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Riassunto Carlo Goldoni. Riassunto poesia del novecento. Riassunto Marino, Schemi e mappe concettuali di Italiano

MARINO CARLO GOLDONI POESIA DEL NOVECENTO

Tipologia: Schemi e mappe concettuali

2021/2022

Caricato il 23/04/2022

elide-pugliese
elide-pugliese 🇮🇹

5

(1)

7 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Riassunto Carlo Goldoni. Riassunto poesia del novecento. Riassunto Marino e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Italiano solo su Docsity! DAL MANIERISMO AL BAROCCO Uscire dal Rinascimento significava affrontare un periodo che si può far iniziare circa nel 1520, conosciuto come “età del Manierismo”, che fa da ponte a un periodo di transizione che va dalla stagione rinascimentale alla stagione barocca. Il Manierismo si fa iniziare proprio nel 1520 perché in quel momento lì fu indetto il Concilio di Trento al fine di arginare quella che era la riforma luterana e recuperare l’autorità della Chiesa sia nella vita religiosa che nella vita civile dei cittadini. Ciò significa che tutti gli ideali che l’uomo rinascimentale aveva conquistato, tra cui la laicità, il diritto alla libertà e alla felicità, vengono soppressi. L’uomo manierista, dunque, si trova a vivere tutto questo. Il Manierismo è un termine coniato soprattutto per una corrente di tipo artistica, mentre in letteratura non vi è una vera e propria corrente manieristica, semplicemente ci sono degli autori, in particolare Tasso, che raccolgono le istanze di questo momento particolare. Il Manierismo, sia nell’arte che nella letteratura, tende a concentrarsi sul particolare impreziosito, seguendo i grandi maestri della <<maniera>>, ovvero i poeti antichi greci e latini, e anche le tre corone trecentesche Dante, Petrarca e Boccaccio. Un esempio lampante di questo movimento è il Giardino di Armida di Tasso, in cui vengono ampliamente descritte le raffigurazioni presenti sulle porte del castello di Armida concentrandosi sui particolari mitologici. Non a caso Battistini definisce il Manierismo un’arte introversa e preziosa: introversa perché l’uomo in quel periodo vede i tempi cambiare e inizia a ritornare ad una situazione di introversione e a chiudersi in se stesso. Quando poi arriva la stagione barocca, all’inizio del ‘600, la situazione politica in Europa precipita del tutto, a causa dell’invasione spagnola, dell’epidemia di colera, della rigidità della Chiesa con il Tribunale dell’Inquisizione e l’Indice dei Libri Proibiti. Il ‘600, dunque, è connotato da un fanatismo ideologico- religioso, dall’ansia del nuovo che combatte con il classicismo intransigente, dal divario sempre più forte tra nobiltà e povertà, dalla nascita degli assolutismi: abbiamo il dominio spagnolo in Italia che porta all’indebolimento delle corti, svuotate del loro significato politico, e il poeta diventa un ornamento della corte, viene pagato. Inoltre abbiamo anche un altro sconvolgimento incredibile, ovvero la Rivoluzione copernicana che smentisce tutto ciò che la Bibbia aveva insegnato, in quanto promuove l’idea di un universo aperto, infinito e la teoria eliocentrica che ci fa capire che l’uomo non è al centro dell’universo; nascono la scienza induttiva e nuovi strumenti, quali il telescopio e il microscopio, e tutto ciò porta, oltre che ad un inasprimento della Chiesa che si sente minacciata, anche ad un crollo delle certezze rinascimentali, ad uno stato di travaglio morale e irrequietezza. L’uomo del Barocco, quindi, comprende che non sarà più possibile recuperare gli ideali rinascimentali, provocando un’alterazione delle tendenze manieriste: il particolare, infatti, si moltiplica diventando esagerato, vengono rifiutati i maestri e rinnegato il passato e la tradizione. A tal proposito Battistini, per quanto riguarda la definizione che dà al barocco, parla di un delirio megalomane, proprio perché l’artista si trova in uno stato delirante, in cui cerca di imporre la propria megalomania. Il termine barocco viene da un’etimologia incerta: potrebbe indicare un sillogismo aristotelico molto complesso, oppure potrebbe derivare da una perla portoghese difettosa nella forma o da un lemma che significa “imbroglio, raggiro”. Anche il Barocco, come il Manierismo, nasce prima nell’ambito artistico, mentre in letteratura va ad indicare una costante ricerca della meraviglia, tramite la disarmonia e l’irrazionalità. Inoltre la letteratura barocca oscilla tra due tendenze diverse: la ricerca di un facile applauso da parte della corte e l’espressione di una coscienza inquieta. Per quanto riguarda la filosofia del tempo, i maggiori esponenti seicenteschi sono Pascal e Montaigne; entrambi comunicano quel clima di incertezza, tormento, inquietudine dell’uomo, che, come dice Pascal in una sua famosa citazione, si sente un essere piccolo e fragile rispetto all’infinito. Autore esemplificativo della stagione barocca è Marino con il suo testo “La ninfa mungitrice”, dove la ninfa, che sta a rappresentare il simbolo della tradizione, ora diventa una mungitrice, degradandola a tal punto da essere collocata alla mungitura delle vacche. Già da questo testo si comprende come Marino non rispetta la tradizione, rifiuta i grandi maestri e va alla ricerca del particolare inedito. Di grande importanza per il processo di formazione del gusto barocco sono le opere di Tasso, in cui si affrontano temi come la natura e il dolore provocato dalla malinconia, e che influenzeranno profondamente anche Marino. GIOVAN BATTISTA MARINO Il Marinismo La poetica di Marino, e dell’intero secolo seicentesco co, è caratterizzata da: -Ricerca del concetto arguto e dell’elocuzione ornata: sono le due modalità con cui Marino cerca di raggiungere il suo scopo, che è quello di meravigliare il lettore. Da una parte vi è l’esasperazione di tutti quei motivi ingegnosi, arguti, e di quei concetti particolari che l’autore usava; dall’altra è attento ad utilizzare degli espedienti stilistici e formali che danno al testo un aspetto lussuoso, in altre parole l’elocuzione ornata è lo strumento stilistico-retorico attraverso cui si esprime il concettismo, cioè l’accostamento inedito di tematiche diverse tra loro, l’abuso di metafore e l’utilizzo di un linguaggio molto articolato. E’ come se la poesia di Marino fosse la rappresentazione linguistica di una cattedrale barocca, fatta di sfarzi eccessivi. -Rappresentazione di temi inediti, come la celebrazione delle donne comuni e dei loro vezzi, la dedica a dame brutte, deformi (cosa mai stata fatta prima in letteratura), poesie di lode per pulci e pidocchi che adornavano il capo della donna amata, la celebrazione di una materia modernistica (in quanto alcuni suoi testi trattano di orologi, mine e artiglieria). -Uso di giochi verbali, stravaganze morfo-sintattiche, metafore, e antitesi. -Antipetrarchismo e rottura delle regole: utilizza un linguaggio non selezionato e fortemente realistico. Marino infatti aveva capito che bisognava utilizzare per forza un linguaggio nuovo per poter descrivere il gusto del suo secolo, fatto da un popolo angosciato che voleva leggere cose nuove, piccanti, addirittura scandalose, poiché aveva semplicemente bisogno di distrarsi. Biografia Si sa molto poco dei primi anni di vita del Marino. Sappiamo che nasce nel 1569 e la prima formazione avviene a fine 500 a Napoli, nella scuola di Matteo di Capua (principe di Conca), il quale aveva anche una collezione di opere d’arte, che accese la passione in Marino sul mondo artistico e che durò poi per molti anni (Questo porto poi Marino anche a fare moltissimi riferimenti ad opere d’arte nei suoi poemi più importanti). Nel contesto napoletano conosce anche Gian Battista Manso (colui che scrisse la prima biografia di Tasso). Sempre a Napoli sperimenta le prime opere in versi come la “Canzone dei Baci”: O baci avventurosi, ristoro de’ miei mali, che di nettare al cor cibo porgete; spiriti rugiadosi, sensi d’amor vitali, che ’n breve giro il viver mio chiudete; in voi le piú secrete dolcezze e piú profonde provo, talor che con sommessi accenti interrotti lamenti, lascivetti desiri, languidetti sospiri tra rubino e rubino Amor confonde, e piú d’un’alma in una bocca asconde! Nella Canzone, con un intreccio semplice di endecasillabi e settenari, troviamo il tema dell’amore in tutte le sue sfumature, espresso sotto la dinamica del bacio, che poi termina con una calca pienamente sensuale (si tratta in realtà di una tematica che è fondamentale per la prima stagione della poesia mariniana). Tra il 1598 e il 1600 viene per 2 volte condannato al carcere, per ragioni diverse, tra cui reati sessuali e Io, che 'n virtù d'Amor vivo in altrui, spero or mi fia (la tua mercé) concesso, in me non vivo, or ravivarmi in esso?, in me già morto, immortalarmi in lui Piacemi assai che meraviglie puoi formar sì nòve, ANGEL non già ma Dio: animar l'ombre, anzi di me far noi". Che s'or scarso a lodarti è lo stil mio, con due penne e due lingue i pregi tuoi scriverem, canteremo, ed egli, ed io. Qui Marino usa un particolare gioco di specchi, facendo rifletter la sua persona in quella del dipinto, utilizzando anche la particolare struttura bipartita dei versi del sonetto. Dopo la Galeria è la volta della Sampogna, una raccolta di dodici idilli composti in diverse stagioni e raccolti in un'antologia che Marino cura personalmente, e che esce a Parigi nel 1620. La materia è soprattutto mitologica, con alcuni testi conclusivi di marca pastorale dove vengono riscritti episodi celebri del patrimonio classico (come storia di Proserpina o quella metamorfosi di Dafne in alloro, per fuggire gli amori di Apollo), ma soprattutto, essa rappresenta uno sfoggio di straordinaria tecnica poetica: negli idilli si alternano sequenze di endecasillabi e settenari variamente rimati, con zone più preziose di versi sdruccioli, o con l'inserto di canzonette e frottole. Il ritorno in Italia, la condanna e le ultime opere Dopo otto anni, trascorsi in Francia, e avendo appunto pagato con la sontuosa stampa dell'Adone la protezione di Luigi XIII, Marino torna in Italia nella primavera del 1623. È ormai convinto di aver superato le difficoltà con il Sant'Uffizio e l'elezione al pontificato di Maffeo Barberini, con il nome di Urbano VIII, lo illude di poter contare sull'amicizia di un papa letterato. Tuttavia, nel giro di poche settimane, il poeta deve prima incassare una proibizione della ristampa italiana dell'Adone (per il poema viene richiesta un'edizione censurata che non vedrà mai la luce) e poi deve persino subire l'affronto di una condanna pubblica da parte del Sant'Uffizio. Decide quindi di allontanarsi da Roma e tornare a Napoli, dove pensa di costruire una casa-museo, con i libri e le opere d'arte accumulate nel corso di una vita. Nell’autunno del 1624, trasferitosi definitivamente a Napoli, marino si ammala e trascorre in condizioni precarie le ultime settimane di vita. La leggenda vuole che, in punto di morte (avvenuta il 26 marzo 1625), abbia deciso di dare alle fiamme le tante opere inedite di marca lasciva che ancora conservava manoscritte, concludendo così con una morte pia una vita scandita da sregolatezze. L’Adone La fase di elaborazione dell’Adone dura circa 30 anni, a partire del periodo napoletano. Viene stampato nel 1623, ma già dal 1605 Marino aveva ben chiaro quale doveva essere la forma della sua opera: Una struttura semplice, che passa per tre tempi: innamoramento, amore e morte. La svolta avviene però nel 1614-15, quando, col passaggio in Francia, Marino può permettersi di spaziare su tematiche più azzardate, che nel territorio italiano non potevano esser trattate. Decide quindi di allargare il disegno del poema su Adone (divinità greca), e di basarsi sulla materia Ovidiana. Il poema si incentra sull’amore tra Venere e Adone ed è una favola mitologica che si oppone alla materia storica incentrata sui poemi epici. Un cambio di indirizzo che culmina anche nella descrizione del protagonista, Adone, un «antieroe» dai tratti femminei, per larghi tratti ricettore passivo di quanto accade intorno a lui, dall'amore di Venere alla gelosia di Marte. Bellissimo e quasi astratto, Adone incarna alla perfezione la scelta del Marino di una narrazione sensuale, mirata soprattutto ai piaceri della passione amorosa. Sulla storia principale si innestano anche una serie di episodi che Marino aggiunge progressivamente negli anni, passando dalla struttura in tre tempi a una narrazione che accoglie digressioni e racconti secondari, più o meno collegati alla favola principale: nel canto II si racconta la storia del giudizio di Paride, nel canto IV il mito di Amore e Psiche, e così via. Si tratta di un'altra divaricazione rispetto al genere epico: l’Adone, infatti, segna la perdita di una narrazione compatta e logicamente coerente. Trama in breve 1. I primi quattro canti espongono l’evento iniziale: Cupido, per vendicarsi della madre, Venere, che lo ha battuto, la induce a innamorarsi di un mortale, Adone, approdato all’isola di Cipro. Dapprima Venere vede il bel giovane addormentato e se ne innamora, poi Adone cura la dea ferita dalle spine di una rosa e a sua volta cade in amore. Cupido, Clizio (il poeta Vincenzo Imperiali, amico di Marino) e Mercurio cominciano l’iniziazione di Adone, raccontandogli favole e mostrandogli rappresentazioni sceniche; 2. I canti V-XI narrano come Adone venga iniziato alle delizie dei cinque sensi nel giardino del piacere e successivamente a quelle dell’intelletto e delle arti. Adone apprende anche i primi elementi della scienza moderna (compare qui anche l’esaltazione di Galileo). Nel frattempo, Mercurio congiunge i due amanti in matrimonio; 3. I canti XII-XVI narrano le peripezie di Adone che deve superare una serie di prove di iniziazione. In particolare, egli deve difendersi (aiutato da un anello fatato datogli da Venere) dagli agguati di Marte, geloso di Venere, ed è costretto a fuggire da Cipro. Dopo numerose peripezie, infine torna a Cipro e ottiene la signoria dell’isola dopo una vittoriosa partita a scacchi. Ma Adone rifiuta di esercitare il potere, anche dopo che, in seguito a un concorso di bellezza da lui vinto, è nominato re dell’isola; 4. I canti XVII-XX hanno per oggetto la partenza di Venere dall’isola, la morte di Adone, ucciso da un cinghiale mandatogli contro da Marte e reso furioso dall’amore (Adone lo aveva ferito con una freccia di Cupido), il processo al cinghiale (assolto perché mosso da amore), la sepoltura del protagonista e gli spettacoli e i giochi indetti da Venere in onore del defunto. L’Adone: storia letteraria L’Adone nel corso di decenni non ha lasciato una tradizione manoscritta significativa, se non per due codici attualmente alla biblioteca di Francia e Madrid. Marino decise di dedicare l’opera al re di Francia Luigi XIII assicurandosi così il suo aiuto economico per la pubblicazione di un’edizione decisamente sontuosa. Nonostante le pratiche fossero iniziate nel 1620, l’opera fu pubblicata solo nel 1623; ciò accadde solo in Francia dato che l’Italia continuò ad ostacolarlo. A Venezia inviò un poema completamente diverso, privo di dettagli erotici che potessero destare problemi al tribunale dell’inquisizione. Non servirono a niente queste modifiche tanto che il libro rientrò nell’indice dei libri proibiti nel 1627 riscuotendo comunque una buona fama. Il canto dell’usignolo Il giardino del piacere è costituito da una successione di varie zone, ciascuna dedicata ad uno dei cinque sensi; nel canto VII Adone si trova nel giardino dell’udito, dove, a un certo punto, Mercurio loda il canto dell’usignolo. Dopo l’elogio, Mercurio racconta la storia di una gara di canto tra un musico e un usignolo, in cui è il primo a risultare vincitore, poiché, nel voler imitare il cantante, l’usignolo scoppia. Parafrasi “L’usignolo” 32. Ma sopra ogni uccellino vago e gentile che spicca con leggiadria per canto e per volo porta il suo spirito tremante e sottile l’usignolo, sirena dei boschi, che modella il suo singolare stile a tal punto che sembra maestro dell’alato stormo. In mille modi il suo canto si distingue e può trasformare una lingua in mille lingue. 33. O meraviglia, ascolti il prodigio musicale che si ode certo ma si distingue appena, come in un momento spezza la voce, poi si riprende, poi la ferma, poi la cambia, poi ne abbassa il tono o lo aumenta, poi mormora in maniera grave, ora la rende sottile, ora produce dolci sequenze come una grande catena e sempre, sia che sparga la voce o la raccolga in sé, con la stessa melodia lega e scioglie l’armonia musicale. 34. O che piacevoli, o che penose rime, il cantore lascivo compone e detta. Prima esprime in maniera molto flebile il suo lamento/canto e poi rompe in un sospiro la canzonetta. In tante melodie mute o languide o sublimi cambia stile, frena le pause o affretta le fughe e con lui e dentro di lui sembrano convivere diversi strumenti: la cetra, il flauto, il liuto, l’organo e la lira. 35. A volte riesce a fare un’articolata scala musicale molto lunga con la sua gola lusinghiera e dolce. Di qui quell’armonia che l’aria accarezza, ondeggiando per gradi fa salire in alto e poi in alto si regge per molto tempo finché cala precipitosa a piombo. Aumentando i gorgheggi a piena voce forma delle note a più suoni. 36. Sembra che abbia dentro la bocca e in ogni fibra del suo corpo una ruota rapida o un turbine veloce. Sembra la lingua, che si avvolge e vibra, la spada di uno spadaccino abile e veloce. Se piega e increspa la voce o se la distende e ferma, lo chiameresti spirito del cielo che in tanti modi, figurato e trapunto, snoda il canto fin sopra le stelle. 37. Chi crederebbe che tante forze possano essere accolte da un animaletto così piccolo? E chi crederebbe che tanta dolcezza possa nascondersi tra le vene e dentro le ossa di una piccola creatura sonante? O che sia qualcos’altro una voce pennuta, un suono volante rispetto ad un lieve soffio d’aria? E vestito di penne un acceso canto, una piuma canora, un canto alato? 38. Mercurio allora, che aveva visto Adone ascoltare un canto così bello attentamente, si rivolse a lui dicendo: - cosa ti sembra così divino in quest’uccello? Diresti mai che tanta forza unisce in così poca sostanza un piccolo spirito? Uno spiritello composto di armonia che vive in viscere così piccole? 39. Non si può negare che la natura mostra la sua arte mirabile in ogni sua bella creazione; ma come un pittore che mostra abilmente il suo ingegno e il suo studio nella piccola figura più che nella grande, così la natura si adopera con la maggiore diligenza nelle cose piccole rispetto alle cose grandi. Quest’eccesso della natura supera in ogni altro modo ogni suo miracolo. 40. Di quel canto veramente meraviglioso io voglio raccontarti una bella storia memorabile, a anche molto drammatica, tanto da far commuovere anche le pietre. Un solitario amante sfogava il suo dolore d’amore attraverso il suono pietoso delle corde di un liuto. Il bosco taceva e il cielo era occupato dal velo della notte.
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