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Riassunto capitoli 4-8 La Spagna Imperiale di John Elliot letteratura spagnola III, Sintesi del corso di Letteratura Spagnola

Riassunto dei capitoli 4, 5, 6, 7 e 8 del manuale La Spagna Imperiale di John Elliot per esame di letteratura spagnola III Università Sapienza, docente Cerrón Puga A.A. 2021-2022

Tipologia: Sintesi del corso

2021/2022
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Scarica Riassunto capitoli 4-8 La Spagna Imperiale di John Elliot letteratura spagnola III e più Sintesi del corso in PDF di Letteratura Spagnola solo su Docsity! LA ESPAÑA IMPERIAL 1462-1716 4 → EL DESTINO IMPERIAL. 1 → LA POLÍTICA EXTERIOR DE FERNANDO. La regina Isabella muore nel 1504 e il suo successore, Carlo V, salì al trono solo nel 1522 → i diciotto anni che trascorrono tra le due date furono decisivi per la formazione futura della monarchia spagnola. Durante questi anni si preservò l’unione delle due corone, si consolidò il potere dei sovrani sui nobili e sulle città della Castiglia e la Spagna intraprese la sua carriere imperialistica sotto la direzioni degli Asburgo. Di fatto, sul trono di Spagna si instaurerà una dinastia straniera. La tradizionale rivalità tra la Francia e la corona di Aragona era aumentata e, naturalmente, Fernando, erede di questa rivalità, indusse sua moglie ad abbandonare la tradizionale politica castigliana di alleanza con la Francia. Tra il 1475 e il 1477 si iniziarono ambasciatori in Germania, Italia e Paesi Bassi per offrire, come nemici della Francia, un’alleanza con la Spagna. Questi furono i primi passi verso l’integrazione di Castiglia con l’Europa e verso l’isolamento diplomatico della Francia. Quando Carlo VIII (Francia) invase l’Italia, la corona di Aragona si sentì minacciata → era necessaria una coalizione europea per opporsi a Carlo VIII e la sua realizzazione avvenne nel 1495, attraverso la creazione di una Santa Lega formata da Inghilterra, Spagna, l’impero e il papato. Questa coalizione fu uno dei maggiori successi di Fernando nella politica estera. Tuttavia, con l’entrata del sovrano francese a Napoli, risultò chiaro che la diplomazia doveva lasciare il passo alla forza militare → Fernando inviò una spedizione. Campagne italiane → 1495-97 e 1501-04. L’Italia risultò un campo di prova molto importante per la Spagna sia dal punto di vista diplomatico che militare. I francesi furono sconfitti e, inoltre, una attraverso l’astuzia e la diplomazia Fernando riuscì a cacciare la dinastia napoletana dal suo trono. Nel 1504, i francesi sconfitti riconobbero gli spagnoli come vincitori e quindi proprietari legali di Napoli. La conquista di Napoli rappresentava un trionfo di primo ordine per la politica estera di Fernando. Il principe Juan, unico erede dei re cattolici, si sposò con la figlia dell’imperatore dell’Austria e Juana, figlia dei re cattolici, con il figlio dell’imperatore di Austria. Tuttavia, Juan morì e i re cattolici persero ogni speranza di avere una linea di successione diretta maschile. La linea di successione, quindi, si spostò su Juana e sul suo primogenito Carlo, che erediterà sia le possessioni spagnole che austriache. L’unione di Spagna e Austria (Asburgo) non era ciò che i re desideravano, però non avevano altra scelta. La politica estera di Fernando, che era iniziata con l’intento di acquisire alleati nella lotta contro i francesi, termina ponendo la linea di discendenza spagnola al trono nelle mani di una dinastia straniera. 1 2 → LA INSTAURACIÓN DE LOS HASBURGOS. Fernando morì dodici anni dopo sua moglie, nel 1516 → a partire dalla morte di Isabel, il destino della Spagna fu intimamente relazionato con gli avvenimenti che si svolgevano alla corte di Borgogna, dove Juana e l’arciduca Filippo, suo marito, aspettavano di prendere possesso della loro eredità spagnola. Fernando, deposto il titolo di re, continuò a governare il paese durante l’assenza della nuova regina Juana. Mentre l’aristocrazia cospirava per promuovere l’effettiva successione di Filippo e Juana, esisteva anche un’altra forza che richiedeva una più stretta associazione tra Castiglia e le possessioni degli Asburgo, spinta maggiormente da ragioni economiche. I sostenitori di Fernando erano ormai pochi e la sua posizione si fece sempre più instabile → cercando di evitare il disastro, Fernando cambiò totalmente la sua tradizionale politica estera e cercò l’appoggio della Francia, trovato nel trattato di Blois con Luigi XII nel 1505. L’accordo prevedeva il matrimonio di Fernando con una nipote del re francese, Germana, dalla quale sperava di avere un erede. Germana ebbe effettivamente una figlio maschio che però visse solo poche ore → l’unica cosa che provocò questo matrimonio, quindi, fu un rafforzamento dei legami tra i Gradi di Spagna e l’arciduca Filippo. Quest’ultimo, per preparare il suo arrivo in Spagna, nel 1505 firmò un accordo con Fernando per un governo tripartito formato da Filippo, Fernando e Juana. Tuttavia, questo accordo non fu mai messo in atto. Fernando e Filippo si incontrarono nel 1506 e firmarono un altro accordo → accordo secondo il quale Fernando cedeva il governo di Castiglia a sua figlia e suo marito e premetteva di ritirarsi in Aragona. Allo stesso tempo, i due si accordarono circa l’instabilità mentale di Juana → ciò non la rendeva adatta ad adempiere ai suoi limiti e quindi i due firmarono una secondo trattato per escluderla. La stessa sera, tuttavia, Fernando dichiarò di non voler riconoscere la validità dei due accordi e quindici giorni dopo abbandonò la Castiglia alla volta di Napoli. Verso fine settembre del 1506, Filippo morì improvvisamente → la sua morte peggiorò la situazione mentale di Juana e lasciò nelle mani di suo figlio di sei anni, Carlo, il titolo di erede. Si creò un consiglio di reggenza però, di fronte all’aumento del disordine pubblico in Castiglia, venne richiesto a Fernando di tornare. Juana, ormai completamente pazza, si ritirò a Tordesillas conservando il titolo di regina di Castiglia fino alla fine dei suoi giorni. Fernando, invece, nel 1510, fu nominato reggente del regno. In questi ultimi anni di reggenza, Fernando realizzò un’ambizione modesta e utile → l’acquisizione di Navarra, motivo di grande soddisfazione. Il regno di Navarra possedeva i suoi propri costumi, la sua moneta e le sue istituzioni → tutto ciò venne mantenuto dopo l’annessione alla Spagna. Se però Fernando sperava di placare i suoi nemici in Castiglia con il regalo di Navarra, non fu così → il suo governo dominato da funzionari aragonesi, si fece sempre più impopolare e il sentimento nazionale castigliano fece si che la Castiglia si rivolse in cerca di aiuto agli Asburgo. Fernando, malato, morì nel 1516 → l’uomo che aveva realizzato tante cose - l’unione delle due corone, l’annessione di Navarra, la riorganizzazione di Spagna e 2 Il movimento di rivolta iniziò belle città con il sollevamento popolare conto i funzionari del re. A Toledo, l’amministrazione reale fu sostituita da una ‘comuna’ → l’esempio della città fu seguito da altre città. A questo punto era necessario coordinare le attività di queste città ma le rivalità tra esse furono un grande ostacolo. Le forze del re, incapaci di placare il popolo, si diressero verso la città di Medina del Campo in cerca di artiglieria → per le strade della città si combatterono varie battagli e Medina del Campo fu ridotta in cenere nel 1520. L’incendio della città trasformò la situazione in Castiglia → la distruzione del più importante centro finanziario e commerciale del paese provocò una tale indignazione che portò al sollevamento delle città del sud. Il problema di coordinare l’operato delle città in rivolta non si risolse e i capi della giunta rivoluzionaria si diressero all’univa autorità castigliana superiore al reggente, la regina Juana la pazza, la quale, però, si rifiutò di aiutare i rivoltosi. Durante la rivolta, nei Paesi Bassi, i consiglieri dell’imperatore, preoccupati per i problemi sollevati da Lutero, decisero di fare qualche concessione → accordarono i divieto di nomina di personaggi stranieri per la cariche pubbliche in Castiglia. Quest’azione risultò efficace per conquistare il favore della nobiltà. Dopo il rifiuto della regina Juana, il movimento comunero si indebolì e il passare del tempo fece sì che l’indignazione che aveva dato impuso alla rivolta si placasse. Nelle città, il sollevamento degnerò rapidamente in guerra civile tra nemici tradizionali e nelle giunta rivoluzionaria il potere stava cadendo nella mani di estremisti. I motivi per rivoltarsi adesso erano rappresentati dall’eccessivo potere dei nobili e dei ricchi. Un movimento iniziato con un carattere di rivolta nazionale contro un regime straniero, stava adesso assumendo molti degli aspetti di una rivoluzione sociale. Nella città di Valencia, nel frattempo, si stava svolgendo un altro movimento rivoluzionario → questa rivolta non era stata motivata dalla condotta dei fiamminghi, dei quali i gli abitanti di Valencia non avevo sofferto le conseguenze. Nella città, non c’era del discontento politico da questo punto di vista ma si soffriva l’assenza del re e della sua corte. Quindi, i motivi della protesta non erano politici ma sociali. Si era dato l’ordine di armare i suoi abitanti di fronte al pericolo delle possibili razzie dei turchi e, nel mentre, la città stava soffrendo un’epidemia che, secondo i predicatori, era un castigo divino per l’immoralità del sovrano. L’eccitazione crebbe, le autorità fuggono e il popolo armato si unì in una Germanía che si aggiudicò il controllo della città e iniziò poi ad estendere il suo potere. Questo movimento era cittadino, un movimento di piccoli borghesi, lavoratori. Tuttavia, come successe per i comuneros, alcuni estremisti giunsero al potere e indirizzarono la protesta contro i nobili e i loro vassalli mori. Mentre i comuneros castigliani si sollevavano contro il potere reale, la germanía di Valencia si era convertita in un movimento sociale molto radicale. 5 Nonostante i suoi obiettivi fossero vaghi, questa rivolta costituiva una grande minaccia per il potere della nobiltà e per tutto l’ordine gerarchico. Il movimento valenciano no mostrava alcuna simpatia per quello dei comuneros. Man mano che la nobiltà castigliana veniva minacciata dagli eventi a Valencia e dal movimento dei comuneros, si spostava da un’attitudine di simpatia ad una neutralità o ad un’ostilità dichiarata → i comuneros, a loro volta, diventavano sempre più anti aristocratici nelle loro manifestazioni e nelle loro azioni. Durante l’inverno del 1520 e agli inizi della primavera del 1521, la rivolta de comuneros iniziò a convertirsi in una lotta sociale contro la nobiltà, in una rivoluzione sociale. Adottando questa nuova prospettiva, la rivolta segnò la sua condanna a finire → gli mancava l’aiuto dell’aristocrazia, indispensabile per conseguire u esito permanente e si era fatta nemici i ribelli più moderati, che lasciarono la Giunta rivoluzionaria. L’esercito dei comuneros, formato da milizia locale, contadini e piccoli nobili, non rappresentò un ostacolo per quello reale → il 23 aprile 1521 i due eserciti si incontrarono nelle campagna di Villalar dove l’esercito comunero offrì poca resistenza. La rivolta castigliana era praticamente finita → Toledo, la prima città a sollevarsi, fu l’ultima ad arrendersi. Dopo la disfatta di Villalar, i comuneros si erano sciolti. Anche a Valencia la rivolta fu placata a marzo del 1522 e quando Carlos sbarcò nuovamente in Spagna, si ritrovò in un paese pacificato nuovamente. L’autorità della corona ne era uscita vincitrice de queste rivolte e il re aveva fatto il suo ritorno come signore assoluto di una Castiglia intimidita e soggiogata. 4 → EL DESTINO IMPERIAL. La sconfitta dei comuneros e della germanía di Valencia ebbe un’importanza trascendentale sul futuro della Spagna → significava che la successione degli Asburgo era fermamente stabilita tanto nella corona di Aragon che in Castiglia. Il trionfo del re chiuse un capitolo che in Castiglia era iniziato con la morte di Isabel nel 1504 → durante i diciassette anni trascorsi, tutti i successi raggiunti dai re cattolici erano stati minacciati (unione delle corone, sottomissione dell’aristocrazia, imposizione dell’autorità reale in tutto il paese). Con la vittoria dei supporter di Carlos, i successi dei re cattolici vennero nuovamente assicurati e in Castiglia non ci furono più rivolte contro il potere della corona. La sconfitta dei comuneros ebbe anche altre conseguenze più difficili da delucidare. Nonostante la rivolta del 1520-21 fu teoricamente un sollevamento contro un governo impopolare e straniero, aveva anche avuto molte delle caratteristiche di una guerra civile e, coregoni guerra civile, aveva lasciato profonde cicatrici. Le lotte tra le famiglia non erano state eliminate e le inimicizie tradizionali continuarono a trasmettersi di generazione in generazione. Le famiglie comuneras e anti comuneras continuarono la loro lotta per il potere. Risulta difficile determinare fino a che punto ci fu un contenuto ideologico in queste lotte → le famiglie comuneras continuavano a considerarsi supporter della tradizione nazionalista che era stava sconfitta a Villalar. 6 Questo perché la vittoria del re era più del trionfo della corona contro i suoi nemici tradizionali → rappresentava qualcosa di più ampio, il momentaneo trionfo dell’Europa sulla Castiglia. I comuneros avevano lottato per salvare la Castiglia da un regime il cui carattere e la cui politica sembravano minacciare il senso di entità nazionale → il loro fallimento segnò lo stabilimento definitivo di una dinastia straniera con un programma straniero, che minacciava di diluire la Castiglia nella grande entità dell’impero universale. Con Carlo V, la Castiglia fu sottomessa a una nuova corrente di idee, pregiudizi e valori europei, molti dei quali difficili da accettare. Gli indizi di questi cambiamenti si trovavano in molte parti. Già nel 1516 l’ordine del Toisón de Oro fu ampliato per comprendere dieci spagnoli, la tradizionale cerimonia di corte dei re di Castiglia fu sostituita per quella della casa dei Borgogna. Questi cambiamenti simbolizzavano l’associazione sempre più stretta tra Castiglia e il resto dell’impero. Nonostante i forti sentimenti anti fiamminghi e anti imperiali che regnavano in Castiglia, esistevano anche alcuni circoli della società castigliana disposti ad accettare e ricevere positivamente le idee straniere. La corte e le università erano state esposte all’influenza europea già durante il regno dei re cattolici e l’umanesimo e la cultura spagnola si erano sviluppati sotto l’influsso delle idee ricevute dall’Italia e dalle Fiandre. Allo stesso modo, la religione spagnola era stata rinvigorita dalle correnti spirituali provenienti dai Paesi Bassi. Dal 1520 al 1530 il pubblico spagnolo iniziò a confrontarsi con le opere del maggior rappresentante della tradizione pietista dei Paesi Bassi → Desiderio Erasmo. L’invasione erasmista della Spagna è uno dei avvenimenti più singolari della storia spagnola del secolo XVI. In nessun altro paese di Europa gli scritti di Erasmo goderono di tanta popolarità e diffusione come in Spagna. Questa enorme popolarità raggiunse il suo culmine tra il 1527 e il 1530 e sembra attribuibile in parte all’elemento converso della società spagnola. I cristiani nuovi, recentemente convertiti, si sentivano attratti da questa religione di si preoccupava poco del formalismo delle cerimonie e che si concentrava sull’aspetto morale e mistico della tradizione cristiana. Tuttavia, oltre all’interesse che le dottrine di Erasmo potevamo suscitare per i conversi, esse avevano avevano anche un’altra attrattiva. Dal momento che la corte imperiale, nella decade dal 1520 al 1530, era erasmista nelle sue concezioni e vedeva nell’universalismo di Erasmo un valoroso sforzo per l’idea imperiale, si svilupparono simpatie naturali tra i principali intellettuali spagnoli e il regime di Carlo V. Umanisti erasmisti come Juan de Valdés o Luis Vives erano vincolati a consiglieri dell’imperatore o occupavano cariche nella cancelleria imperiale. Questi uomini vedevano nel governo di Carlo un’opportunità per lo stabilimento di una pace universale che, come predicava Erasmo, era il preludio necessario per la tanto sperata rinnovazione spirituale della cristianità. In realtà, però, la Castiglia si riconciliò con il governo di Carlo V per altre ragioni, non intellettuali → l’imperatore mise al suo servizio sempre più spagnolo e arrivò 7 L’Europa di Carlo V si vedeva in contrapposizione a un potente stato organizzato specificatamente per la guerra e la minaccia era chiara e ovvia. Le coste spagnole erano soggette ad attacchi continui e la sua numerosa popolazione mora era un elemento pericoloso, potenzialmente disposto ad aiutare l’impero ottomano. È in questa situazione che doveva intervenire l’impero carolino perché la Spagna da sola era troppo debole. L’impero di Carlo poteva contare sulle risorse economiche e militari dei suoi vasti domini, sul potere navale dei suoi alleati genovesi e sui prestiti dei banchieri tedeschi per difendere l’Italia e la Sicilia e porre una barriera a difesa dell’Europa di fronte all’espansionismo dell’imperialismo ottomano. Tuttavia, l’imperatore era troppo preso dal problema tedesco e dalle sue guerre contro la Francia per poter portare avanti una politica offensiva contro il potere ottomano. Di conseguenza, la politica estera mediterranea dell’imperatore consistette in semplici operazioni di difesa. Sotto il regno di Carlo V e del suo successore, la Spagna godette della benedizione di una pace interiore → questo, in un’epoca durante la quale molte parti d’Europa erano scenario di continue guerre. Tuttavia, la Castiglia, pur rimanendo fuori da queste guerra, era sempre sul punto di entrarvi. 2 → LA ORGANIZACIÓN DEL IMPERIO. Se la guerra fu uno dei temi dominanti nella storia spagnola sotto i regni di Carlo V e Filippo II, la burocratizzazione fu un altro di essi. Per governare la Spagna e i suoi possedimenti era necessario avere un gran numero di funzionari. Carlo fu un governatore di vecchio stile, al quale piaceva condurre i suoi eserciti in battaglia e governare i suoi sudditi personalmente. Tuttavia, i problemi che affliggevano il governo imponevano la necessità di nuovi metodi burocratici e nuovi procedimenti amministrativi che, poco a poco, sostituirono il governo della parola orle con quello della parola scritta → el gobierno de papel. La sostituzione di Carlo V, monarca guerriero, con il sedentario Filippo II, che passava le sue giornate roteato di documenti, simbolizza la trasformazione dell’impero spagnolo dall’era del conquistatore a quella del funzionario civile. Il carattere e il ritmo de la trasformazione furono determinati dalle caratteristiche costituzionali dei regni spagnoli, dalla conquista dell’impero americano e anche dalle esigenze di guerra. Il sistema era formato essenzialmente da Consejos consultivos, seguendo le linea già stabilite durante il regno dei re cattolici. Un sistema simile era bien orientato verso le necessità peculiari di un impero disperso e diverso dal punto di vista costituzionale, proprio come quello spagnolo. Un sistema di governo della monarchia spagnola che voleva risultare efficace, doveva tenere in conto, le prolungate assenze del sovrano e l’insistenze dei suoi domini circa il mantenimento e l’osservazione delle loro proprie leggi e costumi. Allo stesso tempo, doveva però apportare almeno una direzione centrale per la coordinazione della politica. L’organizzazione dei Consejos soddisfaceva a pieno queste necessità. 10 La prima missione del Consejo era fornire consulenza al monarca → questo significava che tutti i consejos dipendevano direttamente dal re e, nei momenti della sua assenza, dai reggenti. Il fatto che la corte si spostasse continuamente e che non esistesse una capitale fosse finché Filippo II nel 1561 scelse Madrid, rendeva difficile il compimento della missione dei Consejos → per questo, Valladolid fu convertita nella capitale amministrativa del regno. Cobos impose la creazione di un archivio per i documenti ufficiali → fino a quel momento, essi erano conservati in luoghi disparati e il loro crescente numero rese necessaria la creazione di un deposito centrale. I Consejos possono classificarsi in due categorie principali → quelli che dovevano consigliare il re ritardo temi generali o particolari che affliggevano a monarchia generale e quelli responsabili del governo di ciascun territorio. Dei Consejos generali, il più conosciuto fu quello de Estado → consejo che consigliava il re circa argomenti di politica generale spagnola e tedesca. Poi c’era quello de Guerra, incaricato dell’organizzazione militare, quello de Hacienda, responsabile dell’organizzazione finanziaria. Quest’ultimo, era stato creato in principio per sorvegliare le finanze castigliane, però poi finì per occuparsi di quelle di tutta la corona. Uno dei maggiori problemi amministrativi dell’impero risiedeva nelle possessioni spagnola d’oltreoceano. Nei primi anni che seguirono la scoperta, tutte le trattative con le Indie passavano per mano di un sacerdote, Fonseca. Sin dal momento della venuta di Carlo in Spagna, era evidente che mancava un’organizzazione complessa che, però, prese forma nel 1524 (anno di morte di Fonseca) con la creazione di un Consejo speciale de Indias. Questo consejo era formato da un presidente e otto consiglieri e aveva il compito di gestire tutti gli aspetti amministrativi, giudiziali e ecclesiastici relazionati alle Indie → esso fu lo strumento mediante il quale la corona mimose la sua autorità sulle sue possessioni americane e sviluppò un’amministrazione coloniale. Questo sistema, tuttavia, presentava dei difetti inevitabili, la maggior parte dei quali rappresentati dalla distanza. Inoltre, erano frequenti le lamente di venalità e corruzione tra. Vari funzionari reali e i consiglieri → la tentazione di un’ascesa era irresistibile. Questa corruzione tra i membri dei consejos riflette il carattere non solo del governo spagnolo, ma anche de la società che lo componeva → una società molto simile a quelle europee del XVI secolo. Organizzata sotto forma di piramide con il re al suo vertice, la società spagnola si rivolgeva naturalmente al re come fonte di benefici. La corruzione era, inoltre, un solo aspetto dell’enorme problema con il quale si trovava a fare i conti la Spagna del secolo → costruire uno stato moderno sopra basi economiche e sociali sempre più inadeguate. 3 → LA ECONOMÍA CASTELLANA. All’inizio del XVI secolo, il compito più difficile per la Spagna risultò adattare la sua organizzazione politica, sociale ed economica (essenzialmente medioevale), alle necessità createsi in seguito alla responsabilità di dirigere un impero universale. 11 I castigliani avevano la determinazione e la capacità necessarie per sfruttare le loro conquiste americane in modo da far sviluppare l’economia del loro paese? Il nuovo modo poteva essere un’immensa fonte di benefici per la Castiglia → di fatto, la prima reazione istintiva dopo la scoperta del nuovo mondo, fu considerarlo una proprietà esclusiva dei castigliani. 1501 → venne proibita l’emigrazione di stranieri nelle Indie in maniera formale. 1503 → si creò, a Siviglia, la famosa Casa de Contratación → organo progettato per esercitare un controllo assoluto sul commercio con il nuovo mondo. Tuttavia, già pochi anni dopo, l’idea di un monopolio di Siviglia sul commercio americano iniziò a dare fastidio. La Spagna necessitava di capitali stranieri per le sue costose avventure colonizzatrici e, dal 1520 (anno di inizio delle emozionanti avvenire colonizzatrici dell’impero), prese forma una fase di legislazione liberale. 1524 → Carlo V permise ai commercianti stranieri di commerciare con le Indie purché non vi si stabilissero. 1525-26 → la corona autorizzò dieci porti castigliani al commercio diretto con il nuovo mondo. Decreto revocato nel 1573. 1538 → emigrazione di stranieri nuovamente proibita. Tuttavia, tutti questi decreti non furono mai rispettati e, a causa delle numerose deficienze della legislazione, divenne chiaro che, dal 1530, il principio del monopolio aveva trionfato → un monopolio favorevole alla corona di Castiglia e, soprattutto, al porto di Siviglia dove dovevano passare tutte le navi dirette o facenti ritorno dal nuovo mondo. Fino sl 1680, Siviglia fu, di fatto, dominatrice dell’Atlantico spagnolo. Le importazioni americane più corpose consistevano in oro e argento → la ricerca di metalli preziosi fu ciò che diede l’impulso alle avventure colonizzatrici. Inoltre, la scoperta del Messico e del Perù portò con se quella di miniera di oro e di argento. I carichi con i metalli preziosi arrivavano, quindi, a Siviglia → essi, in parte erano destinati alla corona e in parte a privati. Dal punto di vista dell’esportazione, i primi coloni americani dovevano importare praticamente tutto il necessario per la sopravvivenza dalla Spagna → anche dopo essersi stabiliti e ambientati, i colonizzatori continuarono a dipendere dalla madre patria per molti prodotti essenziali. Questi coloni aderivano con nostalgia ai modi di vita spagnoli → rimpiangevano tutti i lussi del vecchio mondo. Per quanto riguarda il viaggio di traversata dell’oceano, esso durava un paio di mesi, era molto pericoloso e i buoni navigatori scarseggiavano → per questa ragione, anche se molto costosa, si prese la decisione di compiere queste traversate con più navi contemporaneamente. L’impatto sull’economia castigliana di questo commercio che pian piano si sviluppava tra Siviglia e il nuovo mondo, è molto difficile da determinare. Ci sono almeno due problemi da tenere in conto: - Come valutare lo stimolo proporzionato alla vita economica castigliana per il nascente mercato americano. - Come calcolare le conseguenze per la Castiglia del flusso di argento americano. 12 In questo modo, il contributo finanziario spagnolo, in particolare castigliano, assunse un importanza sempre maggiore. In Spagna esistevano varie fonti potenziali di ingressi, tanto laiche come ecclesiastiche. Dal punto di vista del papato, era impossibile rifiutarsi di fare concessioni economiche in un momento nel quale la fede era minacciata dall’espansione dell’eresia. I contributi diretti che la chiesa spagnola era obbligata a pagare alla corona durante il regno di Carlo, erano le tercias reales → terza parte di tutte le entrata della chiesa. A queste tercias reales si venne a sommare una nuova imposta per contribuire alla guerra delle Fiandre. I re spagnoli percepivano tasse molto importanti anche grazie ad una bolla pontificia che obbligava alla tassazione tanto i laici che il clero → la crociata. Questa bolla era stata concessa in principio come contributo ausiliare per aiutare i re nella lotta contro i mori → nel regno di Carlo V, invece, essa si convertì in una fonte regolare di ingressi da pagare ogni tre anni per richiedere indulgenze. Desideroso di ricevere denaro tanto dai ricchi che dai poveri, Carlo V tentò di creare nel 1538 una tassa sugli articoli alimentari, conosciuta con il nome di sisa → l’aristocrazia si oppose a ciò e venne ascoltata. La costosissima politica estera di Carlo V e la sua dipendenza dai prestiti per finanziarla, produsse conseguenze disastrose per la Castiglia. Durante il regno di Carlo V si svilupparono tre pericolosi processi che ebbero un’importanza incalcolabile per il XVI e il XVII secolo in Spagna. In primo luogo, si stabilì il dominio dei banchieri stranieri sulle ricchezze del paese. In secondo luogo, risultò chiaro che la Castiglia avrebbe maggiormente sofferto il peso dei contributi finanziari spagnoli. Infine, in Castiglia, quasi tutto il peso fiscale ricadde sulle spalle delle classi meno facoltose, meno preparare a sopportarlo. 5 → LA LIQUIDACIÓN DEL IMPERIALISMO CAROLINO. I ministri spagnoli erano ben consapevoli delle gravi conseguenze della politica di Carlo V sulla vita del paese. Le disperate lettere di Cobos all’imperatore, nelle quali si evidenzia l’impossibilità di ricavare più fondi e il desiderio di pace, dimostrano chiaramente che il colpevole di questa situazione era solo l’imperatore, che pretendeva l’impossibile. Filippo II → sposato nel 1543 con sua cugina, Maria di Portogallo, che morì due anni dopo dando alla luce un figlio, Carlo. 1547 → Carlo V conseguì un’importante vittoria sui protestanti tedeschi e sembrò sottomettere la Germania. Tuttavia, la vittoria di Carlo suscitò preoccupazione tra qui principi tedeschi che prima lo avevano appoggiato → essi temevano una consolidazione del potere imperiale a loro spese. Di fatto, nel 1522 la politica tedesca di Carlo V fallì e prevalse l’eresia e la ribellione. La fuga di Carlo del 1522 dalla Germania simbolizza il fallimento del suo esperimento imperiale → fallimento implementato dai banchieri che smisero di 15 aiutare l’imperatore avendo perso la loro fiducia nei suoi confronti. I banchieri non fornirono più a Carlo il denaro necessario per pagare le sue truppe. Le finanze reali spagnole, che nel ultimi anni avevano sopportato il peso della politica imperiale, diminuivano sempre di più tendendo verso una bancarotta, mentre l’impero era ormai diviso in due parti. Filippo II, che succedette a suo padre nel 1556, si trovò a dirigere un impero molto diverso rispetto a quello che suo padre aveva ereditato. Fu nella speranza di salvare l’impero che Carlo fece sposare suo figlio con Maria Tudor nel 1554 → questo matrimonio faceva parte di un piano politico. Di fatti, Filippo II, in questo modo, erediterà un impero formato da tre unità → Inghilterra e Paesi Bassi, Spagna e Italia e America. Dopo aver sistemato suo figlio, Carlo V fece rientro in Spagna per trascorrere gli ultimi anni della sua vita nel luogo che per lui aveva significato di più di ogni altra possessione. Carlo V morì nel settembre del 1558 → meno di tre mesi dopo, Maria Tudor anche morì senza discendenza e la sua morte segnò la fine di qualsiasi speranza di unire Inghilterra, Spagna e Paesi Bassi sotto un’unica corona. I regni peninsulari reclamavano l’ascesa di Filippo II → la situazione economica si faceva sempre più precaria ed era indispensabile che il re si presentasse. La venuta del re a Castiglia, tanto aspettata, era più che il ritorno di un figlio alla sua patria → simbolizzava la fine dell’imperialismo universale di Carlo V e il passaggio da un impero europeo di base fiamminga ad uno di base spagnola e atlantica. Tuttavia, il nuovo impero ispano-americano di Filippo II, che si differenziava per tanti aspetti da quello di suo padre, non sarà mai libero dalle circostanze che lo accompagnarono fin dalle sue origini → questo impero nacque sotto il segno della bancarotta e dell’eresia. 6 → RAZA Y RELIGIÓN. 1 → LOS PROGRESOS DE LA HEREJÍA. L’inquietudine del re circa l’avanzamento l’eresia aumentò enormemente con la scoperta, nel 1558, di un gruppo di protestanti in Valladolid e Siviglia. Anche Castiglia, una delle terre più cattoliche, stava per essere corrotta dall’eresia? Questa scoperta sembrò molto allarmante ma, in realtà, ciò era immotivato → la presunta eresia di queste comunità rappresentava semplicemente la parte finale di una storia composta da pratiche eterodosse que era iniziata molti anni addietro. Durate gli ultimi anni del XV secolo in Spagna erano sorte varie correnti diverse da quella ortodossa tradizionale. Gli stretti contatti, alla fine del medioevo, tra Spagna, Paesi Bassi e Italia avevano introdotto nuove idee. Nei Paesi Bassi, la cristianità aveva sviluppato una poderosa corrente pietista contro la formalità delle cerimonie. A Firenze, la cristianità aveva acquisito una carattere visionario e apocalittico. Queste due correnti trovarono appiglio in Spagna e, alla fine del XVI secolo iniziarono a prendere la forma di un movimento religioso. 16 L’evento decisivo fu, a quanto pare, la conversione di una religiosa dell’ordine francescano, Isabel de la Cruz, che si dedicò a organizzare centri di devozione ad Alcalá, Toledo e in altre città. Sotto la sua influenza, gli illuministi (suoi seguaci), abbandonarono l’approssimazione visionaria della cristianità in favore di una specie di passività mistica. Questa passività è conosciuta con il nome di ‘dejamiento’ → diretta alla comunione diretta dell’anima con Dio mediante un processo di purificazione interiore che termina con la sottomissione totale alla volontà divina. Questa corrente trionfò particolarmente a Escalona. Gli esiti di Isabel de la Cruz furono fonte di preoccupazione per l’Inquisizione. Con il tempo, inoltre, il luteranesimo di era diffuso rapidamente in Germania → l’Inquisizione era decisa ad evitare la sua apparizione in Spagna. 1525 → l’Inquisizione pubblicò un decreto contro l’eresia luterana, sospettando che essa fosse strettamente collegata anche agli illuministi poiché entrambi i movimenti ponevano maggiore attenzione sulla religione interiore a spese dell’aspetto formale e cerimoniale. Il Santo Ufficio incontrò poche difficolta nella lotta contro gli illuministi → ogni persona sospettata di farne parte, veniva immediatamente messa sotto stretta osservazione, come capitò a Ignacio de Loyola. Quindi, il movimento illuminista fu efficacemente controllato. Nel corso della sua campagna contro l’illuminismo, il Santo Ufficio comprese che questo movimento trovava una controparte nell’erasmismo, che era diventato molto popolare tra gli intellettuali spagnoli del tempo. Le dottrine di Erasmo, in rigor di massima, non erano considerate eretiche ma gli ortodossi più estremisti le temevano per varie ragioni. Essi credevano che l’erasmismo aiutasse e stimolasse i luterani a porre l’accento sugli aspetti interiori della religione a spesa dei formalismi e delle cerimonie → i loro sospetti si rafforzano con la scoperta di contatti tra le comunità illuministe e gli erasmisti. È possibile che esista anche un’altra spiegazione per l’odio che gli estremisti ortodossi provavano per Erasmo → l’erasmismo era una dottrina straniera che godeva dell’appoggio dei cortigiani e dei consiglieri di un imperatore straniero. Lo stimolo per la rivolta dei comuneros era stato l’odio per le idee e i costumi stranieri e non è sbagliato vedere l’odio nei confronti degli erasmisti come una continuazione della campagna contro le influenze straniere che aveva caratterizzato la rivolta castigliana. Nonostante i comuneros furono sconfitti, era un fatto naturale che molte delle loro idee inspirarono le generazioni successive, sostenute dai membri più conservatori degli ordini religiosi. Contro questo schieramento, c’erano invece tutte quelle persone che, nelle università, nella chiesa e nell’amministrazione reale erano entrati in contatto ed erano rimasti affascinati dall’Europa del Rinascimento → queste persone erano decise a non innalzare delle barriere di fronte alla possibilità di ricevere queste influenze in Spagna. Per loro, Erasmo, era il simbolo in un nuovo sapere, straordinariamente seducente per via del suo carattere cosmopolita. La lotta tra ersasmisti e anti esrasmisti acquisì la matrice di un conflitto tra idee opposte circa la strada che doveva intraprendere la Spagna. 17 Inoltre, si prestò molta attenzione nell’evitare matrimoni che potessero contaminare le famiglie. Verso la metà del XVI secolo, quindi, l’ortodossia in Spagna era arrivata a significare non solo la professione di una rigida fede ortodossa, ma anche il possesso di un’ascendenza strettamente ortodossa. L’ossessione per l’ascendenza produsse l’effetto generale di confermare nella mente del popolo quello che pensava Filippo II → che esistesse una correlazione tra eresia e un passato non cristiano. Questo contribuì a ri affermare il potere nelle mani di una ridotta e chiusa classe di cristiani vecchi di mentalità tradizionalista, decisi a rinchiudere il paese all’interno di convenzioni definite da loro stessi. Questi erano uomini estremamente influenti nella chiesa, negli ordini religiosi e nell’inquisizione e presero nelle loro mani il destino della Spagna nella decade cruciale → 1550-1560. 3 → LA ESPAÑA DE LA CONTRARREFORMA. Nonostante le persecuzioni e l’accettazione del concetto della purezza di sangue segnarono molto la Spagna, furono gli eventi che seguirono la fine del Concilio di Trento, avvenuti tra il 1556 e il 1563, che non permisero più al paese di fare marcia indietro. Durante questi anni, la Spagna del Rinascimento, completamente aperta alle influenze umaniste europee, si trasformò nella ‘semicerrada’ Spagna della controriforma → questo segnò un ‘raffreddamento’ del clima spirituale europeo. Ginevra si convertì nel centro protestante più dogmatico e sfumarono le ultime speranze di riconciliare Roma e i protestanti → Ginevra si preparava alla guerra, Roma, con il Concilio, l’Inquisizione e l’Indice, si preparava a combattere. In questa atmosfera di conflitto, nel 1557 e nel 1558, si scoprirono le comunità protestanti di Siviglia e Valladolid. La reazione violenta dell’Inquisizione potrebbe essere, in parte, attribuita al suo desiderio di migliorare la propria posizione agli occhi della corona, però dimostra anche un preoccupazione reale di fronte ai progressi dell’eresia nonostante tutto i suo sforzi di repressione. Non solo le comunità eretiche dovevano essere disciolte, ma bisognava impegnarsi di più per proteggere la Spagna dalle influenze straniere. 1558 → la sorella di Filippo II, Juana, attuando come reggente, firmò un decreto que proibiva l’importazione di libri stranieri e ordinava che tutti i libri stampati in Spagna dovessero essere prima approvati dal Consejo de Castilla. Inoltre, il decreto proibiva anche agli studiosi spagnoli di effettuare studi all’estero. Questa legge non fu il primo tentativo di introdurre la censura in Spagna → già nel 1502, con un altro decreto, si ordinava che tutti i libri stampati in Spagna o importati dovessero essere provvisti di una licenza, rilasciata da esponenti religiosi. Inoltre, erano anche esistite proibizioni periodiche riguardanti alcune opere → i re cattolici proibirono la lettura delle Sacri Scritture in lingua vernacolare. 1545 → l’Inquisizione elaborò quello che sembra essere il primo Indice spagnolo, seguito nel 1551 da un altro. 1559 → nuovo indice più ampio e severo → proibiva l’opera di Erasmo o molte altre opere religiose che godevano di molta popolarità. 20 Inoltre, l’Inquisizione impose le sue decisione con una severità senza precedenti → vennero organizzate perfino ispezioni sistematiche nelle biblioteche pubbliche e private. Tutte queste decisioni costituirono indubbiamente un duro colpo per la vita intellettuale spagnola → minarono la sicurezza dell’uomo di lettere spagnolo e aggiunsero una nuova barriera alle altre che si alzavano già in Spagna per impedire la circolazione delle idee. È difficile determinare fino a che punto ne risentirono le reazioni della Spagna con la comunità culturale europea. La proibizione per gli spagnolo di realizzare studi all’estero limitò sicuramente una ricca fonte di contatto con le idee nate all’estero, però sembra che questo divieto non divenne mai totale e, nella seconda metà del XVI secolo molti spagnoli si trovavano nelle università italiane, francesi e olandesi. Tra il Spagna-Italia e Spagna-Olanda non si produsse mai una rottura del loro rapporto. L’Italia, già dal XV secolo, rappresentava una fonte costante di ispirazione intellettuale e artistica per la Spagna, che, a sua volta, trasmetteva le idee italiane e le proprie in Francia e nel nord Europa. Questa corrente verso nord di cultura, che passava per la Spagna, non fu intaccata dalla crisi religiosa → anzi, l’influenza spagnola sulla vita culturale del nord Europa fu un fenomeno in aumento. Tuttavia, i decreti del 1551, 1558 e1559 implicarono un ripiegamento su se stessa della Spagna → l’Europa era ormai divisa e ogni parte aveva innalzato delle barriere di fonte alle credenze religiose altrui. In questo conflitto internazionale di fine XVI secolo, la posizione dominante della Spagna e la sua potenziale vulnerabilità, la resero estremamente sensibile ai pericoli della sommossa religiosa. Durante il regno di Carlo V, le relazioni tra i papi e un imperatore che aveva interessi territoriali in Italia, furono particolarmente tese e, durante il pontificato di Paolo IV, Spagna e Santa Sede erano giunte ad una situazione di guerra dichiarata. Alla morte di Paolo IV, Filippo II utilizzò la sua influenza sul concave per assicurarsi l’elezione di un papa più gestibile → tuttavia, il nuovo papa, Pio IV, si trovò lo stesso in disaccordo con la Spagna. Ciò peggioro di nuovo le relazioni tra Roma e il suo alleato più potente. La lotta tra Filippo II e il papato servì solamente per indebolire la controriforma in un periodo cruciale → tuttavia, non ci fu mai una rottura aperta poiché Roma aveva bisogno dell’aiuto militare spagnolo e Filippo II aveva bisogno degli ingressi economici che gli provvedeva la chiesa. 4 → LA CRISIS DE LOS AÑOS SESENTA. La bancarotta del 1557 rese impossibile il proseguimento della guerra tra Francia e Spagna → inoltre, entrambe le nazioni erano preoccupate per l'estensione dell'eresia protestante in Francia ed anche dal pericolo turco. Giravano voci circa un crescente indebolimento del potere ottomano → questo indicava che poteva essere il momento giusto per recuperare le azioni offensive nel Mediterraneo. Ciò, tuttavia, risultava impossibile se la guerra tra Francia e Spagna fosse continuata. 21 Filippo II decise di conseguire una tregua di 12 anni e di prepararne un'altra nel Mediterraneo. Per fare ciò, era necessario un aumento delle tasse → la Spagna aveva bisogno di più barche. Nei primi anni del 1560, mentre la Spagna stava preparando la sua guerra nel Mediterraneo, ricevette vari avvisi sempre più chiari del fatto che l'Islam non era il suo unico nemico e le sue coste meridionali ed orientali non erano le uniche frontiere esposte agli attacchi. L'espansione del calvinismo e l'inizio delle guerre di religione in Francia, costituirono per la prima volta lo spettro di un potere protestante nella frontiera settentrionale spagnola. Questo era già abbastanza grave, però stava per succedere qualcosa di peggiore. Il disco intento nei Paesi Bassi spagnoli crebbe, l'eresia si estese tra la popolazione e bande di calvinisti saccheggiarono le chiese. Filippo II si trova così ad affrontare l'eresia della ribellione di una delle parti più importanti del suo patrimonio. Avrebbe dovuto tornare nelle Fiandre per imporre, personalmente, la sua autorità? Avrebbe dovuto adottare una politica moderata oppure ordinare un'azione militare contro ribelli? Un'azione militare richiedeva di denaro però, fortunatamente, la situazione finanziaria della corona stava iniziando a migliorare. Tra il 1562 e il 1563 la depressione che minacciava il commercio con il nuovo mondo, si allontanò gradualmente e le importazioni di argento iniziarono ad aumentare → il potere spagnolo iniziò a rivivere. Per questo motivo, il re decise di reprimere la ribellione → inviò il duca di Alba con un esercito per reprimere la rivolta. Questa guerra, veniva vista dal re e dai suoi soldati come una crociata religiosa tra un esercito cattolico e un popolo ribelle ed eretico → per Filippo II, di fatto, eresia e ribellione erano sinonimi. 1568 → la guerra iniziò ad estendersi fino al mare, dove i protestanti avevano la loro forza principale e la Spagna era più debole. La guerra tra la Spagna e il protestantesimo internazionale fu essenzialmente una guerra navale che si sviluppò nel Canale della Manica → per questo motivo, le possessioni americane della Spagna non erano più sicure. La smisurata sensibilità del sovrano di fronte ai pericoli dell’eresia, fu dimostrata dal suo comportamento circa il principato della Catalogna → principato era uno dei settori più deboli, sia per la sua situazione di esposizione, sia per il fatto che l'estensione dei suoi privilegi rendeva difficile gestirlo. Se l'eresia fosse arrivata fino in Catalogna, la situazione sarebbe stata straordinariamente grave → il principato riuniva in sé tutte le caratteristiche necessarie per convertirsi in un secondo ‘Paesi Bassi’, ovvero, una potente tradizione di indipendenza, le sue proprie leggi e privilegi e un odio verso la Castiglia accentuato da differenze linguistiche e culturali. Di conseguenza, man mano che aumentava la pressione sulla frontiera catalana, crescevano i timori del re. 1568 → anno del pericolo catalano, della rottura delle comunicazioni marittime e della detenzione e morte del figlio ed erede di Filippo II. 22 Esisteva una nuova sicurezza nella Castiglia degli anni sessanta → questa fu un’epoca di straordinaria attività nella vita spirituale castigliana, un’attività che si manifestava su molti piani e che si estendeva a molte sfere. Questa attività, per esempio, si vedeva riflessa nel movimento riformatore degli ordini religiosi. Santa Teresa → fondò nel 1562 ad Ávila il primo convento delle Carmelitas Descalzas. Insieme a questa riforma degli ordini già esistenti, se ne crearono nuovi e si stabilirono nuovi conventi. Si diede anche molto impulso alle fondazioni benefiche → si crearono molti ospedali, case di accoglienza, case di cura. L’intensa attività religiosa della fine del XVI secolo e la nascita di una forte coscienza sociale attenta alle sofferenze dei malati e dei poveri, era parte di una risposta al programma formulato dal Concilio di Trento. Dal momento che la minaccia protestante verso Roma cresceva, la necessitò di una riforma iniziò ad essere accettata e considerata urgente. Nonostante il Concilio di Trento diede un poderoso impulso all’attività religiosa, bisogna riconoscere che gran parte di questa attività derivava da movimenti spirituali che già esistevano in Spagna. Sicuramente l’illuminismo e l’erasmismo furono formalmente soppressi però il fervore spirituale che in principio li aveva ispirati aprì il cammino a nuove vie. In particolare, le caratteristiche neoplatoniche di questi movimenti e la loro insistenza sull’interiorità e la comunione diretta dell’anima con Dio, provocarono una profonda risposta nei monasteri e nei conventi. In queste istituzioni, acquisì la forma di misticismo che costituisce una delle glorie della Castiglia di fine XVI secolo. L’Inquisizione reagì includendo un grande numero di opere mistiche nel suo indice. Convinta, poi, che un movimento mistico potesse essere facilmente controllato nei monasteri e che non rappresentasse un percolo, l’Inquisizione cambiò la sua politica e decise di tollerare i mistici. Il risultato fu una straordinaria schiusa della letteratura mistica e ascetica. Numerosi mistici trovarono nella religione personale un rifugio di fronte alla confusione e al disordine del mondo, però altri preferirono affrontare direttamente i problemi religiosi e intellettuali dell’epoca. Il più urgente di tutti, nel mondo della controriforma, era quello della relazione tra religione e cultura umanista del Rinascimento. In alcuni terreni, come quello del pensiero politico, l’opposizione era chiarissima → nell’umanesimo si vedeva del paganismo. L’umanesimo del Rinascimento trovò la sua espressione filosofia nel neoplatonismo, verso il quale si sentivano particolarmente attratti gli scrittori spagnoli dell’inizio del secolo. Questo neoplatonismo era molto evidente nella tendenza della novella pastorale, con la sua visione idealizzata di un paradiso terreste → visione difficile da riconciliare con la dottrina cristiana della caduta dell’uomo. Questa incompatibilità fondamentale significava che, presto o tardi, si sarebbe prodotta una reazione sia contro l’idealismo della cultura del Rinascimento che contro le sua enfasi sull’antropocentrismo. 25 La fusione degli ideali del Rinascimento e della controriforma costituì la missione da portare a termine nelle ultime decadi del XVI secolo. Nella letteratura, ciò prese la forma di un passaggio graduale dall’idealismo al realismo → un realismo preoccupato per un mondo corrotto dalla condizione di peccato dell’uomo, la cui redenzione può arrivare solo mediante la realizzazione di opere buone e una sicurezza assoluta circa la grazia di Dio. Nonostante il Lazarillo avesse un tono realista, l’opera che meglio rappresenta questo passaggio è il Guzmán de Alfarache di Mateo Alemán → opera che converte i ricordi di un picaro di una biografia di un peccatore convertito, libro in cui il senso del peccato è straordinariamente sentito. Non solo esisteva nelle opere, di fine XVI secolo e inizi XVII, una nuova consapevolezza della condizione peccatrice dell’uomo, però anche una nuova preoccupazione per la psicologia umana (forse grazie ai movimenti mistici). Tuttavia, si necessitava di un nuovo fattore per completare il passaggio dall’idealismo al realismo crudo → bisognava incavolare i problemi morali e materiali dell’individuo in base al suo contesto sociale. Furono le disgrazie che si abbatterono sulla Spagna, negli ultimi anni del secolo, ciò che diede un forte impulso a molti scrittori spagnoli a cercare di comprendere l’inesplicabile complessità della vita, a vedere, con disillusione, lo sprofondamento di una nazione che sembrava essere stata abbandonata da Dio. Indubbiamente, il conflitto religioso internazionale di fine secolo, operò come poderoso incentivo sulla sensibilità religiosa e intellettuale spagnola.. 7 → UN MONARCA, UN IMPERIO Y UNA ESPADA. 1 → EL REY Y LA CORTE. Il re vedeva nell'unità sotto la sua direzione personale l’unica speranza di salvezza per un mondo in guerra e abbandonato all’eresia. Come re, doveva esercitare un doppio compito → in primo luogo, per Dio e in secondo luogo, attraverso la designazione divina, per i suoi sudditi, dei quali era umile servitore. Il re doveva lavorare per il popolo che gli era stato assegnato → il suo compito consisteva nel proteggerlo dai nemici esterni e dispensare giustizia all’interno. Questo perché l'essenza del buon governo risiedeva nel fatto che fosse un governo giusto, nel quale il re ricompensava il buono e castigava il cattivo, un governo nel quale tutti gli uomini, a prescindere dal loro rango, dovevano godere del possesso inalienabile dei loro diritti. Carlo V aveva instillato nella mente di suo figlio un alto senso del dovere → Filippo II si comparò sempre con suo padre e cercò disperatamente di vivere in accordo con il modello idealizzato di grande imperatore. Questo lo rese straordinariamente cosciente delle sue proprie limitazioni. Il suo sentimento di incapacità non felice altro che aumentare la sua indecisione → uomo debole, si rivolse sempre in cerca di consigli altrui. Però, insieme ai suoi dubbi e alle sue incertezze, vanno anche riconosciuti un ferreo senso del dovere nei confronti di Dio e dei suoi sudditi e un desiderio di vivere in accordo con le alte obbligazioni morali inerenti ad un determinato concetto di realtà. Dal momento che tutto il potere della re derivava da Dio, egli era moralmente obbligato a preservare la giustizia e a riparare gli oltraggi → Filippo II accetto questo compito con estrema serietà. 26 Di fronte al re, i contemporanei si sentivano fortemente impressionati → soprattutto per la sua volontà di lasciare che la giustizia seguisse il suo corso, anche a spese di interessi personali. 1561 → la corte spagnola, che si era sempre spostata di città in città, si trasferì da Toledo a Madrid, che fu gradualmente riconosciuta come capitale del regno. A differenza di quello di Carlo V, il governo di Filippo II fu essenzialmente un governo fisso, fatto di enormi implicazioni per il futuro dei suoi territori. L'elezione di una capitale, sia centrale che remota, contraddiceva una delle basi fondamentali della monarchia spagnola → se i diversi territori che formavano la monarchia erano considerati come unità indipendenti e collocati allo stesso livello, tutti meritavano un grado di considerazione identico. La decisione di stabilire una capitale permanente, significava, quindi, la rinuncia alla pratica carolingia della monarchia ambulante (pratica che aveva il vantaggio di dare, di volta in volta, prove al popolo del fatto che il re non avesse dimenticato i suoi territori). La monarchia di Filippo non era in nessun modo una monarchia spagnola → in realtà, più passava il tempo e più il suo atteggiamento si avvicinava a quello castigliano. Inoltre, anche se non era intenzione del re, la sua elezione di una capitale situata nel cuore della Castiglia, donava al suo governo un colore castigliano. La conseguenza dell'immediato isolamento del re nel cuore della Castiglia, fu quella di confermare i sospetti latenti dei non castigliani rispetto alle intenzioni castigliane. La mutua rivalità tra aragonesi e castigliani, che aveva tanto agitato il regno dei re cattolici, si convertì, verso la fine del regno di Carlo V, in un disprezzo da parte dei castigliani per gli aragonesi e in una profonda preoccupazione per la Corona di Aragona circa le intenzioni castigliane. La scelta di Castiglia per lo stabilimento di una capitale e il conseguente processo graduale di castiglianizzazione, furono destinati ad introdurre cambiamenti, a modificare la situazione costituzionale delle province e le loro relazioni con il re. C'erano due possibili esiti a queste decisioni → i differenti stati della monarchia potevano essere privati dei loro privilegi e governati con le leggi della Castiglia, oppure potevano mantenere le loro strutture costituzionali, le loro leggi e i loro privilegi. Quindi, durante i primi anni del regno di Filippo, si scontrarono due possibili soluzioni al problema dell'organizzazione imperiale → una soluzione castigliana e una federalista. Questo problema si fece più urgente con la ribellione, nel 1566, dei Paesi Bassi → a seconda di come il re avesse deciso di agire, avrebbe potuto scatenare il timore, nei suoi altri sudditi, di essere i prossimi ad essere sottomessi. 2 → LAS LUCHAS DE PARTIDOS. L'esistenza del sistema governativo di Filippo II, era la combinazione del lavoro dei consigli con l'azione reale. Il re in persona era l'esecutore, esaminava i problemi, dettava ordini e supervisionava il lavoro dei suoi segretari. In base a ciò, si potrebbe dire che Filippo era il suo stesso segretario. 27 Nonostante l’unione con la Castiglia fu accettata con molto disgusto dal popolo portoghese, l’aristocrazia e l’alto clero appoggiarono il re, così come i gesuiti portoghesi. Inoltre, per ragioni economiche, il Portogallo necessitava l’unione politica con la Spagna. 1581 → Filippo II giurò di rispettare tutte le leggi e i costumi del Portogallo e ne fu riconosciuto legittimo sovrano. Per assistere il re, si creò un Consejo de Portugal per occuparsi di tutte le questioni portoghesi. Questa unione durò sessant’anni e fu proclamata sotto il segno di condizioni vicine alla soluzione aragonese. Di fatto, il Portogallo fu annesso esattamente nello stesso modo in cui fu annessa la Corona di Aragona cento anni prima → conservando le proprie leggi, le proprie istituzioni, il proprio sistema monetario. Questa estensione però suscitò problemi simili ad altri che già affliggevano la monarchia → se il re di ogni territorio era anche il re di tutti gli altri, come poteva conciliare gli obblighi nei confronti di ciascun territorio con quelli degli altri? Nei due anni successivi all’annessione del Portogallo Filippo II risiedette a Lisbona → nel 1583 fece ritorno a Madrid nominando suo nipote governatore del paese. 4 → LA REVUELTA DE ARAGÓN (1591-1592). Il problema che si verificò ad Aragona negli anni ’80 e all’inizio dei ’90 è un esempio del problema fondamentale di tutta la monarchia spagnola → il problema delle relazioni tra un re assente e sempre più castigliano e dei sudditi attaccati ai loro privilegi, timorosi di perderli molto presto. Nella decade del 1580, il regno di Aragona si era convertito in uno dei possedimenti di Filippo II più difficile da governare e le circostanze che vi si crearono richiedevano l’intervento reale. Aragona, al contrario della Catalogna, riuscì ad evitare la guerra civile nel XV secolo, però, per questa stessa ragione, non arrivò ad accordi soddisfacenti circa la questione agraria. Nel corso del XVI secolo, le relazioni tra vassalli e signori peggiorarono molto → una delle cause di ciò fu la presenza della popolazione mora, gran parte della quale impiegata nelle terre dei signori laici ed ecclesiastici. In un’epoca di crescita demografica generale, la popolazione dii cristiani vecchi si sentiva minacciata dalla situazione privilegiata dei mori ed esisteva una guerra sorda tra i mori che lavoravano nei campi e i cristiani vecchi. Questi mori, inoltre, godevano della protezione dei loro signori che irritava ulteriormente il resto della popolazione rurale. Uno dei problemi più gravi si verificò in una delle maggiori signorie di Aragona, Ribagorza → signoria che si estendeva da Monzón fino ai Pirenei. Dal punto di vista strategico, la sua annessione ai domini reali era molto desiderabile e il duca di Villahermosa, il suo signore, spaventato dagli atteggiamenti ribelli dei suoi vassalli, non desiderava altro. Tuttavia, l’incorporazione di Rigagorza alle terre della corona non avvenne → ciò, probabilmente capitò a causa delle macchinazione del conte Chinchón, tesoriere generale del consiglio di Aragona. 30 Chinchón era nemico della famiglia del duca di Villahermosa per motivi familiari → il figlio del dica aveva sentenziato a more la sua sposa per adulterio, sentenza poi compiuta. La vittima era la sorella di Chinchón. Quando il re decise di intervenire ad Aragona, la soluzione migliore per controllarla gli sembrò revocare tutti i suoi privilegi ed eleggere un vice re imparziale che non fosse di origini aragonesi → per questo, inviò ad Aragona il marchese Almenara. Le classi dirigenti aragonesi si sentirono profondamente preoccupate di fronte a quello che gli sembrava un altro tentativo castigliano di appropriarsi della Corona di Aragona. Pochi giorni prima l’arrivo di Almenara, inoltre, un personaggio molto scomodo al re fece la sua apparizione ad Aragona → il suo ex segretario Antonio Pérez. Pérez → era rimasto imprigionato sotto tortura per molto tempo con il sentivo di estorcergli informazioni circa l’assassinio di Escobedo. Pérez riuscì a scappare dalla sua prigione a Madrid e, attraversando la frontiera, raggiunse Aragona, dove poteva considerarsi salvo La fuga di Pérez fu una notizia sconvolgente per il re → Pérez era depositario di molti segreti di stato e solo il fatto che fosse libero era di per sé grave. Tuttavia, il peggio era che adesso si trovava in un regno nel quale i poteri del re erano limitati e nel quale stava aumentando il discontento e l’inquietudine. Capendo che presentando una denuncia contro il suo ex segretario Filippo II faceva soprattutto del male a sé stesso, ricorse disperatamente alla sua ultima speranza → il tribunale dell’Inquisizione. Quando Pérez fu prelevato furtivamente dalla sua abitazione per essere condotto in prigione dall’Inquisizione, il popolo di Zaragoza di ribellò ed ottenne la liberazione di Pérez → il popolo, inoltre, assaltò il palazzo di Almenara e lo picchiò talmente ferocemente che il marchese morì due settimane dopo. La notizia del sollevamento di Zaragoza ripropose a Filippo II un problema che per molto aveva cercato di evitare → doveva o no inviare un esercito in Aragona? Inviare un esercito comportava molti pericoli → specialmente quello che vedeva catalani e valenciani unirsi in aiuto degli aragonesi. Tuttavia, più passava il tempo e più risultò impossibile evitare l’uso della forza → Pérez stava facendo di tutto per fomentare il popolo facendogli credere che Filippo II era intenzionato a sottometterli. Nel 1591, quando si provò di nuovo ad arrestare Pérez, il popolo accorse di nuovo in sui aiuto e Pérez fuggi con l’intenzione di scappare in Francia (cosa che poi non fece, rimanendo a Zaragoza sotto copertura per dirigere una rivoluzione finalizzata a convertire Aragona in una repubblica sotto la protezione francese). Questi avvenimenti convinsero il re ad inviare un esercito → la maggior parte degli aragonesi non offrirono alcune resistenza a questo esercito reale poiché lo vedevano come una liberazione dall’oppressione aristocratica. I catalani anche decisero di non intervenire e, vedendo che tutto era perduto, Pérez fuggì in Francia il giorni prima che l’esercito fece il suo ingresso a Zaragoza. La rivolta aragonese era finita e l’unità spagnola salva → la ribellione aveva dimostrato sia la debolezza che la forza del re spagnolo. 31 Debolezza → emerse dalla mancanza di un effettivo controllo reale su un regno che godeva di molti privilegi come l’Aragona. Forza → evidenziata dalle divisioni sociali del paese che riuscirono a convertire la rivolta in un mero movimento della città di Zaragoza. Dopo la rivolta, Filippo II, particolarmente sensibile alla giustizia, decise di mantenere intatto il sistema politico semi-autonomo di Aragona. Tanto l’annessione del Portogallo come la risposta alla rivolta aragonese dimostrarono che il re seguiva fedelmente il proprio senso del dovere e il concetto paterno di una monarchia integrata da differenti stati individualizzati, legati ad un unico sovrano ma con governi, leggi e costumi propri. I portoghesi e gli aragonesi continuarono a lamentarsi per sentirsi dimenticati da un re che li visitava raramente e che era circondato da castigliani. Di fatto, la monarchia continuò ad essere una monarchia prevalentemente castigliana con, però, un’organizzazione politica aragonese → questa soluzione non soddisfaceva nessuno. I castigliani si lamentavano di avere sulle spalle tutta la responsabilità finanziare senza poter imporre le loro volontà sulle province piene di privilegi ‘arcaici’. I non castigliani si lamentavano del monopolio castigliano e sul dominio che i castigliani esercitavano sul re. 8 → ESPLENDOR Y MISERIA. 1 → LA CRISIS DE LOS AÑOS NOVENTA. Durante gli anni ’90 ci furono molti indizi circa il fatto che l’economia castigliana era sul punto del collasso. Il ricco flusso di argento aveva spinto il re a lanciarsi in vaste imprese che divoravano gli ingressi e aumentavano la montagna di debiti. Le fonti di ingresso castigliane tradizionali non bastavano per coprire le necessità della corona → divenne necessario integrarle con una nuova imposta che arriverà a pesare molto sulla storia fiscale castigliana del XVII secolo. Questa nuova imposta era la sisa, che Carlo V aveva tentato in vano di introdurre. Adesso, una volta ancora, erano i poveri che dovevano caricarsi di quasi tutto il peso economico. Inevitabilmente, una tassazione del genere fece salire il costo della vita in Castiglia. In questa situazione, le domande erano molte → poteva la Castiglia resistere senza cadere in un disastro economico? L’America avrebbe continuato a fornire le stesse ricche quantità di argento? Bastavano questi ingressi per sostenere le avventure imperialiste di Filippo II? quest’ultima domanda ottenne una risposta molto brutale → nel 1596 Filippo II revocò tutti i pagamenti ai suoi creditori poiché la corona era nuovamente in bancarotta. Questa volta, come nelle occasioni precedenti, si arrivò ad un accordo con i banchieri → ci si accordò per rimborsare i debiti pendenti sotto forma di ‘juros’. La capitale finanziaria della Spagna, Medina del Campo, fu una delle città che risentì di più di questa crisi finanziaria. 32 delusione che era già iniziata con la sconfitta dell’Armata Invincibile. La sequenza ininterrotta di disastri ruppe definitivamente l’equilibro della Castiglia. Gli ideali che erano stati sostenuti durante lunghi anni di lotta erano adesso caduti → il paese si vide tradito, la Castiglia del 1600 era una paese che improvvisamente aveva perso il suo senso di destino nazionale. I castigliani ì, di fronte a ciò, reagirono in maniere diverse → l’ottimismo fu sostituito da amarezza e cinismo o, nel migliore dei casi, da rassegnazione davanti alla sconfitta. Il nuovo atteggiamento fatalista e disingannato rafforzò in modo naturale certe tendenze latenti che furono alimentate già nel XVI secolo. Questi avvenimento che si verificarono al cambio di secolo accrebbero il sentimento di insicurezza e di fatalismo → era il fatalismo ciò che caratterizzava la mentalità del picaro e, il XVII scolo è, soprattutto, l’epoca del picaro che vive alla giornata, oggi affamato e domani sazio però mai all’opera. ‘Vogliamo mangiare senza lavorare’ → parole che potrebbero essere indirizzate dia castigliani. Fu in mezzo a questo ambiente di disinganno e delusione nazionale che Cervantes scrisse il suo Don Chisciotte, la cui prima parte apparì nel 1605 e la seconda nel 1614. Nell’opera di Cervantes è possibile vedere una nazione che si era lanciata in una crociata e che è finita poi per comprendere che stava lottando contro mulini a vento. Alla fine non restava altro che il disinganno, poiché alla fine la realtà riemerge sempre dalle illusioni. Gli eventi degli anni novanta hanno rivelato improvvisamente ai castigliani la dura verità circa la loro terra natale. Spinti da questo clima, un gruppo di patrioti decisero di analizzare i mali che affliggevano la loro società malata → questi umani, chiamati arbitristi, diedero alla crisi castigliana un carattere speciale. Questo periodo non fu solo un periodo di crisi ma anche di coscienza della crisi → di un’amara comprensione circa il disastroso andamento delle cose. Sotto l’influenza degli arbitristi, la Castiglia degli inizi del XVII secolo, si lanciò freneticamente in un’introspezione nazionale nel disperato intento di scoprire fino a che punto la realtà era stata camuffata dalle illusioni. Tuttavia, gli arbitristi non si limitavano solo ad analizzare → si sforzarono anche di consigliare soluzioni ed anche il più pessimista di loro conservava sempre un po’ di ottimismo circa un futuro miglioramento. Come conseguenza di tutto ciò, il governo di Filippo III si vide bombardati di consigli e progetti (sia sensati che fantastici) per la restaurazione della Castiglia. 2 → EL FRACASO DE LA DIRRECCIÓN. Per quanto assurde fossero la maggior parte delle proposte degli arbitristi fatte a Filippo III, in esse figuravano anche idee sensate per dormire la base ad un intelligente programma di riforma. Gli arbitristi proponevano che le richieste del governo venissero ridotte, che si studiasse un sistema tributario al quale contribuissero tutti i domini della corona, che si stimolasse l’immigrazione per ripopolare la Castiglia, che si 35 irrigassero i campi, che si rendessero navigabili i fiumi e che si proteggesse e stimolasse l’agricoltura e l’industria. Di per sé, non c’era niente di impossibile in un programma del genere però tutto dipendeva dal carattere del nuovo governo. Filippo III aveva vent’anni quando ascese al trono → era un ragazzo pallido e anonimo la cui virtù sembrava risiedere nella totale assenza di vizi. Prima della morte di suo padre cadde sotto l’influenza di un aristocratico valenciano, il marchese di Denia, che si assicurò di collocare amici e parente nel governo. Presto risultò evidente che era poco probabile che il governo di Denia introducesse le riforme richieste → il suo principale interesse era arricchirsi e mantenere il potere. Per gli spagnoli risultava difficile abituarsi velocemente ad un sistema nel quale il re si limitava a regnare mentre il suo favorito, Denia, governava. La direzione presa dal governo nel XVII secolo mirava alla creazione di piccoli comitati di ministri che attaccano indipendentemente dai consigli → l’efficacia di ciò difendeva dalla qualità degli uomini designati a tale incarico. L’elezione di consiglieri da parte di Denia fu sempre disastrosa → vennero sempre elevanti i personaggi meno raccomandabili. Questo governo non poteva offrire prospettive speranzose circa la grande campagna di riforma e rinnovamento che gli arbitristi e il paese intero reclamavano. Una delle imprese più importanti con la quale si trovò a fare i conti il governo dell’epoca era quella di uniformare i contributi fiscali delle differenti province, con la speranza di alleviare un po’ il peso dei tributi dalla Castiglia → nel fare ciò il governo fallì e fallì anche il suo tentativo di ottenere una distribuzione più equa all’interno della stessa Castiglia. Vivendo sempre nell’ansia di mantenere il potere, il governo di distinse più per quello che smise di fare che per ciò che realmente fece → la caccia, il teatro e le feste della corte occupavano le giornate del re e dei suoi ministri fino al punto che i rappresentanti diplomatici si lamentavano costantemente della difficoltà di ricevere udienze con il re. Problemi urgenti, come la questione fiscale castigliana o l’esenzione del brigantaggio in Catalogna, erano evitati con la vana speranza che con il tempo si sarebbero risolti da soli. L’unica azione positiva del governo fu la conclusione, nel 1609, della tregua di dodici anni con gli olandesi → decisione forzata dalla bancarotta. Ci fu un’azione che il governo doveva sbrigare con risoluzione → l’espulsione dei mori. Il decreto di espulsione venne ufficializzato il 9 aprile del 1609, stessa data nella quale si firmò la tregua di dodici anni. Sfruttando questo momento, l’umiliazione della pace con gli olandesi venne sminuita dalla gloria per la cacciata dei mori dalla Spagna → in questo modo, il 1609 sarebbe stato ricordato come un anno di vittoria e non di sconfitta. L’espulsione dei mori, preparate ed eseguita nei minimi dettagli, era l’azione di un governo debole desideroso di raggiungere popolarità in un epoca nella quale lo scontento nazionale stava aumentando. 36 Il problema dei mori era talmente complesso che un’espulsione era vista come la soluzione più facile → fondamentalmente, si trattava di una minoranza non assimilata che aveva creato parecchi problemi dalla conquista di Granada. La dispersione dei mori per tutta la Castiglia del 1570, poi, aveva solo complicato le cose espandendo il problema in aree che, fino al quel momento, erano prive di popolazione mora. Il problema dei mori, in questo modo, divenne un problema tanto castigliano come valenciano e aragonese, anche se le sue caratteristiche variavano da una regione all’altra. Valencia → il problema qui presentava maggiore gravità. I mori formavano nella città una comunità chiusa chiamata ‘la nazione dei nuovi cristiani mori del regno di Valencia’. Questa comunità provocò timori crescenti in un’epoca nella quale il pericolo turco sulle coste levantine sembrava molto reale. I mori valenciani avevano potenti protettori tra la nobiltà, i cui ingressi dipendevano, appunto, dal lavoro dei mori. Castiglia → la presenza dei mori aveva equo origine a tutta una serie di pressioni circa la loro espulsione totale dalla penisola. I mori castigliani, a differenza di quelli di Valencia, non avevano ‘messo radici’ ed erano disseminati nel paese. Mentre i mori valenciani erano per la maggior parte lavoratori agricoli, quelli castigliani erano emigrati nelle città e si erano dedicati ad una vasta gamma di lavori servili (artigiani, cocchieri, mulattieri). Dal momento che i mori della Castiglia erano sparpagliati, non rappresentavano un pericolo serio, però molti cristiani vecchi li odiavano poiché essi spendevano poco, lavoravano ancora di meno e si moltiplicavano con rapidità. Una volta mobilitato il popolo, anche la vasta macchina burocratica si mise in movimento → i mori furono condotti alle frontiere e ai porti per essere cacciati. La maggior parte fuggì in Nord Africa, dove molti morirono di fame o di fatica o furono uccisi. Le conseguenze economiche della loro espulsione non sono molto chiare → la loro importanza nell’economia variava da zona a zona. In alcune aree, la loro dipartita causò problemi molto gravi. In Castiglia, invece, dove i mori avevano vissuto disseminati, la loro espulsione non ebbe conseguenze importanti come invece capitò in Aragona e Valencia. Gli effetti sull’economia valenciana furono disastrosi → i più pregiudicati furono i nobili che si servivano della loro mano d’opera e i cui ingressi ne dipendevano. Il governo non si preoccupò molto del ‘domani’ e la cacciata dei mori esemplifica perfettamente il suo totale disinteresse per la situazione economica, la sua tendenza ad adottare le soluzioni più comode e quella di lasciarsi influenzare da pressioni popolari. 3 → LA SOCIEDAD. Fu molto facile cacciare i mori ma non eliminare le loro tracce dalla penisola → i modi di vita arabici avevano profondamente influito sulla società spagnola e, inevitabilmente, il processo mediante il quale la Spagna girò le spalle all’Africa fu lento e difficile. Era soprattutto nell’ambito della vita familiare e nel ruolo della donna che le usanze dei mori attecchirono più profondamente. 37
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