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Stratificazione Sociale e Disuguaglianze: Gerarchia di Gruppi e Distribuzione Risorse, Schemi e mappe concettuali di Sociologia

Il modo in cui la struttura sociale perpetua le disuguaglianze sociali e economiche, con un focus sulla distribuzione di risorse economiche, sociali, politiche e culturali in un determinato contesto sociale. il concetto di sistema di stratificazione e i suoi tre elementi fondamentali: l'ineguale distribuzione di risorse, la presenza di gruppi distinti e l'ideologia che giustifica le disuguaglianze. anche la forma assunta della stratificazione in base alla classe sociale, etnia, genere e appartenenza religiosa, e la dinamicità e l'ambivalenza della società moderna in termini di mobilità sociale.

Tipologia: Schemi e mappe concettuali

2018/2019

Caricato il 22/04/2022

Erika-Caputo
Erika-Caputo 🇮🇹

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Scarica Stratificazione Sociale e Disuguaglianze: Gerarchia di Gruppi e Distribuzione Risorse e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Sociologia solo su Docsity! STRATIFICAZIONE, CLASSI SOCIALI E DISUGUAGLIANZE SOCIALI (CAP.6) La classe sociale ha un’importanza rilevante nel forgiare sia la nostra identità sia i meccanismi stessi di funzionamento della nostra società. Il modo in cui sperimentiamo l’appartenenza a una classe sociale nella nostra vita quotidiana è legato alla struttura sociale che contribuisce a perpetuare le disuguaglianze sociali. La classe, perciò, attiene sia all’esperienza personale sia alle macrostrutture della disuguaglianza sociale. In un’economia globale, l’influenza delle disuguaglianze sociali ed economiche abbraccia sistemi di portata internazionale;ciò che accade sul palcoscenico mondiale ha un impatto sostanziale nella vita di ciascuno. Per “disuguaglianza sociale” intendiamo una distribuzione ineguale di risorse economiche, sociali, politiche e culturali all’interno di un determinato contesto sociale. Tra gli individui esiste un’asimmetria dovuta non solo all’avere capacità differenti per ragioni generiche, ma anche al in cui è strutturata la società cui appartengono, che tende a modificare, spesso in modo sostanziale, gli effetti dovuti alla casuale distribuzione generica delle abilità. Le disuguaglianze sociali si basano su una particolare combinazione di desiderabilità, abbondanza e scarsità: esse compaiono in modo vistoso solo nel momento in cui gli esseri umani passano dal Paleolitico al Neolitico, cioè con la nascita delle prime città e dell’agricoltura. Questo passaggio cruciale comportò la nascita di criteri culturali complessi che gerarchizzavano e davano forma ai bisogni e ai desideri dei membri della comunità: alcune risorse divennero perciò più importanti di altre. Inoltre, esso rese possibile la comparsa di un surplus produttivo, vale a dire di una quantità di risorse aggiuntive che potevano essere utilizzate oltre la soglia della semplice sopravvivenza. Ne derivò non solo il problema di come impiegare tali risorse ma anche quello di come distribuirle tra coloro i quali avevano partecipato direttamente al processo produttivo e gli altri membri dell comunità. Per esistere, dunque, le disuguaglianze abbisognano di una soglia minima di abbondanza e, se questa abbondanza fosse massima, il problema distributivo non si porrebbe più. L’ abbondanza che genera disuguaglianze è dunque quella relativa: le risorse disponibili e dotate di valore da distribuire non sono infinite sia per un limite intrinseco ai metodi produttivi utilizzati sia perché qualcuno è in grado di erigere e far rispettare le barriere al loro utilizzo. Qualunque società umana esista, formalizza e istituzionalizza queste disuguaglianze sociali sviluppando meccanismi appositi. Un sistema di stratificazione è l’insieme delle strutture e delle norme culturali che producono e mantengono le disuguaglianze sociali dislocando le persone in una gerarchia di gruppi che ricevono risorse diseguali. Tutti i sistemi di stratificazione esistiti condividono tre elementi: 1) l’ineguale distribuzione delle risorse dotate di valore sociale e culturale 2) la presenza di gruppi distinti di persone che formano strati sociali gerarchizzati 3) un’ideologia che cerca di spiegare e giustificare le disuguaglianze esistenti 1. Le risorse possono essere economiche, umane, culturali, sociali, di status, civili e politiche, e in ogni sistema di stratificazione alcune risorse sono distribuite in maniera più uniforme di altre. Quando una risorsa è disponibile più facilmente per un gruppo anziché per un altro, questa discrepanza può avere effetto sulla distribuzione di altre risorse. 2. La stratificazione è basata su classe sociale, etnia, genere e appartenenza religiosa. I gruppi esistenti all’interno di un sistema di stratificazione possono essere basati sia su status ascritti sia su status conseguiti: quelli che si basano sui primi sono denominati sistemi “chiusi” perché rigidi e impermeabili, e rendono a un individuo difficile o impossibile muoversi da uno strato all’altro; i sistemi di stratificazione che si basano sui secondi sono definiti “aperti” perché permettono a un individuo di realizzare la mobilità sociale. Il significato e il senso di ogni categoria è determinato dal suo contesto culturale e dalla struttura sociale, ed esse cambiano nel corso del tempo e vengono continuamente contestate, rivisitate e reinventate. 3. Un’ideologia è un sistema di credenze che aiuta a definire e spiegare il mondo, nonché a giustificare l’esistenza delle disuguaglianze. Il modo più efficiente per mantenere un sistema di disuguaglianze è convincere la maggior parte delle persone che esso è giusto o inevitabile. Se i gruppi all’interno della società credono nell’ideologia che ne giustifica il sistema di stratificazione, o se sono disillusi circa le possibilità di cambiarlo, molto probabilmente non lo sfideranno. Di conseguenza, chi lotta per ridurre le disuguaglianze deve spesso mettere in discussione l’ideologia che le supporta. I quattro principali modelli di stratificazione che hanno caratterizzato le società del passato sono: • Schiavitù. Forma estrema di di disuguaglianza per cui alcuni individui sono oggetto di proprietà altrui e quindi privati di ogni autonomia personale. Le condizioni degli schiavi erano fortemente differenziate sia in base alle loro capacità sia in virtù dei compiti svolti nella divisione del lavoro sociale e familiare. • Patriarcato. Primato assoluto del pater familias rispetto agli altri componenti della comunità e, in alcune forme estreme, sul suo diritto di vita e di morte su tutti i membri della propria casa. Esso assume la forma di una dominazione maschile sulle donne attraverso le istituzioni sociali e le pratiche culturali e enfatizza e giustifica la disuguaglianza, l’emarginazione e la divisione del lavoro sociale. • Sistema di stratificazione sociale. Si basa su diverse caratteristiche ascrittive, determinate alla nascita. Lo strato sociale all’interno del quale le persone nascono ne determina largamente le chance di vita. (India) • Feudalesimo. Costituito da tre strati principali: - nobiltà, possedeva quasi tutte le terre coltivabili, si trovava in una situazione di relativo benessere e respingeva il valore del lavoro. - clero, serviva largamente la nobiltà ma aveva un certo grado di indipendenza, buon livello d’istruzione e, all’interno della Chiesa Cattolica, erano a loro volta suddivisi in un’elaborata gerarchia. La Chiesa svolgeva un ruolo fondamentale rinforzando l’ideologia che giustificava il sistema feudale:veniva insegnato che l’ordine sociale era espressione della volontà divina e che i poveri avrebbero avuto la loro ricompensa in paradiso. - terzo stato, costituito dalla gran parte della popolazione, analfabeti, non possedevano terre proprie ma vivevano e lavoravano su quelle di proprietà di un nobile. Il feudalesimo si basava sull’idea di ceto. Un ceto sociale è uno strato sociale cui vengono associati diritti, doveri e privilegi specifici, individuati dal diritto, e connotato da un determinato stile di vita. Il sistema feudale, però, presentava alcuni canali di mobilità e condizioni strutturali che ne attenuavano la rigidità. Con l’affermazione del capitalismo e del mercato libero delle merci e della forza lavoro si ebbe una scissione tra sfera del diritto e sfera sociale: la prima, attraverso l’istituzione del concetto di cittadinanza, si basava sull’idea di uguaglianza di tutti di fronte alla legge, mentre la seconda continuò ad essere caratterizzata da una disuguaglianza di ricchezze e di condizioni materiali di vita. All’interno di questa nuova configurazione sociale, politica e istituzionale, tutti godono in egual misura dei diritti di libertà come espressione della propria autonomia individuale, ma gli effetti del loro esercizio sono necessariamente diversi. In questo contesto, il fondamento delle disuguaglianze è prevalentemente economico. La classe sociale è un’insieme di persone che condividono una determinata condizione economica. Marx sosteneva che, per sopravvivere, le persone devono soddisfare bisogni primari. L’ economia di una società è il sistema mediante il quale soddisfare questi e altri bisogni. Il modo in cui è organizzata un’economia incide su tutti gli altri aspetti della vita sociale. La struttura fondamentale della società è una netta divisione tra chi possiede i mezzi di produzione e chi non li possiede pur essendo parte necessaria del processo produttivo. Questa divisione determina la nascita delle due classi più importanti di una società: classe capitalista (borghesia), che controlla il capitale e possiede i mezzi di produzione, e classe lavoratrice (proletariato), che vive del proprio salario. A causa degli interessi contrapposti, le due classi principali sono inevitabilmente in conflitto: sotto il capitalismo, i lavoratori tendono a massimizzare i salari, mentre i proprietari vogliono massimizzare i profitti minimizzando i costi operativi sfruttando i lavoratori e pagandoli in misura inferiore al valore reale del loro apporto produttivo. Alla fine, questo sfruttamento è destinato a sfociare in una crisi economica e i proletari si unirebbero per rovesciare il capitalismo. Il risultato sarebbe il socialismo, un modello economico in cui lo stato detiene i grandi mezzi di produzione per conto dei lavoratori, abolendo così le distinzioni di classe che si basano sulla proprietà privata. Weber non si concentrò esclusivamente sulla disuguaglianza economica, enfatizzando invece l’interazione tra tre dimensioni: status sociale ( che si fonda su differenza legate al riconoscimento e alla manifestazione del prestigio), partito ( che è un fattore importante nella distribuzione del potere in quanto il partito può essere definito come un gruppo di individui che agiscono insieme per raggiungere un determinato obiettivo. Mediante il potere statale questo attore può influenzare la distribuzione economica indipendentemente dai meccanismi di mercato.) e classe (insieme di persone che hanno in comune una situazione di mercato, ossia più o meno la stessa capacità di guadagno e una professionalità simile.). Nessuna delle tre dimensioni può essere ridotta alle altre. Egli individua delle chance di vita, ossia le possibilità di accedere a risorse economiche e culturali apprezzate, l’elemento in grado di gettare luce sulle dinamiche della stratificazione nelle società industrializzate. Il sistema di stratificazione fondato sulle classi sociali presenta sia meccanismi di inerzia, atti a riprodurre le distinzioni sociali che accompagnano e rinforzano le disuguaglianze economiche, sia i meccanismi di fluidità, ovvero strutture di opportunità più o meno grandi attraverso le quali l’individuo può modificare la propria condizione. In più, il sistema occupazionale che è alla base della formazione delle classi può subire profonde modificazioni che finiscono per mutare strutturalmente la posizione sociale dei singoli e dei gruppi. Per Marx e Weber la disuguaglianza tra classi era strettamente interconnessa con lotte per la conquista del potere all’interno della società. Per loro, la competizione tra classi produce vincitori e vinti, mentre per i funzionalisti la competizione tra gli individui per l’ottenimento delle posizioni meglio remunerate finisce per produrre un priorità della sfera economica, riconducendo la formazione delle disuguaglianze di classe alle situazioni di mercato dei vari attori sociali. Inoltre, i neo-weberiani dedicano un’attenzione particolare sia allo studio dei processi di mobilità sociale sia all’influenza del potere nella produzione e riproduzione delle disuguaglianze, ritenendo che le classi sociali contemporanee siano caratterizzate da vari gradi di chiusura che le rendono simili ai ceti sociali. Per i neo-weberiani in una società priva di classi queste continuerebbero a sussistere in forma diversa, divenendo la sola conseguenza dei differenti meriti e talenti individuali. Secondo Goldthorpe, per analizzare la formazione e la struttura delle classi contemporanee occorre prendere in considerazione due distinte dimensioni: la situazione di mercato e la situazione di lavoro dei vari membri della società. Per individuare la prima, elenca tre risorse fondamentali: i mezzi di produzione, le credenziali educative o qualifiche professionali, e la forza di lavoro. Nel considerare la seconda dimensione, egli analizza la posizione che ciascun individuo assume all’interno della gerarchia organizzativa e della più generale divisione sociale del lavoro. Date specifiche barriere sistematiche alla mobilità sociale, queste due dimensioni danno vita a sette posizioni di classe principali: la classe di servizio, gli impiegati di routine, la piccola borghesia, la piccola borghesia agricola, gli operai qualificati, gli operai non qualificati e gli operai agricoli. Dunque, la struttura di classe delle società contemporanee sarebbe altamente differenziata e complessa. La teoria della frammentazione sostiene che l’avvento della società post-industriale ha comportato mutamenti nella struttura sociale così profondi che il prisma delle classi appare troppo semplicistico. I processi di strutturazione delle disuguaglianze tipici delle società industriali hanno visto dissolvere la propria originaria consistenza e con essa la capacità di condurre alla costituzione di raggruppamenti stabili. Le disuguaglianze si sono frammentate e ricomposte in modo caotico e imprevedibile, così come si è frammentata l’identità stessa dei singoli individui. Ne deriva uno scenario nel quale la dimensione del consumo diventa prioritaria rispetto a tutte le altre, poiché da questa si originano stili di vita instabili e altamente differenziati, attorno ai quali si aggregano persone anche di condizione economica e occupazionale diversa. Non conta la gerarchia oggettiva a cui le disuguaglianze economiche conducono, ma il modo in cui esse sono vissute e utilizzate dalle persone nella loro vita quotidiana. I luoghi del vivere e del consumare, le forme della socialità e gli spazi mediatici divengono altrettanti fattori di differenziazione caotica e fonte di nuove forme di relazione tra le persone. La disuguaglianza interna ai singoli Paesi è in relazione con la disuguaglianza globale, che consiste nelle differenze di ricchezza e potere tra i Paesi del mondo. I sistemi economici dei singoli Stati sono sempre più interconnessi, e per capire la disuguaglianza economica insita in uno qualunque di essi, dobbiamo considerare il posto che tale Stato occupa nella struttura economica globale. La distribuzione globale del reddito è estremamente ineguale: • il reddito medio del 20 % più benestante della popolazione mondiale è circa cinquanta volte il reddito medio del 20% più povero; • più del 50% del reddito mondiale va a solo il 10% della popolazione e quasi il 75% al 20%; • appena l’1,5% del reddito mondiale va al 20% più povero della popolazione, e solo il 5% va al 40% più povero che vive con meno di due euro al giorno. Il livello di reddito di un Paese è tipicamente radicato in tutta una serie di dimensioni. 1) Aspettativa di vita e salute. Per gli abitanti dei Paesi più poveri del mondo è inferiore di trent’anni rispetto a quella degli abitanti dei Paesi più ricchi. I Paesi poveri hanno alti tassi di mortalità infantile e la gente muore in giovane età per malnutrizione, polmonite, malaria, dissenteria, HIV/AIDS, denutrizione e relative patologie. 2) Abitazione. Quasi 1/3 della popolazione urbana mondiale vive in baraccopoli, abitazioni instabili e precarie senz’acqua potabile e servizi igienici. 3) Istruzione. Molti abitanti dei Pesi poveri sono analfabeti. La disuguaglianza esiste in tutti i Paesi ed è causata in parte da scelte di politica pubblica in quanto in molti Paesi le élites politiche ed economiche stipulano accordi con imprese e governi esteri per mantenere la propria ricchezza e il proprio potere a spese dei poveri e della classe operaia. In quest’ottica, quindi, la disuguaglianza interna ai Paesi è collegata alla disuguaglianza globale. Nei Paesi meno ineguali, i gruppi sociali a reddito basso e medio-basso tendono ad avere molto più potere. In definitiva, la natura e la dimensione della disuguaglianza dipendono dall’equilibrio di potere che esiste all’interno di una società. Tradizionalmente, le diversità e disuguaglianze materiali tra diversi Paesi e popoli del mondo sono state attribuite a fattori quali il clima e il tipo di risorse naturali disponibili. Oggi si identificano due grandi cause sociali di disuguaglianze globali:cultura e potere. La teoria della modernizzazione attribuisce la disuguaglianza nel mondo alle differenze culturali tra i Paesi. In base a questa teoria, alcune società avrebbero resistito all’industrializzazione perché preferivano mantenere stili di vita tradizionali anziché adottare nuove tecnologie disgreganti e, di conseguenza, si venne a creare un divario economico sempre più ampio tra i Paesi industrializzati e quelli in via di sviluppo. La teoria della dipendenza attribuisce la disuguaglianza allo sfruttamento dei Paesi più deboli e più poveri da parte di Paesi ricchi e potenti, prima attraverso il colonialismo e poi attraverso il neo-colonialismo, un sistema di dominio economico esercitato sui Paesi più poveri da parte dei Paesi più ricchi senza utilizzare un controllo politico formale e/o l’occupazione militare. La World System Analysis si concentra sull’interdipendenza tra Paesi che fanno parte di un unico sistema economico globale. Wallerstein ritiene che la povertà di alcuni Stati sia direttamente collegata alla ricchezza di altri e suddivide i Paesi in tre gruppi principali: 1) I Paesi centrali, i più ricchi del mondo e al centro dell’economia globale. Hanno tratto beneficio dal colonialismo e continuano a dominare l’economia tramite le multinazionali e le istituzioni finanziarie globali. 2) I Paesi periferici sono i più poveri e meno potenti del mondo, situati ai margini dell’economia globale. Partecipano a essa principalmente fornendo risorse naturali e manodopera a basso costo per le grandi imprese transnazionali, pur fungendo da mercati per alcuni beni. 3) I Paesi semiperiferici sono quelli dal reddito medio e meglio integrati nelle economie dei Paesi centrali rispetto a quelli periferici e hanno spesso una base industriale più solida. Il capitale proveniente dai Paesi centrali può agevolmente essere trasferito in ogni parte del mondo. I Paesi più poveri dipendono spesso da questi investimenti esteri per il finanziamento del proprio sviluppo economico e di frequente competono tra loro per accaparrarseli (corsa al ribasso: può far sì che i Paesi periferici e semiperiferici conservino il proprio tasso di povertà, perché i profitti sono incanalati verso gli investitori dei Paesi centrali). Le multinazionali cercano di ridurre i costi e di incrementare i profitti spostando le produzioni nei Paesi semiperiferici. Ciò consente loro di sfruttare la manodopera a basso costo, di usufruire di normative ambientali tutt’altro che severe e di non pagare imposte nei Paesi centrali. Il dumping sociale è il processo attraverso il quale i lavoratori dei Paesi ricchi vedono ribassata la propria paga per effetto della concorrenza internazionale su un mercato del lavoro ormai globale. Nei decenni scorsi, le organizzazioni finanziarie globali hanno avuto una grandissima influenza sulle politiche economiche e sociali dei Paesi poveri. Le tre principali sono: la Banca Mondiale, che fornisce ai Paesi poveri investimenti e prestiti per lo sviluppo; il Fondo Monetario Internazionale, che fornisce assistenza finanziaria e tecnica per promuovere la crescita economica; e la World Trade Organization, che regolamenta il commercio internazionale. Molti critici, però, considerano queste organizzazioni un mezzo di dominio coloniale.
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