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Riassunto La Ciociara di Alberto Moravia, Sintesi del corso di Letteratura Italiana

Tutti i capitoli del libro sono riassunti

Tipologia: Sintesi del corso

2020/2021

In vendita dal 08/07/2023

Roberta.consolo
Roberta.consolo 🇮🇹

5

(1)

8 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Riassunto La Ciociara di Alberto Moravia e più Sintesi del corso in PDF di Letteratura Italiana solo su Docsity! LA CIOCIARA (RIASSUNTO) La ciociara è la storia delle avventure e disavventure di due donne, madre e figlia, costrette a passare un anno vicino al fronte del Garigliano (fiume che segna il confine tra Lazio e Campania) tra il 1943 e il 1944. Ma è anche e soprattutto la descrizione di due atti di violenza, l’uno collettivo e l’altro individuale: la guerra e lo stupro. Dopo la guerra e dopo lo stupro né un paese né una donna sono più quello che erano. È avvenuto un cambiamento profondo, che si manifesterà più tardi in modi imprevisti e incalcolabili; un passaggio si è verificato da uno stato di innocenza e di integrità a un altro di nuova e amara consapevolezza. D’altra parte tutte le guerre che penetrano profondamente nel territorio di un paese e colpiscono le popolazioni civili sono stupri; più di tutte quella che, per la prima volta nei tempi moderni, rastrellò l’Italia intera, dal Sud al Nord, portando nelle località più isolate e ignare le armi e l’arbitrio delle popolazioni straniere. La ciociara non è un libro di guerra; è un romanzo in cui la guerra è vista con gli occhi di chi la soffri senza combatterla: i civili, con le loro speranze, avventure e delusioni, che in un primo momento si illusero forse di restarne fuori e poi ebbero a soffrirne le peggiori conseguenze. È una storia che narra l’esperienza umana di quella violenza profanatoria che è la guerra. CAPITOLO 1: Cesira nata in Ciociaria, si è stabilita a Roma all’età di sedici anni in seguito al matrimonio con il proprietario di un negozio di alimentari situato in Trestevere. Il libro si apre con una frase tratta da una canzone: ”Quando la ciociara si marita a chi tocca lo spago e a chi tocca la ciocia (calzare rustico, tipico della Ciociaria); ma Cesira diede tutto a suo marito, spago e ciocia perché era suo marito e perché l’aveva portata a Roma. Cesira aveva una faccia tonda, gli occhi e i capelli neri e una bocca rossa come il corallo. I genitori erano contadini però le avevano lasciato un bel corredo provvisto di lenzuola, federe, fazzoletti, camice e mutande come ad una signora. Il marito aveva affittato proprio sopra il negozio un “quartierino” cioè un piccolo appartamento tantè che Cesira sporgendosi dalla camera da letto poteva toccare con le dita l’insegna color sangue di bue su cui c’era scritto “pane e pasta”. L’appartamento aveva due finestre sul cortile e due sulla strada, erano quattro stanze in tutto, molto piccole ma ben arredate da Cesira. Mentre il marito ogni mattina scendeva presto al negozio Cesira si occupava delle pulizie di casa e una volta finite andava al mercato a far la spesa e spesso vi si recava non tanto per comprare dal momento che gran parte della roba ce l’aveva in negozio ma perché le piaceva girare tra le bancarelle, calcolare i prezzi e i guadagni, valutare la qualità, scoprire gli imbrogli e i trucchi dei venditori. Qualcuno di quei venditori le faceva anche la corte ma lei, una donna molto fiera, rispondeva in modo tale da far capire che “non aveva a che fare con una di quelle”. “è una fortuna che le donne non portino in saccoccia coltello come gli uomini perché altrimenti sarei anche capace di ammazzare” cosi infatti dice Cesira. Per quanto riguarda il marito è importante sottolineare che quando Cesira lo sposò era già quasi vecchio e dalle parole della Ciociara sembrerebbe che il matrimonio fosse stato dettato da un interesse dal momento che come scrive Cesira“ non sono mai stata innamorata di lui ma, gli sono sempre stata fedele, sebbene lui invece non lo fosse a me”. Cesira, al contrario del marito non voleva amanti, tutta la sua passione la metteva nella casa e nel negozio e quando poi nacque Rosetta, nella bambina. Dell’amore non le importava e anzi per il fatto che aveva conosciuto solo suo marito cosi vecchio e brutto, le faceva quasi schifo. Quando poi il marito si ammalò, nonostante Cesira lo odiasse (e lui odiava lei tantè che la chiamava burina) con amore si prese cura di lui ma quando alla fine mori è allora che si senti di nuovo quasi felice. Sicuramente quegli anni furono i più belli della sua vita: 1940-41-42 e 43; è vero che c’era la guerra ma Cesira della guerra sapeva ben poco perché sebbene sapesse fare i conti e firmare una cartolina in realtà non sapeva leggere bene. La guerra non le interessava e per lei tutto va bene finchè il negozio va bene. Proprio grazie alla guerra la donna riesce a fare buoni affari vendendo in borsa nera. Il disinteresse che Cesira aveva nei confronti degli uomini era totale anche nei confronti della guerra come ho già detto: Mussolini o Badoglio, gli inglese o i tedeschi, per Cesira è lo stesso purchè vada avanti il negozio, purchè alla figlia diciottenne che ama e per la quale si sacrifica, non manchi nulla. Dice infatti a Rosetta: “prega Iddio che la guerra duri ancora un par d’anni, tu allora non soltanto ti fai la dote e il corredo ma diventi anche ricca. Vi è un avvenimento che ci mostra la totale ignoranza di Cesira riguardo alla guerra: nel mese di settembre una mattina si recò in via della Vite pensando che ci fosse una distribuzione di uova ma in realtà non distribuivano niente e c’era solo un tedesco che con un fucile sorvegliava lo scarico delle uova. La gente affamata mormorava e la stessa Cesira affamata pure lei (del resto aveva sempre pensato ai soldi, a guadagnare con il mercato nero e non a fare provviste) protestò alchè il tedesco le piantò la canna del fucile proprio sullo stomaco, facendole male e la Ciociara gridò: “Avete fatto male a mandarlo via Mussolini, da quando ci siete voi altri non si mangia più”. A quel punto la gente si mise a ridere e molti le gridarono “burina, i giornali non li leggete?” (tutto questo perché i tedeschi ora sono nemici). Nel settembre del 43 Cesira vedendo la figlia impaurita e spaventata a causa della guerra decise, costretta anche dalla carestia, dai bombardamenti e dall’occupazione tedesca nel 43, di lasciare Roma per rifugiarsi a Vallecorsa, suo paese natale in Ciociaria, dove ancora vivono i genitori. La figlia Rosetta era sicuramente molto diversa dalla madre che non aveva paura di niente e di nessuno; anche fisicamente era molto diversa: aveva un viso come di pecorella, bocca bella e carnosa i capelli biondo scuro, fitti e ricci e aveva la pelle bianca e delicata mentre Cesira ha i capelli neri e la carnagione scura come bruciata dal sole. Madre e figlia decidono quindi di lasciare Roma e di affittare l’appartamento a Giovanni, un commerciante di carbone e legna da ardere, amico del marito di Cesira. Era un omaccione grande e grosso, calvo, con la faccia rossa, i baffi ispidi e l’occhio dolce. Per Giovanni Cesira prova un grande affetto, sente che è l’unico uomo che le voleva veramente bene e non per la sua roba (ovvero per il fatto che possedeva negozio e appartamento) e che era il solo al quale potesse rivolgersi in caso di necessità; e quando Cesira si reca nel suo seminterrato nero, Giovanni accetta di prendersi cura del negozio e dell’appartamento durante la sua assenza (la quale credeva sarebbe durata solo poche settimane, finchè non arrivavano gli inglesi) ed è proprio in quello stesso seminterrato che i due hanno un rapporto erotico di cui però subito dopo Cesira si pente. Già in passato Giovanni aveva provato a sedurla, dandole anche del denaro in cambio ma Cesira, fedele al marito, si era sempre rifiutata; adesso invece le circostanze, con tutta Roma sottosopra e la carestia e la paura e la disperazione di lasciare il negozio e l’appartamento e il sentimento di non avere un uomo nella sua vita, come tutte le altre donne che, in una situazione simile, la aiutasse e le facesse coraggio, spinge Cesira a lasciarsi andare. Il giorno della partenza Giovanni le viene a prendere per accompagnarle alla stazione, ma prima di lasciare casa, Cesira consegna a Giovanni un foglio sul quale aveva fatto scrivere da Rosetta tutta la roba che era presente in casa e nel negozio, una sorta di inventario nel quale erano indicati anche i più piccoli oggetti non perché non si fidasse di Giovanni ma perché “è bene non fidarsi di nessuno” e cosi una copia la tenne per se e un’altra la diede a Giovanni. Di Giovanni bisogna anche dire che era sposato ma sperava che la guerra si portasse via la moglie cosi da rimanere vedovo e poter sposare Cesira; a queste parole (pronunciate da Giovani quando andò a prenderle per accompagnarle alla stazione e quando bussò vide Cesira in camicia da notte, a quella vista stava per saltarle di nuovo addosso quando Cesira lo fermò ricordandogli che è sposato) Cesira ci rimase male come quando aveva detto del marito che era una carogna e nonostante questo gli era amico, erano addirittura inseparabili. Provava infatti spavento al pensiero che un uomo potesse essere amico e marito per tanti anni e poi dire con cosi tanta freddezza a cattiveria, carogna e schifosa, dell’amico e della moglie. Arrivate alla stazione e salutato Giovanni che le aveva comperato i biglietti (biglietti che tra l’altro erano diretti a Fondi, di qui in poi avrebbero dovuto raggiungere il paese a piedi per le montagne), Cesira e la figlia salirono sul treno, pieno di soldati tedeschi, e alla fine travato un angolino a terra dove c’erano degli italiani, si sedettero e si addormentarono. CAPITOLO 2: Il treno che trasportava lei e Rosetta si interrompe nei pressi di Fondi poiché le rotaie erano state bombardate e cosi Cesira e la figlia non trovando nessuno che potesse dar loro un avrebbero dovuto dormire finchè non sarebbero giunti gli inglesi (lei sperava pochi giorni ma il soggiorno si sarebbe prolungato fino ad arrivare a nove mesi). Da Luisa, Cesira venne a sapere che attraverso raccomandazioni e favori Filippo era riuscito a non far mandare il figlio Michele al fronte e a quel punto Cesira ricordò il discordo che Filippo aveva fatto durante il pranzo ovvero che il mondo si divideva in fessi e furbi e anche in questo caso Filippo si era comportato da furbo. Vivendo con Paride e la sua famiglia (la famiglia Morrone) Cesira si accorse subito delle differenze che vi erano tra i contadini (Paride e la famiglia) e gli sfollati (Filippo e la famiglia) con i quali aveva pranzato il giorno dell’arrivo a Sant’Eufemia. Gli sfollati erano più ricchi, almeno alcuni di loro; da loro si mangiava meglio, sapevano leggere e scrivere, non portavano le ciocie e le loro donne erano vestite come donne di città. Tuttavia nonostante ciò Cesira preferi sempre i contadini agli sfollati. Probabilmente questa preferenza derivava dal fatto che Cesira stessa prima che bottegaia era stata contadina e forse anche dal fatto che a questa gente (gli sfollati) l’istruzione non era servita che a renderli peggiori. Verso la fine del capitolo Cesira descrive per la prima volta compiutamente il carattere della figlia, un carattere che in seguito a causa della guerra, come dice la madre, cambiò dal giorno alla notte; innanzitutto bisogna dire che Cesira aveva tirato su Rosetta con grande cura, come una figlia di signori, badando a non farle sapere niente di tutte le cose brutte che ci sono al mondo, e per quanto le era possibile, tenendola lontana da queste cose. Per quanto riguarda la religione, mentre Cesira sebbene fosse praticante non era una donna molto religiosa Rosetta era religiosa fino in fondo, senza esitazioni e senza dubbi. Per lei la religione era come l’aria che si respira, la quale entra ed esce dai polmoni e noi non ci facciamo caso e neppure ce ne accorgiamo. Come dice Cesira, Rosetta era una di quelle persone alle quali, anche a essere maligni non si riesce ad attribuire alcun difetto. Era buona, franca, sincera e disinteressata. Nonostante Rosetta non avesse alcuna esperienza della vita, aveva infatti sempre vissuto con la madre e dopo l’educazione ricevuta dalle suore l’aiutava nelle faccende di casa e qualche volta anche in bottega, si comportava come se avesse fatto tutto e tutto avesse conosciuto (faceva e diceva infatti sempre la cosa giusta, la cosa tra mille, che si dovesse fare e dire). Adesso però Cesira comincia a rendersi conto che questa perfezione proveniva proprio dall’inesperienza e dall’educazione che le avevano dato le suore: “inesperienza e religione, fuse insieme, formavano questa perfezione che io credevo solida come una torre e invece era fragile come un castello di carte”. Purtroppo Cesira aveva sempre tenuto la figlia all’oscuro di tutto, pensando che quelle cose una volta sposata e andata via di casa, le avrebbe conosciute anche troppo presto; ma non aveva fatto i conti con la guerra ”che quelle cose costringe a conoscerle anche quando non vorremmo e ci forza a farne l’esperienza prima del tempo, in maniera innaturale e crudele”. CAPITOLO 4: pochi giorni dopo l’arrivo di Cesira e Rosetta a Sant’Eufemia Tommasino portò a Cesira le provviste da lei ordinate e più che mai necessarie, giacchè gli inviti a pranzo da parte dei Festa si sono andati diradando fino a cessare del tutto (e considerando anche che fino ad ora avevano mangiato insieme a Paride e alla sua famiglia ma sempre a pagamento); del resto come diceva Cesira: “lui (Filippo) ci aveva la famiglia e trattandosi di roba da mangiare lui doveva pensare prima di ogni cosa alla famiglia”. Quando arrivò Tommasino con le provviste per Cesira, quest’ultima si rese conto di quanta considerazione può attirare il denaro ovvero in questo caso le provviste; i Festa infatti negli ultimi giorni vedendo che le provviste non arrivavano evitavano di stare insieme a Cesira a alla figlia e quando arrivava l’ora dei pasti, quasi vergognandosi, andavano a mangiare altrove. Ma appena arrivò Tommasino con il suo somarello pieno di provviste, l’atteggiamento cambiò considerevolmente; ci furono infatti saluti, conversazioni e perfino inviti a pranzo proprio adesso che non ne avevano di bisogno. Filippo poi era un uomo molto legato al denaro; asseriva che i soldi fossero i migliori amici di un uomo e si riteneva il solo, insieme a Cesira, che potesse guardare con tranquillità all’avvenire perché insieme a Cesira erano i soli a possedere i quattrini. Dal momento in cui arrivarono le provviste, iniziò la vita normale di Cesira e Rosetta a Sant’Eufemia; trascorrevano le loro giornate mangiando, passeggiando e dormendo e discutendo con gli sfollati di quando sarebbero arrivati gli alleati; questo infatti dice Cesira era il discorso comune a Sant’Eufemia anzi il solo discorso. Si parlava sempre degli alleanti, quando venivano, perché non venivano e ne parlavano soprattutto gli sfollati proprio perché desideravano tornare al più a Fondi e riprendere la solita vita. I contadini invece, ne parlavano meno, un po’ perché, in fondo, la guerra era per loro un buon affare, avendo affittato le casette e facendo altri piccoli guadagni con gli sfollati; un po’ perché loro conducevano la stessa vita che avevano condotto in tempo di pace e con l’arrivo degli alleati per loro poco o nulla sarebbe cambiato. Durante questo soggiorno a Sant’Eufemia, Cesira e Rosetta passarono gran parte del loro tempo insieme a Michele (probabilmente Michele preferiva loro alla sua famiglia e agli altri sfollati perché erano di Roma, non parlavano in dialetto e non discorrevano delle cose di Fondi che a lui davano fastidio e non interessavano) ed è per questo che Cesira ce ne fornisce una descrizione più accurata. Egli, un giovane di 25 anni, laureato, era molto diverso dagli altri sfollati: non parlava di denaro e di abbondanza, stigmatizza in modo spietato la mentalità gretta ed egoista del padre e degli altri sfollati, critica duramente il fascismo ed il nazismo, espone la sua fiducia nei contadini e negli operai per un riscatto dell’umanità. Michele pur dicendo cose aspre e violente non si scaldava affatto, anzi le diceva con un tono calmo e ragionevole come se si fosse trattato di roba vecchia sulla quale ormai tutti quanti erano d’accordo da molto tempo. Per esempio secondo Michele, Mussolini e i suoi ministri e tutti coloro che contavano qualcosa erano dei banditi. Cesira di fronte queste affermazioni rimaneva a bocca aperta; aveva sempre sentito dire che Mussolini fosse un genio e che i suoi ministri erano grandi uomini ma ecco che Michele rovesciava tutto. Inoltre come osserva Cesira, non sembrava che Michele avesse cominciato a pensare queste cose, come molti in Italia, a partire dal momento in cui la guerra si era messa male, ma al contrario sembrava che avesse una sfiducia antica, incrollabile in tutti e in tutto. E tutto ciò considerando anche il fatto che Michele avendo solo 25 anni non aveva conosciuto altro che il fascismo e quindi pur avendo ricevuto un’educazione fascista egli era scontento del fascismo. La sicurezza che Michele ha nell’esprimere il suo pensiero dovrebbe derivare da un’esperienza pregressa come osserva Cesira e invece no, Michele (come scopre Cesira parlando con lui) di esperienze ne aveva fatte ben poche: era cresciuto a Fondi con la famiglia, a Fondi aveva fatto i primi studi e come molti altri giovani della sua età era stato balilla e avanguardista. Poi si era iscritto all’università di Roma e a Roma aveva studiato e aveva vissuto qualche anno, stando in casa di uno zio magistrato. Non era perciò mai stato all’estero e dell’Italia oltre Fondi e Roma conosceva appena le città principali. Non aveva inoltre mai fatto l’esperienza dell’amore, lui stesso infatti disse più volte che non era mai stato innamorato, che non era mai stato fidanzato e che non aveva mai fatto la corte ad una donna. Per cui Cesira arrivò alla conclusione che lui queste convinzioni cosi radicate se le era fatte quasi senza rendersene conto, forse soltanto per spirito di contraddizione come fanno i bambini con i genitori. Sebbene le due donne non sempre capissero i discorsi di Michele, sebbene Rosetta si irritasse sempre di fronte le disquisizioni di Michele riguardanti i preti (per lui infatti preti e fascisti erano la stessa cosa) preferivano di gran lunga la compagnia di Michele a quella degli altri uomini che stavano lassù, i quali non facevano altro che pensare all’interesse e ai quattrini. Probabilmente Michele parlava male dei preti non perché li odiasse in quanto preti ma perché riteneva che non fossero davvero preti e che non si comportassero davvero come tali; insomma era anche lui religioso ma di una religione delusa, come sostiene Cesira, tantè che lo stesso Michele parlando con Rosetta, le confessò che da giovane avrebbe voluto farsi prete ma poi si rese conto di non avere la vocazione o meglio disse sorridendo: “mi resi conto che ce l’avevo e che, appunto per questo, non dovevo farmi prete”. Finalmente giunse a Sant’Eufemia la prima notizia precisa: “una divisione tedesca si era attendata nella pianura di Fondi e intanto il fronte si era fermato nella pianura di Garigliano; questo voleva dire che gli inglesi non avanzavano più e che i tedeschi si preparavano a passare il tempo con noi”. Fu proprio l’episodio di Severino che per la prima volta mise in contatto i tedeschi con gli sfollati di Sant’Eufemia e soprattutto che fece capire che razza di gente fossero. Tra gli sfollati, vi era un sarto, Severino, il quale aveva investito gran parte del suo denaro in stoffe, accuratamente nascoste, con l’intento di rivenderle appena finita la guerra con i prezzi saliti alle stelle e di conseguenza di guadagnarci su. Ma un giorno un suo ex lavorante gli comunica che le stoffe sono state rubate. Severino indagando scopre che sono stati alcuni fascisti e decide perciò di rivolgersi ad un soldato tedesco, anche lui sarto, affinchè lo aiutasse a recuperare le stoffe. Il tedesco però finge di aiutarlo e una volta recuperate le stoffe se ne impossessa e manda Severino a lavorare alle fortificazioni del fronte (i tedeschi infatti giravano con i camion e tutti gli uomini abili al lavoro li spedivano al fronte per fortificare le linee). Fu proprio il Tonto (uno dei fascisti che aveva rubato le stoffe a Severino) a riferire ciò a Filippo e agli altri; per cui quei rastrellamenti che fino ad ora erano sembrati più una diceria che altro erano reali e tra poco i tedeschi dalle pianure avrebbero cominciato a rastrellare anche in montagna, cosi infatti riferi il Tonto. Il capitolo si conclude con due episodi, tutti e due riguardanti Michele e che ci aiutano a capire meglio il carattere di Michele. Una sera quest’ultimo dopo cena, decise di leggere un libro alla famiglia di Paride e a Cesira e Rosetta; all’inizio si pensava che avrebbe letto un romanzo d’amore ma poi vedendo Michele aprire il vangelo ci rimasero tutti un po’ male. Si trattava della resurrezione di Lazzaro ma Michele rendendosi conto mentre leggeva dell’indifferenza e della noia dei contadini reagi con durezza: “è inutile cercare di far capire a chi non potrà mai capire; intanto però ricordatevi questo: ciascuno di voi è Lazzaro e io leggendo la storia di Lazzaro ho parlato di voi, di tutti voi (Pride, Luisa, Cesira, Rosetta,Severino, fasciti, nazisti, me stesso ); siamo tutti morti e crediamo di essere vivi, finchè crederemo di essere vivi perché abbiamo le nostre stoffe, i nostri affarucci, le nostre famiglie (quella della famiglia è infatti una giustificazione che spesso i contadini e gli sfollati come lo stesso Severino utilizzano per giustificare il rubare per esempio le stoffe e cosi via) saremo morti, soltanto i giorno in cui ci renderemo conto di essere morti cominceremo ad essere vivi”. Proprio per questa sua sfuriata Cesira si rende conto che Michele assomigliava di più a un prete che considera tutti gli altri come peccatori da istruire e rimettere sulla buon strada e non si considerava quindi un uomo simile agli altri uomini (questa sua sfuriata poteva infatti essere quella che un parroco fa la domenica in parrocchia quando si accorge che i parrocchiani giù nella Chiesa si sono distratti e non gli danno più retta). Secondo episodio: una mattina Michele entrò improvvisamente nella camera di Cesira e di Rosetta; quest’ultima che si era appena lavata era completamente nuda ma nonostante ciò Michele non ne era per nulla turbato, non mostrò infatti il benchè minimo interesse, e più tardi a Cesira, che si meravigliava della freddezza di lui di fronte ad una bella ragazza nuda, disse seccamente che queste cose per lui non esistono. CAPITOLO 5: nel quinto capitolo Cesira ci racconta che il novembre del 43 fu un mese di pioggia abbondante e fu proprio a causa di questo brutto tempo che gli inglesi decisero di fermarsi sul fiume Garigliano rinunciando per il momento all’avanzata; naturalmente ciò spinse i tedeschi a non ritirarsi più e a trincerarsi là dove si trovavano ovvero nella pianura di Fondi. Un giorno poi un contadino portò un bando dei tedeschi in cui si intimava lo sgombero di tutta la zona tra il mare e la montagna inclusa la località dove si trovavano gli sfollati insieme a Cesira. Per chi non avesse ubbidito la pena sarebbe stata l’arresto, confisca, deportazione e fucilazione. La disperazione degli sfollati e dei contadini che consideravano i tedeschi come la sola autorità che fosse ormai rimasta in Italia era enorme; la cognata di Paride, Anita, che aveva il marito in Russia e aveva tre bambini piccoli, espresse un sentimento comune dichiarando: “io, piuttosto che andarmene, ammazzo prima i miei figli e poi mi ammazzo” e del resto andare via con tre bambini piccoli, in pieno inverno, su per le mulattiere di montagna voleva dire condannarli a morte e tanto valeva allora ammazzarli subito: faceva prima. L’unico che non perse la calma in quell’occasione fu Michele probabilmente perché non aveva mai riconosciuto l’autorità dei tedeschi considerandoli dei banditi e dei briganti e cosi convinse tutti ad ignorare semplicemente gli ordini dei tedeschi. Durante quei quaranta giorni di piaggia non successe nulla di particolarmente notevole all’infuori di un fatto che riguardò Filippo e il suo parsenale Vincenzo. Quest’ultimo un giorno informò Filippo che i tedeschi e i fascisti avevano rubato tutta la roba che Filippo gli aveva affidato ma in realtà, come Michele poi scopri Il tenente a quel punto si rivolse all’avvocato sicuramente più impaurito di Michele e cominciò a polemizzare sulle differenze di classe in Italia. L’avvocato era proprietario della valle e il tenente avendo visto le condizioni in cui vivevano i contadini che lavoravano per l’avvocato si lamentò con lui: “in Germania” disse il tenente “noi ci vergogneremmo di far vivere i nostri contadini in questo modo”. Il tenente poi si indignò ancor di più per le differenze enormi che ci sono tra gli ufficiali e i soldati italiani: gli ufficiali sono coperti di galloni, vestono con stoffe speciali, mangiano cibi speciali mentre i soldati sono vestiti di stracci, mangiano come bestie, sono trattati come bestie. Di tutto ciò il tenente diede la colpa all’avvocato e a tutta quella gente come lui ovvero che appartiene alla stessa classe sociale perché se loro volessero fare qualcosa allora la situazione cambierebbe; ed è anche il motivo, secondo il tenente, per cui gli italiani hanno perso la guerra e sono dovuti intervenire i soldati tedeschi in Italia ovvero perché i soldati italiani pensando che questa non sia la loro guerra ma di quelli come l’avvocato e per questo non combattono. Ma quando la situazione stava per degenerare anche a causa di un intervento di Cesira, un bombardamento costringe il militare ad andare via di fretta e gli altri a rifugiarsi in un sotterraneo. Dopo il bombardamento Cesira che ha avuto la farina dalla madre dell’avvocato torna con Rosetta e Michele a Sant’Eufemia. Michele però era visivamente avvilito e triste; gli faceva rabbia infatti che il tenente avesse ragione con tutto che fosse nazista (emerge in lui una crisi dei valori: tutto ciò in cui egli crede è messo a rischio. Michele non può immaginare possibile una coesistenza tra la capacità di sentire l’ingiustizia e il piacere provato da quest’ultimo nell’atto di uccidere). Cesira a questa frase rimase in silenzio per non infierire ma avrebbe voluto chiedergli cosa ne pensasse del fatto che quel nazista che provava gusto a uccidere la gente con il lanciafiamme al tempo stesso si rendesse conto dell’ingiustizia che c’era in Italia. Michele infatti le aveva sempre detto che coloro che sentivano l’ingiustizia erano persone per bene, i migliori di tutti, i soli che lui non disprezzasse; ma ecco quel tenente che era anche filosofo, che sentiva l’ingiustizia ma che provava soddisfazione ad ammazzare la gente. Allora pensò Cesira: “non era vero che la giustizia fosse una cosa tanto buona”. (non sempre ciò che è giusto è sempre buono per Cesira perché per il tenente la giustizia era annullare le disparità di classe ma al tempo stesso uccidere i nemici con il lanciafiamme quindi la giustizia noi è poi una cosa tanto buona). CAPITOLO 7: Gennaio 1944: una mattina un contadino arrivò portando un foglietto stampato che aveva trovato in un cespuglio; il foglietto era un giornaletto stampato dagli inglesi ma scritto in lingua tedesca per i tedeschi e siccome lassù Michele era il solo che conoscesse un po’ di tedesco fu portato a lui. Secondo questo foglietto gli inglesi erano sbarcati ad Anzio, vicino a Roma e si preparavano ad avanzare verso Roma. A queste notizie gli sfollati per la gran gioia si congratularono e si abbracciarono tra di loro. Tuttavia dopo alcuni giorni giunsero delle notizie più precise: gli inglesi erano si sbarcati ma i tedeschi, pronti, avevano mandati molti soldati per fermarli, e dopo molti combattimenti, ci erano riusciti. Adesso gli inglesi erano asserragliati sulla spiaggia e i tedeschi ben presto sarebbero riusciti a costringere gli inglesi ad imbarcarsi di nuovo sulle loro navi. A questo punto Cesira riporta un avvenimento per mostrare come lassù non arrivava nessuna notizia circa la guerra e come i contadini, che erano quasi tutti analfabeti, deformassero anche quel poco che si veniva a sapere. Siccome non si riusciva a sapere niente sullo sbarco di Anzio, Filippo e un altro sfollato decisero di pagare Paride affinchè si recasse in un paese molto lontano della Ciociaria dove vi era un medico condotto che possedeva una radio. Una volta tornato Paride disse agli sfollati che la radio non diceva nulla ma che il medico, avendo ascoltato la radio in questi giorni, aveva appreso che lo sbarco era fallito a causa di una femmina. Alcuni, i più ignoranti crebbero a Paride ma altri tra cui anche Michele lo ritennero impossibile. Alla fine non restava che aspettare, dato che lo sbarco per un motivo o per un altro era fallito; tuttavia la situazione non faceva che peggiorare, le provviste diventavano sempre più scarse e comprare qualcosa da mangiare era diventato difficile se non impossibile dato che quel poco che la gente aveva se lo teneva stretto. Infatti i contadini che all’inizio erano stati avidi di denaro perché in tempo di pace non ne vedevano mai, adesso cominciavano a “capire il latino” come dice Cesira, cioè si cominciavano a rendere conto che il denaro valeva meno della roba. Dal momento che il cibo scarseggiava sempre di più, Cesira e Rosetta accompagnate da Michele decisero di recarsi in una località di montagna che si chiamava Sassonero, con la speranza di trovare qualcuno che gli vendesse qualcosa da mangiare. Qui incontrano un gruppo di sfollati, tra cui un prete impazzito, che hanno trovato rifugio presso una grotta; tuttavia gli sfollati non hanno cibo da vendere e consigliano loro di rivolgersi ad alcuni pastori di religione evangelista. E cosi ad un prezzo altissimo Cesira ottenne da un pastore qualcosa da mangiare. Grazie ad un beccamorto, un giovanotto che girava per le montagne in cerca di cibo, si hanno altre notizie sulla guerra: a Stalingrado i tedeschi avevano preso una batosta terribile e Hitler scoraggiato si prepara per la ritirata. Maggio: si ha notizia che gli anglo-americani hanno sferrato l’offensiva e avanzano. La gioia degli sfollati, senza cibo né acqua, è grandissima ma preannuncia Cesira: “poveretti, non sapevano che proprio l’avanzata degli inglesi ci avrebbe portato nuovi guai. Le difficoltà non facevano che cominciare”. CAPITOLO 8: nell’ottavo capitolo Michele informa Cesira che la battaglia per lo sfondamento del fronte era ormai quasi finita. Tutti erano quindi felici e aspettavano l’arrivo degli inglesi ma un gruppo di tedeschi fuggiti giunse a Sant’Eufemia; a questa notizia Michele eccitato dall’idea di vederli in fuga e disfatti dopo averli incontrati tante volte superbi e vittoriosi, decise di andargli incontro seguito da Cesira e Rosetta. Arrivato, trovò i tedeschi all’ombra di un pagliaio, buttati sulla paglia, esausti e in silenzio. Mentre gli sfollati e i contadini avevano creato un cerchio intorno a loro e in silenzio li guardavano, Michele si avvicino e cominciò a porgere loro delle domande. Da uno di loro (l’albino) apprese che il fronte non era più sul Garigliano, ma più a nord e che questo gruppo di tedeschi avrebbe dovuto raggiungerlo e da li continuare a resistere e a combattere. I tedeschi dopo aver chiesto e ottenuto, minacciando con una pistola gli sfollati e i contadini, ottennero del pane e subito dopo costrinsero Michele ad accompagnarli verso nord per indicare lo la strada. All’inizio in realtà la scelta era ricaduta su Rosetta ma Michelle intervenne immediatamente dicendo che Rosetta non era di queste parti e non conosceva la strada. Alla fine, nonostante il padre Filippo avesse cercato in tutti i modi di prendere il posto del figlio e accompagnare lui i tedeschi, l’albino non volle e tutti guardarono in silenzio il tedesco che se ne andava, spingendo Michele con la canna della pistola nella schiena. È soprattutto Rosetta (a parte i familiari del giovane) che ne soffre e si preoccupa per Michele. Cesira infatti è presa, come gli altri sfollati, dalla gioia per l’imminente ritorno a Roma e vuole illudersi che Michele riesca a salvarsi. Non si rendeva conto che la scomparsa di Michele che per lei e Rosetta era stato come un padre e un fratello, era più importante persino della liberazione o per lo meno avrebbe dovuto rendergliela amara e dolorosa (questo dice Cesira). Mentre quindi Cesira si rende conto del suo egoismo, non vuole infatti pensare a Michele anche per non guastarsi la gioia che prova all’idea di poter ritornare finalmente a casa sua, Rosetta invece agitata e preoccupata per Michele l’indomani mattina, appena sveglia si reca subito dai Festa ma scopre che Michele non è ancora tornata. Le due donne decidono quindi di lasciare Sant’Eufemia e raggiungere Fondi, con la speranza di poter ritornare a Roma. Nella strada per arrivare a Fondi le due donne videro per la prima volta i soldati americani: camminavano i fila indiana, molti erano in maniche di camicia e tutti masticavano gomma. A Cesira sembrava che facessero la guerra malvolentieri ma senza paura, proprio come gente che non è nata per far la guerra, come i tedeschi per esempio, ma che la fa perché ci è stata tirata per i capelli. Una volta giunte a Fondi trovarono una gran confusione: soldati americani, sfollati e contadini; tutte le case erano per terra, in grandi mucchi di macerie. Cesira si avvicinò quindi ad una macchina militare ferma in mezzo a tutta quella folla e ai due solati (un rosso e un bruno) che stavano seduti dentro chiese come fare per raggiungere Roma. Il bruno le rispose che a Roma vi erano i tedeschi e alla fine dopo averle fatto cenno di salire sulla macchina le accompagnò al palazzo del comune dove vi era un soldato italoamericano che cominciò a parlare con Cesira in una lingua che lui credeva fosse italiano ma in realtà era un dialetto napoletano, tra i più volgari osserva Cesira. Il soldato le ribadi che non era possibile raggiungere Roma e che avrebbe dovuto aspettare che i tedeschi se ne andassero e a quel punto le diede delle scatole di carne con verdure e altre cose da mangiare. Cesira si rese subito conto che la situazione non era come se l’erano figurata lei e gli altri sfollati a Sant’Eufemia mentre aspettavano l’arrivo degli alleati. Intanto quella famosa abbondanza di cui tutti parlavano non c’era; gli americani davano si sigarette e caramelle ma per il resto stavano attenti. E poi il contegno di questi americani non le piaceva molto: erano sicuramente più gentili dei tedeschi ma la loro gentilezza era indifferente e distante. Cesira soprattutto nota una differenza di carattere tra gli americani e gli italoamericani; i primi erano si distanti ma educati e rispettosi mentre gli italoamericani erano sgarbati, probabilmente ipotizza Cesira perché sentendosi fin troppo simili agli italiani cercavano di convincersi del contrario trattandoli male per distinguersi da loro. Dopo qualche disavventura (durante le quali Cesira si rende conto di provare per la prima volta un sentimento di odio nei confronti dei fascisti e dei tedeschi e ogni esplosione alleata che sentiva la rendeva felice) Cesira viene a sapere che chi nel corso della guerra ha aiutato un soldato inglese, viene ora favorito in modo particolare. Rosetta ricorda allora alla madre l’episodio di Natale, e cosi le due donne ottengono l’aiuto del comando inglese: un maggiore promette infatti di farle accompagnare il giorno dopo a Vallecorsa dove abitano i genitori di Cesira. A questo punto Cesira pensa veramente di avercela fatta e rivolgendosi alla figlia la rassicura dicendole che i momenti brutti sono ora finiti, ma in realtà era solo l’inizio. Rosetta infatti disse si mamma, proprio come un agnello (scrive Cesira) che viene condotto al macello e non lo sa e lecca la mano che lo trascina verso il coltello. Purtroppo questa mano era la mia e io non sapevo che proprio io di mia iniziativa, la portavo al macello”. CAPITOLO 9: il giorno seguente un soldato inglese accompagnò con la macchina le due donne al paese di Cesira. Cesira, vedendo il soldato come seccato per il fatto che le stava facendo da autista, commise l’imprudenza di congedare il soldato prima di arrivare a Vallecorsa e prima di rendersi conto che il paese era deserto: “soltanto allora mi accorsi del profondo silenzio della solitudine completa del luogo”. Cesira infatti riguardando le due case all’imboccatura del paese si accorse di una cosa che non aveva notato quando le superò con la macchina: avevano le finestre serrate, con le imposte chiuse e le porte a pianterreno sbarrate con due assi inchiodati in croce. Il paese era stato sfollato e Cesira per la prima volta si rese conto di aver fatto male a lasciare Fondi; è vero li c’erano i bombardamenti ma c’era anche tanta gente e non si stava da soli. A questo punto Cesira pensa di raggiungere a piedi Vallecorsa che sta a pochi chilometri o di farsi dare un passaggio da qualche camion dal momento che quella è una strada molto affollata; cosi quasi nello stesso momento in cui lo disse, ecco arrivare una lunga colonna di autocarri e macchine militari. Erano alleati, quindi amici, e a questa vista Cesira si rincuorò perché mal che vada poteva sempre farsi riaccompagnare da loro a Fondi. Mentre la colonna di autocarri sfilava davanti a Rosetta e Cesira, quest’ultima osservò che nella macchina in testa vi erano tre ufficiali con una bandiera blu, bianca e rossa infissa su cofano, erano ufficiali francesi mentre dietro vi erano tanti autocarri tutti uguali pieni di soldati dalla pelle scura e con “le facce come di turchi” (Cesira scopri in seguito che si trattava di soldati marocchini che provenivano dal Marocco). La colonna non era molto lunga e sfilò in pochi minuti addentrandosi nel villaggio. Il villaggio era proprio deserto; non era stato bombardato né devastato in alcun modo ma soltanto abbandonato. Tutte le case erano intatte, ma con le finestre chiuse e le porte sbarrate compresa la casa dei genitori di Cesira tantè che quest’ultima rinunciò a bussare e spaventata, senza dir niente a Rosetta affrettò il passo. Alla fine le due donne giunsero di fronte ad una chiesa la cui porta era aperta a metà e decisero di entrarvi per riposarsi un po’. D’improvviso mentre Rosetta pregava, vennero sorprese da un gruppo di soldati marocchini. E cosi nella Chiesa abbandonata, davanti ad un’immagine capovolta della Madonna, i marocchini provano a violentare le due donne ma mentre Cesira facendo resistenza venne colpita dal soldato e perse i sensi, Rosetta invece non svenne e tutti i soldati si sfogarono su di lei. Il male alla fine venne proprio da chi avrebbe dovuto salvarle (ovvero dagli alleati). Al risveglio Cesira trovò la figlia distesa, supina, con le vesti rialzate fin sopra la testa, le gambe aperte e del sangue che proveniva dall’interno delle cosce. All’inizio per via del sangue, pensa che Rosetta sia morta ma poi avvicinatasi si accorge che è viva e cosi l’aiuta a rialzarsi e l’accompagna fuori. Rosetta stava in silenzio, parlava pochissimo importasse niente. Durante il soggiorno a casa di Concetta, prim della partenza per Roma, Cesira scopre che Rosetta non soltanto si era concessa a Clorindo ma probabilmente anche a Rosario e al fratello. Rosetta ormai era una povera derelitta a cui gli uomini potevano fare ciò che volevano, perché nel momento in cui venne violentata dai marocchini qualcosa le faceva desiderare di essere trattata di nuovo in quel modo da tutti gli uomini nei quali si imbatteva. Il capitolo si conclude con Cesira che in preda alla disperazione sogna di stare per uccidersi e di essere fermata da Michele. Sogna infatti di non voler più vivere in un mondo come questo, in cui gli uomini buoni come Michele e le donne oneste come Rosetta non contano più e i delinquenti come Concetta e i suoi figli prosperano. E cosi d’un tratto prende una corda che stava appesa ad un chiodo e sale su una sedia ma d’improvviso arriva Michele che fa un gesto come per dirle no, non lo fare e dice anche qualcosa che però Concetta non riesce a sentire. A questo punto Concetta si sveglia. Sicuramente Michele, pensa Cesira, le stava dicendo perché non doveva uccidersi, perché valeva la pena di continuare a vivere e perché la vita in tutti i casi era migliore della morte. Per Cesira si trattò di una specie di miracolo, un miracolo a metà: Michele le era apparso e le aveva impedito di uccidersi, ma Cesira pensa che perché lei non ne era degna non riusci a sentire perché non lo avrebbe dovuto fare (ovvero perché non si sarebbe dovuta uccidere). Cosi doveva continuare a vivere, ma come prima, come sempre, non avrebbe mai saputo perché la vita era preferibile alla morte. CAPITOLO 11: giunse finalmente il giorno del rientro a Roma (siamo nel mese di giugno). Cesira tante volte, durante il suo soggiorno a Sant’Eufemia, aveva immaginato questo giorno ma la sua immaginazione era molto diversa da come poi fu la realtà. Allora aveva sognato un rientro allegro, in qualche autocarro militare, con quei soldati inglesi o americani contenti anche loro; e nei suoi sogni al suo fianco vi era Rosetta dolce e tranquilla come un angelo e magari pure Michele contento anche lui. Ma Cesira non aveva preveduto che, come dice Concetta la guerra è guerra ovvero che la guerra anche quando è finita continua ad esserci e trasforma tutto e tutti. Ora i marocchini avevano violentato Rosetta che a causa di questa violenza si era trasformata in una donna disinibita, annoiata, priva di valori e di affetti, Michele era stato fucilato dai nazisti e Cesira insieme alla figlia avrebbe fatto rientro a Roma nell’autocarro di quel delinquente di Rosario. Prima di partire però Cesira ottiene per la prima volta una risposta da Rosetta quando alla domanda: “si può sapere dove sei stata stanotte” Rosetta non soltanto risponde di aver passato la notte con Rosario ma aggiunge anche che le piace far l’amore, non può farne a meno e non vuole farne a meno; non importa con quale uomo; ormai l’amore è la sola cosa che le piace e che si sente di fare. Dopo aver salutato Concetta e la sua famiglia finalmente Cesira e Rosetta partono, lasciandosi alle spalle quella “odiosa casa rosa” (la casa di Concetta). Durante il tragitto, Cesira non sopportando di vedere la mano di Rosetta che stringeva quella di Rosario, un indizio del cambiamento della figlia, le chiese di intonare una canzone come era solita fare a Roma per tenere compagnia a se stessa e alla madre durante le faccende domestiche. Sperava in questo modo di risuscitare, anche solo per un momento, l’illusione della Rosetta di un tempo. Ma appena Rosetta incominciò a cantare sempre mentre teneva la mano di Rosario in grembo, subito sia la madre che la figlia si accorsero che la voce non era più quella di un tempo, meno decisa, meno melodiosa e sbagliava persino i toni e cosi ad un tratto Rosetta dicendo di sentirsi svogliata cessò di cantare. Improvvisamente il camion viene bloccato da tre uomini, tre ladri; Rosario scende e senza farsi vedere dai loro, nasconde rapidamente un qualcosa dentro il cruscotto ma tutto ciò viene notato da Cesira che capisce che si trattava di soldi. Tutto succede molto rapidamente: Rosario viene ucciso ma l’arrivo di una macchina costringe subito dopo i tre uomini a fuggire: è una macchina con due ufficiali inglesi che però prosegue senza fermarsi. A quel punto Cesira ricordandosi del denaro che Rosario aveva nascosto nel cruscotto lo prese e velocemente lo nascose mentre Rosetta le lanciò uno sguardo che a Cesira sembrò di riprovazione. In quel momento infatti Cesira si era comportata da persone interessata e vile proprio come si sarebbe comportata Concetta, secondo la sua convinzione che la guerra è guerra (questo scrive Cesira). Aveva infatti portato via il denaro al morto e aveva temuto, per via del denaro, che non fosse morto ma vivo. Poco dopo passò un camion guidato da un italiano che con un’espressione spaventata e malcontenta (aveva paura che tornassero i ladri) si fermò e accettò di dare un passaggio fino a Roma alle due donne. Cesira prima di salire sul camion, molto velocemente fece il segno della croce sul petto di Rosario probabilmente per sentirsi meno in colpa per via del denaro che gli aveva sottratto: “volli bilanciare quel mio brutto timore con un atto di fede che non mi costava niente”. Durante il tragitto ad un tratto a Cesira venne in mente che tutti e tre, ciascuno per i suoi motivi, non avevano mostrato alcuna pietà per Rosario ammazzato come un cane e poi abbandonato sulla strada: l’uomo non era neppure sceso dalla macchina per vedere se fosse vivo o morto; Cesira si era preoccupata soltanto di constatare che fosse morto per davvero soltanto per via del denaro che gli aveva sottratto mentre Rosetta si era limitata a trascinarlo per un piede verso il fossato per permette al camion di passare. Ma Rosetta, pensa Cesira, è il caso peggiore dei tre: lei ci aveva fatto l’amore non più di mezz’ora prima e adesso sedeva immobile, indifferente, apatica e senza l’ombra di un sentimento sul viso. Poi tutto ad un tratto avvenne qualcosa di strano: Rosetta incominciò a cantare, prima con voce esitante e poi in maniera sempre più sicura, la stessa canzone che Cesira le aveva chiesto di cantare poco prima. Questo cantare di Rosetta subito dopo la morte di Rosario, fu all’inizio per Cesira una prova in più dell’insensibilità e dell’indifferenza della figlia; ma poi Cesira si ricordò che Rosetta le aveva detto che non era capace di cantare perché si sentiva come svogliata alchè Cesira aveva pensato che Rosetta non poteva più cantare perché non era più quella di una volta ma ora sentendola cantare come faceva un tempo a Roma, Cesira pensò che con questo gesto Rosetta voleva farle capire che non era cambiata, che era sempre la Rosetta di una volta, buona, dolce e innocente come un angelo. E mentre Cesira pensava ciò, ad un tratto vide Rosetta piangere e a quel punto fu sicura: Rosetta non era cambiata e quelle lacrime le piangeva per Rosario prima di tutto, che era stato ammazzato senza pietà, e poi per se stessa e per la madre e per tutti coloro che la guerra aveva colpito, massacrato e stravolto. E insieme a questo Cesira pensò che anche lei non era cambiata e che appena sarebbe giunta a Roma avrebbe spedito quel denaro alla madre di Rosario. Finalmente appaiono all’orizzonte i sobborghi di Roma e la cupola di San Pietro. Per Cesira la vista di quella cupola significava che poteva ormai tornare fiduciosa a casa, che la vecchia vita avrebbe ripreso il suo corso pur dopo tanti cambiamenti e tante tragedie (mentre prima ne aveva perso la speranza, pensava che niente sarebbe tornato alla normalità tantè che sogna di uccidersi). Ma soprattutto quella cupola le diceva che questa fiducia tutta nuova lei la doveva a Rosetta, al suo canto e alle sue lacrime e che senza quel dolore di Rosetta, a Roma non ci sarebbero arrivate le due donne senza colpa che ne erano partite un anno prima, bensi una ladra e una prostituta quali appunto attraverso la guerra e a causa della guerra erano diventate. Pensando al dolore, Cesira ripensò immediatamente a Michele e al passo del Vangelo su Lazzaro che Michele aveva letto ai contadini. Durante quell’avvenimento Michele vedendo che i contadini non aveva capito niente aveva gridato tutto arrabbiato che erano tutti morti in attesa della resurrezione come Lazzaro. In quel momento però Cesira non capi che cosa Michele intendesse dire ma ora ha capito e si rende conto che Michele aveva ragione e che per qualche tempo anche lei e Rosetta erano state morte. Ma il dolore le aveva salvate all’ultimo momento, grazie al dolore erano uscite da quella tomba di indifferenza e malvagità in cui la guerra le aveva chiuse; adesso possono riprendere a camminare nella loro vita, la quale “era forse una povera cosa piena di oscurità e di errore ma pur tuttavia la sola che dovessimo vivere, come senza dubbio Michele ci avrebbe detto se fosse stato con noi”. In questo romanzo Moravia racconta se stesso attraverso i tre personaggi principali: Rosetta rappresenta la parte di sé che egli sentiva violata dagli orrori della guerra; Michele è il simbolo dell’anima intellettuale dello scrittore; alla voce di Cesira è invece affidato il racconto dei nove mesi trascorsi a Fondi.
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