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Riassunto capitolo due e tre del libro attenzione e percezione, Sintesi del corso di Psicologia Generale

Riassunto capitolo due e tre del libro "attenzione e percezione" su Change Blindness e Attentional Blink

Tipologia: Sintesi del corso

2021/2022

Caricato il 23/05/2023

Jalliz
Jalliz 🇮🇹

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Scarica Riassunto capitolo due e tre del libro attenzione e percezione e più Sintesi del corso in PDF di Psicologia Generale solo su Docsity! Libro Attenzione e percezione (Dell’Acqua e Turatto, 2008) CAPITOLO DUE: change blindness La change blindness Abbiamo definito la change blindness una condizione nella quale in determinate circostanze un osservatore non è in grado di notare un cambiamento che ha luogo nella scena che sta guardando. In linea generale possiamo affermare che un cambiamento sarà notato con difficoltà, o non lo sarà affatto, se il segnale transiente corrispondente non è in grado di catturare l'attenzione. La Change Blindness del paradigma del Flicker In un loro studio Rensink, O’Regan e Clark presentarono a dei soggetti sperimentali, sullo schermo di un computer, alcune immagini rappresentanti situazioni molto comuni. Ogni prova consisteva nella presentazione ciclica di una coppia di immagini separate da un breve intervallo durante il quale l'immagine era momentaneamente spenta. Lo schema era così definito: immagine A presentata per circa mezzo secondo, spegnimento dell'immagine quindi blank per mezzo secondo, immagine A’ per mezzo secondo, blank per mezzo secondo. Stati di tale esperimento dimostrarono che cambiamenti macroscopici nella scena furono notati a fatica piccola, richiedendo parecchi secondi e quindi cicli dell'immagine prima di essere riportati, e in alcuni casi il cambiamento non fu notato entro il tempo limite di un minuto. Altri due risultati sono degni di nota: la difficoltà nel notare il cambiamento variava in funzione del fatto che questo avvenisse in zone definite di interesse centrale oppure definite di interesse marginale, in particolare il tempo richiesto per riportare la presenza del cambiamento era maggiore nelle seconde rispetto alle prime, l'altro aspetto interessante è che non appena l'intervallo vuoto tra le due immagini fu eliminato, il cambiamento diventò immediatamente visibile, così che ai soggetti bastarono alcune frazioni di secondo per rispondere. L'attenzione è importante nella percezione del cambiamento, in quanto solamente quando è diretta nel luogo del cambiamento questo può essere rilevato immediatamente. Ammiccamenti oculari e change blindness L'ammiccamento, o battito di ciglia, in media viene prodotto ogni due secondi, il che equivale a dire che avvengono circa 20/30 ammiccamenti al minuto. Questo è un riflesso automatico con lo scopo di mantenere un buon livello di umidificazione della superficie esterna dell'occhio. Quindi la situazione prodotta artificiosamente con il paradigma del flicker si ripete parecchie volte in un minuto anche in condizioni normale; quindi, si pensa che se un cambiamento dovesse avvenire durante l’ammiccamento questo correrebbe il rischio di non essere individuato. Gli stessi ricercatori studiarono questo attraverso una sofisticata apparecchiatura per il controllo dei movimenti oculari chiamata eye tracker, i ricercatori chiesero a degli osservatori, che indossavano l'apparecchiatura per il controllo dei movimenti oculari, di individuare dei cambiamenti che avevano luogo nella scena che gli veniva presentata. Grazie ad un computer fu possibile far avvenire il cambiamento durante il breve periodo di chiusura delle palpebre. I risultati confermarono la presenza di Change Blindness anche in queste condizioni confermando l'esperimento precedente, in quanto, anche in questo caso il livello di Change Blindness era maggiore per le zone di interesse marginale. In particolare, anche quanto il cambiamento riguardava la zona interessata nel 40% dei casi non fu notato. La spiegazione per questo fatto è che avere l'attenzione diretta nella zona del cambiamento e un fatto necessario ma non sufficiente per poter notare il cambiamento. Movimenti oculari e Change Blindness Oltre a produrre qualche decina di ammiccamenti al minuto, nella vita quotidiana ognuno di noi muove continuamente gli occhi compiendo rapidi movimenti chiamati saccadi. Sono movimenti molto rapidi, che possono raggiungere velocità di rotazione degli occhi anche di 900 gradi al secondo. Alcune ricerche hanno dimostrato che, anche se non ce ne accorgiamo, il nostro cervello blocca l'analisi delle informazioni visive inviate dagli occhi durante il loro movimento. Questa possibilità è stata dimostrata da alcuni ricercatori, tra cui Bridgeman, Hendry, Stark e Grimes, i quali chiesero a degli osservatori di spostare gli occhi da un punto all'altro della scena che veniva loro mostrata al computer e dire se qualcosa fosse cambiato. I soggetti dimostrarono una notevole difficoltà a notare tali cambiamenti quando erano sincronizzati con il movimento oculare. La Change Blindness nel paradigma dei Mud-Splashes L’attenzione può essere diretta nel campo visivo secondo due modalità: in modo endogeno o volontario, oppure in base ad alcune proprietà degli stimoli presenti nel mondo esterno ovvero esogeno o automatico. Tra le condizioni degli eventi in grado di produrre un orientamento automatico dell'attenzione ci sono i transienti visivi delle modificazioni cioè della luminosità della scena, che sono dovute alla comparsa/scomparsa improvvisa di un oggetto oppure al suo movimento, così come alla possibilità che cambi di forma, colore o altre proprietà. Il paradigma dei Mud-Splashes si basa sul fatto che se nella scena oltre al transiente associato al cambiamento sono presenti altri transienti, in questo caso queste macchie di fango, uno di questi potrebbe catturare l'attenzione, che in questo modo non sarebbe più portata nella zona del cambiamento, che a sua volta probabilmente non sarà notato. I risultati di alcuni lavori dimostrano che in effetti le persone hanno notevoli difficoltà a notare un cambiamento se contemporaneamente erano brevemente (80 MS) accesi e spenti alcuni Mud-Splashes nella scena. Questi allungavano di alcune decine di secondi il tempo necessario per notare il cambiamento. Change Blindness e visione consapevole Prestare attenzione ad un oggetto significa anche far entrare le corrispondenti informazioni nella memoria di lavoro, e questo consente di notare, attraverso un processo di comparazione, il cambiamento tra le due versioni dello stesso oggetto. Tuttavia, secondo alcuni, anche gli oggetti cui non abbiamo prestato attenzione sono stati identificati e visti consapevolmente, solo che sono immediatamente dimenticati nell'istante successivo. Abbiamo a questo punto due possibilità circa il ruolo dell'attenzione nella divisione consapevole, da un lato si ipotizza che gli oggetti cui non prestiamo attenzione rimangono a livello di Proto-oggetti che non entrano a far parte né della nostra consapevolezza né della nostra memoria a breve termine sino a quando non vi dirigiamo l'attenzione, è quindi anche evidente che un oggetto a cui non presto attenzione non sarà visto consapevolmente ne sarà possibile notare un suo eventuale cambiamento. L'altra possibilità è che vediamo consapevolmente tutto in ogni istante, solo che tutto ciò cui non prestiamo attenzione viene costantemente dimenticato, una sorta di amnesia inattentiva. In questo caso vedo l'oggetto A, la sua versione modificata A’, ma non noto il cambiamento perché non ho traccia di A nella mia memoria, dato che non ci ho prestato attenzione. L'attenzione serve per fissare alcune parti della visione consapevole nella memoria a breve termine o in quella a lungo termine per evitare una costante amnesia delle informazioni visive, inoltre gioca un ruolo cruciale per la consapevolezza visiva e per consentire a certe informazioni di essere fissate in qualche memoria visiva. Senza attenzione non c'è consapevolezza del cambiamento, un risultato che dimostra una volta di più quanto sia importante l'attenzione per la percezione consapevole. CAPITOLO TRE: Attentional blink Attentional Blink Il paradigma di presentazione seriale rapida Il paradigma sperimentale usato con maggior frequenza dagli addetti ai lavori per generare un effetto AB è noto nella forma dell'acronimo della sua traduzione inglese: si tratta del paradigma Rapid Serial Visual Presentation. L'applicazione del paradigma prevede la ripetizione di un certo numero di prove accomunate dalla medesima struttura. Nella prova illustrata sono stati utilizzati come stimoli lettere dell'alfabeto e numeri. La durata di ogni singolo stimolo era attorno a 100 millisecondi. Lo stimolo di segnalazione, o punto di fissazione rimane visibile per circa un secondo e quindi scompare per lasciare il posto alla prima lettera, si va da un minimo di cui faceva seguito l’esposizione di una lettera vicina a quella che abbiamo indicato come standard in questi esperimenti e di uno stimolo mascherante successivo a T1, esposto nella stessa posizione spaziale di T1. Dopo un intervallo di tempo che era variato sistematicamente di prova in prova, in una posizione spaziale diversa da quella occupata da T1, veniva esposto un numero per la stessa durata di T1 a cui faceva seguito uno stimolo mascherante. T1 e T2 dovevano essere identificati e digitati sulla tastiera del computer usato per la presentazione degli stimoli. Anche in questo caso sì era rilevato un effetto di AB. Gli autori in una variante del disegno sperimentale variarono anche la grandezza degli stimoli che potevano essere di grandezza uguale o doppia. I partecipanti erano invitati a concentrarsi e a rispondere sulla base di una sola delle due caratteristiche fisiche T1 e T2, per l'altra metà delle prove i partecipanti dovevano riportare entrambe le dimensioni. I risultati mostravano un effetto AB di grandezza identica tanto che la dimensione da lavorare fosse unica quanto che fossero entrambe. Il numero di risposte da fornire non aveva prodotto alcuna modulazione sensibile della magnitudo del fenomeno AB. Questo risultato ha indotto gli autori a suggerire che la selezione tardiva non giocasse alcun ruolo nella generazione del fenomeno AB che andava spiegato come un problema di selezione delle informazioni a livelli più precoci di elaborazione. In contrapposizione troviamo il modello di Chun e Potter, gli autori assumono che il resoconto tardivo corretto di uno stimolo bersaglio possa avere luogo solo se tre processi mentali intervengono durante la sua elaborazione. Il primo processo è quello a cui gli autori hanno dato il nome di stadio 1, questo è il processo mentale durante il quale si realizza in modo veloce e automatico l'identificazione di uno stimolo, cioè la convergenza tra le sue caratteristiche fisiche e le informazioni nella memoria a lungo termine. Solo i prodotti selezionati al termine dello stadio uno possono passare allo stadio due di elaborazione, durante il quale le rappresentazioni generate a livello precedente sono consolidate e trasmette nella MBT. In questa prospettiva teorica, la spiegazione del fenomeno AB deriva dall'assumere che lo stadio due sia uno stadio seriale, ovvero un processo mentale che possa essere messo in atto solo su uno stimolo alla volta. Questa proprietà dello stadio due è una limitazione quando l'intervallo di tempo tra T1 e T2 è breve. È verosimile quindi assumere che lo stadio due sia ancora occupato a consolidare T1 quando T2 è presentato. Il modello teorico di JolieCoeur e Dell'acqua nasce in un contesto teorico simile, questi utilizzano l'espressione “categorizzazione percettiva” per lo stadio uno e “consolidamento a breve termine” per lo stadio due, la differenza sostanziale tra il modello tipo Potter e Joliecoeure risiede nella definizione delle proprietà sensoriali dello stadio due: nel caso di Potter si postula esplicitamente che il fenomeno AB caratterizzi la modalità visiva e quindi sia evidenziabile se e solo se T1 e T2 sono stimoli visivi, nell'ottica dei secondi questa ipotesi non è corretta, poiché non tiene conto dei risultati che suggeriscono che l’AB non sia un fenomeno riscontrabile univocamente nella modalità visiva, ma anche T1 e T2 sono presentati al canale uditivo, o in modalità sensoriali distinte. Un modello che propone qualcosa di innovativo è quello proposto da Di lollo, Kawahara, Ghoracci e enz, questi autori hanno notato che esistono situazioni, per molti versi identiche a quelle finora esaminate, in cui il nostro sistema visivo può essere protetto dall'influenza dell'effetto AB. Nel loro lavoro, gli autori confrontarono due tipi di sequenze in cui i distrattori erano costituiti da numeri e gli stimoli bersaglio da lettere. Nel primo tipo di sequenza RSVP, T1 era seguito da un distrattore, successivamente al quale è rappresentato T2. Il secondo tipo di sequenza era del tutto identico, salvo il fatto che il distrattore era sostituito con una lettera, ovvero uno stesso stimolo della stessa categoria di T1 e T2. Gli autori notavano una sensibile riduzione dell'effetto nella seconda condizione. Sulla scia del risultato Di Lollo e colleghi hanno proposto un modello del fenomeno AB che si rifa al concetto di disturbo temporaneo del controllo attentivo, la novità del modello sta nel guardare all'effetto AB non tanto come causato dal prestare attenzione attivo quanto piuttosto come al riflesso della perdita di controllo attentivo indotto dallo stimolo T1+1, in particolare, sarebbe la disomogeneità categoriale del distrattore a causare un riflesso automatico di viraggio delle risorse attentive a favore di una categoria di stimolazioni diversa da quella di T2, la cui conseguenza sarebbe l'esclusione di T2 dalle fasi di elaborazioni necessarie alla sua memorizzazione. Cosa succede nell'intervallo 0-100 ms post T1? Una proposta alternativa in materia in materia di lag1-sparing è stata avanzata da Potter, Staub e O’Connor che hanno utilizzato un paradigma RSVP in cui coppie formate da stringhe i 4/5 lettere venivano esposte a una frequenza di 20 hertz. Le due sequenze erano presentate in modo sincrono, in posizioni spaziali distinte e verticalmente orientate rispetto al centro del monitor di un computer. Ognuna delle sequenze conteneva una parola di senso compiuto e il compito dei partecipanti era quello di individuare le parole nei due flussi RSVP, digitando sulla tastiera alla fine della presentazione. Di prova in prova, era variata la distanza temporale dalla prima parola presentata che poteva comparire o sopra o sotto il punto di fissazione e la seconda parola presentata che compariva in posizione opposta a quella occupata. Quando la distanza temporale tra T1 e T2 era quella tipica dell'effetto AB T1 era individuato con naturalezza decisamente migliore rispetto all'accuratezza con cui i partecipanti tendevano a individuare T2. Quando l'intervallo temporale tra T1 e T2 era ridotto a meno di 100 MS T2 era riportato con un'accuratezza più elevata rispetto a T1. Sulla scia di questo importante risultato Potter e colleghi hanno proposto una caratterizzazione più efficace del fenomeno di lag1-sparing ovvero che fosse quella di inusuale competizione a cui T1 e T2 sono soggetti durante lo stadio uno. Quando T1 e T2 sono stimoli temporalmente molto ravvicinati, T1 assorbirebbe la funzione di stimolatore per l'apertura di un cancello attentivo. T1 verrebbe comunque rapidamente scavalcato da T2 durante lo stadio uno di elaborazione, dato il beneficio acquisito da T2 dell'aver trovato già aperto il cancello attentivo in risposta a T1. Il mascheramento di T1 e T2 nei contesti AB Se si maschera T2 con una nuvola di pixel dello stesso colore, notiamo come ci sia un generale e atteso abbassamento della visibilità di T2, che non è comunque caratterizzato dalla classica deflessione a campana rovesciata che contraddistingue l'effetto AB. L'effetto è rilevato nella condizione standard in cui il distrattore T2+1 è un carattere alfanumerico. Questo dato ci dice che non è sufficiente porre un vincolo qualsiasi alla disponibilità di T2 al nostro sistema visivo affinché un effetto AB possa essere osservato. Piuttosto, si devono massimizzare le condizioni di somiglianza tra T2 e il distattore T2+1, affinché il distrattore si proponga come un valido candidato a sostituire T2 durante le prime fasi di elaborazione dell’informazioni visiva, a livello di quello che è stato chiamato stadio uno o stadio di categorizzazione percettiva. Quello che deve succedere allo stadio uno è dunque qualcosa di diverso: il distrattore T2+1 deve prendere il posto di T2 ed essere eventualmente consolidato al posto di T2. In effetti Maki Couture Frigen e Lien hanno dimostrato che la bassa percentuale di risposte corrette nel resoconto tardivo di T2 a brevi intervalli di tempo intercorrenti tra T1 e T2 è spesso accompagnata dalla tendenza da parte dei partecipanti a riportare il visitatore in posizione di T2+1. Cosa percepiamo durante la perturbazione AB? L’AB nel contesto dei nomi personali Nel fenomeno chiamato cocktail party si osserva che quando viene fatto il nostro nome è probabile che la nostra attenzione venga distolta dalla conversazione in corso e rediretta verso il conoscente. Questa violazione del fenomeno è a buona ragione ritenuta una prova convincente che le nostre barriere attentive risultano permeabili a stimoli che rivestono per noi un significato particolare. Shapiro, Caldwell e Sorensen hanno dimostrato che lo stesso vale anche nel caso in cui la barriera attentiva sia quella che genera il fenomeno AB. Questi autori hanno posto in evidenzia che se T2 in una sequenza RSVP formata da parole è sostituito in alcune prove dal nome proprio del partecipante all’esperimento, l'effetto AB è marcatamente ridotto rispetto alla situazione in cui T2 è un nome proprio diverso. Effetti di priming in contesti AB Shapiro, Driver, Ward e Sorensen hanno provato ad innestare una logica sperimentale di tipo priming in un paradigma RSVP che prevedeva l'inserimento di tre parole bianche all'interno di una sequenza di parole nere. La disposizione temporale di tre elementi era tale da far prevedere una ridotta visibilità di T2 come riflesso di AB generato da T1 ma non di T3. La relazione semantica tra T2 e T3 era manipolata sistematicamente in modo che metà delle sequenze contenesse coppie T2 e T3 costituite da parole semanticamente associate, mentre l'altra metà delle prove contenesse coppie T2 e T3 semanticamente non associate. Si notava un effetto di priming quindi le parole T3 precedute da parole T2 semanticamente associate erano riconosciute con maggiore accuratezza rispetto a quando di T2 e T3 erano parole non associate. Seppure in forma attenuata, lo stesso effetto priming era rilevato al termine delle prove in cui i partecipanti non riconoscevano T2, ovvero nelle prove in cui T2 era soggetto all'influenza interferente del fenomeno AB. Elaborazione dello spazio durante l'effetto AB Qualcuno potrebbe chiedersi se esista qualche altro tipo di operazione mentale suscettibile di interferenza durante la finestra temporale che risulta critica per la generazione di un fenomeno AB. La risposta è fornita da un recente lavoro di Olivers il quale ha mostrato come l'effetto di AB riduca sensibilmente la nostra capacità di memorizzare una serie di posizioni spaziali che potremmo sfruttare per renderci più semplice la vita, il fenomeno prende il nome di marcamento visivo. Si osserva nei contesti di ricerca visiva difficoltosa, quando cioè il numero di distrattori influisce sulla velocità con cui si rileva la presenza tra di essi di uno stimolo bersaglio: se la schermata contenente lo stimolo bersaglio e i distrattori è preceduta da una schermata in cui alcune delle posizioni dei distrattori sono segnalate in anticipo, l'efficienza della ricerca visiva aumenta notevolmente rispetto alla condizione in cui tale segnalazione non avviene. Poi la schermata di segnalazione era presentata per metà delle prove all'interno della finestra temporale tipica dell’AB, mentre per l'altra metà delle prove la schermata di segnalazione era presentata dopo il termine della finestra temporale tipica dell’AB. In questo caso i risultati erano caratterizzati da una notevole portata informativa: rispetto alla condizione in cui l’AB poteva dirsi ragionevolmente risolto, se la schermata di segnalazione era presentata durante l’AB, l'effetto di marcamento visivo era fortemente ridotto. In altre parole, l'effetto di AB si dimostrava in grado di interferire con la capacità di sfruttare le informazioni spaziali veicolate dalla schermata di segnalazione per massimizzare l'efficacia nel ricercare uno stimolo bersaglio tra i distrattori.
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