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RIASSUNTO CIVILE Bianca , Sintesi del corso di Diritto Civile

Responsabilità extracontrattuale

Tipologia: Sintesi del corso

2013/2014

Caricato il 04/11/2014

ppaola
ppaola 🇮🇹

4.8

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Scarica RIASSUNTO CIVILE Bianca e più Sintesi del corso in PDF di Diritto Civile solo su Docsity! RIASSUNTO CIVILE – BIANCA CAPITOLO 4 – IL RISARCIMENTO DEL DANNO Para 41. I rimedi. Nozione e distinzioni. I rimedi sono i mezzi di tutela delle posizioni giuridiche, i rimedi contro l'inadempimento sono mezzi di tutela del credito. Rimedi generali a tutela del credito tutelano qls posizione creditoria a prescindere dalla fonte: 1. risarcimento del danno 2. l'azione di adempimento (il creditore ottiene la condanna del debitore ad adempiere) 3. l'esecuzione coattiva (il creditore può ottenere l'attuazione del suo diritto originario o il diritto al suo risarcimento) Rimedi specifici a tutela del contratto, tutelano la parte contrattuale nei contratti a prestazioni corrispettive, consentono al creditore di: 1. sciogliersi dal contratto(risoluzione contratto), 2. ridurre la controprestazione (riduzione prezzo) 3. sospendere l'adempimento dell'obbligazione (eccezione di inadempimento) Rimedi giudiziali àapplicati dal giudice e assoggettati alle forme del processo Rimedi stragiudiziali à il creditore li applica automaticamente come autotutela privata (risoluzione del contratto per diffida o per effetto dell'inadempimento ex. risoluzione contratto per violazione del termine essenziale) sono regolati dalle norme di diritto sostanziale nei limiti della disciplina del contratto Rimedi sanzionatori à tutelano il credito e il contratto contro l'inadempimento imputabile e contro l'illecito extracontrattuale. Esempio numero uno è il risarcimento del danno, poi l'azione di adempimento e la risoluzione del contratto. I rimedi sanzionatori non hanno carattere punitivo ma salvaguardano una situazione giuridica, preservando il creditore dalla violazione ingiustificata dell'obbligazione da parte del debitore, o contro la violazione ingiustificata del dovere rispetto all'altrui. I rimedi obiettivi tutelano il fatto obiettivo della sua pregiudizievole alterazione a prescindere dalla illiceità della lesione, tutelano la posizione creditoria e debitoria (del debitore e del creditore). I rimedi obiettivi sono: a. la risoluzione del contratto per impossibilità sopravvenuta, la riduzione del prezzo, l'eccezione di inadempimento b. la risoluzione del contratto per eccessiva onerosità sopravvenuta 42. Il risarcimento Il risarcimento è la compensazione pecuniaria del danno (risarcimento per equivalente) o la sua rimozione diretta (risarcimento in forma specifica). 1 1218 CC indica l'obbligo di risarcire il danno, da parte del debitore, a meno che non provi che l'inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità da causa a lui non imputabile. L'obbligazione risarcitoria scaturisce dall'inadempimento imputabile categoria dell'illecito. • Nel caso di adempimento inesatto l'obbligazione si aggiunge a quella originaria che non è stata propriamente adempiuta • Nel caso di inadempimento totale e definitivo l'obbligazione risarcitoria si sostituisce a quella originaria àsurrogazione oggettiva ànon estingue l'obbligazione ma ne muta legalmente l'oggetto perpetuatio obligationis àil debitore non è più tenuto alla prestazione originaria ma ad una nuova prestazione che soddisfa un interesse succedaneo del creditore (riparazione del danno) àl'obbligazione inadempiuta non si estingue ma si converte nell'obbligazione risarcitoria, rimangono ferme le garanzie, di diritti accessori, il diritto alla controprestazione. Il titolo originario non viene meno ma è titolo mediato dall'obbligazione. Ne consegue che l'annullamento del contratto travolge pure l'obbligazione risarcitoria (salvo che questa abbia acquisito ulteriore titolo in una sentenza passata in giudicato). Analogo rilievo per l'obbligazione di risarcimento del danno da risoluzione di contratto, che presuppone l'estinzione dell'obbligazione inadempiuta ma ne ha il medesimo titolo. Il risarcimento è un rimedio generale contro l'illecito contrattuale ed extracontrattuale, e non limitato all'inadempimento. 43. La nozione di danno Significato del danno: 1. evento lesivo (risultato materiale o giuridico che concretizza la lesione di un interesse giuridicamente apprezzabile. Può essere patrimoniale e non patrimoniale in ragione della natura dell'interesse leso) 2. effetto economico negativo (sofferenza patrimoniale a carico del creditore. La determinazione del danno si basa sulle conseguenze immediate-dirette dell'inadempimento, ossia perdita subita e mancato guadagno. Fondato sul principio causale a prescindere dal loro carattere antigiuridico. Antigiuridica è la lesione dell'interesse creditorio, cioè interesse che l'obbligazione deve soddisfare, mentre il risarcimento comprende tutti gli interessi lesi connessi, giuridicamente apprezzabili senza che si identifichino in altrettanti diritti soggettivi) ex creditore che ha diritto a partita di stoffe, mancata fornitura (viola l'interesse del creditore), l'effetto economico negativo =valore merce + si deve aggiungere il mancato guadagno come (risarcimento del danno). 3. liquidazione pecuniaria da effetto economico negativo Il mancato guadagno consegue l'inadempimento, ma il mancato guadagno non è oggetto di un diritto ma di una ragionevole aspettativa. Conseguenze negative possono derivare da interessi di vita di relazione (illecito extracontrattuale), al significato di danno si aggiunge la teoria della differenze (Friedrich Mommsen) tra effettiva consistenza patrimonio momento X e consistenza del patrimonio nel medesimo momento senza il danno. Anche per i danni non patrimoniali si distingue tra danno-evento (evento lesivo di un bene non economico) e danni-conseguenze (conseguenze economiche negative e loro ripercussioni morali ed esistenziali sulla persona). Risarcibile è il danno ingiusto àdanno-evento risarcibile delle conseguenze pregiudizievoli patrimoniali e non oppure in forma specifica mediante rimozione della lesione. Il danno evento andrebbe accertato in base al nesso di causalità materiale mentre i danni conseguenze in base al nesso di causalità giuridica (non riscontrabile nel codice). Una recente tesi dottrinaria esclude il principio di causalità applicato alle conseguenze del danno-evento, la perdita o diminuzione del valore economico di un bene (danno) non sarebbe il risultato dell'evento lesivo ma lo stesso evento lesivo valutato in termini economici, 2 47. Le regole di determinazione del danno risarcibile. Il principio del danno effettivo. Il danno risarcibile è determinato dal principio di causalità (debitore risarcisce il danno conseguenza dell'inadempimento 1223 cc) + altre regole: a) causa sopravvenuta ipotetica b) concorso di colpa c) dovere del danneggiato di evitare il danno d) compensazione tra lucro e danno alla base delle regole di cui sopra ci sta il danno effettivo (il risarcimento si adegua al danno subito, ne più ne meno di quanto necessario per rimuovere gli effetti nocivi dell'inadempimento o dell'illecito). Non sono ammessi i danni punitivi in funzione del danneggiante. Non è ammesso stabilire pene private per il risarcimento del danno, ma solo in forza di un potere autoritario. Anche per le clausole penali la pena privata si intendersi solo come liquidazione forfetaria del danno. 48. Il nesso di causalità Il nesso di causalità (tra inadempimento e danno) è la relazione tra i 2 eventi che identifica l'uno come conseguenza dell'altro, il nesso di causalità è sancito dalla norma che prevede il risarcimento dei danni conseguenza di un inadempimento cc 1223. Norma che si applica anche alla responsabilità extracontrattuale cc 2056 concerne effetto lesivo+effetti economici negativi . Teorie nesso di causalità: a) della condizione necessaria (condicio sine qua non) identifica la causa negli antecedenti necessari al determinarsi di un evento, senza distinzione di prossimi e lontani, in contrasto con il principio dell'immediatezza che esclude il danno da origini remote. Per cui la giurisprudenza integra il criterio della condizione necessaria con quello della regolarità causale b) dello scopo della norma il nesso di causalità è tra un fatto e conseguenze dannose , che sono lo scopo protettivo della norma. Ex conseguenza violazione divieto di concorrenza sleale sarà il danno subito dal concorrente nel suo commercio (non il malore che colpisce il concorrente turbato dall'atto sleale). Questa teoria non consente di identificare il nesso di causalità, nel dir.priv. la protezione della norma non copre i danni estranei alla responsabilità dell'autore del fatto. Chi lede un diritto altrui in violazione di una norma è tenuto a risarcire TUTTO il pregiudizio diretto anche se l'interesse non rientra nel diritto tutelato da quella norma, ex. chi viola la circolazione stradale è tenuto a risarcire il danno eventualmente arrecato ad una proprietà immobiliare c) dell'adeguatezza ravvisa la causa di un evento nel fatto adeguato che lo ha prodotto, accolta in giurisprudenza come regolarità causale, per cui il danno è conseguenza del fatto quando ne costituisca un effetto normale. Il risarcimento dei danni rientranti nella serie delle conseguenze "normali" risulta restrittivo, nel penale è ammissibile che il soggetto non sia punito per un'azione che provoca conseguenze imprevedibili, la norma civilistica non punisce l'autore dell'illecito ma tutela il danneggiato con il ristoro dei danni subiti, e non è giusto negare il risarcimento dei danni seppur eccezionali. L'applicazione del criterio della regolarità causale applicherebbe alla responsabilità extracontrattuale il principio della prevedibilità del danno, principio che in molti ordinamenti è elevato a generale principio causale mentre per la nostra legge è un requisito del danno contrattuale non doloso. Ma la ns giurisprudenza pur adottando il criterio della regolarità causale ricomprende tra i danni risarcibili anche le conseguenze dell'illecito che non rientrano nell'ordinario corso degli eventi 5 49. Il principio del rischio specifico Un fatto è causa di un risultato, sussiste un nesso causale tra fatto e danno, il danno è la realizzazione di un rischio specifico creato da quel fatto. Rischio specifico di un evento è quello che lo rende probabile (es. chi trasmette virus). Il rischio specifico va distinto dalle occasioni di danno per rischi generici nella vita di relazione. Il ferimento di una persona connesso ai pericoli di una cura (complicazioni, errori medici…) ma non dei danni per il crollo di un edificio a causa del terremoto. Anche il fatto del terzo o del danneggiato possono costituire un rischio specifico ex furto per omessa custodia. Il rischio specifico integra la regolarità causale. Il nesso causale è accertato se il danno è la normale conseguenza di un fatto, se non lo è il nesso causale sussiste se il danno realizza il rischio specifico creato da quel fatto. La giurisprudenza adotta il criterio del rischio specifico secondo la formula "più probabile che non" à il danno deriva da un fatto cioè le conseguenze di quel fatto siano maggiori delle probabilità che non lo siano. ex se il paziente muore dopo le cure si ha la colposa prestazione medica nel caso la cura giusta avesse evitato la morte al 50%. Divario fra civile e penale: • in sede penale il nesso causale deve essere accertato oltre ogni ragionevole dubbio • l'adozione del rischio specifico in sede civile si spiega che non si vuol punire l'autore ma tutelare in via risarcitoria il danneggiato, la tutela risarcitoria si estende ai danni "probabilmente" derivati dal fatto doloso o colposo. Nel caso in cui le probabilità siano inferiori al 50% si pone il problema se il danno sia risarcibile per perdita di occasione favorevole (chance) . Il rischio specifico non si realizza (ex. il virus trasmesso non sviluppa la malattia, cosa negligentemente custodita che non viene rubata. Se il danno deve ancora verificarsi si può rilevare come danno futuro. La risarcibilità non è affidata alla sola probabilità di accadimento, ma si richiede la ragionevole certezza. 50. Interruzione del nesso di causalità Il nesso di causalità si può interrompere dal fatto del terzo o dal fatto del danneggiato, quando questi sono causa del danno indipendentemente della causa originaria àla giurisprudenza adotta il principio della causalità efficiente, sancito dalla norma penalistica per cui le cause sopravvenute escludono il rapporto di causalità se da sole determinano l'evento. Il fatto del terzo e del danneggiato non interrompono il nesso causale se concorrono con la causa originaria alla produzione del danno. Se il fatto del terzo è un illecito ricorre il concorso di più illeciti, ciascun autore è responsabile per intero nei confronti del danneggiato. 51. La prova del nesso di causalità Il nesso di causalità tra inadempimento e danno è elemento costitutivo, la prova incombe sul creditore e ugualmente sul danneggiato da illecito civile. La prova del nesso concerne sia il danno evento che sui danni conseguenze. L'onere della prova si assolve dimostrando gli elementi di fatto e di diritto per desumere che il danno è causalmente ascrivibile al debitore o al terzo in via extracontrattuale (ex che la casa da cui è caduto il cornicione appartiene ad un certo proprietario). L'onere probatorio che incombe sul convenuto di contestare i fatti addotti dall'attore, i fatti non contestati si intendono provati. L'accertamento del nesso di causalità e l'interruzione del nesso di causalità è compito del giudice (lo rileva d'ufficio) sulla base degli elementi provati dall'interessato o acquisiti in giudizio. 52. La causa successiva ipotetica prevede la diminuzione del danno risarcibile in misura in cui altre cause non imputabili al danneggiante avrebbero ugualmente arrecato il danno prodotto dall'inadempimento o illecito. CC 1221 ammette il debitore di provare che la cosa dovuta sarebbe perita ugualmente se presso il creditore (ex. merce perduta 6 nel trasporto, ma il materiale depositato è stato distrutto da un incendio) àesigenza che il risarcimento sia adeguato al danno sofferto.. cc 1221 il debitore può provare che la cosa dovuta sarebbe perita ugualmente (ex merce perduta nel trasporto, ma il magazzino dove sarebbe dovuta arrivare si è incendiato…). Quindi esigenza che il risarcimento sia adeguato alla misura del pregiudizio subito dal danneggiato. Di contro si obietta che il danno subito dal creditore non può essere negato da un fatto "a posteriori" che non appartiene agli eventi contestati…(ex la merce nell'incendio avrebbe potuto non essere stata distrutta…oppure aggiungo io…e se la merce incendiata fosse stata coperta da rimborso assicurativo?? infatti vedere dopo…) Pur non rientrando nei fatti accaduti il danno successivo ipotetico indica l'effettiva utilità sottratta al creditore, la causa successiva è quindi rilevante come tutti i fatti che dopo l'inadempimento e fino a determinazione giudiziale valgono ad aggravarne o diminuirne la portata. Ciò esclude che il principio della causa successiva ipotetica sarebbe inapplicabile al danno emergente, altrimenti si priverebbe il creditore di un diritto acquisito al momento del danno. Il diritto è quindi acquisito dal creditore ma si adegua al pregiudizio "realmente subito" dal creditore inclusi i fatti che hanno inciso successivamente. Infatti la causa successiva ipotetica non rileva nel caso in cui la causa successiva fosse imputabile all'illecito dello stesso danneggiante o di un terzo à la perdita sarebbe stata compensata dal risarcimento. Il primo fatto conserva l'efficienza causale rispetto al risultato economico negativo, che senza il primo fatto il danneggiato avrebbe evitato. (solito esempio incendio…se l'incendio fosse imputabile ad un terzo la merce sarebbe stata risarcita…per cui il vettore non può esimersi dalle sue colpe…). Il principio della causa successiva non si applica in caso di obbligazione da illecita sottrazione alla cosa. La perdita o la sottrazione illecita della cosa non libera l'autore della sottrazione che è tenuto a restituire il valore della cosa. 53. Il concorso di colpa del danneggiato Se il fatto colposo del danneggiato ha concorso a produrre il danno il risarcimento è diminuito in proporzione alla colpa e all'entità delle conseguenze art. 1227 cc già riconosciuto nel codice del 1865. Fondamento già presente nelle fonti romane che non fa carico al danneggiante il danno a lui non causalmente imputabile. La colpa del danneggiato non è da intendersi come imputabilità del fatto illecito. Il danneggiato che danneggia o concorre a danneggiare se stesso non compie illecito e non può essere sanzionato come l'autore del danno ingiusto. La colpa rileva l'inosservanza di cura, prudenza, tecnica e legalità tipiche del comportamento normalmente diligente (colpa obiettiva). La regola del concorso di colpa concerne il danno provocato dall'inadempimento o dall'illecito: danno come effetto lesivo e come effetto economico negativo. In dottrina varrebbe per il danno evento mentre il danno conseguenza si applica la regola che li addossa al creditore in quanto evitabili cc 1227. Ciò però è un'ingiustificata forzatura del testo normativo, per cui il danneggiato sopporta il danno derivato dalla sua negligenza di qls tipo danno evento o conseguenza a prescindere dal suo carattere più o meno patrimoniale. Per determinare la diminuzione del risarcimento si distingue la gravità della colpa e l'entità delle conseguenze. • Gravità della colpa (livello di inosservanza del comportamento normalmente diligente) se non risulta si presume uguale a quella del danneggiante • In caso di mancanza di prova dell'entità delle conseguenze dannose ascrivibili al danneggiato comporta l'applicazione del criterio equitativo. • il risarcimento è dovuto integralmente da coloro tenuti ad evitare che le persone affidate alla loro cura arrechino danno a se medesime. Il debitore deve fare un sforzo di diligenza per prevenire l'imprudenza del creditore (età, stato di salute, pericolosità prestazione) 54. Concorso di colpa del danneggiato incapace. Provocazione del danneggiato e sua legittima difesa. 7 e) L'avviso del danno. — L'obbligo di avvisare il debitore ignaro del prodursi o dell'aggravarsi del danno rientra nel comportamento imposto dalla correttezza perchè non importa un apprezzabile sacrificio mentre e può consentire al debitore di evitare l'inadempimento o almeno di limitarne le conseguenze. Il dovere di avviso presuppone che il creditore sia a conoscenza del fatto idoneo a produrre o ad aggravare il danno e che appaia, viceversa, l'ignoranza del debitore riguardo al medesimo. Inoltre l'avviso deve essere utile in relazione ad un possibile intervento del debitore. f) Cure mediche. — Per ridurre il danno risarcibile il danneggiato non è tenuto a sottoporsi a cure mediche. Un tale dovere violerebbe infatti la libertà del soggetto, costituzionalmente garantita, di non sottoporsi a trattamenti sanitari se non per disposizione di legge. Non è in contrasto col diritto di libertà della persona l'orientamento giurisprudenziale che in presenza di infermità agevolmente curabili procede alla riduzione del risarcimento in via equitativa, in ragione delle probabilità che tale soggetto si sottoporrà alle cure necessarie. g) Accettazione della prestazione parziale o difettosa. — Il creditore può legittimamente rifiutare l'adempimento parziale (1181 c.c.) o inesatto. Però va coordinata questa regola con quella che impone al creditore di evitare il danno risarcibile. L'accettazione della prestazione parziale o difettosa può allora rilevare come doverosa in quanto atto idoneo a limitare l'ammontare del risarcimento dovuto dal debitore. Occorre però tenere presente che l'accettazione senza riserve può comportare acquiescenza. 58. La compensazione del lucro col danno. La compensazione del lucro col danno è il principio secondo il quale la determinazione del danno risarcibile deve tenere conto degli effetti vantaggiosi per il danneggiato che hanno causa diretta nel fatto dannoso. Il principio non è espressamente sancito dal codice, ma è riconosciuto dalla giurisprudenza come regola vigente in tema di risarcimento. Fondamento del principio della compensazione del lucro col danno è l'esigenza che la determinazione del danno risarcibile abbia riguardo al risultato economico complessivo conseguente all'inadempimento o all'illecito. Il risultato economico complessivo deve quindi tenere conto di tutti gli effetti manifestatisi fino al momento della sentenza, sia quelli negativi sia quelli positivi. La rilevanza del lucro presuppone il vantaggio deve essere causato dall'inadempimento o dall'illecito e dev'essere inerente al bene o all'interesse leso. Il principio della compensazione del lucro col danno non trova applicazione anche con riguardo agli indennizzi che il danneggiato riceva da un istituto previdenziale o della compagnia con la quale sia assicurato a copertura dei danni causati da terzi. In considerazione del fatto che l'obbligo d'indennizzo scaturisce dal rapporto assicurativo o previdenziale, non dall'impedimento o dall'illecito. 59. La prevedibilità del danno. Quando l'inadempimento non è doloso il risarcimento è limitato al danno che poteva prevedersi al tempo in cui è sorta l'obbligazione (1225 c.c.). 10 La norma non trova applicazione nel tema dell'illecito extracontrattuale. Il criterio della prevedibilità del danno si fonda sulla disciplina dell'obbligazione come strumento per il soddisfacimento di un altrui interesse: l'idea, cioè, che il vincolo obbligatorio importa l'assunzione di un sacrificio contenuto entro limiti di normalità. La regola della prevedibilità del danno segna uno di questi limiti, contenendo l'obbligo di risarcimento in relazione al normale significato di utilità che la prestazione rappresenta per il creditore. 60. Segue. La risarcibilità dei danni imprevedibili nell'ipotesi di inadempimento doloso. Il limite della prevedibilità del danno non vale nel caso in cui l'inadempimento sia doloso. Qui l'inapplicabilità del limite si spiega in quanto il dolo esclude il fondamento della norma, esclude cioè l'esigenza stessa di un proporzionamento tra la sanzione del risarcimento e la normale utilità della prestazione. La fattispecie dell'inadempimento doloso, alla quale si collega l'obbligo di risarcire il danno prevedibile e imprevedibile, si precisa nel concorso dei seguenti elementi: a) la volontarietà dell'inadempimento, intesa come libera determinazione del soggetto all'inadempimento (manca il dolo); b) la consapevolezza di violare il rapporto obbligatorio (manca il dolo); c) la consapevolezza di arrecare un danno ingiusto (manca il dolo). Il necessario concorso di questi elementi esclude che ai fini della regola della prevedibilità del danno la colpa grave possa essere equiparata al dolo. Il dolo in generale non si presume. La prova che l'inadempimento è doloso grava pertanto sul creditore. Trattandosi tuttavia di un elemento psicologico, la sua dimostrazione può essere data anche mediante il riferimento a quegli elementi di fatto che, in relazione alle circostanze e secondo la comune esperienza, depongono ragionevolmente per la sussistenza del dolo. 61. Segue. La nozione di danno prevedibile. Danno prevedibile è il danno di cui è probabile l'accadimento secondo un giudizio normalmente diligente. Si tratta di un giudizio basato sul criterio obiettivo della normale diligenza. Il giudizio di prevedibilità del danno è comunque formulato sulla base delle concrete circostanze che apparivano o che erano conosciute dal debitore. La prevedibilità concerne sia il danno quale evento lesivo sia il danno quale effetto economico negativo. Prevedibilità del danno economico non vuol dire prevedibilità del suo preciso ammontare, ma che il debitore non è tenuto a risarcire quel danno economico il cui ammontare assume una portata straordinaria rispetto all'entità dell'evento lesivo. Il giudizio di prevedibilità del danno va riferito al tempo del sorgere dell'obbligazione (1225 c.c.: il risarcimento è limitato al danno che poteva prevedersi « al tempo in cui è sorta l'obbligazione ») Per la giurisprudenza la normativa va intesa nel senso che la prevedibilità dev'essere riferita al momento in cui diventano attuali gli obblighi delle singole prestazioni. 11 La prova della prevedibilità del danno incombe sul creditore, ma essa risulta già dalla notoria ordinarietà degli effetti lamentati. 62. Il momento rilevante per la determinazione del danno. Sul piano sostanziale il momento rilevante ai fini della determinazione del danno risarcibile è quello in cui viene adempiuta l'obbligazione risarcitoria. Sul piano processuale il danno risarcibile va determinato con riguardo al tempo della sentenza. L'area del danno risarcibile comprende tutte le conseguenze dell'inadempimento o dell'illecito civile, anche se si verificano in un tempo successivo, per l'esigenza che la prestazione risarcitoria corrisponda il più possibile al danno effettivamente subito dal danneggiato. Questa esigenza spiega la regola che nel giudizio di appello consente al danneggiato di chiedere il risarcimento dei danni sofferti dopo la sentenza di primo grado (345 1 c.p.c.), questa regola subisce due deroghe. La prima concerne i danni futuri, che vanno determinati con riguardo al tempo del loro probabile accadimento. La seconda deroga concerne il danno da risoluzione del contratto, che va determinato con riguardo al momento della domanda giudiziale. 63. I danni futuri. La perdita di occasione favorevole (chance). Il creditore e la vittima dell'illecito civile possono chiedere il risarcimento dei danni futuri. Danni futuri sono quei danni di cui si prevede con ragionevole certezza il verificarsi in un tempo successivo alla domanda di risarcimento. I danni futuri non sono generalmente accertabili nel loro preciso ammontare, e anche il loro accadimento, pur essendo ragionevolmente certo, è comunque basato su un calcolo di probabilità. La valutazione di tali danni procede quindi di regola in via equitativa e tiene conto del vantaggio di cui gode il danneggiato nel ricevere anticipatamente il risarcimento di un danno non ancora accaduto. Dal danno futuro va distinta: l'ipotesi del danno attuale consistente nella perdita o nella lesione di un bene il cui valore è dato dalle sue utilità future e l'ipotesi della perdita di un'occasione favorevole (chance). Tale perdita costituisce un danno attuale, che è risarcibile se e in quanto l'occasione favorevole sia funzionalmente connessa alla cosa o al diritto leso es., è abusivamente escluso da un concorso pubblico perde l'occasione di vincere il concorso stesso. Diversamente dal danno futuro, che richiede la ragionevole certezza in ordine ad un evento che dovrà accadere, il danno da perdita di occasione favorevole è un danno attuale determinabile in via equitativa in ragione della maggiore o minore probabilità di trarre profitto dall’occasione perduta. E' in dubbio la risarcibilità della chance quando le probabilità del suo accadimento siano inferiori al 50 per 100, la perdita di chance è risarcibile quando vi sia la certezza o un’elevata probabilità del pregiudizio. La giurisprudenza ammette il risarcimento dell’intero danno quando sussista la rilevante probabilità (più del cinquanta per cento) della sua derivazione dal fatto del presunto responsabile. In caso contrario prende atto che il danno non è stato provato. 12 L’esigenza sempre più avvertita dalla coscienza sociale di tutelare in via risarcitoria la salute e gli altri diritti fondamentali della persona trovava risposta nell’evoluzione interpretativa che ha portato a ravvisare nella lesione di interessi costituzionalmente protetti un’ulteriore figura di danno non patrimoniale e a riconoscere la risarcibilità pur in mancanza di un’espressa previsione di legge. A seguito di questa evoluzione può dirsi che la nozione di danno non patrimoniale comprende :il danno d'onore, il danno all'integrità familiare,, il danno all'integrità psicofisica e alla salute detto anche danno biologico, il danno esistenziale. Paragrafo 69 - Il danno morale soggettivo . Il danno morale soggettivo è la sofferenza fisica o patema d'animo. Questa è la tradizionale nozione di danno non patrimoniale alla quale si ritiene riferibile la norma del codice che ammette il risarcimento del danno non patrimoniale nei soli casi determinati dalla legge (art. 2059). La risarcibilità del danno non patrimoniale è prevista dal c.p. (art. 185) e trova ragione in ciò che la norma penale tutela valori sociali di rilevanza pubblica la cui violazione esige in favore della vittima una completa riparazione del danno prodotto sia economico che non economico. La giurisprudenza si è orientata nel senso di ammettere che sia sufficiente che sussista, ai fini del risarcimento, un fatto astrattamente qualificabile come reato a prescindere dalla punibilità del soggetto. Non occorre infatti una sentenza penale, il giudice civile può accertare la fattispecie del reato in via incidentale ai fini del risarcimento a meno che non sussista una situazione di preminenza giurisprudenziale penale. L'amnistia non tocca gli effetti civili del reato. Sono risarcibili inoltre anche i danni morali soggettivi derivanti dalla lesione di diritti di personalità. La risarcibillità del danno non patrimoniale da reato non è prevista dal codice penale in funzione punitiva ma esclusivamente in funzione di ristoro dei danni economici e non economici subiti dalla vittima. Paragrafo 70 – Il danno biologico Il danno biologico è il danno rappresentato dalle lesioni dell'integrità psicofisica e della salute a prescindere dagli effetti economici negativi . Per danno biologico si intende pertanto l'invalidità, la menomazione, la deturpazione, l'impotenza sessuale, le malattie nervose, e qualsiasi altra menomazione invalidante o meno della persona senza riguardo alle conseguenze economiche. Il danno alla salute è anche il danno psichico. Il danno biologico deve essere medicalmente accertato. La risarcibilità del danno biologico ha avuto riconoscimento grazie alla sentenza della C.Cost. n. 184/1986 in quanto pur con l'emanazione del nuovo codice penale, esso era risarcibile solo in favore della vittima del reato, negli altri casi era previsto solo il risarcimento spese per cure mediche, protesi, e al mancato guadagno per perdita della capacità lavorativa. Con la citata sentenza la giurisprudenza si è adeguata a questa nuova interpretazione ammettendo la risarcibilità del danno biologico quale danno rilevante in sé, a prescindere dalle conseguenze negative di carattere patrimoniale che eventualmente vanno separatamente risarcite. La giurisprudenza inoltre ha definitivamente riconosciuto il danno biologico come danno non patrimoniale. Il danno biologico è risarcibile per un principio di diritto effettivo, che ha introdotto nel nostro ordinamento la regola della tutela risarcitoria dei beni della persona costituzionalmente garantiti. Il danno da morte. Il danno da morte non viene inteso come danno risarcibile in quanto la perdita della vita comporta anche la perdita della capacità giuridica. La giurisprudenza ammette tuttavia che la sofferenza fisica e morale della vittima nel tempo intercorso tra la lesione e il decesso rappresenti un danno biologico trasmissibile agli eredi. In questo caso di parla di danno biologico terminale. Rispetto al danno biologico sofferto dalla vittima e trasmesso ereditariamente ai congiunti, questi possono far valere il danno proprio 15 consistente nella perdita del rapporto familiare. Potranno lamentare il proprio danno biologico o esistenziale se la morte del congiunto abbia leso la loro salute o il loro assetto esistenziale. Paragrafo 71 – Il danno alla vita di relazione. Il danno esistenziale. Il danno alla vita di relazione è il danno che in passato la giurisprudenza aveva identificato nel danno che il soggetto subisce in conseguenza di una lesione della sua integrità psicofisica o della salute e che consiste nella diminuzione delle possibilità del soggetto di esplicare normalmente la sua personalità nell'ambiente sociale. Esso è quindi un aspetto del danno alla salute. La risarcibilità di questo danno è la risposta che la giurisprudenza aveva dato alla domanda sociale di una tutela risarcitoria dell'integrità psicofisica e della salute non limitata alla strette conseguenze economiche. In giurisprudenza ha poi trovato ingresso la figura del danno esistenziale, che ha di fatto assorbito quella del danno alla vita di relazione. Questa figura di danno è stata accolta dalla prevalente dottrina, non senza incertezze e perplessità. Per quanto attiene alla giurisprudenza la nozione di danno esistenziale inizialmente riconosciuta dalla Cassazione è quella che lo ravvisa nel deterioramento della qualità della vita ossia nello sconvolgimento dell’assetto dell’esistenza della persona. Da parte di numerose sentenze di giudici di merito il danno esistenziale è stato invece ravvisato in ogni sorta di disagi e inconvenienti provocati da altrui inadempienze e servizi. A fronte del proliferare di queste sentenze e dei contrasti manifestatisi all’interno della Cassazione, si è reso necessario nel 2008 un intervento chiarificatore delle Sezioni Unite le quali non hanno negato la risarcibilità del danno esistenziale ma hanno affermato a) che il danno esistenziale è risarcibile nelle sole ipotesi di seria e duratura alterazione dell’assetto e della qualità della vita; b) che deve trattarsi di danno derivante dalla violazione di diritti della personalità; c) che il danno esistenziale non costituisce una categoria autonoma ma è una voce del danno non patrimoniale. Questo danno così configurato, si aggiunge alle altre voci di danno e, se provato dev’essere tenuto in conto nella determinazione del risarcimento spettante al danneggiato. Il presupposto della violazione di un diritto della personalità si giustifica in ragione dell’esigenza che la tutela risarcitoria abbia ad oggetto beni essenziali della persona. Paragrafo 72 - Danno non patrimoniale da inadempimento La norma sul danno non patrimoniale (art. 2059) è dettata nell'ambito della disciplina della responsabilità extracontrattuale. Questa collocazione era in passato giustificata principalmente dall'idea che danni morali risarcibili sono esclusivamente quelli derivanti da reato. La riconosciuta risarcibilità del danno biologico ha ora tuttavia dato largo ingresso al danno non patrimoniale da inadempimento. L'integrità psicofisica e la salute — e gli altri diritti fondamentali dell'uomo — possono infatti essere lesi da fatti inquadrabili sia nell'illecito civile sia nell'inadempimento (lesioni personali - errata operazione chirurgica ; violazione della dignità professionale del lavoratore – demansionamento; danno alla salute - precarie condizioni di lavoro) . Al di fuori della lesione dei diritti fondamentali (e delle rare ipotesi di in adempimenti-reati) il danno non patrimoniale contrattuale è giuridicamente irrilevante salvo che la sua risarcibilità sia prevista dal contratto o da disposizioni normative. Anche se l'obbligazione è diretta a soddisfare interessi non patrimoniali il creditore potrà dolersi solo dei riflessi economici negativi dell'inadempimento. 16 Paragrafo 73 - Funzione del risarcimento del danno non patrimoniale. Funzione del risarcimento del danno non patrimoniale è quella della compensazione del danno mediante una prestazione pecuniaria (parag. 74) o mediante la sua diretta rimozione (parag 77). Una diffusa opinione assegna al risarcimento del danno non patrimoniale una funzione in tutto o in parte punitiva. Questa idea va nettamente respinta. Essa è smentita già dalla stessa formulazione della norma, la quale parla di risarcimento del danno non patrimoniale. Il risarcimento è una nozione che nel diritto privato ha un suo ben preciso significato di ristoro del danno arrecato. Va poi osservato che il risarcimento del danno è un rimedio di diritto privato e il diritto privato è costituito per tutelare gli interessi dei consociati non per punire. Funzione del risarcimento del danno non patrimoniale è precisamente quella di compensare il danneggiato per i danni sofferti, non quella dì imporre una sanzione afflittiva. Il risarcimento dovuto alla vittima non ha una funzione punitiva ma ha la funzione propria risarcitoria. Ammettere che l'illecito civile dia luogo a condanne punitive significherebbe esporre il responsabile a sanzioni penali senza la garanzia del principio di legalità. La tipizzazione del reato non si riscontra infatti nel diritto civile dove qualsiasi danno ingiusto causato con dolo o colpa comporta il risarcimento del danno. Bene, quindi la giurisprudenza ha riconosciuto che i danni punitivi sono contrari all'ordine pubblico. Paragrafo 74 - Il risarcimento del danno non patrimoniale. Il danno non patrimoniale è insuscettibile di risarcimento per equivalente in senso proprio, non essendo gli interessi lesi misurabili in termini monetari. La prestazione risarcitoria del danno non patrimoniale è piuttosto intesa a dare alla vittima un compenso pecuniario socialmente valevole a riparare il suo pregiudizio. Conseguentemente risultano inapplicabili i criteri di quantificazione del danno patrimoniale. Il danno non patrimoniale dev'essere determinato in via equitativa, occorre fare riferimento agli elementi che determinano la maggiore o minore gravita personale del danno. Tra questi rileva anche il carattere doloso del fatto, in quanto esso accresce l'intensità della lesione subita dalla vittima. La gravita del fatto si riverbera infatti sulla gravita della lesione. In mancanza di parametri economici il giudice deve dunque fissare quel risarcimento che in relazione alla gravita della lesione appaia socialmente adeguato. L'adeguatezza del risarcimento rispetto alla gravita del danno va valutata obiettivamente a prescindere dalla capacità d'intendere del danneggiato. Il diritto di risarcimento non nasce come diritto pecuniario ma come pretesa alla riparazione della lesione arrecata ad un interesse strettamente personale. Anche il diritto di risarcimento pecuniariamente liquidato ha quindi carattere strettamente personale, ed è conseguentemente da reoutare non esercitabile in via surrogatoria, incedibile e intrasmissibile in via ereditaria. In giurisprudenza è però prevalsa l'opinione favorevole alla cedibilità e trasmissibilità del diritto al risarcimento del danno non patrimoniale. La valutazione del danno biologico. — Circa i criteri di valutazione del danno biologico, non sono mancati tentativi di fissare in via preventiva e generale il valore economico del danno alla persona. Questi tentativi muovono da una premessa comune, ossia che il danno biologico deve tradursi in una percentuale di invalidità. L'applicazione di rigidi criteri precostituiti ( Scuola genovese o scuola pisana) non appare idonea a determinare l'entità di un danno che colpisce il bene-persona, e che può risultare più grave o meno grave in relazione alla concreta realtà di ciascun individuo. È pertanto necessario il ricorso alla valutazione equitativa, la quale consente di tenere prudente conto dei vari fattori incidenti sulla gravita della lesione (età, possibilità di recupero, ecc.). Il ricorso alla valutatone equitativa non può però trascurare l'esigenza che l'ordinamento assicuri una tutela per quanto possibile eguale delle vittime mediante l'adozione di parametri unitari che valgano a garantire una valutazione 17 prescindono dalla colpa (responsabilità oggettiva) ed illeciti in cui la colpa è presunta (responsabilità aggravata). Paragrafo 237 - Il generale dovere di rispetto altrui. La qualifica normativa del fatto come illecito implica la violazione di una norma giuridica, e precisamente la violazione di una norma sanzionata principalmente dall'obbligo del risarcimento del danno. Il significato dell'illecito civile quale violazione di una norma giuridica sanzionata dall'obbligo del risarcimento del danno trova conferma nella previsione del codice sulle fonti dell'obbligazione, dove il fatto illecito è contrapposto alle fattispecie legali, ossia agli atti o fatti idonei a produrre effetti obbligatori « in conformità dell'ordinamento giuridico» (art. 1173). Dunque, chi commette un illecito non crea un semplice presupposto di determinati effetti obbligatori ma pone in essere un fatto in contrasto con l'ordinamento giuridico, ossia in violazione di una norma. La necessità giuridica di non violare la norma mediante comportamenti lesivi degli interessi altrui si esprime nei termini del dovere. L'illecito civile può allora essere definito come la violazione di doveri di rispetto altrui nella vita di relazione. Paragrafo 238 - Concezione etica e concezione tecnicistica della responsabilità extracontrattuale. Una larga rappresentanza della dottrina critica la nozione dell'illecito come violazione di un dovere. Le critiche mosse alla nozione di illecito s'inseriscono nel più ampio dibattito teorico sul fondamento della responsabilità extracontrattuale. Le posizioni dottrinali di questo dibattito vanno dalla tradizionale concezione etica della responsabilità extracontrattuale alla moderna concezione tecnicistica. La concezione etica ravvisa nella responsabilità la repressione di un atto colpevole, cioè la sanzione che colpisce la volontaria e consapevole trasgressione di un comando giuridico, che è al tempo stesso dovere morale. Questa concezione presuppone un atteggiamento psicologico biasimevole del soggetto, espresso dal dolo o dalla colpa. La colpa è infatti intesa come requisito soggettivo dell'illecito, come un modo d'essere della volontà del soggetto. Sul finire del secolo scorso iniziava a manifestarsi una vigorosa contestazione della concezione etica della responsabilità da parte della dottrina. La contestazione traeva origine da un fenomeno costituito dal progresso tecnologico e industriale, al quale si accompagnava la massificazione dei danni. La massificazione dei danni è data, precisamente, dal moltiplicarsi delle cause di pregiudizio a seguito del moltiplicarsi di prestazioni, prodotti e attività fatalmente rischiose, che coinvolgono il grosso pubblico. A fronte dei danni di massa la regola della illiceità per colpa è risultata inadeguata in quanto le vittime rimangono normaImente indifese già per la difficoltà di provare la 'colpa' di un responsabile. Da qui l'esigenza di una più intensa tutela di persone e cose nella vita di relazione. Sul piano normativo questa nuova esigenza di tutela della vita associata ha dato luogo a due tendenze ancora attuali. La prima è volta a garantire l'indennizzo di certi danni di più spiccata rilevanza sociale mediante assicurazioni obbligatorie (ass. infortuni sul lavoro). La seconda tendenza è volta a sancire in più ampia misura regole di responsabilità aggravata o di responsabilità oggettiva a carico di soggetti che creano situazioni di pericolosità per i terzi. Sul piano dottrinario la crescente insufficienza della responsabilità per colpa a risolvere adeguatamente i problemi della massificazione dei danni non ha impedito ad una parte della nostra letteratura giuridica di rimanere fedele alla concezione etica, che fonda la responsabilità extra contrattuale sul principio della colpa soggettiva. Una moderna corrente di pensiero ha invece sviluppato i motivi di contestazione della concezione etica giungendo a ravvisare nella responsabilità extracontrattuale una tecnica di allocazione dei danni: è questa la concezione tecnicistica. Secondo la concezione tecnicistica, la responsabilità extracontrattuale non deve più intendersi come un sistema repressivo che colpisce un atto vietato ma come uno strumento di riequilibrio economico del danno: compito della responsabilità extracontrattuale non è quello di punire i colpevoli ma di far sì che i danni siano riparati. I dati che caratterizzano la concezione tecnicistica sono il ripudio della colpa come fondamento della responsabilità civile e il rigetto della nozione di illecito quale fatto antigiuridico. Nell'ambito di questa 20 concezione possono poi distinguersi due filoni. II primo filone è quello che applica l'analisi economica del diritto portando alle estreme conseguenze la concezione tecnicistica. Esso nega qualsiasi rilevanza alla colpa in quanto il danno andrebbe imputato esclusivamente in base a criteri di convenienza economica . Il secondo filone, che può essere chiamato della teoria oggettivistica, ravvisa nella responsabilità l'espressione di regole giuridiche di obiettiva imputazione del danno. La colpa, si ammette, può avere rilevanza come uno dei criteri d'imputazione del danno, ma si tratterebbe di un criterio tecnico che prescinde dall'antigiuridicità del fatto e che riguarderebbe una fascia ristretta di casi. La colpa avrebbe quindi ormai un'importanza marginale, destinata a sparire. Tra la concezione etica e quella tecnicistica si colloca poi una concezione eclettica che ravvisa il fondamento della responsabilità nei due principi generali della responsabilità civile: la colpa e il rischio. A questi due principi corrisponderebbero due sistemi autonomi di responsabilità: la responsabilità per rischio, che fa gravare sul soggetto i danni derivanti dalla sua attività come rischi a questa connessi a prescindere da ogni giudizio di colpa (sistema applicabile alle attività d'impresa) e la responsabilità per colpa, in funzione punitiva e preventiva. Paragrafo 239. Conferma della nozione extracontrattuale come sanzione dell’illecito civile. Nella società moderna il quadro socio giuridico della responsabilità extracontrattuale ha avuto un evoluzione dal tramonto della concezione etica con il riconoscimento legislativo di “fatti illeciti” che prescindono dalla colpa (ovvero la colpa non è più il presupposto della Responsabilità) può rispondere anche chi non è colpevole di negligenza. La giurisprudenza ha accolto una nozione oggettiva di colpa quale la carenza dello sforzo necessario per mantenere i canoni di normalità , pur tuttavia non può dare ingresso alla concezione tecnicistica della responsabilità extracontrattuale. La responsabilità extracontrattuale scaturisce, dalla violazione di norme di condotta che regolano la vita sociale e che impongono doveri di rispetto degli interessi altrui a prescindere da una specifica pretesa creditoria. Tra le diverse teorie tecnicistica e oggettivistica della responsabilità extracontrattuale, non è ritenuto condivisibile l’assunto secondo il quale (per la teoria oggettivistica) , la violazione di un dovere non costituirebbe sanzione, confondendo fatti illeciti e fatti leciti. La responsabilità extracontrattuale non è nè uno strumento di punizione(concezione etica) né strumento tecnico di allocazione dei danni (concezione tecnicistica) ma tutela civile contro l’illecito. La funzione della responsabilità civile è quella di sanzionare in via risarcitoria e inibitoria la violazione della norma di rispetto degli interessi giuridicamente tutelati nel contesto sociale di relazione (alterum non leadere). Come sanzione dell’illecito la responsabilità extracontrattuale ha in sé una finalità deterrente. Paragrafo 240. Illiceità e antigiuridicità. 21 L’illiceità indica in generale la contrarietà alla norma giuridica. Il fatto che arreca un danno ingiusto ad altri, si qualifica come illecito (violazione di norma giuridica posta in essere per rispettare interessi tutelati nella vita di relazione). La distinguiamo dall’inadempimento quale fatto illecito che non rispetta l’impegno obbligatorio previsto dal contratto. Sia l’illiceità che l’antigiuridicità esprimono la stessa nozione di contrarietà alla norma. L’antigiuridicità è stata identificata soprattutto dalla esigenza di distinguere tra la ricorrenza della fattispecie legale (il fatto che costituisce reato) e la punibilità del soggetto : • per la ricorrenza degli elementi materiali del reato (teoria oggettiva) ; • per la ricorrenza degli elementi materiali e soggettivi della fattispecie criminosa (teoria soggettiva) • come il risultato di un giudizio formulato in base a criteri metagiuridici ( irrilevanti dal punto di vista giuridico) Chi compie illecito civile potrebbe non essere ritenuto responsabile (esonerato) per cause personali che lo giustificano come: • il caso fortuito (evento non prevedibile né superabile con la diligenza dovuta); • l’incapacità (L’autore del fatto dannoso è esente da responsabilità se al momento di commetterlo era incapace d’intendere e di volere); • lo stato di necessità (una situazione di fatto che costringe il soggetto a compiere un fatto lesivo del diritto altrui al fine di salvare sé o altri dal pericolo attuale di una danno grave alla persona, non volontariamente causato né altrimenti evitabile)- art. 2045c.c.. • . Se le cause personali di esenzione di cui sopra autorizzano il compimento del fatto dannoso, è da sottolineare che il fatto rimane vietato pur essendo il soggetto non responsabile. Paragrafo 241. Responsabilità contrattuale ed extracontrattuale. La responsabilità extracontrattuale (artt. 2043 c.c. e segg.) si distingue da quella contrattuale. La responsabilità contrattuale sanziona l’INADEMPIMENTO dell’obbligazione come dovere verso il creditore. La responsabilità extracontrattuale scaturisce, invece, dalla violazione di norme di condotta che regolano la vita sociale e che impongono doveri di rispetto degli interessi altrui a prescindere da una specifica pretesa creditoria. Ciò che accomuna le due responsabilità è la SANZIONE per la violazione di un dovere giuridico: • da una parte l’obbligo SPECIFICO nei confronti del creditore, dall’altra l’obbligo GENERICO nei confronti dei consociati, degli altri in genere. Questo comune dato di fondo giustifica la comunanza del rimedio principale: IL RISARCIMENTO DEL DANNO, la comunanza di istituti che attengono alle cause di esonero della responsabilità, per es. la forza maggiore, lo stato di necessità, ecc. Chiaramente, si tratta pur sempre di FORME di responsabilità che hanno titolo in fattispecie diverse e che sono differenziate sul piano della disciplina normativa. • La responsabilità contrattuale non presuppone la capacità d’intendere e di volere del debitore, che invece è presupposto della responsabilità extracontrattuale (2047 c.c.); 22 Luogo in cui il danno si è verificato deve intendersi il luogo in cui si è verificato l’evento lesivo. A detto luogo si dovrà fare riferimento anche per i danni futuri, non è rilevante dove le conseguenze economiche negative potranno prodursi (art. 41 ). Non è stato invece risolto il problema su quale legge è da applicare in caso di domanda volta a prevenire il danno (azione inibitoria). Inoltre il Regolamento non da cenno nell’ipotesi di un danno che si verifica su più luoghi, in assenza di un tale criterio occorre fare eguale riferimento a tutti i luoghi in cui i danni si sono verificati. La scelta della legge applicabile spetta alla vittima, quale titolare delle azioni esercitabili. In mancanza sarà il giudice a scegliere a prescindere dalle ragioni di convenienza per l’una o l’altra parte. Il giudice non può denegare giustizia alla vittima e la presenza di più leggi non è ragione sufficiente a respingere la domanda. Una disciplina ad hoc è prevista inoltre per responsabilità da prodotti, concorrenza sleale, danno ambientale, violazione dei diritti di proprietà intellettuale e attività sindacale. Paragrafo 246. Segue. Concorso di responsabilità contrattuale ed extracontrattuale Il concorso di responsabilità contrattuale ed extracontrattuale comporta un’altra ipotesi di concorso di norme di diritto internazionale privato. Il concorso è risolto dalla scelta dell’azione: • se la vittima propone l’azione contrattuale, troverà applicazione la norma sulle obbligazioni contrattuali; • se , invece, fa valere la tutela contro l’illecito civile, si applicherà la norma sulle obbligazioni non contrattuali. Anche se il Regolamento ha reso la questione ininfluente in quanto anche per il danno extracontrattuale la legge da applicare è quella che governa il contratto. Paragrafo 245 Segue. Responsabilità precontrattuale. La responsabilità precontrattuale in diritto internazionale privato è regolata a secondo che si tratti di responsabilità per invalidità del contratto (per cui si applica la legge che governa il contratto, in quanto nello stesso è sancita la responsabilità per invalidità) o di responsabilità per ingiustificata rottura delle trattative (espressamente prevista nel Regolamento CE n.864 del 2007 (art.121). CAPITOLO tredicesimo Paragrafo 248. Il fatto. Primo elemento costitutivo della generale figura dell’illecito civile è il FATTO = la VICENDA CHE CAUSA IL DANNO INGIUSTO ed è riferibile ad un soggetto detto AUTORE DEL DANNO 25 Il 2043 c.c., si riferisce al “fatto” come “commesso” e ciò fa ritenere che il fatto illecito sarebbe da intendersi necessariamente un’azione umana, cioè un comportamento volontario dell’uomo Per questo si è ritenuto che sarebbe stato più corretto parlare di atti illeciti e non di fatti illeciti. Si ritiene che la vicenda che provoca un danno ingiusto può consistere anche in un evento della natura (es. un’inondazione, un morso di un cane). Ciò che conta è che l’evento sia giuridicamente imputato al soggetto che lo ha provocato o che aveva il dovere d’impedirlo. Il “fatto” può essere COMPLESSO, e può articolarsi in più fasi, ma ai fini del risarcimento esso rileva nel luogo e nel momento in cui si produce il danno ingiusto. Il “fatto” può essere ISTANTANEO o PERMANENTE (es. immissione continuata di sostanze nocive). Il “fatto” può anche essere COMMISSIVO = facere od OMISSIVO = non facere se il responsabile non compie quanto per legge è tenuto a compiere a tutela di un altrui interesse. Es. alla condotta di chi non si ferma a prestare soccorso al ciclista investito da un pirata della strada: condotta omissiva che viola l’obbligo di soccorso espressamente imposto dal codice penale art 593, 2 comma). Paragrafo 249. Il dolo. Il dolo designa un particolare momento PSICOLOGICO dell’illecito civile: L’INTENZIONALITÀ. Il dolo può definirsi come L’INTENZIONALITA’ DEL FATTO ILLECITO I requisiti specifici del dolo sono: • la volontarietà del fatto; • la consapevolezza della conseguenza dannosa derivante dal fatto; • la consapevolezza dell’ingiustizia del danno. Non occorre che il soggetto ponga in essere il fatto al fine di arrecare il danno, ma è sufficiente che voglia commettere il fatto con la previsione del pregiudizio che il fatto stesso è idoneo a produrre (cd dolo eventuale). Se, invece, manca la previsione del danno ingiusto deve ritenersi che il fatto non sia più doloso, in quanto l’intenzionalità riguarderebbe un fanno non dannoso, cioè un fatto che nella rappresentazione psicologica del soggetto è lecito (es porto via e distruggo alcuni mobili ritenendo erroneamente che siano di poco valore e che il proprietario abbia un vantaggio dallo sgombero dei locali). Il dolo non è un elemento essenziale della figura generale dell’illecito. Ad integrare l’illecito è infatti generalmente sufficiente la colpa, e a carico del responsabile consegue il medesimo obbligo risarcitorio sia che ricorra il dolo che la colpa. Si parla di normale equivalenza di questi due elementi, richiesti dal codice in alternativa (art. 2043 “Qualunque fatto doloso o colposo…”). Paragrafo 250. La colpa. 26 La colpa extracontrattuale è L’INOSSERVANZA DELLA DILIGENZA DOVUTA NEI RAPPORTI DELLA VITA DI RELAZIONE, secondo adeguati parametri sociali o professionali di condotta. Si tratta quindi di una nozione obiettiva che prescinde dalla cattiva volontà del soggetto. Il soggetto che tiene un comportamento non conforme ai canoni obiettivi della diligenza è in colpa anche se abbia fatto del suo meglio per evitare il danno, senza riuscirvi a causa della sua inettitudine personale (imperizia, mancanza del normale grado d’intelligenza ecc.) od economica. Le carenze personali rilevano (ed escludono la responsabilità dell’agente) se integrano una condizione d’incapacità d’intendere e di volere del soggetto o se sono dovute ad infermità improvvise, che per loro gravità e repentina insorgenza non consentono al soggetto di adottare le cautele appropriate per evitare il danno. La rilevanza degli impedimenti che colpiscono la persona non soggettivizza la colpa, che rimane comunque l’espressione della inosservanza di un livello obiettivo di sforzo diligente. Se ad es. il conducente di un veicolo è colpito da malore e abbandona la guida, occorrerà pur sempre valutare il suo comportamento secondo un criterio di adeguatezza sociale e professionale per accertare se fosse possibile o meno evitare il danno. Paragrafo 251. I singoli aspetti della colpa. Come per la colpa contrattuale anche quella extracontrattuale si specifica negli aspetti della: • incuria; • imprudenza; • imperizia; • illegalità. L’incuria - o negligenza in senso stretto - consiste nel DIFETTO DELL’ATTENZIONE volta alla salvaguardia altrui. L’incuria si manifesta nella carenza di quell’attenzione che occorre normalmente nella vita di relazione o che è specificatamente richiesta dall’ufficio del soggetto o dal tipo della sua attività. Es. l’autista si fa sorprendere da un colpo di sonno e va fuori strada, la madre disattenta lascia cadere il neonato dalla culla, ecc. L’imprudenza consiste nel difetto delle misure di cautela idonee a prevenire il danno. L’imprudenza si distingue tra: - l’inosservanza delle comuni norme di cautela (es. accendere un fiammifero in prossimità di materie infiammabili); - l’inosservanza di cautele specifiche (es. non adottare cautele specifiche per evitare che lo sbandamento di una vettura in gara ferisca gli spettatori). L’inidoneità delle cautele va giudicata secondo regole di esperienza, professionali o secondo la legge. L’IMPERIZIA è L’INOSSERVANZA DELLE REGOLE TECNICHE PROPRIE DI UNA DETERMINATA PROFESSIONE. L’inosservanza delle regole tecniche può dipendere dalla carenza della preparazione del soggetto o dalla carenza dei mezzi tecnici impiegati. 27 Altri interessi hanno quindi trovato tutela nella vita di relazione attraverso specifiche previsioni normative civili o penali, o attraverso il riconoscimento del diritto al risarcimento del danno. 257. I SINGOLI OGGETTI DELLA TUTELA GIURIDICA NELLA VITA DI RELAZIONE. I DIRITTI FONDAMENTALI In primo luogo gli interessi tutelati nella vita di relazione sono gli interessi fondamentali della persona ovvero gli interessi che formano oggetto dei diritti della personalità. Interessi della persona oggetto di tutela extracontrattuale sono quelli attinenti alla vita, alla salute, all'onore( nel senso della propria dignità) alla libertà sessuale, al nome e all'immagine, alla riservatezza alla paternità morale delle opere dell'ingegno, all'eguaglianza. La norma generale costituzionale, che sanziona la tutela dei diritti fondamentali della persona, ha poi consentito il riconoscimento di diritti che non hanno una specifica previsione nel codice o nella costituzione, ma che rispondono a istanze della società ( riservatezza, identità personale). La tutela aquiliana o extracontrattuale dei diritti fondamentali dell'uomo è stata oggetto di contestazioni che però devono essere tutte disattese. I diritti di rispetto dei valori della persona attestano che tali valori siano rispettati anche dai privati, chiunque ne sia il portatore. La tutela civile dei diritti fondamentali pone due problemi: il primo concerne i limiti che i singoli diritti incontrano nel rispetto di altri prevalenti interessi altrui, limiti che sono a volte puntualizzati dalla legge. In mancanza di essi vanno desunti da una valutazione obiettiva degli interessi in conflitto ( es: i limiti che incontra la tutela della riservatezza e dell'onore a fronte del diritto di cronaca e della libertà del pensiero critico satirico e scientifico). L'altro problema attiene alla risarcibilità delle lesioni dei diritti fondamentali in quanto produttive di danni non patrimoniali, E' un risultato acquisito il riconoscimento giurisprudenziale della risarcibilità del danno alla salute e all'integrità fisica (cd danno biologico), così come analogo risultato si impone per la lesione degli altri diritti della personalità. 258. LIBERTA' NEGOZIALE La libertà negoziale intesa come diritto alla libera esplicazione dell'autonomia privata, è un diritto tutelato costituzionalmente nei confronti dello Stato. La libertà negoziale è tutelata anche : • nella vita di relazione contro ingerenza del terzo volte ad alterarne l'esercizio ( es ingerenza, stipulazione di un contratto invalido, impedimento nella conclusione di un affare vantaggioso); • contro la violenza e il dolo che si connotano come vizi della volontà contrattuale comportando l'annullabilità del contratto e la parte che è stata vittima della violenza o del dolo ha diritto la risarcimento del danno. Quindi la violenza e il dolo si connotano come illeciti civili, in quanto lesivi della libertà negoziale ( illeciti extracontrattuali ) • nel caso di persona indotta a concludere affari in base ad informazioni errate colposamente fornite da terzi, alle quali viene riconosciuto il diritto di risarcimento del danno. Non vi è un generale dovere d'informazione, ma se essa viene data è fonte di responsabilità quando lede interessi tutelati nella vita di relazione, uno dei quali è la libertà negoziale. Non basta che il terzo dia un informazione sbagliata, occorre che la qualifica professionale o la posizione giuridica del terzo rendano l'informazione affidabile. Inoltre occorre che l'informazione abbia avuto un ruolo importante nella conclusione del contratto, nel senso che senza di essa il soggetto non avrebbe stipulato il contratto o lo avrebbe stipulato condizioni meno sfavorevoli. A tutela della libertà negoziale del consumatore sono previsti obblighi d informazione sanciti nel codice del consumo ed il divieto d' intese restrittive della concorrenza ( legge antitrust). 30 259. L'AMBIENTE L'inquinamento ambientale ha determinato la crescente tendenza a riconoscere nella conservazione ambientale un valore costituzionale, inteso o come un aspetto del diritto alla salute o come autonomo diritto alla personalità. Le resistenze contro questa tendenza si riconducono alla contestazione di un diritto individuale all'ambiente e alla contestazione della idoneità degli strumenti privatistici contro il danno ambientale. La critica del primo tipo nasce dall'idea che il danno ambientale è un danno alla collettività e che quindi solo gli enti istituzionali portatori di interessi collettivi possono esercitare la tutela contro l'inquinamento, tesi che trova riscontro nella legge istitutiva del Ministero dell'ambiente e nel codice dell'ambiente, che legittima il ministro dell'ambiente ad esercitare l'azione per il risarcimento. Il Ministro può emettere ordinanze di condanna del trasgressore al risarcimento del danno quantificato in base al costo necessario per ripristinare la situazione ambientale; al risarcimento è obbligato chiunque arrechi un danno all'ambiente mediante comportamenti illeciti o con violazione di norme tecniche. La giurisprudenza ha riconosciuto nell'ambiente un bene pubblico costituzionalmente garantito e nella sua lesione un danno non patrimoniale. Il codice dell'ambiente non prevede il diritto al risarcimento in capo ai singoli abitanti; questa mancata previsione non nega però la tutela risarcitoria delle singole persone danneggiate dall'inquinamento ambientale in quanto l'ambiente è una condizione di vita della persona. La domanda di risarcimento può essere accolta solo se il singolo dimostri di aver subito un danno particolare in aggiunta a quello sofferto alla generalità degli abitanti della zona colpita. La pretesa risarcitoria dei singoli per danno non patrimoniale è stata reputata ammissibile nei casi in cui il fatto inquinante rivestiva gli estremi del reato ( caso Seveso). Nei giudizi penali per reati ambientali,è stata ritenuta ammissibile la costituzione di parte civile della Regioni, degli enti pubblici preposti alla salvaguardia di determinati luoghi (Ente autonomo parco nazionale d'Abruzzo ) e delle associazioni ambientali. 260. LA PROPRIETA' La lesione dell'altrui diritto di proprietà mediante fatti dolosi o colposi integra i casi di danno ingiusto. Oltre alla lesione dolosa o colposa della proprietà, costituisce lesione doloso o colposa dei dei diritti reali di godimento su cosa altrui (superficie, uso usufrutto, abitazione); in tali casi la distruzione o il deterioramento della cosa arrecano danni distinti al proprietario e al titolare del diritto reale limitato, dando luogo a pretese risarcitorie distinte in ragione del valore dei rispettivi diritti. Rappresenta danno ingiusto anche la lesione dolosa o colposa di diritti su beni immateriali ( diritti di autore, brevetti), mentre per i diritti reali di garanzia la legge non prevede una pretesa risarcitoria del creditore nei confronti del terzo che distrugga o deteriora l'oggetto del pegno o dell'ipoteca. Al diritto di proprietà vanno parificate le posizioni di proprietà sostanziali, come quelle dell'acquirente con riservato dominio e del locatario finanziario; in questi casi il risarcimento è dovuto al compratore o al locatario. 261. IL POSSESSO In merito al quesito riguardante se la lesione del possesso costituisca danno ingiusto la dottrina prevede tre principali opinioni : la prima è negativa, sulla base del fatto che la nozione di danno ingiusto come lesione di un diritto soggettivo, esclude che la lesione di una situazione di fatto, qual'è il possesso, possa qualificarsi come ingiusta e dar luogo al diritto di risarcimento del danno. La seconda ammette il risarcimento del danno in funzione di reintegrazione nel possesso, cioè la tutela possessoria si esprime nella rimessione in pristino;la pretesa del possessore leso si volgerebbe quindi, a conseguire quei valori sostitutivi del mancato o turbato godimento possessorio del bene. Una terza posizione ravvisa nella lesione del possesso un danno ingiusto fonte di responsabilità extracontrattuale, evitando così di far subire al possessore le conseguenze economiche negative dello spoglio o delle turbative altrui. La previsione normativa di azioni a tutela del possessore, attesta che il possessore è portatore di un interesse giuridicamente tutelato nella vita di relazione; la tutela consiste nella possibilità di reprimere lo spoglio e le turbative mediante condanna alla restituzione del bene o alla cessazione delle molestie. A 31 questi rimedi deve aggiungersi il risarcimento del danno, a patto che ricorrano gli estremi della tutela possessoria e gli estremi del dolo o della colpa i quali sono presunti in quanto sono normalmente presenti nello spoglio e nelle turbative del possesso. Sul piano della responsabilità extracontrattuale, la tutela possessoria non equipara la posizione del possessore a quella del proprietario; infatti la proprietà è tutelata contro ogni intromissione dolosa o colposa, mentre il possesso è tutelato contro quelle intromissioni che si identificano nello spoglio violento od occulto o delle molestie. Diverso è anche il contenuto della pretesa risarcitoria: a differenza del proprietario il possessore non può pretendere il risarcimento del danno rappresentato dalla perdita o diminuzione del valore della cosa deteriorata o distrutta, ma esso può avanzare pretese risarcitorie attinenti alla temporanea perdita o turbativa del godimento della cosa in particolare per il tempo in cui sono durati la molestia o lo spoglio ed anche quando il possessore o il detentore dimostrino di aver dovuto risarcire il proprietario a seguito del deterioramento o distruzione del bene. 262. TUTELA AQUILIANA DEL CREDITO E' assodato che la perdita del diritto di credito configuri un danno ingiusto ( es. il terzo carpisce con dolo il pagamento del debitore in buona fede), ma l'identificazione del danno ingiusto quando il terzo ostacoli o renda impossibile l'adempimento è problematica. La tesi tradizionale nega che la lesione del credito da parte del terzo dia luogo a responsabilità extra contrattuale, basandosi sull'affermazione che identifica il danno ingiusto solo nella lesione dei diritti assoluti. Di diverso avviso è la dottrina che invece estende la tutela aquiliana ai diritti di credito e che ravvisa il danno ingiusto nel pregiudizio di tali diritti. La critica all'idea tradizionale è incentrata sull'ampio significato del termine ingiusto, che in generale esprime l'antigiuridicità della lesione senza escludere la lesione dei diritti relativi. Per di più gli interessi del creditore e della parte contrattuale sono pur sempre tutelati e non vi è motivo per consentire a terzi di violarli rendendo impossibile l' esecuzione del rapporto. Da tali argomentazioni si desume che ai fini della responsabilità extracontrattuale la lesione dei crediti va parificata alla lesione dei diritti assoluti. L'importanza extracontrattuale del credito non può essere desunta dalla posizione di diritto soggettivo del creditore, poiché l'interesse del creditore è si giuridicamente tutelato, ma nei confronti di un determinato soggetto; infatti alla pretesa del creditore è correlato un impegno che grava sul soggetto passivo del rapporto, il debitore, il quale deve soddisfare l'interesse del creditore impiegando lo sforzo diligente adeguato ad impedire che la prestazione diventi impossibile. La negligenza del debitore da luogo a responsabilità per inadempimento, e riconoscere la responsabilità del terzo per impossibilità della prestazione derivante da un suo fatto colposo, farebbe gravare sui consociati un impegno diligente che è proprio del debitore. La tesi della generale risarcibilità della lesione del credito da parte del terzo non si concilia con il nostro codice: in primo luogo la prestazione altrui integra come tale la fattispecie dell'indebito tipica fonte dell'obbligazione estranea alla sfera dell'illecito;in secondo luogo va tenuta presente la norma che prevede il subingresso del creditore nei diritti del debitore verso il terzo che abbia reso impossibile la prestazione. Il creditore dunque non ha una propria pretesa risarcitoria verso il terzo danneggiante, ma è il debitore che può vantare una pretesa risarcitoria. Il tentativo di riconoscere in capo al creditore una pretesa risarcitoria verso il terzo che renda colposamente impossibile la prestazione, non si concilia con il nostro codice che nega tale pretesa risarcitoria nella ipotesi di impossibilità della prestazione. Il dibattito sulla tutela aquiliana del credito è sembrato superato dall'accoglimento della tesi positiva , infatti la giurisprudenza reputa ormai danno ingiusto anche la lesione dolosa o colposa del credito (sentenza Sezioni Unite del 1971, con la quale venne rigettato il principio che limita il danno ingiusto alle sole lesioni dei diritti assoluti precisando che l'art. 2043 non pone distinzione tra diritti assoluti e relativi e non è da escludere che danno ingiusto possa aversi anche in dipendenza della lesione di un diritto relativo) . 32 risarcimento del danno, il quale deve però escludersi nel caso in cui il pregiudizio dell'informazione sia compensata dal beneficio tratto con la cura. Tale responsabilità si riscontra anche in capo al medico che non informa la gestante circa le eventuali malformazioni del nascituro. Per quanto concerne i diritti dei consumatori, il codice del consumo enuncia tra i diritti fondamentali del consumatore il diritto ad un adeguata informazione e ad una corretta pubblicità. Il difetto d'informazione da luogo a responsabilità extracontrattuale poiché lede la libertà negoziale dei consumatori inducendoli a comprare beni che altrimenti non avrebbero comprato o ad acquistarli ad un prezzo superiore a quello di mercato. L'informazione dovuta al consumatore si è ulteriormente ampliata a seguito dell'emanazione del regolamento dell'UE relativo alle informazioni sugli alimenti ai consumatori. Importanza ha assunto anche l'informazione nella contrattazione dei valori mobiliari richiedendo interventi legislativi volti ad assicurare la completezza e veridicità dei prospetti informativi; il prospetto è un atto giuridico informativo obbligatorio, contenente informazioni inerenti l'organizzazione, la situazione economica e finanziaria nonché l'evoluzione dell'attività di chi propone l'operazione e deve essere redatto da chi propone l'operazione in conformità con le istruzioni dettate dalla CONSOB ( commissione nazionale per le società e la borsa). Informazioni mendaci o parziali comportano la responsabilità dell'intermediatore finanziario. Informazioni legalmente non dovute Coloro che non sono tenuti all'obbligo di informazione non sono responsabili per omessa informazione, ma lo possono essere per inesattezza dell'informazione (es. l'INPS è responsabile delle conseguenze dannose dell'attività negligente dei propri dipendenti nel caso in cui essi abbiano fornito un informazione sbagliata all'assicurato circa la sua posizione contributiva, e quest'ultimo abbia cessato la sua attività, senza che in realtà l'assicurato avesse i contributi necessari per farlo). Nell'ambito dell'informazione legalmente non obbligatoria si annovera l'informazione diffusa mediante la stampa di libri, periodici, mezzi di comunicazione audio visivi; chi si avvale di detti mezzi di informazione è responsabile della diffusione di notizie erronee idonee a causare danni ingiusti che si configurano nella lesione di un interesse pubblico protetto ( salute, proprietà, impresa ecc.) e la diffusione della notizia erronea integra l'atto lesivo doloso o colposo.( es. indicazione in un enciclopedia di un fungo commestibile quando invece è mortalmente velenoso). La diffusione della notizia può anche pregiudicare l'onorabilità o la riservatezza di determinate persone; la responsabilità dell'autore è esclusa se prevale il diritto di cronaca. Per quanto concerne le informazioni lesive divulgate via internet non vi è corresponsabilità del provider così come da disposizione legislativa di attuazione di una direttiva UE. CAPITOLO 13 – GLI ELEMENTI COSTITUTIVI DELL’ILLECITO CIVILE. Paragrafo 267. Gli interessi penalmente tutelati. Chi commette reato commette per ciò stesso un illecito civile nei confronti dl soggetto portatore dell’interesse penalmente tutelato: la vittima del reato. La lesione dell’interesse protetto dalla norma penale, dunque, costituisce danno ingiusto, che patrimoniale o non patrimoniale obbliga al risarcimento il colpevole e le persone che secondo le leggi civili rispondono per il fatto di lui. L’entità del risarcimento dipende dall’accertamento del danno quale conseguenza economica negativa dell’illecito, conseguenza economica negativa che non sarà risarcibile limitatamente ai danni ingiusti ma riguardo a tutte le perdite patrimoniali e i mancati guadagni derivanti direttamente dall’illecito. Paragrafo 268. L’integrità patrimoniale. 35 Letteralmente intesa, l’integrità patrimoniale sta a significare l’integrità del patrimonio, cioè del complesso dei diritti di carattere economico spettanti alla persona. Ne consegue che la lesione dell’integrità patrimoniale costituisce danno ingiusto in quanto lesione di uno dei diritti che concorrono a formare il patrimonio. Paragrafo 269. Il nesso di causalità (rinvio). Fatto illecito è quello che cagiona ad altri un danno ingiusto (2043 c.c.). Elemento costitutivo dell’illecito è quindi il nesso di causalità intercorrente tra il fatto e il danno. La regola causale del danno è dettata in tema di inadempimento, e sancisce la risarcibilità del danno emergente e del lucro cessante che siano conseguenza immediata dell’inadempimento (1223 c.c.). CAPITOLO 15 – LE ESIMENTI DI RESPONSABILITA’. Le esimenti di responsabilità sono in generale le circostanze che escludono la responsabilità dell’autore del fatto dannoso. Si distinguono propriamente in esimenti personali di responsabilità, che non autorizzano il compimento del fatto ma lo giustificano (incapacità, caso fortuito o forza maggiore; la vittima può giovarsi del rimedio della legittima difesa e se ne ricorrono le condizioni può talvolta ottenere un equo indennizzo) e in cause di esclusione dell’antigiuridicità o esimenti oggettive di responsabilità (rimuovono il divieto di legge e non consentono al danneggiato alcun rimedio; sono legittima difesa, consenso dell’avente diritto, adempimento di un dovere legale, esercizio di un diritto, ordine superiore). Paragrafo 281. L’incapacità. L’autore del fatto dannoso è esente da responsabilità se al momento di commetterlo era incapace di intendere o di volere (2046 c.c.). L’incapacità naturale è un’esimente personale di responsabilità sancita a tutela dell’incapace. Deve ritenersi che la responsabilità civile presupponga sempre l’antigiuridicità del fatto, la cui imputabilità all’incapace è esclusa in ragione dell’esigenza di tutela della persona che non sia in grado di intendere e di volere, dovendosi anche tener conto dell’esigenza di tutelare il danneggiato riconoscendogli un equo indennizzo. Gravare l’incapace dell’obbligo di risarcimento del danno significherebbe infatti rendere egli stesso vittima del danno, trascurando un interesse che non è meno meritevole di tutela dell’interesse del danneggiato. L’incapacità di intendere odi volere è la inidoneità psichica della persona a comprendere la rilevanza sociale negativa delle proprie azioni e a decidere autonomamente il proprio comportamento. Paragrafo 282. Caso fortuito e forza maggiore. I due termini indicano l’evento non prevedibile né superabile con la diligenza dovuta. Caso fortuito e forza maggiore non hanno un diverso significato; evidenziano il primo l’aspetto dell’imprevedibilità ed il secondo quello della irresistibilità, ma concorrono delineare la medesima nozione di evento inevitabile alla stregua della diligenza dovuta. Il caso fortuito e la forza maggiore escludono la colpa del soggetto per un danno che è causalmente riconducibile al fatto del soggetto o alla sua omissione; sono piuttosto concause del danno che rilevano come esimenti di responsabilità. 36 Paragrafo 283. Lo stato di necessità. Lo stato di necessità è una situazione di fatto che costringe il soggetto a compiere un fatto lesivo del diritto altrui al fine di salvare sé o altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, non volontariamente causato né altrimenti evitabile (2045 c.c.). L’autore del fatto necessitato è esentato dall’obbligo di risarcimento del danno ma è comunqe tenuto al pagamento di un’indennità equamente determinata dal giudice. Nel diritto positivo la rilevanza dello stato di necessità è delimitata con riferimento alla sola ipotesi iin cui il fatto lesivo è compiuto per scongiurare un danno grave alla persona. Paragrafo 284. Lo stato di necessità come esimente personale di responsabilità e come causa di esclusione dell’antigiuridicità. Lo stato di necessità costituisce un’ipotesi di forza maggiore: si tratta infatti di un evento che rende impossibile il rispetto del diritto altrui, in quanto implica un sacrificio superiore a quello richiesto dal normale dovere di diligente salvaguardia degli interessi tutelati nella vita di relazione. Lo stato di necessità è tuttavia particolarmente qualificato dal vantaggi che l’autore del fatto ne trae in termini di salvezza. Occorre allora distinguere tra lo stato di necessità che comporta il sacrificio di un altrui diritto della personalità e lo stato di necessità che comporta il sacrificio di un altrui diritto economico. In considerazione dell’apprezzabilità del fine (la salvezza personale), l’ordinamento può allora tollerare il fatto lesivo compiuto al fine della salvezza ma non può autorizzare il sacrificio dell’altrui diritto della personalità; la lesione di tale diritto costituisce pur sempre un fatto antigiuridico, consentendo pertanto alla vittima di opporre la legittima difesa. Sia come esimente personale di responsabilità sia come causa do esclusione dell’antigiuridicità, lo stato di necessità obbliga comunque ad indennizzare il danneggiato. Fondamento comune di tale obbligo è un’esigenza di equità sociale che impone un esborso economico a carico di chi consegue la salvezza personale sacrificando un altrui diritto. Paragrafo 285. Segue. Presupposti. Presupposti dello stato di necessità sono: a) l’obiettiva antigiuridicità del fatto dannoso; b) il pericolo attuale, involontario e inevitabile di un danno grave alla persona; c) la strumentalità; d) la proporzionalità del fatto dannoso rispetto alla salvezza. L’antigiuridicità del fatto deve tuttavia escludersi quando il fatto leda beni economici per salvaguardare diritti della personalità; in tal caso può parlarsi di atto lecito dannoso. Anche l’incapace è tenuto a corrispondere un’equa indennità per il danno arrecato; l’indennità è però dovuta in primo luogo da coloro che erano tenuti alla sorveglianza dell’incapace. Pericolo di un grave danno alla persona è la minaccia di un serio pregiudizio alla vita, alla salute o all’integrità fisica. Il pericolo rileva sia che riguardi la persona di chi agisce per la salvezza sia che riguardi un terzo. Si parla in quest’ultimo caso di soccorso necessitato. Quando il soccorso consista nell’assistenza di una persona ferita o altrimenti in pericolo il dovere giuridico del comportamento ne costituisce un’autonoma e assorbente causa di esclusione dell’antigiuridicità, che fa venir meno l’obbligo dell’indennizzo. L’obbligo dell’indennizzo deve inoltre escludersi quando il pericolo riguarda lo stesso danneggiato. 37 Può essere prestato espressamente o tacitamente; si eviti di confonderlo con la tolleranza, che non ha natura negoziale consistendo nell’atteggiamento passivo di sopportazione delle altrui ingerenze. Paragrafo 290. Consenso ad attività pericolose. Il consenso dell’avente diritto esime da responsabilità l’autore del danno sia che autorizzi la lesione del diritto sia che autorizzi un fatto tipicamente colposo. Chi esercita un’attività pericolosa lecita è tenuto a salvaguardare tutti i terzi che sono esposti al pericolo, e in primo luogo coloro che fruiscono di dette attività. La partecipazione o l’utilizzazione di attività pericolose implica piuttosto accettazione dei rischi che vi sono connessi pur con l’osservanza delle relative norme tecniche e delle appropriate norme di salvaguardia. Paragrafo 291. Esercizio di un diritto. L’esercizio del diritto fa parte delle tradizionali cause giustificative del fatto; già le fonti ritenevano che non arreca danno ingiusto chi esercita il suo diritto (non fa un danno -di cui debba rispondere- se non colui che non ha il diritto di farlo).. Chi esercita un diritto non è responsabile anche se lede un interesse altrui in quanto il titolare si avvale di una posizione di vantaggio che gli è legalmente riconosciuta e che prevale sugli interessi altrui eventualmente configgenti; il diritto esclude quindi in radice l’antigiuridicità del fatto. Occorre tuttavia che il titolare non travalichi i limiti del suo diritto: limiti che possono consistere nei diritti altrui con cui il proprio diritto deve coesistere. Occorre inoltre tenere presente che l’esercizio del diritto non può spingersi fino all’abuso. La giurisprudenza riconosce l’esimente di responsabilità da diffamazione nel legittimo esercizio del diritto di cronaca. Paragrafo 292. Ordine superiore. Altra causa di esenzione della “punibilità” prevista dal codice penale è l’adempimento di un dovere imposto da una norma giuridica o da un ordine legittimo della pubblica Autorità. Nel diritto privato l’ordine di un’autorità superiore è tradizionalmente inteso come un tipico caso di forza maggiore. Ai fini della responsabilità extracontrattuale occorre però evidenziare la distinzione che intercorre tra atti della pubblica Autorità, legittimamente dotata di poteri di comando in conformità dell’ordinamento giuridico (che sono causa di esclusione dell’antigiuridicità del fatto, in quanto il dovere legale scaturente dall’ordine rende per ciò stesso lecita la condotta tenuta in osservanza di esso sempreché si tratti di un ordine “legittimo”) e atti di autorità straniera o autorità di fatto (che se non riconosciuti efficaci nel nostro ordinamento varranno come esimenti di responsabilità nella misura in cui la loro forza coercitiva prevalga sul diligente dovere di rispetto altrui. 293. RESPONSABILITA' AGGRAVATA E RESPONSABILITA' OGGETTIVA ll’interno dell’illecito civile, pur non essendo incluse nella norma generale, ma essendo compatibili con la fattispecie di’illecito civile abbiano due tipi di responsabilità: La responsabilità oggettiva e quella aggravata. Tali responsabilità rientrano tra quelle “speciali”. Particolare importanza circa la resp. oggettiva riguarda l’illecito civile derivante dal danno industriale e la massificazione dei danni. Il nostro ordinamento infatti tende ad associare la responsabilità extracontrattuale 40 al dolo e alla colpa anche se non sempre è così. Vi sono alcuni tipi di responsabilità di tipo speciale nelle quali la responsabilità prescinde dalla colpa del responsabile che potrà fare ricorso alla prova del “caso fortuito”. RESP. AGGRAVATA: • Resp. dei genitori; • Resp. degli insegnanti; • Resp. dei sorveglianti; • Resp. per l’esercizio di attività pericolose; • Resp. per danni da cose in custodia; • Resp. per danni da animali RESP. OGGETTIVA: • Resp. dei proponenti; • Resp. per danni da velivoli a terzi sulla superficie; • Resp. per danni nucleari RESP. OGGETTIVA + RESP. AGGRAVATA • Resp. del produttore; • Resp. per danni da circolazione di autovetture; • Resp. per danni da rovina di edifici RESPONSABILITA’ SPECIALE A SE STANTE • Resp. processuale Caratteristica comune delle Resp. Speciali è quella di avere a che fare con attività potenzialmente pericolose o per il tipo di attività o per la cosa che le riguardano. In particolare per la resp. aggravata riguarda attività durante le quali rispettando le comuni regole di diligenza è possibile scongiurare eventuali danni. Pertanto in caso di violazioni delle stesse la responsabilità ricadrà sull’autore che potrà provare il caso fortuito. Nel caso di resp. oggettiva invece si parla di attività che per loro natura, nonostante il rispetto delle regole e la diligenza adottata dall’autore, hanno sempre un margine di pericolo. In questo caso nonostante la prudenza adottata e nonostante la colpa non sia elemento principale, secondo il principio di giustizia sociale, avendo comunque procurato un danno ad altri ed essendo venuto meno il rispetto altrui l’autore del fatto dovrà risarcire non potendo ricorrere come nel caso della già cit. resp. aggravata al “caso fortuito”. Nel caso di affidatari nonostante il loro obbligo di mantenimento, educazione e istruzione dei figli a loro affidati, dato il carattere provvisorio dell’affidamento, possono dimostrare che il fatto non è riconducibile a una loro carente sorveglianza, pur essendo chiamati a rispondere del fatto dannoso. 295 La Responsabilità degli insegnanti Ai sensi dell’art.2048 c.c. oltre ai genitori anche gli insegnanti, insieme al precettore e chi insegna un’arte/ mestiere, sono responsabili del fatto illecito del minore. INSEGNANTI= Tutti coloro che per ufficio pubblico/privato impartiscono al minore un insegnamento (culturale, artistico, sportivo, ecc.). 41 Si tratta di una colpa presunta, propria per fatto altrui. In questo caso però l’insegnante risponde per il fatto di aver violato gli obblighi di sorveglianza. La presunzione di colpa sta nel dimostrare di aver compiuto tutta una serie di attività di “vigilanza” atte a scongiurare che il fatto avvenisse. In questo caso risponderà anche del danno a se stesso del minore (es. minore che si droga a scuola). In caso di danno a se stesso però la dottrina ha valutato l’ipotesi di responsabilità contrattuale poiché con la domanda di iscrizione avviene l’accettazione di un contratto tra la famiglia e la scuola. 296 Responsabilità del sorvegliante per il fatto dell’incapace Art.2047 c.c. L’incapace di intendere e di volere è esonerato da responsabilità per il danno arrecato a terzi ma in capo all’incapace ne risponde chi era tenuto alla sua sorveglianza, salvo che non dimostri di non aver potuto impedire il fatto. Presupposti: 1. Fatto antigiuridico compiuto da incapace; 2. Dovere di sorveglianza dell’incapace Il fatto dev’essere illecito e di cui non risponde per il suo inquadramento giuridico, il responsabile doveva essere tenuto alla sua sorveglianza. La sorveglianza di detti soggetti ricade in primo luogo sui genitori e tutori i quali possono avvalersi di personale incaricato e/o di strutture addette (cliniche, case di cura, ecc.). In questo lasso di tempo in cui l’incapace si trovi sotto la custodia di queste persone/strutture la responsabilità di sorveglianza dei familiari viene sospesa. In caso di persone non interdette ma incapaci e pericolose per la società che si trovino ricoverate presso strutture ospedaliere, la loro dimissione non fa venire meno la responsabilità della struttura la quale omette una sorveglianza alla quale era tenuta (ripeto caso di pericolosità sociale). Chiunque accoglie un infermo di mente ne acquisisce la sorveglianza e sarà sua cura curarlo e sorvegliarlo. La responsabilità dei sorveglianti come quelle elencate fono ad adesso è per fatto altrui. La colpa di cui risponde è quella relativa alla negligenza nella sua sorveglianza. Il sorvegliante potrà provare di non aver potuto impedire il fatto. In questo caso il danneggiato che non riceve dal sorvegliante il risarcimento del danno o per mancanza di colpa o per insolvenza potrà richiedere al Giudice un equo indennizzo (art.2047 c.c.). 297 Responsabilità per l’esercizio di attività pericolose Art.2050 c.c. Chiunque svolge un’attività pericolosa per sua natura o peri mezzi adoperati, risponde del danno provocato salvo che non dimostri di aver adottato tutte le misure per non impedirlo. La nozione di attività pericolosa Le attività pericolose sono quelle previste dal T.U.L.P.S. (testo unico leggi di p.s.) e quindi quelle con pericolo di scoppio e di incendio. Al di fuori di queste le casistiche vanno di volta in volta esaminate. La definizione di attività pericolose e di recente utilizzo. Si possono comunque definire pericolose tutte quelle attività che racchiudono delle spiccate potenzialità offensive. L’attività deve essere classificata pericolosa per sua natura o per i mezzi adoperati e non a causa della negligenza adoperata dall’autore del danno. In questo caso non si può parlare di attività pericolosa. La giurisprudenza ha considerato pericolose tutte una serie di attività: Attività edilizie, produzione e distribuzione di energia elettrica e di bombole del gas, produzione di farmaci, e tante altre, organizzazione di gare automobilistiche e di caccia e tante altre. 42 Chi ha in proprietà o si serva di un animale, risponde del danno causato da questo, anche se smarrito o fuggito, salva la prova del caso fortuito ( 2052 c.c. ). - Primo presupposto di responsabilità è che il danno sia cagionato dall'animale, il danno deve essere conseguente al comportamento dell'animale, con l'esclusione dei casi in cui l'animale è un corpo inerte o mero veicolo di infezioni ( questa interpretazione però non sempre è unanime ). La responsabilità presunta opera sia che il danno sia causato da animale di indole pericolosa sia che si tratti di animale mansueto. - Secondo presupposto la proprietà o l'uso dell'animale: dei danni risponde il proprietario dell'animale, chi se ne serve per il tempo in cui lo ha in uso e chiunque ne tragga un utile o ne abbia la custodia ( pensioni per animali, studi veterinari, allevatori di api ). La custodia permane se il proprietario o l'utilizzatore dell'animale affidano l'animale ad altri conservando la direzione e il controllo di esso. E' esente quindi da responsabilità presunta, chi detiene l'animale in esecuzione di un rapporto di lavoro subordinato. Se vi sono più custodi, ciascuno risponde solidamente per intero. La responsabilità per danni presunta fu prevista dal cod. francese come violazione del dovere di governare l'animale evitando danni a terzi con misure idonee. Per questo il codice consente la prova del caso fortuito accettando la regola della responsabilità presunta, superabile con la prova dell'adozione delle misure adeguate ad evitare il danno, anche se la dottrina è orientata nel senso del carattere oggettivo della responsabilità per fatto degli animali, a livello giurisprudenziale vi è quindi la presuntiva responsabilità del proprietario a prescindere dalle cautele adottate, dal caso fortuito, imprevedibile o inevitabile. Ci si può giovare solo della prova di mancanza del nesso causale ( es. animale che non appartiene, danno causato dal danneggiato per avere aizzato l'animale, o per l'introduzione furtiva nel locale dove si trova l'animale. La responsabilità presunta non sussiste nel caso di animali selvatici, non soggetti a custodia. Della speciale responsabilità per i danni di questi animali si reputano quindi esenti lo Stato, a cui appartiene la fauna selvatica (l. 27/11/77 n.968) e le Regioni, affidatarie della gestione e tutela di tale fauna (l. 11/02/92 n.157). Sulle Regioni però, si ritiene gravi l'ordinaria responsabilità civile se ne sia dimostrata la colpa. Del danno arrecato da cani e gatti randagi risponde l'Amministrazione pubblica, che è tenuta ad adottare idonee misure di sicurezza a tutela dell'incolumità dei cittadini. Il codice ha anche distinto e specificatamente regolato, all'ipotesi del danno da animale, nel caso della circolazione di veicoli anche a trazione animale. Riguardo a questa ipotesi trova applicazione la norma che sancisce la responsabilità del conducente e del proprietario (2054c.c. n. 305). Nel caso di scontro tra animale e vettura per i danni ne risponderanno, a seconda della colpa, il proprietario o custode dell'animale o il conducente e il proprietario della vettura Il principio di responsabilità per danni da animali è di origini remote, già in società primitive , con la tendenza a considerare penalmente responsabile lo stesso animale. Nel diritto romano, il danno da animali rientrò tra le prime figure di responsabilità elaborate dallo ius civile. Le XII Tavole sancivano come ipotesi di delitti civili il danno arrecato da quadrupedi, per il quale prevedevano l'actio de pauperie, e il danno arrecato dal pascolo abusivo di ovini, per il quale prevedevano l'actio de pastu pecoris. Secondo le fonti del tempo, l'actio de pauperie è nossale ( il proprietario si liberava consegnando l'animale al danneggiato) e prescinde dalla colpa del danneggiante, né d'altra parte , si può parlare di colpa dell'animale che è privo di intelletto. Secondo l'editto degli Edili Curuli, chi avesse provocato danni da animali pericolosi lasciandoli in luoghi aperti al pubblico era tenuto al risarcimento del doppio del valore del danno subito o per l'importo di 200 solidi in caso di morte di un uomo libero. Vi era un esonero di responsabilità in caso di animale fugitivus, meglio se di indole pacifica, ne rispondeva comunque il danneggiato nel caso in cui avesse provocato l'animale ( ex lege Aquilia ). I compilatori del code civil recepirono una valutazione di colpa del responsabile ( sottolineata anche dal Domat ),dedicandole una apposita norma che sanciva al responsabilità del proprietario o del custode per danni derivanti dall'animale, se pur smarrito o fuggitivo ( art.1385). Questa norma fu il modello del cod. italiano del 1865, che sancì analoga responsabilità (art. 1154) concedendo nel cod. vigente, la prova del fortuito. Figure di responsabilità oggettiva 300. La responsabilità dei preponenti. 45 I preponenti sono responsabili per gli illeciti compiuti dai propri preposti nell'esercizio delle incombenze loro affidate ( 2049 c.c. ). Il codice sancisce questa responsabilità a carico dei preponenti per i fatti dei preposti sulla base di una formula antiquata del codice francese ma ripresa dal cod. italiano del 1865, partendo dai “padroni e committenti, domestici e commessi”, ampliandosi fino a ricomprendervi tutti i rapporti di preposizione in base ai quali un soggetto utilizza e dispone del lavoro altrui. La responsabilità dei preponenti è oggettiva per fatto altrui: l'obbligo di risarcire il danno arrecato dai preposti prescinde infatti da ogni valutazione di colpa. Il preposto risponde solidalmente al preponente. Già il modello francese sanciva responsabilità oggettiva dei preponenti non ammessi a provare di non aver potuto impedire il fatto ( responsabilità del Maitre ), probabilmente questo modello si fondava sulla concezione romana della responsabilità del “dominus” per gli illeciti dello schiavo ( schema di azione nossale, risarcimento del danno o cessione dello schiavo al danneggiato). Escluso ogni richiamo alla colpa, il fondamento della responsabilità deve essere ravvisato nell'appropriazione dell'attività del preposto da parte del preponente: chi dispone dell'attività altrui per i propri fini assuma le conseguenze dannose di tale attività. Questa norma di responsabilità dei preponenti è quindi espressione del principio dell'inadempimento: l'appropriazione dell'attività altrui comporta l'imputazione giuridica del danno derivante dall'attività stessa. 301. Segue. Presupposti. Presupposti di responsabilità del preponente sono: 1) il rapporto di preposizione; 2) il fatto illecito del preposto; 3)la connessione tra incombenze e danno. 1) Il rapporto di preposizione è il rapporto mediante il quale un soggetto ( preponente) si appropria dell'attività altrui (preposto). Ipotesi tipica e principale di rapp. di preposizione è quella del lavoro subordinato, essenziale per l'impresa che opera tramite i suoi dipendenti. La responsabilità del preponente si concretizza come responsabilità dell'imprenditore e si spiega in dottrina in base alla teoria del rischio di impresa. L'appropriazione dell'attività altrui sussiste anche al di fuori del lavoro subordinato, come nelle imprese associative (familiari, coop di lavoro, ecc) ; nel lavoro gratuito ( ordini religiosi, associazioni di volontariato, ecc.) ; là dove sia conferito l'incarico di un'opera o di un servizio anche in via occasionale, purchè il committente mantenga sull'incaricato un potere direttivo o di controllo( promotori finanziari, agenti, ecc.). Nel caso di somministrazione di lavoro è normativamente prevista la responsabilità dell'utilizzatore per danni arrecati a terzi dal prestatore di lavoro nell'esercizio delle sue mansioni (26 d.lgs. 10/09/03 n. 276). Il rapporto di preposizione si esclude di massima nei contratti di appalto e di mandato, in quanto l'appaltatore e il mandatario si obbligano ad eseguire la prestazione per conto del cliente ma nell'esercizio della propria autonomia decisionale ed organizzativa, a meno che il committente o il mandatario si riservino la direzione dell'operato, in questo caso risponderanno per i danni arrecati dall'appaltatore o dal mandatario nell'espletamento dell'incarico. 2) Nel fatto illecito del preposto, si intende che il preponente risponde dei danni causati dal fatto doloso o colposo del preposto. Il caso fortuito esclude la responsabilità del preponente in quanto il rapporto di preposizione immedesima il fatto del preposto nella sfera giuridica del preponente ma non incide sulla rilevanza del fatto nei confronti dei terzi: rilevanza che rimane governata dalla regola comune della responsabilità civile o dalle regole particolari relative al tipo di attività esercitata. Il preponente non può rispondere dei fatti del preposto in presenza di cause che ne escludono l'antigiuridicità, come nell'es. della legittima difesa. Si riconosce la responsabilità del preponente invece, per il fatto obiettivamente antigiuridico compiuto dal preposto in stato di incapacità o necessità, in quanto si tratta di cause personali e di esonero da responsabilità, che non possono essere invocate in favore di altri responsabili (art. 1297 c.c.:IV, n. 372). Al di fuori dei suddetti casi il preposto e il preponente rispondono entrambi in via solidale e, nei rapporti interni, la responsabilità grava sul preposto salvo la prova della colpa del preponente. I dipendenti pubblici e anche i lavoratori subordinati, sono esposti all'azione di regresso del preponente nei limiti della colpa grave (inadempimento). 3) Presupposto della responsabilità del preponente è poi la connessione tra incombenze e danno. La consolidata interpretazione giurisprudenziale reputa non essenziale che il fatto dannoso derivi dall'esercizio delle incombenze, essendo sufficiente che tra l'esercizio delle incombenze e il danno sussista un nesso di 46 occasionalità necessaria ( formula codificata in Francia, es dei Maitres vs servitori da lui scelti, passata al cod, italiano del 1865 art, 1153 e quindi al cod, vigente). Se l'esercizio delle incombenze espone il terzo all'ingerenza dannosa del preposto, il preponente ne risponde pur se il preposto abbia abusato della sua posizione agendo per finalità estranee a quelle del preponente (es, se l'impiegato di banca si appropria del denaro del cliente per l'acquisto di titoli, ne è responsabile la banca). 302. Responsabilità per danni arrecati da velivoli a terzi sulla superficie. Il codice della navigazione sancisce la responsabilità dell'esercente per i danni causati dall'aeromobile in volo a persone e cose sulla superficie ( art, 965). Si tratta di responsabilità oggettiva, la formula originaria dichiarava responsabile l'esercente per i danni provocati anche per causa di forza maggiore. La responsabilità dell'esercente risulta nel nuovo testo della norma, che dichiara tale responsabilità regolata dalle norme internazionali in vigore nel nostro ordinamento. Nella Convenzione di Roma del 07/10/1952, si esonera l'esercente solo nelle ipotesi di danno causato da colpa esclusiva del danneggiato, dei suoi preposti, da conseguenza diretta di un conflitto armato, da sommosse civili o di confisca del velivolo da parte di una pubblica autorità ( art, 5, 6). Il risarcimento del danno è limitato entro determinati massimali (art. 11), salvo se si tratti di danni dolosi causati dall'esercente, dai suoi preposti o da chi illecitamente si impadronisca del velivolo ( art. 12) 303. Responsabilità per danni nucleari. L'organismo nostro di controllo è l'EURATOM ( trattato di Roma 25/03/57 e seg.), sul versante della responsabilità civile è stata emanata una disciplina apposita, caratterizzata 1) dalla natura oggettiva della responsabilità sancita a carico degli esercenti impianti nucleari; 2) dalla limitazione dell'importo massimo dell'obbligo di risarcimento a carico del responsabile (max. 7.500 milioni in lire); 3) dall'intervento dello Stato e di un apposito fondo internazionale; 4) dall'obbligatorietà dell'assicurazione della responsabilità. Figure complesse di responsabilità oggettiva e aggravata 304. La responsabilità del produttore La responsabilità del produttore è oggetto di un'apposita disciplina normativa ( d.P.R. 24/05/1988, n. 224), emanata a seguito di Direttiva comunitaria (85/374) e ora divenuta Codice del Consumo ( art. 114 s.), in cui si armonizzano le legislazione degli stati membri sulla base di una regola di favore per il danneggiato da prodotti difettosi. Il produttore risponde dei danni provocati da prodotti difettosi ( 114 cod, cons.) e alla stessa responsabilità risponde il fornitore se il produttore non viene individuato. E' onere del fornitore comunicare al danneggiato che lo richiede l'identità del produttore (116 cod, cons. ). I prodotti difettosi sono: i beni mobili fabbricati, i prodotti agricoli del suolo e prodotti dell'allevamento, della pesca e della caccia che non presentano la sicurezza che è ragionevole attendersi in relazione alle circostanze. I difetti possono riguardare la fabbricazione, la progettazione o l'informazione relativa al prodotto ( es, mancanza istruzioni per l'uso). L'onere di provare il danno, il difetto e il nesso causale tra difetto e danno è in carico al danneggiato ( 120 cod, cons.). Il produttore si può liberare dalla responsabilità provando che: il prodotto non è stato da lui messo in circolazione, che al momento della messa in circolazione il prodotto non era difettoso o che, trattandosi di difetti di progettazione, lo stato delle conoscenze scientifiche e tecniche non consentiva di considerare il prodotto difettoso (118 lett, a,b,c.). Il danneggiato ha diritto al risarcimento del danno arrecato alla sua integrità fisica e morale e a beni diversi da quello difettoso e destinati ad uso privato, questo risarcimento alle cose vale solo per la parte eccedente di € 387 ( art, 123 cod, cons.). Il diritto di risarcimento si prescrive in 3 anni dal giorno in cui il danneggiato ha avuto o avrebbe dovuto avere conoscenza del danno (125 cod, cons.), e non può comunque essere azionato dopo 10 anni dalla messa in circolazione del prodotto (126 cod, cons.). Il risarcimento del danno è escluso in tutto o in parte in ragione della colpa del danneggiato e non è dovuto se questi ha volontariamente usato il bene pur conoscendone il difetto e il pericolo che ne derivava ( 122 cod, cons. ). Tutti i responsabili sono tenuti per l'intero in via solidale (art. 121 cod, cons.), la legge speciale prevede il diritto di regresso nella misura determinata secondo i criteri della regola del codice ( gravità delle colpe di entità delle conseguenze che ne sono derivate: art.2055), nonché avendo riguardo alle dimensioni del rischio riferibile a ciascuno dei responsabili (121 cod, cons.). Le clausole preventivemente limitative della responsabilità nei confronti del danneggiato sono nulle (121 cod, cons.). Non viene compresa nella legge la responsabilità del produttore per danni derivanti da prodotti non destinati alla vendita o non immessi in circolazione. Il danneggiato può sempre far 47 che non si farà sempre riferimento al proprietario del veicolo ma a colui (usufruttuario, acquirente con patto di riservato dominio) che ha l'effettiva disponibilità giuridica del veicolo e quindi la potestà giuridica di vietarne la circolazione. 310. Segue. L'assicurazione obbligatoria della responsabilità civile E’ naturalmente necessaria l’adozione della assicurazione RC per la circolazione dei veicoli. Questa assicurazione consente al danneggiato di rivolgersi direttamente alla compagnia assicurativa di c/ parte rimandendo perà nei limiti imposti dai massimali art 144 codice ass.ni. Ovviamente laddove non ci fosse la possibilità di identificazione del resp. del sinistro, le Ass.ni fanno riferimento al c.d Fondo di Garanzia, il quale appunto evita al danneggiato il rischio di insolvenza del responsabile. 311. Responsabilità per danni da rovina di edificio in caso di danni derivanti da rovina dell’edificio, il proprietario dello stesso è tenuto al risarcimento del danno. Tale resp. puà essere vinta provando che l’evento dannoso non sia riconducibile a vizio di costruzione o di manutenzione (art. 2053). Tale resp. risale al diritto romano; i rimedi adottati erano 2 e di tipo cautelare: CAUTIO DAMNI INFECTI: prevista in favore del proprietario del fondo sulla base di un ipotetico danno danno derivante dal fondo confinante. Così quest’ultimo chiedeva al pretore di imporre al propr. del fondo confinante una cauzione per l’eventuale danno che si fosse verificato. Se questa cauzione non fosse stata versata a favore del proprietario richiedente, lo stassso pretore concedeva la possibilità al ricorrente di acquisire il possesso del fondo vicino. OPERA NOVA NUNTIATIO: disciplina alla quale poteva avvalersi il propr. del fondo che temesse il pericolo di danni da una costruzione in corso dal fondo confinante, ottenendo così o una cauzione per far proseguire i lavori o un risarcimento che e però non poteva in ogni caso superare il valore del fondo stesso. Oltre ai rimedi cautelari, il code civil collegava invece la resp. del proprietario al difetto di riparazone o al vizio di costruzione. (passato nel nostro codise nel 1865 all’art 1155). Passiamo ai presupposti per i vizi di costruzione: • derivazione del danno da rovina di costruzione, di qualsiasi manufatto (case muri ponti..). la nozione di rovina è quella di disgregazioen violenta della costruzione che puo provoicare danni a terzi. • Titolarità della costruzione; è resp. chi risulta essere proprietario al momento del verificarsi del danno e non quindi chi ne usufruisce in locazione/concessione. Resp. per rovina di edificio, ha duplice carattere: 1) carenza di manutenzione; dalla quale deriva responsabilità colposa, in quanto è a carico proprietario la presunzione che la rovina stessa derivi da carente manutenzione dell’immobile. 2) Vizio di costruzione. Si intende l’inosservanza di regole tecniche o legali derivanti dall’impiego di materiali carenti per qualita e/o quantità. Resp. da vizio di costruzione ha carattere oggettivo anche su danno non prevedibile (da vizio occulto conseguente da errore di costruzione; es. una crepa dovuta alla scarsa qualità dei materiali utilizzati.). LA RESPONSABILITA' PROCESSUALE 312. La nozione la resp. processuale è sancita dal c.p.c a carico di parte soccombente, che abbia agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grav; ed è una delle ipotesi di resp. speciale, differenziata da l’illecito dell’art2043 cc. Nello specifico, il giudice condanna la parte (pecuniariamente) che ha agito con mala fede risarcimento dei danni nonché delle spese processuali. 50 Quindi la tutela giuridica di un interesse nella vita di relazione puà risultare anche da norme che impongono specifici doveri di rispetto o specifiche responsabilità a carico dell’autore del danno. Pertanto, il diritto a non subire turbative processuali, è un diritto però mono tutelato degli altri, in quanto la sua lesione può essere fatta valere solo in presenza di azioni o resistenze dolose o colpose e che trova spiegazione nell’esigenza di lasciare un ampio margine all’esercizio della difesa processuale. 313. La disciplina ritornando al risarcimento del danno per turbativa processuale, ed in particolare alla liquidazione d’ufficio, si specifica che la c/parte è esonerata dalla prova di uno specifico danno e che la liquidazione può comprendere anche il danno non patrimoniale, che appare giustificato in quanto il danno da turbativa processuale lede il diritto costituzionalmente tutelato della difesa processuale (art.24 cost). ovviamente la sanzione è riconducibile solo ed esclusivamnete alla turbatiba processuale e quindi al dolo della parte e non assegnata per la soccombenza della parte stessa, anche perché questa disposizione del giudice sarebbe illeggittima in quanto lesiva del diritto di difesa. 314. Il carico delle spese Parte soccombente deve sopportare le spese prorpie e rimborsare quelle sostenute dall’altra parte (art 91 c.p.c),. In caso di soccombenza reciproca il giudice puo dichiarare la compensazione parziale o per intero delle spese processuali (art. 92 cpc). Le spese ovviamente prescindono dal dolo e seguono al mero fatto della soccombenza, visto che la stessa soccombenza non integra di per se la violazione di alcun precetto normativo. Le spese , rappresentano una forma di danno solo se derivante da illecito altrui, quindi se non derivanti da illecito altrui , rappresentano solo ed esclusivamente dei costi collegati alla soccombenza della parte. 51
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