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Riassunto Caos e governo del mondo Arrighi, Appunti di Storia Delle Relazioni Internazionali

Introduzione, Primo e Secondo capitolo

Tipologia: Appunti

2020/2021
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Scarica Riassunto Caos e governo del mondo Arrighi e più Appunti in PDF di Storia Delle Relazioni Internazionali solo su Docsity! STORIA DELLE RELAZIONI INTERNAZIONALI Introduzione Il crollo dei regimi comunisti ha prodotto incertezza politica, instabilità, guerre su una vasta area del Pianeta (analisi di Hobsbawm). Ha messo inoltre in discussione i vari rapporti tra stati e i loro equilibri. Quattro controversie sul futuro dell’economia politica mondiale Analizzando i periodi di transizione dell’egemonia mondiale, possiamo individuare le differenze e le somiglianze tra i vari momenti storici, in particolare questi periodi di transizione sono : 1. Transizione dell’egemonia mondiale olandese a quella britannica nel XVIII sec. 2. Transizione dall’egemonia mondiale britannica a quella statunitense nel XIX sec. In particolare, le quattro controversie di cui si parlerà saranno : 1. Se è probabile o no che emerga un nuovo stato egemonico, quindi riguarda i cambiamenti di potere tra stati 2. Se la globalizzazione ha minato alle fondamenta il potere degli stati, quindi riguarda il rapporto tra stati e imprese 3. Se ci troviamo in piena caduta libera nelle condizioni di lavoro e di vita, quindi riguarda la forza dei gruppi subordinati 4. Se ci stiamo avvicinando alla fine di cinque secoli di predominio occidentale nel sistema mondiale moderno La geografia del potere mondiale È in corso un dibattito sull’eventualità che stia emergendo un nuovo stato egemonico mondiale. Si pensava che a seguito dell’unione monetaria europea (1 Gennaio 1993) l’Europa sarebbe diventata il centro dei commerci e avrebbe dettato le regole di essi, ma poco dopo il gennaio del ’93 le cose cambiarono notevolmente, in quanto la crisi economica e la disoccupazione giovanile al 20% l’Europa si è vista costretta ad indietreggiare. Altrettanto poco chiara è la valutazione del potere giapponese a livello mondiale, infatti a seguito della rivalutazione dello Yen, il Giappone riconobbe uno sviluppo immediato, tanto da diventare gli acquirenti di molti edifici americani, quali il Rockfeller Center, la Columbia Pictures e parte dell’area downtown di Los Angeles. Ma nel giro di 7 anni, anche questa preoccupazione giapponese svanì, in quanto gli investimenti esteri fecero crollare la borsa di Tokyo che perse circa il 55% del suo valore. Anche la crisi del Golfo e la guerra dimostrarono la debolezza politica Giapponese (1991), in quanto si accodarono agli Stati Uniti nelle scelte politiche. Il potere degli stati contro il potere del capitale 1 A riaprire il dibattito sulle relazioni tra stati e capitalismo è stata la dichiarazione di Charles Kindleberger secondo cui lo stato nazione come unità economica non esiste più, in quanto il sistema di imprese creato non ha più alcun contatto con la nazione di provenienza e nemmeno alcun tipo di interesse, è la nascente globalizzazione. La tesi della globalizzazione prende in considerazione una generalizzata perdita di potere degli stati a causa dell’emergere di forze economiche non territoriali, sovranazionali o transnazionali. Molti sostengono che la tesi sia però confutata dal fatto che tutto ruoti intorno agli interessi statunitensi, infatti l’egemonia non solo economica ma anche culturale dell’America e la necessità di istituire agenzie della governance mondiali (NATO, World Trade Organization, G7, International Monetary Fund) che sono influenzati fortemente dagli Stati Uniti e dai loro alleati, sarebbe una dimostrazione di ciò. Gli stati, il capitale e il potere dei gruppi subordinati all’interno della società Un tema centrale della letteratura sulla globalizzazione è che la crescente volatilità e mobilità geografica del capitale abbiano provocato una caduta dei salari e in questo senso è come se i lavoratori di tutto il mondo venissero messi in concorrenza tra loro nell’ambito di un unico mercato del lavoro. Il risultato di tutto ciò è un indebolimento dei lavoratori, che non sanno più proteggere i loro interessi. Charles Tilly sostiene che siamo nel corso di un inversione di tendenza del Trend dell’ampliamento dei diritti in atto fin ora. Tilly inoltre identifica 4 ondate di globalizzazione, rispettivamente nei secoli : 1. XIII 2. XVI 3. XIX 4. Tardo XX Quindi pone in contrasto l’impatto dell’attuale ondata rispetto a quella precedente del XIX secolo. Durante il XIX secolo gli stati hanno acquisito maggiore capacità di intervento, mentre oggi gli stessi stanno perdendo la capacità di monitorare e controllare gli stock e i flussi e quindi perdendo la capacità di intervenire con mirate politiche sociali. Tilly sostiene inoltre che gli stati abbiano garantito i diritti di TUTTI i cittadini, pertanto l’indebolimento degli stati minaccia non solo i lavoratori, ma tutti i diritti democratici. Le nuove strutture transnazionali non sono dotate di una spiccata sensibilità democratica. Aristide Zolberg (1995) ritiene invece che l’indebolimento della classe operaia non sia dovuto all’indebolimento dello stato, ma all’indebolimento strutturale della stessa classe, a seguito dell’avvento della società post-industriale. Nonostante non siano d’accordo sulle cause, entrambi ritengono che la forza lavoro si sia indebolita. Rimane argomento di dibattito se i diritti dei cittadini e dei 2 2. Le egemonie mondiali come leadership e governance sistemiche Il concetto di egemonia ci viene dato da Antonio Gramsci, egli definisce la supremazia di un gruppo come manifestante in due direzioni : come ‘dominio’ e come ‘direzione intellettuale e morale’. Nonostante il dominio si fondi sulla coercizione, la leadership che definisce l’egemonia si fonda sulla capacità del gruppo dominante di presentarsi ed essere percepito come portatore di interessi generali. L’egemonia è qualcosa di più del dominio puro e semplice : è il potere addizionale, che deriva a un gruppo dominante dalla sua capacità di guidare la società in una direzione che non solo serve gli interessi del gruppo dominante stesso, ma che è percepita anche dai gruppi subordinati come finalizzata ad un interesse più generale. Se i gruppi subordinati hanno fiducia nei propri governanti i sistemi di dominio possono essere gestiti senza ricorrere alla forza. Ma se questa fiducia viene a mancare ciò non è possibile. Il termine Leadership è usato per descrivere il fatto che uno stato dominante guidi il sistema in una direzione voluta e che facendo ciò persegue un interesse generale. A tal proposito si potrebbe introdurre la teoria di Parsons la sua distinzione tra funzioni ‘distributive’ e funzioni ‘collettive’ del potere. Le prime si riferiscono a una relazione a somma zero, in cui un attore può acquistare potere solo se altri attori ne perdono un pò. Le funzioni collettive invece si riferiscono a na relazione a somma positiva, in cui la cooperazione tra diversi attori incrementa il loro potere nei confronti di terzi o della natura. La pretesa di rappresentare un interesse sistemico generale così definito può diventare credibile, e perciò provocare un’inflazione del potere di un aspirante stato egemonico, se si verificano due condizioni : 1- I gruppi dominanti devono aver sviluppato la capacità di guidare il sistema nella direzione di nuove forme di cooperazione e di divisione del lavoro. 5 2- Le soluzioni a livello di sistema degli aspiranti stati egemonici devono riguardare problemi di sistema che sono diventati talmente acuti da creare una domanda di governance. Il modello di transizione egemonica che risulta dall’indagine di questo libro è quanto segue : A differenza del Ciclo di Wallerstein, questo modello rende endogeno il 2 cambiamento sistemico. Le espansioni sistemiche sono il risultato dell’interazione tra due differenti tipi di di leadership che, presi insieme, definiscono le situazioni egemoniche. La riorganizzazione sistemica promuove l’espansione dotando il sistema di una divisione del lavoro e di una specializzazione delle funzioni più ampie e profonde. L’emulazione fornisce ai singoli stati la spinta motivazionale necessaria a mobilitare risorse ed energie nell’espansione. C’è sempre una tensione tra queste due tendenze, perché una divisione del lavoro e una specializzazione delle funzioni più ampia e profonda implica un atteggiamento di cooperazione tra le unità del sistema. In una prima fase, l’emulazione ha luogo in un contesto che è principalmente cooperativo e quindi agisce come motore dell’espansione. Ma l’espansione fa aumentare il volume e la densità dinamica del sistema, cioè il numero di unità socialmente rilevanti che interagiscono all’interno del sistema. Con il tempo l’incremento nel volume e nella densità dinamica del sistema tende ad intensificare la competizione tra le unità. Quando accade ciò, la tirannide delle piccole decisioni torna a prevalere, lo stato egemonico subisce una deflazione di potere e si ha una crisi egemonica. che ha origine all’interno, internamente2 6 3. Crisi egemoniche ed espansioni finanziarie Le espansioni finanziarie ci interessano ora solo come momenti di trasformazione strutturale del sistema di stati sovrani nazionali del mondo moderno. Questa trasformazione è descritta con l’emergere di un caos sistemico nella dinamica dell’egemonia presentata nell’immagine. Le espansioni finanziarie hanno un impatto contraddittorio sull’evoluzione del sistema dopo il caos : - Da una parte, tengono sotto controllo la trasformazione aumentando temporaneamente il potere dello stato egemonico in declino - D’altra parte, le espansioni finanziarie alimentano i conflitti sociali e la dimensione della competizione tra stati e tra imprese. Capitolo 1. Geopolitica e alta finanza La nostra percezione dell’attuale crisi di sovranità dello stato è distorta da una sovrastima della reale importanza dello ‘stato-nazione’ come unità fondamentale della politica mondiale in epoca moderna. Dopo la pace di Vestfalia , lo stato 3 nazionale divenne l’unità fondamentale del sistema mondiale, nel XIX secolo però esso si trasformò in un sistema di dominio globale sotto la leadership del Regno Unito, che non era un semplice stato nazionale, ma un’organizzazione imperiale che governava gli altri territori. In questo senso, l’industrializzazione rivoluzionò le cose e persino gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica lo fecero, in quanto essi schiacciarono il caratteristico stato nazionale del centro europeo, che iniziò ad essere percepito come troppo piccolo per la competizione industriale e militare. Questa evoluzione si è sviluppata tramite un continuo accrescimento della lotta tra stati per il potere. Con il tempo quindi questo sistema è crollato e la riorganizzazione si rese necessaria. In ogni transizione comunque l’attore governativo che si imponeva come pilastro era più potente di quello precedente, dal punto di vista militare e finanziario. Ovvero avevano un controllo maggiore sugli strumenti per la violenza e sui mezzi di pagamento universalmente accettati. 1. Dall’egemonia olandese a quella britannica L’egemonia olandese e l’equilibrio di potere in Europa L’Olanda ha giocato un ruolo di primo piano nella lunga lotta che si è conclusa con la fondazione di quel sistema con i trattati di Vestfalia nel 1648. Come sostiene Peter Taylor l’egemonia olandese è stata un’indispensabile apripista per la creazione del sistema moderno di stati sovrani. Nella sfera militare, la pista è stata aperta in La pace di Westfalia del 1648 pose fine alla cosiddetta guerra dei trent'anni, iniziata nel 1618, e 3 alla guerra degli ottant'anni, tra la Spagna e le Province Unite. 7 fu perseguita più efficacemente. Con il trattato di Rijswijk del 1697, la Francia riconobbe Guglielmo III come re d’Inghilterra, Scozia e Irlanda e cedette una parte di territorio per dare una barriera militare all’Olanda. Originata dal pericolo che la Spagna potesse diventare uno stato assoggettato alla Francia, ci fu la guerra di Successione spagnola, in cui il conflitto anglo-francese si inasprì duramente. La divisione geostrategica del lavoro assegnò all’Olanda la guerra di terra, che ne logorò le forze, lasciando la Gran Bretagna libera di concentrarsi sulla costruzione della propria potenza navale. La Gran Bretagna emergeva alla testa della coalizione, mentre l’Olanda si trasformava in un partner minore. 3. Il mercantilismo e la fine della supremazia commerciale olandese Con la firma del trattato di Utrecht nel 1713, la transizione dall’egemonia olandese a quella britannica entrò nella sua seconda fase. Gli inglesi avevano eclissato la potenza marittima olandese, contenuto con successo il potere continentale dei francesi e posto in essere un equilibrio del potere sul continente che metteva in grado la Gran Bretagna di dominare i mari e gli scambi con il mondo extraeuropeo. Nel 1716 il processo di pace venne rafforzato dal trattato anglo-francese delle ‘mutue garanzie’, che fu poi ampliato nella Triplice alleanza tra Gran Bretagna, Francia e Province Unite. Questa pace non servì a rallentare la transizione dall’egemonia olandese a quella britannica. Fin dal principio gli olandesi avevano mostrato una profonda avversione per l’espansione territoriale. La strategia olandese incorporava una logica del potere strettamente capitalistica, in questa logica, la parsimonia nell’acquisizione di territori e popolazioni assolveva alla duplice funzione di minimizzare sia i costi per la difesa, sia le rivendicazioni sociali nei confronti della ricchezza accumulata. Le Province Unite avevano inglobato le caratteristiche di Venezia, città ricca ed indipendente che si era impadronita della terraferma, e Genova, che aveva rinunciato all’indipendenza politica, puntando tutto sul denaro. Per gli olandesi certamente la pace era una cosa positiva, ma la guerra negativa. In ogni caso, l’Olanda non era in grado di competere con la Gran Bretagna nella colonizzazione del Nordamerica. I porti inglesi perciò cominciarono a sfidare ed infine sconfissero il commercio di transito di Amsterdam. Fu nei periodi di pace e di ridotta pressione fiscale che il Regno Unito consolidò e rafforzò questo sistema di protezione industriale, tramite le restrizioni del 1721 all'importazione di calicò indiani destinati al consumo interno. Il successo britannico nell'eliminare la concorrenza olandese nell'espansione commerciale oltremare e nell'espansione industriale interna ridusse la quota del commercio di transito di Amsterdam, non che il peso relativo dell'Olanda nell'economia-mondo imperniata sull’Europa. 10 4. L’alta finanza, ultimo rifugio dell’egemonia olandese Con lo scoppio della guerra di successione austriaca (1740-1748) la transizione dall'egemonia olandese a quella britannica entrò nella sua terza fase. La scarsità di manodopera olandese divenne realmente rovinosa e fu la goccia che fece traboccare il vaso. Eppure, ciò che fu così disastroso per il commercio olandese non lo fu per nulla per il capitale. L'escalation della lotta di potere, e la conseguente intensificazione della competizione interstatale per il capitale mobile, crearono le condizioni per un'espansione finanziaria che temporaneamente inflazionò la ricchezza e il potere olandesi. Mentre la centralità di Amsterdam nel commercio europeo declinava, la liquidità in Olanda rimaneva abbondante, con una tendenza a trasformare la parte finanziaria della borsa merci in un servizio di attività bancarie e di investimenti esteri. Ma perché il denaro olandese acquistasse nuovamente la "capacità di autoriproduzione" la competizione interstatale per il capitale mobile avrebbe dovuto essere più intensa di quanto non fosse nei pacifici anni venti e trenta del XVIII secolo. Quando lo diventò l'indebitamento inglese nei confronti dell'Olanda crebbe rapidamente. Gli inglesi non erano gli unici clienti dei finanzieri olandesi, negli anni dopo il 1760 tutti gli Stati si presentano agli sportelli dei prestatori olandesi. La prima crisi esplose alla fine della guerra dei sette anni (1756-1763). La guerra aveva spinto gli olandesi a sovra esporsi nella garanzia del credito, che un osservatore stimo ammontare a quindici volte le reali disponibilità olandesi. La bancarotta di una casa importante nell'agosto del 1763 provocò il collasso di un sistema già in declino. La seconda crisi esplose dieci anni più tardi in seguito alla banca rotta di una casa inglese nel dicembre 1772. Benché la crisi avesse origine a Londra, le conseguenze più serie furono avvertite ad Amsterdam. Nel 1773 la Banca d'Inghilterra scarico tutto il peso della crisi su Amsterdam, rifiutandosi di scontare cambiali. Lasciata a se stessa a scontare tutte le cambiali in circolazione, Amsterdam non si riprese più dallo shock. Durante la guerra dei sette anni questo processo raggiunse il culmine, il denaro olandese fu un ingrediente chiave nella decisiva vittoria britannica. La vittoria degli inglesi a Plassey nel 1757 diede il via ad un massiccio trasferimento di ricchezze dall'India, inizialmente come mero saccheggio, e dopo il il 1774 sempre più come saccheggio dissimulato da relazioni commerciali. La ricchezza indiana fornì i capitali necessari a ricomprare il debito dagli olandesi. La potenza britannica da allora cominciò a mostrare sempre meno rispetto per la bandiera olandese, da allora in avanti si stava assistendo ad una vera trasformazione egemonica. 5. Interregno La scomparsa degli ultimi residui dell'ordine egemonico olandese nel XVIII secolo non portò, di per sé, all'affermazione dell'ordine britannico del XIX secolo. L'egemonia mondiale britannica si affermò solo dopo un ultimo round nella lotta di 11 potere tra Gran Bretagna e Francia. Questo ultimo round costituisce la quarta e ultima fase della transizione dall'egemonia olandese a quella britannica.la guerra dei sette anni non solo creò le condizioni per la piena emancipazione della Gran Bretagna dalla sua precedente dipendenza dal denaro olandese. Essa diede luogo anche a una situazione instabile in Nord America, che ebbe come esito la rivoluzione americana del 1776 e una temporanea riscossa delle fortune francesi nella lotta per la supremazia europea. I coloni britannici non avvertivano più la necessità di "comprare" dalla metropoli britannica protezione in cambio di tasse. Non appena la Gran Bretagna provò a far loro pagare i costi della guerra dei sette anni, i coloni si ribellarono.la Francia immediatamente corse l'opportunità apertale dalla ribellione americana per rifarsi con la Gran Bretagna. La Francia fu in grado di condurre una guerra puramente navale e coloniale contro la Gran Bretagna. Il risultato più importante che venne alla Francia dalla guerra di Indipendenza Americana fu l'acquisizione di sette delle dieci maggiori isole britanniche delle Indie occidentali. In ogni caso, la guerra lasciò la Francia in una condizione di dissesto finanziario che fu tra le cause scatenanti della rivoluzione del 1789 e del definitivo confronto che seguì tra Francia e Gran Bretagna. Quando la guerra tra le due potenze riprese, la Gran Bretagna si preoccupò di riacquistare il controllo delle Indie occidentali. Il controllo militare e commerciale dell'Atlantico da parte della Gran Bretagna fu completamente ristabilito, mentre la forza marittima francese ricevette un colpo mortale. La battaglia di Trafalgar (1805) pose fine alle speranze francesi di poter sfidare il dominio britannico dei mari, e obbligò Napoleone a combattere il suo nemico marittimo in maniera indiretta, attraverso campagne di terra sempre più vaste. Il blocco continentale e il sistema continentale di Napoleone si rivelarono ben presto controproducenti. L'economia dell'isola britannica trovava facilmente oltremare sia nuovi mercati che sostituissero quelli ormai chiusi del continente europeo, sia nuove risorse con cui convincere sempre più Stati continentali a unirsi alla coalizione anti-napoleonica. 6. Dall’egemonia britannica a quella statunitense Le fondamenta industriali e imperiali dell’egemonia britannica La Pace di Vienna produsse in Europa un fenomeno in edito negli annali della civiltà occidentale cioè una pace di cento anni, dal 1815 al 1914. L'altra faccia della medaglia della pace britannica europea furono le infinite guerre coloniali che la Gran Bretagna combatté lungo tutto il XIX secolo nel mondo non europeo. Uno degli ingredienti principali della costruzione della pace dei 100 anni del XIX secolo fu il sistema dell'equilibrio del potere, il sistema per cui tre o più unità in grado di esercitare il potere si comporteranno sempre in modo tale da combinare il potere delle unità più deboli contro qualunque aumento di potere delle più forti. Il fatto 12 reinvestito con profitto nell'espansione del commercio e della produzione.questo surplus trovò uno sbocco nell'attività di prestito e nella speculazione, sia all'interno che all'estero, e poteva essere usato per stabilire dei crediti sulle entrate future di governi o di imprese straniere. Perché tali crediti venissero stabiliti si aveva bisogno di un’escalation. Ciò che l'escalation della metà del XVIII secolo fece per il capitale olandese, l'escalation della fine del XIX inizio XX secolo fece per il capitale britannico. La superiorità geopolitica e le innovazioni organizzative rimasero per sessant'anni dopo il 1788 i principali fattori dell'equilibrio di potere tra gli Stati europei. Dalla metà degli anni quaranta dell'Ottocento in poi, l’applicazione dei prodotti e dei processi della rivoluzione industriale alle attività di guerra resero le rispettive capacità industriali la determinante più importante. Il cambiamento prese avvio al culmine dell'egemonia britannica, quando la marina francese si formi di navi a vapore corazzate e dotate di cannoni di grosso calibro. Ogni progresso francese provocò contro manovre immediate in Gran Bretagna. Nel 1853, le navi corazzate russe distrussero la flotta turca. Temendo una disintegrazione dell'impero ottomano a vantaggio della Russia, la Gran Bretagna e la Francia unirono le forze ed intervennero. Fu così che scoppiò la guerra di Crimea (1854-1856). Fu tale guerra a distruggere dall'esterno l'ordine mondiale britannico. Tra il 1855 e il 1870, grazie all'iniziale impulso della guerra di Crimea, questi metodi furono sostituiti da quello che allora veniva chiamato il sistema di produzione americana. Il principio cardine era l'uso di frese automatiche o semiautomatiche che lavorassero pezzi in serie su misure prefissate. Interi eserciti poterono essere equipaggiati nel giro di pochi anni invece che decenni. All'esposizione universale del 1851, il prototipo di un fucile in acciaio a retrocarica esibito dall'impresa tedesca Krupp aveva riscosso un notevole successo. La produzione di artiglieria si era spostata dallo Stato alle imprese private. La guerra dimostrò che la tecnologia delle navi a vapore aveva aumentato la superiorità logistica delle potenze navali in confronto alle potenze terrestri. Fu per questo motivo che la rapida industrializzazione della Germania unificata a dopo il 1870 fu sconvolgente per la Gran Bretagna, perché creò le condizioni per la crescita di una potenza terrestre capace di aspirare ad una supremazia continentale e di sfidare la supremazia britannica. La disintegrazione dell’ordine mondiale britannico La Gran Bretagna e i suoi alleati riuscirono a contrastare la Germania. La guerra addirittura accrebbe le dimensioni dell'impero britannico oltre mare, ma i costi finanziari di questi successi politico-militari accelerarono l'eclissi della Gran Bretagna da parte degli Stati Uniti. Quando la guerra scoppiò, i suoi costi in pochi anni distrussero le fondamenta della supremazia finanziaria britannica. Le due guerre mondiali avevano portato ad una concentrazione completa della liquidità mondiale nelle mani degli Stati Uniti. La liquidazione da parte della Gran Bretagna 15 delle sue risorse finanziarie negli Stati Uniti durante la guerra, aveva indebolito irrimediabilmente la posizione finanziaria di Londra e lasciato la Banca d'Inghilterra con l'incarico di regolare il sistema monetario mondiale con riserve del tutto inadeguate. Nel giro di un decennio divenne chiaro che l'ormai indebolito sistema monetario mondiale che si concentrava su Londra non era in grado di sostenere il peso dell'andamento del capitale statunitense. Tra il 1924 il 1929, i prestiti concessi all'estero degli Stati Uniti erano il doppio di quelli britannici. Le transizioni egemoniche nell'alta finanza hanno implicato molto di più della sostituzione di un centro finanziario da parte di un altro, all'interno di una struttura del sistema capitalistico mondiale altrimenti stabile come suggerisce Braudel. Piuttosto, questi cambiamenti hanno causato una radicale riorganizzazione del sistema interstatale. Nella transizione dall'egemonia olandese a quella britannica, tale riorganizzazione portò all'eliminazione dalla lotta per l'egemonia mondiale di Stati proto-nazionali come le province unite. Nel passaggio dall'egemonia britannica a quella statunitense, fu il turno degli stessi Stati nazionali ad essere lasciati fuori dai giochi di potere, a meno che non si fossero trovati a controllare complessi militari e industriali su scala continentale. La Gran Bretagna si vede quindi costretta a cedere il proprio dominio unilaterale sugli oceani e a cercare invece alleanze con potenze marittime regionali come gli Stati Uniti, la Francia, e il Giappone. Inoltre, la sfida insieme terrestre e marittima posta dalla Germania imperiale portò al rinnovamento del dibattito continentale-marittimo. La Gran Bretagna dovette rispondere all'invasione del Belgio e della Francia da parte della Germania riversando nella battaglia sia uomini che denaro. Tuttavia, lo spiegamento di 1 milione di soldati e perdite severe non bastarono a far pendere il piatto della bilancia in favore della Gran Bretagna. Non di meno, c'era una sostanziale differenza: l'ampio deficit commerciale con gli Stati Uniti, che fornivano agli alleati armi e beni alimentari per miliardi di dollari, ma importavano in cambio pochi beni. Quando il credito della Gran Bretagna fu vicino a esaurirsi, gli Stati Uniti gettarono nella guerra il proprio peso economico e militare, spostando gli equilibri a vantaggio dei propri debitori. L'oceano Atlantico garantiva agli Stati Uniti quell'isolamento che la manica non poteva più garantire al Regno Unito. Man mano che questo impero continentale si andava formando cominciava lentamente a prendere corpo l'idea di trasformarlo in un'unica economia nazionale. Quando, tra il 1929 e il 1931, l'ordine mondiale come lo si conosceva nel XIX secolo si sgretolò definitivamente, la Gran Bretagna abbandonò il libero mercato e trasformò il proprio impero in una riserva per i propri commerci e investimenti, più protetta di quanto non lo fosse mai stata prima. La costruzione dell’ordine mondiale della guerra fredda 16 Alla vigilia del crollo del 1929, Davis, un banchiere di Wall Street ed ex sottosegretario di Stato, diede al governo americano un sinistro avvertimento : "Il mondo è diventato così interdipendente nella sua vita economica che le misure prese da una singola nazione possono condizionare seriamente la ricchezza di altri paesi. Le unità dell'economia mondiale devono lavorare insieme altrimenti marciranno separatamente” Ma il consiglio di Davis non fu ascoltato. Gli Stati Uniti guidavano sì l'Europa, ma nella direzione opposta a quella indicata dal banchiere di Wall Street. Nel maggio del 1929, la camera dei deputati approvò, con il progetto di legge Smooth-Hawley, un fortissimo incremento delle tariffe. Per stabilire i dettagli di una tregua sulle tariffe, fu organizzata una conferenza, a cui gli Stati Uniti non si degnano nemmeno di partecipare. Il conflitto che vide le grandi potenze combattere una contro l'altra assomigliava molto a quel confronto militare che nel XIX secolo portò alla creazione dell'ordine mondiale britannico. Questo confronto portò quindi alla nascita di un nuovo ordine mondiale imperniato sugli Stati Uniti e da essi organizzato. La guerra semplificò la carta geografica del potere mondiale. Francia e Italia vennero eclissati nelle prime fasi del conflitto. Una volta che fallì il tentativo della Germania di imporsi in Europa e il tentativo del Giappone di imporsi in estremo oriente, la carriera di queste grandi potenze risultò troncata. La Gran Bretagna si trovava ancora una volta dalla parte dei vincitori, ma ad un prezzo più caro di quello pagato nella prima guerra mondiale. I leader statunitensi scelsero di combattere nella seconda guerra mondiale "non solo per sconfiggere i propri nemici, ma per gettare, per il dopo guerra, le fondamenta geopolitiche di un ordine mondiale che avrebbero costruito e comandato”. Il nuovo ordine mondiale emerso alla fine della seconda guerra mondiale era il risultato sia delle differenze sia delle somiglianze tra le capacità sistemiche delle tue egemonia. Tre differenze in particolare sottolineiamo : 1. L'economia interna degli Stati Uniti, durante e immediatamente dopo la seconda guerra mondiale, era di dimensioni molto più vaste manteneva rapporti molto diversi con l'economia mondiale rispetto all'economia britannica durante e dopo le guerre napoleoniche. La Gran Bretagna divenne anche l'officina del mondo e continuava nel frattempo a mantenere il suo ruolo di stanza di compensazione. Mentre gli Stati Uniti non furono mai la stanza di compensazione del mondo. Per questo motivo, il rapporto degli Stati Uniti con il sistema economico mondiale fu di maggiore autosufficienza e meno complementarietà rispetto al rapporto che è stato instaurato dalla Gran Bretagna. 17 questo periodo che l'espansione dell'Asia orientale cominciò a decollare e ad essere considerata da molti come una minaccia al potere globale degli Stati Uniti. L'espansione sistemica a guida statunitense degli anni cinquanta e sessanta ha innescato la stessa combinazione di tendenze tipica delle crisi egemoniche precedenti: Un'intensificazione delle rivalità tra grandi potenze che si risolveva da una parte in un'espansione finanziaria che coinvolgeva l'intero sistema, e dall'altra nel rafforzamento della tendenza all'emergere di un nuovo centro di potere. Nelle crisi egemoniche passate tale combinazione preludeva a una progressiva escalation del conflitto interstatale per il potere, a una disintegrazione delle strutture sistemiche esistenti e ad una concentrazione delle capacità militari e finanziarie nelle mani dello Stato egemonico emergente. Possiamo aspettarci che la crisi dell'egemonia americana si sviluppi nello stesso modo? Per quanto possiamo giudicare dal punto di vista della geopolitica e dell'alta finanza, la ragione principale per aspettarsi una differenza deriva dalla modificazione dei meccanismi che regolano l'equilibrio del potere. Nelle transizioni egemoniche passate, l'escalation dei conflitti interstatali per il potere, che portava al crollo finale delle strutture egemoniche e all'emergere di nuove, si associava il tentativo di un aspirante potenza egemonica continentale di unificare politicamente l'Europa pur di fronte all'opposizione congiunta degli Stati occidentali marittimi e di quelli orientali continentali. Costretti a combattere una guerra su due fronti gli Stati che miravano all'egemonia presto si trovavano a corto di risorse. Nel corso di queste battaglie, gli Stati fiancheggiatori videro il loro potere aumentare e la nazione marittima con la maggior potenza navale e il vantaggio strategico di avere un accesso privilegiato alle risorse extra europee e diventò la nuova potenza egemonica. Nel 1948 Dehio sottolineò che il suo studio dei meccanismi attraverso cui si è riprodotto l'equilibrio di potere europeo nel corso degli ultimi cinque secoli riguardava una struttura che ha smesso di esistere : “l'equilibrio di potere in Occidente fu mantenuto solo perché nuovi contrappesi provenienti dai territori oltre le sue frontiere potevano essere continuamente aggiunti sulla bilancia in modo da contrastare le forze che ricercavano la supremazia.” La vecchia tendenza europea verso la riproduzione di un equilibrio di potere in una pluralità di strutture militari autonomi e pressoché uguali è stata scalzata dalla tendenza verso la concentrazione centralizzazione di capacità militari globali. Ma mano che aumentavano la dimensione, il livello di raffinatezza tecnologica, l'intensità di capitale degli apparati militari impegnati nel conflitto, diminuivano il numero e la varietà degli Stati che potevano aspirare allo status di superpotenza militare. Questa tendenza esisteva già nella transizione dall'egemonia olandese a 20 quella britannica. Diventò incomparabilmente più forte nella transizione dall 'egemonia britannica al l 'egemonia statunitense come risultato dell'industrializzazione della guerra. Con la ricerca scientifica di nuovi armamenti la superpotenza con un controllo più esteso e le risorse finanziarie globali poteva portare l'equilibrio del terrore a proprio vantaggio aumentando o minacciando di aumentare, gli sforzi della ricerca a dei livelli che l'altra superpotenza non poteva permettersi. Questo fu quello che gli Stati Uniti fecero nella seconda guerra fredda, spingendo l'Urss alla bancarotta e portando la tendenza alla centralizzazione delle capacità militari globali alle conseguenze più estreme. La crisi della sovranità nazionale non è una novità dei nostri tempi. È piuttosto un aspetto della distruzione graduale dell'equilibrio di potere che originariamente garantiva uguale sovranità ai membri del sistema di Stati nato dalla pace di Vestfalia. Man mano che il sistema si estendeva globalmente sotto la leadership dei complessi governativi sempre più potenti, la maggior parte degli Stati perse le prerogative che storicamente vengono associate al concetto di sovranità nazionale. Nell'attuale turbolenza dell'economia globale, permane la biforcazione tra potere militare e potere finanziario. In questo capitolo ci si è concentrati sull'aspetto di questa biforcazione, dimostrando come le fasi successive della lotta interstatale per il potere siano risultati in una progressiva concentrazione delle capacità militari globali. Capitolo 2. La trasformazione dell’Impresa L'attenzione viene spostata sulle trasformazioni del sistema imprenditoriale dominante.da questa prospettiva, vediamo come ciascuna riorganizzazione del sistema interstatale abbia comportato anche un fondamentale cambiamento nelle relazioni tra Stato e capitale. È individuabile un modello ricorrente in ciascuna transizione. Le società per azioni privilegiate olandesi del seicento, le industrie manifatturiere inglesi del XIX secolo e le multinazionali statunitensi del XX secolo sono state tutte ugualmente impegnate in tentativi globali di "monopolizzazione" sostenuti dal potere dello Stato. Ma ciascun tipo di impresa è entrata in relazione con il potere dello Stato in modo diverso. Le società per azioni privilegiate erano organizzazioni per metà governative e per metà private autorizzate dai governi europei ad agire per loro conto nel mondo non europeo. Verrà analizzato il processo attraverso il quale la piena espansione e poi la disgregazione del sistema settecentesco di società per azioni privilegiate, tipico dell'egemonia olandese, crearono le condizioni per l'emergere del sistema di imprese familiari che si affermò 21 con il consolidamento dell'egemonia britannica. In seguito verrà esaminato il processo analogo attraverso il quale la piena espansione e poi la disgregazione del sistema britannico di imprese familiari del XIX secolo crearono le condizioni per l'emergere del sistema multi nazionale statunitense. L’ascesa del capitalismo delle grandi imprese di stile olandese Il capitalismo delle grandi imprese di stile olandese La magnificenza del capitalismo olandese si dispiegò prima di tutto in Europa e poi nel mondo.nel mondo, soprattutto attraverso le attività di società per azioni privilegiate, prima fra tutte la Verenigde Oost-Indische Compagnie (VOC) fondata del 1602. Le società per azioni privilegiate e le grandi imprese del XX secolo si differenziano per un aspetto fondamentale. Le società per azioni privilegiate erano organizzazioni di affari cui i governi concedevano privilegi commerciali esclusivi in aree geografiche determinate, e il diritto di svolgere le operazioni belliche e di amministrazione ordinaria necessarie per esercitare questi privilegi. Era concesso il diritto di armare una flotta, organizzare un esercito, costruire piazze fortificate, fare la guerra, concludere la pace, annettere territori e amministrare insediamenti coloniali. All'inizio del XVII secolo gli olandesi non erano i soli ad avere società per azioni privilegiate.la compagnia inglese delle Indie orientali è stata creata due anni prima del suo corrispettivo olandese, e ad altre compagnie commerciali inglesi erano stati concessi privilegi commerciali ancora prima. Nel 1621, gli olandesi lanciarono la West Indische Compagnie (WIC). Sull'orlo della bancarotta, la WIC fu riorganizzata nel 1674 come impresa dedita al commercio di schiavi con redditizie attività collaterali di contrabbando con l'America spagnola e di produzione dello zucchero nel Suriname. Il principale beneficiario di questa innovazione non fu la WIC, ma i francesi e soprattutto i mercanti privati inglesi che accentrarono nelle loro mani una quota sempre maggiore dell'offerta di schiavi africani. Le compagnie francesi non riuscirono mai a uguagliare i risultati delle loro avversari inglesi olandesi. Il fatto che anche le società per azioni privilegiate di maggior successo andarono poi fallite non mette in questione in alcun modo il loro status dei principali organizzazioni imprenditoriali del loro tempo. Il fatto suggerisce soltanto che l'espansione stessa di qualsiasi sistema di imprese tende a creare condizioni che non gli permettono più di funzionare ed infine rimpiazzato da un sistema diverso. È importante capire lo sviluppo di questa tendenza nella transizione dall'egemonia olandese e quella britannica, in questo caso distinguiamo quattro fasi: FASE 1 - E fu caratterizzata dal fallimento dei tentativi olandesi di replicare nell'Atlantico con la WIC, i risultati ottenuti dalla VOC nell'Oceano Indiano. La 22 All'inizio del XVIII secolo, le acquisizioni territoriali della Compagnia delle Indie Orientali erano ancora limitate a pochi insediamenti sulla costa. L'impero Moghul del subcontinente indiano cominciò a disintegrarsi in una molteplicità di governi provinciali autonomi, Stati guerrieri e piccoli regni. Questa disintegrazione minacciò di rovinare le operazioni commerciali della compagnia, ma si presentò anche come un'opportunità per rimpiazzare la corte dei Moghul nel ruolo di principale istituzione di governo dell'Asia meridionale. Inizialmente, la compagnia inglese non fu l'unica a portare tecniche militari europee nell'arena della politica dell'Asia meridionale. La compagnia francese si mosse nella stessa direzione e, per uno o due decenni, la concorrenza francese fu il maggior ostacolo sulla strada della supremazia politica inglese della regione. Con la sconfitta delle forze alleate di Mir Kazim, la compagnia si insediò stabilmente nel Bengala e cominciò a giocare un ruolo dominante nel sistema interstatale indiano. Da allora in poi, la diffusione e l'estensione delle sue operazioni commerciali si allargò rapidamente sotto gli auspici di una "compagnia Stato" sempre più potente. La compagnia aveva acquisito altre e più importanti fonti di reddito che la stavano rapidamente trasformando in un'organizzazione redistributiva. Da questo punto di vista, la principale differenza tra la VOC E la compagnia inglese risiede nel tipo di affari in cui si specializzarono e nell'ambiente più adatto a questa specializzazione. Il commercio di spezie e l'arcipelago malese furono il tipo di affari e l'ambiente che promisero e fornirono il più alto tasso di profitto; e la preventiva occupazione di questi da parte della VOC spiega il suo straordinario successo come impresa e organizzazione governativa nel corso del XVII secolo. Il commercio dei tessuti in pezza e il subcontinente indiano promisero e fornirono un tasso di profitto più basso, ma essi furono anche il tipo di affari e l'ambiente più adatti per la riscossione dei tributi. Il superamento delle società per azioni privilegiate La compagnia delle Indie orientali era penetrata nel subcontinente sfruttandone i mercati agricoli e la rendita terriera in aumento. Ma le necessità della sua macchina militare tendevano a soffocare quell'imprenditoria vitale di produttori agricoli, commercianti e soldati che facevano funzionare il sistema indigeno. In qualche misura questa tendenza rifletteva un eccessivo sfruttamento delle risorse umane e naturali dei territori controllati dalla compagnia. La liquidità, la domanda effettiva e gli investimenti che la compagnia non reintrodusse nei circuiti dell'economia indiana entrarono nei circuiti dell'economia britannica, contribuendo così alla sua espansione industriale. Tuttavia l’ espansione industriale della metropoli diminuì la legittimità dei suoi privilegi. Birmingham e altre province manifatturiere si schierarono in prima linea nella campagna per l'abolizione del monopolio. Per circa vent'anni dopo l'abolizione del monopolio commerciale indiano, la compagnia si è 25 dato alla nuova situazione puntando principalmente sul monopolio del commercio cinese. Il commercio del tè con la Cina era stata un'attività della compagnia, secondaria ma altamente redditizia, fin dai primi anni del XVIII secolo. Inizialmente, la sua espansione era stata fortemente limitata dalla mancanza di domanda di beni europei in Cina e dal conseguente bisogno di spedire oro per comprare tè. Tale limite si indebolì quando la conquista del Bengala diede alla compagnia nuovi mezzi con i quali portare avanti il commercio cinese. Dal capitalismo familiare alla capitalismo delle grandi imprese di stile statunitense Industrialismo e capitalismo familiare Le società per azioni privilegiate erano organizzazioni di affari sostenute dai governi europei per esercitare nel mondo extra europeo funzioni governative e militari che erano sia fini a se stessi sia strumentali all'espansione commerciale. Finché le compagnie svolsero queste funzioni in modo più efficace ed economico dei governi stessi, vennero loro riconosciuti privilegi e protezione proporzionali all'utilità dei loro servizi. Ma appena esse cessarono di farlo, i governi rievocarono annullarono tali privilegi. Le loro funzioni governative nel mondo extra europeo, tuttavia, non furono abolite. Al livello dei mezzi, la riorganizzazione ottocentesca del capitalismo mondiale può essere descritta come un processo di diffusione della meccanizzazione. La natura capitalista dell'espansione industriale fu al tempo stesso il suo principale fondamento e il suo principale limite. Proprio come l'espansione commerciale del capitale olandese del seicento e nei primi anni del settecento si fondò su, e fu limitata da, un ribaltamento nelle relazioni tra profitto e potere, così l'espansione industriale del capitale britannico nel XIX secolo si fondò su, e fu limitata da, un capovolgimento nella relazione tra profitto e sussistenza. Questo capovolgimento ebbe due aspetti principali: - Uno, sottolineato da Marx nella sua opera, fu la subordinazione del lavoro al capitale nei processi di produzione - L'altro, sottolineato da Polanyi, fu la subordinazione della motivazione della sussistenza alla motivazione del guadagno nella regolazione della vita sociale Il processo di lavoro meccanizzato permise ai datori di lavoro di "ingabbiare" i singoli lavoratori in una sequenza di operazioni che li legò gli uni agli altri e li privò completamente del controllo sui ritmi di lavoro. Tanto più grande era il successo dei datori di lavoro capitalisti nel far accettare ai lavoratori la disciplina dell'industria, tanto più facile divenne per il sistema industriale meccanizzato 26 battere la concorrenza del sistema artigianale nel procacciamento di input e nella gestione degli output. La rapida espansione della domanda pubblica durante questi anni aveva creato in Gran Bretagna una vasta industria del ferro con una capacità produttiva decisamente eccessiva in tempi di pace, come dimostrò la depressione post bellica del 1816-1820. Tuttavia, la sovra-espansione creò le condizioni per una nuova futura crescita, fornendo agli imprenditori britannici straordinari incentivi a cercare nuove destinazioni per i prodotti più a buon mercato che si potevano ottenere dalle nuove fornaci. Queste nuove destinazioni furono subito trovate nelle ferrovie e più tardi nelle navi in ferro. Combinate con la contestuale diffusione della meccanizzazione all'interno dell'industria tessile, queste innovazioni trasformarono progressivamente l'industria britannica di beni strumentali in un motore potente e autonomo dell'espansione capitalistica. Nella ricostruzione della transizione dall'egemonia britannica a quella statunitense si distinguono tre fasi : Fase 1. Nella prima fase, che comprende la Grande Depressione e la successiva Belle époque dell'era edoardiana, il sistema britannico raggiunse la massima espansione, ma comincio a essere minacciata dall'emergere del capitalismo delle grandi imprese, non solo negli Stati Uniti ma anche in Germania Fase 2. Nella seconda fase della transizione, dallo scoppio della prima guerra mondiale al crollo del 1929, lo stesso sistema britannico subì radicali trasformazioni che lo resero più vicino al sistema corporativo, ma perse terreno nei confronti dell'emergente sistema americano Fase 3. La transizione diviene completa nella terza fase, quando la ristrutturazione del sistema americano, sulla spinta della grande depressione degli anni 30 e della seconda guerra mondiale, pose le basi del proprio dominio globale nell'epoca della guerra fredda. I tre paragrafi seguenti sono dedicate a ciascuna di queste tre fasi. La sfida dell’integrazione verticale Gli imprenditori del XX secolo volevano un ampio profitto senza una lotta disperata per ottenerlo, un modo semplice per arrivare a ciò fu l’integrazione orizzontale : la fusione attraverso l’associazione, l’unione o l’acquisto di imprese che usavano gli stessi input per produrre gli stessi output per gli stessi mercati. Attraverso integrazioni di questo tipo, le imprese in concorrenza riuscirono a ridurre le incertezze del mercato a reciproco vantaggio. 27 L'impresa tedesca si mosse invece nella direzione della formazione di un'economia nazionale. La comunità imprenditoriale statunitense, sfruttando la dimensione continentale e la naturale autosufficienza dell'economia interna, si mosse in una direzione distinta tanto da quella britannica quanto da quella tedesca: creò gerarchie manageriali molto articolate. Fino alla prima guerra mondiale, il capitalismo familiare, sostenuto dall'imperialismo del libero commercio, rimase la forma di impresa centrale e dominante del sistema capitalistico mondiale. Esso continua, per così dire, a costituire il tronco dell’albero. Le varianti statunitense e tedesca del capitalismo corporativo, al contrario, rimasero mere ramificazioni del tronco britannico, la cui vitalità e centralità non riuscirono a minacciare seriamente. Non fu il capitalismo tedesco delle grandi imprese che cominciò a spodestare il capitalismo familiare britannico dalla sua posizione dominante, ma quello degli Stati Uniti. Nel mezzo secolo precedente la prima guerra mondiale, gli Stati Uniti, a differenza della Germania, avevano raggiunto e sorpassato la Gran Bretagna, non solo nella produzione industriale, ma anche nel reddito totale e pro capite. La sovrabbondante liquidità che passava tra le mani britanniche fu un potente strumento nella battaglia competitiva che scaturì dalla diffusione dell’ "industrializzazione" del sistema capitalistico mondiale. Ciò che alla fine distrusse la centralità e la vitalità del capitalismo familiare britannico non fu la competizione di mercato, ma lo scontro militare. La prima guerra mondiale e le sue conseguenze giocarono quindi un ruolo decisivo nell'accelerare il crollo del sistema britannico di impresa familiare e nella corrispondente ascesa del sistema della grande impresa statunitense. La prima guerra mondiale e le sue conseguenze distrussero la vitalità e la centralità del sistema imprenditoriale familiare britannico, ma ci vuole ancora un'altra grande depressione è un'altra guerra mondiale prima che l'emergente sistema statunitense acquisisse le capacità necessarie per diventare dominante su scala mondiale. Finché le imprese multi unitarie integrate verticalmente rimasero l'eccezione piuttosto che la regola nell'economia interna statunitense, e finché questa stessa economia coprire solo una frazione del potere d'acquisto mondiale, l'espansione di tali imprese fu sostenuta dall'integrazione fra loro di più imprese a unità singola. La guerra determinò una grande redistribuzione di potere d'acquisto del resto del mondo agli Stati Uniti. Alla fine della prima guerra mondiale, in altre parole, l'emergente sistema statunitense del capitalismo delle grandi imprese era giunto al punto in cui doveva contare solo su se stesso. Non poteva più espandersi fiaccando la vitalità residua del capitalismo familiare all'interno e all’estero. Poteva espandersi solo sulla base della sua stessa vitalità. 30 L'affermazione mondiale del capitalismo delle grandi imprese di stile statunitense Per adattarsi alla nuova situazione, le imprese statunitensi andarono incontro a una profonda riorganizzazione caratterizzata dalla diversificazione e dalla conseguente adozione di una struttura organizzativa multidivisionale. La struttura multidivisionale continuamente ricreava, a un livello ancora più alto di complessità, il bisogno di diversificare le operazioni che era alla sua origine. Oltre a diversificare il prodotto e ad agire su diversi mercati, il capitalismo statunitense andò anche nella direzione del "produrre" i clienti. Il consumismo emergeva così nel corso degli anni 20, non come una evoluzione graduale a partire da modelli di consumo precedenti e meno sviluppati, bensì come uno strumento aggressivo di sopravvivenza dei grandi gruppi capitalistici. Si dovettero inventare nuovi modi per mantenere in attività le fabbriche una volta saturato il mercato originario. La pubblicità divenne la principale arma nella guerra delle imprese. Nonostante questo, sostenuti da un potere di acquisto insufficiente, i nuovi bisogni creati dalla pubblicità non si tradussero in un incremento di domanda effettiva sufficiente a sostenere un'espansione redditizia della produzione di massa. Quando gli sbocchi esteri per gli affari statunitensi furono travolti dal crollo del 1929 e dalla guerra tariffaria scatenata dallo Smoot - Hawley Tariff Bill azione di massa andò incontro alla crisi più grave della sua storia. Ciò che tira fuori la grande impresa statunitense dal baratro della grande depressione non furono le sue proprie strategie di sopravvivenza, ma la massiccia spesa governativa durante e dopo la seconda guerra mondiale. La produzione di massa dipende, per ottenere successo, dal consumo di massa e nulla assicura questo consumo quanto la distruzione organizzata. La guerra è la salute della macchina. La guerra della grande impresa statunitense attraverso la pubblicità alla fine riuscì a creare ed espandere i mercati di massa per la sua produzione di massa e per le sue strutture burocratiche. Da questa base interna di forte aiuto da parte del governo per lo stabilirsi e il riprodursi delle condizioni della domanda, cioè di produzione e distribuzione integrata di massa, prese il via un nuovo ondata di espansione multinazionale. Le grandi imprese statunitensi divennero multinazionali non appena ebbero completato la loro integrazione continentale. Molte c'erano arrivate già prima della prima guerra mondiale. Il movimento di penetrazione nei mercati stranieri riprese vigore a partire dal 1950. La ‘sfida americana’ venne lanciata dalle 200 aziende cui si doveva più della metà di tutti gli investimenti diretti effettuati all'estero da società statunitensi, che appartenevano quasi tutti i settori industriali ad alta intensità di capitale e 31 tecnologicamente progrediti, e che avevano già adottato la forma di organizzazione multidivisionale. In questo modo la struttura multi divisionale aiuto a catturare non solo la domanda governativa interna per attrezzature scientifiche avanzate militari, ma anche le risorse e i mercati esteri. Il governo statunitense svolse un ruolo di sostegno all'espansione transnazionale delle grandi imprese statunitensi tanto importante quanto quello svolto nel creare le condizioni del loro consolidamento interno.c fornire alle imprese che operavano all'estero incentivi fiscali e schemi assicurativi, nonché protezione politica e militare. Cosa più importante, contribuì in maniera decisiva a rendere l'Europa occidentale lo sbocco principale degli investimenti diretti esteri statunitensi. Il governo statunitense non risparmio denaro ed energie per creare in Europa uno spazio politico-economico grande a sufficienza da permettere al capitale statunitense di godersi la giovinezza oltreatlantico. Attraverso il sapiente uso di incentivi economici, promosse la cooperazione europea e la riduzione delle barriere economiche interne all’Europa. La motivazione fondamentale per sostenere l'unificazione economica dell'Europa occidentale e la politica la sicurezza dell'Occidente dal pericolo rappresentato dall’ Unione Sovietica. Il capitale statunitense sfruttava le opportunità create dal governo per la crescita interna e transnazionale, il capitalismo mondiale si trovò a operare nel quadro di un sistema di impresa completamente nuovo. Per circa 25 anni dopo la fine della seconda guerra mondiale, l'impresa multi divisionale e multinazionale divenne il modello che si tentava di imitare in tutto il mondo. 32
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