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Thomas More e la Riforma Religiosa in Inghilterra: Utopia e la Nascita del Protestantesimo, Appunti di Letteratura Inglese

La vita e le opere di Thomas More, un umanista e teologo inglese del XVI secolo, e il suo ruolo nella Riforma Religiosa in Inghilterra durante il regno di Enrico VIII. Il documento tratta anche della traduzione di Tyndale della Bibbia, la nascita del protestantesimo in Inghilterra e l'influenza della cultura italiana. Vengono anche menzionati i poeti Wyatt e Ascham, e la soppressione del teatro religioso e l'ascesa del teatro laico.

Tipologia: Appunti

2019/2020

Caricato il 29/01/2020

erreti97
erreti97 🇮🇹

4.7

(9)

42 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Thomas More e la Riforma Religiosa in Inghilterra: Utopia e la Nascita del Protestantesimo e più Appunti in PDF di Letteratura Inglese solo su Docsity! Tra Umanesimo e Riforma: Il XVI secolo (500) fu per l’Inghilterra il secolo più ricco d’eventi cruciali: sociali, economici, politici, religiosi, letterari. Fu davvero l’inizio esplosivo di tutto: - della sua identità nazionale e linguistica - della sua letteratura - della sua potenza politica ed economica inizio anche della sua espansione nel mondo. Si trattava ora di unificare l’isola annettendovi il Galles e la Scozia, che rimaneva ancora indipendente, e l’Irlanda. Enrico VIII dichiarò l’indipendenza della Corona inglese dalla Santa Sede e con l’Atto di supremazia nel 1534 si proclamò capo della Chiesa d’Inghilterra. Il monarca inglese usò le nuove idee prodotte nella Germania di Lutero al solo scopo di appropriarsi delle cospicue ricchezze ecclesiastiche. La Riforma distrusse tradizioni e consuetudini, abbazie e libri, ma permise una rivoluzionaria modernizzazione dell’apparato giuridico amministrativo e il decollo orgoglioso di una nuova cultura politica e letteraria. La Riforma o Scisma protestante è il movimento religioso di separazione (Scisma) dalla Chiesa Cattolica avvenuto nel XVI secolo. Inizio della R.p. è il 31 ott. 1517, giorno in cui M. Lutero avrebbe affisso alla porta della chiesa del castello di Wittenberg le sue 95 tesi contro lo scandalo delle indulgenze, affrontando i problemi della penitenza, del peccato edella grazia. Isole reali, isole ideali: More, Tyndale “Utopia” parola coniata in Inglese da Thomas More (1477-1535), ed è il titolo della sua opera + nota, pubblicata in latino nel 1516 e tradotta in Ing solo nel 1551. Letteralmente significa Non-Luogo, oppure Luogo del bene, è il nome dell’isola visitata da Raphael Hythlodoeus in una località indefinita del Nuovo Mondo. Un’isola che contiene 54 città- stato, tutte magnifiche e identiche nella lingua, tradizioni e leggi, quindi avendone conosciuta una se ne conoscono tutte. Qui More stabilisce la sede di uno Stato Ideale. Qui tutti lavorano 6 ore al giorno, la famiglia condivide beni e figli con la comunità. NON esistono: -proprietà privata -denaro -differenza nella gerarchia sociale -guerra -ambizione personale -conflitto politico -spreco del lusso -privilegi L’Utopia di More costituisce forse il primo esempio di critica della società contemporanea che adotta come strategia retorica un punto di vista esterno e “razionale”. Il dialogo tra Hythlodoeus e Morus mette in scena il dilemma cruciale dell’umanesimo europeo: può il sapere (o la filosofia) agire sulla prassi civile? Può il sapiente (o il filosofo) avere un ruolo nella vita politica del suo paese? Dopo il 1516, la data di pubblicazione di Utopia, Enrico VIII offrì a More l’incarico di Lord Chancellor, la carica più importante del governo. Questi anni segnano il passaggio dal More umanista al More teologo e polemista. Laureatosi in giurisprudenza all’università di Oxford, More ricevette una educazione interamente imbevuta dell’umanesimo importato dall’Italia in Inghilterra negli ultimi decenni del Quattrocento da due ecclesiastici. In questo clima di cambiamento, insieme ad Erasmo, More fu il promotore del più eloquente e brillante programma di riforma del cristianesimo. Fu proprio questa brillante erudizione che Enrico volle mettere al servizio della sua causa politica negli anni turbolenti che videro lo scisma da Roma. Seppure esitante e consapevole dei pericoli che comportava diventare il consigliere del tirannico e imprevedibile Enrico, More accettò l’incarico. Quando Martin Lutero, dopo aver fatto circolare le sue celebri 95 tesi nel 1517, fu scomunicato (1521) e dichiarato fuorilegge da Carlo V, il programma di rivitalizzazione del cristianesimo dal suo interno si era trasformato in un attacco dall’esterno. Guerra di libri Lutero non rimase passivo di fronte alla scomunica. La prima reazione fu la pubblicazione di La prigionia di Babilonia (trattato in latino al clero) in cui proponeva la liberazione della spiritualità cristiana dalla corruzione della Chiesa cattolica. Inoltre, respingeva la validità di tutti i sacramenti a eccezione del battesimo e dell’eucarestia. Se Lutero da una parte destituiva il clero di ogni potere sulla vita spirituale del fedele (il solo principio di autorità sono le Sacre Scritture), dall’altra accresceva immensamente quello di Dio. Si tratta di quella che Calvino definirà più tardi teoria della predestinazione, una teoria inconciliabile con quella cattolica  Per i cattolici la grazia si guadagna con le “opere”, per Lutero essa dipende interamente dalla imperscrutabile decisione divina. Le due tesi avevano naturalmente conseguenze etico-sociali, che maggiormente interessavano More: la negazione delle opere e la giustificazione tramite la fede sostenute da Lutero avrebbero portato a una graduale apatia sociale e civile  L’ostinata iconoclastia di Lutero minacciava la comunicazione con Dio e tra gli uomini. More, come Erasmo, pur condividendo con Lutero la necessità di una riforma, temeva più di ogni altra cosa la disobbedienza civile e la frammentazione dell’Europa cristiana. per More l’unità del cristianesimo e il sistema giuridico garantiti dalla Chiesa cattolica andavano difesi a tutti i costi. William Tyndale (1495-1536) Non fu Lutero, tuttavia, il più accanito avversario di More, bensì l’inglese William Tyndale. Nel 1523 arrivò a Londra con la speranza di produrre, sotto la protezione del vescovo Tunstall, una Bibbia inglese comprensibile per tutti. Ma la traduzione dei testi sacri incominciò a essere identificata con la causa luterana e la richiesta di Tyndale fu respinta. Tyndale si recò all’università di Wittenberg dove conobbe Lutero, e da liberale ed erasmiano divenne convinto luterano. Nel 1526 completò la prima traduzione in inglese del Nuovo Testamento. Enrico, ancora fedele difensore della Chiesa cattolica, rafforzò l’operato del clero annunciando pene severe per coloro che si avvicinavano alla “falsa e corrotta traduzione” di Tyndale, ma questa repressione fallì a causa della stampa = forza dirompente di trasmissione della cultura e idee. Il Nuovo Testamento di Tyndale continuò a essere stampato a Anversa e distribuito clandestinamente in Inghilterra. From the Tyndale’s translation Tradotto dall’originale greco, il NuovoTestamento di Tyndale è scritto in un inglese semplice, non solenne, diretto. A lui si devono neologismi significativi basati sull’ebraico come passover (passaggio) e scapegoat (capro espiatorio). Ma la scelta di tradurre parole chiave come ekklesia con congregation (congregazione) piuttosto che con church (chiesa) suscitò l’ira filologica di More. Seguendo Lutero, Tyndale proponeva una lettura semplice e fedele del testo. La Bibbia non era più testo di pochi ma guida morale e spirituale della vita quotidiana di tutti. Il dibattito tra More e Tyndale è stato definito “guerra linguistica” che percorrerà tutto il secolo e oltre in un paese ormai decisamente diviso, e che sfocerà in una vera e propria guerra civile. Tyndale fu giustiziato per eresia nel 1536, ma il suo Nuovo Testamento continuò a essere letto. Si pensi infatti che la traduzione della Bibbia che venne autorizzata dallo stesso Enrico nel 1537, e in seguito, la famosa Bibbia di Ginevra del 1560, così come quella del 1611 la Bibbia di Giacomo I, si avvalsero totalmente, di quella di Tyndale (senza mai riconoscerlo). L’Inghilterra divenne una nazione protestante non tanto per motivi di fede religiosa quanto per motivi dinastici  motivo Capo della Chiesa per divorziare e sposare Anna Bolena. La fine di More More rassegnò le dimissioni nel 1532. Fu rinchiuso nella Torre di Londra per essersi rifiutato di prestare giuramento all’Atto di supremazia, di riconoscere ciò Enrico come Capo della Chiesa d’Inghilterra, dove scrisse diversi trattati come Dialogo di conforto nei giorni di tribolazione. Utopia e Dialogue of Comfort rimangono due opere supreme della carriera letteraria di More come umanista e come teologo. More fu decapitato nel 1535 per alto tradimento. Poeti alla corte di Enrico: Wyatt Sebbene per Tyndale la lingua inglese fosse all’altezza del greco e dell’ebraico, non tutti erano della stessa opinione all’inizio del secolo. Se ne lamentavano soprattutto i poeti, e per primo lo fece John Skelton. Thomas Wyatt (1503-1542) Thomas Wyatt (1503-1542) fu il primo poeta inglese che importò la lirica italiana e latina in Inghilterra. Studiò a Cambridge. Fu cortigiano di Enrico e servì come ambasciatore in Spagna presso la Corte dell’imperatore Carlo V. Fu imprigionato due volte, infatti il mondo infido della corte divenne l’argomento di gran parte delle sue poesie più famose. (1. 1536 per lite con il duca di Suffolk; 2. 1541 perché accusato di alto tradimento durante la congiura che condusse Anna Bolena alla condanna capitale). Wyatt acquisì la consapevolezza del significato della traduzione, in un’Europa in cui nessuno parlava inglese (tranne inglesi). Molte delle sue poesie sono libere traduzioni delle Rime sparse di Petrarca. Della poesia italiana, Wyatt -fu diffidente di fronte a ogni innovazione -pur proclamandosi protestante, non fece mai professione di una fede. Mantenne nella cappella reale l’apparato cattolico, compreso il crocifisso, le candele e gli organisti. Chiesa politica di Elisabetta Quando salì al trono, Elisabetta si trovò a dover governare un paese drasticamente diviso in -una minoranza di attivi-convinti protestanti -una maggioranza di cattolici. Elisabetta non accontentò né gli uni né gli altri Una Chiesa simile non piacque a papa Pio V, che scomunicò la giovane regina nel 1570. In realtà Elisabetta regnò in condizioni estremamente sfavorevoli: -mancanza di un esercito - limitazione del suo potere posti dal Parlamento -assenza di un efficiente sistema amministrativo e burocratico -il finanziamento dei mercanti di Londra dipendeva dal tesoro della corona - doveva controllare i continui complotti intentati contro di lei da parte dei membri più ribelli dell’aristocrazie, oppure delle potenze cattoliche (Spagna e Roma). La forza di Elisabetta Di tutti questi svantaggi Elisabetta riuscì a fare ottime virtù. Ella concentrò sulla sua immagine tutte le forze sociali: Elisabetta rimase nubile e dichiarò infine di essere sposa unicamente alla sua nazione. Il suo ruolo nella sua era di eroina romantica, che fu il modo più astuto di affrontare un paese profondamente diffidente verso il sesso femminile e dove l’autorità delle donne veniva considerata “mostruosa”. La sua fu la prima corte inglese che potè competere con quelle europee e nella quale sorse una delle più strabilianti produzioni di opere di poesia e di teatro dell’Europa del tempo e della letteratura inglese. Tutti qui vorranno fare carriera mettendo alla prova il talento, l’ambizione, l’energia e l’astuzia. Qui ha inizio ciò che chiamiamo Stato moderno, con la sua burocrazia e amministrazione centralizzata, con le sue leggi e, inutile dirlo, con i suoi intrighi. Il libro del Cortegiano Il libro più diffuso e importante del Cinquecento europeo sulla corte fu Il libro del Cortegiano di Baldassarre Castiglione del 1528, tradotto in inglese da Sir Thomas Hoby nel 1561. Castiglione stabilì i principi estetici e morali del comportamento cortese: Il cortigiano ideale rinuncia alle esigenze del suo narcisismo, detesta lo sfarzo e l’esagerazione per fare posto alla discrezione e al decoro; nasconde la sua origine sociale e lo sforzo per farlo. The Art of English Poesy Il “manuale di condotta” più noto e più letto in Inghilterra negli anni Ottanta fu The Art of English Poesy (L’arte della poesia inglese, 1586) di George Puttenham (1529-1591). Come dice il titolo, il trattato di Puttenham parla di poesia. L’arte della poesia, l’arte del comportamento e l’arte della politica diventano a corte una sola cosa. Tutti i poeti della corte di Elisabetta si sono rapportati con questa retorica, osteggiandola, denunciandola, discutendola o valorizzandola: Sir Philip Sidney, a Edmund Spenser,al cortigiano di talento Walter Ralegh, al geniale drammaturgo William Shakespeare. Spenser C LA PROSA In prosa si scriveva essenzialmente per istruire, polemizzare, per discutere, per tradurre, per raccontare eventi storici, geografici, scientifici. L’Inghilterra aveva una virtù ineguagliabile: era un’isola. Ciò la rendeva difficilmente attaccabile e morfologicamente votata a diventare una potenza marittima. Già negli anni Ottanta del Cinquecento il mare fu il riferimento costante della costruzione dell’identità nazionale dell’Inghilterra. Thomas Nashe (1567-1601) è lo scrittore più irriverente e polemico del regno di Elisabetta. The Unfortunate Traveller è il primo romanzo picaresco inglese. Ma al contrario del picaro famoso Lazarillo de Tormes, Wilton non è l’uomo oppresso cronicamente dalla fame né è animato dalla rabbia di chi è inevitabilmente escluso dalla società. Con il celebre precedente spagnolo il romanzo di Nashe condivide però la novità di una narrazione totalmente e direttamente affidata all’io di un personaggio socialmente utile ed emarginato affermandone l’autonomia del punto di vista sulla realtà. Teatro Uno degli effetti della Riforma fu la soppressione del teatro religioso, mentre si sviluppa un genere teatrale che, a confronto, possiamo considerare laico, l’interlude Recitato da attori professionisti, prevedeva l’illustrazione drammatica di un breve episodio attraverso il confronto tra un numero limitato di personaggi, spesso allegorici. Si può dire che l’interlude comincia là dove la morality svanisce, rivolgendosi a un pubblico colto e scelto, spesso l’intento è esplicitamente didattico. John Bale (1495-1563), protetto dall’arcivescovo Cranmer, riuscì a utilizzare l’interludio morale in chiave protestante e scrisse circa venti drammi tra il 1533 e il 1543, la maggior parte dei quali contengono polemici argomenti anticattolici: Kyng Johan (1536), il primo dramma con fini politici presentando il re Giovanni, vissuto all’inizio del XIII secolo, come vittima delle prepotenze delle forze cattoliche e come precursore di Enrico VIII nel liberare l’Inghilterra dalla tirannia di Roma. Il teatro che si sviluppò in Inghilterra alla fine del XVI secolo fu certamente l’espressione culturale, letteraria e linguistica più dirompente d’Europa perché William Shakespeare ( > esponente) riuscì a coinvolgere tutta la popolazione inglese: aristocratici, artigiani, mercanti, la stessa Corona e naturalmente drammaturghi e attori. La sua popolazione a Londra crebbe con eccezionale rapidità nel Cinquecento, alla morte di Shakespeare 1616, Londra era la più grande città d’Europa. A dispetto dell’altissima percentuale di mortalità infantile e delle frequenti epidemie della peste, il numero dei londinesi crebbe soprattutto grazie a una costante e copiosa immigrazione della provincia Le ragioni per andare a vivere a Londra erano molteplici: -salari più alti -migliore sistema di assistenza per i poveri -maggiori opportunità di impiego nel settore mercantile -maggiore divertimento (tra cui il teatro) -negozi migliori Nemici del teatro Si calcola che tra il 1567 e il 1642 (data di chiusura dei teatri) 50 milioni di persone andarono a teatro. Andare a teatro fu un’attività ricreativa condannata dalle autorità cittadine e dai gruppi religiosi. Il teatro fu ostacolato: - dal sindaco di Londra, che vedeva nei raggruppamenti della folla un potenziale pericolo di ribellioni, difficili da sedare. Non ce ne furono molte ma disordine, traffico, rumore, pericolo per la decenza pubblica (i teatri erano notoriamente luoghi di adescamento per le prostitute) erano invece all’ordine del giorno, prima, dopo e nel corso delle rappresentazioni. -i moralisti e i religiosi (specialmente la minoranza puritana). I religiosi si lamentavano che le rappresentazioni che si tenevano nei giorni religiosi sottraevano i fedeli alle loro devozioni. Invece secondo i puritani, il teatro somigliava alle “machiavelliche” cerimonie religiose dei nemici cattolici. Le rappresentazioni teatrali, come la messa, erano spettacolari finzioni che ingannavano gli astanti. Soprattutto la condanna colpiva il travestimento dei ragazzi che recitavano ruoli femminili perché sollecitava licenziosi desideri erotici, sia eterosessuali che omosessuali. Tanta ostilità non fa che confermare il successo strepitoso dei teatri pubblici londinesi. Le compagnie teatrali poterono contare sulla protezione del governo di Elisabetta prima e di Giacomo poi, e dei più potenti esponenti dell’aristocrazia, creando compagnie stabili. La protezione del governo non fu però assoluta: -il Privy Council (il consiglio privato della regina) aveva l’incarico di chiudere i teatri nel caso di un’epidemia di peste - il Master of Revels venne gradualmente ad assumere il ruolo di “censore”. Solo le compagnie migliori sopravvivevano alla spietata competizione per ottenere la protezione della corte che furono: -I Lord Chamberlain’s Man (la compagnia di Shakespeare) -i Quenn’s Men -gli Admiral’s Men - i King’s Men(la compagnia protetta da Giacomo I, con la quale Shakespeare lavorò dopo il 1603) Per sottrarsi all’ostilità del governo cittadino, i primi teatri stabili furono costruiti alla periferia di Londra. Il primo teatro permanente di cui si ha notizia è il Theatre costruito nel 1576 da James Burbage (nord Londra). Seguirono poco dopo il Curtain, il Rose, lo Swan (1585), il Fortune (1600) e il celebre teatro di Shakespeare (di recente ricostruito), il Globe (1599). Struttura In tutti gli anni Novanta la struttura fisica del teatro fu per lo più quella di un grande anfiteatro di legno all’aperto (generalmente poligonale) con al centro un palcoscenico quadrato, che si protendeva in un’arena dove quasi metà del pubblico stava in piedi. Questi spettatori, i più poveri, perché il costo del biglietto era di un penny, avevano il vantaggio di vedere da vicino gli attori, ma l’inconveniente di stare in piedi per le due o tre ore della rappresentazione e di essere esposti alle intemperie. Il palcoscenico del Globe era coperto da un tetto che fungeva da “cielo” sorretto da due colonne che serviva a proteggere i costosissimi costumi degli attori dalla pioggia. Sul retro un muro con due porte. Sopra, una galleria, o balconata, veniva usata per scene che richiedevano due livelli. Il Globe poteva ospitare fino a tremila spettatori. La scenografia di questi primi teatri era quasi inesistente e gli attori dovevano contare sugli sfarzosi e stravaganti costumi per creare l’illusione della finzione, oltre che sulla volontà del pubblico di farsi, come gridavano i puritani, “ingannare”. I drammaturghi di questo primo periodo (Shakespeare incluso) si appellavano all’udito piuttosto che alla vista del pubblico, sfruttando al massimo la capacità della parola di evocare luoghi, cose e anche l’invisibile. Poche pause durante la messa in scena. Le compagnie funzionavano come corporazioni commerciali i cui soci possedevano quote di partecipazione, condividevano perdite e profitti, commissionavano e sceglievano i drammi. Shakespeare, per esempio, era socio dei King’s Men. Non appartenevano invece a lui, e a nessun altro drammaturgo, i “diritti d’autore” dei suoi drammi, i quali venivano comprati dalle compagnie. Christopher Marlowe (1564-1593) Uno dei modi per fare carriera nel mondo elisabettiano era quello di entrare a far parte della rete di spionaggio per difendere il regno di Elisabetta: Marlowe lo fece. Studiò a Cambridge; giunto a Londra nel 1587, continuò a lavorare come spia per il governo e cominciò a scrivere per il teatro. Fu verosimilmente coinvolto in una famosa congiura che finì con la decapitazione di Maria Stuarda nel 1587, e il conseguente tentativo della Spagna di invadere l’Inghilterra nel 1588. Marlowe fu più volte coinvolto in risse, ma furono i suoi drammi oltraggiosi che avvalorarono l’immagine di una esistenza ribelle, contribuendo a fare di lui uno dei poeti più amati dai romantici. Scrisse il primo dramma quando era ancora a Cambridge in collaborazione con Thomas Nashe: Dido, Queene of Carthage. In pieno clima trionfale per la sconfitta della Invincibile Armata, Tamburlaine the Great (1587-88) suscitò un tale entusiasmo presso il pubblico elisabettiano che Marlowe ne dovette scrivere una seconda parte. Il dramma raccontala storia eroica del pastore sciita Tamerlano che con i suoi soli meriti assurge al rango di imperatore del mondo. Non c’è nulla nel dramma che non sia presentato come una clamorosa esagerazione. Con The Tragical History of Doctor Faustus (1590) passa allo studio di un personaggio ambizioso e blasfemo. Nel celebre monologo che apre il dramma, Faustus, studioso avido e scontento, rifiuta il sapere accademico e la teologia cristiana di Wittenberg e si avventura nei sentieri pericolosi della nuova scienza. E siccome la ricerca autonoma e libera della verità era da sempre stata in contraddizione con la teologia, ecco che Faustus assume le sembianze sinistre di un negromante (i negromanti = scienziati e i filosofi della natura nell’epoca dei conflitti religiosi in Europa). Prima di morire, Faustus s’immerge nelle braccia della mitica Elena di Toria in uno dei momenti più appassionati e poetici del dramma  L’abbraccio è insieme
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