Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Riassunto Carlo III (un grande re riformatore a Napoli e in Spagna), Sintesi del corso di Storia Moderna

Già re di Napoli e Sicilia dal 1734 al 1759, Carlo III di Borbone è stato poi re di Spagna dal 1759 al 1788. La vita di Carlo è stata attraversata da due fasi nelle quali si può cogliere un filo conduttore che rappresenta la graduale maturazione politica, grazie alla collaborazione di uno dei maggiori ministri dell’illuminismo europeo Floridablanca, che lo avrebbe portato ad accentuare la sua azione riformistica intrapresa già a Napoli durante il governo di Montealegre e poi interrotta sulla spi

Tipologia: Sintesi del corso

2014/2015

In vendita dal 04/11/2015

desiree2089
desiree2089 🇮🇹

4.7

(12)

1 documento

1 / 20

Toggle sidebar

Spesso scaricati insieme


Documenti correlati


Anteprima parziale del testo

Scarica Riassunto Carlo III (un grande re riformatore a Napoli e in Spagna) e più Sintesi del corso in PDF di Storia Moderna solo su Docsity! CARLO III (un grande re riformatore a Napoli e in Spagna) di Giuseppe Caridi – Storia Moderna PREMESSA: Già re di Napoli e Sicilia dal 1734 al 1759, Carlo III di Borbone è stato poi re di Spagna dal 1759 al 1788. La vita di Carlo è stata attraversata da due fasi nelle quali si può cogliere un filo conduttore che rappresenta la graduale maturazione politica, grazie alla collaborazione di uno dei maggiori ministri dell’illuminismo europeo Floridablanca, che lo avrebbe portato ad accentuare la sua azione riformistica intrapresa già a Napoli durante il governo di Montealegre e poi interrotta sulla spinta dei ceti privilegiati. Le riforme, riprese dal sovrano all’inizio del suo regno in Spagna, furono interrotte dai moti che portarono nel 1766 alla rimozione di Squillace e all’espulsione dei Gesuiti. Un posto di rilievo è stato ricoperto dal toscano Bernardo Tanucci, consigliere del re a Napoli, grazie alla cui vasta corrispondenza epistolare è stato possibile ricostruire le vicende dei regni di Carlo III. Ad essa si aggiungono le lettere che il sovrano inviava ai genitori e i documenti conservati presso l’Archivio di Stato, nella Biblioteca Nazionale e nella Società di Storia Patria di Napoli. Per le vicende del periodo spagnolo si fa riferimento all’Archivio Nazionale di Madrid e all’Archivio Generale di Simancas. Altre fonti sono la raccolta di leggi emanate da Carlo III e la relazione con cui Floridablanca passava in rassegna l’attività politica svolta a decorrere dal 1777. PARTE PRIMA DALLA NASCITA ALLA SOVRANITÁ SU NAPOLI E SICILIA (1716-1759) CAP 1: L’INFANTE DI SPAGNA DA MADRID A NAPOLI 1. Nascita di Carlo e origine dei Borbone di Spagna Il 20 gennaio 1716 a Madrid dall’unione del re Filippo V di Borbone (nipote di Luigi XIV) con la regina Elisabetta Farnese nasceva Carlo Sebastiano (Carlo III) in memoria di Carlo II, ultimo sovrano spagnolo di casa d’Asburgo. Filippo V era divenuto re di Spagna in seguito alla pace di Rastadt nel 1714 che pose fine alla guerra di Successione alla corona ispanica. 2. Nozze con Filippo V e ambizioni di Elisabetta Farnese Filippo V, da pochi mesi vedovo di Maria Luisa Gabriella, figlia di Vittorio Amedeo II, il 16 settembre 1692, si sposò per procura con la principessa, quasi ventiduenne, Elisabetta Farnese nipote del duca di Parma e Piacenza e discendente di Margherita dé Medici. La partecipazione alla nozze della Santa sede non fu vista bene dalla corte di Vienna. L’Austria fece notare al papa Clemente XI il proprio malcontento per i diritti che adesso il re di Spagna acquisiva sul ducato di Parma e sul granducato di Toscana. La nuova regina, dotata di una forte personalità, era riuscita sin da subito ad imporre la propria volontà al marito. Questi invece era freddo, triste, malinconico privo di qualsiasi passione oltre alla caccia. La regina assunse così la guida effettiva della politica spagnola. Il suo obiettivo era quello di far ottenere ai figli un trono anche se la corona di Spagna sarebbe spettata ai figli legittimi di Filippo V nati dal precedente matrimonio, Luigi e Ferdinando. La regina puntava all’Italia. 3. Aspirazione a troni italiani per il primogenito della regina di Spagna Elisabetta pensava di aspirare alla successione del ducato di Parma e di Piacenza e al granducato di Toscana, per il figlio Carlo, poiché egli era vassallo dell’imperatore. La Sicilia passava all’Austria che avrebbe dovuto cedere ai Savoia la Sardegna restituitale dai Borbone. Queste proposte, accolte dall’imperatore Carlo VI la cui adesione trasformò la Triplice (accordo firmato il 4 gennaio 1717 all'Aia, concluso tra Regno Unito, Francia e Paesi Bassi, contro la Spagna, che cercava di mantenere gli accordi del Trattato di Utrecht del 1713) in Quadruplice alleanza (combattuta dal regno di Spagna contro Inghilterra, Francia, Austria e Paesi Bassi per il predominio sul mare Mediterraneo; durò dalla fine del 1717 all'inizio del 1720), non ebbero l’assenso della corte spagnola. L’Alberoni indusse Madrid a occupare la Sicilia nel luglio del 1718. Il trattato di Londra del 2 agosto 1718 stabilì allora, che per evitare lo scoppio di una nuova guerra in Italia, le successioni degli stati posseduti dal Granduca di Toscana e dal Duca di Parma e Piacenza dovessero essere riconosciuti come feudi imperiali a Carlo III e alla sua discendenza. Il trattato dell’Aja del maggio 1720 riconobbe all’imperatore Carlo VI il possesso della Sicilia in cambio della Sardegna e si pose fine alle ostilità della quadruplice alleanza contro la Spagna. 4. Educazione di Carlo 1 Carlo venne educato secondo i principi pedagogici tradizionali della corte spagnola dalla marchesa di Montehermoso, Maria Antonia de Salcedo. I principi si basavano sull’obbedienza ai genitori e a Dio attraverso l’osservanza delle pratiche della religione cattolica. A insegnare a Carlo a leggere e scrivere fu il precettore francese Giuseppe Arnaud. Egli mostrò molto impegno dato che Carlo, tre mesi prima di compiere 5 anni, riuscì a scrivere la sua prima lettera ai genitori. La marchesa lo guidò fino ai 7 anni, in seguito la sua educazione venne affidata a Francesco Antonio de Aguirre, figlio della marchesa, e al padre gesuita francese Ignazio Laubrusel. Da quest’ultimo apprese la lingua latina e italiana e da altri maestri lo studio della morale, della geografia, della storia generale di Francia e Spagna. Seguì lezioni di tattica militare e nautica. 5. Rivendicazione del ducato di Parma e del granducato di Toscana Nel gennaio 1724 Filippo V abdicò a favore del fratello Luigi per circa sette mesi. L’azione di Elisabetta si arrestò anche se riprese con il ritorno di Filippo al trono. Era consapevole che senza il consenso dell’Austria il figlio Carlo non avrebbe potuto succedere alle successioni stabilite dalla quadruplice alleanza. La regina quindi mirò all’Austria, dove eredi di Carlo VI erano le arciduchesse Maria Teresa e Maria Anna a cui il padre voleva fossero riconosciuti i diritti di successione nei propri domini. Furono stipulati due trattati di pace tra Spagna e Impero. Carlo VI riconosceva a Carlo di Borbone le successioni di Parma e Toscana invece Filippo V la Prammatica Sanzione e la Compagnia di navigazione di Ostenda. Dopo aver ricevuto da Madrid una cospicua somma di denaro, Carlo VI acconsentì al matrimonio delle due arciduchesse della casa d’Asburgo con Carlo e Filippo, figli di Elisabetta. A Carlo, sposo di Maria Teresa, dovevano spettare gli Stati austriaci fuori d’Italia e a Filippo, sposo di Maria Anna, i possedimenti italiani. Carlo VI però rimandava continuamente le nozze, data la giovane età degli sposi, e la regina insospettita abbandonò l’alleanza e si riavvicinò alla Francia. Con il trattato di Siviglia del 9 novembre 1729 si spianò la strada di Carlo negli stati italiani. Si giunse alla pace tra Gran Bretagna, Francia, Spagna e Olanda con la garanzia che a Carlo sarebbero successi il ducato di Parma e Piacenza e il granducato di Toscana. Alla morte del duca Antonio, ultimo esponente dei Farnese, Carlo VI fece occupare Parma e Piacenza. La conciliazione avvenne grazie alla diplomazia inglese che approfittò della situazione per raggiungere ulteriori scopi economici. Carlo quindi ottenne con il consenso di Vienna gli stati di Parma e Piacenza che, in attesa della sua investitura, furono occupati dalla nonna materna Dorotea di Neuburg. 6. Partenza per l’Italia Carlo, il 20 ottobre 1731, intraprese il viaggio verso l’Italia partendo da Siviglia con 250 persone al seguito. Tra queste José Manuel de Benavides y Aragon, uomo di fiducia della Farnese e ayo (educatore) di Carlo. Alla partenza Carlo si inginocchiò davanti ai genitori, il padre lo cinse della spada ingioiellata appartenuta a Luigi XIV e la madre gli infilò al dito un diamante. Santisteban aveva ricevuto l’incarico dalla regina di fungere da supervisore di ogni azione del figlio però la sua pressante sorveglianza non avrebbe permesso per 7 anni a Carlo di giungere a maturazione. La prima tappa italiana fu Livorno raggiunta il 27 dicembre 1731. Carlo fu incoraggiato a vivere all’aria aperte, assecondando la sua inclinazione per la caccia, la pesca, la pittura e l’incisione al fine di evitare crisi depressive che avevano tormentato il padre e il fratellastro maggiore. Santisteban spingeva Carlo a tali occupazioni per allontanarlo dagli impegni politici. Carlo all’inizio di gennaio fu colpito da vaiolo e riuscì a guarire. Tra la fine di gennaio e i primi di febbraio soggiornò a Pisa e la sua tappa toscana finale fu Firenze, dove fece un ingresso solenne a cavallo. A causa però dei reiterati sgarbi istituzionali addebitati al giovane Borbone, fra Vienna e Madrid si creò una forte tensione. A fare da paciere intervenne l’Inghilterra. I negoziati che si stavano raggiungendo vennero però interrotti da Carlo VI che ordinò alla nonna di Carlo di non permettere il possesso del ducato di Parma e Piacenza senza aver prima ricevuto l’investitura. Elisabetta, dal suo canto, ordinò al figlio di prendere immediatamente possesso di Parma e Piacenza. Carlo eseguì l’ordine e alcuni giorni dopo si recò a Piacenza dove fu accolto calorosamente. Quest’atto, contrapposto alle disposizioni imperiali, inasprì i rapporti dei sovrani cattolici con Carlo VI. Il compromesso venne raggiunto con l’impegno dell’imperatore di concedere le investiture a Carlo che, in cambio, avrebbe dovuto rinunciare al granducato di Toscana. CAP 2: RICONQUISTA E CESSIONE A CARLO DEI REGNI DI NAPOLI E SICILIA 1. Guerra di Successione polacca e riconquista spagnola del Mezzogiorno d’Italia L’improvvisa morte del re di Polonia, Augusto II Wettin, portò allo scoppio della Guerra di Successione polacca. La necessità della Francia di sostenere le aspirazioni di Stanislao Leszczynski contro l’Austria apparve alla Farnese l’occasione per rivendicare per Carlo i domini asburgici già spagnoli dell’Italia meridionale. La Spagna si collocò nello schieramento francese opposto a quello austriaco. Filippo V ordinò la partenza dell’esercito spagnolo alla volta dell’Italia e ne nominò comandante Carlo con il grado di <<generalissimo>>. Il comando effettivo fu affidato al conte di Montemar. Il vicerè di Napoli, Giulio Visconti, alla notizia dell’avanzata dell’armata spagnola, avvisò gli Eletti i quali rappresentavano la nobiltà e il popolo della capitale. 2 L’arrivo della regina sarebbe stata l’occasione per Carlo per sfilare tra le vie della capitale e farsi acclamare dai cittadini. Carlo trascorreva le giornate in modo abitudinario. La mattina partecipava al Consiglio di Stato in modo svogliato, delegando al maggiordomo maggiore il compito di tirare le somme delle discussioni e prendere le decisioni finali. Due volte a settimana dava udienza al pubblico, con un cerimoniale che variava a seconda della qualità degli interlocutori e passava i pomeriggi tra la caccia e la pesca. La domenica assisteva alle funzioni religiose nella chiesa del Carmine del Mercato e nel corso dell’anno prendeva parte alle processioni principali della capitale. Una volta all’anno, l’8 settembre, il re guidava una grandiosa sfilata che dal palazzo reale arrivava a Piedigrotta, dove si recava a rendere omaggio alla chiesa della Madonna. Carlo si spostava frequentemente tra i diversi siti reali, accompagnato dai principali esponenti della corte. A Napoli rimaneva per poco tempo. Delle sue occupazioni era informata la madre, la quale dalla Spagna vigilava sul figlio. Data l’influenza della Farnese su Filippo V si sperava anche nell’influenza della giovane regina Maria Amalia su Carlo. Questa aveva poco interesse per le vicende politiche del regno, contrariamente alla suocera. Carlo, dal canto suo, preferiva averla come compagna nelle battute di caccia, nelle cerimonie religiose e di corte. In seguito però al primo parto maschile la regina acquisì il diritto di partecipare al Consiglio di Stato fuori dalla capitale. 10. Da un <<visir>> all’altro: Montealegre successore di Santisteban Il re di Polonia, Augusto III, fece pressione a Carlo per porre fine alla sorveglianza su di lui dal Santisteban (durata 7 anni). Infatti, nell’agosto del 1738 chiese alla regina di disporre l’allontanamento del Benavides poiché era indispensabile che Carlo, ormai arrivato in stato di prender moglie, fosse in grado di dirigersi da solo senza bisogno dell’aio. Carlo quindi, liberato dalla presenza di Santisteban avrebbe dovuto accingersi ad avere un ruolo più attivo nel governo del suo regno, dove si stava affermando la leadership del Montealegre. Rientrato in Spagna il maggiordomo maggiore, Carlo poteva agire con più libertà. In realtà i genotori nominarono come nuovo primo ministro il Montealegre con il quale Carlo non fu ancora pienamente libero di governare. CAP 4: RIFORME CONTRASTATE E LUNGO APPRENDISTATO DEL RE 1. Riordino dei tribunali e provvisorio freno al potere giudiziario del baronaggio Dopo pochi mesi dall’ascesa di Montealegre si avviò la riforma dei tribunali. Il 14 marzo fu emanata la prammatica De ordine ed forma judiciorum, che prevedeva il riordino dei tribunali. A questa ne fece seguito un’altra con la quale si mise un freno ai poteri del baronaggio in campo giudiziario. Le magistrature centrali dovevano sottoporre le corti locali feudali a periodici controlli e limitazioni. Si dispose che tutti i governatori delle corti demaniali e baronali, quando accadevano omicidi nelle loro giurisdizioni, dovevano farne relazione alle Regie Udienze. Obiettivo della prammatica del 15 giugno 1738 era la diminuzione degli omicidi. In seguito alla reiterate rimostranze dei feudatari, nel giugno del 1742, il re accettò di abrogare le norme che limitavano il potere giudiziario del baronaggio. 2. Complesse trattative per l’investitura pontificia Nell’ultimo periodo di governo del Santisteban la monarchia borbonica era stata riconosciuta dal pontefice attraverso l’investitura. Dopo la conquista del regno di Napoli Carlo dovette affrontare seri problemi che riguardavano i rapporti con la Santa Sede, la quale era inizialmente favorevole a mantenere all’imperatore Carlo VI la sovranità su Napoli e Sicilia. Dopo lunghi negoziati, nel maggio del 1738, Clemente XII concesse a Carlo di Borbone l’investitura dei Regni di Napoli e Sicilia. 3. Pace di Vienna e riconoscimento internazionale dei regni di Napoli e Sicilia Non era finita però la guerra di Successione polacca, nel corso della quale Carlo aveva conquistato i regni di Napoli e Sicilia. Il trattato di pace tra gli stati belligeranti venne stipulato a Vienna il 18 novembre 1738. Le clausole consentirono a Austria e Russia di fare riconoscere come re di Polonia Federico Augusto III di Sassonia, suocero di Carlo. Gli Asburgo d’Austria dovettero quindi abbandonare i territori posseduti in Italia. Carlo di Borbone veniva sancita la sua ascesa ai troni di Napoli e di Sicilia. Con la pace di Vienne si poterono soddisfare le esigenze di Carlo in politica estera. 4. Supremo magistrato del commercio: una riforma per lo sviluppo economico del Mezzogiorno Le più importanti riforme intraprese da Carlo sotto la guida di Montealegre riguardarono l’economia, i rapporti con la chiesa e il fisco. La principale fu l’istituzione del Supremo Magistrato del Commercio, organo centrale destinato alla gestione delle controversie aventi per oggetto rapporti commerciali, che venivano sottratti alla giurisdizione degli altri tribunali. Con l’ascesa di Carlo si stava avviando un periodo di espansione commerciale. 5. Trattati con Costantinopoli, Tripoli e con altri stati europei Per incentivare il commercio Carlo stipulò una serie di trattati con gli stati europei, l’impero ottomano e le reggenze islamiche nord-africane. La pace con gli stati musulmani avrebbe avuto ripercussioni positive sullo stesso commercio marittimo interno, ostacolato dalle azioni piratesche dei corsari turcheschi che attaccavano le 5 navi dei Paesi cristiani con cui non avevano stretto alcun accordo. La Francia ostacolava la pace con i musulmani poiché aveva con essi un diretto scambio commerciale e temeva la concorrenza napoletana. I negoziati terminarono con la stipula di due convenzioni: Costantinopoli 7 aprile 1740 con la Sublime Porta e Tripoli 3 giugno 1741. Il trattato con i turchi rappresentò un passo importante. Fece seguito uno scambio di doni tra Napoli e Costantinopoli. Qualche mese dopo la cittadinanza accolse un grande e mostruoso elefante che Carlo si era fatto portare dall’ambasciatore Finocchietti. Non si riuscì ad ottenere nessuna convenzione con Tunisi e Algeri. Tra il 1738 e il 1739 si stipularono trattati con Inghilterra e Olanda. 6. Permesso di rientro e riespulsione degli ebrei La proclama del 3 febbraio 1740 permise agli ebrei di rientrare nel regno, da cui erano stati espulsi nel 1541. Poiché si prevedeva un ingente arrivo di ebrei fu rafforzato il settore mercantile e manifatturiero. Gli ambienti ecclesiastici manifestarono la loro intolleranza all’arrivo degli ebrei, in particolar modo il gesuita padre Pepe e il cappuccino padre Nobili minacciavano ripercussioni divine sulla famiglia reale. Anche i magistrati, i senati cittadini, le corporazioni e gli uffici di ogni genere furono contrari. Contrariamente gli ebrei non giunsero numerosi e non provocarono nessun cambiamento sostanziale al commercio napoletano. Nel settembre del 1746 il re revocò l’editto e dispose l’allontanamento degli ebrei dal regno. 7. Ridimensionamento del Supremo Magistrato di Commercio e sconfitta dei riformismo Nel gennaio del 1746 la popolazione aveva chiesto di ridurre le competenze del Supremo Magistrato al solo commercio estero. Con decreto del luglio 1746 le richieste della città vennero accolte da Carlo. Per il futuro la giurisdizione del Magistrato del Commercio si sarebbe ristretta alle sole cause di negozio tra gli stranieri o tra stranieri e nazionali. Fra le sventure celesti ci fu la mancanza della nascita di un figlio maschio, la regina infatti partorì 5 figlie femmine. Dopo un anno dall’espulsione degli ebrei diede alla luce un figlio maschio. 8. Concordato con la Santa Sede e tassazione dei beni ecclesiastici Dopo la morte di Clemente XII fu eletto papa Benedetto XIV che dimostrò sin da subito una capacità dialettica e una mentalità più aperta rispetto al suo predecessore. Nel maggio del 1741 venne approvato a Napoli il Concordato, con il quale la chiesa e il re strinsero rapporti. Il primo dei nove capitoli riguardò l’immunità reale, in funzione della imminente riforma fiscale. Si decise che metà dei beni degli enti ecclesiastici posseduti fino ad allora e per intero quelli acquisiti successivamente fossero assoggettati alle imposizioni fiscali. Ad eccezione di parrocchie, seminari, ospedali. 9. Esigenze finanziarie e riforma fiscale Carlo provvide ad effettuare una riforma fiscale rimettendo ai popoli ciò che dovevano al fisco e introdusse il catasto, obbligando gli ecclesiastici a contribuirvi. Abbonò anche alle università i debiti contratti con il fisco regio prima della sua ascesa al trono e che non erano stati ancora onorati. Le università però continuarono ad essere debitrici verso lo Stato. 10. Catasto onciario: istruzioni per la compilazione e forti critiche Il catasto onciario, denominato così perché in once, era suddiviso in 4 parti. La prima era costituita dai cosiddetti “atti preliminari”, consistenti negli stati di famiglia (stati delle anime) redatti dai parroci. Seguiva poi il registro in cui erano indicati l’ubicazione, i confini, l’estensione, la destinazione produttiva, i possessori e il valore delle singole partite fondiarie. La terza comprendeva le “rivele”, cioè le dichiarazioni sottoscritte dai capifamiglia riguardanti la composizione dei fuochi, l’età dei componenti , l’attività dei maschi in età lavorativa, nonché l’entità e la qualità dei beni posseduti e dei relativi pesi. L’ultima parte era composta dall’onciario dove erano sintetizzati i precedenti dati sulla cui base veniva stabilito il carico tributario dei singoli fuochi e di coloro che possedevano beni nel territorio dell’università. Nacquero però delle critiche circa la compilazione e non si raggiunse l’obiettivo prefissato. Si era bloccata una riforma che avrebbe permesso al regno di Napoli di avviarsi verso la modernizzazione. CAP 5: INIZIATIVE EDILIZIE, ORDINE DI SAN GENNARO E FORZE ARMATE 1. Palazzo reale e teatro San Carlo In occasione delle nozze con Maria Amalia, Carlo aveva fatto abbellire il palazzo reale con mobili nuovi. Accanto alla reggia venne fatto costruire il teatro San Carlo, terminato in 8 mesi, da marzo a novembre 1737. Venne inaugurato il 4 novembre con la rappresentazione di un’opera lirica. Venne poi distrutto da un incendio nel 1816. Il teatro fu l’emblema di quella cultura musicale di cui Napoli divenne il centro più brillante. “La musica è il trionfo dei napoletani”. Dopo la partenza da Napoli del Santisteban il sovrano constatò che negli ultimi due anni per i lavori edilizi alla reggia si erano effettuate spese eccessive. 2. Caccia e siti reali: Procida, Capodimonte, Portici e Reggia di Caserta Dopo aver constato lo sperpero del denaro pubblico non si arrestò la realizzazione di opere e residenze, in varie parti del territorio, anche più costose e denominate “siti reali”. Tutti i luoghi dovevano offrire un abbondante cacciagione, Carlo infatti andava a caccia tutti i giorni tranne il venerdì santo. La cacciagione veniva selezionata dal re e poi distribuita tra i dignitari della corte, gli ufficiali dei reggimenti e le case dei religiosi. 6 L’assiduità con cui si recava a caccia dipendeva anche dal desiderio di vivere all’aria aperta, terapia contro la nevrastenia e la depressione che avevano colpito il padre e il fratellastro Ferdinando. Carlo non voleva rimanere in ozio. Il re volse inizialmente la sua attenzione all’isola di Procida, già in possesso del padre Filippo V, affinché fosse riservata alle sue battute di caccia. Per evitare che i fagiani divenissero preda dei gatti, si diede disposizione di sterminarli. Ciò provocò l’aumento dei topi con gravi pericoli per l’agricoltura e per i neonati. Il castello feudale di Procida venne restaurato e adibito a dimora del re. Anche Caserta divenne possesso di Carlo attraverso la confisca del precedente signore feudale, il principe Francesco Gaetani. Diverse furono le acquisizioni di Capodimonte e Portici che appartenevano a ricchi proprietari privati, i quali furono costretti a venderli a Carlo. A Caserta venne edificata la Reggia di Caserta posta da Carlo il 20 gennaio 1752 in occasione del suo 36° compleanno. Il sovrano adoperò una cazzuola e un martello d’argento dati in dono al progettista Van Vitelli che a sua volta li offrì alla chiesa romana di San Filippo Neri. La reggia, sulla scia di quella di Versailles, doveva essere con le sue opere d’arte, i parchi, i giardini e le fontane, l’emblema del Regno di Napoli e testimoniare lo splendore della sua dinastia. Fu prevista una spesa di cinque milioni di ducati. Furono inoltre adoperati molti operai, galeotti e schiavi musulmani. Le decorazioni furono realizzate dagli artisti dei due regni. Il palazzo fu circondato da ampi giardini sui tre lati e in corrispondenza dell’ingresso si diramava la via che giungeva a Napoli. 3. Opere pubbliche: Il Reale Albergo dei poveri Carlo promosse anche iniziative di interesse pubblico sia nel settore delle infrastrutture che in quello manifatturiero. Fece costruire porti, strade, opere di bonifica ed edifici pubblici. Un posto di rilievo venne occupato dal Reale Albergo dei poveri destinato ad ospitare i mendicanti che vagabondavano per la capitale. Gente di ogni età e sesso, senza alcun mestiere o arte che vivevano di elemosina. Di notte diventavano ladroni di strada. 4. Impianti tessili e manifatture d’arte Gli stabilimenti per la produzione di tessuti di cotone erano numerosi. La tessitura delle tele di lino era diffusa ad Amalfi, nei centri campani e abruzzesi e nel barese. Un impulso importante fu dato dai panni di lana che, grazie alle iniziative del sovrano, se ne aumentò la produzione e la pregiatezza. Nel 1743 ebbe origine la fabbrica di porcellana di Capodimonte poiché dopo il matrimonio era rimasto affascinato dalle porcellane della Sassonia. Così il re cominciò a coltivare la mania per la porcellana incentivando le ricerche del caolino. La fabbrica venne realizzata dall’architetto Ferdinando Sanfelice. Il suo progetto gli rimase così a cuore che dopo il trasferimento a Madrid, volle portare con sé le macchine e i modelli. Nel 1738 Carlo di Borbone fondò anche una regia Fabbrica degli Arazzi e di un regio Laboratorio delle pietre dure sopra San Carlo alle Mortelle. 5. Ordine cavalleresco di San Gennaro Carlo istituì un ordine cavalleresco intitolato a San Gennaro allo scopo di selezionare un apparato nobiliare meritevole ed affidabile i cui vincoli di lealtà alla corona si sarebbero rafforzati con il premio del cordone cavalleresco. Agli aspiranti cavalieri si chiedeva di difendere e accrescere la religione e di essere esempio al popolo della pietà verso Dio e della fedeltà verso il principe. Per eseguire tali fini, dovevano osservare otto pratiche (difendere la religione cattolica, fare da paciere tra i compagni, giurare fedeltà al re, provvedere alla celebrazione di una messa in occasione della morte di un compagno, assistere tutti i giorni alla messa, ricevere l’eucaristia a Pasqua e nella festa di San Gennaro, non sfidare a duello nessuno senza autorizzazione del Gran Maestro e partecipare a tutte le cappelle in onore del santo protettore. I cavalieri furono sessanta e indossavano una fascia rossa, simbolo del martirio di San Gennaro, sul cui lato pendeva una croce. Sulla parte sinistra del petto portavano un’altra fascia ricamata in argento con l’iscrizione “in sanguine foedus”. 6. Esercito, marina militare e piazzeforti Sin dall’inizio del trono di Carlo si era posto il problema della formazione di un esercito per supportare la monarchia stabilitasi nel mezzogiorno d’Italia grazie alle armi spagnole al fine di legittimare l’inserimento autonomo nel contesto politico internazionale. Alla vigilia della guerra di Successione austriaca, l’esercito di Carlo comprendeva un reggimento di artiglieria, uno di guardie italiane, quattro reggimenti svizzeri, quattordici fanteria, quattro di cavalleria, tre di dragoni e un battaglione di marina. Un altro importante settore militare era costituito dalle piazzeforti che rappresentavano baluardi difensivi in caso di invasione nemica. Furono ristrutturate le piazzeforti di Gaeta, Pescara, Capua, Messina, Trapani e Siracusa. CAP 6: GUERRA DI SUCCESSIONE AUSTRIACA, MORTE DI FILIPPO V E FINE DELLA SOGGEZIONE ALLA SPAGNA 1. Scoppio della guerra di Successione austriaca L’occasione per lo scoppio di quella che viene denominata guerra di Successione austriaca, fu data dalla morte dell’imperatore Carlo VI d’Asburgo. Questi, in mancanza di gli maschi aveva designato come erede la figlia primogenita Maria Teresa, sposa di Francesco Stefano di Lorena. Alcuni dei maggiori sovrani europei cercarono di approfittare della situazione per soddisfare le proprie ambizioni. Filippo V avanzò le sue pretese e 7 tali mansioni Carlo lo notò e gli affidò l’amministrazione generale delle dogane di Napoli. Successivamente ricevette il compito di coadiuvare il segretario d’azienda Giovanni Brancaccio che ebbe l’onore di sostituire dopo le sue dimissioni per anzianità. Carlo dimostrò il suo apprezzamento per il nuovo segretario d’azienda con il conferimento di titoli nobiliari e l’assegnazione di feudi a prezzo di favore. Venne nominato dapprima marchese di Vallesantoro e poi di Squillace con l’annesso feudo della Calabria. 7. Editto contro la massoneria, allontanamento delle meretrici e sintonia con la Santa Sede Carlo prese di mira anche la massoneria, entrata nel regno già 5 anni prima. Contro questa setta segreta il 7 maggio 1751 il pontefice Benedetto XIV aveva reiterato la condanna già formulata dal suo predecessore. Carlo, il 10 luglio 1751, emanò un editto con cui si vietava la formazione di logge massoniche e si condannavano gli adepti. Inoltre emanò in accordo con la Santa sede, misure drastiche per fronteggiare il malcostume. Su sollecitazione di padre Gennaro Sarnelli, il quale si era reso protagonista di una crociata contro le prostitute nel 1738, Carlo con un dispaccio diretto alla Gran Corte Vicaria, proibì l’esercizio della loro attività nelle vie cittadine e le confinò nel quartiere fuori porta Capuana, detto <<ponte oscuro>>. 8. Debito pubblico e Giunta delle ricompre Negli anni seguenti Carlo assecondò il nuovo segretario d’azienda nel tentativo di risanare le finanze del regno. Per raggiungere questo obiettivo il Gregorio puntava al riscatto dell’ingente patrimonio regio, che era stato alienato ai privati sotto forma di entrate daziarie e fiscali. Gli esiti delle riforma non furono quelli sperati e le somme che si riuscirono a recuperare dalle casse regie furono irrisorie. 9. Incipiente interesse delle regina agli affari di stato e maggiore sicurezza del re Dopo la nascita del suo primo figlio maschio, l’influenza della regina a corte aumentò così come la fiducia in se stessa. Mostrò maggiore interesse per le questioni politiche e iniziò ad assistere ai Consigli di Stato però al di fuori della capitale, nei luoghi di villeggiatura e per gli affari più gravi, in quanto le era vietato di partecipare a Napoli. Carlo a sua volta prendeva sempre più coscienza del suo ruolo preminente nella gestione della vita politica del regno. Vinse la timidezza e acquisì maggiore sicurezza. L’ambasciatore del re di Sardegna, Lodovico Solaro, conte di Monasterolo, si rese conto nel settembre del 1751 di questo notevole cambiamento nel comportamento del sovrano e ne mise al corrente il monarca sabaudo. CAP 8: POLITICA ESTERA FINO AL PASSAGGIO SUL TRONO DI SPAGNA 1. Auspicato asse Napoli-Torino per la stabilità politica dell’Italia Carlo era rivale del re di Sardegna sin dalla guerra di Successione austriaca. Al conte di Monasterolo furono date da Torino le istruzioni circa il suo incarico a Napoli. Il matrimonio tra il duca Vittorio Amedeo e Maria Antonia, sorella di Carlo, fu l’occasione per le corti di Torino e Napoli di riavvicinarsi. Carlo aveva mandato il conte di Cantillana a rappresentarlo presso il re di Sardegna che a sua volta aveva inviato a Napoli il Monasterolo. Sembrava che si stessero ponendo le basi per la stipula di un accordo tra i due maggiori stati italiani. Carlo, svincolatosi da Madrid, puntava a stringere alleanze con le potenze nemiche che avrebbero potuto aiutare il sovrano a garantire a un suo figlio le corone di Napoli e Sicilia. 2. Contrasti con la Francia e avvicinamento diplomatico all’Austria Napoli aveva ritenuto opportuno avvicinarsi a Vienna. Nel 1749 avvenne lo scambio degli ambasciatori e a partire dal luglio 1752 si giunse ad una forte convergenza tra Napoli e Vienna. Esiti positivi avevano avuto le relazioni del re di Napoli con Carlo Emanuele III di Savoia e tali avvicinamenti furono spinti dall’atteggiamento del re di Francia Luigi XV, il quale suggerì a Carlo di trasferirsi in Spagna e lasciare il trono di Napoli e Sicilia al fratello Filippo. Carlo, insospettito, volle stringere rapporti con le potenze contrarie al passaggio nel Meridione del genero di Luigi XV. 3. Patto d’Italia e mancata adesione di Carlo Maria Teresa puntava invece alla Slesia, sottrattale da Federico II. In previsione di un conflitto con la Prussia, nel giugno del 1752 Spagna, Austria e Sardegna firmarono il trattato di Aranjuez detto pure Patto d’Italia. Furono sollecitati ad accedere anche il granduca di Toscana, il duca di Parma e il re di Napoli, che rispetto agli altri due non aderì. Tale decisone fu sofferta. 4. Controversia con l’Ordine di Malta Al vescovo di Mileto era stato impedito dall’Ordine di Malta di esercitare la propria giurisdizione nelle due terre appartenenti all’Ordine e ricadenti nella sua diocesi. Fraggianni chiese a Carlo di far valere i suoi diritti ed egli inviò a Malta il vescovo di Siracusa per delle visite pastorali. Al vescovo venne impedito l’accesso a Malta e fu minacciato con un cannone. Il re, per ritorsione, con dispaccio del gennaio 1754 ordinò il sequestro dei beni dell’Ordine di Malta che si trovavano nel regno di Napoli e Sicilia e la sospensione del commercio con l’isola. Ciò mise in difficoltà i cavalieri maltesi che dovettero rifornirsi in Sardegna. Malta, per risolvere la questione, chiese sia l’intervento del pontefice che quello delle corti di Francia, Spagna, Austria e Sardegna. Luigi XV inviò un proprio rappresentante a Roma per esortare il papa a porre fine alla controversia. Clemente XIV invitò a sua volta Carlo ad essere clemente nei confronti dell’Ordine e sottolineò che tale richiesta era da 10 lui rivolta come Vicario di Gesù Cristo. Carlo, colpito nel suo punto debole data la forte religiosità dei genitori, accolse la proposta del pontefice ponendo fine alla controversia. 5. Scambio di ambasciatori con Londra e frenetico movimento di diplomatici Carlo pensò di intensificare i rapporti con l’Inghilterra chiedendo, come era avvenuto per Torino e Vienna, uno scambio di ambasciatori. Il collega britannico accolse la richiesta. Tale avvenimento, avvenuto nel 1753, fu il primo di una serie di movimenti diplomatici promossi dalla cancelleria napoletana che interessarono altre corti europee. 6. Sostituzione di Fogliani e riequilibrio delle segreterie di Stato Dopo la destituzione di Fogliani, Carlo pensò ad una suddivisione delle competenze che quest’ultimo possedeva. Il re voleva che vi fosse un certo equilibrio tra i diversi segretari di Stato sui quali avrebbe esercitato il suo potere. 7. Guerra dei Sette anni, neutralità di Carlo e accordi internazionale per la successione ai suoi Regni Nel 1756 scoppiò la guerra dei Sette anni che vide da un lato Russia, Svezia, Polonia, Francia e Austria, e dall’altro Federico II di Prussia e l’Inghilterra. Allo scoppio non partecipò la Spagna e Carlo dichiarò la sua neutralità. Le ambizioni del re di Sardegna, che aveva deciso di trarre profitto dalla guerra in corso, preoccuparono Carlo il quale accentuò la sua pressione su Vienna, alleata della Francia. Le grosse spese sostenute dall’Austria nella guerra dei Sette anni la indussero a chiedere un prestito a Carlo. Il ministro toscano aderì alla richiesta austriaca. Nel dicembre 1758 l’Austria stipulò con la Francia un nuovo accordo con cui rinunciò ai suoi diritti su parma e convinse Luigi XV a non appoggiare le pretese del genero Filippo alla successione degli stati italiani di Carlo. 8. Carlo II di Spagna e Ferdinando re di Napoli e Sicilia Il 10 agosto 1759 Ferdinando VI morì. Prima di morire aveva redatto testamento in favore di suo fratello Carlo, dichiarato erede universale. Come stabilito precedentemente, prima dell’arrivo di Carlo in Spagna, la reggenza sarebbe spettata alla regina Elisabetta Farnese. Carlo assunse subito il titolo di Carlo III re di Spagna e siccome non poteva mantenere anche il titolo di re delle due Sicilie, poiché incompatibile nella stessa persona la monarchia spagnola e italiana, si nominò signore dei due regni in attesa della successione. A tal fine si riunì la Giunta, composta da magistrati e medici, per valutare le condizioni fisiche e psichiche di Filippo. Egli fu dichiarato inabile e quindi non poté succedere al padre. Siccome il secondogenito Carlo Antonio, principe delle Asturie, era destinato al trono di Spagna, fu il terzogenito ad entrare in possesso dei terreni italiani sotto i nomi di Ferdinando IV re di Napoli e Ferdinando III re di Sicilia. L’educazione del nuovo re venne affidata a Benedetto Latilla, vescovo di Avellino. Per assisterlo nel suo governo Carlo istituì un Consiglio di reggenza, composto da alcuni dei maggiori dignitari e delle principali istituzioni di Napoli e Sicilia. Tale Consiglio sarebbe rimasto in carica fino al compimento del sedicesimo anno di età di Ferdinando. L’11 settembre 1759 Carlo fu ufficialmente proclamato a Madrid re di Spagna. Egli cedeva a Maria Teresa d’Asburgo metà dello Stato dei Presidi, in Toscana, e metà dei beni allodiali della famiglia Medici. Maria Teresa riconosceva alla discendenza diretta di Carlo le corone di Napoli e Sicilia. PARTE SECONDA RE DI SPAGNA (1759-1788) CAP 1: DA FERDINANDO VI A CARLO III 1. Ascesa al trono di Ferdinando VI La morte di Filippo V aveva determinato una svolta al vertice della politica della Spagna. Ferdinando VI, considerato dalle regina italiana un costante pericolo, proseguì con la partecipazione alla guerra di Successione austriaca a sostegno del fratello Filippo fino alla pace di Aquisgrana che stabilì l’ascesa di quest’ultimo al ducato di Parma e Piacenza nel 1748. Carlo nel frattempo cominciò ad interessarsi delle vicende spagnole fin quando capì, data la sterilità della cognata, che sarebbe divenuto lui il prossimo re di Spagna. Nel 1754 Carlo nominò la madre governatrice del suo futuro regno. Conclusa la guerra di Successione austriaca Ferdinando VI riuscì a mantenere la Spagna neutrale nella guerra dei Sette anni. Egli fu il primo re spagnolo della dinastia borbonica. Durante il governo di Ferdinando IV si fece ricorso ai validos, poi sostituiti con i ministri tra cui Somodevilla al quale si devono una serie di riforme grazie alla sua capacità di organizzazione: interesse finanziario, redazione del bilancio, esame delle singole spese, eliminazione di quelle eccessive che furono investite nel settore militare. Accanto a Esenada importante fu anche la figura del segretario di Stato José Carvajal che, a causa del suo atteggiamento anglofilo, divenne suo rivale. 2. Trattato con portogallo e politica estera di Ensenada e Carvajal Per mantenere la pace in Europa bisognava mantenere la pace e giungere alla neutralità. La prima si ebbe con la pace di Aquisgrana, confermata nel 1752 dal trattato di Aranjuez. La seconda sarebbe dovute derivare dalla fine delle contese sui confini tra Spagna e Portogallo, il trattato venne firmato nel 1750. Il Portogallo riconosceva la 11 sovranità spagnola sulla parte orientale del Rio de la Plata (attuale Uruguay) e la Spagna riconosceva il dominio portoghese per un vasto territorio che comprendeva sette missioni fondate dai Gesuiti presso gli indigeni Guaranì. Nell’ottobre dello stesso anno arrivò il trattato con l’Inghilterra che modificò alcune clausole stabilite nel trattato di Utrecht, come il diritto di asiento dei negri e la nave di permesso a cui la Compagnia del Mare del sud rinunciava dietro un compenso di centomila sterline versate dalla Spagna. La morte di Carvajal nel 1754 pose fine all’equilibrio che aveva caratterizzato la politica interna della Spagna. Dopo di lui, il re esonerò Ensenada. 3. Governo di Wall e iniziale neutralità nella guerra dei Sette anni Wall successe a Carvajal. Con egli vi fu un mutamento nella politica estera ispanica. Si allentarono i rapporti con la Francia e si creò un avvicinamento con l’Inghilterra. Allo scoppio della guerra, 1756, Francia e Inghilterra cercarono di trascinare dalla loro parte la Spagna. La Francia offrì il recupero di Minorca e Gibilterra. L’Inghilterra, al fine di far schierare la Spagna contro la Francia, propose la restituzione di Gibilterra e l’abbandono degli stanziamenti inglesi in Honduras e nel Golfo del Messico. L’avanzata inglese nel Canada rappresentava un pericolo per le colonie spagnole dell’America. Così si avvertiva il bisogno di rompere la neutralità ed allearsi con la Francia per fermare l’Inghilterra. La Spagna si mantenne neutrale e non si trovò una soluzione ai conflitti tra Spagna e Inghilterra. 4. Morte di Ferdinando VI, reggenza di Elisabetta Farnese e attesa di Carlo III Alla morta del re Ferdinando VI, Elisabetta Farnese assunse la guida provvisoria del governo, in attesa del figlio Carlo. Predispose infatti una squadra navale, per l’imbarco del figlio, alla volta di Napoli (il viaggio durò 12 giorni). Inoltre emanò un decreto per stabilire la modalità di proclamazione di Carlo III che sarebbe avvenuta l’11 settembre nella piazzetta della Pelota, presso il Buen Retiro. La cerimonia si ripeté nella Piazza Maggiore e in altri luoghi della capitale. I festeggiamenti durarono 3 giorni e si tennero corride seguite da un vasto popolo anche straniero. La proclamazione di Carlo fu ben vista anche in altre città della Spagna. Dopo aver ribadito l’inabilità del figlio Filippo, questi rimase a Napoli. 5. Da Napoli verso il trono di Spagna Il re di Spagna, insieme alla moglie e ai figli Carlo, Gabriele, Maria Giuseppa e Maria Luisa, salì a bordo del Felix. Anche Antonio e Francesco Saverio vennero imbarcati ma separatamente dalla famiglia per garantire, in caso di naufragio, la dinastia. La regina e le figlie soffrivano il mal di mare. Il re le disse: <<povera moglie mia, che non servi a nulla>> e la regina rispose: <<non valgo niente>>. 6. Arrivo a Barcellona e accoglienze trionfali Dopo otto giorni di navigazione arrivarono a Barcellona. Qui vi rimasero una settimana dove parteciparono a feste, cerimonie, banchetti, e impegni pubblici. La tappa di Barcellona non fu casuale, ma dettata da esigenze di carattere politico. Carlo voleva instaurare un clima più favorevole con la città catalana dopo un lungo periodo di conflitti. 7. Dignitari da Napoli al seguito del re e della regina Il duca di Béjar, Joaquìn de Zuniga, fu tra i primi dignitari a presentarsi a Barcellona al cospetto di Carlo III che lo nominò aio del principe delle Asturie e degli altri suoi figli. Il re, oltre al duca di Losada, portò con se sul Felix personaggi di rilievo della corte napoletana. Meno consistente fu il seguito della regina giunto da Napoli. Principalmente arrivarono le dame della corte, il segretario, la cameriera maggiore duchessa di Castropignano e la cameriera Petronilla Farias, apprezzata per l’affidabilità. 8. Primi contatto con la realtà spagnola Dopo la tappa di Barcellona seguì quella di Saragozza. Qui il principe delle Asturie fu colpito da morbillo e contagiò i fratelli e la regina. Il corteo quindi fu costretto a fermarsi. Carlo, non colpito dal morbillo, non rimase inoperoso ma alternava le battute di cacci agli affari politici più urgenti grazie all’aiuto di Squillace. Il 1° dicembre 1759 il corteo finalmente lasciò Saragozza per Madrid. 9. Ingresso ufficiale a Madrid Il 13 luglio 1760 avvenne la cerimonia ufficiale dell’ingresso del re e della regina nella capitale. Preso possesso del nuovo regno, Carlo III, assistito dai suoi collaboratori, continuò con maggiore slancio l’attività di governo intrapresa già prima dell’arrivo in Spagna. CAP 2: I PRIMI ANNI DEL REGNO 1. Ministri e istituzioni agli albori del regno L’impatto del sovrano con la realtà spagnola non fu semplice a causa dei numerosi problemi ereditati dal fratellastro Ferdinando VI e dalla madre Elisabetta. L’azione riformatrice di Carlo richiedeva la collaborazione di uno staff che lo avrebbe aiutato a mantenere una linea di continuità. Da un lato mantenne i ministri già a conoscenza dei meccanismi statali e dall’altro incaricò funzionari meritevoli della sua fiducia. Le segreterie erano 4 (Stato, Grazie e Giustizia, Azienda, Marie e Indie) e Carlo confermò solamente tre dei segretari. Wall mantenne la segreteria di Stato, Alfonso Muniz la segreteria di Grazia e Giustizia e Julian de Arriaga quella 12 6. Rientro del re a Madrid e punizione dei rivoltosi Dopo aver addossato la colpa dei moti alla bassa plebe si chiedeva al re di rientrare a Madrid. A pagarne le conseguenze delle retate di Aranda furono soprattutto i vagabondi e i mendicanti. Su disposizione del segretario di Grazia e Giustizia, gli arrestati vennero concentrati nella casa di correzione di San Ferdinando, vicino Madrid, dove le condizioni di vita erano dure e le punizioni corporali erano frequenti 7. Inchiesta sui mandanti, sospetti sul clero e accuse ai Gesuiti Sorgeva però il problema dei mandanti dei moti, su cui le autorità governative cominciarono ad indagare. L’attenzione fu rivolta al clero nei confronti del quale furono prese misure che limitavano il potere economico e giurisdizionale. Successivamente fu preso di mira un ordine religioso, la Compagnia di Gesù, accusato di aver tramato contro il sovrano e di essere responsabile della sollevazione popolare sia a Madrid che nel resto della Spagna. I Gesuiti divennero il capro espiatorio della rivolta. Con l’avvento al trono di Spagna della dinastia borbonica crebbe l’influenza dei Gesuiti che venivano consultati dai sovrani per questioni di vitale importanza. Con l’arrivo di Carlo III la situazione cambiò perché scelse come suo confessore un francescano, padre Eleta, nonostante avesse affidato l’educazione dei figli ai Gesuiti. La morte di Elisabetta Farnese privò i Gesuiti della protezione a corte. 8. Condanna ed espulsione dei Gesuiti L’inchiesta condotta dal Consiglio straordinario denominata pesquisa secreta, giunse alla conclusione nel gennaio del 1767 che la colpevolezza ricadeva nella Compagnia di Gesù, anche se le prove e le testimonianze furono lacunose. La notte tra il 1 e il 2 aprile del 1767 le case dei Gesuiti vennero circondate dai soldati e fu loro dato l’ordine di espulsione. Vennero esonerati solo i novizi che avessero scelto di rinunciare alla vita religione. Gli espulsi vennero accompagnati nei porti per essere imbarcati per lo Stato della Chiesa. Il papa Clemente XIII si rifiutò di accogliere gli espulsi che ottennero il permesso di sbarcare in Corsica. L’anno successivo la Corsica divenne proprietà della Francia e i Gesuiti, precedentemente espulsi, furono costretti rimettersi in viaggio e finalmente vennero accolti dal papa. 9. Soppressione della Compagnia di Gesù Dopo l’espulsione dei Gesuiti, Carlo III ne sollecitò al papa l’estinzione. Nel 1773 il nuovo pontefice Clemente XIV accolse la richiesta del re e decretò la soppressione dei Gesuiti della Compagnia di Gesù. CAP 4: PRESIDENZA DI ARANDA TRA PATERNALISMO E DISPOTISMO ILLUMINATO 1. Correnti politico-sociali: manteisti, aragonesi e castizi Al tempo dei moti a Madrid e dell’estinzione della Compagnia di Gesù, alla presidenza del Consiglio di Castiglia c’era il conte Aranda. Carlo III apprezzò molto la determinazione con cui egli riuscì a reprimere i tumulti del 1766 e a riportare ordine nella capitale. Aranda apparteneva al partito degli aragonesi, del quale era il leader. Tale partito si poneva in una posizione intermedia tra i castizi (appartenevano alla grande aristocrazia, dallo spirito nazionalista e con atteggiamento xenofobo verso gli stranieri) e i manteisti (nome che derivava dall’usanza di portare il colletto bianco, rigido e inamidato, da parte del personale amministrativo al posto della gorgiera). La scelta di Carlo era ricaduta su Aranda per cercare di mettere equilibrio tra le diverse componenti del suo governo. La componente manteista ebbe il sopravvento, soprattutto con l’ascesa di Floridablanca. Ciò venne sostenuto dal re che aveva avallato altre riforme secondo la concezione del governo il cui il paternalismo si coniugava al dispotismo illuminato. 2. Riforme amministrative e misure di ordine pubblico promosse da Aranda Dopo aver acquisito piena fiducia del re e del gruppo manteista e fortemente sostenuto dagli aragonesi, Aranda si dedicò alla riorganizzazione delle forze di sicurezza costituendo un vero e proprio corpo di polizia. Propose anche riforme nell’amministrazione con l’obiettivo di rendere più veloci i procedimenti giudiziari e di consentire al potere locale di esercitare un controllo sui cittadini (prevenire il ripetersi degli incidenti che avevo costretto il re ad allontanarsi). La riforma riguardò sia il settore giudiziario che l’ordine pubblico. Vennero ridotte a otto le undici cuartele, in cui era suddivisa la capitale, e venne proposto alla guida un Alcade de Casa y Corte, con giurisdizione civile e criminale sulla popolazione del quartiere. 3. Crisi demografica e proposte di popolamento della Sierra Morena Nel periodo in cui si svolgeva l’inchiesta sui Gesuiti, si affrontò il problema della crisi demografica che affliggeva la Spagna. Diversi studiosi ne individuarono le cause: la necessità di conservare il prestigio mondiale avrebbe portato la corte a sostenere sforzi in paesi lontani (alcuni sudditi avevano lasciato la patria); l’emigrazione verso l’America per impadronirsi delle ricchezze del nuovo mondo; l’espulsione degli ebrei e dei musulmani. Tutte queste cause potevano considerarsi il motivo della crisi demografica. Carlo III sollecitò il governo a formulare proposte di ripopolamento presentate da avventurieri forestieri. Fra questi Thurriegel, il quale vide accettata da Olavide la proposta dell’immigrazione in America dei negri. I seimila coloni si sarebbero dovuti trasferire in Sierra Morena sotto la condizione di creare dei centri abitati. Nel novembre del 1766 il re ordinò che il parere di Olavide fosse rimesso al giudizio del Consiglio di Castiglia. Il Consiglio 15 accettò ma sotto alcune condizioni: gli insediamenti sarebbero cominciati entro otto mesi e i coloni sarebbero stati contadini o artigiani cattolici, divisi per classi di età. Nel luglio del 1767 si stabilivano le regole da applicare alle nuove località: estensione ridotta, terreni incolti e demaniali. Ciascun appezzamento era soggetto a sfruttamento agro-pastorale e la sua estensione era ritenuta adeguata al sostentamento di una famiglia. 4. Sovrintendenza di Olavide e nuovi centri abitati in Sierra Morena e Andalusia Olavide fu nominato esecutore dei progettati insediamenti. Nell’ottobre del 1770 Olavide comunicò al Consiglio di Castiglia che <<ormai le colonie potevano mantenersi da se stesse>> dopo averne espulso gli immigrati vagabondi o fannulloni. 5. Accuse a Olavide e condanna dell’Inquisizione Nel maggio del 1773 Olavide venne inviato a Siviglia a causa di una crisi annonaria e ivi si stabilì. Promosse un’intensa attività culturale e fu al centro della vita mondana. La sua casa era frequentata da intellettuali con i quali intratteneva dibattiti letterari, artistici, politici ed economici. Nel 1768 iniziarono però a diffondersi critiche circa il suo tenore di vita poiché non si comportava da cattolico. Possedeva infatti immagini oscene, leggeva libri proibiti, non rispettava il digiuno e i giorni festivi e riteneva che la terra si muovesse e che i defunti andassero seppelliti fuori dalle chiese. Il tribunale dell’Inquisizione, quindi, nel 1776 dispose un processo contro Olavide durante il quale venne riconosciuto colpevole di eresia. La condanna fu di 8 anni di reclusione in un convento con l’obbligo di seguire un programma di rieducazione alla fede cattolica, si aggiunsero la confisca dei beni e l’esilio perpetuo da Madrid. Questa condanna doveva servire da monito a colore che avrebbero sostenuto idee illuministiche. 6. Questione educativa e progetti di riforma delle Università Dopo l’espulsione dei Gesuiti, che avevano lasciato un vuoto nell’insegnamento e nell’educazione, si ripropose la questione pedagogica. Nella seconda metà degli anni Sessanta del ‘700, in Spagna, c’erano 30 università, ognuna delle quali era autonoma dal punto di vista amministrativo e culturale. Nel corso del Settecento il numero degli iscritti si ridusse a causa dei metodi didattici non al passo con i tempi. Gli insegnanti <<disapprovavano fortemente un metodo di insegnare che serve solo a riempire di tenebre l’intelligenza invece di rischiararla>>. La necessità di riformare lo studio della logica, della fisica e della morale era sostenuto da coloro che conoscevano i difetti della scolastica e della sua inutilità sia per lo Stato che per la chiesa. Si optava pertanto ad una riforma delle università. L’università veniva separata dal collegio e poteva scegliersi i professori. I frati vennero estromessi dall’insegnamento universitario e al posto delle diverse cattedre di teologia ve ne era una sola. Il diritto canonico si doveva basare su autori dalla forte impronta regalista e, insieme al diritto romano, si doveva insegnare anche quello spagnolo. La fisica sperimentale doveva sostituire quella aristotelica. Nonostante tutto la riforma non fu completamente funzionale soprattutto a causa dell’esiguità delle risorse disponibili. 7. Riforma dei collegi maggiori Obiettivo pienamente raggiunto da Carlo III fu quello di riformare i collegi maggiori. In Spagna ce ne erano 7, 4 a Salamanca e 3 a Siviglia. Lo scopo di questi collegi era di agevolare con borse di studio l’istruzione degli studenti indigenti. Dal ‘500 lo statuto dei collegi venne modificato e potevano accedervi solo i <<puri di sangue>>. Molti si sottoponevano volontariamente alla prova di nobiltà. Ciò portò a riempire i collegi di aristocratici e borghesi lasciando fuori coloro che provenivano da ceti più abbienti che erano privi dei mezzi per mantenersi i corsi universitari, tranne che con borse di studio. Con una serie di Reali Cedole emanate nel 1771, il re procedette alla riforma dei collegi maggiori. Si ordinò di rispettare gli statuti per quanto riguardava la clausura, il gioco o le uscite notturne. Furono stabilite borse di studio per gli studenti meritevoli ma privi di mezzi al fine di evitarne l’esclusivo accesso alla famiglie dei nobili. Nel settore dell’istruzione, l’insufficienza della riforma universitaria fu compensata dal progresso delle scuole tecniche, strumento di fondamentale importanza per lo sviluppo economico di cui l’artefice fu Campomanes. CAP 5: CADUTA DI ARANDA E GRIMALDI E ASCESA DI FLORIDABLANCA 1. Crisi delle Malvine e rimozione di Aranda La caduta di Aranda fece accrescere maggiore potere a Campomanes, promotore di riforme che si intensificarono in seguito all’assunzione della guida del governo da parte di Floridablanca. Nel 1773 Aranda aveva avuto un contrasto in politica estera contro il segretario di stato Grimaldi. Le Malvine, isolette del Pacifico, erano state oggetto di scontro tra Madrid e Londra per la colonizzazione. La Spagna riteneva che esse rientrassero nella propria giurisdizione soprattutto dopo la fondazione di una colonia da parte di Bougainville (1764). Un contingente spagnolo arrivò quindi nelle isolette. Gli inglesi non accettarono tale sovranità e quindi inviarono una spedizione al comando di Tamar. Nel giugno 1770 il comandante inglese, sotto la minaccia delle armi, fu costretto ad evacuare le Malvine. Aranda approfittò della situazione per ribadire la necessità di entrare in guerra con l’Inghilterra e stilò un articolato piano. L’Inghilterra, una volta sconfitta, avrebbe dovuto accettare la pace e le condizioni dettate dalla Spagna. Il piano di Aranda si sarebbe potuto realizzare a condizione che 16 Spagna, Francia e Napoli fossero concordi a metterlo in pratica. In realtà né Francia né Napoli accettarono. Così si optò per una linea pacifista. Aranda non accettò però tale soluzione e accusò di debolezza, sostenuto dal partito aragonese, il segretario di stato Grimaldi. Il re prese posizione e si schierò dalla parte di Grimaldi, grazie al suo carattere docile e riflessivo rispetto a quello impulsivo e caparbio di Aranda. 2. Fallita campagna di Algeri e destituzione di Grimaldi Carlo III si era posto come obiettivo la conquista di Algeri ma fallì e la causa fu proprio il segretario di stato Grimaldi che fu subito destituito. Era rimasto qualche anno in carica nonostante i continui attacchi, ma la sua posizione divenne sempre più debole e rimase privo di appoggi. Presentò allora le sue dimissioni al re adducendo motivi di salute anche se in realtà non si sentiva più in grado di svolgere il suo incarico. Il re accettò le dimissioni e per dimostrargli la sua stima lo nominò ambasciatore di Roma. 3. Nomina di Floridablanca e primo segretario di Stato Grimaldi fu sostituito da Floridablanca che fece buon viso a cattivo gioco. Il 19 febbraio 1777 si presentò ai piedi del re per prendere servizio. Floridablanca, grazie alla sua influenza nella vita politica, venne considerato la manifestazione più alta del riformismo politico e del governo del Dispotismo illuminato spagnolo. 4. Iniziative di Campomanes e fondazione delle Società Economiche Floridablanca operò insieme a Campomanes. Il presidente del Consiglio di Castiglia era Figueroa. Nel 1775 Campomanes diede le basi per fondazione della Società Economica Madrilena. Lo scopo era quella di fondare delle associazioni che avessero per finalità lo sviluppo delle attività manifatturiere. Venne istituita anche la Società Economica degli Amici del Paese da parte di tre cittadini che ottennero consenso da parte del Consiglio di Castiglia. Con Reale Decreto fu approvata la Fondazione di una Società di Dame, una sorta di sezione femminile della Società Economica, costituita da 14 donne aristocratiche alle quali si sarebbero aggiunte altre nobildonne. Floridablanca riconobbe il successo di Campomanes e affermò che egli era riuscito a costituire una sessantina di società impegnate nell’educazione e nell’applicazione del lavoro ai poveri, nell’agricoltura, nelle arti e nei mestieri e nel decoro materiale e morale. Il numero aumentò alla fine del ‘700 anche se la loro distribuzione fu diseguale e poche furono fondate in periferia. Per superare la crisi economica le società puntarono alla formazione educativa e professionale grazie all’apertura di scuole elementari, di laboratori di cucito e di un nuovo insegnamento che venne definito Economia Politica. I ceti privilegiati però mostrarono resistenza alle innovazioni in campo economico ma non fu questa a determinare l’insuccesso delle iniziative riformistiche quanto piuttosto le difficoltà con cui dovette scontrarsi la società politica. 5. Le Cinque Corporazioni maggiori di Madrid In Spagna c’erano Cinque Corporazioni maggiori costituite in origine dai mercanti di panni, seta, tele, spezie, droghe e gioielli che avevano avvertito l’esigenza di vendere a prezzi più convenienti. All’attività commerciale si aggiunse quella finanziaria quanto le Cinque Corporazioni fondarono una Compagnia privilegiata per riscuotere le rendite reali della durata di 12 anni. Tale ricchezza era a vantaggio delle Corporazioni. Con i decreti emanati da Carlo III sulla libertà del lavoro agricolo ed industriali, le Corporazioni iniziarono a decadere. 6. Misure e proposte per lo sviluppo dell’Agricoltura Le Società Economiche degli Amici del Paese diedero un impulso allo sviluppo del Settore Agricolo. Nella città di Vera, fu istituita una Commissione di Agricoltura ed Economia Rustica. Carlo fondò invece una scuola pratica di Agricoltura ad Aranjuez. Nei territori aridi furono costruiti canali (canale d’Aragona che giungeva a Saragozza per proseguire verso il Mediterraneo; canale di Tauste; canale di Tortosa; canale del Manzanarre; canale del Guadarrame). Si pensò anche alla bonifica dei terreni paludosi. Ulteriore problema era la distribuzione della proprietà fondiaria. I canoni degli affitti fondiari tendevano ad aumentare dandone profitto ai proprietari, pertanto il re con un Decreto bloccò i canoni di affitto. I proprietari fecero ricorso e ottennero la possibilità di affittare i loro fondi secondo le condizioni di mercato. 7. Problema della Mesta e disagiate condizioni dei coltivatori Nella proprietà terriera dell’Estremadura gli agricoltori subivano le conseguenze della Mesta, corporazione di proprietari di bestiame dediti alla pastorizia transumante. A tale corporazione si opposero Campomanes e Monino e con la Real Cedola del 1779 fu concesso agli agricoltori di rimuovere gli ostacoli per lo sviluppo delle loro attività. Floridablanca divenne segretario di stato e Campomanes presidente del Consiglio della Mesta. La questione agraria si presentava anche in Galizia, dove le terre erano di proprietà della Chiesa e di alcuni aristocratici ma ne godevano i frutti i censuari di estrazione “hidalga”, e nel regno di Valenza dove le condizioni dei lavoratori erano peggiori perché gli aristocratici imponevano patti molto duri ai coloni. 8. Abilitazione degli Artigiani agli impieghi pubblici Chi svolgeva attività meccaniche, commerciali, di artigianato o di libera professione non poteva accedere agli incarichi pubblici. Campomanes prese le loro difese e Carlo III emanò dei decreti (Real Cedola 1783) con i quali consentiva l’accesso di questi laboratori agli impieghi pubblici. Si stabilì anche la concessione di privilegi 17
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved