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Riassunto capitoli 21-22, Giovanni Vitolo, manuale storia medievale, Sintesi del corso di Storia Medievale

Riassunto preciso e chiaro. Riporto ciò che è fondamentale sapere.

Tipologia: Sintesi del corso

2017/2018

Caricato il 16/01/2022

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Scarica Riassunto capitoli 21-22, Giovanni Vitolo, manuale storia medievale e più Sintesi del corso in PDF di Storia Medievale solo su Docsity! 21. IL CONSOLIDAMENTO DELLE ISTITUZIONI MONARCHICHE IN EUROPA 21.1 - L'EVOLUZIONE DEL PENSIERO POLITICO E IL CONFLITTO TRA FILIPPO IL BELLO E BONIFACIO VIII Il consolidamento interno degli organismi politici nel 3/400 fu un processo lungo con caratteri distintivi nei vari ambiti. Alla base vi era un'elaborazione teorica orientata verso il superamento di ideologia imperiale e il riconoscimento della pienezza dei poteri ai sovrani (rex in regno suo est imperator). Contro la resistenza del papato e il bisogno di un'autorità superiore, in seguito all'aggravarsi dei conflitti, che assicurasse al mondo cristiano pace e giustizia. (vedi Dante) Una serie di eventi agli inizi del Trecento portarono alla luce il problema del ruolo di impero e papato. Bonifacio VIII (1294-1303) della famiglia dei Caetani, subentrò al papa angelico Pietro da Morrone (che rinunciò dopo pochi mesi all'incarico). Candidatura contestata dai Colonna, ordini mendicanti e laicato pio che auspicavano riforma della Chiesa e ritorno ai valori evangelici di povertà e carità. Riaffermazione del ruolo centrale di papato e Chiesa: abbattè le fortezze dei Colonna, carcerò esponenti dei francescani spirituali; indisse l'anno santo o giubileo concedendo un’indulgenza plenaria a chi visitava le tombe degli apostoli in stato di grazia, portando a Roma numerosi pellegrini. Firenze, 1301: contribuisce alla vittoria dei Neri (operatori economici legati al papa) sui Bianchi (maggiore indipendenza da Roma) con l’aiuto di Carlo di Valois, fratello di Filippo il Bello, inviato come paciere. Anche Dante fu costretto all'esilio. Filippo IV il Bello di Francia (1285-1314) intraprese un'opera di consolidamento dello Stato imponendo tributi al clero senza autorizzazione della Santa Sede. Il conflitto, risolto con tassazione solo in caso di grave necessità, riesplose con la prigionia del vescovo Bernardo Saisset che annullò la concessione e, dopo la riunione degli Stati generali a Parigi per indipendenza da Roma, emanò la bolla Unam Sanctam (1302): due spade (potere spirituale e temporale) appartenevano alla chiesa che ne aveva affidata una ai laici, un'estremizzazione degli ideali teocratici di Gregorio VII e Innocenzo III. Il papa supportato da teologi e canonisti; Filippo da collaboratori tra cui Guglielmo di Nogaret che, dopo una campagna scandalistica con accusa di essere un materialista ateo, gli consiglia di sottoporre il papa a giudizio del tribunale francese: nel 1303 lo preleva dal palazzo di Anagni ma il popolo lo liberò. Con morte di Bonifacio e trasferimento della sede ad Avignone (1309-1376) per volere del francese Clemente V, Filippo riuscì a esercitare un controllo diretto sul papato. 21.2 - L'IDEA DI SOVRANITA' DA DANTE A MARSILIO DA PADOVA In Germania, dopo la morte di Federico II (1250), si assiste al particolarismo politico a causa di spinte autonomistiche delle città e del rafforzamento dei principati laici ed ecclesiastici. Nel 1312 il nuovo Re di Germania, il conte di Lussemburgo Enrico VII, giunse in Italia per cingere la corona di imperatore. Trova l'entusiasmo di Dante che vedeva in lui il restauratore di pace e giustizia e svolge un'intensa attività pubblicistica. De monarchia: 2 autorità supreme (soli) alla guida della cristianità, eguali e indipendenti; una per condurre gli uomini a salvezza e felicità terrena (papa); l’altra con atteggiamento di filiale devozione ma non subordinazione (imperatore). 1328 - Ludovico il Bavaro nominato imperatore in Campidoglio da Sciarra Colonna, rappresentante del popolo romano che si era dato un ordinamento comunale dopo il trasferimento della sede papale. Riprendeva le teorie sulla sovranità popolare di Marsilio da Padova, rettore dell’Università di Parigi e autore del trattato di filosofia politica Defensor Pacis: rifacendosi alla teoria aristotelica dell’istinto naturale dell’uomo a vivere in società dava un nuovo fondamento al potere politico, derivato da Dio ma poggiante sul consenso del popolo, che delega le sue prerogative al principe che ha il compito di garantire pace e giustizia. Nella Chiesa la sovranità appartiene alla comunità dei fedeli (universitas fidelium) di cui è espressione autentica il concilio, che ha più autorità del Papa e della gerarchia. Il principe, in quanto difensore della pace, non ha bisogno di legittimazione dell'autorità religiosa e ha il dovere di occuparsi di aspetti organizzativi della vita della Chiesa, convocando il concilio, intervenendo nella scelta del papa e usando i poteri coercitivi contro eretici e peccatori. Queste teorie portarono alla riforma dell’elezione imperiale del 1338 nella dieta di Rhens ad opera dei principi tedeschi, che attribuirono dignità imperiale a chi fosse stato eletto re di Germania e incoronato ad Aquisgrana. Bolla d'Oro, Carlo IV (1356): il diritto di elezione spettava a sette grandi elettori, tre ecclesiastici e quattro laici. L'impero rinunciava alle pretese di potere universale, configurandosi come uno stato a carattere germanico debole. 21.3 - IL RAFFORZAMENTO DEL POTERE MONARCHICO IN INGHILTERRA E LA GUERRA DEI CENT'ANNI In Inghilterra, dal ‘200 si assiste al rafforzamento del potere monarchico e alla riorganizzazione dello Stato, nonostante il controllo del sovrano stabilito dalla Magna Charta del 1215 (Consiglio comune del regno e Curia baronale di 25 nobili). Enrico III (1216-1272) provoca la rivolta di baroni e piccola nobiltà, con risultato il rafforzamento delle conquiste sancite della Magna Charta: due gentry per contea e due borghesi per città entrarono in consiglio, che divenne Parlamento e dal 1340 si articolò in Camera dei pari (grandi nobili e ecclesiastici) e Camera dei comuni (piccola nobiltà, clero e città). Guerra dei Cent'anni (1337-1453): conflitti tra Inghilterra e Francia protrattasi, con lunghi intervalli, tra il 1294 e il 1475. Tensioni alla base: Il re inglese era un vassallo del re di Francia; Le Fiandre, feudo francese, legate economicamente all'Inghilterra da cui proveniva la lana per industria tessile; La Scozia, che gli inglesi volevano, era difesa dalla Francia. 1328) Estinzione della dinastia francese dei Capetingi dopo la morte di Carlo IV, figlio di Filippo il Bello. Si scontrano due nipoti, Edoardo III re di Inghilterra e Filippo di Valois (Filippo VI) che prevalse perché di ramo maschile. 1337) Edoardo IIl sbarca in Fiandra per una rivolta antifrancese, si proclama re di Francia e si dirige a Parigi con l'esercito. 1346) Gli arcieri inglese decimano la cavalleria pesante francese a Crecy e occupano Calais. 1360) Pace di Bretigny: Edoardo III rinuncia ai diritti sul trono di Francia e ottiene sovranità su 1/3 del territorio francese. 1369) Riprendono le ostilità con una serie interminabile di scontri, volti a logorare l'esercito inglese che aveva problemi di approvvigionamento, che portarono gli inglesi ad abbandonare la maggiora parte dei territori della pace di Bretigny. 1380) Crisi dinastiche e conflitti sociali scuotono le due monarchie: sul trono inglese arrivano i Lancaster e Enrico V si allea con il duca di Borgogna Giovanni senza paura contro il Carlo VI di Francia. 1415) Il sovrano inglese sbarca in Normandia e travolge l’esercito francese del nord, il duca di Borgogna si prende Parigi. 1420) Trattato di Troyes: Carlo VI, caduto, disereda il figlio Carlo a favore di Enrico V che sposa la figlia Caterina. 1429) Giovanna D'Arco, una pastorella patriottica che diceva di aver avuto delle visioni, si presenta al delfino Carlo e si fa affidare la guida dell'esercito dando inizio alla liberazione dei territori francesi. Le imprese della Pulcelle attirarono un gran numero di patrioti, che liberarono Orlèans e permisero a Carlo di raggiungere Reims e diventare Re Carlo VI. 1431) Giovanna d'Arco imprigionata dai Borgognoni e portata a Rouen, processata per eresia da tribunale di ecclesiastici francesi e condannata al rogo. La riscossa francese continua favorita dal distacco del duca di Borgogna Filippo il Buono. 1436) Fu riconquistata Parigi e nel giro di pochi anni tutto il centro della Francia. 1456) Cessano le operazioni militari, persistono piccoli scontri e razzie locali. Agli inglesi restano la piazzaforte e il distretto di Calais (perdute definitivamente nel 1558). 21.4 - I RIFLESSI POLITICI E SOCIALI DELLE NUOVE TECNICHE MILITARI Arco lungo inglese: originario del Galles, si diffuse nel 2/300 tra i contadini liberi inglesi (yeomen o freeholders) soggetti al re e non ai baroni). Capace di lanciare frecce a un ritmo velocissimo, si contrappose alla cavalleria pesante francese, formata da elementi della feudalità e considerata risolutiva. Gli arcieri inglesi furono protagonisti di battaglie senza entrare in contatto con il nemico francese, che veniva poi finito dai cavalieri inglesi tenutisi inizialmente al riparo. Rapporto tra cavalieri e fanti inglesi: i cavalieri scendevano da cavallo per rinforzare i ranghi della fanteria, poi rimontavano in sella per assalire i nemici che si ritiravano in disordine incalzati dalle frecce degli arcieri (Azincourt). Questa organizzazione non era facilmente esportabile in un tessuto sociale diverso come quello francese, patria delle istituzioni feudali, in cui i contadini pensavano alla terra, i nobili alla guerra, il clero alla 1370: i cantoni erano passati da 3 a 9 con un ordinamento unitario sancito nel 1393 da un patto militare. Nel ‘400, grazia alla fama delle fanterie svizzere, si intraprese una politica espansionistica. 1499: la pace di Basilea sancisce autonomia della confederazione e il distacco dall'impero. 22. POTERE E SOCIETA’ NEL MEZZOGIORNO ANGIOINO-ARAGONESE 22.1 - | DIFFICILI INIZI DELLA DINASTIA ANGIOINA Le novità amministrativo-finanziarie, tipiche degli stati europei nel ’400, si ritrovavano anche nell’antico Regno di Sicilia. Il “bel regno”, grazie anche alla posizione strategica nel Mediterraneo, attirò dinastie straniere e il papato stesso. Battaglia di Benevento (1266): fine della dinastia sveva con la morte di Manfredi e conquista del regno di Carlo D'Angiò, con il supporto di papa Urbano IV che così subordinava il regno alla Chiesa e si garantiva sostegno politico-militare per coordinare le forze guelfe del centro nord intorno al papato. Re Carlo aveva un progetto di egemonia europea e mediterranea, partendo dalla Sicilia e arrivando a Costantinopoli. Emersero dissapori con il nuovo papa Clemente IV in seguito al saccheggio di Benevento, ai soprusi dei funzionari regi e al carico fiscale imposto dalla politica espansionistica. 1268 - Con la discesa in Italia di Corradino di Svevia esplose la rivolta dei sudditi, partita dalla Sicilia e repressa con forza dopo la sconfitta di Corradino a Tagliacozzo. Il re, con l'immissione di funzionari francesi, operò un netto rinnovamento della feudalità, delle maggiori cariche ecclesiastiche e dei funzionari statali, causando il malcontento delle popolazioni. 22.2 - LA RIVOLTA DEL VESPRO E LA SEPARAZIONE DELLA SICILIA DAL REGNO ANGIOINO Il lunedì di Pasqua del 1282, dopo lo scontro avvenuto all'ora del Vespro tra giovani siciliani e soldati francesi accusati di aver molestato una nobildonna palermitana, scoppia un moto insurrezionale che trova adesione in Sicilia e Calabria. Più che moto spontaneo fu una congiura dei fuoriusciti legati agli Svevi, come Giovanni da Procida, legato a Pietro III di Aragona (marito della figlia di Manfredi e con diritti sul trono di Sicilia) e ai baroni esuli che vivevano alla sua corte. Il coinvolgimento del re d'Aragona si inseriva in un progetto di espansione mediterranea (sostenuto da feudalità e borghesia) in concorrenza a quello angioino. | mercanti amalfitani avevano ristretto il raggio di azione e la borghesia mercantile non chiedeva sostegno militare da parte della corona per la ricerca di sbocchi commerciali: i progetti di Carlo d'Angiò avevano carattere puramente militare mentre alle spalle di Pietro III vi erano mercanti tessili barcellonesi. Questo fu alla base dell'insofferenza popolare e del distacco dal potere centrale. Cause marginali furono lo spostamento della capitale da Palermo a Napoli e l'attaccamento alla dinastia sveva presente solo come mitizzazione del passato. Tra siciliani e monarchia angioina vi era un solco incolmabile e, dopo la rivolta, fu offerta la corona di Sicilia a Pietro III. Papa Martino IV, invece, considerò gli Aragonesi usurpatori e bandì una crociata affidata al re di Francia Filippo l’Ardito. 1295 Trattato di Anagni - Voluto dal nuovo papa Bonifacio VIII. Il nuovo Re di Aragona Giacomo Il accettò il ritorno della Sicilia agli angioini di Napoli in cambio dell’investitura del regno di Sardegna e Corsica. | siciliani si ribellarono offrendo la corona a Federico, figlio di Giacomo. 1302 Trattato di Caltabellotta - Federico III riconosciuto “re di Trinacria”, alla morte l'isola sarebbe tornata agli Angioini. Resta invece agli aragonesi finché Giovanna D’Angiò non vi rinuncia completamente con il Trattato di Avignone (1372). 22.3 - LO SPLENDORE DELLA CORTE ANGIOINA DI NAPOLI Dopo la rivolta del Vespro Carlo d'Angiò rinunciò ai progetti espansionistici e fu sul punto di perdere il regno. 1284 - il principe ereditario Carlo Il lo Zoppo ingaggiò, contro il volere del padre che era in Francia, una battaglia navale nel Golfo di Napoli con la flotta siculo aragonese e cadde prigioniero, mentre il popolo napoletano si sollevava. Con il ritorno del padre la situazione si normalizzò sulla base della separazione definitiva della Sicilia dal Mezzogiorno. La rapida ripresa del regno fu possibile grazie ad appoggio papale e finanziamento di uomini d'affari toscani in cambio di facilitazioni doganali, feudi e uffici pubblici. Gli storici si sono chiesti se l'egemonia economica fiorentina abbia giovato al Sud o abbia determinato uno sfruttamento di tipo coloniale (export prodotti agricoli, import prodotti lavorati). L'avvento degli angioini coincise con l'accelerazione dell'economia meridionale e l'affermazione commerciale di Napoli, fiera permanente con succursali delle grandi compagnie mercantili. Terminò un lungo isolamento culturale e si assistette a un rinnovamento edilizio e urbanistico con lo spostamento del centro nell’area del Castelnuovo (Maschio Angioino). L'epoca d'oro coincise col regno di Roberto, detto il Saggio, che attirò a corte i maggiori esponenti della cultura italiana (Petrarca, Boccaccio, Cavallini, Martini, Giotto) e si mostrò attento alle varie espressioni della religiosità. Capo del partito Guelfo esercitò una sorta di protettorato sulla penisola, segno dell’altissima considerazione che il regno godeva nel ‘300. 22.4 - LO SVILUPPO DELLE AUTONOMIE CITTADINE Fino al XII-XIII secolo l’Italia era divisa in due aree, i liberi comuni del Centro-Nord e il Sud privo di autonomie cittadine. Nel 300-400 molti comuni del Centro-Nord persero autonomia passando sotto il potere di altri Comuni o entrando a far parte di Stati signorili a carattere regionale; al Sud si sottraevano al controllo dei funzionari regi passando a organi cittadini elettivi, aprendo al contrasto tra classi e gruppi familiari che portavano a scontri armati e al fuoriuscitismo. Nei comuni del Sud esisteva una divisione tra “Università” dei nobili e dei popolani a causa di: 1) ripartizione del carico fiscale tra cittadini (collette) in base ai loro beni mobili e immobili (apprezzo), con il rifiuto dei nobili di pagare le imposte per rivendicazione di un privilegio e desiderio di sottrarsi a un carico fiscale crescente per maggiori i bisogni finanziari; 2) problema delle cariche elettive: i nobili cercavano di monopolizzarle escludendo il “popolo minuto” e quello “grasso”. Il parlamento cittadino perse parte delle competenze per affidarle al consiglio (meno pletorico) e, a fine ‘200, a ristrette magistrature collegiali (i Sei a Napoli, i Dodici a Salerno). | contrasti intemi furono il pretesto per interventi dei funzionari regi. Il ruolo dei Comuni nello Stato angioino crebbe nei momenti di debolezza della monarchia costretta a manifestare maggiore sensibilità verso le richieste di clero e feudatari, ma anche di comunità cittadine in grado di garantire prestiti. 22.5 - LA CRISI DELLA DINASTIA ANGIOINA E L'AVVENTO DEGLI ARAGONESI 1343: con l'avvento di Giovanna I, nipote di Roberto, c'è crisi dinastica tra i rami d'Angiò (Durazzo, Taranto e Ungheria). Roberto aveva combinato il matrimonio tra Giovanna e il figlio di Caroberto di Ungheria (rappresentante dei Durazzo). Il suo assassinio, nel 1345, fornì al fratello, il re Luigi il Grande d'Ungheria, l'occasione per invadere il regno nel 1348. 1352: il ritiro degli Ungheresi consente a Giovanna e al nuovo marito di avviare una faticosa restaurazione del regno a causa della crescente potenza dei feudatari e alle tensioni sociali per la successione (la regina non aveva eredi diretti). La scelta cadde su Luigi d'Angiò, fratello del re di Francia, a cui si contrappose il nipote Carlo IIl di Durazzo che nel 1381, uccise sua zia e si impadronisce di Napoli: l'avvento dei Durazzeschi segna la ripresa della politica espansionistica. 1386: Carlo Ill viene assassinato a Buda. Suo figlio Ladislao tenta invano di impadronirsi di Ungheria prima e Italia poi. 1414: sale al trono la sorella Giovanna Il che, minacciata da Luigi III, adotta come figlio e successore Alfonso V di Aragona creando le premesse per l'avvento al regno della dinastia aragonese. 22.6 - LA SICILIA DOPO | VESPRI La Sicilia, contrariamente alla pace di Caltabellotta, resta un regno indipendente degli Aragonesi. | tentativi di riconquista del re di Napoli costringono i successori di Federico III (Pietro II, Ludovico e Federico IV) a un impegno bellico costante. La crisi del 300 lascia la monarchia in balia dei baroni siciliani, militarmente indispensabili e divisi in due fazioni (parzialità latina e catalana). 1362: si arriva alla divisione del regno in 2 parti (est agli Alagona, ovest ai Chiaromonte-Ventimiglia). 1377: Alla morte di Federico, essendo il trono occupato da sua figlia Marta, si arriva alla divisione tra 4 nobili vicari. Pietro IV di Aragona fa rapire Maria per darla in sposa al nipote Martino il Giovane che giunge in Sicilia nel 1392, favorendo la lotta ai baroni ribelli e riorganizzazione del regno che fu dotato di Parlamento articolati in tre bracci (nobiltà feudale, clero e città) con la facoltà di proporre leggi (capitoli). Si instaurò una dialettica tra monarchia e poteri locali che inserivano la Sicilia nel processo di riorganizzazione delle strutture statali in atto in Europa. La crescita economica, favorita da specializzazione produttiva delle aree subregionali e formazione di un mercato integrato, durò fino al ‘600. La morte di Martino (1408) segna la fine dell’indipendenza siciliana: l'isola ridotta a viceregno resta legata all’Aragona, passando poi a Ferdinando di Castiglia (1412-1416) e al figlio Alfonso il Magnanimo (1416- 1458) futuro Re di Napoli. 22.7 - ALFONSO IL MAGNANIMO E IL “MERCATO COMUNE” ARAGONESE La Sicilia pervenne ad Alfonso in eredità, la Sardegna sotto esborso di denaro, il Regno di Napoli fu invece opera sua. Giovanna Il revoca l'adozione in favore di Luigi III di Angiò: parte una guerra con condottieri italiani (Sforza con Angioini; Braccio da Montone con Aragonesi). 1424: Luigi vince e si insedia a Napoli con madre adottiva, Alfonso torna in Spagna. 1435: alla morte di Giovanna e Luigi riesplodono i contrasti tra Alfonso e Renato, fratello di Luigi. Alfonso è prigioniero e consegnato al duca di Milano Visconti, alleato di Renato d'Angiò, ma stringe alleanza con il duca e ottiene la libertà. 1442: riprende la conquista del regno e con l'ingresso a Napoli (presso l'arco di trionfo del Maschio Angioino dove fissa la residenza) sancisce la ricostituzione dell'unità del Regno di Sicilia che riacquista rinnovato prestigio nel Mediterraneo. Per Mario Del Treppo il re voleva realizzare una vera e propria integrazione economica, riservando all'industria tessile catalana e aragonese la penetrazione nei suoi domini spagnoli e italiani, e ai suoi domini italiani il ruolo di produttori di derrate agricole, con conseguente divieto ai sudditi iberici di approvvigionarsi di prodotti agricoli da Francia e Castiglia. Per Stephan R. Epstein un sovrano tardo medievale non fosse in grado di poter concepire e attuare un tale disegno di politica economica basato su specializzazione e integrazione sovraregionale. Per la maggioranza degli storici l'età aragonese segna per Mezzogiorno e Sicilia una forte integrazione nella rete del commercio internazionale e inizio di uno sviluppo economico destinato a durare fino alla crisi demografica e economica del XVII secolo. La cosiddetta “età mitica” in cui principi e baroni mangiavano in vasi d'argento e bevevano in oro. Il Magnanimo avviò rinnovamento politico-amministrativo del regno, con l'aiuto di mercanti-banchieri fiorentini e catalani). Fece della capitale un centro della nuova cultura umanistica. Intraprese una dispendiosa politica estera. Il figlio Ferrante (1458-1494) continua riforma politico-amministrativa e stimola industria e commercio per favorire lo sviluppo dei Comuni, in contrasto con la feudalità che tentò di ostacolare l’opera fino alla Congiura dei Baroni (1485).
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