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Riassunto "clinica del trauma e della dissociazione" di Bromberg, Sintesi del corso di Psicodiagnostica

Il riassunto mi è stato utile al superamento dell'esame, con contenuti chiari e semplici.

Tipologia: Sintesi del corso

2022/2023

In vendita dal 02/07/2024

fab-01
fab-01 🇮🇹

10 documenti

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Scarica Riassunto "clinica del trauma e della dissociazione" di Bromberg e più Sintesi del corso in PDF di Psicodiagnostica solo su Docsity! CLINICA DEL TRAUMA E DELLA DISSOCIAZIONE: secondo Bromberg, il trauma psicologico è reale e multiplo e rappresenta il catastrofico scoinvolgimento della continuità del sé attraverso l’invalidazione dei pattern di interazione che danno significato a ciò che siamo. La dissociazione non è di per sé patologica, ma adattiva, e ha il duplice ruolo di proteggere il mondo interno e mantenere il controllo su quello esterno, per evitare la ritraumatizzazione. La dissociazione è una funzione normale della mente che esclude dalla coscienza stati di sofferenza intollerabili: il suo scopo è quello di proteggere l’Io e di trovare rifugio tramite la costruzione di una realtà parallela più favorevole. Per Bromberg, lo scopo dell’analisi non è tanto la ricostruzione del passato del paziente attraverso le interpretazioni dell’analista, ma la costruzione delle interconnessioni fra le multiple rappresentazioni del sé, tra le capacità adattive e immaginative, tra realtà interna ed esterna. Tutto ciò grazie alla capacità di negoziare simultaneamente fra stabilità e cambiamento e restare nel cambiamento stesso. Tentativi analitici si fondano necessariamente su un insieme di assunzioni implicite o esplicite sulla natura della realtà e su come gli esseri umani arrivano a comprendere cosa sia reale tant'è che avviene nel processo della comunicazione umana che continua a essere il cuore di quello a cui ci riferiamo clinicamente: la necessità di essere compresi esperienzialmente o entrare empaticamente in contatto con gli altri. Chiedere a sé stessi come sia possibile per la psicanalisi funzionare non è la stessa cosa che chiedere come funziona la psicoanalisi. Cercare di venire clinicamente alle prese con il come sia possibile relazionarsi a un essere umano in modo da renderlo in grado di accettare di smantellare le protezioni duramente costruite dalla sua struttura caratteriale, per poter ottenere miglioramenti che possono, così come non possono, realizzarsi, è forse il motivo sottostante che attraversa tutto questo libro. Una persona entra in trattamento insoddisfatto della sua vita ma scopre che lui è la sua vita e il cambiare verrebbe esser sentito come l'essere curato da quello che in realtà è. E quindi necessaria la creazione terapeutica di un nuovo dominio di realtà nel quale possano coesistere la speranza di essere ancora e il terrore del non me. È umanamente impossibile divenire pienamente vivi nel presente senza affrontare e far proprie tutte le odiate rinnegati parti del sé che hanno formato e sono state formate dai precoci oggetti di attaccamento. La maturità evolutiva dovrebbe coincidere con la capacità di porsi la domanda: “perché sto vivendo in questo modo?” E il successo o meno della terapia dipende dal fatto che la fase iniziale riesca a rendere la persona in grado di avvicinarsi a un punto in cui questa domanda diventi di fatto ponibile. Generalmente i fallimenti della terapia si hanno quando uno dei due partner cerca di forzare la propria realtà terapeutica nella mente dell'altro. L'autoriflessività rappresenta la presenza di un Io osservante, e consente al paziente di esistere pienamente nel momento e simultaneamente di percepire l'esistenza del sé. La dissociazione diviene patologica nella misura in cui limita proattivamente e preclude la capacità di contenere e riflettere sui diversi Stati della mente all'interno di un'esperienza unitaria di me-ness (senso di essere me). La visione tradizionale della relazione terapeutica è quella di un processo definito tecnicamente in modo da facilitare il sollevarsi della rimozione l'espansione della memoria attraverso la risoluzione del conflitto intrapsichico. La risposta dell'autore è che questa visione sottostima alle strutture dissociative della mente umana e omette l'elemento centrale della crescita della personalità ossia il processo attraverso cui l'esperienza del conflitto diviene possibile. Fa l'autore ti interessa della personalità schizoide: l'individuo schizoide ha come obiettivo sia di impedire alla mente di essere modificata dall'esterno sia il cercare di farne un luogo il più possibile interessante e accogliente in cui vivere. La mente, quindi, è un mondo stabile sicuro progettato per essere il più confortevole possibile è strutturata in modo tale che l'incapsulamento e l'auto contenimento prevengano la possibilità di una modifica dall'esterno in particolare dalla sorpresa. In realtà quello che stava descrivendo era una difesa dissociativa contro lo shock del trauma e la possibile traumatizzazione. Il processo terapeutico di accrescimento è rappresentato dalla capacità del paziente di sentirsi uno in molti così da marcare la distinzione tra quello che è me e non me diventa sempre più permeabile. Sullivan chiarisce il modo in cui un bambino può arrivare a conoscere cosa e me e cosa e non me attraverso dei pattern relazionali stabiliti precocemente nella vita. L'esperienza di me-ness del bambino è più solida quando i suoi stati della mente vengono vissuti a riflessi attraverso la mente di un altro in particolare durante i momenti di intensa attivazione affettiva. Fonagy e target sostengono che a partire dai 5 o sei anni di età un bambino dovrebbe acquisire normalmente quello a cui loro si riferiscono come una modalità riflessiva o mentalizzata di realtà psichica e nel far questo un bambino ha bisogno di un adulto o di un bambino più grande che possa permettergli di vedere la sua fantasia o idea rappresentata nella mente dell'adulto reintroiettarla e usarla come rappresentazione del suo stesso pensiero. Pongono l'accento sulla concezione del giocare con che presuppone l'impegno da parte di una persona che si deve rapportare al bambino o al paziente come tale. Attraverso questo processo un bambino o un paziente può raggiungere un'esperienza di sé più coesa senza che il rischio di una traumatizzazione conduca alla dissociazione patologica, al fallimento della singola simbolizzazione è un impoverimento della capacità di rappresentare cognitivamente esperienze effettivamente intense o complesse all'interno di una narrativa di me-ness. Se l'altro dovesse disconfermare amare lo stato della mente del bambino durante un momento di intensa attivazione affettiva il bambino crescerà sviluppando una diffidenza verso la realtà della propria esperienza. Viene quindi traumaticamente impoverito nella capacità di processare cognitivamente i suoi Stati mentali emotivamente carichi all'interno di un contesto interpersonale. la dissociazione, la disconnessione della mente dalla psiche soma, diviene allora la soluzione più adattiva per preservare la continuità del sé. Il trauma psicologico può essere quindi definito come la precipitosa distruzione del senso di continuità del sé attraverso l'invalidazione dei pattern di significato se altro internalizzati che costituiscono l'esperienza di me-ness. Infatti, una delle definizioni più esaustive del trauma è “minaccia soverchiante all'integrità del sé accompagnata da ansia di annichilimento”. il trauma psicologico avviene in quelle situazioni implicitamente o esplicitamente interpersonali, in cui l'invalidazione del sé non può essere fuggita o prevenuta e dal quale non c'è speranza di protezione, sollievo o rassicurazione. Sul piano fisiologico vi è un iperattivazione del sistema nervoso autonomo che non è possibile organizzare all'interno di uno schema cognitivo e gestire per mezzo del pensiero. Nella sua forma più estrema l'esperienza soggettiva è quella di una terrificante e caotica fluenza degli affetti che minacciano di sopraffare la salute e la sopravvivenza psicologica quindi la dissociazione come difesa limita l'auto riflessione a ciò che è sentito come sicuro o necessario per la sopravvivenza del senso del sé mentre negli individui il cui trauma è stato più grave la capacità di autoriflessione viene profondamente limitata per far sì che la capacità di riflettere non crolli completamente determinando un collasso nel senso del sé. Quello che in precedenza era una normale dissociazione la superficie i derivati dai contenuti inconsci che diventano in questo modo accessibile alla capacità di integrazione del paziente. Quindi questo metodo vede il contenuto come un aspetto del processo, piuttosto che vedere il processo come mezzo per scoprire dei contenuti. Lo sviluppo umano è visto non come mediato dalla crescente capacità di gestire e integrare istinti e desideri inconsci ma come una progressiva capacità di simbolizzare comunicare a un'altra persona tramite l'uso del linguaggio chi si è piuttosto che semplicemente quello che si vuole o di cui si ha bisogno. Il compito dell'azione terapeutica della psicoanalisi è quello di richiedere al paziente di simbolizzare all'interno di un contesto interpersonale quegli aspetti del sé, precedentemente non formulati virgola non appena essi emergono. Quindi la regola fondamentale delle libere associazioni non è la porta d'ingresso soltanto per il materiale reale ma in un contesto di osservazione partecipe e parte di un compito continuo che si inserisce all'interno della struttura analitica. Il paziente non può liberarsi facilmente dalla presenza dell'analista come parte integrante della sua esperienza suggestiva mentre associa liberamente senza che lo stesso stato di distacco diventi il contenuto rivelato punto la regola fondamentale, quindi, consente all'esplorazione di focalizzarsi sul fatto questo del distacco e delle operazioni di transfert attraverso cui si manifesta nella stanza in quel momento. Con i pazienti schizoidi la situazione analitica corre il rischio continuo di essere un dialogo sul paziente piuttosto che un'analisi del paziente dato che non è in grado di poter tenere a mente la presenza dell'analista come parte del contenuto continuo di associazioni ha grosse difficoltà ad ascoltare le sue parole come parte del processo piuttosto che come un semplice contenuto esterno. Gli individui schizoidi sentono come non conflittuale rispetto all'analisi l'affermazione “non c'è niente di nuovo di cui parlare oggi” piuttosto che come un'affermazione all'interno dell'analisi. Quando il paziente accetta di seguire la regola fondamentale di riportare pensieri e sentimenti marginali egli ha implicitamente accettato anche il fatto che questo tipo di affermazioni sono in sé stesse del materiale per ulteriori associazioni ed è consapevole che l'analista ne è a conoscenza. La regola fondamentale diventa lentamente il compito in grado di assorbire il paziente, dal quale egli non può liberarsi facilmente, l'analista e quindi in grado di mantenere una relazione con un paziente schizoide che conserva la posizione analitica di osserva quale partecipe appunto l'analista deve lavorare costantemente con i continui effetti di questa situazione sul paziente come fonte di materiale transferale appunto lo stato mentale schizoide non è semplicemente uno stato di investimento emotivo scisso, è uno stato cronico di disperazione rispetto al sentirsi reali nel mondo del qui e ora punto la cornice di riferimento del paziente il suo dialogo interno virgola e da qui che egli guarda al mondo esterno come se stesse sbirciando un'immagine in movimento in cui egli sta svolgendo un ruolo. Questa condizione appare nei sogni dei pazienti schizoidi in varie forme metaforiche, ad esempio, vivere in una stanza dentro una stanza o passare la vita in prigione ma poter uscire tutti i giorni in permesso. La stanza interna, la prigione sono tutti intrinsecamente all'interno e non possono essere contattati direttamente dall'analista la stanza all'esterno, il permesso di uscita possono essere coinvolti, ma sono tutti “non-me”. L'unica speranza è quella di fornire una struttura analitica che porti volontariamente il paziente, anche se riluttante a rendere l'esterno autentico sul piano interpersonale il tentativo da parte dell'analista di spingere il paziente in un'esplorazione del suo dialogo interno e artificiale. il paziente deve quindi adattare il suo ruolo di paziente le nuove richieste dell'ambiente e osservare sé stesso parlare di sé altrimenti si ritirerà all'interno di uno stato di distacco ancora più profondo. E’ per questo che la situazione analitica deve includere un qualche compito in grado di assorbire che il paziente ha volontariamente deciso di intraprendere che gli richieda di andare oltre la sua capacità di adattarsi al nuovo mondo punto deve avere un compito che è obbligato a portare con sé dentro il suo mondo interno e che gli richieda di portare un poco alla volta le sue modalità di essere gradualmente al di fuori del suo mondo. La regola fondamentale diventa questo compito perché egli lo ha accettato e l'analista gli ricorda questo fatto attraverso la posizione di osservatore partecipe. E la libertà di essere interattivi all'interno della cornice analitica che definisce l'approccio interpersonale ed è l'internalizzazione da parte del paziente della regola fondamentale a fornirgli gradualmente il compito in grado di assorbire senza questo impegno da parte del paziente l'analista si trova nella posizione di dover tentare continuamente di tirarlo fuori dal suo mondo interno per portarlo dentro la stanza, senza che questo debba mai abbandonare la passività del suo io come atto volontario gradualmente integrabile all'interno di una rappresentazione di se stesso come di una persona autonoma e propositiva. E la combinazione di questi due ingredienti che consente all'analista di usare sé stesso in maniera più produttiva nell'aiutare i pazienti schizoidi uscire da da sé stessi e a restarvi. Il distacco viene visto nelle prime fasi della crescita come un guardiano dell'integrità dell'io che emerge per proteggere un fragile crescente senso di sé differenziato dalla potenziale minaccia di annichilimento proveniente da stimoli interni ed esterni che l'io, non ancora sufficientemente formato, non è in grado di integrare. È difficile collegare la sua funzione evolutiva alle profonde conferenze della struttura di personalità in cui si presenta. Il distacco come difesa dell'io è un fenomeno singolare opera direttamente sul mondo esterno ossia sugli stessi oggetti reali piuttosto che sulla sua rappresentazione interna come, per esempio, la rimozione e altri meccanismi legati. L'oggetto reale di fatto diviene meno importante meno valorizzato e meno desiderato. È fondamentale nella psicoterapia psicoanalitica valutare continuamente la qualità operativa del distacco, così da non perdere di vista il livello predominante delle rappresentazioni del sé e dell'oggetto ed è la capacità di relazione. Tradizionalmente il distacco è visto nella sua funzione di protezione contro i dolorosi affetti associati con l'attaccamento, come l'ansia da separazione, la perdita dell'amore il desiderare questa speranza. Esiste però una fonte di ansia non direttamente associata con l'attaccamento ma che gioca un ruolo importante nell'uso del distacco come avviene nei pazienti borderline, ad esempio, in cui si parla della paura della distruttività del proprio amore che gioca un ruolo centrale nel dilemma ha bisogno paura della schizofrenia. Winnicott descrive questa condizione in maniera particolarmente vivida quando parla dello sviluppo della capacità di preoccuparsi dell'altro e la qualità dell'attaccamento del bambino al seno. Sebbene la paura dell'abbandono e del caos interno possa effettivamente essere la fonte massima di angoscia in questi pazienti, quello che vediamo inizialmente, quando il distacco comincia a scaldarsi non è l'inizio di una relazionalità di oggetto ma di un'insaziabile, possessiva ed esigente brama che si accompagna ad un'intensa paura di distruggere e svuotare gli altri che vengono percepiti come persone con un bisogno e vendicativo di divorarli. Può quindi essere una spiegazione dell'odio nelle fasi iniziali del lavoro terapeutico che si traduce in “se sei in grado di sopravvivere a quello che ti faccio mentre ti odio, senza ritorcersi contro di me, allora forse possiamo sopravvivere entrambi a quello che ti faccio mentre ti amo”. In generale, il distacco come difesa tenta di convertire la paura di essere abbandonato, una paura passiva dell'io in uno spostamento attivo diretto lontano dalla relazione. Più ampia sarà la profondità del distacco, maggiore sarà il senso di futilità, il che equivale a dire che non c'è nessuna speranza di una buona relazione. Vi è un'eccezione a questa concezione cioè quella del narcisismo patologico. Una delle caratteristiche principali del disturbo è proprio l'assenza di questa particolare esperienza di futilità e che rende alcuni pazienti così resistenti alla terapia analitica mettendo a dura prova il terapeuta. Nei disturbi narcisistici di personalità il distacco svolge la funzione di preservare l'integrità della struttura patologica del sé grandioso. Così, fino a che questa struttura non inizia a perdere la sua sovranità, la disforia e la futilità non provengono dalla perdita di speranza per una buona relazione, ma da una sensazione qualsiasi di aver bisogno di una relazione cioè dall'esperienza di inadeguatezza che sta scompagina a un qualsiasi segno che al paziente manchi qualcosa che non è in grado di procurarsi da solo. Non appena la struttura del sé grandioso inizia a diminuire la sua portata, manifesta spesso uno spostamento corrispondente nella funzione operativa del distacco. Un luogo in cui questo cambiamento si manifesta frequentemente e nell'uso del linguaggio, in special modo nel linguaggio che si collega al concetto delle proprie limitazioni. LO SPECCHIO E LA MASCHERA: nel corso dei decenni precedenti vi è stato uno spostamento del focus psicoanalitico verso la teoria del campo e del contesto interpersonale intesi come mezzo sia dello sviluppo normale sia del cambiamento terapeutico. Questo ha portato ad una maggiore armonia fra i modelli di sviluppo della psicopatologia e della tecnica psicoanalitica e ha spostato l'attenzione sulla crescita del se vista come inseparabili dalle interazioni se altro. gli analisti hanno iniziato a studiare il modo in cui il campo interpersonale media il processo con il quale le rappresentazioni del sé e dell'oggetto nascono e si strutturano internamente; Come esperienze interpersonali inadeguate che si verificano durante la maturazione possono condurre ad una patologia strutturale del mondo rappresentazionale e come questa patologia può condurre a specifiche forme di disturbi del carattere condizionati come non trattabili dagli psicoanalisti. Il tema del narcisismo e quindi tanto diventato affascinante quanto inespressivo e artificiale come nel passato. La personalità narcisistica è diventata accessibile al trattamento psicoanalitico come un essere umano vivente ma il termine narcisismo è ora più vago e ambiguo. Le qualità che definiscono il narcisismo sono molto spesso descritte psicoanalitica come una triade di vanità, esibizionismo e ingratitudine arrogante che è quello che la parola narcisismo è giunto a specificare nell'uso popolare. Bach descrive quello che si prova stando dietro il lettino dell'analista come un parlare al vento o scrivere sulla sabbia perché il paziente accetta le parole dell'analista non ne registra nemmeno il reale contenuto. una seduta che sembra aver condotto una certa comprensione e un'esperienza di un certo tipo può essere totalmente dimenticata, l'individuo tende quindi a non sentirsi al centro della propria vita, gli ha impedito un pieno coinvolgimento nel vivere perché si trovava bloccato sul piano evolutivo fra lo specchio e la maschera ossia una stima di sé riflessa e una sua ricerca e/o una sua ricerca camuffata attraverso cui il se cerca o trova affermazione del proprio significato. Vivere così diventa quindi il controllare l'ambiente e gli altri da dietro una maschera. L'esperienza di realizzazione viene trasformata in quella di manipolazione sfruttamento e di un vago senso di presa in giro dagli altri. uno stato di benessere diviene l'obiettivo del vivere piuttosto che la sua qualità caratteristica è il sentimento di esistere momento per momento poca rilevanza se non come preparazione per il momento successivo. Quello che consente a queste persone di andare avanti è una struttura interna che si riferisce al sé grandioso la sua funzione principale è quella di essere perfetta quindi ottenere approvazione non essere mai dipendente non sentirsi mai in qualche modo mancante qualcosa. Secondo kernberg il timore più grande di questi pazienti è quello di dipendere da qualcuno perché la dipendenza significa odio, invidia ed esporsi al pericolo di essere sfruttati o maltrattati. Ogni confronto con questa immagine di perfezione di sé stessi evoca di conseguenza un immediato bisogno di proteggerla e l'altra persona viene solitamente accolta con una dose di sprezzante distacco o di rabbia moralistica. L'immagine presentata è quella del narcisismo patologico è difficile stabilire quale sia il narcisismo Normale a differenza di quello patologico, ma si sa che nell'uomo un livello rappresentazione nucleare del sé fusa in maniera ugualmente concreta con la stessa unità interpersonale. Questi individui non possiedono un'identità nucleare sufficientemente stabile dei propri diritti troppo spesso sufficientemente flessibile da poter indietreggiare e osservare se stessi nel processo analitico mentre si trovano immersi in se stessi appunto non possono lavorare sul transfert fino a che non si libera non liberano se stessi almeno in una certa misura dalla particolare rappresentazione di oggetto concreto e oggetto parziale che definisce il sentimento di base del loro valore personale. Per i pazienti di narcisismo patologico la rappresentazione del sé grandioso è fusa con l'oggetto che soddisfa un bisogno da un insieme di operazioni interpersonale concepite per preservare l'oggetto del diventare più che uno specchio e quindi da mantenere mascherata la vera natura di queste operazioni. L'analista e la situazione analitica sono delle versioni esterne di questa rappresentazione mentale concreta ed è quindi difficile aiutare questi pazienti a mobilitare la loro capacità di osservazione critica appunto secondo Baker non possono lavorare sul rinunciare al loro vecchio mondo senza che uno nuovo venga sentito perlomeno alla loro portata. Un aspetto del processo analitico, quindi, è quello di facilitare lo sviluppo da parte del paziente della necessaria struttura mentale da poter utilizzare nella maniera più piena. è per questo che la relazione terapeutica e la relazione è lo strumento più influente complesso del processo terapeutico appunto rappresenta un ambiente terapeutico che può essere adattato in maniera flessibile a livello evolutivo del paziente. L'azione terapeutica del processo analitico contiene per ogni paziente sia l'interpretazione come fattore mutati sia il rispecchiamento come fattore riparativo. Il significato di ogni elemento nel campo interpersonale dipenderà dal livello evolutivo della struttura mentale che definisce la sua identità nucleare per alcuni pazienti la possibilità di poter utilizzare la situazione analitica dipenderà dal livello di sviluppo di un senso stabile di identità separata, mentre per altri sarà un problema di scarsa rilevanza appunto. Pine distingue tre affetti che derivano dagli effetti precoci e affetti creati quando si presentano le giuste strutture psicologiche. Se non è presente un sufficiente senso di identità nucleare separata per poter essere con in analisi implica la necessità evolutiva di un periodo iniziale che consenta alla creazione delle giuste strutture psicologiche interne sulle quali possono essere codificate le acquisizioni successive. Utilizzando la presenza e la disponibilità emotiva dell’analista, quindi, viene fornito al paziente un setting nel quale può iniziare a identificare queste strutture indispensabili e sanare lentamente le sorgenti di angosce. Nel caso del narcisismo patologico prima che il paziente possa sviluppare una genuina alleanza di lavoro e la capacità di apprezzare e utilizzare concettualmente nuove forme di esperienza di se stesso e comunicare attraverso l'altro deve modificare la sovranità del sé grandioso tanto da consentire a un'altra persona di esistere come entità separata nel mondo rappresentazionale. Senza questa capacità egli dipende dal rispecchiamento come mezzo per mediare l'angoscia continuerà a respingere ogni esperienza discrepante con l'immagine di se stesso come di una persona che non ha bisogno di nulla e che non sia già parte di sé o che non faccia parte di un controllo totale sull'altro quesito in senza narcisistico appunto quindi per questi pazienti è importante lo sviluppo di una tolleranza dell'angoscia per il processo analitico. Si muove mano nella mano con lo sviluppo la strutturazione del sé ed è una delle variabili centrali che determina la capacità di questi individui di lavorare nel transfert. quindi l'obiettivo del lavoro è l'auto perpetuamente della crescita della personalità ossia l'internalizzazione da parte del paziente della funzione analitica dell'analista in quanto aspetto dell'autonomia dell'io. Questo risultato dipende dalla capacità dell'analista di liberare il paziente dalla presa del transfert narcisistico come sorgente primaria di sostentamento dell'io e dalla paura di un suo esaurimento come più importante fonte d'angoscia. Non è esclusa la possibilità che lo sviluppo nel trattamento di una tolleranza dell'angoscia di rappresentazioni mentali se altro possa avere un ruolo centrale nel normale sviluppo cognitivo emozionale dell'infanzia. Ogni forma di angoscia infantile costituisce il punto di inizio che va dall’età infantile all’età adulta. La qualità della forma originaria di ogni tipo di angoscia è collegata con il livello di sviluppo delle strutture psichiche esistenti in quel momento e la particolare qualità dell'esperienza iniziale continua a risuonare in una certa misura per tutto il ciclo di vita punto questo approccio è utile nel differenziare il tipo di approccio più adatto per i pazienti per cui l'identità nucleare definita è data per scontata, da un approccio più facilitante per cui i pazienti come quelli con disturbi narcisistici per i quali si tratta di un compito da completare attraverso il lavoro analitico. In questo gruppo di pazienti la più profonda sorgente di angoscia trova la sua origine prima del completo sviluppo dell'io e del conflitto intrapsichico e prima dell'evoluzione di un livello superiore di difese dell'io. Nasce dal bisogno di proteggere il se, fragile e scarsamente differenziato dalla potenziale marcia di annichilimento da parte di esperienze interne ed esterne che non è ancora sufficientemente autonomo per poter integrare, e che vengono in questo modo sentite come violente e ignote punto La maggior parte di quello che chiamiamo resistenza e nella terapia psicoanalitica ha a che fare con l'angoscia connessa alla scoperta conscia dell'ignoto e del nuovo degli aspetti alieni del sé e degli oggetti persone significative delle loro relazioni. L'angoscia dell'estraneo viene vista come Normale nei neonati dai 7 agli 8 mesi di età secondo Freud. Anche se fino a quando l'immagine dell'oggetto non può essere evocata in sua assenza non è possibile dire che il neonato abbia internalizzato una vera e propria rappresentazione mentale dell'oggetto attraverso cui la graduale perdita dell'onnipotenza diviene collegata al mondo esterno virgola che il neonato viene gradualmente ad accettare e a chiamare realtà punto è qui che inizia perché è qui che si viene a sviluppare una struttura cognitiva che consente a un mondo esterno e un mondo interno di venire creati. L'esistenza di questa struttura diviene quindi l'origine potenziale di una nuova linea di angoscia lanciata con la minaccia del sé punto il se ora inizia ad avere una rappresentazione che organizza l'esperienza Visa V con l'oggetto. Con il proseguire dell'oggetto di separazione individuazione la fonte di angoscia si sposta lentamente dalla separazione all'individuazione. Tanto più si verifica lo sviluppo di un se e un oggetto differenziati piano interpersonale, tanto più sono l'esperienza di individuazione e delle difese mature dell'io più che l'illusione di non separatezza a definire l'integrità del sé. Quindi quella che noi vediamo come angoscia dell'estraneo dell'ottavo mese potrebbe essere il chiaro esempio di un fallimento della matrice interpersonale nel mediare dolcemente la transizione del neonato verso un'esperienza differenziata del sé. La realtà esterna rinforza il bisogno di mantenere la sicurezza di un'auto contenimento onnipotente attraverso il controllare piuttosto che internalizzare della realtà esterna. Nel processo di separazione individuazione lo sviluppo del sé e dipende dal raggiungimento da parte del bambino di un funzionamento separato in presenza della madre e della sua disponibilità emotiva. Questo processo mette il bambino continuamente davanti a minacce di perdita dell'oggetto: un trauma che si verifica durante questa precoce fase di sperimentazione interferisce con quello che la Mahler descrive come la successiva capacità del neonato di scambiare un po della sua magica onnipotenza per l'autonomia e lo sviluppo dell'autostima. da adulto quindi tenderà a mantenere questa precoce vulnerabilità all'angoscia, vulnerabilità proveniente da una fonte evolutiva mai guarita se l'arresto evolutivo è sufficientemente grave la trionfa onnipotente rappresentazione del sé oggetto diventa il nucleo del sé grandioso che si ottiene nel narcisismo patologico. A questo punto potremmo chiederci cosa rende il paziente fiducioso verso l'analista? Ciò che consente all'analisi di aver luogo è innanzitutto una matrice empatica condivisa fra paziente e analista che riafferma il senso del paziente di un'identità nucleare preconizza e preverbale e conduce al sentimento di essere compreso. Questa matrice empatica in concomitanza con un appropriato livello di funzionamento dell'angoscia consente quindi all'analisi di aver luogo. L'aspetto importante da riconoscere nella situazione analitica è che essa non è un ritorno alla simbiosi ma la ricreazione analitica delle strutture mentali transizionali attraverso cui la comunicazione con l'analista possa includere la crescente capacità del paziente di essere egli stesso la persona di cui sta facendo esperienza l'analista. In un'analisi condotta con abilità il sé del paziente non utilizza questa esperienza come una stampella ma è incoraggiato dall'esistenza di questa esperienza a compiere da solo le operazioni rassicuranti, ora però senza la necessità di un illusorio oggetto esterno calmante. Il possibile vantaggio derivante dall'approccio interpersonale al trattamento analitico consiste nel considerare come un processo di indagine mediato da una responsività situata nel punto di interazione fra un gradiente di angoscia e un gradiente di empatia. Un vantaggio quindi può essere l'alleanza terapeutica in quanto racchiude la variabilità presente fra le diverse analisi e all'interno di ogni analisi rispetto alla relazione analitica più o meno personale, livello di contatto empatico più o meno profondo, l'adattarsi all'analisi abilità del paziente virgola di lavorare con il fatto che i pazienti con patologie dell'io più gravi richiedono un maggiore adattamento responsivo da parte del terapeuta in particolare nelle prime fasi del trattamento analitico. Secondo l'autore, quindi, a prescindere da chi sia il paziente la crescita dell'io e la capacità di maturare attraverso il padroneggiamento del conflitto interno e della frustrazione richiede un setting analitico che vada incontro a precoci e basilari bisogni di affermazione dell'io. Patologie dell'io come il narcisismo patologico richiedono una maggiore sofisticazione giovane e maturazione personale da parte dell'analista nell'adattarsi ai mutevoli bisogni di affermazione del paziente in un modo che arricchisca, piuttosto che contaminare il campo analitico. L'affermazione non preclude l'interpretazione. I pazienti narcisistici sono quelli per cui l'interpretazione tradizionale in certe fasi della loro analisi non è distinguibile dagli altri atti di attribuzione negativa delle figure genitoriali. L'atto nell'interpretare è distinguibile da un tentativo da parte dei loro genitori so tutto io di squalificare la loro realtà e di lasciarli come nient'altro senz'altro che egoismo e un senso di fallimento attribuito al loro comportamento. Sono individui per i quali il contenuto di un'interpretazione diretto ad una resistenza sarà elaborato come un segno del narcisismo dell'analista. la capacità di questi pazienti di lavorare alla fine nel transfert è un processo graduale, lo stadio finale in cui vi è la capacità di percepire una resistenza trasferire come tali. L'angoscia estranea in questo caso proviene dalla minaccia di non riuscire a controllare l'analista e la situazione analitica ossia il fallimento del sé grandioso. la resistenza durante questo periodo transizionale meglio comprensibile come una difesa globale diretta contro la precipitosa perdita del vecchio mondo piuttosto che come tentativo di evitare nuovi insight. E quindi un periodo in cui la fantasia del paziente e che in realtà non ci sia la necessità di dover lavorare nell'analisi, il corretto equilibrio fra empatia e angoscia mentre questo periodo è un approccio analitico che inizia in maniera sottile a sfidare questa fantasia senza minacciare la capacità del paziente di utilizzarla sul piano transferale. Bisogna tener presente che il paziente è un adulto le cui funzioni dell'io sono sviluppate in maniera insufficienti all'interno di una relazione umana, non semplicemente un neonato sotto mentite spoglie un lavoro interpretativo di un certo tipo può e deve essere tentato fin dall'inizio se si vuole che l'empatia abbia un qualche significato che vada oltre una manovra tecnica semi artificiale concepita nella speranza di ricapitolare l'infanzia e riparare le originali carenze. Spesso contiamo sull'esistenza nel paziente di un'entità nucleare coesa che venga sentita da noi e dal paziente più o meno come la stessa a prescindere dai cambiamenti negli Stati del sé dalle alterazioni del funzionamento mentale o dall'emergere improvviso del fenomeno dissociativo che Sullivan chiama l'esperienza di non me. Ci sono individui per i quali il processo di dissociazione si verifica non solo tra i domini di esperienza ma in pratica tra aspetti stessi dell'esistenza. Per questi individui l'inadeguatezza delle precoci relazioni d'oggetto ha danneggiato così seriamente il normale sviluppo delle strutture mentali in grado di ridurre la tensione che alcune costellazioni di esperienze prese, troppo intense può essere elaborate cognitivamente dal sé in via di sviluppo sono state forzate a essere conservate come stati mentali insopportabilmente traumatici il più possibile dissociati. Nella misura in cui un bambino traumatizzato ha la capacità e l'opportunità di utilizzare la dissociazione come mezzo per affrontare il trauma egli vi farà sicuramente ricorso ma il costo di plasmare la personalità in questa direzione e la sensazione costante che vi sia qualcosa di sbagliato e la determinazione a farla andare nel verso giusto. Vi è un'esistenza piena di significato nel presente ostacolata da un passato traumatico privo di tempera qua il presente poco più che un mezzo attraverso il quale questo passato può essere conosciuto attivamente risvegliato e curato. La situazione di schermo onirico o allucinazioni bianche presuppone che il sintomo sia un complesso di esperienze sensoriali ricordato e riportata da alcuni pazienti, che si verificano nello stato crepuscolare di consapevolezza che precede immediatamente l'addormentarsi. Si tratta di un fenomeno ipnagogico sperimentato in maniera caratteristica come la sensazione visiva di una larga e distinta massa che avvicinandosi verso la faccia diviene sempre più ampia minacciando di avvolgere e schiacciare la persona. La vita diventa così la ricerca di un modo per elaborare la demoniaca realtà interna attraverso una relazione umana ma non esistono pensieri in grado di unire presente e passato così da collegare il mondo intersoggettivo del trauma con il mondo soggettivo di un'altra persona. com'è quindi possibile descrivere la posizione di un analista che per tutta la vita ha lottato per impedire agli aspetti traumatici della sua esperienza di essere pensati e di trovare una voce per questi Stati del sé? Il trattamento può essere quindi inteso come un'opportunità per gli individui sofferenti di sperimentare una rinascita e quindi può valere la pena riflettere su questa descrizione come contesto appunto di metafora in cui i pazienti analista devono coesistere. C'è stata una notevole resistenza fra le diverse scuole di pensiero analitico rispetto al fatto che la dissociazione una risposta al trauma e la qualità della relazione assume un significato speciale. Com'è possibile quindi negoziare il lavoro analitico con dei pazienti per cui la negoziazione è un'arte come che non è mai stata appresa. Winnicott descrive l'uso di uno spazio transizionale cioè un'area intermedia e indisturbata di comunicazione diretta verso l'illusione come la capacità dell'analista di creare e sostenere una cornice all'interno della quale il paziente più vulnerabile la traumatizzazione da parte dello stesso processo analitico e se non riusciamo a compattarci in un modo che faciliti il processo analitico del paziente improvvisamente diventiamo per il paziente il non me e allora sappiamo troppo diventiamo pericolosi. È come se il paziente stesse dicendo che l'analista deve in qualche modo perdere la sua mente per poter conoscere quella del paziente: la capacità dall'analista di fare un uso creativo di questo stato di relazionalità disorganizzato, mantenendo il proprio centro di soggettività senza infliggerle al paziente e il cuore di questa parte di lavoro. Ma dove esiste quella capacità di avere un interno e un esterno e un analista che tenta nel suo modo unico e personale di mantenere un piede in uno e in un piede nell'altro di questi ambiti senza perdere l'equilibrio e la sua mente? Il problema è che ogni cornice di lavoro deve essere descritta minuziosamente in maniera sufficientemente approfondita da poter servire all'analista come affidabile. Storicamente sono state poche figure principali capaci di collegare i problemi di realtà esperienziale e direttamente osservabile e di tradurre il processo analitico in un linguaggio scritto con un piede all'interno e l'altra all'esterno. Pensiamo ad esempio a Balint in tessuto che hanno una dedizione particolare verso la comprensione e il trattamento degli Stati della mente regressi in un milieu psicanalitico. La convinzione di Balint circa la centralità della relazione umana come luogo dello sviluppo e della crescita terapeutica della personalità così come il suo scetticismo rispetto alla reale efficacia dell'interpretazione verbale lo ha reso come successo per Sullivan una figura controversa. Ognuno considerava lo sviluppo della personalità come organizzato all'interno di una matrice relazionale che modella e viene modellata dalle strutture rappresentazioni alimentali. Poiché le loro idee si sono evolute all'interno di un diverso retroterra culturale analitico e filosofico vi sono delle differenze nella configurazione figura a sfondo creata da ognuno di loro per ritrarre l'interfaccia tra la realtà esterna ed esterna. Per Sullivan vi è una spiegazione di cosa avviene fra le persone che porta alla formazione di strutture mentali disadattive. per Balint lui è identificato principalmente con la presenza di un'enfasi esperienziale nei suoi scritti con la profonda comprensione di cosa accade all'interno degli individui in seguito a un'esperienza precoce interpersonale inadeguato traumatica. Balint concepisce il neonato come coinvolto fin dalla nascita sul piano interpersonale riconoscendo prima del raggiungimento del linguaggio comunicativo la qualità ambigua e instabile della differenziazione fra sé e altro ha ritratto in maniera vivida e sensibile il successo sviluppo del senso del sé nucleare, che avviene quando il bambino e la madre sono capaci di partecipare ad un adattamento reciproco relativamente armonioso che consente all'esperienza precentuale del bambino di essere organizzata in maniera interpersonale dal pensiero e dal linguaggio. Winnicott parlava del riconoscimento materno attivo dai bisogni del bambino e come di un processo interpersonale che trascende gli aspetti della gratificazione della frustrazione. A conferma della mutualità della diade madre bambino Balint caratterizzava l'emergere di due distinte posizioni interpersonali verso la vita che si sviluppavano a livelli diversi: queste due dimensioni erano fondamentali e attorno alle quali viene a definirsi la futura crescita della personalità e sono ocnofilia e il filo battismo. L’ocnofilia è una tendenza a sentirsi al sicuro nel formare dei legami affettivi, il filo battismo nel sentirsi sicuri con se stessi. Nella normale varietà della vita quotidiana le due tendenze c'erano solamente in maniera relativamente armoniosa e non vengono sentite come forze opposte in tutti i momenti tranne quelli in cui il proprio senso soggettivo della realtà viene a perdere parte della sua organizzazione strutturale verbale e concettuale. Alcuni individui però sono meno fortunati degli altri: controllano i loro mondi chiusi ma diversamente da altri si sentono intrappolati al loro interno. quando la tendenza ocnofila o filobate domina in maniera eccessiva la personalità, l'individuo soffre gli effetti della sua modalità caratteristica di compensare l'insufficienza dell'opposto. L'esperienza non è quella di una vita vissuta in uno stato di conflitto ma è quella di vivere qualcosa di sbagliato presente dentro di sé che il linguaggio non è in grado di descrivere. Egli riteneva che il trauma infantile causato da questo si ripetesse troppo spesso nella situazione analitica a causa di quello che ha chiamato il “BIAS OCNOFILO” dell'analisi classica ossia la sopravvalutazione del linguaggio e dell'interpretazione verbale come solo i veicoli della relazione. secondo Balint l'angoscia del paziente non si basa solo sulle precoci esperienze di vita ma anche su quello che realmente accade fra loro. anche Sullivan parla dell'unicità della diade pazienti analista ci sono infatti dei principi che guidano un analista definito come un terapeuta partecipe genuina genuinamente curioso di conoscere relazionarsi con il se realmente presente nella stanza insieme a lui in quel momento. Balint tenta di trovare un linguaggio che è qui un'immagine di recettività non intrusiva esplicitando al contempo la sua posizione interpersonale punto vi è sempre un'azione da parte dell'analista e questa include il suo stato di ricettività: l'analista come centro partecipe di soggettività non può scegliere di non essere attivo.in questo senso comprensione e tolleranza sono qualità inerenti all'esterno un'analista così come la galleggiabilità lo è per l'acqua. L'analista è un essere umano pensante che sceglie in certi momenti di porre davanti a ogni cosa il sintonizzarsi con lo stato della mente del paziente ed è quindi una scelta attiva e il paziente lo sente e sa che è così. è un differente ordine di sicurezza quello che ci fa consegnare a una sostanza primaria senza mente da cui non ci si attende nessuna nozione soggettiva indipendente punto la fiducia da un paziente adulto è basata sulla capacità di dipendere dall'analista a prescindere da una consapevolezza rispetto alle sue capacità di conservare degli interessi personali. La regressione terapeutica si riferisce al grezzo stato di disequilibrio cognitivo consentito da un paziente analitico come parte della progressiva auto perpetuamente ristrutturazione delle rappresentazioni del sé e degli oggetti. la vividezza e l'immediatezza degli Stati regrediti di esperienza diventano il nucleo di una riorganizzazione attiva del sé interpersonale è un aspetto della situazione analitica e la creazione di un ambiente relazionale che consenta, piuttosto che indurre la regressione terapeutica. Il paziente permette l'emergere di stati regrediti di esperienza. più profonda la regressione che può essere consentita con sicurezza del paziente, più ricca sarà l'esperienza e maggiore sarà la sua riverberazione sull'organizzazione totale del sé. In caso di gravi dissociazioni alla persona impedito un pieno senso del sé e della non è in grado di sentirsi reale o di raggiungere un uso creativo di se stessa nel mondo con un senso di autenticità appunto questo processo può essere visto come una regressione a livello di relazione d'oggetto in cui si è verificata la dissociazione ma in un ambiente ora affidabile attraverso cui il mondo interno è stato ristrutturato con una comunicazione interpersonale in un'atmosfera di sicurezza. La psicoanalisi può essere intesa come un'opportunità di rinascita psicologica ma non una riproposizione letterale del passato. il bambino presente nel paziente è una creatura complessa, non si tratta mai semplicemente del bambino originario che torna nuovamente a vivere ma sempre di un aspetto di un adulto consapevole e consenziente. È corretto ritrarre la relazione tra l'analista e il bambino come se simultaneamente reale e metafora. La regressione è una metafora ma solo una metafora ed è solo rispettando la brillante osservazione di sull'ignoranza di relazionarsi direttamente al sé che era presente il bambino reale che possiamo ottenere un contatto diretto con le parti dissociate della personalità. L'atto del riconoscimento è il mezzo attraverso cui il paziente è trascinato a far sì che quello che si trova all'interno interagisca con l'esterno. lo sforzo da parte dell'analista di creare un'area di illusione che vada oltre la sua immagine della realtà basata sulla fantasia genitoriale di chi sia realmente e oltre la vita privata non formulata dall'esperienza interna dissociata. Il transfert comporta un enactment in cui questi due elementi vengono collocati da pazienti analista come esito di una comunicazione intersoggettiva l'analista facilita le condizioni che consentono il verificarsi di questo processo può prendervi parte. Egli diviene in grado di esperire il mondo interno del paziente direttamente come atto relazionale. il ruolo dell'analista ha creato non semplicemente dal suo innato talento empatico con i pazienti regrediti ma dal continuo uso dello scambio agito dal evitare l'imposizione di un significato così col paziente possa sentirsi libero di mettere in atto nuove modalità di essere, senza paura o senza perdere in maniera traumatica la continuità del chi sia. Da un punto di vista relazionale sfugge a qualsiasi tentativo di classificazione sia normale che patologica in psicoanalisi si verifica spesso in uno stato di dissociazione del sé creato per comunicare l'esistenza di una verità che il paziente sta vivendo rispetto all'analista che non può essere pensato diretta all'interno di un contesto della rappresentazione se è altro in cui si basa la relazione in quel momento. Nonostante la molteplicità di fattori che possono operare in un dato momento nei pazienti, un analista tenderà in maniera intuitiva a preoccuparsi meno per i pazienti la cui personalità nucleare può essere considerata più organizzata rispetto a coloro i quali hanno invece un sè di tipo dissociativo. Alcuni pazienti, per esempio, addirittura sembrano incapaci di tollerare le vacanze dell'analista o le interruzioni festive. Il paziente che telefona senza una buona ragione si trova spesso in uno stato del tre dissociato che call center l'accesso al solo bisogno di contattare e ricordo di aver avuto il permesso di chiamare è necessario e in questo stato il bisogno e spedito il concetto di necessità sono equivalenti sul piano esperienziale. Putnam definisce la dissociazione come la fuga quando non c'è via di fuga e quindi una difesa contro il trauma che diversamente dalle difese contro il conflitto interno non nega semplicemente l'accesso al se di sentimenti pensieri e molti ricordi potenzialmente minacciosi ma slitterà perlomeno in maniera temporanea l'esistenza di quel se per cui può verificarsi il trauma e quindi è una quasi morte. Ritornare alla vita significa invece riconoscere e affrontare la morte non semplicemente la morte dei propri oggetti primari come personali ma la morte di quegli aspetti del sé a cui questi oggetti si sono Uniti. nel momento in cui il paziente inizia ad abbandonare l'immediata assoluta verità della realtà dissociata a favore di un conflitto interno di una relazionalità umana e lì scopre che non vi è scelta che comporti dolore. Quindi Russell sostiene che l'esperienza del paziente e del riconoscimento e dell'elaborazione del trauma richiede la capacità per un certo tipo di pena dobbiamo presumere che il dolore che si accompagna a questa pena sia estremo tra i più dolorosi dell'esperienze di vita punto è un'ipotesi necessaria visto l'enorme prezzo psicologico pagato per continuare a evitarlo. Quasi ogni essere umano è in grado di utilizzare linguaggio come mezzo comunicativo per comunicare quindi la sua identità personale come una realtà sociale oggi attiva e duratura che trascende il qui e ora appunto utilizza quindi la capacità linguistica non solo per illuminare vocalmente quello che sente e vuole ma anche per esprimere attraverso l'interazione linguistica chi crede che sia e chi crede che siano gli altri e quanto siano accessibili queste rappresentazioni mentali del sé e dell'altro a modificazioni negoziabili davanti a percezioni contraddittorie che sorgono dallo scambio sociale. Questo processo Sullivan lo definisce validazione consensuale. La capacità di esprimere sul piano linguistico la propria esistenza di identità personale è così fondamentale per l'essenza di un essere umano che in quei rari casi in cui viene persa o alterata in modo irreversibile l'esperienza di diviene quasi incomprensibile agli altri. Le narrative personali non possono essere modificate semplicemente da un input verbale più accurato punto la psicoanalisi deve fornire un'esperienza percettivamente differente dalla memoria narrativa del paziente Sullivan direbbe che la psicoanalisi sia una vera cura parlata. Un aspetto centrale di questo processo risiede nel fatto che la relazione paziente analista inevitabilmente condotta all'interno del racconto della storia è vissuta da entrambi come un'entità vivente che con il procedere dell'analisi deve avvenire continuamente rinegoziata. E in questo senso che l'indagine psicoanalitica rompe la vecchia cornice narrativa ossia la storia del paziente evocando attraverso le nachman delle esperienze percettive che non si adattano a essa, consentendo un cambiamento così della narrativa. Le narrative validate consensualmente contenenti eventi ed esperienze di configurazioni se altro precedentemente escluse iniziano a formarsi a essere simbolizzate non dalle parole ma dal nuovo contesto relazionale che le parole giungono a rappresentare. Perché un paziente in analisi esamini la propria natura con intuito psicologico e utilizzi in maniera creativa quello che viene agito deve esistere per lui una simultanea opportunità di esaminare la natura dell'analista con uguale senso di libertà e di sicurezza. In primo luogo, un analista non può tentare di mantenere un'immagine di opaca neutralità tecnica troppo a lungo senza riconoscere che questo verrà percepito come un'ingiunzione a vedere l'analista non come realmente ma solo come diverso dagli altri fatta eccezione per le distorsioni transferali. I pazienti con disturbi di personalità soprattutto risponderanno inevitabilmente a questo atteggiamento come un tentativo di estrazione della loro realtà percettiva entrando in un prolungato stallo analitico o imparando a essere dei pazienti migliori come parte della loro narrativa del sé già esistente. È stato scoperto dalla psicoanalisi e il compito pratico è diventato la negoziazione della situazione analitica. Si è fatto proprio il lavoro come analisti quando si aiuta il paziente a rinarrare la sua storia in un modo che rende concepibile raggiungibile il cambiamento. Una narrativa del sé non è né la versione parlata di chi sia il paziente e nemmeno qualcosa che può essere modificato e riscritto introducendo una più accurata versione di chi sia. Quello che Bruner chiama atto di significato è situato nel suo essere un atto relazionale quindi non mediato all'indottrinamento ma da un interscambio costruito consensualmente fra la continuità della propria verità e l'immediatezza di una discrepante percezione altrui su se stessi solo così un nuovo significato può essere conservato sul piano cognitivo punto la capacità di un atto relazionale di alterare la propria verità è situata nell'opportunità che fornisce di percepire una visione alternativa della realtà piuttosto che un affannarsi per credere a una versione alternativa che ha senso ma che possiede uno scambio minimo con la narrativa di sé. La percezione e implicante un processo interattivo di responsività verso il mondo che opera per conto della motivazione del comportamento di chi percepisce allora è da queste precise azioni che viene fornito significato all'informazione percepita punto si tratta di un modo di intendere la percezione come un processo dinamico che nel mondo della relazionalità umana include l'interazione dinamica fra due soggettività che continuamente si leggono non l'altra ma che sono sempre immediatamente consapevoli di quello che stanno leggendo quindi la psicoanalisi è un processo concepito per migliorare come suo primo atto la percezione. La capacità di un individuo di consentire alla propria verità di essere alterata dall'impatto di un altro dipende dall'esistenza di una relazione in cui l'altro può essere esperito come qualcuno che paradossalmente accetta la validità della realtà interna del paziente e partecipa all'atto di costruzione nel qui e ora la realtà negoziata discrepante. Sul piano clinico l'aspetto critico per ogni paziente riguarda la forza contenuta dalla verità soggettiva delle precoci rappresentazioni del sé e dell'altro e la misura in cui sono ancorati a essi dalla paura del trauma psichico. La storia del paziente non si trova solo nel contenuto linguistico. i pazienti infatti non rivelano le loro fantasie inconsce all'analista: sono le loro fantasie inconsce che vivono insieme all'analista attraverso l'atto della psicoanalisi che include tanto la soggettività dell'analista quanto quella del paziente punto la narrativa personale del paziente si trova sempre nell'interfaccia fra l'ombra e la sostanza ed attraverso l'atto relazionale della psicoanalisi che il paziente come personificazione della sua narrativa arriva mentre racconta la sua storia a essere conosciuto per mezzo dell’enactment. L'ombra e la sostanza vengono quindi catturate e riconosciute in un nuovo dominio di realtà, un campo intersoggettivo caotico in cui la collisione fra memoria narrativa e percezione immediata contengono l'esistenza simultanea di realtà multiple e di rappresentazioni se e altro disgiuntive. DISSOCIAZIONE E CONFLITTO: La crescita strutturale della personalità non consiste semplicemente nell'aiutare il paziente a modificare una rappresentazione del sé unificata e disattiva con una rappresentazione ugualmente plausibile ma più adattiva, quanto piuttosto in un processo che comporti rivolgersi alle singole sotto narrative ognuna con le sue condizioni e far sì che fa venire una negoziazione fra loro. ogni persona ha un insieme di schemi discreti più o meno sovrapposti su chi sia ognuno organizzato intorno a una particolare configurazione se e altro tenuta insieme da una stato affettivo o Eccezionalmente intenso. La psiche è una struttura che origina e si sviluppa come una molteplicità di configurazioni se è altro o stati comportamentali che con la maturazione sviluppano una coerenza e una continuità vissuta come un senso coeso di identità Personale. In alcune persone l'illusione adattiva della propria continuità viene data per scontata in altre no. quello che chiamiamo inconscio potrebbe includere la sospensione o il deterioramento delle connessioni fra Stati del sé prevedendo che alcuni aspetti del sé abbiano accesso alla personalità all'interno dello stesso stato di consapevolezza. La misura in cui i nostri Stati del sé sono simultaneamente accessibili alla consapevolezza è il criterio che gli analisti hanno tradizionalmente utilizzato per determinare l'analizzabilità di un paziente. La differenza tra i pazienti classicamente definiti non analizzabili e quelli inadatti è una questione del grado in cui gli Stati del sé sono dissociati fra di loro. l'obiettivo della dissociazione è quello di mantenere la personale continuità coerenza e integrità del senso del sé ed evitarne la dissoluzione traumatica. Come lo fa? L'esperienze del sé originano da Stati del sé relativamente disconnessi ognuno coerenti nella propria giustezza mentre l'esperienza di un sé unitario è un'illusione adattiva acquisita con la crescita. quando questa illusione di unità è minacciata in maniera traumatica da un inevitabile precipitoso sconvolgimento essa diviene un ostacolo perché rischia di essere sommersa da informazioni che non puoi elaborare simbolicamente trattare come uno stato di conflitto. quando l'illusione di unità è troppo pericolosa per essere mantenuta quella che chiamiamo compulsività e pensiero ossessivo poi spesso servire per sostenere il processo dissociativo riempiendo questi spazi. I disturbi di personalità possono essere considerati come l'esito carattereologico di un uso eccessivo della dissociazione nella creazione di questi schemi del sé e dell'altro, un'identità in parti organizzata come risposta proattiva e difensiva la potenziale ripetizione del precoce trauma. Nei disturbi di personalità l'individuo non può sostenere modi conflittuali di vedersi faccia a faccia con i suoi getti all'interno di un singolo stato esperienziale, quel tanto da poter sentire la spinta soggettiva di affetti avversi e percezioni di sé dissonanti come uno stato della mente che vale la pena assumere come oggetto di autoriflessione. Contenuti della mente disarmonici non sono prontamente accessibili, l'individuo tende a vivere l'esperienza soggettiva immediata come una verità e ogni tentativo di rispondere a essa come una verità altra che contiene informazioni implicanti una prospettiva alternativa come una sua disconferma per questo indispensabile. Dove vi è poca o nessuna capacità di autoriflessione l'esperienza che l'analista fa del paziente se incompatibile con lo stato della mente presente in quel momento nel paziente non può diventare oggetto di discussione perché il paziente non concepisce la prospettiva dell'analista come oggetto che potenzialmente è di proprietà del sé e meno ancora come qualcosa di potenzialmente osservabile. L'unico veicolo per l'espressione dei dati di esperienza dissociati del paziente è un enactment nella relazione analitica in cui la presenza di questi dati è svelata nel mondo intersoggettivo co creato dalla gestalt di transfert e controtransfert. La speranza, quindi, è sentita come nemica da questi pazienti perché compromette la vigilanza a cui fanno affidamento per mantenere il controllo del sistema dissociativo. Quindi la ragione primaria che si trova dietro all'improvviso cambiamento dello Stato del sé del paziente è di evitare il potenziale aumento della speranza che la possibilità di una relazione soddisfacente sia una realtà raggiungibile. Se un paziente dimentica che sentirsi sicuro e connesso al suo analista può portare ad un improvviso tradimento e al terrore della dissoluzione tradisce la congrega di voci interne e protettive così faticosamente conquistate. E quindi il verificarsi di un cambiamento inaspettato nel campo interattivo annuncia uno spostamento verso uno stato di consapevolezza in cui egli troverà o evocherà qualcosa che potrà usare come per segnale di pericolo associata alla potenziale speranza di un mantenimento dell'intimità. Quindi la vulnerabilità maggiore del paziente non è rispetto agli sforzi interpretativi dell'analista ma rispetto alla speranza di un contatto intersoggettivo sostenuto e gratificante. Il bozzolo è quindi uno stato dinamico di consapevolezza creato al fine di anticipare il trauma ma sufficientemente permeabile da poter essere un potenziale via di ingresso per la crescita terapeutica: è rigido perché è sempre pronto al pericolo ed è in grado di mantenere la protezione adattiva consentita della suddivisione degli Stati del sé in modo che ognuna possa continuare a svolgere il suo ruolo. quindi il risultato finale la funzione svolta dalla dissociazione: indurre la vita all'interno di una psiche moribonda tentando al contempo di disturbare ogni esperienza di relazionalità umana prolungata in grado di condurre un cambiamento positivo nella realtà percepita. Quindi questa soluzione aiuta l'individuo ad affrontare in maniera più adattiva una grave sintomatologia dissociativa: Goldberg parla di questi pazienti come pseudo integrati ma la l'integrazione della personalità come qualità umana è un concetto molto complesso: non differisce dagli altri attributi della personalità. Integrazione e quindi un termine relativo al concetto della realtà esterna quanto alla mutevolezza della molteplicità di rappresentazioni se e altro che definiscono le esperienze di sé in un momento preciso del tempo. Quando la Normale illusione di integrazione è interrotta dal trauma la struttura dissociativa di base della personalità viene attivamente ripristinata la sua originaria discontinuità evolutiva viene conservata sul piano psicodinamico. Questo preserva la salute mentale e le aree di funzionamento dell'io più sviluppate sul piano sociale ma le rende dei mezzi meccanici di sopravvivenza. Lo stato del sé vissuto come me ha scarso accesso agli altri domini di esperienza o ricordi personali e la presenza di altri Stati del sé contenenti esperienze incompatibili vengono sperimentati sul piano esperienziale, spesso anche concretamente come voci in opposizione fra loro tentano di scalzare il me esistente nel qui e ora. Per combattere le voci e il rumore che producono nella nell'apparato sensoriale ogni individuo sviluppa delle misure per continuare a funzionare e a dispetto di esse e quindi una struttura di personalità dissociativa può divenire altamente routinaria e stabile. e questo è il caso dei disturbi narcisistici di personalità in cui il vivere diventa un controllare d'ambienti e gli altri da dietro una maschera così da cercare un trovare riconoscimento in sede privata di vita di significato per mezzo del proprio sistema di protezione dissociativo. Ci sono pazienti che si sentono cronicamente come se il se che mostrano fosse un inganno e che il se reale è una qualche parte che gli altri non riescono a vedere o non vogliono vedere. Quando la pressione per essere riconosciuto viene spinta per troppo tempo la voce di uno stato dissociato del sé diventa spesso sufficientemente forte da prendere il comando: l'esperienza di inautenticità si basa sul fatto che finché vi è un aspetto del sé escluso quello che è accessibile agli altri sul piano relazionale sentito dal suo autore come intrinsecamente falso e inautentico e questo perché manca della modulazione normalmente fornita dalle prospettive degli altri se: quindi una dimensione dell'autenticità risiede nell'assenza di una piena gamma di esperienza di sé organizzata impersonalmente. quello che è visibile agli altri non è una bugia ma è inautentico perché creato su una misura per escludere tanto quanto rivelare una verità parziale. Una persona con una struttura di personalità dissociativa è destinata a soffrire di sentimenti di autenticità solo come risultato di una combinazione inevitabile di fattori relazionali: uno stato del sé che sta facendo i suoi interessi e quindi che funziona in termini del suo valore d'uso per la personalità mascherando in tal modo il suo obiettivo basilare; la necessità per ogni Stato del sé di compensare la propria incompletezza esagerando la propria verità; poiché la configurazione di stati del sé dissociati si modifica in maniera inaspettata l'esperienza di autenticità e inevitabilmente instabile; l'esclusione da parte di ogni Stato del sé e delle altre voci che a loro volta continuano a far sentire la loro presenza. Queste altre voci rimangono come se fossero un tormento privato compromettendo la credibilità della persona ai propri occhi a prescindere dal fatto che possa essere giudicata o meno come onestà sulla base di un criterio esterno. la vita quindi non è vissuta come autenticamente il presente è un periodo di attesa una ricerca mascherata di una conferma di sé lunga temporanea dalla persecuzione interna e dal momento in cui egli verrà ignorato non creduto appunto egli quindi sta aspettando il momento in cui un'altra persona sarà così sciocca da forma un'alleanza con uno dei suoi Stati dissociati del sé diventando così una personificazione delle voci interne. Quando un analista cade in questo enactment e contemporaneamente trova la fonte della più grande agitazione in terapia è il miglior sentiero verso la crescita. L’analista, quindi, troverà e prenderà parte direttamente le voci dissociate del paziente come espressioni e discontinue ma tutte individualmente autentiche del senso di sé. L'esperienza privata dell'analista diventa il canale attraverso cui una gamma completa di esperienze dissociate possono ottenere un primo accesso linguistico, l'uso di questo canale dipende però dalla capacità dell'analista di consentire una realtà transizionale di essere costruita in maniera consensuale fra lui e il paziente. Se questa realtà è negoziata con successo avrà luogo un processo di connessione interno attraverso un campo intersoggettivo in cui fantasia percezione e pensiero e linguaggio giocheranno tutti un ruolo centrale. Il giudizio quindi di autenticità come realtà oggettiva è opinabile poiché l'esperienza soggettiva dell'analista serve come contenitore per gli aspetti dissociati dell'esperienza del paziente. Quindi l'uso che il paziente fa dello spazio potenziale come una dialettica fra la sua capacità di preservare il sé e il il consentire contemporaneamente alla comunicazione simbolica di essere un poco alla volta accomodata nella riorganizzazione relazionale delle strutture mentali rappresentazionali minaccia inevitabilmente la capacità del paziente di sentirsi al sicuro nell'utilizzo dell'organizzazione associata del sé. Il bisogno primario del paziente è quello di preservare la struttura dissociativa mentre la sta abbandonando le numerose voci che sente, sono state concepite appositamente per preservare il senso di sicurezza della vecchia struttura. ad esempio il distrarsi è un modo per fare marcia indietro al terapeuta nel momento in cui è impegnato più verso il cambiamento più che a riconoscere a comprendere il bisogno del paziente di tener testa ad una miriade di voci interne contrapposte. Il terapeuta diventa consapevole delle altre voci nel momento in cui il paziente è disposto a lasciarlo partecipare al suo mondo interno attraverso l’enactment ma se il terapeuta non è in grado di entrare nella relazione autentica con la voce di ciascuno la resistenza del paziente viene sostenuta. se viene data la l'opportunità alla maggior parte dei pazienti possono solitamente partecipare l'ambigua realtà co creata dall'elaborazione delle enactment ma per far sì che l'esperienza sia sostenuta in un modo sicuro necessario una relazione con un altro in grado di esistere all'interno di quella realtà come un partner alla pari punto solo attraverso il graduale ripristino della speranza è possibile la rinascita di uno spazio potenziale collassato. DISSOCIAZIONE, SINTOMI E TIPOLOGIA DI PERSONALITA’ Il disturbo di personalità potrebbe essere definito più vantaggiosamente come l'esito carattereogico di un successivo della dissociazione e questo indipendentemente dal tipo di disturbo. essa costituisce una struttura di personalità organizzata come una risposta proattiva e difensiva la potenziale ripetizione del traumainfantile. Se nelle fasi precoci della vita la normale illusione evolutiva di un'unità del se non può essere mantenuta quando lo psicosoma è inondato da informazioni che il bambino non può elaborare ecologicamente viene a costruirsi lentamente una configurazione di stati del sé disponibili in cui la caratteristica centrale che definisce la dissociazione la presenza di uno stato della mente concreto. La concretezza ha il vantaggio di essere semplice la minaccia che rappresenta l'altro è evitata prima ancora che si verifichi e viene così spianata la strada per il pensiero ossessivo quello che chiamiamo compulsività e pensiero ossessivo può stesso servire primariamente a sostenere il processo dissociativo riempiendo gli spazi e negando addirittura la loro esistenza: questo fenomeno è stato descritto da Guntrip come un fenomeno schizoide che ha chiamato fantasia di riempimento compulsivo. Successione si presenta all'interno di un ampio continuum di stati dell'io coscienti e alternativi che si muovono come pattern continuamente mutevoli di reciproco riconoscimento e alienazione di sé. Nei disturbi dissociativi vi è una mutevole esperienza di realtà che cambia sulla base dei bisogni di stati del sé e discontinui, ognuno con una propria verità. Il disturbo di personalità, quindi, non importa quale sia lo stile di personalità a cui dà corpo rappresenta una dissociazione ego sintonica. Ogni disturbo di personalità è una configurazione di stati di consapevolezza dissociati, dinamicamente in allerta che regolano la sopravvivenza psicologica i termini della sua combinazione di caratteristiche concrete. In ogni tipologia di disturbo alcuni stati del sé contengono le esperienze traumatiche e la molteplicità delle risposte affettive e spontanee, altri contengono quelle risorse dell'io che si sono dimostrate efficaci nel venire a patti con il trauma organico e nel far sì che il dolore non si ripetesse più. in senso più ampio ogni configurazione di personalità è modellata dalla misura in cui è la patologia della cognizione, del controllo degli impulsi, dell'affettività o del funzionamento interpersonale a rappresentare l'aspetto centrale. La configurazione specifica che definisce ogni tipo di disturbo può essere il risultato della soluzione dissociativa al trauma che è stata mantenuta e perfezionata perché ha ottenuto per la specifica persona un equilibrio funzionante tra sicurezza e soddisfacimento dei bisogni. Da questo punto di vista un disturbo dissociativo vero e proprio viene riconosciuto sul piano clinico dalla manifestazione diretta di discontinuità tra Stati di consapevolezza che gli altri disturbi di personalità sono intenti a mascherare e ad esprimere solo indirettamente. Ci sono diverse probabilità che la struttura di personalità fallisca determinata in ampia misura dallo stile di personalità in cui è contenuta. Alcune volte il fallimento è visibile nel ritorno dei sintomi, altre con un'inondazione di affetti. Una struttura dissociata eccessivamente riuscita è osservabile in psicopatologia della stabilità degli schizoidi mentre invece il fallimento è riscontrabile nel potenziale posseduto da questi soggetti per il collasso schizofreniforme. Riassumendo: Janet ha compreso le passioni e le esigenze del trauma e della dissociazione ma non era in grado di spiegare il perché delle scissioni della personalità se non chiamando in causa l'idea di debolezza o degenerazione ereditaria. Freud mostra che l'alternanza di stati di consapevolezza può essere meglio spiegata dinamicamente come riflettente l'interazione fra motivazioni opposte. Durante questi periodi l'altro esiste per il paziente solo come un oggetto distinto dal centro soggettivo della sua realtà. Spesso il campo di consapevolezza del paziente è così ristretto che a prescindere dal fatto che l'altra persona sia il suo analista il coniuge o un amico egli si focalizza su di esso in uno stato dissociato come se stesse guardando a questi oggetti da dietro una finestra. il compito dell'analista quindi è quello di essere in grado di vivere nel paradosso cioè non deve né rifiutare né accettare lo status di oggetto ma deve apprendere come poter essere utilizzabile per quel paziente ossia una complessa negoziazione relazionale stata surreale vivo e relazionarsi come persona a tutti gli effetti. Ma come? Bisogna prendere in considerazione una fonte di sicurezza in grado di fornire sia tranquillità sia il potenziale per la metamorfosi ossia crescita o movimento transizione senza la necessità di dover ricorrere alla nozione di una sorgente di energia della libido per spiegare i progressi. Bisogna partire dalla definizione del concetto di uso dell'oggetto di winnicott: alcuni analisti sono eccessivamente diffidenti rispetto a questo concetto altri eccessivamente entusiasti. Alcuni lo definiscono come una legittimazione del narcisismo del paziente e della passività dell'analista mentre altri tendono a conservarlo gelosamente come un'immagine della disperata cerca del paziente di un riconoscimento empatico fornito da un adattamento disinteressato e non intrusivo dell'analista. 1. Nei termini di winnicott una lista acconsente a essere usato come oggetto soggettivo e successivamente di essere distrutto come oggetto proiettivo. L’analista, quindi, deve comprendere la differenza fra l'essere usato come un oggetto e quello che Ghent chiama abuso dell'oggetto. 2. Poi deve avere la capacità di essere umanamente affidabile nel sopravvivere agli attacchi rivolti dal paziente e alla sua identità; quindi, l'analista deve essere capace di fare esperienza e di riconoscere le proprie limitazioni. un paziente non ha bisogno di un Santo ma di autenticità. 3. Winnicott inoltre sottolinea l'importanza che l'analista interpreti in modo da comunicare i limiti della sua comprensione posizionandosi al di fuori del dominio del controllo onnipotente del paziente presentandosi così come l'oggetto di una percezione è un oggetto potenzialmente esaminabile. Questo processo è il tentativo di coinvolgere le capacità di percezione del paziente. Se quindi l'analista è realmente in grado di essere un oggetto perfettamente affidabile, l'analisi sarà vittima della sua artificiosità e ipocrisia mentre invece il fallimento dell'analista come oggetto utilizzabile non si ha non è una questione di inaffidabilità ma di incapacità di ascoltare o assentire le descrizioni manifesti o nascoste del paziente e dei suoi punti ciechi. quindi la “psicoterapia deve restare l'ostinato sforzo di due persone di recuperare l'integrità dell'essere uomini tramite il rapporto che c'è fra loro”. 4. Grossolani fallimenti nell'uso dell'oggetto derivano dall’esperienza di essere un oggetto nel senso di un prodotto artefatto che è sofferente di un nodo demonizzato verso la vita invidia al tempo stesso le persone che riescono invece a viverla. L'autore sostiene che la parte più difficile del lavoro di analista è quella in cui combatte contro la Normale tendenza umana a essere spinta in maniera non riflessiva in un pensiero lineare con la sua certezza rassicurante di un passato presente e futuro collegati in sequenza sale. L'organizzazione lineare del significato è una dimensione inevitabile della realtà ma se lascia che questa modalità domini troppo a lungo e altrettanto inevitabile che il lavoro inizierà a prosciugarsi di spontaneità fino ad fino ad arrivare a un punto morto. Quindi quello che si fa in analisi è una continua dialettica fra l'ambiguità dell'esperienza umana e la spinta a dare un significato lineare all'esperienza umana stessa. l'autore considera un oggetto come una componente di una struttura dinamica piuttosto che una struttura statica in sé punto un paziente quindi non deve semplicemente sviluppare un attaccamento a un certo tipo di oggetto ma il processo con cui l'oggetto viene creato è quello di un impegno interpersonale perché l'altra persona svolge il ruolo tanto centrale quanto quello del paziente. Il focus non è sul riempimento di un oggetto vuoto con delle proiezioni ma su quello che una persona fa con e alle altre persone con quello di cui già dispone e con che tipo di pattern relazionale organizza il suo mondo di rappresentazioni mentali interpersonali derivante da questo tipo di interazioni. Questi rigidi pattern relazionali conducono la creazione reciproca per il paziente e le altre persone di una realtà che supporta il suo modo di essere e di percepire se stesso e gli altri quindi con ogni paziente e nell'atto stesso della dissociazione (quindi in tutte le sue manifestazioni interpersonali) che ha luogo attraverso la creazione reciproca di una realtà intersoggettiva che collega fantasia e soggettività il lavoro dell'uso dell'oggetto e della sua esplorazione analitica. Per alcune persone l'esperienza a qui e ora non può essere rappresentata mentalmente senza che vi sia la percezione di un pericolo di traumatizzazione. Vivono in un passato congelato, un mondo in cui vengono definiti principalmente dal loro essere attaccati a configurazioni di stati di consapevolezza discontinui e concreti con ognuno di questi Stati che personifica una distinta rappresentazione del sé. Ossessioni e preoccupazioni diventano spesso inevitabili perché riempitori di quello che non è rappresentabile mentalmente. Beyon chiama questa percezione della presenza di un'assenza una non cosa la cui esistenza è oscurata dal cosiddetto compromesso schizoide che Sullivan ha rappresentato come la parte di quel vasto gruppo di attività complesse che chiamiamo attività sostitutive. A proposito della dissociazione la teoria interpersonale di Sullivan del 1953 propone una teoria sull'organizzazione dissociativa della personalità in risposta al trauma. Dissociazione non è una parola che Sullivan ha utilizzato al posto di rimozione. Lui propone che quello che struttura lo sviluppo della mente umana è un fenomeno empiricamente differente da quello che Freud chiamava conflitto o rimozione. Freud poi successivamente ha abbandonato l'idea che il trauma esiste come una realtà nel determinare la personalità la percezione e la memoria ma virando esclusivamente verso i concetti di realtà psichica fantasia e conflitto interno come unica fonte di dati. A questo punto Laub e Auerhahn sostengono che la resistenza non è semplicemente una resistenza difensiva a conoscere ma è la natura primaria del trauma a eludere la nostra conoscenza a causa di quello che loro chiamano deficit ossia un vuoto dissociativo grazie al quale l'originaria esperienza del trauma è relegata a una parte del sé separata da quella parte si è preservata come un mare relativamente intatto punto non sono i contenuti della mente a rappresentare l'aspetto primario ma la struttura dissociativa della mente cioè me e non me a cui la resistenza perlomeno durante la maggior parte di una terapia si indirizza. Quindi il merito di Sullivan è quello di focalizzare l'attenzione sull’apertamente osservabile quando ha offerto l'opportunità di correggere l’errore di Freud senza abbandonare la sua saggezza. Una conseguenza di questo modo di pensare è un nuovo modo di comprendere il concetto di resistenza e la capacità dei pazienti di lavorare nel transfert la resistenza non deve essere considerata come un ritiro difensivo volto a interrompere il processo terapeutico, ma una caratteristica della resistenza può essere quella di far notare o segnalare l'esistenza di un aspetto dissociato del sé con una propria realtà a cui si deve dare accesso e che deve essere consultata piuttosto che essere semplicemente una difesa contro un assumersi la responsabilità delle proprie azioni. Quindi è solo attraverso l'unirsi dell'analista alla battaglia intrapsichica del mondo interno del paziente passando per la battaglia interpersonale intersoggettivo nel processo analitico che è la suddivisione del paziente al suo interno può essere conosciuta appunto il sentire da parte dell'analista il mondo interno del paziente utilizzare i propri mutevoli stati del sé mentre si tengono insieme i pezzi distorti della realtà del paziente è l'unico modo che un analista ha per comprendere che la resistenza è un'affermazione del procedere del lavoro punto e attraverso la resistenza come ostacolo che mantenuta l'indispensabile funzione dialettica della crescita e che sono formulate domande che plasmano la comprensione sul piano del esperienziale che l'analista fa del paziente come il paziente sta sentendo la mia presenza e il mio coinvolgimento e qual è la sua reazione a questa esperienza e conflittuale e ancora dissociata? Il paziente e l'analista si trovano ad un punto di transizione in cui il paziente sta iniziando ad abbandonare la sua struttura dissociativa per spostarsi verso una più conflittuale come quello che winnicott chiamava spazio potenziale quindi il contesto intersoggettivo è particolarmente importante perché in questi punti di svolta il terapeuta si trova invariabilmente sintonizzato con la possibilità migliore che ha per entrare in relazione di quanto sia mai accaduto prima. e questa possibilità di entrare in relazione che rende uno spazio congelato e statico uno spazio potenziale che consente l'incrocio creativo fra le realtà multiple del paziente dell'analista di dar forma a qualcosa di nuovo. Sono spesso emblematici i sogni del paziente in una transizione dalla dissociazione al conflitto. I sogni spesso suggeriscono che il luogo dell'azione si è spostato dalle enactment di transfert controtransfert ad una lotta nel mondo oggettuale interno del paziente che rappresenta la paura di essere derubato dalla vita una paura che in maniera paradossale aumenta in risposta ad una accresciuta speranza che è una crescita piacevole possa avvenire realmente. La vita in questo senso è una metafora per il desiderio di continuare a esistere come lo stesso se è di frequente la paura di un furto della vita si verifica non solo quando l'analista è eccessivamente terapeutico ma anche quando la percezione del paziente della crescita può potenzialmente smorzare la voce della autoconservazione. Quindi l'eccitamento del paziente si accompagna l'esperienza di essere pienamente vivo ed è un'esperienza complessa che rappresenta un punto di tensione nella dialettica tra continuità e crescita. Questi sogni, quindi, tendono a presentarsi o ripresentarsi quando la speranza di una stabilità interna o di una capacità di relazione umana soddisfacente sono massime quindi quando perciò è maggiore la paura di non essere in grado di tornare ai vecchi se. Quindi questi sogni segnalano la crescente capacità di fare esperienza di un conflitto fra Stati della mente prima incompatibili all'interno di uno stesso appartenente tutto sia la paura che se questi Stati del se venissero messi nello stesso spazio mentale il se che ora occupa l'appartamento perde il controllo e venga derubato dalla vita punto quindi vi è la minaccia alla struttura dissociata del paziente. Quindi il paziente sta iniziando ad organizzare una capacità di venire a patti con i complessi sentimenti nel qui e ora e sta diventando spaventato e arrabbiato per la minaccia alla sua stabilità come se si trattasse di un'invasione che non è in grado di controllare. Quindi l'analista deve essere particolarmente responsivo alla simultanea esistenza nel paziente di stati del sé contrapposti che in precedenza non potevano essere contenuti in un unico contesto relazionale ma che ora stanno raggiungendo questo potenziale. Le parti contrapposte del sé, iniziano a colmare i vuoti dissociativi e quindi viene effettuato un primo passo verso la coesione di sé e nell’analista inizia a emergere un senso di spostamento del paziente verso l'estero una persona intera diverso dalla sua precedente esperienza di sé e del paziente come di oggetti senza alcun contatto umano autentico. Questo però può accadere solo quando il paziente ha sviluppato una certa capacità di esprimere l'impatto mutuo della relazione analitica, può sentire la capacità dell'analista di riconoscere e interessarsi a quello che egli cioè il paziente e non semplicemente a quello che vuole che il paziente sia è una persona più viva appunto il paziente può percepire questa nuova capacità dell'analista di interessarsi a lui rimanendo ancora a se stesso, rispettare la capacità dell'analista di essere empatico e categorico, percepisce quindi che l'analista è stato cambiato dalla relazione ed è un oggetto ad esso utilizzabile. Una cosiddetta perdita di volontà può essere meglio compresa un esito intrinseco della dissociazione, poiché l'agency è limitata e una qualsiasi delle funzioni eseguite dallo stato del sé dissociato ha accesso in quel momento alla mente quello che viene visto più frequentemente da un terapeuta che sta trattando un paziente come Emmy rappresenta una specifica modalità dell'esperienza di sé e del paziente che non ha la possibilità di accesso a un accesso limitato agli altri aspetti della realtà, espressione di sé e modalità di relazione. La capacità di agire in maniera assoluta non è inibita nel senso di una soppressione totale ma è redistribuita negli Stati della mente scollegati, portando a una personale dinamica in alcuni stati del sé che sono caparbi mentre altri apparivano inibiti al contempo in allerta appunto quindi l'inibizione dell'azione e gli scopi di azione isterici sono facce della stessa moneta. Dalla fine del caso riconobbe che vi erano parti di Emmy incollerà che lui aveva chiamato la sua natura riottosa per non avere la possibilità di raccontare la loro versione del passato ma non aveva consapevolezza dell'importanza che aveva la realtà immediata della donna come materiale in sé. Non si trattava solo del fatto che avesse bisogno di più tempo per raccontare la sua storia, aveva bisogno di un contesto temporale coesivo che si rivolgesse al passato e al presente, un contesto in cui l'analista ascoltasse e prendesse parte non solo alle molteplici narrative ma rispondesse e prendesse parte alle narrative messe in atto e risposta al suo comportamento con lei nel qui e ora cioè le risposte dissociate ai suoi messaggi e alle sue lusinghe. La paziente era continuamente spaventata dal fatto che l'analista perdesse la pazienza con lei perché sentiva giustamente che egli desiderava far tacere le sue voci ammissibili. Lontano dalla sua riottosità dei suoi sintomi, freud la vincolo a essere totalmente trattenuta nella sua vita e nelle scelte che aveva fatto per viverla. Lei era elogiata come un modello di virtuosa abnegazione ma ancora più indicativo era il suo lodarla come la donna che dopo la morte del marito si era rifiutata di riposarsi sacrificando i suoi bisogni per proteggere i suoi figli. Si può quindi in effetti ragionevolmente argomentare che i problemi di Freud erano aggravati dalla sua forte idealizzazione per Emmy, la cui ragione era quella di precludere ogni possibilità di vedere emi in maniera simile a Janet come una degenerata. Per tutto il corso della terapia vi fu una relazione implicita non riconosciuta e non verbalizzata fra Freud e quel se di emm per cui la malattia era una realtà interpersonale che andava presa seriamente. Quindi le sue ricadute rappresentavano degli enactment dissociati di stati del sé non autorizzati a esprimere la loro esistenza in una vera signora equilibrata donna vittoriana il cui e carattere era definito dalla sua intima modestia e finezza dei suoi modi punto nel valutare l'esito della terapia disse che nel complesso è successo terapeutico era abbastanza cospicuo ma non durevole. Quindi dal punto di vista dell'autore del libro la ragione per cui la donna era ancora soggetta ad ammalarsi era dovuta al fatto che il suo bisogno di mantenere intatta la struttura dissociata della mente rimase il modo in cui proteggeva se stessa da un trauma già avvenuto, proteggendosi nei confronti del futuro impoverendo la sua vita come se essa non fosse altro che una replica del passato. In questo contesto la sua malattia consisteva in una preclusione del qui e ora a favore del là e allora preservandola dal vivere la vita con spontaneità piacere e immediatezza quindi non bisogna curare i pazienti da qualcosa che è stato fatto loro nel passato piuttosto dobbiamo tentare di curarli da quello che ancora stanno facendo a se stessi e agli altri al fine di far fronte a quello che è stato fatto loro nel passato. Si tratta di un'impresa difficile. PARLA, CHE RIESCO A VEDERTI: dove viene richiesto delle emozioni o percezioni drasticamente compatibili di essere elaborate su un piano cognitivo all'interno di una stessa relazione, ponendo quindi l'elaborazione al di là della capacità dell'individuo di contenere questa suddivisione in un'esperienza di sé unitaria a uno degli algoritmi rivali è negato l'accesso alla consapevolezza così da preservare la salute mentale e la sopravvivenza. Quando non è possibile una Normale modificazione adattiva rispetto al compito che si ha davanti entra in gioco la dissociazione, l'esperienza che sta causando una percezione un'emozione incompatibile e sganciata dal sistema di elaborazione cognitiva e quindi rimane così un dato non elaborato e non simbolizzato cognitivamente se non come una reazione di sopravvivenza all'interno della specifica rappresentazione se altro. In questo modo la persona mantiene la capacità di sopravvivere preservando l'esperienza pesatrice dissociata, un attacco mortale nella sua forma pura e quindi viene mantenuta l'originaria rappresentazione se altro organizzata intorno all'idea all'obbedienza l'amore e l'amicizia senza che vi sia la possibilità di modificarla per mezzo di un adeguato insieme di azioni che tengono in considerazione un interesse personale. La dissociazione non è patologica per sua natura ma può diventarlo, il processo di dissociazione basilare per il funzionamento mentale umano è centrale per la stabilità della crescita e della personalità. non è sintomo di frammentazione: potrebbe essere ragionevolmente vista come una difesa contro la frammentazione e infatti Frenctzi ha tentato di comprendere se la frammentazione sia una conseguenza meccanica del trauma o possa essere in realtà una forma di adattamento a esso. Sappiamo che la psiche non nasce come un tutt'uno integrato ma è una non unitaria fin dall'inizio una struttura mentale che nasce si evolve come una molteplicità di stati del sé che con lo sviluppo acquisiscono un sentimento di coerenza che regola la consapevolezza della discontinuità. Questo conduce all'esperienza di un senso coeso di identità personale e alla necessaria illusione di essere un se. 5 analisi questa visione della mente supportata da studi sull'infanzia orientati psicoanalitica mente come quelli di emde, Gaensbaure e Harmon, Sander, Beebe e Lachmann. Il direttore del dissociative disorders Research unit del NIMH sostiene che la caratteristica centrale degli Stati è il loro essere discreti e discontinui. Gli Stati sembrano essere l'unità fondamentale dell'organizzazione della consapevolezza e sono rilevabili fin dal primo momento dopo la nascita. Un analista quindi deve negoziare costantemente con un'ampia gamma di stati del sé ognuno con una voce differente anche quando è la voce della sofferenza a urlare più forte delle altre. è Socrate che dice parla affinché ti possa vedere, e fa riferimento al fatto che il processo dell'essere visto dall'interno suscita quello che gli analisti hanno tradizionalmente chiamato resistenza. Quando l'analisi è efficace in maniera le rende liberi i pazienti di fare simultaneamente a noi quello che noi stiamo facendo a loro ossia di vedere come parte dell'atto di ascoltarci. Le parole iniziano la loro vita come veicoli, con l'inizio del linguaggio comunicativo diventano molto più che semplici veicoli diventano dei mattoni nella costruzione relazionale alle significato personale. Il parlare quindi in psicoanalisi non è un semplice trasferimento di contenuti ma è anche un atto relazionale che modella il contenuto di quello di cui si sta parlando. Per i pazienti che hanno a che fare in maniera diretta con l'esperienza dissociativa questo porta un sollievo particolarmente elevato perché le parole in sé vengono sentite più o meno come prive di significato; quindi, la persona veicola un senso di isolamento interno come un suo stato naturale e il cercare di comunicare questa sensazione in parole è vissuto ma uno inutile esercizio. Nell'interazione fra silenzio e parole un paziente può perlomeno in maniera potenziale forzarle l'analista rinunciare ai suoi tentativi di comprendere il paziente e far sì che esso consenta esso di conoscere il paziente nel campo intersoggettivo che stanno condividendo in quel momento. Attraverso questo mezzo avvenire un atto di riconoscimento in cui le parole possono simbolizzare invece che sostituire l'esperienza. L'analista durante la terapia non si dovrebbe sentire soddisfatto della sua disponibilità a essere usato come oggetto come sosteneva winnicott, il bisogno del paziente è quello di percepire e mettere l'analista di fronte a quello di cui viene fatta esperienza che è stato conosciuto ma non pensato. Questo processo comporta uno smantellamento degli aspetti della relazione che paziente analista hanno usato per definire chi sono l'uno per l'altro. Questo significa che il paziente sta distruggendo gli aspetti dell'identità dell'analista chi egli è per se stesso e per come è definito attraverso quella relazione. L'analista quindi non deve digerire la situazione: nel momento in cui il paziente sta guardando a se stesso attraverso gli occhi dell'analista sta anche guardando l'analista in modo molto personale punto la capacità del paziente di accettare l'immagine di sé che l'analista li sta offrendo è direttamente influenzata dalla sua capacità di avere fiducia nella sua percezione della persona che gliela sta presentando. Per questo rifiuto dell'interpretazione non è solo il rifiuto di un modo di vedere se stesso ma anche il rifiuto di una visione spiacevole dell'analista in cui ne fa esperienza come di una persona che gli sta chiedendo di sostituire senza una sufficiente negoziazione la sua soggettività con la propria. Nei limiti della normalità questo è parte del naturale processo di cercare di restare lo stesso nel cambiamento ma se la posizione interpretativa dell'analista nasconde la sua soggettività cercando di negare che vi sia altro da vedere quello che si verifica è una scena in maschera collusiva. Il paziente sembra accettare o respingere come realtà oggettiva il linguaggio in cui l'analista ha scelto di tradurre i suoi versi originali ossia la personale visione che ha l'analista del paziente come se fossero un riflesso di quello che si trova realmente lì il paziente vuole o non vuole vedere. L'autore sostiene una posizione di ascolto interpersonale e intersoggettiva un punto di vista che numerosi autori analitici hanno promosso da qualche tempo. Per farlo è importante ritornare sul concetto per cui la mente umana è un complesso stato di sistemi di consapevolezza discontinui e mutevoli per esaminare l'impatto che questo modello non lineare della mente ha sul modo in cui concepiamo la psicoanalisi come teoria è il modo in cui concepiamo come ascoltiamo e quello che facciamo tre siamo con i nostri pazienti. La American psychologist scrive un nuovo paradigma per la comprensione dei sistemi ha ottenuto l'attenzione di psicologi da una gran varietà di aree di specializzazione. Il paradigma che descrive il comportamento dei sistemi complessi è conosciuto come dinamica non lineare o teoria del caos è una scienza che implica un insieme di condizioni necessarie e sufficienti a consentire la costruzione di un qualcosa di diverso dai pattern passati ma che è imprevedibile come evento futuro. Postula che i sistemi complessi come la mente umana hanno un ordine implicito ma che i sistemi semplici come le interazioni umane possono produrre dei comportamenti complessi. Il caos porta ad un sorprendente messaggio dei semplici modelli deterministici possono produrre quello che sembra essere un comportamentocasuale.in realtà il comportamento ha una mirabile struttura finissima eppure ogni sua parte sembra indistinguibile dal rumore di fondo. Anche nella più resistente struttura delle personalità la struttura psichica è organizzata tanto dal trauma quanto dalla rimozione e un analista incontrerà sempre domini di esperienze dissociati che hanno dei collegamenti deboli o inesistenti con l'esperienza del me come entità comunicabile. prima che questi Stati di non me della mente possano essere assunti come oggetti di autoriflessione devono prima diventare pensabili divenendo comunicabili sul piano linguistico attraverso un enactment nella relazione analitica. Fino a che questo non si verifica non può aver luogo né a un’autentica rimozione l'esperienza di un conflitto intrapsichico perché ogni Stato di consapevolezza conserva la sua verità esperienziale incapsulata nell'ascolto analitico a prescindere che usiamo il termine rivivere o enactment ogni Stato di consapevolezza viene significativamente per mezzo del suo contesto relazionale. Mentre una storia viene raccontata un'altra si sviluppa fra paziente e analista mentre il racconto va avanti. È questo quello che rappresenta il concetto di spazio potenziale di winnicott la costruzione interpersonale della realtà in cui diviene possibile il giocare con il significato. Se un analista pensa ad una persona come se stesse parlando da diversi stati del sé piuttosto che da un unico punto centrale del sé allora in questo modo si troverà inevitabilmente ad ascoltare. Questo richiede una sintonizzazione globale con la persona che parla una sintonizzazione che si rivolge all'aspetto descrittivo delle modalità di ascolto e di interpretazione di in cui l'analista si analista e paziente che abbia un qualche impatto la struttura della storia che mantiene intatta la dissociazione come se il passato fosse ancora un Pericolo presente. Uno dei temi più importanti della linearità è quello della self disclosure dell'analista: deriva il suo significato dal contesto della relazione in cui avviene non dalla sua utilità come tecnica per il processo analitico e uso utile essere organizzato dalla qualità della sua autenticità come ottomano in particolare nella misura in cui l'analista è libero da pressioni interne per dar prova della sua onestà e serietà come un osservatore tecnico concepito per opporsi alla diffidenza del paziente. Deve essere un atto di libertà. L'esperienza di soggettività e di libertà di poter dire di no o l'assenza di questa libertà influenza inevitabilmente il modo in cui la self disclosure del paziente è modellata. Come ogni altra caratteristica umana preconfezionata anche la self disclosure può perdere il suo ingrediente relazionale fondamentale cioè la reciprocità e diventare quello che greenberg ha chiamato prescrizione punto quando non raggiunge il suo scopo solitamente per questa ragione cioè perché manca della autenticità della spontaneità e dell'imprevedibile impatto sul futuro che rende possibile la crescita analitica. Posso dire che anche se credo che la gratificazione molto spesso scelta dal paziente come un abbandono empatico perché solitamente si tratta di un sostituto del più doloroso sforzo per il riconoscimento ho incontrato alcuni pazienti per cui delle risposte direttamente gratificanti da parte dell'analista sono l'unico modo in cui possono credere nella preoccupazione verso di loro quantomeno per un certo periodo di tempo. Il limite della flessibilità deriva da una autenticità relazionale. La capacità del paziente di accogliere e considerare seriamente la percezione che l'analista di lui è possibile solo su un'altra realtà tenuta in uno stato dissociato non viene invalidata come una merce di scambio da barattare punto il paziente non ha bisogno di essere d'accordo o di un eroico tentativo di self disclosure dell'analista. Quello di cui ha bisogno e che le realtà multiple contenute nei diversi stati del se trovi un'opportunità di un collegamento. il mezzo più forte attraverso cui questo avviene la capacità dell'analista di riconoscere che i suoi sentimenti verso il mentre non sono una proprietà e che sentimenti e paziente sono una parte di configurazione unitaria che deve essere collegata all'immediatezza della relazione analitica per far sì che le realtà multiple del paziente si connettano fra di loro per mezzo della simbolizzazione cognitiva del linguaggio. MOLTEPLICITA’ DEL SE’ E RELAZIONE PSICOANALITICA: La psicoanalisi viene intesa come l'immagine di due persone alla ricerca di una destinazione sconosciuta per ritrovare un passato sepolto. Come si rende ci si rende conto del fatto che un paziente rimane in una relazione con un'altra persona per lo scopo dichiarato di smantellare l'immagine di sé per una visione presumibilmente migliore che non è nemmeno in grado di immaginare fino a che non è arrivata? La risposta sta nell'essenza stessa della natura umana perché vi è la capacità di negoziare simultaneamente continuità e cambiamento. Quindi quello che deriva dal fare esperienza e pensare alla relazione umana chiamiamo psicoanalisi. Oggi un numero crescente di psicoanalisti contemporanei condivide l'osservazione clinica che l'ha portata a questa conclusione cioè che anche nell'individuo meglio funzionante la struttura di personalità normale modellata tanto dalla dissociazione quanto dalla rimozione dal conflitto intrapsichico. Si va quindi verso una visione del sé come decentrato e della mente come una configurazione di stati di consapevolezza mutevoli virgola non lineari e discontinui in continua dialettica all'illusione di un senso del sé unitario. Ad esempio Lacan sostiene che l'individuo è decentrato non esiste un se autonomo. Negli anni 20 ci sono state altre voci psicoanalitiche che hanno offerto visioni differenti: ad esempio si può si tratta di una versione preanalitica cioè quella di breuer che sosteneva la base dell'isteria traumatica andasse trovata nell'esistenza di stati di consapevolezza capaci di determinare un'amnesia. Successivamente si è passati a Sullivan, Fairbairn, winnicott, balint ecc… ognuno dei quali ha dato una posizione centrale sul fenomeno della molteplicità del sé nel suo lavoro. secondo Sullivan ogni essere umano possiede tante personalità quante relazioni interpersonali. Winnicott invece concettualizzata la dissociazione primaria come un fenomeno psicoanalitico con un suo valore e sosteneva di poterla porre direttamente nella situazione psicoanalitica fondamentale. Secondo l'autore l'uso patologico della dissociazione è l'essenza di quello che egli ha chiamato violazione. Più significativa di ogni altra cosa è la sua visione di un vero e falso se, che non è specificatamente elaborato nei termini di stati dissociati di consapevolezza sottolinea l'elemento non lineare della crescita psichica. Il salto non lineare di winnicott è stato il fattore principale nell'incoraggiare i pensatori analitici post-classici a riformulare il modello della mente inconscia nei termini di un se decentrato e il concetto di crescita come un processo dialettico piuttosto che unidirezionale. Secondo Sorenson, infatti, la natura del funzionamento mentale è il presupposto di un modello di crescita lineare gerarchico e unidirezionale in cui l'integrazione è necessaria o superiore alla disintegrazione. Anche Joseph sottolinea che se si vuole promuovere un cambiamento è importante il prolungamento e lo sviluppo dei costanti mutamenti minuto per minuto nella seduta. La capacità di un essere umano di vivere una vita con autenticità e autoconsapevolezza di dipende dalla presenza di una continua dialettica nel senso di separatezza e unità del proprio stati del sé consentendo così a ognuno di essi di funzionare in maniera ottimale senza precludere la comunicazione e la negoziazione fra loro. Quando una persona è solo vagamente o momentaneamente consapevole dell'esistenza di stati del sé individuali e delle loro rispettive realtà Ogni Stato del sé è parte di una totalità funzionale fondato su un processo di negoziazione interna con la realtà i valori gli affetti e le prospettive degli altri Stati del sé nonostante la presenza di collisioni e inimicizie fra gli aspetti del sé è insolito che ciascuno Stato del se funzioni in modo totalmente esterno al senso di me nes senza cioè la partecipazione degli altri Stati del sé. la dissociazione come la rimozione è una funzione sana e adattiva della mente umana. È un processo di base che consente agli Stati individuali del sé di funzionare in modo quando ciò di cui abbiamo veramente bisogno desideriamo è una totale immersione in una singola realtà il singolo affetto forte e una sospensione della capacità autoriflessiva. Quindi la dissociazione è un mezzo attraverso cui un essere umano mantiene continuità personale coerenza e integrità del senso del sé. Com'è possibile questo? La risposta è basata sul fatto che l'esperienza di sé origina da Stati del sé relativamente isolati fra loro, ognuno con una propria coerenza interna e che l'esperienza di essere un se unitario è un'illusione adattiva acquisita con la crescita. Quando questa illusione di unitarietà e minacciata in maniera traumatica da un inevitabile precipitoso sconvolgimento che diventa un ostacolo perché rischia di essere sopraffatta da informazioni che non è in grado di elaborare simbolicamente, quando è troppo pericolosa per essere mantenuta vi è un ritorno alla semplicità della dissociazione come risposta proattiva e difensiva alla potenziale ripetizione di un trauma. La salute è la capacità di stare negli spazi fra realtà diverse senza perderne alcuna ossia la capacità di sentirsi uno in molti. Restare negli spazi è una formula che descrive la relativa capacità di una persona di far spazio per una realtà soggettiva non facilmente contenibile dal sé di cui fa esperienza come me in quel momento La qualità chiave di un'organizzazione di personalità altamente dissociata e la sua dedizione difensiva mantenere intatta la protezione consentita dalla separatezza degli Stati del sé cioè la loro discontinuità, minimizzando il loro potenziale per un'accessibilità simultanea alla consapevolezza cosicché ogni mutevole verità può continuare a svolgere il proprio ruolo senza che gli altri Stati del sé interferiscano determinando una struttura di personalità che è uno dei miei pazienti ha descritto come avere un ferreo capriccio. Quando la dissociazione patologica è all'opera parte del lavoro in ogni analisi è quello di facilitare la transizione dalla dissociazione al conflitto cosicché possa realizzarsi una rimozione autentica e contenuti della mente diventare accessibili all'esplorazione autoriflessiva, alla ristrutturazione interpretativa e all'esperienza di possedere un passato autentico. E quindi di particolare importanza il modo in cui la persona fa esperienza della qualità mutevole del tempo e di come l'analista considera il fenomeno dell'assenza di temporalità. Che i processi dissociativi operano sia nel paziente sia nella lista come un elemento dinamico nella relazione terapeutica è un'osservazione che è stata fatta solo in riferimento al trattamento di psicopatologie estreme o disturbi dissociativi di gravi. In realtà questo fenomeno è vero in linea con il comportamento umano ed è rilevante per ogni terapeuta che lavora all'interno di una cornice di riferimento analiticamente fondata. Ad esempio, ci sono dei lavori di Anna Freud, di Fonagy, che hanno proposto una prospettiva sulla relazione fra conflitto e dissociazione che colloca entrambi i fenomeni all'interno di un modello clinico che tiene insieme la ricerca cognitiva ed evolutiva, il pensiero delle relazioni oggettuali e una sensibilità interpersonale post-classica. Quindi la dissociazione patologica è un indebolimento difensivo della capacità riflessiva causato dal distacco della mente del se quello che winnicott ha chiamato psiche soma. Nella relazione analitica questi pazienti hanno bisogno di riconoscimento piuttosto che di comprensione ma se l'analista deve aiutare qualcuno che ha una capacità minima di riflessione nel qui e ora è necessario che accetti il suo atto di riconoscimento sia su un piano evolutivo sia terapeutico, è un processo diadico. È importante uno spazio per pensare tra paziente e analista e su analista e paziente, uno spazio unicamente relazionale eppure unicamente individuale, uno spazio che non appartiene a nessuno dei due e appartiene tuttavia entrambi e ognuno uno spazio crepuscolare in cui l'impossibile diviene possibile. Rappresenta quindi uno spazio intersoggettivo in cui come lo stato di trance che si verifica prima di addormentarsi consente sia lo stato di vigilanza sia al sogno di coesistere. In questo contesto interpersonale servizio da paziente analista viene aperto uno spazio al servizio della crescita terapeutica e l'implacabile nemici speranza e timore sono potenzialmente in grado di dialogare. Pensiamo al ruolo dell'analista svolto nel processo diadico che permette a questo spazio di aprirsi: Tutto il processo reciproco di coinvolgimento attivo con lo stato della mente dell'altro consente alla percezione del sé del paziente, nel qui e ora di condividere lo stato di consapevolezza con le esperienze di storie su di sé inconciliabili precedentemente dissociate. Aspetti non simbolizzati del sé del paziente sono messi sistematicamente in atto con l'analista come un potente distinto canale di comunicazione nel processo clinico. Una dimensione della posizione di ascolto dell'analista deve quindi essere dedicata alla sua esperienza nel qui e ora è al tempo stesso il focus della sua attenzione dovrebbe essere altrove. Egli, quindi, dovrebbe tentare di essere accessibile sul piano esperienziale ha l'impatto di questi momenti in cui diviene consapevole di un cambiamento nello stato del sé, i dettagli della sua riflessione personale sulla necessità di elaborare questa consapevolezza insieme al paziente da solo punto quindi deve cercare di restare sintonizzato simultaneamente sulla sua esperienza soggettiva della relazione e sulla sua qualità mutevole. L'autore sostiene che anche quando sceglie di non condividere apertamente la sua esperienza con il paziente la sua consapevolezza conscia del cambiamento nel campo intersoggettivo, visto che modifica il modo in cui elabora quello che ascolta, va ad essere raccolta dal suo paziente diviene utilizzabile perché non sta ascoltando le sue parole e quelle del paziente nel contesto in cui le ascoltava prima che il cambiamento avvenisse. Quindi ora sta facendo esperienza del significato modellato dalla partecipazione di un altro aspetto del sé del paziente coinvolto con un aspetto del sè del terapeuta che hanno nel mettere in atto un qualcosa che va oltre quello che le parole sembravano star comunicando in precedenza. Tenendo in considerazione il tema dell'analizzabilità del paziente, le risorse dell'io del paziente nella psicoanalisi post classica non sono viste come un prerequisito per l'analisi o come un insieme di qualità localizzate all'interno del paziente che determinano l'idoneità per l'analisi sulla base di una decisione unilaterale da parte di un altro oggettivo ma come delle qualità che hanno significato all'interno di una matrice nazionale e sono importanti nel determinare la analizzabilità solo nel contesto di quello che quel particolare analista porta o non riesce a portare nel campo relazionale. Il giudizio clinico come l'analizzabilità può essere meglio compreso come l'esito di una negoziazione relazionale e il lavoro dell'analista non è mai quello di decidere da solo e in maniera unilaterale così come non è il suo lavoro decidere ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. E solo quando un'analista si dimentica di questo che egli diventa nei termini di winnicott pericoloso e quindi può verificarsi una regressione patologica. Al contrario l'ammettere da parte dell'analista di non sapere non è solo corretto ma condividendo il suo stato della mente sta riconoscendo che non è turbato dal non sapere consentendo così a questo stato di essere uno stato mentale valido non semplicemente un inutile periodo di attesa fra la malattia ossia l'ignoranza e la cura cioè l'insight. Questo è l'essenza del collegamento fra gli Stati del sé, l'atto di riconoscimento dell'analista è compreso nella disponibilità a rendere esplicito verbalizzando il suo stato della mente nella misura in cui egli invece protegge se stesso da questo compito sostituendolo con una qualche interpretazione che riguarda solo il paziente sovverte l'uso del linguaggio e piuttosto che creare un significato attraverso la simbolizzazione dell'esperienza trasforma le parole in oggetti sostitutivi del significato. Se un analista rende esplicito il suo stato della mente fornisce il linguaggio e la possibilità di creare quello che bruner chiama un atto di significato situato al di fuori delle isole solitarie, delle verità individuali non collegabili al senso del sé. Indipendentemente dalla diagnosi l'azione terapeutica della psicoanalisi richiede una sintonizzazione continua con l'effetto del trauma sulle capacità del paziente di tollerare il conflitto intrapsichico. Per far sì che ogni paziente tragga beneficio dal trattamento analitico la relazione terapeutica deve progressivamente sostenere la sua capacità di conservare la struttura interna in grado di regolare gli affetti o potenzialmente traumatici in maniera globale o rispetto ad aree specifiche appunto il focus analitico e quindi che il paziente abbia la possibilità di alimentare la sua struttura come stabile e sufficientemente forte da resistere al contributo proveniente dalla soggettività dell'altro senza che minacci di sopraffare il suo senso del sé. L'angoscia Norm ossia l'affetto che Sullivan associava una minaccia incombente alla propria autostima differisce non solo quantitativamente ma anche qualitativamente da quella che viene chiamata angoscia grave. Angoscia grave dovrebbe essere chiamata vergogna, la vergogna segnala un attacco traumatico alla propria identità personale conduce tipicamente a processi dissociativi per preservare il senso del sé. L'angoscia normale invece segnala un problema nella regolazione dell'immagine di sé e consente di imparare dall'esperienza perché non porta la necessità di ricorrere alla dissociazione. Davanti al potenziale collasso del se la mente ripiega sull'ultima misura di sicurezza: la sua capacità di utilizzare in maniera difensiva il processo di ritiro della consapevolezza da alcuni aspetti dell'esperienza immediata valorizzandone altri, processo di dissociazione patologica. In questo modo ogni modalità è ora rigidamente legata allo specifico pattern di partecipazione interpersonale che definisce il suo significato questo consente all'identità personale di conservare lo stesso di coerenza e continuità all'interno di ogni Stato del sé a prescindere da quale di essi ha accesso alla consapevolezza e alla cognizione un dato momento. I singoli stati del sé sono quindi scollegati l'uno dall'altro ipnoticamente e quando necessario sono disponibili. Ogni Stato del sé è un'isola di narcisismo che lavora a vantaggio proprio con un proprio senso di verità che tenta di proteggere, quando vi è una disparità estrema fra ciò che valorizzato e ciò che è rinnegato del sé in ogni singolo momento e la spinta potenziale verso lo sconvolgimento regressivo nel trattamento analitico rimane sempre sullo sfondo. Il termine giudizio clinico cattura solo in minima parte il contributo dato dall'analista all'evoluzione del concetto. Il contributo dell'analista risiede nel mantenere la capacità di restare il più possibile se stesso immergersi nel campo intersoggettivo del qui e ora che si manifesta in quel momento. deve quindi formare una relazione autentica con ognuno degli Stati del sé e del paziente nel modo in cui esistevano allora e prendervi parte nel loro aspetto senza abbandonare la sua visione del momento presente come una stazione di passaggio che collega come il paziente e di solito quindi nel presente a quello che dovrebbe infine diventare nel futuro. Quindi l'analista deve relazionarsi in maniera non lineare conservando contemporaneamente la capacità di elaborare in maniera lineare la sua esperienza percettiva della relazione. Una prospettiva che tiene in considerazione i processi dissociativi non solo rende più profondi tutti gli aspetti del lavoro con ogni paziente ma informa anche del modo collaborare con i sogni. Il sogno è il caso particolare più familiare del più generale fenomeno della dissociazione la Norm capacità auto ipnotica della mente umana. L'uso dei sogni in analisi può essere pensato come un'esperienza transizionale che consente il potenziale collegamento degli Stati del sé disconnessi ipnoticamente permettendo alle voci non me degli Stati del sé di essere ascoltati di trovare un accesso alla struttura dinamica che il paziente definisce come io. Quindi il lavoro analitico con i sogni va dunque ad essere una storia interpretata all'essere uno spazio per la costruzione di una realtà transizionale fra paziente e analista. Cosa vuol dire restare con i pazienti nella confusione esperienziale del lavoro analitico? Il totale riconoscimento da parte dell'analista degli Stati del sé del paziente in ogni singolo momento e la completa accettazione del sé del paziente ed è utile per un'analista rendersi conto che nessuno è stato del sé più importante di un altro. Una parte della persona indipendentemente dal dolore associato a essa può essere curata in maniera isolata, uno stato del sé può essere contrastato dalle altre parti e rimanere per un periodo di tempo indefinito ma la sua presenza prima o poi si manifesterà attraverso un enactment o un sintomo. Quindi l'obiettivo analitico centrale da tenere sempre presente in mente è quello di facilitare una riorganizzazione sicura della struttura del sé all'interno di una struttura recentemente stabile e forte da resistere all'input proveniente dalla mente di un'altra persona senza scatenare l'ombra del trauma precoce. Lo sforzo analitico e quindi concepito per giungere attraverso la relazione in un luogo il cui paziente è in grado senza dissociarsi di ricevere ed elaborare una parte del potenziale traumatico della sua esperienza con l'analista. Un terapeuta può offrire di mettersi contemporaneamente a disposizione di parti diverse del sé del paziente ma questa offerta può essere raccolta dal paziente solo quando ha un accesso simultaneo le altre parti del sé quindi per ritornare al tema del giudizio clinico il terapeuta da solo non può essere mai sicuro di quali parti siano disponibili e quali no. La tecnica di un analista racchiude ed è racchiusa all'interno di un processo interpersonale e intersoggettivo. Non importa che un analista creda in ogni singolo momento con ogni specifico paziente che il bisogno di sicurezza del paziente primario e consideri l'interazione principalmente nei termini di un rischio di violare la realtà interna del paziente o che ritenga come principale l'importanza di un uso interattivo di se stesso, anche se questi atteggiamenti gli forniscono un luogo potenzialmente valido in cui stare durante una negoziazione intersoggettiva con il paziente solo quando un'analista abbraccia la sua posizione preferita come qualcosa di più che una sensibilità personale sta precludendo alla sua capacità di funzionare in oggettivamente e impedisce al paziente di poterla utilizzare in maniera analitica virgola in questo senso il giudizio clinico è sempre relazionale nell'esercitare lo un'analista è sempre in errore quando considera le scelte come sue come qualcosa da interpretare da solo. Dato che egli sta sempre lavorando all'interno di un campo complesso di realtà multiple (cioè i suoi Stati mutevoli del sé e di quelli del paziente) il lavoro nella sua espressione migliore comporta l'immersione in un campo dove l'equilibrio fra confrontazione e sicurezza è costantemente mutevole e la posizione preferita dell'analista è sempre soggetta a esplorazione rinegoziazione. Ogni singola posizione analitica è intrinsecamente giusta e sbagliata e così deve essere perché l'analista non può da solo accettare il paziente per come è ora e simultaneamente relazionarsi a lui nei termini della sua crescita potenziale. L'analista deve accettare il suo giudizio clinico e che questo venga accolto da un diverso stato del sé del paziente come un questo non è me e lei non capisce chi sono io punto solo il riconoscere che il paziente non è un se unitario bisognoso di un insight della giusta relazione consentirà di permettere le molteplicità di voci che formano il sé del paziente di stabilire una relazione con lui bignonia con i propri termini. Ecco ciò che significa giudizio clinico sul piano terapeutico: la capacità dell'analista di relazionarsi alla realtà discontinue e non lineari del paziente senza forzare nessuna di loro a essere abbandonata o riformulata semplicemente come una difesa a favore di un'altra realtà più reale o adattiva. la capacità dell'analista di tenere a mente questo obiettivo pone il potenziale di crescita nelle mani del paziente liberando la capacità di simbolizzazione cognitiva della sua esperienza soggettiva. Riacquisterà sempre più la capacità di essere una persona con un passato che è in grado di ricordare come passato un presente che è in grado di vivere in maniera flessibile e spontanea e un futuro in cui si può proiettare se stesso a prescindere dal fatto che in definitiva ha un limite. AIUTO, STO USCENDO DALLA SUA MENTE: Secondo levenson quello di cui si parla in terapia viene agito nuovamente nella relazione fra terapeuta e paziente. Secondo l'autore del libro il campo transferale o controtransferali può essere compreso come una sorta di mappa in continuo cambiamento del mondo oggettuale interno del paziente così come si svolge con l'analista è che di converso il processo con il quale le rappresentazioni di oggetto del paziente arrivano a esistere sul piano transferale in quel complesso campo di proiezioni è un'interazione bidirezionale. L'accento è posto su ciò che la persona fa con e alle altre persone che riflette anche se in modo mutevole e imprevedibile. Nella vita quotidiana questi pattern di relazionalità che portano alla creazione mutua fra il paziente e gli altri diversioni selettive della realtà sostengono il suo modo di essere e di percepire se stesso e gli altri. In una terapia con un approccio interpersonale relazionale questi pattern concreti sono risvegliati e portati all'attenzione del paziente e dell'analista consentendo al mondo oggettuale interno del paziente di emergere con un po di fortuna si dovrebbe verificare qualcosa di diverso. L'analista non può fare questo correttamente e il non farlo correttamente può consentire a ciò che è realmente sbagliato di emergere. Per ogni paziente come dice esterna è l'atto stesso della dissociazione nella sua moltitudine di manifestazione interpersonali a rendere utilizzabile l'esperienza transferale per mezzo della quale l'esplorazione analitica avviene attraverso la creazione mutua di un camper proiettivo in proiettivo che unisce lentamente fantasia e proiezione. Solitamente l'analista contiene rivive con il paziente degli enactment dissociati dell'esperienza che il paziente ha di sé. La consapevolezza dell'analista di un cambiamento nei suoi Stati del sé e in quelli del paziente nel corso di una seduta e frequentemente il segnale più forte che si sta verificando in un enactment.
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