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Riassunto capitolo "Italia dal dopoguerra al fascismo"., Sintesi del corso di Storia

Riassunto usato nelle interrogazioni di quinto e per la maturità del Liceo delle Scienze Umane.

Tipologia: Sintesi del corso

2019/2020
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Scarica Riassunto capitolo "Italia dal dopoguerra al fascismo". e più Sintesi del corso in PDF di Storia solo su Docsity! L’Italia dal dopoguerra al fascismo. Crisi del dopoguerra. Come molte delle potenze vincitrici, l'Italia postbellica dovette affrontare problemi economici e sociali. La discussione sull’intervento o meno in guerra aveva portato ad una forte lacerazione tra le forze politiche; era inoltre necessario riconvertire l'economia, che era stata totalmente orientata verso le esigenze belliche, fattore che diede impulso all'industria meccanica e chimica ma ora le fabbriche dovevano tornare a produrre in poco tempo beni ordinari per rispondere alle necessità dei civili. Il debito pubblico era alle stelle: il bilancio statale era fortemente appesantito dal nostro indebitamento verso gli Alleati, in particolar modo gli Stati Uniti, che ci avevano concesso crediti per milioni di dollari. La continua emissione di moneta durante la guerra aveva anche causato una fortissima inflazione, provocando una drastica svalutazione della lira e un conseguente squilibrio nel cambio con monete estere come il dollaro. A quelli economici si affiancavano problemi sociali non inferiori. C’era la questione del reinserimento sociale dei reduci, spesso mutilati e costretti a mendicare; ai contadini arruolati nell'esercito non arrivò la ricompensa promessa con l'assegnazione di terre. Nel Meridione era molto sentita la questione della riforma agraria mentre al Nord gli operai chiedevano la riduzione della giornata lavorativa ad 8 ore e salari maggiori, in modo da poter rispondere all'inflazione, elemento che pensava particolarmente sul ceto medio (=impiegati e piccola borghesia) che vide un drastico peggioramento del proprio tenore di vita. Situazione politica. La classe dirigente liberale non era in grado di far fronte alla società postbellica e si affermarono vari partiti di massa come il Partito socialista italiano fondato da Turati, e il Partito popolare italiano fondato nel 1919 da don Luigi Sturzo, in concomitanza con l'ingresso dei cattolici nella vita politica italiana per contrastare l'egemonia socialista. E’ proprio nel 1919 che si tengono le prime elezioni dopo la guerra, con il sistema proporzionale = sistema che riproduce nell’organo di rappresentanza la proporzione di voti espressi dagli elettori, in questo caso il partito socialista italiano ottenne il maggior numero di voti sull'onda del successo della rivoluzione bolscevica in Russia, subito sotto c'era il Partito popolare italiano. Nitti era presidente del Consiglio. “Biennio rosso”. 1919 e 1920 corrispondono al cosiddetto “biennio rosso” dove moti spontanei per l’aumento del costo dei viveri coinvolsero tutto il paese con scioperi, azioni violente come l'assalto a forni o esercizi commerciali e occupazioni di fabbriche da parte degli operai che, influenzati dall'esperienza dei soviet in Russia, ambivano a diventare proprietari delle fabbriche e poi decidere collettivamente gli investimenti da fare. Alcuni industriali fecero “serrata” ossia chiusero gli stabilimenti impedendo agli operai di lavorare, ma le occupazioni continuarono anche con le armi e discorso analogo può essere fatto con i braccianti, che ambivano a diventare proprietari delle terre che lavoravano. A questo punto tra politici, industriali e possidenti si diffuse il timore di una rivoluzione proletaria come quella russa ma, nel 1920 Giolitti riuscì a ricomporre il conflitto convincendo gli industriali ad aumentare i salari e gli operai posero fine all'occupazione delle fabbriche. Il biennio rosso terminò con la vittoria di operai e contadini nell’immediato ma, nel lungo raggio, non ci furono conseguenze durature se non un diffuso sentimento di ostilità verso il socialismo. Partito Comunista d’Italia (PCI). Il Partito Socialista Italiano era ancora diviso tra riformisti, aperti alla collaborazione con altre forze politiche, e massimalisti, che ambivano a realizzare In Italia una rivoluzione socialista; intanto nel 1919, il partito socialista aveva aderito alla Terza Internazionale dove Lenin aveva messo l'obbligo di sostituire il termine “socialista” con “comunista” per continuare ad esserne membri. Questa condizione fu accettata da una minoranza del PSI che uscì dal partito dando vita al Partito Comunista d'Italia (PCI), che annoverava tra i suoi fondatori Gramsci e Togliatti. La “vittoria mutilata” e l’impresa di Fiume. Le piazze italiane dell'immediato dopoguerra, oltre alle manifestazioni dei lavoratori, videro quelle di reduci e nazionalisti, insoddisfatti delle condizioni di pace, la nostra vittoria fu infatti definita mutilata dal poeta D'Annunzio che nel Corriere della Sera, scrivendo “Vittoria nostra, non sarà in mutilata.” secondo il patto di Londra avremmo dovuto ricevere Istria e Dalmazia che passarono però ai nuovi Regni di Serbi, Croati e Sloveni dopo il crollo dell'Impero austro-ungarico. Inoltre c'era la questione Fiume, città prevalentemente popolata da italiani perciò desiderata ma non rientrava nei patti. La situazione cambiò quando D'Annunzio, nel 1919, occupò Fiume con un gruppo di militari, dichiarandola annessa all'Italia e insediando lì un governo provvisorio. Parte degli italiani ciò come un oltraggio alle istituzioni ma considerando la grande popolarità del poeta, i vertici tentarono la strada diplomatica finendo per mostrare una sostanziale debolezza verso la destra antiparlamentare, nazionalista e militarista. Solo l'anno successivo il governo italiano e quello del Regno dei Serbi, Croati, Sloveni firmarono il trattato di Rapallo ponendo fine alla questione fiumana dicendo che all'Italia sarebbe andata l'Istria, mentre ai secondi la Dalmazia, Fiume invece sarebbe tornata una città-stato indipendente. D'Annunzio non riconobbe il trattato ma Giolitti, che era tornato capo del governo, intervenne mandando l'esercito contro le truppe di D'Annunzio. Questo dimostro la facilità con cui in Italia si potevano compiere impunemente atti illegali e portò ad elezioni anticipate. L’avvento del fascismo. Nascita dei fasci di combattimento e programma di San Sepolcro. Negli stessi anni della questione fiumana nasceva il fascismo, sotto la guida di Benito Mussolini: inizialmente socialista di Forlì con posizioni repubblicane e marcatamente anticlericali, disprezzante verso ogni forma di parlamentarismo liberale e democrazia. In veste di socialista rivoluzionario diresse il quotidiano “Avanti!” fino all'espulsione dal partito, dopodiché fondò il giornale “Il popolo d'Italia”, filointerventista e molto nazionalista. Mussolini ambiva a creare una nuova forza politica interprete dei ceti medi, che contrastasse contemporaneamente il socialismo e la grande borghesia capitalistica, ambendo a una rivoluzione violenta. Nel 1919, Mussolini fondò il primo “fascio di combattimento”, dove “fascio” evocava le idee di unità e forza da cui deriva poi il simbolo del fascio littorio, ossia l'arma che i littori romani portavano con sé per proteggere i magistrati. Al movimento dei fasci aderirono ex socialisti e sindacalisti rivoluzionari sostenitori della guerra, studenti che non avevano partecipato alla Prima guerra mondiale perché troppo giovani e desiderosi di lottare per la propria Italia, intellettuali o artisti affascinati da guerra e violenza. Membri fondamentali furono gli Arditi, ex combattenti dei reparti d'assalto abituati alle maniere forti e scontenti delle condizioni di pace che ritenevano esser state passivamente accettate dal governo liberale. I principi e gli obiettivi del movimento erano contenuti nel programma di Sansepolcro, contenente richieste di riforme economiche e sociali radicali, simili a quelle socialiste, poi aspirazioni marcatamente nazionaliste, senza tralasciare anticlericalismo, antiparlamentarismo e odio verso i principi liberali. Il movimento ottenne pochissimi consensi. Squadrismo e fascismo agrario. Dati gli scarsi consensi, Mussolini abbandonò i punti più radicali del programma di San Sepolcro proponendosi come una forza di destra che ambiva a tutelare la proprietà privata e gli interessi della borghesia produttiva, disposta ad arginare anche con la violenza i socialisti. Lo strumento dei fascisti era le squadre d'azione, formazioni armate che con metodi violenti combattevano la politica socialista in tutte le sue forme, erano anche chiamate camicie nere per il colore delle loro divise adornate di un teschio, segni distintivi degli Arditi. Il fascismo divenne lo strumento di lotta più efficace per arginare i socialisti, grazie anche ai finanziamenti dei proprietari terrieri che volevano proteggere i propri possedimenti, per questo parliamo di fascismo agrario. Il movimento continuava ad ingrandirsi con persone dei ceti medi e il loro successo è indubbiamente riconducibile al sostegno finanziario degli agrari, ma anche all' impreparazione del movimento socialista già di per sé non compatto, e le deboli istituzioni liberali che videro nello squadrismo un metodo provvisorio per contenere la spinta socialista. Elezioni del 1921. L'Italia del 1921 è caratterizzata da una forte instabilità politica a causa delle difficoltà nel trovare maggioranze stabili in Parlamento; Giolitti decise di indire nuove elezioni convinto che avrebbe vinto anche grazie ai cosiddetti “blocchi nazionali”, ovvero liste di coalizione con tutte le forze interessate a contrastare socialisti e cattolici, e oltre ad esser formata da liberali, c'erano anche nazionalisti e fascisti. Prima delle elezioni ci fu un’ondata di violenze squadriste che non diedero i risultati sperati in quanto forte consenso andò al partito socialista e popolare, ma la stabilità politica non fu raggiunta dato che i liberali non riuscirono ad ottenere la maggioranza in Parlamento. Ora però i fascisti entrarono in Parlamento con 35 deputati, tra cui Mussolini. Fascismo al potere. Tentativo di pacificazione del governo Bonomi e il PNF. Dopo le lezioni del 1921, Giolitti lasciò il posto di capo del governo a Bonomi che ambiva a far terminare le violenze tra fascisti e socialisti, cosa che Mussolini accolse di buon grado dato che non voleva perdere il sostegno della borghesia e
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