 2012. Tra cinema documentario e sperimentale: registra criticamente alcune aberrazioni del tempo presente. Ci consegna una severa critica della contemporaneità, in sintonia con il bisogno di verità che caratterizza le esperienze del cinema di oggi. Nell’evocare un’imminente morte della nostra civiltà si fa apologo di una fine che non smette di finire. Ritratto di scenari post-atomici dominati da un allarme che proietta su di noi ombre minacciose. Per una filosofia dell’ecologia Post-naturalismi-land, neo-scientismi, recycled design, lirismi, catastrofismi: proposte eterogenee, ipotesi non contigue; eppure al di là delle diverse inclinazioni, le voci della bioestetica condividono ragioni filosofiche e precise intenzioni civili. Si pongono in sintonia con i fondamenti teorici del pensiero ecologico del ‘900; l’ambiente è stato a lungo considerato solo come un involucro, esiste invece una dimensione più ampia: l’ecologia. Un sapere che insegna a sentire l’ambiente come eco-sistema. La responsabilità dello sguardo Tomas Saraceno, Philippe Parreno, Anicka Yi, Loris Grèaud e Sam Lewitt sono creatori di installazioni site specific che riguardano la catena del vivente e il nostro ambiente molecolare: non immagini congelate, ma forme-tragitti, in grado di diffondersi oltre i confini di musei e gallerie. Pur con accenti diversi questi artisti pensano il proprio mestiere come pratica etica: strumento dotato di un valore cognitivo, capace di rendere visibili problemi ambientali urgenti, pronto ad entrare in contatto con la vita di tutti i giorni, decifrandone il lato oscuro. Con le loro opere rappresentano il rapporto uomo-ecosistema, registrano la crisi ecologica cui assistiamo impotenti, denunciano la fragilità del sistema ferito da attività umane e dagli eccessi della produttività industriale. Con le armi dell’arte affrontano alcune urgenze della nostra epoca e risvegliano una crescente coscienza ecologica: global warming, effetto serra, migrazioni forzate per il clima, disastri ambientali,.. Molti artisti ecologici non vogliono però solo denunciare le minacce del presente; mirano a suggerire una ridistribuzione del vivente. Con le loro azioni e interventi visionari hanno l’ambizione di sensibilizzare l’opinione pubblica sulle conseguenze del cambiamento climatico. Per comprendere il senso civile della bioestetica Attenborough ha detto “vogliamo portare gli spettatori in un viaggio di scoperta che mostri la bellezza e la fragilità della natura. Oggi siamo diventati la più grande faccia per la salute della nostra casa, ma possiamo ancora affrontare le sfide. A patto di agire ora”. Murale di Mark Titchner 2015 “Let the future tell the truth. Another world is possibile”. Yoko Ono serie di billboards I love you Earth per le strade della Gran Bretagna. Capitolo quinto- muri dipinti Vita activa Alberto Moravia ha parlato della differenza tra l’intellettuale “conoscitivo” (che vuole dire la verità, convinto che così sarà possibile modificare la realtà) e quello “militante” (che si pone il problema dell’azione e ambisce con le sue idee a cambiare il mondo). Camus parla dell’intellettuale come di un emarginato che non appartiene a nessuna chiesa e partito politico che si sente inadeguato, ma è comunque attratto dalla complessità attuale del divenire storico. Potrebbe scegliere la comodità e il silenzio e accettare le sue piaghe, ma avverte l’esigenza di parlare senza accontentarsi delle oltraggiose semplificazioni. Un individuo fiducioso, solitario e insieme sociale che crede di contribuire al futuro della propria nazione e cultura= ha urgenza di non restare più da parte, animato dalla ragione è guidato da una fede che riesce a sollevare l’uomo contro la propria condizione. Questa fede è la libertà. Nel 1951 Camus in 10 L’uomo in rivolta elogia l’artista impegnato a vincere ogni forma di nichilismo; colui che sa che è finita l’epoca degli artisti seduti= non si limita a commentare il suo tempo, vuole darvi una forma. Hannah Arendt in Vita activa “agendo e parlando gli uomini mostrano chi sono, rivelano attivamente l’unicità della loro identità personale,..”. Fare arte per loro è un modo per intervenire concretamente nella realtà contribuendo a modificarne aspetti e lati= fare politica con altri mezzi. A New York! A New York! I più originali interpreti della vita activa: street artists= movimento artistico più diffuso a livello internazionale. Un’esperienza ibrida e ambigua, con un susseguirsi di piccoli e grandi eventi in realtà geografiche diverse. Writers e graffitisti; opere effimere e durature. Diverse voci che trattano lo spazio urbano come un palcoscenico per azioni, performance e installazioni. All’origine ci fu la stagione del graffissimo statunitense. Anni ’70 NY con giovani bande di cubani, greci, portoricani che invadono i quartieri con coloratissime immagini criptiche. Crew che intraprendono vere guerriglie; hanno gusto della ribellione, bisogno di provocare, desiderio di sottrarsi alle regole del mercato; volontà di andare oltre le cornici di musei e gallerie. “Un lavoro che si arricchiva e si muoveva ogni giorno ad ogni ora, tra surreale e didascalico”. Un fenomeno artistico complesso, nato dal basso, espressione della cultura nazional-popolare americana; che in pochi mesi, rapidamente, si dissemina dalle vetture e dalle stazioni delle subway alle strade, dai muri delle banche alle palizzate dei ghetti, ai cartelloni pubblicitari, camion, autobus,.. tutto quello che è pubblico viene ricoperti di graffi di notte con pennarelli o bombolette spray. Grida di irritazione. Esercizi imperfetti, testimonianze di un anarchismo linguistico che sfidano il grigiore dei ghetti. Cifre violente e rabbiose che trasformano le città in patchwork. Immagini vive. Mix di alfabeti indiani, arabi o ebraici. Paleografia in evoluzione, composte da artisti che, spesso, in polemica con il culto dell’identità borghese si nascondono dietro nomi di battaglia o un anonimo collettivo. Episodi di narrazioni colletive, rapsodiche e imperfette, dense di richiami alla storia dell’arte, ai cartoon, alle pubblicità. L’irruzione dell’arte nella banalità del mondo, operate da gruppi che, in contrasto con un’organizzazione della vita sociale improntata alla produttività e funzionalità, vogliono imporre la propria presenza attiva sulla scena pubblica. The Faith of Graffiti L’arte di strada ha una lunga storia come scrive Norman Mailer in The Faith of Graffiti. Dai graffiti di età pre scritturale: pitture sui muri delle grotte con animali, scene di caccia e impronte. Ripresa dei graffiti in epoca romana: sui muri incisi messaggi amorosi, slogan politici, insulti, pubblicità di attività e prodotti. Pitture murali medievali. Murales di Riviera, Orozco,.. Sulle norme di questi eterogenei echi storico-artistici, Haring, Basquiat e altri mirano a reinventare l’esperienza del dipingere: rinnovano le regole per svelarne potenzialità inedite. Street art La street art contemporanea nasce da queste voci di fondo. Artisti attivi in vari contenuti internazionali: gruppo aperto, emerso in maniera spontanea negli ultimi due decenni. Un’anomalia per il panorama contemporaneo caratterizzato dal trionfo dell’individualismo. Gli street artist usano alcune scoperte del graffissimo classico per arricchirle: richiamano precise suggestioni arcaiche per riscrivere i modi tradizionali di dipingere. Impiegano anche riferimenti culturali più ampi e complessi. Fondamentale influenza di skaters, culture jammer,.. e anche l’iconografia marginale della tattoo culture, dell’underground, i rave, l’hip hop,.. Mutate anche le tecniche: bombolette spray, stickers,.. diverse anche le incursioni nella fotografia, nel cinema, nella musica e nella video arte. Servendosi di tanti media, gli interpreti della street art condividono le proprie intenzioni politiche: sfidare il sistema, impegno politico, slancio performativo,.. Contro il sistema Dal 2004 Banksy entra in scena: all’interno del Louvre, al MoMA, al Metropolitan. Asta 2018 da Sotheby’s Girl with a ballon si auto distrugge. 2019 su Instagram pubblica un video della sua performance a Venezia durante la Biennale. Banksy, ma non solo Banksy Gli street artists più ortodossi contrastano le regole del sistema dell’arte: non rilasciano interviste, non si fanno fotografare né filmare, insofferenti nei confronti delle grandi rassegne internazionali, di ogni tipo di mediazione (gallerie, musei, critici,..) e di ogni strumentalizzazione economica. Pronunciano giudizi severi sulle logiche del mercato. Contrapponendosi all’ordine sociale, pubblico e culturale, inseguono un’arte che non miri a soddisfare il 11 gusto del collezionismo borghese. Frequentano l’underground: invadono facciate di palazzi, tunnel delle metropolitane; lavorano di notte, suscitando le reazioni conservatrici degli amministratori locali. Come i futuristi, i dadaisti e i surrealisti preferiscono stare in gruppo. Indossano felpe nere con cappuccio, scarpe da ginnastica, zaini pieni di bombolette. La loro liturgia: pianificare incursioni notturne, condividendo adrenalina e amore per la trasgressione. L'illegabilità è la cifra delle loro missioni. Non amano definirsi artisti: non inseguono il consenso critico, né il riconoscimento mediatico e commerciale. Contestano la logica del copyright: non rivendicano mai la proprietà dei loro happening. Più integralista degli Street Artist, Blu, non scende a compromessi con le speculazioni mercantili. Come pochi altri, questi pittori hanno capito che, nella civiltà dello spettacolo, meno si appare più si esiste. Si rendono invisibili, introvabili, costruiscono intorno a sé un alone di mistero. Parlano solo con le proprie opere e con i loro gesti, disseminando tracce verosimili.  Conseguenza naturale del carattere illegale dello scrivere sui muri, l'anonimato è l'esito di un preciso programma artistico, etico e politico. Quasi un modo per risalire al medioevo, quando gli artisti rinunciarono alla propria personalità. L’arte al tempo dei media Gli Street Artist spesso oscillano tra la volontà di distanziarsi dal sistema dell'arte e la tentazione di aderire ai riti propri di questo stesso sistema. Spesso, non si sottraggono alle commissioni pubbliche e museali e si lasciano sedurre dall'art World, dal Fashion System e dalle pubblicità, diventando vittime di contraddizioni. Staccati dai muri, salvati dalla demolizione, preservati dal tempo e messi in cornice ed esposti, affreschi originariamente concepiti per i contesti urbani smarriscono la propria potenza comunicativa e si trasformano in quadri da galleria: destinati solo a soddisfare la gioia di collezionisti. Consapevoli dell'importanza dell'anonimato molti Street Artist lo usano per costruire intorno a sé una certa Aura.  Banksy e il suo soggiorno newyorkese nell'ottobre 2013: da una parte lui, il cattivo, e dall'altra il sindaco di New York e il New York police department. Banksy fa incursioni, si fa avvistare, si confonde tra la gente, sfida i controlli. Uno spettacolo arricchito di nuovi episodi rivolto al pubblico del web. Il talento comunicativo in Banksy si coniuga con evidenti tentazioni commerciali: i suoi lavori sono venduti on-line, battuti all'asta e messi in commercio da gallerie. Realismi Banksy, Blu e gli altri adottano una figurazione diretta: per farsi capire subito attingono a frequenti rimandi alla storia della pittura (da Raffaello a Leonardo), ma anche richiami alle culture pop, al cartoon, al cinema, alla letteratura e al giornalismo. Una figurazione fatta di immagini semplici che chiunque può comprendere senza specifiche competenze teorico critiche. Ad esempio Dismaland, il parco a tema-installazione di Banksy nel 2015 nel Somerset, un chiaro rimando a Disneyland= nome da “dismary” sgomento, sconcerto. Impegno politico L'elemento che accomuna la maggior parte degli Street Artist è la VIS politica. Gli Street Artist pensano il loro linguaggio come arena su cui mettere in scena urgenze e temi legati alla storia contemporanea. Usano l'arte come dispositivo per liberare dai dogmi, per far cadere il velo dagli occhi, per sfidare i potenti, vogliono tradurre in immagini un desiderio di denuncia e Liberazione. Dipingono sui muri iconografie di ribellione. Vogliono attraverso l'arte abbattere un mondo violentato da emarginazione e ingiustizie.  Cronache Gli Street Artist pensano alle loro opere come cronache visive, significativi passaggi dell'attualità politica letti con ironia: prediligono il sarcasmo e lo humor nero insinuando in noi domande e dubbi. Dagli anni ’90 Banksy produce stencil spiazzanti, d'impronta realista, carichi di significato e liberatorio e anti-autoritario. Le guardie della regina che scrivono sui muri, bambini con maschere antigas, i topi vandali, i poliziotti che si baciano, la colomba della pace con il giubotto antiproiettile, l’uomo che lancia una molotov diventata un mazzo di fiori.  Ci sono altre azioni di Street Artist che riempiono di figure e di parole le nostre città: esercizi iconotestuali politici. Bambi che dipinge un murale con il premier britannico Theresa May che balla con il presidente degli USA Donald Trump con la scritta Lie Lie Land. Shepard Fairey (noto come Obey) autore nel 2020 di un murale di 700 metri quadrati: al centro un giovane afroamericano che guarda sullo sfondo ieri la bandiera americana con la scritta  “Voting rights are human rights”. Altre cronache Gli street artists che hanno parlato del Covid tra echi fumettistici e consapevolezza del dolore. A Barcellona Tvboy ha messo la maschera alla Gioconda; a Bristol Banksy ha messo la maschera alla Ragazza con l’orecchino di 12 male, si immerge in una vasca di acqua fredda, si avvolge in un sacchetto di plastica e si getta in una discarica a Città del Guatemala. I pedagogisti Artisti dedicati ad ambiziosi progetti pedagogici. Michelangelo Pistoletto, creato a Biella nel 1998 di Cittadellarte frequentata da artisti e ricercatori provenienti da diverse discipline (musica, letteratura, arti visive,..). Una cittadella dove l’arte è protetta, ma rimane in dialogo col mondo esterno, istituendo nuovi metodi formativi e nuove condizioni. L’arte si fa evento con la collaborazione di più artisti. La cubana Tania Bruguera, polemica nei confronti del governo cubano, promotrice della Catedra Arte de Conducta (nella sua casa nel centro storico dell’Avana): una scuola di democrazia dove si studiano le strutture del potere e si riflette sull’arte come strumento per incidere sulle istituzioni, sulla memoria collettiva, sulle ideologie. Un progetto educativo, interdisciplinare e partecipativo. Virginia San Fratello e Ronald Rael autori nel 2020 di Texter Totter Wall di 40 minuti, il muro tra El Paso (Texas) e Ciudad Juarez (Messico) attraversato da altalene rosa Gli urbanisti Gli artisti urbanisti muovono dall’idea secondo cui, grazie al suo pensiero laterale, l’arte può aiutarci a svelare le emergenze della condizione metropolitana. Non si limitano a mostrate lo spazio urbano incorniciandolo in un quadro: vogliono lasciarne affiorare i lati più inquietanti. Marjetica Potrc; Vito Acconci nella Biennale di San Paolo del 2002: installazione di un invisibile spazio pubblico, staccato dal suolo e protetto da pareti di plexiglas con cartoni e tele degli homeless Emir Kusturica nel 2004 progetta un villaggio su un altopiano, tra le foreste di Belgrado: un paese per 50 abitanti, con lui come sindaco. Il caso Hirschhorn Thomas Hirchhorn riafferma la centralità del fare in grande, sottraendosi alla retorica di una bigness efficace solo dal punto di vista comunicativo, per un altro verso avverte la necessità di riattivare un genere consolidato e riconoscibile: la scultura. Stratifica disparati oggetti di recupero con procedimenti come incollaggio, saldatura e incastro. Va al di là della concezione monolitica del monumento come forma chiusa, ma apre le sue installazioni al mondo esterno. I suoi anti-monumenti non si fanno contemplare: sentono e accolgono il visitatore. Happening i cui attori sono dati, informazioni e messaggi. Gli anti-monumenti sono architetture che mostrano frammenti consunti, danneggiati in un intreccio tra morte e rinascita. Cattedrali fatte di accostamenti incongrui tra materiali poveri. Trasgredisce anche le ritualità del collezionismo e della conservazione con eventi interattivi e partecipativi. I luddisti Artisti che si misurano con opere-azioni di notevole impatto pubblico grazie a gesti audaci. Si mettono al servizio della comunità o di una causa, vogliono resistere a coloro che violano i diritti delle persone. Evidenti i rinvii al movimento Britannico del XIX secolo del Ludismo per reagire con violenza contro le macchine e la disocuppazione causata dalla rivoluzione industriale. 2008 Pedro Reyes raccoglie migliaia di pistole, le schiaccia in un rullo e le fonde, trasformandole in pale per piantare alberi, che consegna alle scuole alludendo alla diffusione delle armi in Messico. 2020 evento Louise Michel ideato da Banksy: ex nave della dogana francese, bandiera tedesca, guidata dall’attivista Pia Klemp, interamente rosa con graffiti dell’artista, nome ispiratore all’anarchica femminista francese del XIX secolo; ha soccorso tra Libia e Italia 100 migranti. I collettivi I collettivi riprendono esperienze associative e partecipative maturate dalla metà degli anni ‘90 dalla volontà di sperimentare forme di resistenza e di rivendicazione. Etcetera e Grupo de Arte Callejero rilanciano le battaglie per i diritti umani dei desaparesidos: 1999 Huit Facettes inaugura centri per la creatività agli abitanti delle aree rurali del Senegal; 2001 Grupo de Arte Callejero tappezza Buenos Aires con una mappa del potere e della repressione, con evidenziate con quadrati rossi le abitazioni dei torturatori rimasti impuniti. Tanti collettivi contemporanei recuperano la tradizione movimentistica delle avanguardie novecentesche, concepiscono l’atto creativo come un’impresa di condivisione. Avvertono il desiderio di fare insieme; è nell’incontro che ci si conosce davvero. 15 Linguaggi diversi vengono messi alla prova della realtà degli attivisti, insofferenti nei confronti di musei e gallerie e guidati dall’interesse per le forme di interazione sociale operano nei luoghi del quotidiano e collaborano con i residenti in zone marginali e difficili. Il caso di ruangrupa, un nucleo di artisti, pensatori e attivisti aperto a sociologi, politici e studiosi di media: un’organizzazione senza scopo di lucro che realizza opere collaborative; per l’apprendimento pubblico, per affrontare le questioni civili attuali e promuovere lo studio e la comprensione di valori come uguaglianza, condivisione e solidarietà. Elogio della rivolta Più arte o attivismo? Pensano se stessi non come creatori di forme e oggetti fuori dal comune, ma come individui dediti ad attività accessibili a tutti, estranee alla logica del successo. Gli artivisti non si adeguano alle liturgie quotidiane. Questi gruppi vogliono recuperare ciò che è stato rimosso, screditato e irriso con una carica dissolutiva e salvifica. Prediligono spazi marginali. Obbiettivo: mettere in discussione lo Stato, destituendo la sovranità. Rappresentano una forma provocatoria e conflittuale di iper-politica . Sperimentano la disubbidienza, la ribellione. Verso un’arte senz’arte Gli artivisti sfidano ritualità e mitologie idealistiche con una carica ribellistica. Contestano l’estetica classica: l’idea che l’arte debba produrre scultura e quadri destinati a diventare cose finite da restaurare e commercializzare. Quello che conta è il processo. È artistico ogni procedimento che abbia finalità estetiche: un fatto, un comportamento. Esito di questo discorso è la ripresa di uno dei generi maggiormente praticati dai protagonisti delle avanguardia novecentesche: l’installazione= il suo unico supporto materiale è lo spazio in cui è allestita. Invitato a uscire da una zona in cui vige un controllo autoritario, lo spettatore entra in uno spazio d’eccezione; straniero che si trova in un ambiente che sostituisce alla visione distante tradizionale l’immersione in un’atmosfera spaesante. Gli artivisti non si limitano a servirsi del genere dell’installazione, lo reinventano. Un’arte a bassa intensità, fluida, interattiva; un’arte senza opere, de-materializzata. Il loro fine è l’energia. Non è nella cosa, ma nella prassi, nell’azione creatrice. Attraverso l’arte Un’arte senza opere nasconde intenzioni profondamente utopistiche. Gli artivisti si prendono cura del mondo; vogliono porre le basi per un mondo diverso. Affrontano concretamente i processi di organizzazione sociale. Vogliono sentirsi utili a una nobile causa, si impegnano per migliorare le condizioni di vita soprattutto di aree economicamente marginali. Contribuiscono alla diffusione del senso critico, offrono alle popolazioni di aree povere un accesso alla cultura e all’educazione. Communitas Con le loro performance gli artivisti intervengo in situazioni socio-antropologiche dolorose per suggerire possibili vie d’uscita. Inclini a democratizzare i propri gesti, trascendono gli interesse personali, coinvolgendo il pubblico sia praticamente che emotivamente. Spesso lavorano in dialogo con gli abitanti di quartieri segnati da difficoltà sociali ed economiche, per riscattarne la dignità, per risvegliarne il senso di appartenenza e per migliorarne le condizioni di vita. Nascono idee di communitas estetiche i cui membri liberano un’eccedenza d’essere, i cui membri rinunciano alla propria identità, in un processo di apertura verso ciò che è diverso da sé. Ominiteismo e Demopraxia È un libro di Michelangelo Pistoletto: “è tempo che l’artista prenda su di sé la responsabilità di porre in comunicazione ogni altra attività umana, dall’economia alla politica, dalla scienza alla religione,..”. Invita gli artisti ad abbandonare il recinto protettivo delle istituzioni museali, non devono lavorare per l’elité; devono andare oltre una dimensione astratta. Saldare libertà e responsabilità. Disciplina in grado di risvegliare le coscienze, promuovere concetti come democrazia, cittadinanza, giustizia, eguaglianza,.. Demopraxia: evoluzione della democrazia “sostituire il concetto di potere, kratos, con pratica, praxis” Ominiteismo “gli umani, indirizzando diversamente la loro capacità di creare, potranno svilupparla fra persona e persona e da qui estenderla all’intera società” Capitolo settimo- Controdiscorso sull’arte politica “The Square” 16 Nel 2017 la Palma d’oro del festival di Cannes va a The Square di Ostlund: protagonista Christian, curatore di un museo d’arte contemporanea di Stoccolma, soccorre una donna in pericolo, ma viene derubato, la sua equipe sta lavorando all’installazione the Square: una piazza e un viavai della folla. Etica del moderno Il film di Ostlund coglie la vocazione politica cara a molti artisti contemporanei che hanno sfiducia nella capacità dell’arte di bastare a se stessa. Contestano l’irresponsabilità, la non partecipazione, la diserzione morale. Vogliono una svolta politica dell’estetica. Il loro fine è interrogare, captare e amplificare il brusio spesso non ascoltato del mondo. Attenti alla funzione e all’utilità della propria pratica si concentrano su contenuti e caratteristiche perfomative delle informazioni tratta nei confronti delle ricerche linguistiche formali elaborate: importante che il messaggio arrivi subito. Si affidano a testimonianze oggettive; credono nella possibilità della restituzione di eventi con resoconti trasparenti; assumono temi urgenti con soluzioni stilistiche immediate e intellegibili. Questi artisti pensano i propri gesti come strumenti di riparazione, non emancipazione. Per bucare la barriera di rumore informativo denunciano violenze, diseguaglianze, fame, miseria e sfruttamenti. L’arte non come monologo interiore, ma come dialogo aperto con i contemporanei sordi. Anestesie È rischio il diffuso di inciampare nell’anestetizzazione su cui si sofferma Susan Sontag in Davanti al dolore degli altri. Usa riflessione sull’uso e abuso delle immagini che mostrano situazioni tragiche e sofferenze. Nella maggior parte die casi sono istantanee che non riescono a emozionarci, non ci toccano e non ci fanno pensare, non ci portano a riflettere. Siamo distanti da quegli scatti commoventi. Ormai prive della loro forza originaria le immagini si lasciano guardare da lontano. Sono speculazioni sul dolore mediaticamente efficaci, che finiscono con l’anestetizzare la nostra sensibilità Estetizzazioni Un’altra minaccia su molte opere d’arte politiche del nostro tempo è quella di cui aveva parlato Benjiamin in L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica: l’estetizzazione della politica. Sul ruolo dell’informazione e sulla funzione dei cinegiornali che spettacolarizzano l’esistente. L’estetizzazione. Si strappa una determinata visione dalla sua dimora per avvicinarla al nostro sguardo. Gli artisti impongono una forma a un’emozione: la immobilizzano, la svuotano, la privano della sua energia vitale per immetterla in un circuito di effrazione continua. Assistiamo a un paradosso quando sono assunte e usate dagli artisti, le più tragiche sequenze di cronaca vengono sublimate, non tormentano. Traumi senza trauma Le scelte degli artisti sono costellate di drammi privi di ogni autentica drammaticità. Media, social e web ci bombardano con istantanee di carestie, disastri, calamità, guerre, epidemie; ma c’è un diffuso bisogno di respingere queste vicende ai margini della nostra quotidianità. Molti artisti provano a riattivare e risemantizzare una serie di choc ormai svuotati di senso con una continua generazione di linguaggio. La politica degli impolitici Percorrendo strade diverse Kiefer, Kentridge, Boltanski, Wall, Madani, Walker muovono da convinzioni comuni; sono artisti impolitici, non attivisti che stendono manifesti. Distanti da approcci ideologici vogliono raccordare arte e politica. Artisti che sembrano ispirarsi ai lavori di Goya (i disastri della guerra), Gericault (la zattera della medusa), Picasso (Guernica) e Fautrier (teste d’ostaggio): protagonisti della pittura del XIX e XX sec hanno messo in discussione il principio dell’autonomia dell’arte sottolineando l’importanza del dialogo con la storia. Gesti laici e militanti tra realismo e simbolismo, verità e arbitrio. L’arte come forma di denuncia e resistenza. Rappresentano in diretta catastrofi; quadri civili in cui c’è l’orrore di chi, dopo aver assistito a uno spettacolo insostenibile, vuole dipingere un’opera che faccia sentire l’inchiostro dei quotidiani, ma priva di carattere effimero. Muovono da una specifica occasione di cronaca per spingersi verso territori altri. Non esibiscono i drammi, li riscrivono in chiave espressiva e traducono le suggestioni dolorose. Kiefer, Kentridge, Boltanski non trascinano la politica nell’arte, ma guardano alla politica attraverso la lente d’ingrandimento dell’arte. Si battono per i propri valori e ascoltano i sussulti del nostro tempo. Attribuiscono all’arte una funzione disvestiva: pensano le opere come rappresentazioni di visioni concrete. La differenza tra arte e giornalismo: il giornalismo mira a registrare i fatti, a verificare le fonti ed evitare le generalizzazioni, l’arte sente l’ambiguità come condizione ineliminabile. Si da come avventura cognitiva che vuole mostrare una cosa e anche ibridarla o negarla. Gli artisti impolitici si affidano a una conoscenza etica, basata su sensazioni, sentimenti, empatia e incarnazione; non si limita a documentare, ma provano a prefigurare. 17
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved