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Teorie del sistema e costruzione sociale della realtà: Sistemi, Simboli e Postmodernismo, Dispense di Psicologia del Lavoro

Teoria delle contingenzeTeoria dei sistemi socio-tecniciTeoria del sistemaTeoria della costruzione sociale della realtà

Una panoramica delle teorie del sistema e della costruzione sociale della realtà, incluse le teorie generali dei sistemi, teorie simbolico-representative e postmodernismo. Il primo paradigma, positivista, si basa sulla conoscenza ottenuta attraverso i cinque sensi e l'intelletto, mentre il secondo, simbolico-representativo, pone l'accento sulla costruzione soggettiva della realtà. tre teorie importanti: la teoria generale dei sistemi, la teoria dei sistemi socio-tecnici e la teoria delle contingenze.

Cosa imparerai

  • Che teorie del sistema e della costruzione sociale della realtà vengono trattate in questo documento?
  • Come il paradigma positivista e quello simbolico-representativo differiscono nella percezione della realtà?
  • Quali sono le tre teorie importanti presentate nel documento?

Tipologia: Dispense

2021/2022

Caricato il 10/11/2022

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Scarica Teorie del sistema e costruzione sociale della realtà: Sistemi, Simboli e Postmodernismo e più Dispense in PDF di Psicologia del Lavoro solo su Docsity! I paradigmi sono degli orientamenti generali che guidano le comunità scientifiche; delle correnti all’interno delle quali si riconoscono degli scienziati che si differenziano su basi ONTOLOGICHE (come vedono la realta, che cos’è la realtà?) ed EPISTEMOLOGICHE (come pensino si studi la realtà o come si raggiunge la verità). Per quel che riguarda le scienze sociali, i paradigmi COESISTONO, uno non soppianta l’altro bensi’ lo affianca. (teorie che in comune tra loro hanno il paradigma). UN CONFRONTO TRA I 3 PARADIGMI (posti in ordine cronologico) Il paradigma MODERNISTA (CONOSCENZA COME PROGRESSO) è stato nel corso del Novecento quello dominante e continua ancora oggi ad ottenere sostenitori tra pochi accademici e molti e la maggior parte dei practitioners. È di ontologia OGGETTIVISTA (che esiste a prescindere da chi lo osserva) e si riferisce a fenomeni sociali. Tale realtà esterna è governata da leggi universali e razionali che, sulla base di un’epistemologia POSITIVISTA, possiamo arrivare a conoscere per mezzo dei nostri cinque sensi e dell’intelletto nonché con il successivo sviluppo di modelli teorici generali basati sulla misurazione di variabili chiaramente identificabili. (che si può studiare in modo oggettivo: devo studiare il clima di un ambiente, i risultati saranno sempre quelli a prescindere da chi li conduce). Tale processo di indagine e conoscenza è cumulativo, lineare e richiama l’idea di progresso. I termini più cari ai modernisti sono efficienza, efficacia, standardizzazione, misurazione, generalizzabilità, universalità. I modernisti sono interessati a ricercare l'efficienza nei paradigmi e a sistematizzare fenomeni universali; la soggettività viene bandita. Nell’ambito di tale paradigma, possiamo individuare tre teorie particolarmente importanti: la teoria generale dei sistemi, la teoria dei sistemi socio-tecnici e la teoria delle contingenze. Il secondo paradigma, SIMBOLICO RAPPRESENTATIVO, si pone in termini di opposizione rispetto al primo perché antipositivista ( la conoscenza dipende dai soggetti conoscenti e può essere compresa solo da questi) e infatti soggettivista (è questione di interpretazione) la percezione della realtà non è indipendente da chi la percepisce, anzi, non possiamo riconoscere l’esistenza di qualcosa senza averne percezione e consapevolezza. Gli interpretativisti-simbolici sono interessati a descrivere (non spiegare né predire) le modalità di attribuzione di significato (soprattutto i processi di simbolizzazione ed interpretazione) utilizzate dagli individui rispetto alle loro esperienze. Nasce dalla crisi della rappresentazione (o di senso), un momento di rottura delle scene antropologiche in cui l'antropologo viene criticato perché succube dell’influenza degli schemi occidentali nel descrivere le culture altrui. ( Esemplificativa è la famosa fotografia che ritrae Malinowski impegnato nella stesura di un resoconto circondato da indigeni. Egli è così impegnato nella propria attività o imprigionato nei propri schemi di riferimento da non accorgersi di essere osservato dai suoi “oggetti di studio”). Quest’icona rovescia tradizionali dicotomie così come si riflette sulle scelte organizzative. -in sintesi, l'atto conoscitivo genera un cambiamento nel contesto- Tale paradigma fa riferimento a due linee fondamentali : la teoria della costruzione sociale della realtà e la teoria del sensemaking e dell’enactment. Il terzo paradigma, il POSTMODERNISTA, si pone come critica del paradigma modernista alla cui base vi è la discussione del potere e dei domini (Marx si riferiva ai capitalisti che dominavano i lavoratori ). I postmodernisti non si riconoscono in una corrente ma hanno alcune coordinate di base che condividono. non è tipico delle scienze organizzative ma una tendenza tipica delle correnti culturali e letterarie Non è interessato a raggiungere la verità ma, pur nella diversità di prospettive interne, a mettere in crisi le pretese di verità degli studiosi degli altri due paradigmi; dal punto di vista ontologico la realtà ci appare per mezzo del linguaggio (conosciamo la realtà perché ne parliamo). Semplificando, la realtà non esiste, ma noi possiamo affermare che esista, perché possediamo un vocabolario e delle regole sintattiche per farlo. essi criticano per esempio i libri di testo affermando che questi non trattano alcuni temi come la disabilità (romanzo “1984” di George Orwell. il Partito stampava un nuovo vocabolario della neolingua (ritirando le edizioni precedenti) con un numero sempre più ridotto di vocaboli con il fine di impoverire il linguaggio e il pensiero così da renderli funzionali agli interessi del Grande Fratello, soprattutto per mezzo del cosiddetto bispensiero, ossia l'attribuzione di due significati diametralmente opposti al medesimo vocabolario.) I postmodernisti sono interessati ai testi che racchiudono e propongono tali rappresentazioni della realtà che secondo la loro opinione hanno due problemi: 1. in quanto rappresentazioni sono semplificazioni della realtà ,piuttosto plausibili (la teoria di piaget per esempio non rende conto di ciò che avviene tra gli Stadi); 2. le teorie sono prodotti umani, non ideology free ,quindi influenzate da chi le produce. Il loro obiettivo è decostruire tali testi, ossia mettere a nudo le ideologie che impregnano tali discorsi, con l’auspicio di dare voce ai punti di vista marginali ed emarginati. La loro è una non-epistemologia. Tali studiosi non si pongono neanche il problema di come raggiungere la verità, perché essa, semplicemente è ‘’un’ apparenza’’ costruita da coloro i quali detengono il potere al fine di imporre il proprio punto di vista e la propria volontà, su chi legge. Le teorie alla base del paradigma modernista sono tre. La prima, la teoria generale dei sistemi, nasce nell'ambito della biologia e vede appunto centrale il concetto di sistema inteso come una cosa fatta di parti in relazione tra loro. Un sistema non possiede proprietà ma le acquisisce attraverso il continuo interagire funzionale dei suoi sottosistemi; qualora tali sottosistemi non interagissero, il sistema cesserebbe di essere tale e diventerebbe un insieme di parti inanimate. L’interdipendenza tra i sottosistemi implica che, sebbene possa il sistema essere analiticamente scomposto nei suoi costituenti, l’essenza dello stesso può essere colta solo osservandolo come un tutto unitario; questo perché le proprietà del sistema dipendono dalle relazioni tra le sue parti; Un sistema ha per definizione una natura eminentemente dinamica. (esempio la macchina di Anticitera) Le organizzazioni sono considerate sistemi aperti perché in costante scambio con l'ambiente e gli altri sottosistemi che vi compartecipano. Il sistema si può intendere in termini di livelli gerarchici o organizzativi: a seconda del livello che andremo ad esaminare, valuteremo cose differenti. I sottosistemi sono denominati unità differenziale perché dotati di specializzazione funzionale per avere un vantaggio competitivo. Perché la specializzazione di un sottosistema non entri in conflitto con le altre parti ma anzi contribuisca al loro funzionamento, è necessario che siano presenti dei meccanismi di coordinamento. Il funzionamento del sistema oscilla tra differenziazione e integrazione. La teoria del sensemaking e dell’enactment di Weick Rappresenta un’applicazione della teoria della costruzione sociale della realtà allo studio delle organizzazioni e del comportamento organizzativo. Weick concentra la sua attenzione sui processi mentali attraverso i quali gli individui acquisiscono consapevolezza dei contesti all’interno dei quali vivono. Weick inizialmente introduce il termine enactment per descrivere l’adattamento di un organismo al proprio ambiente mediante l’azione su quest’ultimo al fine di adattarlo ai propri bisogni. A sua volta l’ambiente influisce sull’organismo modificandone le condotte successive. In seguito, l’autore ha trasferito tale termine all’ambito manageriale; in questo caso, l’attenzione non è tanto sui comportamenti attraverso i quali l’individuo interagisce con l’ambiente, quanto sugli schemi e le rappresentazioni cognitive individuali che precedono tali comportamenti e li determinano. (Ad esempio, un manager, ritenendo che l’ambiente esterno sia imprevedibile e turbolento, potrebbe agire in modo che proprio le sue azioni contribuiscano a rendere l’ambiente più simile proprio a quella che era la sua percezione originaria). Un principio complementare a quello di enactment è quello di sensemaking, inteso come l’insieme di processi cognitivi attraverso i quali trasformiamo un insieme di circostanze generiche e confuse in una situazione comprensibile mediante il linguaggio e che serve da trampolino di lancio per l’azione successiva. Tale concetto implica l’interazione tra azione ed interpretazione, e si ricollega ad un terzo, importante, concetto quale quello di organizing. Parlare di organizing anziché di organizzazione, significa mettere al centro della riflessione organizzativa l’idea che le organizzazioni non sono qualcosa di statico, bensì un processo (non un’entità!) che si costruisce e modifica nel tempo in funzione degli scambi intersoggettivi al suo interno. Il sensemaking si declina come un processo in itinere e strumentale, cessa di essere dato per scontato. Attraverso esso i significati prendono corpo, nel senso che ciò avviene attraverso il linguaggio e la comunicazione. Il sensemaking riguarda anche i singoli, si ricollega all’organizing nella misura in cui passa attraverso la comunicazione tra gli individui. D’altra parte, sono proprio queste conversazioni tra membri della stessa organizzazione che rendono reali le organizzazioni, un fenomeno che Berger e Luckmann chiamavano oggettivazione, e che Weick chiama invece reificazione. (rendere qualcosa reale parlando) IL POSTMODERNISMO Il Postmodernismo non si caratterizza come una corrente di pensiero unitaria bensì come un insieme molto frammentato e diversificato di contributi accomunati dal desiderio di operare una critica nei confronti del modernismo circa i concetti di identità, conoscenza e realtà. I teorici postmodernisti mettono di volta in volta in dubbio e rovesciano concetti dati per scontati quali il linguaggio, la conoscenza scientifica, i rapporti di potere entro la società, la funzione delle istituzioni sociali, e la rappresentazione della realtà che noi stessi ci facciamo. Tale corrente ha avuto, ed ha tuttora, riflessi su molteplici ambiti. Il Novecento ha visto l’emergere di due grandi scuole di pensiero che hanno permesso al pensiero postmodernista di raggiungere massa critica: la Scuola di Francoforte e il movimento post-strutturalista francese.- La Scuola di Francoforte fu attiva in Germania a partire dagli anni Venti del secolo scorso e raccolse il contributo di studiosi di diverse discipline, accomunati però dalla critica nei confronti della società loro contemporanea sulla base di una revisione in chiave utopistica del pensiero marxista. Le ragioni di tale revisione erano almeno tre: – il fallimento dei tentativi rivoluzionari condotti dai rappresentanti del proletariato in Occidente; – il regime bolscevico in Russia considerato un esperimento fallito (anzi, da evitare!); – infine, l’ascesa dei regimi totalitari. Il pensiero di tali studiosi si caratterizza come “critico” nella misura in cui cercano di superare i limiti del positivismo, del materialismo e della fenomenologia per tornare allo spirito dell’approccio critico di Kant e di Hegel di cui (hegel) vengono riscoperti e valorizzati concetti quali la negazione, la dialettica e la contraddizione degli aspetti della realtà. Uno dei primi ambiti di riflessione della Scuola di Francoforte riguardò lo studio dell’ideologia e dei suoi effetti sugli individui e la società. Partendo da concetti cari al marxismo quale quello di sovrastruttura, i filosofi critici misero in luce come il capitalismo fosse in grado di distruggere sul nascere la possibilità di sviluppare una coscienza critica e potenzialmente rivoluzionaria, operando secondo un meccanismo di oppressione sociale in grado di alimentare se stesso. La riflessione di tali studiosi va ancora oltre e si spinge verso l’epistemologia criticando da un lato il carattere positivista, e dall’altro promuovendo un nuovo orientamento critico alla cui base ritroviamo concetti quali quelli di riflessione ed emancipazione. La conoscenza viene considerata uno strumento di potere e conseguentemente un mezzo per l’emancipazione, da cui l’espressione “la conoscenza è potere” (ripresa da Francesco Bacone). Entra in gioco la tecnologia, vista come il mezzo attraverso il quale l’uomo cerca di dominare e sottomettere la natura; parallelamente i principi di razionalità, che la civiltà occidentale dichiara di porre a proprio fondamento, giustificano l’ utilizzo della tecnologia e determinano, in ultima istanza, l’assoggettamento dell’individuo. Ci troviamo dinanzi a quel fenomeno che Bauman chiama progetto illuminista. Esso richiama il difficile rapporto che nel corso dei secoli è intercorso tra intellettuali, uomini di potere e popolo; se inizialmente, intellettuali e uomini di potere hanno avuto bisogno gli uni degli altri (gli uomini di potere per giustificare razionalmente il proprio operato, gli intellettuali per cercare di applicare sulla realtà le loro utopie), il rapporto tra queste due figure e il popolo è stato quasi sempre caratterizzato dall’esclusione di quest’ultimo, lasciandolo oppresso e privo degli strumenti intellettuali atti a promuoverne l’emancipazione; successivamente, il progetto dei filosofi illuministi si caratterizza proprio come orientato all’emancipazione del popolo, attraverso, in primis, la scolarizzazione di massa. Tale progetto viene distorto (falsato) da un lato sfruttandone in maniera non onesta alcuni aspetti salienti quali la liberazione dell’uomo dalla superstizione attraverso la razionalità e la tecnologia e dall’altro lato attraverso la scolarizzazione di massa e l’utilizzo della cultura e dei mass-media come mezzi di controllo sociale e quindi, sostanzialmente, impedendo ancora una volta l’emancipazione del popolo. L’attacco degli studiosi della Scuola di Francoforte a concetti cari ai modernisti fu seguito qualche anno dopo dal movimento post-strutturalista francese orientato al superamento dello strutturalismo, la cui idea fondante era che esistano delle strutture (o modelli) fondamentali che sono alla base di tutti i sistemi sociali e ne determinano il comportamento. Il post-strutturalismo si sviluppa a partire dalla teoria dei segni di De Saussure . Tale teoria si solleva in contrapposizione alle tesi allora dominanti in linguistica che vedevano il linguaggio come uno specchio accurato della realtà, e avanzava l’ipotesi della assoluta arbitrarietà della relazione tra oggetti e vocaboli utilizzati per nominarli. Su questa scia, si inscrive il contributo di Jacques Derrida, secondo il quale il linguaggio non ha un significato fisso bensì variabile in funzione del contesto e delle infinite, possibili, interpretazioni. Derrida adotta il metodo della decostruzione, attraverso la quale un testo viene letto e riletto contestualizzandolo di volta in volta in maniera differente, al fine di evidenziarne l’estrema variabilità e molteplicità delle interpretazioni possibili (fenomeno che egli chiama différance). Il significato si delinea così come qualcosa che può essere facilmente manipolato e utilizzato per finalità ideologiche e di controllo sociale. Jean François Lyotard afferma che la società odierna è caratterizzata dalla fine delle cosiddette grandi narrazioni sul mondo e sulla realtà. Lyotard intende, per grandi narrazioni, i sistemi filosofici quali quelli dell’illuminismo e del marxismo che sono stati utilizzati per giustificare ideologicamente la società. Ne deriva che la conoscenza e la società (soprattutto attraverso le sue istituzioni) sono strettamente interconnesse; attraverso istituzioni come le università, i mass-media, la politica. il pensiero ideologizzato acquisisce una sua legittimazione sociale nel momento in cui viene trasmesso alle masse. Si parla quindi di “grandi narrazioni” nella misura in cui i teorici modernisti sviluppano dei sistemi teorici a giustificazione di assunti ideologizzati (più o meno condivisibili) che orientano il funzionamento della società e che si impongono su visioni alternative soffocandole; Infine, secondo Foucalt ,la conoscenza ufficiale - per intenderci, quella trasmessa ad esempio nelle università – è uno strumento nelle mani delle èlite al fine di esercitare il proprio potere e distinguere tra chi è normale e chi no. Foucalt parte dallo studio di alcune istituzioni sociali quali i manicomi e le prigioni, le quali decidono le sorti delle persone rispetto a temi quali la psicopatologia e la devianza; secondo l’autore tali istituzioni sono un mezzo per segregare coloro i quali, per un motivo o per un altro, sarebbe preferibile emarginare dalla società; conseguentemente, discipline quali il diritto o la psicoanalisi sarebbero cornici concettuali in mano alle èlite dominanti per giustificare la loro dominazione. E’ possibile individuare alcuni elementi in comune tra i diversificati pensieri postmodernisti: – In primo luogo, il desiderio di criticare la realtà esistente, al fine di svelarne tutte le contraddittorietà, le ideologie, gli elementi di dominio, sopraffazione ed oppressione; di volta in volta, i postmodernisti criticano la società nel suo complesso, le èlite al potere e i suoi complici (gli intellettuali, talvolta gli stessi filosofi), le istituzioni che la società ha prodotto nel corso del tempo per perpetuare le differenze di potere, la stessa cultura pensata come una prigione mentale che plagia le menti degli individui sin dalla loro socializzazione primaria – i postmodernisti cercano di “smontare” la struttura del reale non per proporre modelli teorici o visioni del reale alternativi, bensì per liberare, per emancipare la soggettività; una declinazione più
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