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Il Principato Romano: Augusto e la Transizione dalla Repubblica alla Monarchia, Sintesi del corso di Storia Romana

La fine della Repubblica Romana e l'ascesa di Augusto al potere, che segna l'inizio del Principato. dei problemi che Augusto affrontò dopo la fine delle guerre civili, come la questione della vestizione del potere e la successione. Vengono inoltre presentate le prime azioni di Augusto come il trasferimento del potere nelle mani del Senato e del Popolo Romano, la nomina a Augusto di imperium proconsolare e tribunicia potestas, e la riorganizzazione dello Stato e dell'esercito. Il documento illustra inoltre come Augusto si occupò di questioni economiche e culturali, come la carestia del 22 a.C. e la riorganizzazione del sistema tassario.

Tipologia: Sintesi del corso

2017/2018

Caricato il 10/07/2022

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Scarica Il Principato Romano: Augusto e la Transizione dalla Repubblica alla Monarchia e più Sintesi del corso in PDF di Storia Romana solo su Docsity! Augusto 31 a.C. - 14 d.C. “Impero romano” e “Impero dei Cesari”: Azio e la cesura tra storia repubblicana e storia del Principato Facciamo iniziare con il 31 a.C. il Principato retto da un’unica figura, il princeps. È bene ricordare che “Storia dell’Impero Romano” e “Storia dell’età imperiale” non sono dunque la stessa cosa. Nel 31 a.C. Ottaviano si ritrovò ad essere padrone assoluto dello Stato romano ma non bisogna considerare annichilita l’opposizione e soprattutto che i problemi antecedenti fossero stati risolti. L’esercito, il Senato e lo Stato versavano in una grave situazione di tensione. Agrippa fu inviato a Roma per affiancare Mecenate e far fronte ai problemi che affliggevano l’Urbe, ma tutte le misure adottate non evitarono il precipitoso e pericoloso ritorno di Ottaviano. Intanto Mecenate aveva addirittura represso un movimento insurrezionale guidato da Marco Emilio Lepido. La situazione critica continuava ancora nel 29 a.C., nonostante fosse stato celebrato con trionfi, Ottaviano, temendo una rivolta dei senatori, all’epoca della lectio senatus camminava armato! La conclusione delle guerre civili poneva il problema della veste legale da dare al potere personale del vincitore. In realtà è chiaro che l’ipotesi di un assetto monarchico era stato già dato da Cesare ma allo stesso tempo era fallito. Ottaviano, perciò, adottò delle soluzioni che furono sia restauratrici nella forma che innovative nella sostanza. Non bisogna dunque pensare che il Principato sia nato da un momento all’altro, anzi esso è frutto di tappe che hanno portato al definitivo consolidamento. Il triennio 30-27 a.C. Gli anni che vanno dal 30 al 27 a.C. furono determinanti per impostare il progetto ottavianeo. Le fonti ce ne parlano in modo diverso: - Cassio Dione: pone Agrippa contro Mecenate, facendo il primo portatore dei valori democratici e il secondo dei vantaggi e delle esigenze monarchiche; - Tacito: insiste sull’importanza rappresentata in successione dal consolato e dalla tribunicia potestas; - Velleio Patercolo: insiste sul ripristino degli ordinamenti aviti, dilaniati dai conflitti intestini; - Strabone: ribadisce che era difficile amministrare altrimenti un così grande dominio se non affidandolo ad una sola persona come se fosse un padre; - Augusto stesso nelle Res Gestae: dice che dopo aver posto fine alle guerre civili ha trasferito il suo potere nelle mani del senato e del popolo romano. Il primo atto significativo compiuto da Ottaviano fu quello di mettere nelle mani di Caio Cornelio Gallo la provincia d’Egitto. Venne anche proibito ai senatori di uscire dall’Italia senza permesso. Tutto ciò riprendeva l’interdetto di Cesare ai senatori e ai cavalieri di alto rango di impossessarsi di un territorio rimanendo per lungo periodo fuori dall’Italia. Rimaneva motivo di grande imbarazzo l’esercito: aver incorporato tutti gli eserciti degli avversari aveva creato quasi settanta legioni. Ottaviano, date le difficoltà di mantenimento e il timore di rivolte, ne lasciò soltanto ventisei e disperse le altre in Italia e nelle province, pagando le operazioni con il bottino di guerra. Dal 31 al 23 a.C., Ottaviano fu eletto console ininterrottamente pur condividendo sempre la carica con membri fidati. Ben presto si presentò un primo problema durante il consolato del 30 a.C.: il console associato Marco Licinio Crasso voleva, oltre al trionfo, il diritto di deporre le spolia opima nel tempio di Giove Feretrio a Roma. Questo era un attacco alla figura di Ottaviano e perciò gli fu negato. Nel 29 a.C. mentre era ancora in Oriente provvide ad abrogare le donazioni antoniane, ma buona parte dei titoli detenuti dagli altri maggiori principi vassalli vennero confermati. Ottaviano ritornò a Roma ricevendo una serie di festeggiamenti e onori e tre trionfi: per le campagne dalmatiche del 35- 33 a.C., per la vittoria di Azio del 31 a.C., per la vittoria sull’Egitto del 30 a.C. Negli anni 28 e 27 a.C. condivise il consolato con Agrippa, con il quale procedette alla lectio senatus, espellendo i senatori ostili e diventando princeps senatus. Nel 28 a.C. venne emessa una moneta aurea. Il rapporto tra organismi repubblicani e potere del principe: la translatio dello Stato al volere decisionale del senato e del popolo romano nel 27 a.C. Ottaviano rinunciò formalmente a tutti i suoi poteri straordinari, accettando solo il comando decennale sulle province non pacificate e sulle legioni, mentre fu dato al popolo il potere decisionale sul governo delle pacificate. Questa ripartizione dava un maggiore potere ad Ottaviano sulla maggior parte delle forze legionarie disponibili e tendeva ad evitare che altri generali potessero conquistare gloria. Tuttavia, all’inizio questa distinzione non fu così netta. Qualche giorno dopo venne proclamato “Augusto”, nomina che lo proiettava in una dimensione sacrale. Gli venne fatta la concessione della corona civica di quercia e di uno scudo d’oro appeso nell’aula del senato sul quale erano elencate le sue virtù. Il nuovo assetto istituzionale si rivelava ispirato alla prudenza e al compromesso con la tradizione repubblicana senatoriale. Vennero superate le istituzioni della città-Stato che risultarono inadeguate. Le strutture della repubblica ù divennero più regolari di quanto non lo fossero in età di Cesare. Tuttavia, nacque la figura centrale del princeps, punto di riferimento e di equilibrio della nuova realtà imperiale. Dal 26 al 23 a.C. Dal 26 al 23 a.C. continuò ad essere eletto console insieme ai suoi fedeli o comunque ai cesariani. Tra il 27 e il 25 a.C. si recò in Gallia e nella Spagna settentrionale dove sconfisse gli Asturi e i Cantabri e provvedere alla pacificazione dei territori provinciali: ciò rafforzava il contatto con l’esercito e i veterani. Negli anni successivi adottò questa politica di alternanza tra residenza a Roma e nelle province, affinché il nuovo ordine potesse compiersi gradualmente e per rispettare la prassi secondo cui Roma era in mano al senato e lui, come console e poi promagistrato dopo il 23 a.C., trattenersi nelle province. Nel 26 a.C., durante la battaglia contro i Cantabri, si ammalò e non poté continuare la campagna. La crisi del 23 a.C. In Spagna, nel 26 a.C., Augusto si ammalò e fu costretto a fare ritorno a Roma, dove si aggravò e fu quasi sul punto di morire. Si venne a creare il problema della successione, problema che in realtà non avrebbe avuto motivo di esistere dato che i poteri conferiti ad Augusto erano personali e non trasmissibili. Tuttavia, la scomparsa prematura di Augusto avrebbe potuto riaprire il problema delle guerre civili. In realtà, Augusto, aveva già provveduto a far progredire politicamente alcuni membri della sua famiglia, ma al momento della malattia erano tutti troppo giovani. In assenza di figli maschi, puntò tutto sulla figlia Giulia che diede in sposa a Marco Claudio Marcello, il quale era figlio della sorella Ottavia. Quando nel 23 a.C. si aggravò consegnò l’anello col sigillo ad Agrippa e la lista delle truppe e delle province al collega Cneo Calpurnio Pisone. Augusto però guarì definitivamente, mentre Marcello morì nel 23 a.C. e Giulia fu data in moglie ad Agrippa. Iniziava però ad essere motivo di malcontento il fatto che Augusto occupava ininterrottamente il consolato: le vicende di Marco Primo e la congiura di Murena, fecero in modo che venissero attuate delle correzioni che definirono il potere imperiale. Augusto depose il consolato e ottenne un imperium proconsolare rinnovabile a vita: questo gli consentiva di agire con i poteri di un promagistrato su tutte le province, all’occorrenza anche su quelle che nel 27 a.C. erano state attribuite al popolo, con un imperium superiore a quello dei governatori che le reggevano designati dal senato. Questo imperium proconsolare non consentiva a Roma di agire nella vita politica: ricevette così dal senato la tribunicia potestas vitalizia e diventava così protettore di Roma, senza obbligo di allontanarsi dall’Urbe. Inoltre, gli fu dato il diritto di convocare il senato. Le elezioni erano state ristabilite in forma più o meno regolare sin dal 27 a.C. con due procedure, la nominatio e la commendatio. Il perfezionamento della posizione di preminenza Nel 22 a.C. a seguito di una carestia, Augusto rifiutò la dittatura e prese la cura annonae. Nel 19 e nel 18 a.C. prese i poteri di censore. Agrippa nel 23 a.C. ricevette un imperium proconsolare di cinque anni. Tra il 22 e il 19 a.C. Augusto,
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