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Riassunto breve dei testi per l'esame di teologia III (non frequentanti), Sintesi del corso di Teologia

Riassunto sintetico e panoramico dei concetti fondamentali presenti nei testi "Dibattiti etici e saggezza biblica" e "Il cristiano nel mondo" per studenti non frequentanti di teologia III con il professor Pischedda.

Tipologia: Sintesi del corso

2021/2022

In vendita dal 07/03/2023

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Scarica Riassunto breve dei testi per l'esame di teologia III (non frequentanti) e più Sintesi del corso in PDF di Teologia solo su Docsity! Dibattiti etici, saggezza biblica Quando venne costituito il “Dei Verbum” durante il Concilio Vaticano II, 1965, ovvero una costituzione dogmatica riguardante la “Divina Rivelazione” e la Sacra Scrittura, si ribadì che le Scritture sono “l’anima della sacra teologia” in quanto stanno all’origine della vitalità e alla comprensione cristiana della fede. Nelle Sacre Scritture si ripercorre l’ampiezza del significato di rivelazione, vista dai credenti nel contesto biblico, ma che può essere considerata anche “rivelazione dell’anima antropologica” poiché il racconto riguarda le generazioni di un popolo, in una frequentazione reciproca di quanto è più divino ed è più carnalmente umano, fino a caricarsi di un sapere che riguarda anche l’umanità. La Bibbia non è un’antropologia organizzata utilizzabile come campione, esempio, ma è una semplice narrazione del particolarismo di Israele, la cui storia si intreccia con la presenza di Dio, dando vita ad una presenza del divino in tutta l’umanità, cioè rivelando la storia umana come una storia accompagnata e lavorata da Dio. Il testo biblico evidenzia un registro di realtà che, essendo di natura spirituale, trascendono le culture, abitano tutte le generazioni; e perciò continuano ad essere attuali. Perciò bisogno avere una visione del Dio trascendente che sgorga dall’interno dell’esperienza umana, e non distante da questa, comprendere l’umano che si ricollega a ciò che Dio vuole realizzare. Dio parla e fa, è una questione attuale e senza tempo, lui è responsabile di creazione e separazione; Dio crea l’umanità a sua immagine e somiglianza e allo stesso tempo la divide nella sfera maschile e femminile. Queste due parti sono incomplete, sono uno il limite dell’altra in quanto comprendono di essere “non-tutto”, e sono chiamate a vivere in base al principio di relazione, per trovare la propria verità di esistere. Di fatto l’identità fiorisce attraverso il gioco della relazione, si fortifica e si arricchisce con il rischio dell’altro; l’identità di cui parliamo evoca una necessaria elaborazione, di una maturazione nella durata del tempo che fa fare esperienza dell’altro. La grazia della creazione è quindi obbligatoriamente accompagnata dal limite, evocato anche nella Genesi: l’albero della vita è piantato in mezzo al giardino: la vita che Adamo riceve in retaggio gli viene dunque da un centro che è altro da lui, essa sgorga da una sovrabbondanza della sorgente divina , che gli dona l’esistenza precedendolo e prevenendolo. In ciò, egli sperimenta una limitazione essenziale , che non è solo quella su cui egli inciampa ai margini della sua condizione mortale. È nel cuore della sua esistenza viva che egli incontra il fatto della sua incompiutezza. Questo limite suscita la ribellione contro il Creatore che impedisce all’uomo di essere la propria origine, e contro l’altro (uomo o donna) il cui confronto è la presa di coscienza dell’impossibilità di essere tutto. Nonostante la sequenza differenza-relazione-limite sia sempre attuale, la visione della potenza che si palesa nelle Scritture cozza con quella della postmodernità che rischia di rendere la tradizione biblica molto distante dalle evidenze diffuse. Oggi i potenti appaiono come gli attori dominanti, ma Dio ha sempre mostrato un gusto per i mezzi modesti e “deboli”; per esempio privilegia l’ultimogenito dei figli di Iesse, Davide, incentra la speranza sull’umile figura del ceppo, la promessa di un germoglio santo, e così via. Si afferma che la vera grandezza non è fatta da ciò che si celebra ordinariamente nei potenti; la grandezza di Davide, per esempio, non si separa dall’umiltà. L’umiltà viene fatta conoscere come la vera potenza per confondere i forti e per “ridurre al nulla le cose che sono”. Così si percepisce il concetto di “sapienza” che denuncia l’idolatria che fuorvia l’uomo verso la potenza, e afferma che l’umanità non esiste soltanto nell’esercizio del dominio, dell’intelligenza e delle tecniche, ma anche e forse ancora di più nelle miserie, nell’esperienza delle povertà e di ciò che rientra nella “défaillance della mitezza”. La sapienza dell’uomo e la sua dignità sono sintetizzabili nel concetto di “vulnerabilità”, l’uomo infatti deve eccettuarsi dalla natura mediante la cultura, l’ordine simbolico, mediante il distacco dal mondo, deve sempre inventare dei mezzi di sopravvivenza. Oggi le evoluzioni postmoderne e occidentali testimoniano una forte tendenza, cioè lo schivare la prova dell’alterità; questo concetto ne “intrappola” altri due: - La relazione di ciascuno con il prossimo, diverso da se stesso. - Gli avvenimenti, l’imprevisto che devia i progetti e le previsioni. Parlando di prova di alterità, intendiamo l’incapacità umana di relazionarsi con l’altro, fin dall’antichità il genere umano non ha mai smesso di farsi la guerra. Oggi si cerca di ridurre, limitare, nascondere ciò che esprime l’alterità, ovvero la diversità (uomo-donna per esempio). Resta però il fatto che l’imprevisto rimane parte integrante delle nostre vite ed esperienze; per ovviare a questo “problema” il progresso sottrae le nostre vite alla sorpresa di manchevolezze, generando nuove esigenze, alimentando l’ossessione della salute perfetta e di un morire nella dignità. Nonostante questo l’umanità è segnata nella sua finitudine dalla carne; questa riguarda l’uomo nella sua concretezza sensibile, nella sua capacità di comunicazione e nella sua vulnerabilità. Potremmo quasi considerarla nemica per eccellenza. “La carne che ci troviamo addosso e lo spazio che abitiamo non sono cose a disposizione ma luoghi della verità del vivente e di vita; luoghi della verità “sensata” della vita”. I cristiani sono nel mondo quello che è l’anima nel mondo, così si afferma nella Lettera a Diogneto; oggi i cristiani devono essere testimoni del Vangelo, che li pone di fronte alle loro debolezze. Per questo i cristiani hanno una serie di compiti: o Professare la realtà di un mondo nato da una volontà divina e riconoscendone la differenziazione. Devono ritrovare la formula più pura di alterità, accettando la differenza in modo radicale. In particolare nelle relazioni, queste non neutralizzano l’alterità ma la conservano, qui le singolarità si incontrano in modo enigmatico.
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