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Riassunto completo corso di Economia dei servizi finanziari, Appunti di Economia Finanziaria

Riassunto dal libro degli argomenti oggetto dell'esame di Economia dei Servizi finanziari.

Tipologia: Appunti

2021/2022

In vendita dal 27/12/2022

Mariopio18
Mariopio18 🇮🇹

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Scarica Riassunto completo corso di Economia dei servizi finanziari e più Appunti in PDF di Economia Finanziaria solo su Docsity! Capitolo Primo Il sistema finanziario 1. Le operazioni finanziarie (cap.1 V.2) 1. La struttura, le funzioni e l’organizzazione (cap.1 V.1) Analizzato nella sua dimensione <<strutturale>>, il sistema finanziario è costituito dall’insieme dei contratti/ strumenti, finanziari, dei mercati in cui essi sono negoziati, degli operatori e delle regole che presiedono al suo funzionamento. Questi, sono gli elementi base sui quali ricade l’onere di sostenere ed alimentare la fitta rete di collegamenti, relazioni e di scambi finanziari che intercorrono tra gli agenti economici. Considerato nella sua dimensione <<funzionale>>, il sistema finanziario è un’infrastruttura dedicata al soddisfacimento dei bisogni finanziari degli operatori non finanziari (famiglie, imprese). Esso svolge il compito di rendere effettiva la negoziazione di operazioni finanziarie e la circolazione di strumenti finanziari; più in particolare, al sistema finanziario sono attribuite le seguenti funzioni: a) Creazione e circolazione dei mezzi di pagamento: funzione monetaria; b) Trasferimento di risorse finanziarie delle unità economiche in avanzo finanziario a quelle in disavanzo finanziario: funzione di intermediazione; c) Trasmissione all’economia degli impulsi di politica monetaria: funzione di trasmissione della politica monetaria; d) La “copertura” di rischi “puri” (contratti assicurativi) e la gestione di rischi “speculativi” mediante la negoziazione di diritti/impegni a scambi futuri (contratti derivati): funzione di assicurazione e gestione dei rischi. 1.1 La funzione monetaria La funzione monetaria consiste nella produzione e circolazione della moneta; si compendia nella gestione del sistema dei pagamenti e trova espressione sia nella messa a disposizione degli utenti dei mezzi di pagamento, in quantità e qualità adeguate all’esigenza degli scambi (creazione), sia nella prestazione di servizi per una effettiva circolazione della moneta stessa (servizi di pagamento). Tale funzione è svolta da alcune componenti del sistema: la banca centrale e le banche che mediante l’emissione di moneta legale (BC) (banconote) e bancaria (depositi in conto corrente) rispettivamente, concorrono a determinare l’offerta complessiva di moneta. 1.2 La funzione di intermediazione La funzione di intermediazione consiste nel collegamento tra risparmio e investimento. Essa riguarda il trasferimento e l’allocazione delle risorse tra gli agenti economici attraverso operazioni di finanziamento, mediante la negoziazione di contratti che prevedono l’esecuzione di prestazioni monetarie contrapposte e distanziate nel tempo. Tra questi scambi figurano quelli aventi natura creditizia, con i quali i fondi originariamente trasferiti sono soggetti al vincolo di restituzione integrale ad una data futura prefissata. Le operazioni di finanziamento consentono il trasferimento di risorse tra quelle unità elementari che manifestano bisogni finanziari contrapposti: d’impiego fruttifero da un lato, e di copertura di fabbisogni di fondi, dall’altro. L’esigenza di riequilibrare i saldi tra entrate e uscite rende, di fatto, necessario un passaggio di risorse dai soggetti in avanzo finanziario (prestatori finali di fondi) a quelli in posizione di disavanzo finanziario (prenditori finali di fondi). L’incontro tra domanda ed offerta di finanziamenti ed il trasferimento di risorse si concretano nella creazione di attività finanziarie, rappresentativi di contratti finanziari in cui trovano evidenza formale le condizioni tecniche, economiche e giuridiche dello scambio di potere di acquisto nel tempo. Le diverse tipologie di attività finanziarie sono componenti tipiche della ricchezza degli agenti economici e compaiono nel loro stato patrimoniale come elementi dell’attivo (attività finanziarie) e del passivo (passività finanziarie). Il mercato dei finanziamenti L’insieme delle negoziazioni di attività e di strumenti finanziari definisce il mercato dei finanziamenti, cioè il <<luogo>> dove l’interazione tra compratori e venditori determina il prezzo e, specularmente, il rendimento delle risorse finanziarie scambiate. Tale mercato si articola in più <<luoghi di scambio>> differenziati per, tipologia contrattuale: mercato delle azioni, delle obbligazioni, dei depositi ecc. o per scadenza degli strumenti negoziati: a breve, medio e lungo termine. Tra i vari fattori di differenziazione, le modalità di svolgimento degli scambi occupano un rilievo importante, perché concorrono a definire i connotati dell’assetto organizzativo del mercato. Distinzione significativa è quella tra i mercati a negoziazione diretta e mercati aperti, basata sul modo in cui i contraenti si confrontano, interagiscono ed arrivano a determinare le condizioni tecniche, economiche e giuridiche dello scambio. Nei mercati a negoziazione diretta, (da non confondere con canale diretto), le transazioni sono incentrate su un confronto diretto tra le controparti, di natura bilaterale e personalizzata. Nella fase di contrattazione e di definizione delle condizioni di scambio, assumono un’importanza decisiva fattori e considerazioni soggettive che trovano evidenza, in particolare sia nell’adattabilità degli elementi distintivi dell’operazione di finanziamento alle specifiche esigenze degli scambisti, sia nella forza contrattuale delle controparti. Esempi sono, il mercato dei depositi, dei prestiti bancari a breve, dei mutui, dei leasing, del factoring. Nei mercati aperti, le negoziazioni sono realizzate in via impersonale, secondo regole codificate e mediante l’adesione degli scambisti a condizioni contrattuali prefissate, in genere per quantità elevate, a prezzi rilevati e pubblicizzati in via sistematica. Esempi sono: il mercato delle azioni, delle obbligazioni, dei titoli di Stato, delle valute. I canali di finanziamento e gli intermediari finanziari Le attività e gli strumenti finanziari, e quindi i contratti che essi rappresentano, sono il mezzo tecnico-giuridico attraverso il quale avviene il passaggio di risorse dalle unità in avanzo a quelle in disavanzo. Per arrivare agli utilizzatori finali, le risorse finanziarie possono seguire però percorsi alternativi e utilizzare infrastrutture diverse, dando luogo a più forma di trasferimento e tipologie di collegamento tra prestatori e prenditori di fondi. Sulla base della natura del legame che si viene a stabilire tra i bilanci degli operatori finali si distinguono due principali tipologie di canali di transito delle risorse: un canale di finanziamento diretto e uno indiretto. È definito <<diretto>> quando le attività e gli strumenti finanziari primari/primary securities emessi dalle unità elementari in disavanzo sono oggetto di acquisto da parte dei soggetti in avanzo finanziario. Le passività dei prenditori finali figurano contemporaneamente nell’attivo patrimoniale dei prestatori finali. I bilanci degli operatori finali risultano <<direttamente>> collegati, perché eventuali inadempienze degli emittenti di strumenti finanziari primari sono destinate a riflettersi in via immediata sull’economia delle unità in avanzo. Ad eccezione di rari casi in cui gli stessi operatori finali provvedono in prima persona, a compiere tutti gli atti necessari a concludere la transazione, di solito gli scambi realizzati nell’ambito del canale diretto si perfezionano con l’intervento di istituzioni finanziarie. Esse sono rappresentate da operatori specializzati in grado di offrire servizi e prestazioni destinati a ridimensionare l’influenza di quei fattori (costi di transazione, incertezza, asimmetrie informative) che impediscono l’instaurarsi di rapporti diretti ed autonomi tra prenditori e prestatori finali. Pertanto, la presenza o meno di intermediari finanziari qualifica ulteriormente il canale di finanziamento diretto come circuito intermediato, o come circuito autonomo. Nel circuito intermediato il collegamento diretto avviene con l’assistenza di intermediari finanziari mentre, in quello autonomo, non vi è alcun intervento da parte di terzi operatori diversi dagli emittenti e dagli investitori. Il canale di finanziamento <<indiretto> si definisce tale quando un intermediario finanziario s’interpone con il proprio stato patrimoniale tra i soggetti in surplus finanziario ed i prenditori di fondi. L’intermediario attua due separate operazioni finanziarie. Il legame tra i bilanci risulta filtrato, schermato. Gli strumenti primari, emessi dalle unità in disavanzo, figurano nell’attivo degli intermediari, i quali, a loro volta, emettono proprie passività, denominate “strumenti secondari o indiretti/secondary o indirect securities” che vengono acquistati dalle unità in avanzo finanziario. L’intervento degli intermediari serve a conciliare le esigenze di finanziamento e d’investimento degli operatori finali. Sugli intermediari vengono a riflettersi, in prima istanza ed in via immediata, gli effetti economici di eventuali inadempienze da parte degli emittenti di strumenti primari. Appartengono a questa categoria gli intermediari creditizi (banche ed intermediari non bancari), le imprese di assicurazione, gli intermediari previdenziali e le imprese che esercitano le attività di assunzione di partecipazioni e d’investimento. Finanziamento, accumulazione del capitale e mobilità degli impieghi finanziari L’organizzazione degli scambi finanziari realizzata dal sistema finanziario rende dunque possibile a certi gruppi di operatori di effettuare investimenti in misura superiore all’autofinanziamento corrente. Questa attività configura lo svolgimento di una funzione d’intermediazione creditizia o di collegamento risparmio-investimento. Per tale via, il sistema assicura continuità ai processi di finanziamento e di accumulazione del capitale a livello macroeconomico, ridistribuendo le risorse disponibili mediante una valutazione ed una selezione degli investimenti reali programmati dalle unità economiche in disavanzo. Il sistema non si limita a contribuire alla creazione degli strumenti finanziari, ma ne consente anche la circolazione in momenti successivi. Attraverso i relativi mercati ed i servizi d’intermediazione degli intermediari mobiliari, il sistema assicura compiutezza alla funzione di trasferimento e di allocazione delle risorse, consentendo agli operatori finali di modificare la composizione degli attivi finanziari. L’azione combinata di intermediari e mercati assicura anche la mobilità e la liquidabilità degli impieghi finanziari, rendendo possibile il disinvestimento degli attivi senza che ciò determini variazioni dell’entità dei finanziamenti originariamente ricevuti dai prenditori. La cessione degli strumenti finanziari, da parte degli investitori originari ad altri operatori, non modifica le condizioni di durata e di costo del finanziamento negoziate a suo tempo dall’emittente. La mobilità degli impieghi finanziari costituisce peraltro un presupposto necessario della gestione dei rischi da parte degli investitori. 1.3 La funzione di trasmissione della politica monetaria I processi monetari (funzione monetaria) e finanziari (funzione d’intermediazione), di cui il sistema finanziario è protagonista, sono tra loro strettamente correlati, in quanto entrambi trovano fondamento nello scambio finanziario. La moneta entra infatti investiti alla vita dell’impresa, per cui il prenditore non assume alcun impegno certo di remunerazione e di restituzione futura del capitale originariamente ricevuto. Questi contratti sono essenzialmente rappresentati da azioni, quote di società (srl e snc). Conferiscono ai titolari sia diritti patrimoniali, sulla quota parte di utili e di patrimoni netto societario, sia diritti amministrativi, identificabili nella possibilità di concorrere alla gestione della società. Contratti di assicurazione I contratti di assicurazione prevedono che, dietro pagamento di un premio, l’assicuratore assuma un onere finanziario al verificarsi di un dato evento futuro ed incerto, inerente al patrimonio (ramo danni) o alla persona dell’assicurato (ramo vita). Quest’ultimo trasferisce alla controparte l’onere economico di un accadimento temuto. In generale, l’istituzione assicuratrice, sfruttando le opportunità di diversificazione e di frazionamento del rischio consentite dalle proprie dimensioni operative, trasforma i rischi individuali delle controparti assicurate in rischi collettivi. In tal modo, le aziende assicuratrici compensano i rischi o, quantomeno, ridistribuiscono gli stessi tra tutti i soggetti assicurati. Il debito dell’impresa assicuratrice, tenuto conto della legge dei grandi numeri, è considerato certo. Il diritto del singolo assicurato di ricevere la prestazione configura, invece, un credito aleatorio verso l’impresa assicuratrice. Credito che, salvo casi e forma particolari di mobilizzazione, quali il riscatto ed il prestito su polizza (unit linked, index linked), è indisponibile e non liquidabile. Sotto il profilo bilaterale, tali specie si configurano come operazioni finanziarie aleatorie, essendo caratterizzate dalla contrapposizione tra una prestazione certa dell’assicurato ed una prestazione eventuale dell’assicuratore. Contratti derivati Gli strumenti derivati/derivative securities sono parte integrante dell’ampio ed articolato insieme delle operazioni a termine/forward contracts. Sono rappresentati, in particolare, dalle opzioni/options, dai financial futures, dai forward rate agreements, dagli swap d’interesse e di valute/interest rate swaps e currency swapse e da altre tipologie non standard. Sono anche denominati strumenti contingenti (contingent claims), trattandosi di obblighi contrattuali che possono o no tradursi in prestazioni effettive e in impegni condizionati, oppure dipendenti da eventi casuali o accidentali. La denominazione <<strumenti derivati>> è dovuta al fatto che il prezzo di uno strumento derivato dipende da quello di un altro contratto finanziario o di un bene reale sottostante (merci), a struttura generalmente più semplice e, di norma, oggetto di scambio in un mercato a pronti o in un mercato in cui prevale la funzione di approvvigionamento (consegna e ritiro fisico del documento rappresentativo dell’attività finanziaria). Così un’opzione può essere considerata uno strumento il cui prezzo dipende dalle quotazioni dell’attività finanziaria sottostante su cui è esercitabile la facoltà di acquisto e/o vendita, attribuita al titolare dell’opzione stessa. La negoziazione di strumenti derivati non ha come obiettivo quello di investire o disinvestire capitali, né ha come obiettivo preminente il ritiro o la consegna dello strumento sottostante. Tali finalità sono, al contrario, perseguite dagli scambisti operanti nel mercato a pronti dell’attività finanziaria di riferimento, cioè nel mercato in cui il regolamento della transazione (pagamento/incasso del prezzo e ritiro/consegna del titolo) avviene in tempi molto brevi. I contratti derivati, di fatto, sono strumentali alla copertura del rischio di variabilità dei prezzi degli strumenti finanziari. Tali strumenti sono quindi titoli che consentono agli operatori di affrontare, sotto l’aspetto tecnico, i problemi di gestione del rischio speculativo (rischio d’interesse, di mercato e di prezzo, di cambio) e della ottimizzazione di un portafoglio di investimenti finanziari. Essi danno luogo a mercati specifici, dove le unità economiche possono intervenire sia per far fronte alle incertezze derivanti dalla variabilità futura dei prezzi degli strumenti finanziari (gestione del rischio) sia con finalità prettamente speculative. L’intervento di soggetti con differente propensione al rischio rende possibile il trasferimento del rischio della variazione dei prezzi delle attività ad operatori (speculatori) che, in cambio di guadagni attesi, si assumono gli oneri relativi. Queste tipologie contrattuali possono essere utilizzate per il soddisfacimento dei principali bisogni espressi da prenditori e prestatori finali. I bisogni delle unità economiche possono essere distinti tra:  bisogni di investimento (capire se il prof ne parla quindi se aggiungere)  bisogni di finanziamento  bisogni collegati al trasferimento dei rischi  bisogni collegati al sistema dei pagamenti 2. Il rischio (cap. 1 V.2) + (cap.1 V.1) Con il termine rischio di indica generalmente l’eventualità che un avvenimento possa causare un danno o una perdita. Occorre tenere presente che sulla base degli effetti prodotti da accadimenti futuri ed incerti si distingue tra due tipologie di rischio: rischio puro e rischio speculativo. Il rischio puro è da ricondurre ad accadimenti che possono generare solo danni e perdite. L’eventualità di una catastrofe, incidenti possono causare al soggetto esposto solo danni e perdite. Il rischio speculativo è invece collegato ad avvenimenti futuri ed incerti che possono comportare effetti sfavorevoli ma anche favorevoli. Per un’operazione finanziaria, il rendimento realizzato (o rendimento ex post) può risultare diverso, superiore o inferiore, a quello atteso (o rendimento ex ante). La possibile divergenza tra rendimenti realizzati e rendimenti attesi dipende dal verificarsi di eventi che possono produrre effetti di segno diverso sui flussi di cassa dell’operazione. L’entità del rischio dell’operazione è determinata dalla dimensione degli scostamenti tra flussi di cassa attesi e flussi di cassa realizzati. Il rischio o, in altre parole, la variabilità del rendimento può essere misurata sia ex ante che ex post. Ex ante, sulla base della varianza dei rendimenti possibili rispetto al rendimento medio atteso o stimato nel momento in cui l’investimento ha inizio. Ex post, quando si rilevi, a posteriori un dato intervallo di tempo, la variabilità del rendimento. Il rischio è infatti misurabile statisticamente sulla base degli scostamenti dei valori assunti da una variabile aleatoria (i rendimenti attesi o realizzati) rispetto al suo valore medio (rendimento medio atteso o realizzato). Attraverso la varianza e lo scarto quadratico medio è possibile quantificare la variabilità (o volatilità) attesa ex ante del rendimento, ovvero la variabilità storica del rendimento così come rilevabile attraverso valori osservati (ad esempio andamento dei prezzi di mercato di un titolo azionario). Il rendimento di una operazione finanziaria è aleatorio e variabile perché i flussi di cassa prodotti possono risultare diversi sia nei tempi sia nell'entità. Sulla base della natura degli eventi è possibile classificare i vari fattori di rischio in due tipologie di rischi: sistematici e non sistematici. Il rischio sistematico (o non diversificabile) è originato da eventi e da situazioni di carattere generale che condizionano, seppur in maniera diversa, tutte le operazioni finanziarie. Si tratta di fattori di rischio riconducibili all'insieme delle variabili macroeconomiche il cui andamento esercita una influenza su tutti gli operatori economici e sul mercato finanziario nel suo complesso. Sono fattori di rischio sistematico, ad esempio, la variazione dei tassi d'interesse e dei cambi, l'inflazione, l'instabilità politica. Questo tipo di rischi non può essere eliminato attraverso la diversificazione, può però essere gestito attraverso opportune politiche di copertura (bedging), utilizzando i contratti derivati. Il rischio non sistematico (o specifico o diversificabile) trova origine in fenomeni relativi ai singoli prenditori di fondi. Si tratta di fattori di rischio originati da situazioni specifiche inerenti all’attività svolta (il settore economico di appartenenza) ed i risultati economici realizzati dai singoli prenditori di fondi. Il rischio non sistematico è collegato alle caratteristiche peculiari del soggetto prenditore di fondi. Sono fonti di rischio specifico, ad esempio, la posizione competitiva ed il livello di indebitamento di un operatore economico. In quanto rischio specifico, dipendente da caratteristiche soggettive, è detto anche diversificabile. La diversificazione degli investimenti (e dei rischi) è realizzabile suddividendo il capitale tra più attività (progetti d'investimento, attività finanziarie) per usufruire dei vantaggi derivanti da una riduzione della componente di rischio non sistematico. Al riguardo, è opportuno rilevare che il rischio può essere riferito (e misurato) tanto a singole operazioni, quanto ad un portafoglio costituito da più attività finanziarie. Per un operatore economico, impiegare le risorse disponibili in una singola operazione significa rendere il rendimento atteso, dipendente da una unica attività, ed esporre l'intero capitale al rischio derivante sia dalla componente sistematica che non sistematica. L'esposizione al rischio di un portafoglio diversificato è, di norma, inferiore a quella derivante dalla somma dei rischi delle singole attività che lo compongono. Attraverso la diversificazione, infatti, la componente di rischio specifico delle singole attività tende a compensarsi, riducendo il rischio complessivo del portafoglio. Ciò anche in considerazione del fatto che gli investitori sono in prevalenza avversi al rischio e la loro funzione obiettivo è espressa dalla combinazione tra rendimento e rischio. Un'adeguata diversificazione consente quindi di ottenere una combinazione rendimento-rischio equilibrata e, soprattutto, più rispondente alla propensione al rischio dell'operatore. Da rilevare infine che tra rendimento e rischio c'è una relazione diretta: alti rendimenti attesi riflettono elevati rischi attesi. Tipologie di rischio a. Rischio di credito Qualsiasi attività di prestito è esposta ad un rischio di credito, cioè alla possibilità che il debitore non assolva alle obbligazioni (pagamento degli interessi e rimborso del capitale) previste dal contratto di debito. Esso rappresenta la componente più importante del rischio complessivo dell'attività di intermediazione, in conseguenza del peso che l'attività di finanziamento assume sul totale dell'attività complessiva. Il rischio di credito riguarda l'attività di prestito così come la sottoscrizione di obbligazioni, nonché il rilascio di garanzie alla clientela. Alla base dell'attività di finanziamento vi è pertanto la valutazione della capacità di rimborso del potenziale prenditore di fondi e, in particolare, delle sue prospettive di redditività, che costituiscono il fattore principale per definire il profilo del rischio creditizio del debitore (standing creditizio). b. Rischio paese e rischio sovrano Il rischio paese è il rischio di credito che un operatore si assume quando presta fondi o acquista un'attività finanziaria emessa da una controparte che opera in un paese estero. Il rischio di non ottenere la restituzione dei fondi prestati e il pagamento degli interessi ricorre anche nel caso in cui la controparte debitrice non si trovi in condizioni di insolvenza, ad es. ragioni dovute alla scarsità di riserve valutarie e/o a scelte politiche dei governi, possono imporre restrizioni alla restituzione dei debiti in valuta. Una variante del rischio paese è il cosiddetto rischio sovrano che fa riferimento al rischio di insolvenza di uno stato estero su di un finanziamento emesso o garantito dallo stesso. Una valutazione del rischio sovrano è offerta dalle valutazioni di mercato dei titoli emessi dal paese nel confronto con analoghi titoli emessi da Stati considerati a rischio nullo. In particolare, il confronto si basa sul differenziale dei tassi di interesse richiesti dal mercato sulle due tipologie di titoli (lo spread), il cui valore positivo offre una stima delle perdite attese sull'investimento in titoli del paese più rischioso. c. Rischio di liquidità Il rischio di liquidità è collegato alle difficoltà di un operatore di far fronte tempestivamente ed economicamente alle uscite di cassa. Per lungo tempo questa tipologia di rischio è stata considerata come l'espressione per eccellenza dei problemi di gestione della banca, poiché la banca è il principale centro di «produzione» di moneta e, al contempo, garante della liquidità dell'intero sistema economico. Le banche sono particolarmente esposte al rischio di liquidità per un duplice ordine di motivi. Innanzitutto, il loro passivo a vista, che rappresenta la componente fondamentale della moneta detenuta dal pubblico, è per definizione soggetto ad un rischio di prelievo a discrezione del depositante. In secondo luogo, una parte fondamentale delle attività detenute in portafoglio, in particolare i prestiti, non è negoziabile sui mercati secondari e quindi, anche quando caratterizzata da una scadenza a breve termine, non è facilmente liquidabile a discrezione della banca. In questo modo, la banca è soggetta al rischio di un ritiro non previsto di depositi e alla necessità di reperire in modo tempestivo la corrispondente quantità di moneta (banking liquidity risk). Il rischio di liquidità può assumere altre due fattispecie che riguardano in generale l'attività di intermediari finanziari e le difficoltà in cui questi possono incorrere quando si creano squilibri tra flussi di cassa in entrata e uscita derivanti dalla gestione ordinaria. La prima tipologia è il cosiddetto funding liquidity risk, che si verifica quando l'intermediario trova difficoltà nel raccogliere risorse liquide, per esempio quando la banca non riesce a fare ricorso in modo adeguato al mercato interbancario. La seconda è il market liquidity risk che si manifesta quando vi sono difficoltà nel reperire la necessaria liquidità sui mercati tramite la cessione di titoli. Ciò avviene quando le condizioni di mercato, oppure le caratteristiche tecniche dello strumento, ne rendono difficoltosa la negoziazione, con ripercussioni sulla possibilità della banca di smobilizzare velocemente e senza perdite l'investimento effettuato. d. Rischio di mercato Il rischio di mercato corrisponde al rischio di fluttuazioni nei valori delle attività finanziarie, dovute ai mutamenti nelle condizioni di mercato. Fattori che possono causare tali variazioni sono, le variazioni nei tassi di interesse, nei tassi di cambio (nel caso di posizioni in titoli denominati in diverse valute), negli indici delle borse azionarie. L'insieme di questi fattori espone il portafoglio di strumenti detenuto a fini di negoziazione ad un rischio di posizione, noto anche come rischio di mercato. d1) Rischio di interesse Questo tipo di rischio è collegato al fatto che il valore di mercato di un'attività finanziaria può variare per effetto di variazioni dei tassi di interesse. Essendo il valore di un'attività finanziaria definito come la somma dei flussi di cassa scontati a un tasso di interesse di mercato, variazioni nel valore di quest'ultimo determinano fluttuazioni nel valore dell'attività, tanto maggiori quanto più lontana è la sua scadenza. Quando le attività finanziarie figurano nel bilancio di un intermediario, le variazioni dei tassi di interesse si possono tradurre in una riduzione del loro valore. In particolare, va ricordato che, nel. l'ambito della funzione di intermediazione, la banca attua una trasformazione delle scadenze e quindi, in generale, essa intermedia emettendo passività con scadenza inferiore a quella delle attività. In tal caso essa è esposta ad un rischio di aumento nei tassi di interesse, in conseguenza del fatto che il valore delle attività diminuisce in misura maggiore di quello delle passività. Di segno contrario è invece l'esposizione al rischio della banca che raccoglie fondi a lungo termine ed impiega a breve termine. In questo caso, infatti, l'aumento dei tassi di interesse aumenta il valore di mercato del patrimonio della banca, mentre una riduzione dei tassi determina una rivalutazione delle passività superiore a quella registrata dalle attività finanziarie iscritte in bilancio. centrale. In questo caso, la liquidità e la solvibilità del sistema bancario sono funzionali, non solo alla tutela dei risparmiatori, ma anche al corretto operare del sistema dei pagamenti. Obiettivo della vigilanza bancaria è quindi quello di evitare che situazioni di crisi di una sola banca si ripercuotano, per il venir meno del presupposto fiduciario, sull'intero sistema, coinvolgendo anche istituzioni sane e generando, attraverso l'effetto domino, crisi a catena, innescando crisi sistemiche con pesanti effetti anche sull'economia reale. La stabilità dei singoli intermediari, in particolare bancari, e del sistema nel suo complesso, nonché un buon funzionamento dei canali d'intermediazione, sono inoltre condizioni necessarie per l'efficace svolgimento della terza funzione del sistema finanziario, quale cinghia di trasmissione degli impulsi di politica monetaria all'economia reale. Valenza diversa hanno gli obiettivi della regolamentazione relativa al canale diretto di intermediazione: in questo caso, gli obiettivi principali sono, da un lato, di assicurare agli investitori le informazioni necessarie per effettuare in modo efficiente le decisioni di investimento, avendo riguardo della specifica propensione al rischio; dall'altro lato, di garantire correttezza e trasparenza nel comportamento degli intermediari. In questo ambito, la funzione di regolamentazione e controllo opera lungo tre direttrici: mercati, intermediari ed emittenti. Per quanto riguarda i mercati, l'obiettivo della regolamentazione è di assicurarne la trasparenza, nonché l'ordinato ed efficiente svolgimento delle negoziazioni e la tutela degli investitori. Si tenga presente che l'ordinato svolgimento delle negoziazioni è funzionale alla salvaguardia della stabilità del mercato stesso. La tendenza in atto nei diversi contesti nazionali è per una separazione tra la funzione organizzativo-gestionale e quella di supervisione dei mercati. La prima è svolta da apposite società di emanazione degli stessi intermediari, che operano in ambito di c.d. autoregolamentazione nel contesto regolamentare di riferimento, per migliorare l'efficienza dei mercati. La seconda è di competenza delle autorità di vigilanza di settore. Nel caso della regolamentazione degli intermediari mobiliari, l'obiettivo di stabilità è meno pregnante che nel caso degli intermediari creditizi, in ragione delle diverse funzioni svolte; tale obiettivo assume inoltre rilievo diverso in relazione alla tipologia e al grado di rischio assunto dallo specifico intermediario. Rispetto al caso degli intermediari del canale indiretto, assumono invece rilevanza ben maggiore gli obiettivi di trasparenza e di correttezza del comportamento a tutela dei risparmiatori. Con riferimento infine agli emittenti, gli oneri regolamentari imposti mirano a garantire che l'accesso al mercato finanziario con sollecitazione del pubblico risparmio sia consentito a chi rispetta regole che garantiscano la massima informazione da fornire agli investitori, nonché correttezza e trasparenza dei comportamenti. 3. Gli strumenti Il set di strumenti a disposizione delle funzioni di regolamentazione e di vigilanza consta di due tipologie: strumenti/controlli ex-ante, volti a prevenire l'insorgere di casi di crisi; strumenti/controlli ex-post, indirizzati a limitare l'effetto contagio di crisi di singoli intermediari e a risolvere con interventi ad hoc specifici casi di crisi aziendali, cercando in particolare di ridurre l'impatto sui clienti-depositanti e il contagio sistemico Gli interventi ex-ante La funzione di vigilanza, nell'ambito degli interventi ex-ante, utilizza strumenti e controlli di tre tipi: regolamentari, informativi e ispettivi, da cui discendono diverse tipologie di azione di vigilanza. 1. La vigilanza regolamentare interviene, con norme e regolamenti, su aspetti di struttura e operatività degli intermediari, con il fine di limitarne e monitorarne l'assunzione dei rischi. Gli strumenti/controlli che rientrano in questa area della vigilanza sono di tre tipologie: strutturali, prudenziali e di correttezza e trasparenza. Gli strumenti/controlli strutturali sono utilizzati per definire o modificare la morfologia del comparto finanziario interessato, in termini di condizioni di entrata e uscita dal mercato, numero e dimensioni delle imprese operanti: mirano quindi a influenzare in modo diretto il grado di concorrenza. Questa categoria di strumenti si suddivide ulteriormente in: a) controlli all'entrata, costituiti da regole, più o meno discrezionali, per l'accesso all'attività; si pensi, per esempio, alle autorizzazioni per la costituzione di una banca o di una impresa di investimento oppure di una società di assicurazione, ai vincoli posti all'ingresso in nuovi mercati con la limitazione all'apertura di nuovi sportelli; b) vincoli all'operatività, che hanno l'obiettivo di limitare o di impedire alcune tipologie di attività, come per esempio l'assunzione di partecipazioni, oppure l'operatività su una gamma più o meno ampia di servizi e/o scadenze; c) restrizioni a operazioni di tipo straordinario in grado di alterare la struttura del mercato, quali le fusioni e le acquisizioni. Gli strumenti/controlli prudenziali, che costituiscono la c.d. regolamentazione prudenziale, prudential regulation, sono utilizzati per monitorare i rischi assunti dagli intermediari e limitarne l'esposizione, in una logica di sana e prudente gestione mirata a rafforzarne la stabilità. Tali strumenti, in particolare rivolti alle banche, hanno l'obiettivo di garantire la liquidità e la solvibilità degli intermediari. Rientrano in questa categoria: i requisiti minimi di capitalizzazione, i c.d. requisiti/ratios patrimoniali, di cui si parlerà di seguito, i requisiti/ratios sulla liquidità, i limiti all'assunzione e alla concentrazione dei rischi. La prudential regulation ha sostituto i controlli strutturali a partire dagli anni '80 del secolo scorso, nei paesi più industrializzati e anche in Italia. Può agire su grandezze dell'attivo ovvero del passivo dell'intermediario: il principale strumento riguarda l'adeguatezza del patrimonio degli intermediari, intesa sia come livello minimo necessario per avere accesso all'attività, sia come grandezza che varia in relazione alle dimensioni dell'attività e ai rischi assunti, in termini di tipologia e di ammontare. A tal fine sono utilizzati i c.d. coefficienti patrimoniali minimi previsti dagli Accordi di Basilea sul patrimonio delle banche. I controlli di trasparenza e correttezza, che costituiscono la c.d. fair play regulation, sono effettuati principalmente in due ambiti. Il primo riguarda le caratteristiche dei rapporti negoziali tra la clientela e l'intermediario e la specifica delle condizioni applicate. Il secondo è relativo in modo particolare alle operazioni in titoli e alla modalità per garantire che esse siano svolte nell'interesse del cliente: si pensi ai prospetti informativi per le emissioni di titoli, alla definizione dell'eventuale interesse diretto dell'intermediario nell'operazione, all'individuazione dei rischi collegati all'operazione proposta. 2. La "vigilanza informativa/off-site supervision" ha l'obiettivo di monitorare costantemente l'operatività degli intermediari, soprattutto per quanto riguarda i rischi che essi assumono. Agli intermediari è richiesto l'invio agli organi di vigilanza di flussi informativi periodici che consentono l'analisi delle diverse situazioni aziendali. Le autorità di vigilanza possono richiedere inoltre ulteriori informazioni, in relazioni a specifiche situazioni e/o approfondimenti. 3. La "vigilanza ispettiva/ on-site supervision", infine, integra con verifiche sul campo la vigilanza informativa. Le ispezioni hanno in primo luogo natura periodica. Sono inoltre effettuate ispezioni non periodiche se ne viene valutata l'esigenza, sulla base dei riscontri della vigilanza informativa, oppure di specifici accadimenti, o anche in relazione alle risultanze di precedenti ispezioni, in quest'ultimo caso per verificare che le raccomandazioni siano state recepite. Gli interventi ex-post Gli interventi ex-post hanno l'obiettivo di risolvere in modo ordinato i casi di crisi bancarie per scongiurare possibili effetti contagio e per limitare le ricadute in primis sui depositanti, ma più in generale sull'intera economia. I provvedimenti in questione sono definiti di "gestione delle crisi bancarie". Le possibilità al riguardo sono due: la risoluzione ovvero la liquidazione dell'intermediario in crisi. Con risoluzione si intende un processo di ristrutturazione che mira a evitare interruzioni nella prestazione dei servizi essenziali offerti dalla banca (ad esempio, i depositi e i servizi di pagamento), a ripristinare condizioni di sostenibilità economica della parte sana della banca e a liquidare le parti restanti. In alternativa, si interviene con la liquidazione della banca: nel nostro ordinamento l'istituto applicato è la liquidazione coatta amministrativa, una procedura speciale per le banche e gli altri intermediari finanziari, al posto del fallimento applicabile alle imprese di diritto comune. Con il 1° gennaio 2016 è in vigore la Banle Resolution and Recovery Directive (BRRD) che uniforma le procedure di risoluzione nell'Unione Europea, nell'ambito della c.d. Unione Bancaria Europea, di cui si dirà più oltre. Gli organi di vigilanza in Italia In Italia si è nel tempo definita una architettura dei controlli di vigilanza che possiamo definire ibrida in quanto basata parzialmente sul modello per finalità, con aspetti legati al modello istituzionale. Dal 2011, le autorità di vigilanza italiane partecipano agli organi di vigilanza microprudenziale e macroprudenziale dell'UE, mentre dal 2014 la Banca d'Italia partecipa al SSM. Tradizionalmente alla Banca d'Italia (mercato indiretto) sono spettati i controlli di stabilità, non solo per il sistema bancario, ma anche per le società di gestione del risparmio e per le imprese d'investimento. I controlli sulla correttezza e trasparenza per operazioni su strumenti finanziari competono invece alla Commissione Nazionale per le Società e la Borsa (Consob) (mercato diretto). Come già si è detto, dal 2014, la Banca d'Italia partecipa al SSM, nell'ambito del quale la responsabilità ultima per la vigilanza prudenziale per tutte le istituzioni creditizie italiane spetta alla BCE, che svolge vigilanza diretta sulle banche significant, mentre quella sulle less significant spetta alla Banca d'Italia. La Banca d'Italia mantiene per tutto il comparto bancario la competenza sui temi non di vigilanza prudenziale, vale a dire: correttezza e trasparenza nei rapporti contrattuali con la clientela, finalizzate ad assicurare al cliente un'informativa chiara, completa ed esauriente sulle condizioni dell'offerta, sui rischi del prodotto, sui costi da sostenere per acquistarlo e sulle clausole del contratto proposto; applicazione della normativa antiriciclaggio e di quella sull'usura. È inoltre responsabile a livello nazionale delle funzioni di vigilanza su altri intermediari (tra cui le SGR). Svolge inoltre funzioni di supervisione sui mercati e, congiuntamente con la BCE, di sorveglianza sui sistemi di pagamento. Nel caso dei mercati, sono attribuite funzioni di vigilanza alla Banca d'Italia per i mercati all'ingrosso dei titoli di Stato e dei fondi interbancari, nonché sui sistemi e sulle strutture di supporto al funzionamento dei mercati finanziari quali compensazione, liquidazione e garanzia. La Consob ha il compito di tutelare il pubblico risparmio svolgendo attività di regolamentazione della prestazione dei servizi e delle attività di investimento da parte degli intermediari e esercitando la vigilanza sulla trasparenza e la correttezza dei comportamenti degli intermediari, con i relativi poteri sanzionatori. Essa esercita inoltre la vigilanza, con poteri regolamentari, amministrativi e di controllo, sugli emittenti per aspetti che vanno dalla sollecitazione all'investimento (diversi tipi di offerte pubbliche), all'informazione societaria, agli assetti proprietari, alla tutela delle minoranze, al ruolo del collegio sindacale, alla revisione contabile. Per quanto riguarda infine i mercati, l'attività di organizzazione e gestione dei medesimi, grazie al superamento della tradizionale concezione di tale attività come pubblico servizio, è stata affidata a soggetti privati, le c.d, «società mercato», mentre alla Consob rimangono i poteri di vigilanza e di supervisione generali. Per quanto riguarda invece il comparto assicurativo, i controlli di varia natura spettano all'IVASS, Istituto di Vigilanza Assicurativa, che nel 2012 ha sostituito l'ISVAP, e che è presieduto dal direttore generale della Banca d'Italia. I controlli sui fondi pensione spettano a un'apposita Commissione di Vigilanza sui Fondi Pensione (Covip), istituita presso il ministero del Lavoro, che si occupa di aspetti relativi sia alla stabilità, sia alla trasparenza nei rapporti tra il fondo e i partecipanti. Con la legge n. 287/1990, c.d. Antitrust, è stata istituita l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, cui compete la vigilanza sul rispetto della normativa antimonopolistica e che interessa quindi i diversi operatori economici e finanziari. Con la legge 28 dicembre 2005, n. 262, tale competenza è stata estesa anche alle banche, mentre in precedenza spettava alla Banca d'Italia. Per operazioni di concentrazione che coinvolgono imprese del comparto bancario, sono necessarie le autorizzazioni sia della Banca d'Italia, sia dell'Antitrust. Per le operazioni che coinvolgono imprese di assicurazione, viene sentito il parere dell'IVASS. Capitolo Secondo fonti di finanziamento attivate siano essi debiti o capitale di rischio. Il patrimonio misura la ricchezza netta, convenzionalmente determinata come la differenza tra il valore monetario attribuito alle attività (reali e finanziarie) e l'importo dei debiti o passività finanziarie in senso stretto. Ciò, naturalmente presuppone che le diverse componenti e, in particolare quelle attive, devono essere oggetto di un processo di valutazione. Le attività reali possono essere misurate al netto, o al lordo, del deprezzamento (ammortamento) subito per effetto del loro diretto utilizzo, o dell'obsolescenza tecnica. In ogni caso, sotto il profilo strettamente contabile, la teoria e la prassi operativa provvedono ad indicare i criteri di valutazione economica delle singole componenti per una fedele rappresentazione del patrimonio netto. A questo livello di analisi è tuttavia opportuno rilevare che le consistenze di attività e di passività finanziarie possono essere valutate a costo storico, determinato dall' esborso monetario sostenuto per la loro acquisizione, ovvero in termini reali, cioè tenuto conto degli effetti del l'inflazione passata e, quindi, sulla base del loro effettivo contenuto in termini di potere di acquisto. Il termine reale è quindi qui usato per indicare che i valori sono corretti per l'inflazione o, meglio, sono espressi a prezzi costanti. Come noto, l'aumento dei prezzi non modificando il valore nominale delle attività finanziarie e dei debiti ne riduce il potere d'acquisto, mentre induce ad una rivalutazione del valore corrente delle attività reali. Pertanto, sotto questo profilo, il valore rettificato per l'inflazione del patrimonio netto può risultare alterato, in misura più o meno rilevante, a seconda della composizione dell'attivo e del passivo di bilancio. Infine, le attività possono essere valutate al valore di mercato, cioè in riferimento ai prezzi rilevati per il loro scambio. Il patrimonio netto dell'impresa, in quanto attività finanziaria detenuta pro-quota dai soci/proprietari, può essere valutato sia in termini contabili (book value), sia in base al valore di scambio delle quote in cui è suddiviso (market value). Per le imprese il cui capitale sociale è rappresentato da azioni quotate e negoziate in mercati organizzati, il valore economico del patrimonio netto dell'impresa (equity) è determinato sulla base dei prezzi di mercato delle singole azioni scambiate. Il valore di mercato è, di norma, diverso dal valore contabile. I rapporti relativi tra le diverse componenti reali e finanziarie dello stato patrimoniale delle unità economiche sono, in genere, assai diversificati. In condizioni «normali», cioè di equilibrio economico, finanziario e patrimoniale, le attività superano l'ammontare delle passività rappresentative di debiti, evidenziando un patrimonio netto positivo. Al contrario, una eccedenza dei debiti sulle attività reali e finanziarie è indicativa dell'incapacità di onorare gli impegni assunti o, in altre parole, di una situazione d'insolvenza potenziale. Quando l'importo delle attività finanziarie supera quello dell'indebitamento (passività in senso stretto, AF > PF e PN > AR), l'unità economica assume una posizione creditoria netta; al contrario, debiti superiori alle attività finanziarie sono indicative di una posizione debitoria netta (AF < PF e AR > PN). L’eccedenza dei debiti sui crediti non è indicativa di squilibrio patrimoniale e non implica, quindi, insolvenza. Infatti, tale eccedenza trova generalmente, in tutto o in parte, un'ideale contropartita nell'attivo reale. Solo in assenza di quest'ultima componente, o in relazione ad una sua consistente perdita di valore, si può parlare di insolvenza in senso economico. Per gli intermediari finanziari, le attività finanziarie e le passività finanziarie sono le componenti prevalenti dello stato patrimoniale. Il conto economico Nel conto economico sono rilevate tutte le transazioni che concorrono alla formazione del risultato di esercizio. Ai nostri fini, tale conto può essere considerato in forma semplificata e secondo un'ottica finanziaria, cioè riassuntivo dei soli pagamenti effettuati e ricevuti. Più in particolare, tale conto può essere denominato conto del reddito e rilevare, nella sezione di sinistra, i flussi in uscita (usi di fondi) ed in quella di destra, le entrate (fonti di fondi), sottolineando per questa via la destinazione e l'origine delle risorse finanziarie. Pertanto, il conto del reddito di ogni singola unità economica può essere così delineato: Il conto in questione rileva le sole entrate ed uscite correnti. Quest'ultimo aggettivo sta ad indicare che si tratta di operazioni che, per il fatto stesso di essere effettuate con regolarità e continuità, rientrano nell'ambito dell'attività consueta (o corrente) dell'agente economico. In altre parole, le operazioni correnti appartengono alla sfera degli atti ripetitivi di gestione tipica o caratteristica. E dunque la natura dell'attività svolta dall'unità economica che permette di individuare la tipologia specifica delle entrate e delle uscite (impresa, famiglia o ente pubblico) Il saldo contabile determinato dalla contrapposizione dei flussi in entrata ed in uscita è il risparmio (SU) realizzato dall'agente economico nel periodo. Il saldo positivo identifica l'eccedenza delle entrate correnti rispetto alle spese correnti del singolo operatore. Il risparmio può assumere anche valori negativi. Ciò accade quando la spesa per consumi risulta superiore ai redditi guadagnati nel periodo. Gli utili conseguiti dalle imprese e non distribuiti ai proprietari come remunerazione del capitale investito, sono risparmio netto (al netto degli ammortamenti) d'impresa. In caso di perdita di esercizio, il risparmio netto d'impresa è negativo. Analogamente, le entrate tributarie complessive dell'Amministrazione Pubblica che non si traducono in trasferimenti, cioè in pagamenti a titolo di prestazioni sociali, stipendi ed interessi sul debito pubblico e in spesa per l'erogazione di servizi pubblici (consumi pubblici o collettivi), sono per definizione risparmio della pubblica amministrazione (risparmio pubblico). Il risparmio del periodo va ad incrementare il patrimonio netto rilevato nel conto patrimoniale. Sotto questo profilo, il patrimonio netto può essere inteso sia come misura della differenza tra il valore delle attività (reali e finanziarie) e dei debiti, sia come risultato cumulativo dei passati atti di risparmio. Nelle imprese il patrimonio netto è idealmente rappresentato dal capitale sociale, dalle riserve di utile, dalle riserve di capitale e dall’utile dell’esercizio corrente. Il patrimonio netto risulta quindi formato dalle risorse apportate a titolo di capitale di rischio dai soci (conferimenti di denaro e/o di beni) e dal risparmio cumulato nel tempo (utili di esercizio non distribuiti ai soci/proprietari). Anche il risparmio dell'anno (utile dell'esercizio) è una componente del PN e misura le risorse aggiuntive prodotte dall' impresa nell'esercizio amministrativo. Se queste risorse addizionali (risparmio/utile di esercizio) non sono distribuite ai soci/proprietari restano all'interno dell'impresa stessa (autofinanziamento) e, a conferma del loro reimpiego nella gestione aziendale, si aggiungono alle riserve di utili già esistenti. Risparmio, ammortamenti e patrimonio netto Le transazioni registrate nel «conto economico del reddito» sono flussi di reddito rappresentativi dei pagamenti effettuati e ricevuti dal singolo agente economico. Tutto il reddito guadagnato (pagamenti monetari ricevuti) e non speso è considerato reddito risparmiato. Pertanto, il saldo tra entrate ed uscite correnti rappresenta il risparmio del periodo, che, nell'ambito del sistema di contabilità nazionale, per il sistema economico nel suo complesso, misura l'eccedenza del reddito nazionale rispetto alle spese per beni di consumo. Il flusso di risparmio può essere considerato al lordo o al netto degli ammortamenti, cioè del valore stimato del deperimento fisico o economico delle immobilizzazioni materiali e immateriali. Calcolato come differenza tra entrate ed uscite correnti, il risparmio è implicitamente espresso al lordo degli ammortamenti. Il risparmio lordo è indicativo delle risorse che si sono rese disponibili per finanziare l'acquisto di attività reali e dà evidenza del livello di autofinanziamento lordo realizzato nel periodo. Sotto questo profilo, l'ammortamento rappresenta la quota parte di risorse da reinvestire per mantenere inalterato lo stock iniziale di attività reali. Per le imprese il risparmio netto corrisponde all'utile di esercizio non distribuito o autofinanziamento netto. Il conto della formazione del capitale e il saldo finanziario I movimenti monetari che fanno capo al singolo agente economico non si esauriscono con le operazioni correnti ma comprendono anche transazioni realizzate in funzione dell'accumulazione del capitale reale (spesa in conto capitale). Queste operazioni sono dirette a produrre modificazioni nelle consistenze patrimoniali e possono interessare tanto gli elementi finanziari quanto quelli reali. Le operazioni della specie sono rappresentate tipicamente da investimenti in attività reali (IU), mentre il risparmio conseguito nel periodo rappresenta la principale fonte di finanziamento dell'accumulazione di attività non finanziarie. I movimenti relativi trovano rilevazione contabile nel conto della formazione del capitale o conto del risparmio e dell'investimento. Le risorse interne rese disponibili dalla gestione corrente (risparmio) sono contabilizzate tra le fonti, mentre le spese sostenute in conto capitale trovano evidenza tra gli usi di fondi. Lo sbilancio tra il risparmio e la variazione delle attività reali è denominato saldo finanziario (SFU) (Tabella 3). A seconda del segno algebrico, il saldo finanziario identifica la presenza di un avanzo o di un disavanzo, misurando, rispettivamente, il surplus o il deficit di risorse dell'unità economica. Per cui, per la singola unità economica: • a SU > IU corrisponde SFU > 0 e un "avanzo finanziario/surplus” • a SU < IU corrisponde SFU <0 e un " disavanzo finanziario/ deficit" Al saldo finanziario corrisponde una variazione degli altri elementi dello stato patrimoniale e, segnatamente, di quelli di natura finanziaria. Vale a dire che al saldo finanziario positivo o negativo si contrappone, rispettivamente, un’accumulazione netta di attività o di passività finanziarie nei confronti di altre unità economiche. Sulla base di questi elementi è possibile definire come unità in surplus gli agenti economici che presentano un risparmio superiore all'investimento in attività reali o, in altri termini, coloro il cui reddito disponibile risulta superiore alla spesa per beni di consumo e beni d'investimento. Analogamente, sono definiti unità in deficit coloro che presentano un risparmio inferiore all'investimento in attività reali o, in altre parole, gli agenti economici i cui redditi correnti sono insufficienti a finanziare la spesa corrente per consumi e la spesa in conto capitale per l'acquisizione di beni d'investimento. La formazione di risparmio presso gli operatori in surplus è pertanto tale da finanziare sia la spesa in attività reali, sia l'investimento in attività finanziarie o, in alternativa, la riduzione dell'eventuale esposizione debitoria (rimborso di debiti). Presso gli opera tori in deficit, al contrario, le esigenze dettate dall'accumulazione reale sono tali da rendere necessaria un'integrazione del risparmio corrente mediante l'acquisizione di finanziamenti o, in alternativa, con lo smobilizzo di attività finanziarie accumulate in precedenza. Peraltro, anche in presenza di un risparmio insufficiente a finanziare la spesa in conto capitale, una unità economica può comunque accumulare attività finanziarie. Ciò può essere reso possibile dall’emissione di passività finanziarie in misura superiore al saldo finanziario (tab. 4). In generale, per ogni singola unità economica, vale la seguente relazione: SU - IU = SFU = AFU - PFU per cui la differenza tra risparmio (S) e investimento in attività reali (I), cioè il saldo finanziario (SF), è uguale al saldo delle "operazioni finanziarie" o, in altri termini, alla variazione (acquisto e vendita) di attività finanziarie (AAF) meno la variazione (nuove emissioni e rimborsi) delle passività finanziarie (APF). I soggetti in deficit accumulano passività finanziarie. Sono detti anche debitori finali o prenditori finali di fondi, così come quelli in surplus accumulano attività finanziarie e sono definiti creditori finali o prestatori finali di fondi. Le decisioni di risparmio e di investimento in attività reali, così come gli acquisti di attività finanziarie (investimenti finanziari), la cessione di attività finanziarie (disinvestimenti finanziari), l'emissione di passività finanziarie (raccolta di fondi) l'estinzione di passività finanziarie (rimborso di fondi) intervenute in un determinato periodo, modificano la situazione patrimoniale delle unità economiche, rilevata a fine periodo (tab 5). (vedi vari esempi sul libro) 2. I saldi finanziari dei settori istituzionali e i fattori di creazione delle attività finanziarie Gli schemi di contabilità finanziaria utilizzati possono essere utilmente estesi anche a gruppi o classi omogenee di operatori, consolidando in un unico bilancio più conti individuali. Questo modo di procedere rende necessario individuare raggruppamenti significativi e, soprattutto, caratterizzati da un elevato grado di omogeneità di comportamento economico e finanziario. Il sistema di contabilità nazionale, seguendo il criterio funzionale di aggregazione degli operatori adottato dal Sistema europeo dei conti (SEC 2010) individua cinque gruppi principali detti settori istituzionali. I singoli agenti economici, considerati come centri dotati di autonomia decisionale nell'ambito economico-finanziario, sono raggruppati in settori, sulla base dell'omogeneità di comportamento rilevata in merito alla produzione ed alla distribuzione del reddito, all'impiego finale delle risorse, alla formazione del risparmio ed alle decisioni in ambito finanziario. In particolare, il criterio di aggregazione è dettato dall'esercizio prevalente delle funzioni economiche di produzione, di accumulazione e di consumo. Sulla base dei criteri indicati i settori significativi per l'analisi finanziaria sono i seguenti: famiglie, imprese non finanziarie, imprese finanziarie, pubblica amministrazione ed estero (resto del mondo). [3] o, in altra forma, tenuto conto che: Sf + Si + Spa = S If + Ii + Ipa = I S-I= -SFe (risparmio nazionale) e (investimenti dell'economia) [4] Questa relazione mette in evidenza che al saldo del conto della formazione del capitale dei settori interni corrisponde un accreditamento o un indebitamento dell'economia nazionale nei confronti del resto del mondo. Ciò trova contropartita nelle operazioni finanziarie registrate come movimenti di capitali e come movimenti monetari nelle rispettive sezioni della bilancia dei pagamenti. Se SFe ha segno positivo (avanzo finanziario del resto del mondo), si ha un'accumulazione netta di attività finanziarie da parte dell'estero, determinato dall'afflusso di risorse reali verso l'economia nazionale e diretto a compensare l'insufficienza del risparmio interno rispetto agli investimenti. Sotto il profilo della bilancia dei pagamenti, ad un saldo finanziario dell'estero positivo (SFe), corrisponde un saldo delle partite correnti negativo (M > X). In termini di operazioni finanziarie (movimenti di capitali e movimenti monetari) tutto ciò corrisponde ad una riduzione di attività finanziarie (AFE) e/o ad un aumento di passività finanziarie (PFE) nei confronti del resto del mondo, configurando un aumento dell'indebitamento netto sull'estero dei settori interni. La bilancia dei pagamenti è un conto intestato all'economia nazionale, quindi, gli avanzi ed i disavanzi comportano, rispettivamente, l'accumulo di attività finanziarie e di passività finanziarie da parte dei settori interni. Viceversa, quando il conto è intestato al resto del mondo, il saldo finanziario configura un accumulo di attività o di passività finanziarie da parte del resto del mondo. Se SFe ha segno negativo (disavanzo finanziario dell'estero), l'accumulazione netta di passività finanziarie da parte del resto del mondo riflette, specularmente, l'eccedenza di risparmio nazionale sugli investimenti. Sotto il profilo della bilancia dei pagamenti, il saldo delle transazioni correnti risulta positivo (X > M) e le operazioni finanziarie (movimenti di capitali e movimenti monetari) si sostanziano in un'accumulazione netta di attività finanziarie sull'estero da parte dei settori interni. Un'ulteriore espressione delle relazioni illustrate, tenuto conto della [2] e della [3], è la seguente: (X - M) = (Sp - Ip) - (G - T) [5] In tal modo, si mette in evidenza come il saldo della bilancia dei pagamenti di parte corrente trovi contropartita nella differenza tra risparmio e investimento del settore privato e nella variazione dell'indebitamento della pubblica amministrazione. Una crescita di quest'ultimo superiore all'avanzo del settore privato è compensata, sempre come identità contabile ex-post, da un disavanzo della bilancia delle partite correnti. Infine, sotto il profilo delle attività finanziarie è importante considerare alcune relazioni fondamentali rappresentative delle determinanti della loro creazione. In particolare, sulla base degli elementi fin qui acquisiti, riconsiderando l'equazione [3] avremo: (Sp - Ip) = (G - T) + (X - M) [6] che, espressa in termini di variazioni di attività e di passività finanziarie del settore privato, diviene: AFp - PFp = (G – T) + (X – M) [7] Esprimendo la relazione in termini delle sole attività finanziarie avremo invece che: AFp = (G - T) + PFp + (X - M) [8] Questa equazione mette in evidenza che la variazione delle attività finanziarie del settore privato è determinata dall'espansione del finanziamento interno del settore privato (PF,), dal disavanzo della pubblica amministrazione (G - T) e dall'avanzo delle partite correnti della bilancia dei pagamenti con l'estero (X > M). (studia guardando slide/lezione) (aggiungere indicatori) 5. I canali di finanziamento Il sistema finanziario, indipendentemente dalla struttura dei saldi finanziari, è chiamato a rendere possibile il riaggiustamento dello squilibrio tra fonti ed impieghi di risorse ed a consentire la realizzazione di una spesa superiore ai proventi correnti, permettendo, in definitiva, una riconciliazione tra le diverse intenzioni di risparmio e d'investimento degli agenti economici. L'intervento del sistema può realizzarsi secondo modalità diverse avvalendosi di canali di finanziamento, di istituzioni finanziarie e di tecniche operative differenziate per meglio rispondere alle esigenze dei prenditori e prestatori finali. Le modalità di collegamento tra risparmio-investimento possono essere individuate sulla base delle interrelazioni di bilancio che si instaurano, direttamente, tra gli operatori finali e, indirettamente, tra questi ultimi e gli intermediari finanziari (Tabella). Sulla base di questo criterio, le modalità di collegamento sono riconducibili a due tipologie principali: diretta e indiretta, identificando altrettanti canali di finanziamento attraverso i quali transitano le risorse. Il collegamento risparmio-investimento è definito diretto quando lo scambio finanziario connette direttamente i prenditori e i prestatori finali di fondi, per cui le passività emesse dai settori in deficit (prenditori finali) sono attività finanziarie nello stato patrimoniale dei settori in surplus (prestatori finali). Ne consegue che l'operatore finale in surplus assume in proprio tutti i rischi dell'investimento finanziario, sia quelli derivanti dall'inadempimento degli impegni contrattuali da parte del prenditore finale, sia i rischi originati dalla variazione inattesa di variabili di mercato. Il collegamento risparmio-investimento è definito indiretto, quando tra gli operatori finali si interpone il bilancio di un intermediario finanziario, in modo tale da creare separati e distinti rapporti di finanziamento, rispettivamente, con le unità in deficit e con le unità in surplus. Ne consegue che gli intermediari finanziari, da un lato, sostengono in proprio i rischi derivanti dai finanziamenti erogati agli operatori in deficit e, dall'altro lato, in virtù della loro natura di operatori specializzati, sono in grado di offrire alle unità in surplus opportunità d'impiego caratterizzate da un rischio inferiore a quello che il soggetto in avanzo avrebbe assunto operando nel canale diretto. Nell'ambito del canale di finanziamento diretto, il trasferimento delle risorse tra richiedenti ed offerenti finali di fondi può realizzarsi, o meno, attraverso l'intervento di intermediari finanziari, in grado di assicurare le condizioni per la conclusione delle opportune operazioni finanziarie. Quando le relazioni prescindono dall'intervento di una istituzione finanziaria, il collegamento diretto tra operatori finali si realizza attraverso circuiti autonomi, caratterizzati da operazioni che le unità elementari concludono in modo autonomo ed autosufficiente. In altre parole, sono gli stessi prenditori e prestatori finali che provvedono, in prima persona, a compiere tutti gli atti e le operazioni necessarie al trasferimento di fondi. L'allestimento dell'operazione di finanziamento comporta tuttavia il sostenimento di oneri e, soprattutto, richiede alle parti conoscenze, abilità e competenze in materia giuridica e finanziaria, non sempre presenti e diffuse. Per questi motivi è di gran lunga più frequente la modalità di collegamento imperniata sulla presenza attiva di un intermediario finanziario nella veste di soggetto che si adopera per agevolare e rendere possibile il trasferimento delle risorse. In questo caso, il canale di finanziamento diretto si caratterizza come circuito intermediato. Il canale finanziario diretto, pertanto, può dare luogo ad un collegamento sia autonomo che intermediato. Nei circuiti finanziari intermediati il passaggio di risorse tra operatori finali è assicurato da mercati "organizzati", definiti anche mercati aperti, in cui le unità in deficit emettono e collocano strumenti finanziari negoziabili avvalendosi dell'opera di istituzioni finanziarie e, tra queste, in particolare, degli intermediari finanziari mobiliari. Anche attraverso il collegamento definito autonomo si realizza un legame diretto tra i conti patrimoniali degli operatori finali. Questi ultimi, tuttavia, svolgendo personalmente, senza intermediari, l'attività di ricerca delle controparti e di allestimento dei contratti, devono risolvere numerosi problemi per soddisfare le differenti esigenze negoziali. In particolare, la presenza di fattori di costo, d'incertezza e d’informazione, impliciti nella natura stessa delle operazioni finanziarie, limita la conclusione di scambi diretti ed autonomi a condizioni mutuamente vantaggiose per le parti. L'intervento degli intermediari è giustificato dal fatto che, essendo operatori specializzati, sono in grado di conseguire vantaggi in termini di costo, di affrontare adeguatamente l'incertezza insita nelle operazioni finanziarie e di superare problemi di natura informativa altrimenti insormontabili per i singoli specie se unità in surplus. La negoziazione di un'operazione finanziaria è realizzabile o, quantomeno, lo è a condizioni più vantaggiose, se tra le due controparti interviene direttamente o indirettamente un operatore specializzato. I circuiti finanziari autonomi sono pertanto l'eccezione; il collegamento intermediato è la norma. Infatti, il trasferimento di risorse attraverso il circuito autonomo, quando praticabile, si caratterizza per la presenza di forme contrattuali eterogenee, assume natura occasionale e dimensioni quantitative modeste, avvalendosi di strutture di mercato spesso rudimentali, I mercati in questione sono definiti anche mercati a ricerca autonoma. Il collegamento indiretto è sempre assicurato da intermediari finanziari che si pongono come unica contropartita delle operazioni di finanziamento e d'investimento degli operatori finali. Gli operatori finanziari dei mercati aperti sono rappresentati, tipicamente, da intermediari mobiliari, mentre quelli che intervengono nel trasferimento con il proprio bilancio sono costituiti, principalmente, da intermediari creditizi e da intermediari assicurativi. 6. Il canale di finanziamento diretto Nell’ambito del canale di finanziamento diretto il contatto tra operatori finali consente la stipula di contratti finanziari con cui le unità in surplus, tipicamente le famiglie, cedono le proprie risorse eccedenti la spesa corrente e d'investimento alle imprese ed alla pubblica amministrazione. Il trasferimento di risorse si realizza mediante l'emissione di passività finanziarie da parte delle unità in disavanzo ed il collocamento delle stesse presso le unità in avanzo. Gli strumenti finanziari utilizzati figurano nel passivo del conto patrimoniale degli emittenti e nell'attivo di quello degli investitori e consentono il passaggio di risorse tra prenditori e prestatori finali di fondi. Gli strumenti finanziari emessi dalle unità in deficit sono, in questo caso, definiti "strumenti finanziari primari/primary securities”, o diretti, rappresentati tipicamente da valori mobiliari cioè da titoli azionari e obbligazionari. Gli investitori acquisiscono lo status di azionista o di creditore dell'emittente, mentre i titoli emessi da quest'ultimo figurano nel bilancio degli investitori come attività finanziarie, evidenziando in tal modo la natura diretta ed immediata, sia del percorso seguito dalle risorse trasferite, sia del legame di rischio tra i portafogli degli operatori finali. Il collegamento tra quest'ultimi è definito «diretto» perché le variazioni del prezzo di mercato degli strumenti finanziari e le eventuali inadempienze da parte dei prenditori finali di fondi (ritardato o mancato pagamento di interessi e/o rimborso del capitale) si riflettono direttamente e in via non mediata sul patrimonio dei prestatori finali, configurando, a loro carico, costi opportunità e/o perdite patrimoniali. In altre parole, l'operatore in surplus, prestatore finale di risorse, è direttamente esposto a tutti i rischi dell'investimento in strumenti finanziari emessi dai prenditori finali di risorse, operatori in deficit. Di norma, il trasferimento di fondi tra operatori finali si realizza nell'ambito di mercati aperti, cioè in mercati organizzati secondo regole formali, in cui l'offerta di strumenti standardizzati (titoli o valori mobiliari) da parte degli emittenti si confronta con le richieste dei potenziali investitori. L'ordinamento formale degli scambi consente, in genere, una effettiva interazione tra domanda ed offerta, sia al momento dell'emissione degli strumenti finanziari (mercato primario), agevolando l'incontro tra gli operatori finali, sia negli scambi successivi (mercato secondario), conferendo liquidità e mobilità agli investimenti di capitale. Per superare i limiti e gli ostacoli presenti nei mercati a ricerca autonoma, gli scambi tra gli operatori finali si realizzano con l'intervento di istituzioni finanziarie. L'intervento consiste nella prestazione di servizi idonei a facilitare l'incontro tra gli emittenti e gli investitori e, quindi, in grado di risolvere in tutto o in parte i problemi di costo, d'incertezza e di asimmetrie informative connessi al trasferimento di risorse. Tra le istituzioni finanziarie in oggetto, figurano in particolare gli intermediari mobiliari, tipici operatori finanziari presenti nei mercati dei valori mobiliari, che rendono possibili gli scambi finanziari diretti tra prestatori e prenditori finali, offrendo a entrambe servizi d'intermediazione mobiliare. L'insieme degli operatori in questione è talvolta identificato con il termine di securities industry, si tratta cioè di quella industria i cui prodotti sono rappresentati dai servizi forniti alle imprese e agli investitori-risparmiatori, a supporto delle scelte di finanziamento delle unità in deficit e di investimento delle unità in surplus, realizzate, rispettivamente, attraverso l'emissione e la sottoscrizione di titoli negoziabili. Gli intermediari mobiliari offrono, quindi, una pluralità di servizi specifici diretti a facilitare sia l'accesso degli operatori finali ai mercati, sia la conclusione degli scambi. La prestazione di tali servizi può esprimersi attraverso attività di consulenza e di assistenza agli emittenti per l'emissione ed il collocamento di strumenti finanziari, di consulenza agli investitori in materia di investimenti, di gestione di portafogli mobiliari, di negoziazione in nome e per conto di terzi (mediazione o intermediazione pura), o in nome e per conto proprio, nella veste di controparte negoziale diretta. Queste attività, per loro natura, sono tipiche di tutti i mercati aperti, sia primari che secondari. Occorre tuttavia rilevare che, sotto il profilo del trasferimento delle risorse tra prenditori e prestatori finali, l'erogazione di servizi di intermediazione mobiliare riguarda principalmente le fasi di promozione, di sottoscrizione, di collocamento e di distribuzione degli strumenti finanziari negoziabili. Pertanto, nei circuiti diretti intermediati i servizi in questione sono prestati solo nel mercato delle nuove emissioni, perché è solo in tale contesto che viene finanziata l'accumulazione del capitale reale o, in altri termini, è in tale ambito che si ha un più stretto legame tra le decisioni di impiego di risparmio e quelle di investimento in attività reali. Il canale di finanziamento indiretto In alternativa al collegamento diretto o, altrimenti detto " di mercato" il trasferimento delle risorse tra unità in avanzo ed unità in disavanzo può realizzarsi, in via indiretta, con l'interposizione del bilancio di un intermediario finanziario. Quest'ultimo è un operatore specializzato che, in questo contesto, si assume il compito di rendere compatibili e, quindi, di riconciliare le diverse e contrapposte esigenze e preferenze delle unità economiche finali (in deficit e in surplus). Il canale di finanziamento è qualificato indiretto o mediato perché il trasferimento di risorse dai prestatori ai prenditori finali è, di fatto, spezzato in due operazioni distinte, di segno opposto, accentrate presso un'unica controparte ('intermediario finanziario) e da questa gestite e coordinate nel proprio bi- lancio. L'accentramento ed il coordinamento gestionale ed amministrativo delle due operazioni, l'una attiva e l'altra passiva, comporta l'assunzione dei relativi rischi e si sostituisce al meccanismo dei prezzi proprio dei mercati organizzati. L'intervento consiste essenzialmente nella prestazione di servizi finanziari, creditizi (o di finanziamento) e d'investimento (o d'impiego del risparmio). L'intermediario creditizio è quello più rappresentativo della tipologia d'intermediazione indiretta in oggetto. Tra gli in questo senso, il margine operativo lordo è un indicatore assai significativo della capacità di una impresa di produrre «cassa» o, in altri termini, risorse monetarie superiori a quelle impiegate dalla gestione corrente. Inoltre, essendo determinato escludendo i costi dell'indebitamento (interessi passivi), il margine operativo lordo è un indicatore della copertura di tali costi (oneri finanziari) e, quindi, particolarmente utile per valutare la capacità dell'impresa di far fronte al pagamento degli interessi dovuti ai creditori. 2.1. Durata del fabbisogno finanziario Gli investimenti realizzati dall'impresa comprendono attività a lungo termine (capitale fisso) e attività a breve termine (capitale circolante). Le attività reali e finanziarie iscritte nello stato patrimoniale (Tabella) sono classificate in ragione della loro diversa attitudine a trasformarsi in cassa (grado di liquidità) e, quindi, a ritornare nella forma originaria di risorse monetarie. Il capitale fisso è rappresentato da: i. Attività materiali, quali gli immobili, gli impianti, i macchinari e le attrezzature (imm. tecniche); ii. Attività immateriali quali l’avviamento, i brevetti, i marchi, le licenze (intangibles); iii. Attività finanziarie destinate ad essere mantenute durevolmente, rappresentate da titoli e partecipazioni azionarie. Il capitale circolante (attivo circolante o attività correnti) comprende: i. Attività liquide (denaro in cassa, depositi bancari); ii. Crediti commerciali verso i clienti e altri crediti a breve termine; iii. Rimanenze o scorte di materie prime, semilavorati e prodotti finiti (magazzino). Le attività a lungo termine derivano da operazioni di gestione non ricorrenti che danno luogo ad impieghi pluriennali in fattori produttivi il cui utilizzo si estende su più cicli di produzione, configurando investimenti destinati a trasformarsi in moneta nel corso di più periodi amministrativi. Il ciclo di rientro degli investimenti tecnici, compresi tra le attività a lungo termine, è collegato alla durata dell'ammortamento. La quota consumata annualmente (quota di ammortamento) è una componente del costo di produzione e, come tale, è incorporata nel prezzo dei prodotti venduti. Le attività correnti sono originate direttamente dalle operazioni di acquisto, produzione e vendita, le quali si rinnovano continuamente e sistematicamente con l'avvicendamento dei cicli produttivi, costituendo il capitale circolante. Quest'ultimo è individuato anche come attivo circolante, in quanto comprensivo di impieghi non pluriennali (principalmente, crediti e scorte), la cui trasformazione in moneta si completa di norma nell'arco di un periodo amministrativo. Il rientro in forma monetaria degli investimenti in capitale circolante è infatti collegato alla durata del ciclo acquisto-produzione-vendita, per cui, le materie prime immesse nel processo produttivo si incorporano nei prodotti finiti che, a loro volta, in seguito alla vendita, da scorte si trasformano prima in crediti commerciali e, poi, in cassa, al momento del loro incasso. Alla natura di attività a lungo termine (immobilizzazioni) e di attività a breve termine (attività correnti) ed all'estensione del loro ciclo di rientro in forma monetaria è correlata la durata del fabbisogno finanziario generato. 2.2. Fonti di copertura del fabbisogno finanziario L'indebitamento (debiti correnti e consolidati) e il netto patrimoniale (Tabella) esprimono le fonti di copertura del fabbisogno finanziario generato dagli investimenti in corso di realizzo (capitale investito o totale attivo). Oltre all'entità dei finanziamenti ricevuti dall'impresa, il passivo e il netto patrimoniale, indicano la provenienza delle risorse ed il tipo di contratto finanziario (debiti verso terzi o conferimenti dell'imprenditore o dei soci) e la scadenza temporale di disponibilità delle risorse per l'impresa (a breve, medio o lungo termine). Al riguardo, le risorse finanziarie acquisite con vincolo di rimborso, sono suddivise tra debiti a breve termine (debiti correnti) e debiti a lungo termine (debiti consolidati). I debiti correnti sono rappresentati da tutti i debiti esigibili entro i 12 mesi indipendentemente dalla loro natura. Si tratta, quindi, sia di debiti di funzionamento, quali ad esempio i debiti verso i fornitori, derivanti dalle operazioni ricorrenti di acquisto di beni e servizi da terzi, sia di debiti finanziari, quali ad esempio i prestiti bancari a breve termine richiesti dall'impresa per la copertura di fabbisogni finanziari e frutto di decisioni di indebitamento. I debiti consolidati identificano l'indebitamento a medio e lungo termine e si caratterizzano per il fatto che l'impresa può fare affidamento sulle risorse ricevute per un periodo temporale almeno superiore ai 12 mesi prima di pro- cedere al rimborso. Si tratta sia di debiti di origine operativa (debiti di funzionamento o operativi), quale ad esempio il debito maturato verso i dipendenti per la liquidazione del trattamento di fine rapporto, sia di debiti finanziari a lungo termine come ad esempio i mutui, il leasing e le obbligazioni. Il patrimonio netto, costituito tipicamente dal capitale sociale e dalle riserve (sia di utili, sia da sovrapprezzo azioni), è una fonte di finanziamento stabile duratura. Non prevede vincoli temporali di restituzione, costituisce il capitale proprio per l'impresa, deriva da conferimenti dei soci e da redditi non distribuiti (autofinanziamento netto). La sua entità, espressa in rapporto ai debiti (debiti totali/patrimonio netto) misura il grado di indebitamento dell'impresa o leverage. L'indice di indebitamento può essere, inoltre, calcolato anche come rapporto tra Totale attivo e Patrimonio Netto. Più elevato è l'indice di indebitamento tanto maggiore è il rischio finanziario dell'impresa. Un indebitamento crescente, a parità di tassi di interesse, comporta oneri finanziari (interessi passivi) sul debito più alti, per il maggior rischio di credito percepito dai creditori. Se gli oneri finanziari superano il reddito prodotto dalla gestione operativa (risultato operativo), il reddito netto risulta negativo, evidenziando in tal caso una perdita di esercizio. La remunerazione del capitale di pertinenza dei soci (patrimonio netto) è residuale e può quindi annullarsi fino a risultare negativa per effetto di una eccessiva incidenza degli interessi passivi. Quindi, anche i soci-proprietari sono esposti al rischio finanziario rappresentato dalle possibili conseguenze di un eccesso di indebitamento e di alti interessi passivi. Per i creditori, il patrimonio netto svolge il ruolo di cuscinetto nell'assorbire le eventuali perdite di esercizio: quanto più esso è elevato tanto maggiore sarà la tutela dei terzi creditori e, quindi, più elevato il grado di solvibilità dell'impresa (minore probabilità di fallimento). Capitolo Quarto (libro V.2 par. 1 e 2) Le scelte finanziarie delle famiglie 1. Le decisioni finanziarie delle famiglie Nella contabilità nazionale il settore Famiglie comprende tutti gli agenti economici che, a fronte della cessione a terzi di fattori di produzione (capitale e lavoro), ricevono una remunerazione e/o beneficiano di trasferimenti di redditi destinati ad alimentare l'acquisto di beni di consumo e servizi prodotti dalle imprese. I redditi correnti percepiti dall'insieme delle unità economiche che compongono il settore, di norma, superano la spesa per consumi originando un volume di risparmio positivo che rappresenta la base per le decisioni di investimento. Queste ultime assumono la forma sia di spese in conto capitale, rappresentate dall'acquisto di abitazioni, sia di acquisto di attività finanziarie, contribuendo ad alimentare rispettivamente la ricchezza reale e quella finanziaria delle famiglie. Per le unità economiche che hanno al centro della propria funzione di utilità il livello dei consumi, diventa cruciale l'obiettivo di trasferire nel tempo il potere d'acquisto che si rende disponibile per effetto delle decisioni di risparmio: esso può essere conservato e valorizzato attraverso opportune decisioni di investimento finanziario. I contratti di natura finanziaria (attività finanziarie) rispondono a tale esigenza, grazie alla loro natura monetaria e alla remunerazione prevista dallo scambio di moneta nel tempo. La loro espressione monetaria consente di posticipare le decisioni di consumo in relazione ai bisogni futuri dell'unità economica. La remunerazione prevista dallo scambio intertemporale di moneta consente, qualora si realizzi, di poter incrementare le future decisioni di consumo. L'incertezza che caratterizza lo scambio monetario nel tempo rende evidente come il bisogno di valorizzare il potere d'acquisto richieda di contemperare l'obiettivo di massimizzazione della remunerazione degli investimenti con quello di contenere i rischi associati alle attività finanziarie oggetto dell'investimento. Da queste prime considerazioni emergono i principali profili che caratterizzano le decisioni finanziarie delle famiglie. In primo luogo, si considera la dimensione temporale che condiziona le scelte di consumo, risparmio e investimento, orientandole in funzione di bisogni che si articolano su di un arco periodale che può arrivare a comprendere l'intera vita dell'individuo. Nella teoria economica le scelte economico-finanziarie degli individui sono valutate in un orizzonte temporale di lungo periodo. In particolare, il modello del ciclo di vita (Life-Cycle Hypothesis) sviluppato da Modigliani definisce una relazione tra le scelte di consumo, di risparmio, di investimento e l'età dell'individuo. L'ipotesi sottostante è che ciascun individuo pianifichi le proprie decisioni per garantirsi la possibilità di consumi costanti per ciascun pe- riodo della vita. Sempre in una logica intertemporale, la teoria del reddito permanente sviluppata da Friedman, assume che il consumo corrente dipenda dal reddito corrente e da quelli futuri attesi e che le variazioni del reddito abbiano effetti diversi sul consumo a seconda che siano percepite come temporanee o permanenti. Da questi paradigmi teorici si trae l'indicazione che il consumo e il risparmio dipendono, oltre che dalla ricchezza totale e dai rendimenti ottenuti sulle diverse forme di investimento, anche dall'aspettativa di vita degli individui; inoltre, le variazioni del reddito hanno effetti maggiori sul consumo se sono permanenti piuttosto che temporanee. Si ritiene pertanto che gli individui compiano le loro scelte sulla base delle aspettative future e attraverso un processo di pianificazione a lungo termine. Un secondo profilo attraverso cui valutare le scelte finanziarie delle famiglie riguarda gli obiettivi e le opportunità di conservazione e valorizzazione nel tempo delle risorse finanziarie disponibili per essere investite. L'entità e la natura dei bisogni da soddisfare indirizzano le scelte degli individui verso attività finanziarie che si differenziano in relazione alle diverse combinazioni di rendimento atteso, scadenza, liquidità e rischi. Nella scala dei bisogni che orientano gli investimenti degli individui, si distinguono, da un lato, quelli che riflettono il desiderio di protezione dai pericoli e il timore di perdite economiche, dall'altro, il bisogno di valorizzare nel tempo la propria ricchezza finanziaria attraverso un processo di accumulazione indirizzato ad aumentare il tenore di vita famigliare. Il bisogno di protezione si esprime attraverso soluzioni finanziarie che consentono di cautelarsi contro eventi che possono pregiudicare la capacità di produrre reddito in un periodo futuro o la qualità della vita. In questo ambito si affermano le scelte finanziarie di tipo assicurativo e previdenziale. L'esigenza di incrementare la ricchezza si esprime invece nella scelta di investimenti finanziari in grado di assicurare i maggiori risultati economici per dati livelli di rischiosità. La duplice dimensione di rischio e rendimento riguarda, da un lato, la prospettiva dell'investitore e in particolare la sua propensione ad assumere diversi gradi di aleatorietà dei risultati attesi dall'investimento. Dall'altro lato, contraddistingue le caratteristiche tecnico-economiche delle attività finanziarie che sono rappresentabili sulla frontiera che associa i diversi livelli e le variabilità dei risultati economici attesi. La dimensione soggettiva del rischio viene influenzata da alcune principali caratteristiche socio-economiche, tra le quali spiccano l'età dell'investitore e la scolarizzazione. In genere, all'accorciarsi dell'orizzonte temporale di vita attesa si riduce il livello di sopportabilità del rischio. Pertanto, generalmente i giovani sono indirizzati ad un processo di accrescimento della ricchezza finanziaria, mentre i più anziani al mantenimento della ricchezza e a suoi utilizzi parziali intermedi. L'età condiziona anche l'orizzonte temporale degli investimenti e quindi in ultima analisi la tipologia di investimenti. Come la propensione alle combinazioni rischio-rendimento dell'investitore si accorda con la scelta delle attività finanziarie oggetto di investimento è un tema al centro di un'ampia letteratura finanziaria che ha sviluppato modelli in grado di guidare la pianificazione degli investimenti finanziari. Tra questi l'approccio media-varianza sviluppato da Markowitz (teoria di portafoglio) è ancora considerato un punto di riferimento importante per le scelte finanziarie degli investitori. Secondo tale modello, l'investitore alloca la ricchezza sulla base del rischio e del rendimento atteso di portafogli di attività finanziarie rischiose e sul grado di avversione al rischio. Il modello consente di individuare i portafogli finanziari (cioè la combinazione di attività finanziarie) cosiddetti efficienti, che, a parità di rischio (variabilità dei rendimenti attesi), si caratterizzano per il maggior rendimento atteso e, a parità di rendimento, sono contraddistinti dal minor livello di rischio. È a questa rappresentazione stilizzata delle scelte finanziarie degli investitori che si deve l'affermazione dell'importante principio di diversificazione finanziaria secondo il quale il livello di remunerazione degli investimenti deve essere adeguatamente accompagnato da un obiettivo di contenimento della variabilità dei risultati attesi. Una terza dimensione delle scelte finanziarie delle famiglie riguarda la liquidità e gli strumenti di pagamento. I bisogni collegati al sistema dei pagamenti fanno riferimento alla domanda di moneta e ai servizi di trasferimento della stessa richiesti dalle famiglie che originano dalla necessità di evitare che lo scambio di beni e servizi richieda la contestuale consegna materiale della moneta legale, ma possa essere regolato attraverso l'utilizzo di strumenti sostitutivi della moneta. 2. I bisogni finanziari delle famiglie Il percorso decisionale che porta la famiglia ad effettuare le principali scelte in merito all'allocazione del proprio patrimonio e dei flussi di risparmio generati periodicamente, può essere formalizzato attraverso un'attività di pianificazione finanziaria. Questa si articola in diverse fasi tra loro strettamente collegate. Il punto di partenza è rappresentato dalla valutazione del patrimonio disponibile e da quello che in prospettiva potrà essere alimentato dai flussi di risparmio futuri e dal loro investimento. La seconda fase riguarda la lettura dei bisogni di natura finanziaria con una particolare attenzione riservata al diverso contenuto previdenziale/assicurativo di tali bisogni e al grado di avversione al rischio, che si esprime in una certa disponibilità a sopportare perdite di valore della propria ricchezza a fronte di opportunità in termini di potenziali rivalutazioni. Strettamente collegata a questi profili à la definizione dell'orizzonte temporale dell'investimento che si riflette sulla stabilità delle decisioni di investimento e su di una loro valutazione che, nel caso di investimento a lungo termine, può prescindere dalla volatilità congiunturale dei mercati finanziari. La lettura delle disponibilità all'investimento e dei bisogni va quindi associata all'esame della gamma di attività finanziarie che possono rientrare nella composizione del portafoglio finanziario della famiglia. La caratterizzazione di ogni attività finanziaria in relazione ai profili di redditività, di variabilità dei risultati attesi, di liquidità naturale e di mercato, consente di definire il set di opportunità al cui interno vanno ricercate le migliori combinazioni di attività finanziarie associabili ai bisogni dell'investitore. 2. Le imperfezioni dei mercati e la funzione allocativa degli intermediari L'analisi delle modalità di trasferimento delle risorse dalle unità in avanzo a quelle in disavanzo ha messo in evidenza il ruolo dei mercati finanziari e degli intermediari finanziari. Essi sono le componenti del sistema finanziario cui è affidata l'allocazione di risorse scarse tra utilizzatori ed usi alternativi. La canalizzazione delle risorse verso destinazioni produttive si fonda sulla valutazione e sulla selezione sistematica d'impieghi finanziari caratterizzati da profili di rendimento e di rischio attesi differenziati. Oltre a questo ruolo ex-ante, alle istituzioni in questione è riconosciuta anche una funzione di sorveglianza e di controllo finanziario, assolta in via continuativa sull'attività dei prenditori finali di fondi. Ciò significa che, una volta concesso il finanziamento, il sistema finanziario ha anche il compito di verificare la qualità della destinazione delle risorse e dei risultati conseguiti. Tale funzione è esercitata secondo modalità e meccanismi diversi, sulla base dei diritti di controllo impliciti nel tipo e nella natura della relazione finanziaria instaurata con i prenditori finali. Come sottolineato precedente, il processo di selezione e di controllo svolto dai mercati organizzati (mercati aperti) si basa sui prezzi degli strumenti finanziari negoziati e, quindi, sui rendimenti attesi e sulla variabilità degli stessi (rischio). Ai prezzi viene riconosciuta la capacità di esprimere, impersonalmente, giudizi di merito e valutazioni sulla qualità dell'allocazione delle risorse attuata dai prenditori finali. Ad esempio, al mercato azionario viene attribuito il ruolo di regolare e controllare lo sviluppo delle imprese quotate, attraverso un processo di valutazione continuo dei titoli. Per cui, nei prezzi dei valori azionari e nelle loro variazioni trovano sintesi i giudizi di merito e le sanzioni della collettività degli investitori sulla gestione delle imprese quotate. Sempre attraverso i prezzi (ed alle conseguenti relazioni rendimenti/rischi attesi), i mercati provvedono a fornire indicazioni e segnali (disponibilità e costo delle risorse finanziarie, valore complessivo di mercato dell'impresa) per orientare le decisioni d'investimento dei prenditori di fondi. Considerati sotto questo profilo, i prezzi che si formano nei mercati organizzati sono un importante strumento di comunicazione delle informazioni. La formazione dei prezzi può essere quindi concepita come processo di aggregazione delle conoscenze di cui dispongono i diversi operatori: attraverso i prezzi, i rendimenti ed i rischi attesi, gli investitori più informati trasmettono l'informazione a coloro che sono meno informati. I processi di selezione e di controllo esercitati dagli intermediari finanziari, pur presentando le medesime finalità allocative e di controllo, assumono modalità e caratteri diversi a seconda che tali operatori intervengano nell'ambito dei canali di finanziamento diretti ovvero indiretti. Nel primo caso, l'intermediario finanziario opera nei mercati aperti e, in tale sede, concorre al processo di aggregazione delle informazioni e alla qualità dei meccanismi di formazione dei prezzi, rafforzando il processo informativo-valutativo degli investitori-operatori finali. Nel secondo caso, intervenendo nell'ambito di un processo di trasferimento indiretto delle risorse, gli intermediari finanziari esercitano le proprie funzioni di valutazione, di (1)"selezione sistematica/ screening", (2) di sorveglianza e (3) di controllo, principalmente sulla base di elementi tipici dei rapporti bilaterali: informazioni confidenziali non pubbliche, esperienza, capacità professionali e tecniche. In questo contesto, e a differenza dei mercati aperti, i prezzi originano da una negoziazione bilaterale e assumono un ruolo secondario nei meccanismi di valutazione e di controllo che, infatti, sono affidati alla possibilità d'imporre ai prenditori di fondi una disciplina di comportamento nell'ambito di una relazione personalizzata. Se l’intermediario finanziario partecipa direttamente al capitale di rischio, in genere è anche in grado di esercitare un potere d'indirizzo sulle decisioni strategiche e gestionali dell'impresa. Se, invece, assume la veste di creditore, l'intermediario è chiamato periodicamente a formulare, attraverso la concessione e il rinnovo dei prestiti, giudizi e valutazioni sulle prospettive d'insolvenza del debitore. In questo contesto, l'elemento su cui l'intermediario può fare leva, per esercitare pressioni sui prenditori finali, è rappresentato dalla conferma o meno dei finanziamenti. Inoltre, specialmente nei confronti di prenditori di minori dimensioni, generalmente privi di fonti di finanziamento alternative «di mercato», l'intermediario può incidere sui comportamenti dei debitori, vincolandoli al rispetto di clausole contrattuali più o meno stringenti, alla prestazione di garanzie, oppure ricorrendo a diritti di prelazione. Sottoporre a giudizio di merito i propri debitori ed esercitare controlli sulla qualità del proprio attivo sono azioni che assumono un'importanza fondamentale per l'intermediario finanziario, poiché la sua solvibilità e, quindi, in ultima analisi, la sua continuità funzionale dipende dall'efficacia di tale processo di valutazione, di selezione e di controllo sistematico dei crediti erogati. Nella realtà dei diversi sistemi finanziari, i canali di finanziamento imperniati sui mercati aperti e sull'interposizione del bilancio degli intermediari coesistono, perseguendo entrambi le medesime finalità di ottimizzazione della distribuzione delle risorse e del controllo finanziario delle stesse. A completamento dell'analisi delle funzioni del sistema finanziario l’obiettivo è quindi quello di individuare le condizioni di tale coesistenza, identificando i fattori che guidano gli operatori finali nella scelta tra le due forme d'intermediazione. Ciò equivale a ricercare anche i motivi dell'esistenza stessa degli intermediari finanziari e, in subordine, ad individuare le ragioni della presenza di forme diverse di intermediari finanziari. Come rilevato in precedenza, l'instaurazione di rapporti diretti autonomi deve superare diversi ostacoli che sono riconducibili alla presenza di costi di transazione, all'incertezza che caratterizza le scelte finanziarie e all'esistenza di asimmetrie informative. La contemporanea presenza di questi elementi strutturali, da un lato, rappresenta un limite alla conclusione di scambi mutuamente vantaggiosi tra operatori finali, mentre, dall'altro lato, costituisce la condizione principale dell'affermazione degli intermediari finanziari e della loro differenziazione di ruoli o specializzazione funzionale. L'intervento degli intermediari trova una giustificazione nel fatto che, essendo operatori specializzati, sono in grado di: (1) conseguire vantaggi in termini di costo, (2) di affrontare adeguatamente l'incertezza, (3) di superare problemi di natura informativa che possono risultare insormontabili per i singoli offerenti fondi. Vale a dire che la negoziazione di un'operazione finanziaria è realizzabile o, quantomeno, lo è a condizioni più vantaggiose, se tra le due controparti interviene direttamente o indirettamente un operatore specializzato. (4 teorie dell’intermediazione finanziaria alle quale si aggiunge quella evoluzionistica) 2.1. Gli intermediari finanziari e i costi di transazione In primo luogo, occorre rilevare che il trasferimento di risorse, dalle unità in avanzo a quelle in disavanzo, non può realizzarsi se non al prezzo del sostenimento di oneri di transazione di varia natura da parte degli operatori finali. Gli oneri o costi di transazione in oggetto possono essere individuati, essenzialmente, nelle seguenti fattispecie:  costi collegati alla divisibilità finita degli strumenti finanziari, riguardanti la difficoltà di poter conciliare le esigenze di controparti che esprimono diverse preferenze in ordine alle quantità di risorse scambiate attraverso gli strumenti finanziari;  costi di ricerca della controparte che risultano particolarmente elevati quando il richiedente fondi è poco conosciuto o la richiesta di fondi presenta caratteri di eccezionalità;  costi contrattuali. È attraverso la definizione di specifiche clausole contrattuali che le controparti cercano di tutelarsi rispetto a comportamenti che possono compromettere la conclusione dello scambio di risorse nel tempo;  costi informativi sostenuti nell'acquisizione delle informazioni rilevanti per la conclusione dello scambio, nella valutazione della controparte al momento dell'investimento iniziale (screening) e, successivamente, per avere conferma, o meno, di eventuali variazioni del grado di rischio dell'operazione (monitoring). (i primi 4 ex-ante, l’ultimo, i costi di monitoring ex-post) La presenza e l'incidenza di questi costi può rendere non eseguibili in autonomia le operazioni di finanziamento diretto, mentre il livello di tali oneri può risultare inferiore qualora intervenga un intermediario finanziario. Questa circostanza è confermata dal fatto che una parte rilevante dei costi operativi e d'informazione, sostenuti per la negoziazione e la gestione dei contratti finanziari, appartiene alla categoria dei costi fissi. Per cui, rispetto ai singoli operatori finali, l'attività di soggetti dediti sistematicamente allo scambio e alla detenzione di strumenti finanziari, se sostenuta da volumi operativi consistenti, è in grado di conseguire economie di scala significative. Gli intermediari creditizi, in particolare, possono superare i vincoli posti dall' indivisibilità degli strumenti finanziari e, dunque, adattare i contratti alle specifiche esigenze delle controparti, coordinando e accentrando le relazioni finanziarie attive e passive, intrattenute con una pluralità di controparti, anche per piccoli importi. Ciò, a parità di altre circostanze, rende più vantaggioso il ricorso a circuiti indiretti, tenuto conto che, in genere, nei mercati aperti i costi di collocamento e distribuzione degli strumenti negoziabili sono inversamente proporzionali al grado di frazionamento delle medesime passività. In quanto operatori specializzati dotati di capacità professionali, di conoscenze tecniche e di una organizzazione specifica per svolgere con sistematicità sia la produzione e la distribuzione di strumenti e di servizi finanziari, sia la raccolta e la valutazione delle informazioni, gli intermediari creditizi sono in grado di abbassarne i relativi costi unitari. In definitiva, gli intermediari creditizi, operando su volumi consistenti, possono offrire alla clientela servizi d'intermediazione in senso lato a costi inferiori rispetto a quelli che le controparti dovrebbero sostenere per allestire personalmente analoghe operazioni finanziarie. Tutto ciò non esclude che gli emittenti e gli investitori trovino conveniente sostenere in proprio una quota parte degli oneri complessivi, internalizzando una frazione dei costi operativi e d'informazione e, di conseguenza, anche le relative fasi di allestimento dell'operazione finanziaria. Così, ad esempio, un'impresa può trovare conveniente finanziare la propria attività mediante l'emissione di strumenti negoziabili nel mercato mobiliare, avvalendosi del solo servizio di ricerca della controparte offerto da un intermediario mobiliare, sostenendo in proprio gli altri oneri relativi alla definizione degli elementi contrattuali, alla diffusione delle informazioni, alla distribuzione dei titoli, alla possibilità di non ottenere i fondi nella misura preventivata e così via. Analogamente, tenuto conto dei costi di negoziazione e di gestione sostenibili in rapporto alle dimensioni del portafoglio, gli investitori possono curare in prima persona l'amministrazione degli impieghi in valori mobiliari, così come possono affidarsi ai servizi di gestione personalizzata (gestioni patrimoniali) o a quelle di natura collettiva (ad esempio, fondi comuni d'investimento), offerti da intermediari mobiliari specializzati (Organismi di investimento collettivo del risparmio). In conclusione, l'esistenza di costi di transazione offre una base di partenza per una possibile spiegazione dell'esistenza degli intermediari e di una loro diversificazione. Da rilevare, tuttavia, che tali conclusioni sono da porre in relazione al solo fattore costi di transazione, cioè sono valide a parità di altre circostanze. 2.2. Gli intermediari finanziari e l'incertezza Per quanto riguarda il secondo dei fattori individuati, cioè l'incertezza, è opportuno sottolineare nuovamente che è un elemento connaturato alle operazioni finanziarie di qualsiasi genere e che riguarda la conoscenza limitata di quelli che possono essere i risultati dello scambio di risorse finanziarie nel tempo. Ciò non è privo di effetti per gli operatori che traducono l'incertezza in termini di perdite che possono derivare dal realizzarsi di certi risultati e che attribuiscono il significato di rischio alle probabilità che si verifichino tali perdite. La negoziazione e la definizione dei contratti finanziari comporta sempre una distribuzione dei rischi tra le parti e, per i due contraenti, in quanto frutto di un processo di negoziazione, il contratto stipulato, in definitiva, rappresenta di norma il risultato di un compromesso accettabile tra finalità contrapposte. Pertanto, una relazione diretta tra operatori finali presuppone che le esigenze di impiego del risparmio finanziario, da una parte, e di copertura dei fabbisogni, dall'altra, risultino in larga parte coincidenti. I richiedenti e gli offerenti fondi dovrebbero trovarsi d'accordo sulla natura e sulle caratteristiche economiche, tecniche e giuridiche dello strumento finanziario e sulle relative condizioni di aleatorietà. In realtà, non sempre le esigenze degli operatori sono coincidenti o, quantomeno, sono conciliabili e traducibili in componenti elementari di un contratto finanziario. La presenza d'incertezza, di per sé, tende a circoscrivere le opportunità di alcuni soggetti e a porre altri, in particolare quelli specializzati come gli intermediari finanziari, in posizione migliore rispetto a una assunzione diretta dei rischi dell'intermediazione. Gli intermediati creditizi, in primo luogo, sono nella posizione migliore perché in grado di affrontare i rischi collegati all'intermediazione finanziaria, attraverso appropriate combinazioni di operazioni e di strutture di bilancio. In altre parole, essi possono attuare una diversificazione e un frazionamento dei rischi non realizzabile da parte degli investitori individuali. dell'intermediario finanziario consente di colmare le differenze d'informazione tra prenditori e prestatori finali, se non proprio completamente, almeno in misura sufficiente a rendere praticabile e vantaggioso lo scambio diretto. Gli intermediari finanziari possono godere di vantaggi informativi non solo nei confronti degli investitori ma anche rispetto agli emittenti. E, ad esempio, il caso dei prenditori di fondi che, ricorrendo in via occasionale all'emissione di strumenti finanziari negoziabili nei mercati aperti, hanno un grado di conoscenza del mercato, delle sue procedure e delle condizioni di domanda, inferiore a quella di intermediari specializzati. Ciò giustifica il ricorso all'assistenza degli intermediari mobiliari per definire i termini dell'emissione (scelta dello strumento finanziario, modalità e prezzo di collocamento, timing e così via), per usufruire della capacità di contatto di potenziali acquirenti assicurata dalla rete distributiva e dalle relazioni intrattenute con gli investitori istituzionali. La prerogativa di raccogliere e diffondere informazione, anche se con caratteri e intensità differenti, è patrimonio non solo degli intermediari finanziari ma anche di altri agenti economici. Tra coloro che svolgono professionalmente una attività di produzione di informazione economica particolare rilievo assumono le agenzie di rating. Questi operatori sono istituzioni specializzate nella valutazione e nel controllo della qualità degli strumenti finanziari, in funzione del grado di affidabilità degli emittenti (standing creditizio). La loro attività consiste nell'elaborare le informazioni sull'emittente e pubblicare la valutazione sintetica (il rating) espressa sulla qualità dei titoli di debito collocati nel mercato aperto. Il giudizio espresso è diffuso gratuitamente (rating pubblico) ed il costo del servizio prodotto dall'agenzia è pagato direttamente dall'emittente, interessato a comunicare al mercato informazioni attendibili sul grado di rischio delle proprie passività. La credibilità delle valutazioni e l'apprezzamento delle informazioni da parte del mercato viene quindi a dipendere esclusivamente dalla «reputazione» dell'agenzia di rating. Il rating emesso dalle agenzie consiste nella classificazione dei titoli di debito emessi sul mercato in base a un criterio di tipo ordinale, che prevede l'assegnazione a ciascuna emissione di un simbolo alfanumerico, corrispondente a un differente livello di rischio. I risultati dell'analisi, condotta sulla base delle informazioni disponibili e sintetizzate in un punteggio assegnato allo strumento, sono comunicati agli investitori interessati. Il rating delle agenzie è quindi un rating pubblico, in quanto destinato ad essere reso di pubblico dominio a beneficio degli operatori del mercato finanziario. Si differenzia dall'analogo rating elaborato dagli intermediari creditizi (rating privato) per il semplice fatto che esso è riservato ad esclusivo uso interno nella valutazione del merito creditizio dei clienti affidati. Le considerazioni sulle agenzie di rating consentono di porre in evidenza una conseguenza delle asimmetrie informative: l'interesse da parte degli emittenti, o quantomeno di alcuni di essi, ad alimentare un flusso d'informazioni su cui il mercato possa esprimere una valutazione corretta del grado di rischio. È infatti evidente che gli emittenti «migliori» o, quantomeno, caratterizzati da livelli di rischio e da prospettive di redditività superiori alla media, cerchino di differenziarsi da coloro che presentano uno standing inferiore, segnalando al mercato la diversità di status. La comunicazione al mercato deve essere tale da fornire indicazioni inequivocabili, suscettibili di colmare effettivi gap informativi, e non imitabile, senza costi, dai concorrenti. Sotto questo profilo, i segnali trasmessi dagli emittenti possono assumere contenuti e forme diverse, ad esempio, la misura del dividendo, l'acquisto di azioni proprie, il rapporto 'indebitamento, la presentazione di bilanci dettagliati e certificati. In questo ambito, gli intermediari finanziari possono assumere anche la veste di produttori di segnali e, quindi, di informazione quando nel ruolo di underwriters sottoscrivono a fermo le passività finanziarie delle imprese, oppure ne agevolano il collocamento presso gli investitori, così come quando organizzano operazioni di finanziamento per i prenditori finali. È il caso, ad esempio, dei prestiti sindacati, cui segue, in genere, a puro titolo informativo, la pubblicazione a mezzo stampa della notizia della concessione del prestito mediante appositi comunicati (tombstone). La conclusione di queste operazioni è indicativa di un elevato standard di affidabilità dell'impresa beneficiaria e della qualità degli strumenti finanziari o, quantomeno, il mercato, inteso come collettività di soggetti interessati alle negoziazioni, attribuisce, in genere, un valore informativo ai comportamenti degli operatori specializzati. Ne consegue che l'intermediario mobiliare diviene un volontario distributore di informazione (o di segnali) per gli altri operatori del mercato finanziario. Ciò è possibile perché agli intermediari finanziari è attribuibile una superiore capacità di valutazione dei prenditori di fondi, anche in virtù dei vantaggi informativi di cui possono usufruire. In altri termini, presentando l'emittente "al mercato" costituito dai potenziali investitori, o sottoscrivendo in prima persona i valori mobiliari emessi, l'intermediario mobiliare mette in gioco o, quantomeno, sottopone alla verifica dei fatti, la sua reputazione, intesa nel significato di correttezza, di professionalità, di capacità tecniche, gestionali ed organizzative. Per gli intermediari mobiliari, in particolare, gli attributi indicati sono decisivi per acquisire e consolidare la propria credibilità e la propria affidabilità. Anche gli intermediari creditizi sono in grado di produrre informazione riguardo ai debitori, come conseguenza della "selezione/ screening" e della successiva "sorveglianza e verifica/ monitoring" del merito creditizio. In particolare, tale processo è tipico delle banche che, svolgendo anche funzioni monetarie, sono in grado di associare all'erogazione dei finanziamenti anche l'offerta di servizi di cassa, l'utilizzo dei quali rappresenta una ulteriore fonte di informazioni sulla gestione dei finanziati. È comunque una caratteristica comune a tutti gli intermediari creditizi, quella di operare sulla base di relazioni bilaterali, personalizzate, continuative e contraddistinte da scambi ricorrenti che, complessivamente, concorrono a delineare legami finanziari stabili e duraturi nel tempo. In virtù della riservatezza che si accompagna a queste relazioni di clientela, l'intermediario creditizio ha accesso a informazioni confidenziali, generalmente non rese pubbliche, di cui diviene custode. La personalizzazione delle relazioni crea, tra prestatore e utente dei servizi, forti legami che, nel caso specifico, sono fondati in prevalenza, sulla fiducia reciproca e sulla confidenzialità delle informazioni e quindi, sulla discrezione è sul riserbo. Peraltro, le imprese, generalmente, possono essere propense a portare a conoscenza dell’intermediario informazioni confidenziali su particolati aspetti delle politiche aziendali che, se rese note al mercato, da un lato, garantirebbero l'accesso a fonti di finanziamento meno onerose ma, dall'altro lato, offrirebbero certamente indicazioni importanti ai concorrenti. Il risultato complessivo di tutto ciò è quello di conferire, almeno in via potenziale, un'elevata qualità alle valutazioni di affidabilità degli intermediari creditizi. Analogamente a quanto rilevato per gli intermediari mobiliari, attraverso l'attività di finanziamento, l’intermediario creditizio sottopone a verifica la sua reputazione. Tuttavia, oltre alla correttezza, alla professionalità, alle capacità tecniche, gestionali e organizzative, la reputazione dell'intermediario creditizio si concreta anche nel rendere inavvertibili i rischi potenziali dell'attività svolta ai propri creditori (nel caso della banca, i depositanti), adottando regole di condotta gestionale idonee alla loro prevenzione e al loro assorbimento e, in particolare, quelle dirette a salvaguardare la qualità dei crediti concessi. Interponendosi con il proprio bilancio tra datori e prenditori di fondi e offrendo ai medesimi la protezione del proprio patrimonio netto, l'intermediario creditizio è, dunque, in grado di risolvere i problemi di asimmetrie informative che possono sorgere tra gli operatori finali. In conclusione, l'instaurazione di rapporti diretti e autonomi incontra una serie di limitazioni dovute all'incidenza dei costi di transazione, all'incertezza insita negli scambi finanziari e alla imperfetta distribuzione dell'informazione tra gli agenti economici. La contemporanea presenza di questi elementi strutturali è alla base sia dell'esistenza degli intermediari finanziari, sia della loro differenziazione di ruoli. L'intervento degli intermediari, infatti, consente vantaggi di costo, un adeguato trattamento dell'incertezza e il superamento di problemi di natura informativa. Il trasferimento delle risorse dalle unità in avanzo a quelle in disavanzo è realizzabile o, quantomeno, lo è a condizioni più vantaggiose, se una delle due controparti è un operatore specializzato. Nell'ambito dei circuiti intermediati, a loro volta, le diverse tipologie d'intermediari affrontano e risolvono secondo differenziate modalità tecniche, organizzative e gestionali i problemi di costo, d'incertezza e d'informazione. Ciascuna tipologia d'intermediario è in grado di offrire agli operatori finali specifiche combinazioni di vantaggi in termini di costo, trattamento dell'incertezza e dell'informazione, differenziando le opportunità di trasferimento delle risorse. Non tutte le soluzioni offerte dagli intermediari sono ugualmente vantaggiose per gli operatori finali. Quest'ultimi selezionano quelle che, di volta in volta, sulla base delle preferenze e delle esigenze combinate derivanti dalla loro posizione soggettiva, presentano condizioni mutuamente vantaggiose. In definitiva, i costi di transazione, l'incertezza e le asimmetrie informative sono i parametri che, combinati tra loro, guidano gli utenti finali nella selezione dei servizi d'intermediazione offerti dal sistema finanziario. Capitolo Terzo Moneta e sistemi dei pagamenti 1. La moneta: funzioni e caratteristiche Il regolamento degli scambi è l'atto con cui il debitore estingue le proprie obbligazioni nei confronti della controparte creditrice trasferendogli «moneta». L'operazione di pagamento si perfeziona quando il creditore acquisisce la piena disponibilità della moneta per potere, a sua volta, compiere pagamenti. La moneta è tutto ciò che, abitualmente, è accettato come mezzo di pagamento per l'acquisto di beni e servizi e per l'estinzione di debiti. Storicamente, dall'iniziale impiego di beni di uso comune, come ad esempio, il bestiame (pecus da cui pecunia) ed il sale (da cui salario), si passa all'uso di metalli grezzi ed alla coniazione di monete metalliche (d'oro e d'argento in particolare) e, successivamente, all'utilizzo di banconote e depositi bancari per arrivare, infine, alla moneta elettronica. La moneta può essere definita in base a ciò che essa fa, vale a dire alle funzioni che svolge all'interno del sistema economico. Al riguardo, la letteratura economica attribuisce alla moneta tre funzioni: i. intermediario degli scambi o mezzo di scambio; ii. unità di conto e misura di valore; iii. strumento di riserva o fondo di valore. La moneta, pertanto, misura il valore dei beni (unità di conto) e consente trasferimenti di ricchezza (mezzo di pagamento) ma è anche uno strumento per conservare la ricchezza nel tempo (fondo di valore). i. Moneta come mezzo di scambio. Il passaggio da una economia senza moneta (baratto) ad una economia incentrata sull'uso della moneta (economia monetaria) rende efficienti le transazioni e riduce i costi delle stesse. L'esistenza di un mezzo di scambio, infatti, consente di superare i limiti impliciti del baratto derivanti, sia dalla doppia coincidenza di bisogni e di beni, sia dai costi di ricerca delle controparti. In un dato contesto storico ed economico la moneta è, quindi, costituita dall'insieme dei mezzi di scambio generalmente accettati e trasferibili a costi minimi per il pagamento di beni e servizi e per l'estinzione di debiti. I mezzi di scambio sono «beni» accettati in pagamento non per essere consumati o utilizzati a fini produttivi ma bensì per essere spesi nuovamente in successive transazioni. Tipi di moneta. I generi monetari utilizzabili possono essere molteplici. Pur diversi per natura e caratteristiche, possono essere ricondotti a due distinte tipologie: la moneta-merce (moneta attività reale) e la moneta-segno (moneta-attività finanziaria). La moneta-merce, o moneta attività reale, è rappresentata da un bene, in genere di uso comune, con uno specifico valore intrinseco legato alle sue caratteristiche fisiche e/o funzionali (ad es. oro e altri metalli preziosi). Indipendentemente dal suo utilizzo come moneta, il bene in questione può essere oggetto di transazioni in un mercato, dove viene fissato il suo valore di scambio (prezzo). Il bene che funge da moneta-merce è accettato in pagamento in quanto colui che lo riceve è sicuro sulla corrispondenza tra l'importo del credito ed il valore del mezzo di scambio. Esempi di moneta-merce sono le monete d'oro e d'argento. L'operazione di coniazione avveniva di solito per iniziativa di un soggetto al di sopra delle parti, in genere lo Stato (o il Sovrano), che si assumeva o, più spesso, si riservava la prerogativa di «battere» moneta e si impegnava a garantire il rispetto di standard di conio prefissati (in altre parole il valore intrinseco del mezzo di scambio). La moneta-segno è rappresentata da mezzi di scambio con valore intrinseco nullo o, comunque, di gran lunga inferiore rispetto ai beni contro cui è scambiata. Le banconote (moneta cartacea) e le moneta divisionale (c.d. moneta «spicciola) sono un tipico esempio, così come lo sono i depositi bancari. La moneta-segno è una passività patrimoniale del soggetto emittente e, per contro una attività finanziaria (attività finanziaria: bene che esprime un rapporto contrattuale nel quale entrambe le prestazioni delle parti in causa sono denominate in moneta e scadono in tempi diversi) per colui che la detiene: Essendo un'attività finanziaria, la moneta segno nasce da un'operazione di credito. È accettata in pagamento sulla base di:  un atto di un soggetto (Stato) che, nell'esercizio dei propri poteri sovrani, sancisce il potere liberatorio dei pagamenti effettuati con il trasferimento di quella specifica moneta; in questo caso, la moneta è definita moneta legale;  una convenzione tra le parti che si accordano per attribuire un determinato valore al bene che funge da genere monetario, indipendentemente dal valore intrinseco dello stesso; in questo caso, la moneta è definita moneta fiduciaria (es. moneta bancaria). La moneta legale è un debito della Banca Centrale a cui lo Stato ha delegato la funzione di emettere, in regime di monopolio, i mezzi di scambio con pieno potere liberatorio. Lo Stato ne impone l'accettazione nei rapporti economici, assumendo l'impegno di assicurare alla moneta legale un illimitato potere liberatorio. Questo impegno è, di per sé, implicito nella natura di autorità statale, essendo rappresentato dalla garanzia del rispetto delle norme che regolano i rapporti economici e sociali di una collettività. Nei paesi dell'area euro, l'emissione della moneta legale, rappresentata da banconote è attribuita alla Banca Centrale Europea (BCE) ed alle Banche Centrali Nazionali (BCN) che, insieme alla BCE, costituiscono l'Eurosistema. Tuttavia, sono solo le BCN (per l'Italia la Banca d'Italia) che materialmente provvedono all'emissione e al ritiro dei biglietti in euro poiché la BCE non svolge operazioni di cassa. La "moneta metallica divisionale/ coins" è coniata dagli Stati dei Paesi dell'area euro per volumi di conio approvati dalla BCE. La moneta metallica e le banconote sono un debito dell'Eurosistema e costituiscono il c.d. circolante. Sulla base di quanto stabilito dall'art. 128 del Trattato di Maastricht, hanno lo status di "moneta legale/legal tender" all'interno dei 19 paesi ad oggi firmatari. Per quanto riguarda l'Italia, da rilevare che l'art. 1277 del Codice Civile attribuisce alla moneta avente corso legale la prerogativa di estinguere i debiti pecuniari e non può essere rifiutata in pagamento dal creditore. La validità di questo principio non è tuttavia assoluta dal momento che le disposizioni normative vigenti in tema di riciclaggio vietano l'uso del contante per pagamenti superiori a un determinato importo e, soprattutto, impongono l'obbligo di ricorrere all'opera di intermediari cartacea, essendo un multiplo delle riserve detenute, viene in tal modo a poggiare su un presupposto fiduciario, espresso dall'impegno di convertibilità delle banconote, in una quantità prefissata di monete metalliche (o di una certa quantità di metallo). Le banconote, pur essendo di per sé prive di valore intrinseco o, quantomeno, contraddistinte da un potere di acquisto superiore al valore dettato dalle sue caratteristiche fisiche, potevano essere accettate su larga scala per la regolazione degli scambi. La loro accettazione e la loro diffusione risiedevano appunto sulla fiducia riposta nella capacità dell'emittente (istituto di emissione) di convertire in moneta-merce, a richiesta, la moneta cartacea in circolazione, in analogia con quanto accade oggi per i depositi bancari, utilizzati come moneta fiduciaria (moneta bancaria) sulla base del presupposto che la banca sia sempre in grado di far fronte alle richieste di conversione in moneta legale. (oggi vige il deposito regolare, la banca ha 100 in depositi e ne può prestare 100; quando vigeva il deposito irregolare la banca aveva 100 in depositi e poteva prestarne 200; di conseguenza è come se queste potessero emettere moneta direttamente) La rilevanza assunta dalla funzione monetaria, quale servizio di pubblica utilità, i frequenti casi di dissesto delle banche e l'esigenza di una maggiore tutela dei depositanti, determinarono una progressiva pubblicizzazione dell'emissione di biglietti e banconote; attraverso forme di regolamentazione e controllo statale. Si afferma quindi il principio che l'emissione di moneta spetta allo Stato, che la esercita attribuendo ad un istituto di emissione il monopolio di tale attività. L'intervento dello Stato e la disciplina della circolazione monetaria, riconoscendo e valorizzando la specificità degli istituti di emissione rispetto alle altre istituzioni creditizie, determina anche la netta separazione dell'attività di banca di emissione da quella delle altre banche (banche di deposito, banche commerciali). La posizione degli istituti di emissione si consolida ulteriormente attraverso lo sviluppo di nuove forme di attività che daranno poi origine alle odierne banche centrali. In quanto emittenti del genere monetario principale (la moneta legale) in regime di monopolio, gli istituti di emissione assumono il ruolo di banche delle banche agendo come depositari del fondo cassa (riserve di liquidità) delle altre istituzioni creditizie e come prestatori di ultima istanza /lender of last resort di moneta legale nei momenti di necessità. In quanto delegati della funzione di emissione da parte dello Stato, gli istituti di emissione intrattengono relazioni molto strette con il Tesoro, finanziandone i disavanzi e fornendo servizi di collocamento e gestione del debito pubblico: banca del Tesoro. Infine, presso gli istituti di emissione vengono accentrate le riserve auree del paese. La centralizzazione delle riserve auree costituisce la premessa per attribuire all'istituto di emissione-banca centrale, da un lato, il controllo e la gestione del cambio della moneta in altre valute (convertibilità esterna) e, dall'altro lato, la possibilità di assicurare la trasformazione dei biglietti emessi nei confronti dei soggetti residenti (convertibilità interna). L'impossibilità di assicurare, specie in periodi di crisi finanziarie ed economiche, la libera trasformazione dei biglietti in oro porterà nel tempo lo Stato a decretare la sospensione del regime di convertibilità della moneta. Il vincolo di conversione viene rimosso con la dichiarazione del corso forzoso (cioè divieto della convertibilità in oro; abolizione sistema aureo), per atto d'impero da parte dello Stato. Nelle economie moderne, pertanto, la moneta assume la veste di segno convenzionale (moneta segno), essendo stato sospeso il diritto di conversione in moneta merce, o in una data quantità di metallo. In regime di corso forzoso si può parlare solo di convertibilità di una moneta in monete di altri paesi (valute). Sotto questo profilo, si distingue tra convertibilità interna (da parte dei residenti) e convertibilità esterna (da parte dei non residenti) della moneta legale di un dato paese (ad es. l'euro per l'Italia) in monete di altre economie (ad es. dollaro, yen). Essa è collegata, sia alle disposizioni valutarie emanate dalle autorità, sia all'adesione, o meno, ad un regime monetario frutto di accordi tra paesi sovrani. L'euro è, in questo senso, una moneta pienamente convertibile in valuta estera. Ciò implica, peraltro, un regime di libertà di movimento dei capitali da e verso l'estero. (dunque, per convertibilità interna oggi non facciamo riferimento alla convertibilità in oro) 3. La produzione e la circolazione della moneta La  funzione monetaria del sistema finanziario consiste nella produzione di moneta e nell'erogazione di servizi di pagamento. Questa attività identifica una vera e propria industria di servizi, denominata sistema dei pagamenti, diretta a soddisfare i bisogni di trasferimento di moneta originati dal regolamento degli scambi commerciali e finanziari. Il sistema dei pagamenti è di primaria importanza per il funzionamento di una economia monetaria e può essere definito come l'insieme delle norme, degli intermediari e degli strumenti che permette il passaggio della moneta da un operatore economico all'altro, al fine di consentire lo scambio di beni e servizi. Il sistema dei pagamenti è composto: i. dai soggetti che emettono la moneta utilizzabile negli scambi (Banca centrale, banche, istituti di moneta elettronica); ii. dai mezzi di scambio e dagli strumenti di pagamento sia cartacei che elettronici; iii. dagli operatori che gestiscono reti e procedure tecniche per la trasmissione e la gestione delle informazioni di pagamento e per il regolamento dei pagamenti interbancari; iv. dalle norme che definiscono i diritti e i doveri delle parti coinvolte nelle operazioni di pagamento. L'art. 105.2 del trattato che istituisce la Comunità europea e l'art. 3 del protocollo dello statuto del Sistema Europeo delle Banche Centrali (SEBC), sanciscono che rientra tra le funzioni istituzionali del SEBC il compito di promuovere il regolare funzionamento del sistema dei pagamenti. Tale obiettivo viene perseguito congiuntamente dalla Banca Centrale Europea e dalle Banche Centrali Nazionali. Nell'ambito della legislazione italiana, il testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, riconosce le competenze della Banca d'Italia in materia di sistemi di pagamento. Della complessa attività di questa infrastruttura possono essere colti tre aspetti principali: quantitativo, qualitativo e tecnico- operativo.  Sotto il profilo quantitativo, il sistema finanziario è impegnato a fornire un volume di mezzi di pagamento adeguato alle esigenze degli scambi. Le componenti del sistema finanziario preposte a questa funzione sono la banca centrale ed il sistema bancario che, unitamente, concorrono a determinare la quantità complessiva di potere d'acquisto pro-tempore disponibile (finanziamenti), cioè l'offerta di moneta. Il debito a vista della banca centrale (base monetaria) è la componente monetaria su cui poggia l'attività di raccolta e d'impiego delle banche. Queste ultime, attraverso l'attività di prestito, concedono ai beneficiari del credito la possibilità di utilizzare nei pagamenti la moneta bancaria (depositi in conto corrente), cioè un genere monetario assistito dalla garanzia di convertibilità in moneta legale. In tal modo, il sistema bancario può far leva sulla disponibilità di attività esigibili a vista nei confronti delle autorità monetarie (base monetaria) per una espansione multipla dei crediti e dei depositi. Tale meccanismo, noto come moltiplicatore dei depositi, consente alle banche di intervenire attivamente nella determinazione della quantità di moneta. Questo aspetto dell'attività bancaria assume un particolare rilievo nell'analisi economica, poiché la determinazione della quantità di moneta esercita un'influenza importante sulle decisioni di spesa degli agenti economici, concorrendo a trasmettere impulsi e sollecitazioni di natura monetaria al settore reale dell'economia.  L'aspetto qualitativo riguarda, invece, la tipologia dei mezzi di scambio e degli strumenti di pagamento. In merito, il sistema finanziario produce un particolare tipo di generi monetari - quelli di natura finanziaria – rappresentati dal circolante (banconote e monete metalliche divisionali), dalla moneta bancaria (depositi in conto corrente a vista) e dalla moneta elettronica. Come rilevato in precedenza, una passività può infatti svolgere la funzione di mezzo di pagamento se esiste una generale ed incondizionata accettazione da parte della collettività. Il requisito di accettabilità generalizzata elimina, di fatto, i costi di informazione che gli scambisti dovrebbero altrimenti sostenere per accertare la qualità del mezzo di scambio, cioè la sua successiva cedibilità ad altri soggetti per regolare le transazioni. L'accettabilità della moneta risiede essenzialmente nella fiducia che l'emittente sia in grado, a richiesta, di onorare il proprio debito. Sotto questo profilo, la moneta legale ha illimitato potere liberatorio sancito per atto d'imperio dello Stato che esercita in tal modo la propria sovranità (moneta a corso forzoso), mentre l'accettabilità della moneta bancaria risiede essenzialmente su presupposti fiduciari. La relazione fiduciaria sottostante la circolazione della moneta bancaria presenta, tuttavia, due aspetti:  il primo e principale, è quello già ricordato, rappresentato dalla solvibilità in moneta legale dell'azienda bancaria, assicurata anche dal sistema di garanzia istituzionale denominato «Fondo Interbancario di tutela dei depositi»;  il secondo è invece costituito dalla validità del diritto di credito verso la banca di colui che effettua il pagamento. L'elemento fiduciario «validità del diritto di credito» di colui che ordina alla banca di pagare, ad esempio, attraverso l'emissione di un assegno, riguarda la legittimazione a compiere l'atto o, in altre parole, trova riferimento nell'autorizzazione ad emettere assegni e nella capienza di fondi nel conto corrente. La mancata accettazione di un assegno per il regolamento di un acquisto non è determinata da remore sulla capacità della banca di onorare gli impegni, ma dall'incertezza in merito all'effettiva copertura dell'ordine di pagamento stesso: un assegno può essere rifiutato anche in relazione ad altri fattori di natura non economica come, ad esempio, il sospetto di possesso illegittimo del documento o di falsità del documento stesso. Ciò vale anche per tutte le altre tipologie di strumenti utilizzabili nei pagamenti, compresi quelli resi disponibili da soggetti diversi dalle banche.  Il profilo tecnico-operativo riguarda, da un lato, l'insieme delle norme e dei processi relativi all'emissione dei mezzi di pagamento e, dall'altro lato, i meccanismi e le procedure che presiedono alla circolazione della moneta e, quindi, alla sua effettiva spendibilità. Sotto questo aspetto, pertanto, il sistema dei pagamenti è caratterizzato dai seguenti elementi costitutivi.  i mezzi di scambio, e cioè la moneta, utilizzati nei pagamenti;  gli strumenti, le procedure e le infrastrutture per la circolazione della moneta;  gli accordi di cooperazione tra gli operatori del mercato dei pagamenti;  il quadro normativo che presiede alla circolazione della moneta;  il ruolo delle autorità monetarie. 4. La moneta, gli strumenti ed i servizi di pagamento L'emissione o «creazione» della moneta, data la sua natura finanziaria, è sempre il risultato di un'operazione di credito. La base monetaria, ad esempio, viene immessa nel sistema economico dalla banca centrale in contropartita di una concessione di credito (ad es. operazione di rifinanziamento del sistema bancario: la BC presta soldi ad una banca; credito per la prima debito per la seconda), cioè mediante la trasformazione di un generico diritto di credito a scadenza in potere d'acquisto immediatamente disponibile; (ma anche ad es. quando le banche prestano alle UD; la prima genera un credito, per la seconda si genera un debito). Ne consegue che, sotto il profilo tecnico-operativo, le modalità di emissione della moneta sono riconducibili ai meccanismi ed agli strumenti che presiedono all'erogazione del credito. I mezzi di scambio utilizzati in Italia sono prodotti dall'Eurosistema (per il tramite della Banca d'Italia), dalle banche commerciali, da Poste Italiane e dagli altri intermediari non bancari (Tabella 1). L’Eurosistema nella sua veste di istituto di emissione ha la prerogativa di creare e di immettere in circolazione moneta a corso legale nella forma di banconote e moneta divisionale (monete metalliche). In particolare, la Banca Centrale Europea (BCE) autorizza l'emissione di circolante da parte delle Banche Centrali Nazionali (BCN) che, con la BCE, costituiscono l'Eurosistema. Inoltre, le BCN agiscono per conto del Tesoro dello Stato di appartenenza come emittenti di moneta metallica divisionale/coins. L'utilizzo delle banconote e delle monete metalliche nei pagamenti si sostanzia nella loro consegna fisica contro il bene e il servizio acquistato (c.d. pagamento in contanti). Riquadro 1. Il deposito bancario Il deposito è la forma tipica di raccolta di risparmio da parte delle banche. Con la stipula di un contratto di deposito, la banca s'impegna a custodire ed a restituire le somme di moneta ricevute dai clienti risparmiatori, maggiorate degli interessi concordati e maturati. Il deposito può essere esigibile a vista o a scadenza, costituito nella forma del conto corrente, ovvero a risparmio. I depositi in conto corrente a vista (depositi monetari) svolgono la funzione di un conto cassa, alimentato da operazioni di pagamento ed incasso del titolare. Sono remunerati in forma di interessi calcolati sui saldi a credito del depositante risultanti dalla successione dei versamenti e dei prelevamenti effettuati, oltre che per contanti, anche sulla base dell'utilizzo di una vasta gamma servizi di pagamento e di incasso: dalle disposizioni di pagamento e d'incasso, ai bonifici, ai giroconti ed all'emissione di assegni bancari. I depositi a risparmio sono destinati ad accogliere per loro natura quote di risparmio nella prospettiva di conservazione e valorizzazione delle risorse accumulate. A questa forma di deposito non è, di norma, associato l'utilizzo di servizi di pagamento (ad es., mediante assegni bancari e altre disposizioni di trasferimento fondi come i bonifici). I depositi in conto corrente presso le banche commerciali e Poste Italiane sono, il genere monetario in cui si identifica rispettivamente, la moneta bancaria e la moneta postale. La moneta bancaria/ demand deposit account, come già ricordato, è una moneta privata assistita da una garanzia istituzionale, Il cui utilizzo è reso disponibile attraverso la prestazione di servizi di pagamento da parte dei soggetti produttori. La moneta postale è emessa da Poste Italiane ed è rappresentativa di depositi in conto corrente che fruiscono delle medesime garanzie dei depositi bancari. Con l'affermazione delle tecnologie elettroniche e delle telecomunicazioni e le trasformazioni intervenute nei sistemi di pagamento, ai depositi in conto corrente si è affiancato un ulteriore genere monetario: la moneta elettronica/e-money destinata in prospettiva a sostituire il contante, attraverso una graduale diffusione della digitalizzazione del denaro e dei pagamenti. La moneta elettronica è un valore monetario, memorizzato su un dispositivo elettronico, rappresentativo di un credito nei confronti dell'emittente, originato dal versamento di una somma di denaro per effettuare operazioni di pagamento. L'emissione di moneta elettronica è riservata alle banche, a Poste Italiane ed agli Istituti di moneta elettronica (Imel) ed avviene mediante il procedimento di memorizzazione con cui l'emittente sostituisce il mezzo di pagamento (moneta bancaria o moneta legale) con cui è stato effettuato il versamento, con un altro mezzo di pagamento (la moneta elettronica appunto), utilizzabile laddove sia accettato da terzi come pagamento. La moneta elettronica è, pertanto, il debito digitalizzato di un soggetto abilitato alla sua emissione ed alla prestazione di servizi di pagamento attraverso gli strumenti di pagamento dotati di dispositivo elettronico che consente la fruizione del servizio. La posizione di disponibilità monetaria memorizzata non può essere di entità superiore alla somma previamente "caricata” e l'emittente è tenuto a rimborsare, su richiesta del detentore, la moneta elettronica in ogni momento e al valore nominale. La moneta elettronica è diversa da un deposito bancario o postale in conto corrente: il credito digitalizzato non può fruttare interessi ed è vincolato all'uso dei servizi di pagamento consentiti dallo specifico dispositivo in cui è incorporato. Lo strumento di pagamento è rappresentato dal supporto tecnologico (dispositivo elettronico) in cui è memorizzato e incorporato sia il valore monetario prepagato (moneta elettronica), sia l'applicativo per impartire un ordine di pagamento. L'elemento elettronico può essere inserito in una carta plastificata, installato nel computer per i pagamenti in Internet (e- payments) oppure nello smartphone o nel tablet dell'utilizzatore (m-payments), dando luogo a differenti "forme" di moneta elettronica e di servizi di pagamento. La carta plastificata appartiene alla più ampia categoria delle carte di pagamento e, nel caso di moneta elettronica, prende la forma di "carta prepagata" e, come tale, costituisce uno strumento sostitutivo della moneta e, in particolare del contante (c.d. borsellino elettronico). Il dispositivo installato su personal computer impiega software specializzati, che consentono di stabilire un collegamento via rete tra un account o conto di pagamento con un POS (point of sale) virtuale che, per tale via, avvia e conclude l'esecuzione dell'ordine di pagamento impartito dall'utilizzatore. Il telefono mobile e il tablet non sono strumenti di pagamento, bensì canali di pagamento che, tra l'altro, possono consentire di effettuare anche operazioni di pagamento, sia in remoto che in prossimità, con l'impiego sia di moneta elettronica, sia di altri generi monetari (moneta bancaria, moneta postale). Riquadro 2. Conti di pagamento La carta di debito è il documento che consente al titolare di effettuare operazioni presso gli sportelli automatici (ATM o automatic teller machine) e/o presso terminali installati presso punti di vendita di esercizi commerciali (POS o point of sale). In Italia sono rappresentate dalla carta Bancomat che permette ai titolari il prelievo di contante presso la rete interbancaria di sportelli automatici. A differenza della carta di credito, l'uso della carta di debito comporta l'addebito, pressoché in tempo reale, del conto corrente bancario di riferimento. Le carte prepagate incorporano un credito nei confronti dell'emittente che si riduce con il progressivo utilizzo della carta per effettuare i pagamenti abilitati. Sulla base del circuito di utilizzo e di spendibilità, le carte prepagate possono essere distinte in tre categorie principali: carte monouso, carte a spendibilità limitata, carte a spendibilità generalizzata. Le carte monouso sono spendibili solo presso l'emittente (ad esempio: tessere telefoniche, Viacard per il pagamento dei pedaggi autostradali). Le carte a spendibilità limitata sono utilizzabili in un circuito ben definito di POS all'interno di una determinata struttura (ad es. Università). Le carte a spendibilità generalizzata possono essere utilizzate presso più esercizi commerciali, anche all'estero. Sono emesse da banche o da istituti di moneta elettronica (Imel) e consistono in carte a microprocessore utilizzate prevalentemente per spese di importo ridotto e di elevata frequenza. Hanno una circolazione autonoma e rappresentano un sostituto diretto della moneta. Il potere d'acquisto è incorporato nel documento mediante versamenti di contante e/o addebiti in conto corrente. La disponibilità monetaria caricata sulla carta si riduce ad ogni pagamento effettuato presso esercizi commerciali convenzionati. A questa categoria di carte prepagate appartengono anche quelle che incorporano moneta elettronica (c.d. borsellino elettronico). Le somme ricevute dal- l'emittente (ad es. Imel) per il rilascio della carta non costituiscono depositi della clientela; su di esse, pertanto, non sono corrisposti interessi e le stesse non sono coperte dai sistemi di garanzia dei depositi. Le carte che costituiscono moneta elettronica riconoscono al detentore il diritto al rimborso della parte di essa non utilizzata. Il rimborso deve essere effettuato al valore nominale in moneta legale o mediante versamento su un conto bancario, senza applicazione di ulteriori oneri e spese. Le procedure di pagamento (bonifici, giroconti, procedure di incasso e pagamento, invio di messaggi e d’informazioni tramite supporti magnetici e reti telematiche, ecc.) sono sistemi di trasferimento della titolarità della moneta facilitano la trasmissione della titolarità della moneta non potendo essere, per loro natura, temporanei sostituti della stessa. La loro principale caratteristica è rappresentata dal fatto che l'addebito a carico del soggetto tenuto al pagamento precede l'accredito a favore del beneficiario. Nel caso di dispositivi elettronici collegati a conti di pagamento (ad esempio i d borsellini elettronici installati su smartphone o tablet) le somme di denaro sono caricate anticipatamente e immagazzinate nell'account dedicato. Come rilevato, non necessariamente gli strumenti e le procedure sono approntati dagli stessi produttori di moneta, sebbene sia interesse preminente di questi ultimi fornire un servizio il più completo possibile. Nel nostro paese, gli strumenti di pagamento sono rappresentati da una vasta gamma di documenti sostituti temporanei della moneta. L'importanza relativa di ognuno è tuttavia diversa. Gli aspetti fiduciari del rapporto sottostante ed i costi di transazione sono i principali elementi che, di fatto, concorrono a determinarne l'effettiva diffusione. Fino a tempi recenti l'assegno bancario è risultato, comunque, lo strumento maggiormente utilizzato, anche se in misura inferiore di quanto accadeva negli altri paesi industrializzati. L'impiego di strumenti cartacei, considerati nel loro complesso, si è andato riducendo per effetto dell'offerta sia di soluzioni alternative come le carte di pagamento (Riquadro 4), sia per la maggiore praticità, celerità e sicurezza delle procedure di trasferimento fondi, specie a livello di transazioni tra imprese e nelle transazioni cross border. Tra le procedure messe a disposizione del sistema bancario (Tabella 1) particolare importanza hanno i bonifici che assorbono, in valore, la quota più elevata dei pagamenti intermediati. Tali operazioni, così come le disposizioni d'incasso, possono essere eseguite con modalità diverse e, quindi, le specifiche procedure possono presentare un grado di automazione più o meno esteso. Riquadro 6. Procedure di pagamento Il bonifico (SEPA credit transfer) è una disposizione di pagamento ordinata da un cliente ad una banca a favore di un terzo beneficiario che può essere o meno cliente della stessa banca. In quest'ultima eventualità l'operazione è definita come giroconto. Le disposizioni d'incasso sono costituite da ordini d'incasso di crediti vantati verso terzi ed impartiti alle banche attraverso la presentazione di documenti cartacei (cambiali, fatture, RIBA cartacee) o con modalità elettroniche (MAV, RIBA elettroniche, RID) rappresentativi del credito. MAV (Pagamento mediante avviso). Ordine di incasso di crediti in base al quale la banca del creditore provvede all'invio di un avviso al debitore, che può effettuare il pagamento presso qualunque sportello bancario e, in alcuni casi, presso gli uffici postali. RIBA (Ricevuta bancaria). Ordine di incasso disposto dal creditore alla propria banca che, a sua volta lo trasmette alla banca del debitore. Quest'ultima provvede a inviare un avviso di pagamento al debitore ed a rilevare l'incasso. RID (Rapporti interbancari diretti). Ordine di incasso di crediti che presuppone una pre-autorizzazione all'addebito in conto da parte del debitore. L'esecuzione dell'ordine prevede la trasmissione attraverso una apposita procedura interbancaria delle informazioni relative agli incassi da eseguire dalla banca del creditore a quella del debitore. Questi strumenti sono noti come SEPA Direct Debit Core e SEPA Direct Debit B2B). 5. I sistemi di compensazione e regolamento dei pagamenti interbancari I pagamenti effettuati con banconote e moneta divisionale (in contanti) si concretano con la trasmissione materiale degli stessi generi monetari; l'esecuzione di un'operazione di pagamento mediante generi monetari diversi da quelli a corso legale prevede, invece, due momenti distinti: i. quello della trasmissione delle informazioni e dello scambio di eventuali documenti cartacei (assegni); ii. Fase intermedia: mercato interbancario, che coinvolge BC e banche. (fase interbancaria) iii. quello del regolamento monetario vero e proprio. L'utilizzo della moneta bancaria, ad esempio mediante assegno, richiede da un lato la compilazione del documento all'emissione, la consegna dello stesso alla controparte della transazione, la presentazione del titolo all'incasso presso una banca, il suo invio alla banca tenuta al pagamento e, dall'altro lato, il trasferimento della titolarità della disponibilità monetaria dal deposito del soggetto ordinante a quello del beneficiario. Solo quando quest'ultimo acquisisce la piena disponibilità dei fondi l'operazione di pagamento risulta completata. L'esecuzione dell'operazione di pagamento richiede di norma l'intervento di più operatori: gli utenti del servizio (cioè le due controparti originarie dello scambio commerciale o finanziario, l'una erogatrice e l'altra destinataria del pagamento), le rispettive banche (cioè i produttori del servizio) ed altri operatori (gestori del sistema di pagamento) che si occupano dello scambio e del regolamento delle operazioni. Ciascun pagamento può essere suddiviso in tre fasi: una fase iniziale, una intermedia ed una finale. Nella fase iniziale e nella fase finale sono coinvolti il cliente e la sua banca: da un lato, il soggetto che dispone il pagamento e la sua banca; dall'altro, la banca destinataria ed il cliente beneficiario del pagamento. Nella fase intermedia (fase interbancaria, i soggetti coinvolti sono le banche e le BC. Quando un soggetto stacca l’assegno e lo consegna alla controparte, questo lo porta in banca, la banca a questo punto contatta la banca che ha emesso l’assegno e fra le due banche deve esserci un trasferimento di soldi che non avvengono direttamente che avvengono quasi sempre tramite l’intermediazione della BCE: il gestore del sistema dei pagamenti ) sono coinvolte le banche ed i soggetti gestori del sistema di pagamento. In questa fase si realizza la c.d. compensazione/clearing ed il c.d. regolamento/settlement dei flussi di pagamento. La compensazione consiste nella determinazione, per ciascuna banca partecipante alla procedura, di una posizione finale, a credito o a debito, propedeutica per il regolamento dei saldi debitori o creditori. Il regolamento consiste infatti nell'estinzione delle posizioni finali a debito e a credito di ogni banca partecipante alla procedura. I saldi finali determinati dalla compensazione sono liquidati attraverso l'addebito e l'accredito dei conti intrattenuti dalle banche partecipanti con una «terza parte» che agisce come gestore della fase di regolamento. Questa «terza parte» è in genere la BC. La compensazione è, in larga parte, gestita da operatori privati in regime di libera concorrenza. La fase di regolamento, invece, è tipicamente svolta dalle banche centrali e consiste nel regolamento delle posizioni degli intermediari sui conti da questi detenuti presso la banca centrale. Le banche estinguono le reciproche obbligazioni su base periodica o in tempo reale, regolando le partite debitorie e creditorie in base monetaria (moneta della banca centrale), attraverso la movimentazione dei «conti di gestione» accesi presso la stessa banca centrale. I conti di gestione sono depositi in conto corrente, rappresentativi delle riserve bancarie di liquidità - riserve libere/excess reserves e riserve obbligatorie/minimum or required reserves - che le banche detengono presso la Banca Centrale. Le banche dell'area euro, ad esempio, si avvalgono dei conti di deposito intrattenuti con l'Eurosistema per liquidare in base monetaria le reciproche partite a debito e credito derivanti dalla prestazione di servizi per il regolamento degli scambi. Oltre all'estinzione di debiti e di crediti interbancari originati dall'attività commerciale (servizi di pagamento alla clientela), la posizione di riserva (required + excess reserves) delle banche verso l'Eurosistema si modifica anche in seguito a: i) operazioni finanziarie tra banche (ad esempio, negoziazione di depositi interbancari finalizzata all'aggiustamento della posizione di liquidità; ii) operazioni dirette tra Eurosistema e banche commerciali (ad esempio, rifinanziamento). La movimentazione delle riserve bancarie detenute presso l'Eurosistema è solo l'atto finale di più operazioni che, in sequenza, comportano lo scambio di documenti e d'informazioni, la compensazione e la liquidazione dei crediti e dei debiti interbancari. L'esecuzione dei pagamenti, oltre a richiedere l'impiego di idonee infrastrutture tecniche per il trattamento dei documenti e delle informazioni, deve avvalersi anche di accordi, di regole e di procedure per la compensazione/clearing e per il regolamento/ settlement. L'insieme delle infrastrutture, delle norme e delle procedure tecniche e operative che consente ai partecipanti di regolare singole operazioni o reciproche obbligazioni, costituisce un sistema di compensazione e di regolamento interbancario. Il sistema dei pagamenti si articola in più sistemi di compensazione e di regolamento, differenziati in ragione delle diverse regole e accordi che presiedono allo svolgimento delle varie fasi operative, e, soprattutto, in base alla tipologia di operazioni trattate ed alle modalità di esecuzione della fase di regolamento. I pagamenti all'ingrosso sono pagamenti tra istituzioni finanziarie che, oltre ad essere caratterizzati da importi medi elevati, richiedono il completamento delle procedure a una data definita ed entro un determinato intervallo temporale. I pagamenti al dettaglio sono invece pagamenti di numero elevato e di importo medio contenuto tra operatori non finanziari, in particolare imprese e famiglie. Sulla base delle tipologie di operazioni trattate, il sistema dei pagamenti si compone di sistemi di pagamento all'ingrosso e sistemi di pagamento al dettaglio. I sistemi di pagamento all'ingrosso trattano principalmente le transazioni di natura interbancaria - quali le operazioni di politica monetaria, i contratti del mercato monetario e le transazioni in cambi - nonché i pagamenti di natura commerciale, generalmente di importo elevato, per i quali ricorrono esigenze di tempestività nell'esecuzione. Tra questi sistemi assume particolare rilevanza il sistema pan-europeo TARGET2 (T2) che consente il regolamento in moneta di banca centrale delle singole transazioni denominate in euro su base lorda in tempo reale. In base alla modalità di regolamento, si distingue tra sistemi di regolamento lordo o netto. Nei primi i pagamenti sono eseguiti singolarmente, addebitando o accreditando i conti degli intermediari presso la banca centrale; nei secondi, invece, viene regolata sui conti presso la banca centrale la posizione debitoria o creditoria di ciascun intermediario nei confronti dell'intero sistema, a intervalli predefiniti. I sistemi di regolamento netto (sistemi net settlement) riguardano il pagamento in base monetaria dei saldi netti risultanti a fine giornata dalle procedure di compensazione concordate. In questi sistemi si determina uno sfasamento temporale tra l'accettazione di un pagamento (procedura di compensazione) e il suo regolamento effettivo. Infatti, il soggetto terzo che rende definitivo il pagamento, addebita ed accredita i conti di ogni banca per il solo saldo netto risultante dalla somma algebrica dei pagamenti ricevuti ed effettuati, in un dato intervallo temporale, nei confronti di tutti gli altri aderenti al sistema. Alla chiusura della procedura di compensazione delle partite a debito ed a credito di tutti i partecipanti, la rilevazione degli sbilanci di ciascuno consente la liquidazione delle transazioni su base netta e, quindi, l'estinzione «in moneta finale» ed in via definitiva delle obbligazioni sorte tra le parti. Tuttavia, si può rilevare che se i movimenti, nel corso della giornata, sono di entità molto rilevante e non fanno registrare velocemente andamenti di segno opposto, compensativi rispetto ai primi, le parti corrono l'alea che, all'approssimarsi della chiusura, i movimenti effettuati per riequilibrare i flussi di pagamento divengano più rischiosi. Nei sistemi di regolamento lordo la transazione ed il pagamento sono contestuali (in altre parole, il regolamento non è preceduto da compensazione). Il regolamento avviene senza differimento, in tempo reale, su base lorda (gross settlement), transazione per transazione. Tutti gli ordini di pagamento immessi nel sistema e per i quali esiste copertura nel conto di gestione presso la banca centrale sono liquidati singolarmente, in via irrevocabile e definitiva. Il sistema rende esecutivo ciascun pagamento solo dopo aver accertato la relativa copertura, cioè che il conto di gestione sia capiente. Rispetto ai sistemi di regolamento imperniati sul pagamento dei soli saldi netti risultanti dalle procedure di compensazione, i rischi finanziari (di credito e di liquidità) impliciti in questo tipo di sistemi risultano minori, in quanto determinano una maggiore certezza del buon fine delle operazioni. I sistemi di regolamento lordo, assicurando contestualità tra la disposizione di pagamento ed il relativo regolamento, concorrono a limitare il rischio sistemico di propagazione di eventuali insolvenze sia sostanziali (mancata solvibilità) che tecniche (illiquidità). 6. Il sistema dei pagamenti con la moneta unica Il sistema di pagamenti dell'area euro è un sistema integrato, realizzato per assicurare che la liquidità all'interno dell'area monetaria possa essere trasferita tra i diversi operatori in modo sicuro, rapido e agevole. Il sistema TARGET2 e Target 2 - Securities (T2S) sono le infrastrutture portanti dei sistemi di regolamento lordo degli Stati membri dell'UE e dell'Eurosistema (BCE e BCN), tra loro collegati. Per i pagamenti al dettaglio nell'area dell'euro è attivo dal 2016 il progetto SEPA (Single Euro Payments Area) per una area unica dei pagamenti in euro effettuati con strumenti diversi dal contante (bonifici, addebiti diretti e car- te di pagamento) armonizzati secondo regole e principi uniformi tali da consentire pagamenti in euro a favore di beneficiari situati in qualsiasi paese dell'area, utilizzando un singolo conto bancario. Tutti i pagamenti interni all'area sono quindi caratterizzati da regole e standard omogenei in ogni paese dell'area euro. TARGET2 (Trans-European Automated Real-Time Gross Settlement Ex-press Transfer System) è il sistema di regolamento lordo in tempo reale in moneta della banca centrale (Eurosistema) realizzato per soddisfare le esigenze derivanti dall'integrazione finanziaria nell'ambito dell'area dell'euro. È utilizzato per tutti i pagamenti in euro da e verso l'Eurosistema, per cui costituisce il nucleo centrale per la gestione della liquidità bancaria e per l'accesso al credito della BCE. Le operazioni di pagamento sono infatti regolate transazione per transazione, su base continua, in moneta finale della Banca Centrale. Sebbene sia basato su una infrastruttura unica, condivisa che offre un servizio armonizzato, TARGET2 è giuridicamente strutturato come una molteplicità di sistemi di pagamento costituita da tutti i sistemi componenti di TARGET2, designati come «sistemi» nazionali. Per i pagamenti all'ingrosso il sistema TARGET2 è affiancato da EURO1, gestito da un soggetto privato, la società EBA Clearing - che consente l'esecuzione di transazioni in euro di elevato importo su base multilaterale netta, con regolamento a fine giornata attraverso TARGET2. TARGET2 - SECURITIES (T2S) è una infrastruttura tecnica comune per il regolamento in moneta di banca centrale delle transazioni in strumenti finanziari (titoli) operativo dal 2013. Al sistema TARGET si affiancano sistemi ad operatività esclusivamente nazionale. Tra questi figura anche il sistema italiano di compensazione e regolamento dei pagamenti al dettaglio della Banca d'Italia, BI-Comp, che consente agli aderenti di regolare pagamenti al dettaglio in euro, disposti dalla propria clientela con strumenti sia cartacei (es. assegni), sia elettronici (es. bonifici). Alla fine di ciascun ciclo di compensazione (cinque al giorno), BI-Comp determina per ogni aderente un saldo multilaterale a debito o a credito, che invia al regolamento in moneta di banca centrale sui conti detenuti dagli intermediari in TARGET2. Per strumenti/variabili di natura monetaria, che a loro volta agiscono sugli obiettivi finali. La sequenza logica della politica monetaria si articola quindi per stadi, sintetizzabili nel seguente schema «a cascata» Strumenti: si tratta di variabili controllate direttamente dalle autorità monetarie e manovrabili con tempestività. Si dividono in due tipologie: strumenti di natura amministrativa (o diretti) e di natura negoziale (o indiretti). Gli strumenti di natura amministrativa sono definiti strumenti di controllo diretto, volti a limitare le scelte di portafoglio degli operatori, al fine di raggiungere gli obiettivi intermedi. Ampiamente utilizzati sino agli anni '80 del secolo scorso, tra essi si ricordano in particolare nel nostro paese: il massimale sugli impieghi bancari (limiti alla crescita dei prestiti), il vincolo di portafoglio (obblighi all'investimento in determinate categorie di titoli), i controlli valutari e le restrizioni ai movimenti di capitale, le autorizzazioni all'emissione di titoli. Gli strumenti di natura negoziale sono stati introdotti, anche in Italia, in sostituzione di quelli amministrativi dalla seconda metà degli '80 del secolo scorso. Sono definiti anche strumenti di controllo indiretto, in quanto mirano a condizionare le scelte di portafoglio degli operatori influenzando i tassi di interesse (prezzi) e/o la quantità di base monetaria. Tra questi i principali sono i tassi ufficiali, le riserve obbligatorie, le operazioni di mercato aperto. Queste ultime consistono in interventi quotidiani che le banche centrali effettuano sul mercato monetario, con operazioni che modificano le condizioni di liquidità del sistema bancario. Operazioni di vendita di titoli o di valuta da parte della banca centrale nei confronti delle banche del sistema riducono la liquidità con distruzione/ assorbimento di base monetaria ed esercitano pressioni al rialzo dei tassi d'interesse, mentre operazioni di acquisto di titoli o di valuta aumentano la liquidità, con creazione di base monetaria, e hanno l'effetto opposto di pressione al ribasso dei tassi. Le riserve di liquidità delle banche (riserve bancarie) sono le prime a registrare gli effetti delle operazioni di mercato aperto. Le reazioni delle banche determinano le modalità con cui vengono trasmessi gli impulsi della politica monetaria e dunque come viene svolta questa funzione dal sistema finanziario. Obiettivi operativi: sono direttamente influenzati dagli strumenti di politica monetaria e sono costituiti da variabili che la banca centrale può osservare in via più diretta e tempestiva degli obiettivi intermedi, ai quali sono peraltro collegati da strette relazioni causali. In questo modo, le autorità monetarie sono in grado di verificare nel breve periodo l'azione degli strumenti adottati e correggere eventuali effetti non desiderati. Si tratta dei tassi di mercato monetario, in particolare i tassi interbancari, e della base monetaria delle banche, vale a dire le passività della banca centrale detenute dalle banche, le cosiddette riserve bancarie (libere ed obbligatorie). Obiettivi intermedi: queste variabili sono influenzate dagli strumenti di politica monetaria e, a loro volta, sono in grado di influenzare, in modo relativamente stabile e sistematico, gli obiettivi finali. Si tratta di variabili finanzia- rie costituite da:  aggregati monetari e creditizi tra i quali la quantità di moneta, il credito bancario, il credito totale interno e le attività finanziarie complessive;  tassi di interesse, con riferimento a livello e struttura per scadenze. 4. La Politica Monetaria Unica La Politica Monetaria Unica, PMU, dall'inizio del 1999 riguarda i paesi dell'Unione Europea che hanno aderito all'Unione Monetaria Europea 4.1. Banca Centrale Europea, Sistema Europeo di Banche Centrali ed Eurosistema Il Sistema Europeo di Banche Centrali (SEBC) è composto dalla Banca Centrale Europea (BCE) e dalle banche centrali nazionali (BCN) degli Stati membri dell'Unione Europea (UE): 27 paesi dal 29 gennaio 2020, con l'uscita dall'UE della Gran Bretagna, (Brexit). Viene definito Eurosistema un sottoinsieme del SEBC, vale a dire la BCE e le BC dei paesi aderenti all'Unione Monetaria Europea (UME), 19 nel 2020 (erano 11 al momento della nascita dell'euro nel 1999); ad esso spetta la conduzione della politica monetaria unica per i paesi dell'UME, come previsto dal Trattato di Maastricht. Dal 1° gennaio 1999, la conduzione della PMU è affidata all'Eurosistema, cui competono le funzioni decisionali, mentre alle singole BCN è affidato il compito di realizzare in ogni paese le operazioni di politica monetaria decise dall'Eurosistema. Alle singole banche centrali nazionali è rimasta la competenza di tutte le altre funzioni loro affidate nei singoli contesti nazionali. La Banca d'Italia partecipa quindi all'Eurosistema e concorre in tal modo alla formulazione della politica monetaria unica. I principali compiti dell'Eurosistema sono (att. 105.2):  definire e attuare la politica monetaria dell'area dell'euro;  svolgere le operazioni in cambi;  detenere e gestire le riserve ufficiali in valuta degli Stati membri;  promuovere e regolare il funzionamento del sistema dei pagamenti. Inoltre, l'Eurosistema deve contribuire all'implementazione delle politiche di vigilanza prudenziale sugli intermediari creditizi, condotte dalle competenti autorità, e alla stabilità del sistema finanziario. La Banca Centrale Europea è un'istituzione ufficiale dell'UE che si colloca al centro dell'Eurosistema ed è il fulcro del meccanismo di vigilanza bancaria dell'area euro (Capitolo Settimo). La BCE occupa una posizione di preminenza all'interno dell'Eurosistema in quanto ad essa sono affidati le funzioni di banca centrale dei 19 paesi dell'area dell'euro. 5. L'assetto operativo della Politica Monetaria Unica 5.1. L'obiettivo della stabilità dei prezzi In accordo con il Trattato di Maastricht (art. 105.1), il principale obiettivo della PMU è la stabilità dei prezzi nei paesi dell'Unione; obiettivo secondario è quello di sostenere le politiche economiche generali dell'Unione Europea, a patto che non pregiudichi l'obiettivo principale, agendo in accordo con i principi di un'economia di mercato aperto. La strategia di politica monetaria dell'Eurosistema è quindi orientata all'obiettivo della stabilità dei prezzi; su di essa si basano quindi le decisioni della politica monetaria unica. Essa si compone di tre elementi principali: una definizione quantitativa della stabilità dei prezzi e i «due pilastri», su cui essa poggia per conseguire il proprio obiettivo. Con riferimento al primo punto, il Consiglio direttivo della BCE nel 1998 ha precisato che «per stabilità dei prezzi si intende un aumento sui dodici mesi dell'indice armonizzato dei prezzi al consumo (IAPC) per l'area dell'euro inferiore al 2 per cento. Essa deve essere mantenuta in un orizzonte di medio termine». In seguito, nel 2003, è stata precisata l'intenzione di mantenere l'inflazione su livelli inferiori ma prossimi al 2 per cento nel medio periodo. I due pilastri sono: 1. analisi economica, che si concentra sulla valutazione di ampio respiro degli andamenti economici e finanziari correnti e dei rischi a essi collegati nel breve e medio termine per la stabilità dei prezzi nell'area dell'euro; 2. analisi monetaria, che assegna un ruolo di primo piano alla moneta, con l'annuncio di un valore di riferimento quantitativo per il tasso di crescita di un aggregato monetario ampio ritenuto compatibile con la stabilità dei prezzi nel medio periodo. L'aggregato monetario di riferimento è M3, perché include tutti gli strumenti liquidi, stretti sostituti tra loro, e quindi più stabile di M1 e M2 (Riquadro 2). Riquadro 2. Gli aggregati monetari La BCE, nell'ambito dell'analisi degli andamenti della moneta, fa riferimento a tre aggregati monetari che includono diversi tipi di passività delle cosiddette Istituzioni Finanziarie Monetarie (FM), vale a dire quelle istituzioni le cui passività possono avere natura monetaria: BCE, BCN, istituzioni di credito e le altre istituzioni finanziarie (fondi comuni di investimento monetari).  M1: è l'aggregato monetario più ristretto e comprende gli strumenti finanziari più liquidi, cioè circolante e depositi in conto corrente (definiti «overnight» o «a vista»).  M2: comprende M1 a cui sono aggiunti gli altri depositi a breve termine (rimborsabili entro due anni, o con preavviso fino a tre mesi).  M3: è l'aggregato più ampio, che si ottiene sommando a M2 alcune categorie di passività negoziabili delle IFM (pronti contro termine, quote di fondi comuni monetari, strumenti di mercato monetario), nonché le obbligazioni emesse dalle IFM con durata originaria inferiore ai due anni. Sono quindi escluse le forme di raccolta delle IFM più a lungo termine. Il meccanismo di trasmissione dai tassi di interesse ai prezzi si basa sul monopolio che la banca centrale, nel nostro caso la BCE, nell'ambito dei compiti di coordinamento operativo e strategico dell'Eurosistema, ha nella creazione di base monetaria sotto forma di banconote e riserve bancarie (Riquadro 3). In virtù di tale monopolio la CE influenza le condizioni di mercato monetario e dei tassi di interesse a breve termine. Riquadro 3. Base monetaria: creazione e utilizzo La base monetaria è costituita dalla somma del circolante, delle riserve obbligatorie che le banche devono detenere presso la banca centrale e delle "riserve in eccesso/ excess reserves" mantenute sempre presso la banca centrale, cosiddette riserve libere. A queste si aggiunge il Conto disponibilità del Tesoro, da questo detenuto presso la banca centrale. Tali voci sono anche definite fattori di assorbimento della base monetaria e costituiscono passività nel bilancio della banca centrale. Nel caso dell'UME, si fa riferimento al bilancio dell'Eurosistema che, in tale contesto, svolge il ruolo e le funzioni di banca centrale. Fattori di creazione della base monetaria, che costituiscono attività nel bilancio della banca centrale, sono tutte le operazioni di rifinanziamento che la banca centrale pone in essere nei confronti delle banche; per quanto riguarda l'Eurosistema, si tratta delle seguenti operazioni:  Operazioni di rifinanziamento principale.  Operazioni di rifinanziamento a più lungo termine.  Operazioni di rifinanziamento marginale.  Altre operazioni di liquidità.  Depositi overnight presso l'Eurosistema.  Altre operazioni. Un ulteriore fattore di creazione è dato dalla variazione positiva delle riserve auree e valutarie e dall'incremento del conto disponibilità detenuto dal Tesoro. 5.2. Strumenti e procedure Gli strumenti utilizzati dalla PMU sono di due tipologie:  le operazioni di mercato aperto  le operazioni attivabili su iniziativa delle controparti. È inoltre imposto agli enti creditizi di detenere riserve obbligatorie su conti aperti presso le banche centrali nazionali dell'area dell'euro. Ai sensi dell'art. 18.1 dello Statuto della BCE, tutte le operazioni creditizie dell'Eurosistema devono essere effettuate a fronte di adeguate garanzie. L'Eurosistema accetta un'ampia gamma di attività negoziabili e non negoziabili, in contropartita delle proprie operazioni. Per quanto riguarda le controparti delle operazioni di politica monetaria, l'Eurosistema mira a garantire la partecipazione di un ampio numero di Con decorrenza gennaio 2012, l'aliquota di riserva obbligatoria è fissata all'1% dell'aggregato di riferimento di cui sopra, con una franchigia di € 100.000. L'obbligo di riserva, calcolato in data t0 (data di riferimento), è assolto in via differita nel periodo che inizia nel secondo mese successivo alla data di riferimento stessa, detto periodo di mantenimento (t1-t2). La riserva obbligatoria è remunerata al tasso di interesse medio delle operazioni di rifinanziamento principali dell'Eurosistema per il periodo di mantenimento: attualmente è pari a zero. Alle eventuali giacenze in eccesso rispetto alla media dovuta, si applica il minore tra zero e il tasso sui depositi overnight/deposit facility, attualmente - 0,50%. Alla fine di ciascun periodo di mantenimento la banca centrale versa (sottrae se negativi) alle banche gli interessi sui depositi detenuti a titolo di riserva. Dal 30 ottobre 2019 è entrato in vigore un nuovo sistema a due livelli (twotier system) per la remunerazione delle riserve in eccesso. In base a tale sistema, una parte delle riserve in eccesso, calcolata come multiplo della riserva obbligatoria, è esentata dal tasso di interesse negativo sui depositi presso la banca centrale. Il multiplo della riserva obbligatoria è stato fissato a 6 ed il tasso di interesse da applicare alle riserve in eccesso risulta attualmente pari allo zero per cento. Entrambi i parametri possono essere modificati nel corso del tempo dalla Banca centrale europea. L'ammontare delle riserve esentate è determinato sulla base dei saldi medi di fine giornata del conto di riserva della banca presso la BCN durante il periodo di mantenimento, vale a dire, adottando la stessa metrica utilizzata nel meccanismo di mobilizzazione della riserva obbligatoria, ma su un multiplo pari a 6 volte. È importante sottolineare che i saldi relativi alle operazioni su iniziativa delle controparti di deposito overnight/ deposit facility non concorrono al computo delle riserve in eccesso. Riquadro 5. Periodo di mantenimento e mobilizzazione della riserva obbligatoria Per ogni banca dell'area dell'euro, la riserva obbligatoria minima è stabilita per un periodo variabile tra 5 e 7 settimane, denominato "periodo di mantenimento", il cui calendario viene pubblicato dalla BCE. Il livello delle riserve è calcolato sulla base dei dati di bilancio della banca prima dell'inizio del periodo di mantenimento. La riserva dovuta da ciascuna istituzione finanziaria monetaria è determinata in relazione a un aggregato di riferimento, costituito dal totale dei depositi e titoli di debito emessi dalla banca con durata inferiore ai due anni o con preavviso di rimborso inferiore ai due anni, escludendo le passività che hanno come controparte un'altra istituzione soggetta al vincolo di riserva obbligatoria (depositi interbancari) o una BCN o la BCE (operazioni di rifinanziamento). Al fine di favorire la stabilizzazione dei tassi di interesse, il regime di riserva obbligatoria dell'Eurosistema consente alle istituzioni di utilizzare un meccanismo di mobilizzazione della riserva su base periodale. Le banche devono assicurarsi di rispettare l'obbligo di riserva in media durante il periodo di mantenimento. Non è quindi necessario che su base giornaliera detengano l'intero importo nei rispettivi conti presso la banca centrale. Il regime di mobilizzazione offre quindi la possibilità di ottemperare al vincolo e di rispettare il livello dovuto del saldo del conto di riserva come media dei saldi giornalieri, calcolata nel periodo di mantenimento. L'osservanza del vincolo di riserva consente alle banche di chiudere i conti di una singola giornata anche con un saldo del conto di riserva inferiore (e al limite pari a zero) ovvero superiore, a quello dovuto, purché, al termine del periodo di mantenimento, i surplus e i deficit giornalieri cumulati risultino compensati. Tale sistema funziona come una valvola, che consente alle banche di reagire alle variazioni a breve termine nei mercati monetari, ove hanno luogo i prestiti interbancari, aggiungendo o prelevando fondi detenuti nei conti di riserva presso la banca centrale. Ciò contribuisce a stabilizzare i tassi di interesse interbancari sul breve termine. Riquadro 6. Il moltiplicatore della moneta e dei depositi Il ruolo svolto dalla banca centrale e dalle banche nel processo di creazione della moneta e la relazione che intercorre tra la creazione di base monetaria, da un lato, e i depositi bancari e gli aggregati monetari dall'altro, possono essere compresi ricorrendo al concetto di moltiplicatore della moneta e dei depositi. Il significato di moltiplicatore può essere illustrato come segue. Si definisce base monetaria (BM) la moneta creata direttamene dalla banca centrale, a fronte di operazioni che assumono forme tecniche diverse, ma che implicano sempre la concessione di credito da parte della banca centrale (es. acquisto di titoli dal sistema bancario dietro pagamento di base monetaria). La base monetaria è detenuta dal pubblico (famiglie e imprese non finanziarie) sotto forma di circolante (C) e dalle banche nella forma di riserve bancarie libere e obbligatorie (RB), cosiddetti fattori di assorbimento della base monetaria. 1. BM = C + RB L'ammontare della moneta del sistema (M) è costituito dalla somma del circolante (C) e dei depositi bancari (DB). 2. M = C + DB Il rapporto tra moneta e base monetaria è quindi dato da: 3. M BM = C+DB C+RB Ipotizzando che:  il circolante sia una frazione c dei depositi (C = c× DB), dove c è definita come propensione alla liquidità del pubblico;  le riserve bancarie siano pari a una quota / dei depositi (RB = / × DB), dove l viene definita come propensione alla liquidità delle banche, detenuta sotto torma di riserve libere ed obbligatorie, si ottiene: 4. M= 1+c c+l ×BM dove il termine: 1+c c+l è il moltiplicatore della moneta. Quindi, la quantità totale di moneta è direttamente correlata all'ammontare di base monetaria, mentre è inversamente correlata alla propensione alla liquidità del pubblico e delle banche. La banca centrale, stimato il moltiplicatore, può influenzare la quantità di moneta controllando la quantità di base monetaria. La banca centrale definisce inoltre 'aliquota di riserva obbligatoria, che determina l'ammontare di riserve obbligatorie dovute dalle banche e quindi contribuisce a determinare la propensione alla liquidità delle banche. Analogamente si può definire il moltiplicatore dei depositi: 5. BM DB = C DB + RB DB Da cui: 6. DB=BM× 1 c+l Dove: 1 c+ l è il moltiplicatore dei depositi. Dal momento che il moltiplicatore dei depositi è superiore all'unità, per una data quantità di base monetaria, i depositi sono un multiplo, il cui valore aumenta al ridursi della preferenza alla liquidità del pubblico e delle banche. Questa rappresentazione, in un certo senso meccanica, del rapporto esistente e di tipo moltiplicativo tra moneta bancaria e base monetaria può essere meglio compresa attraverso la ricostruzione del processo che, a partire dalla creazione di base monetaria, modifica le grandezze monetarie e creditizie del sistema finanziario. Immaginiamo che la banca centrale decida di finanziare il sistema bancario attraverso un'operazione di acquisto di titoli detenuti dalle banche. L'operazione determina un accreditamento delle riserve bancarie detenute presso la banca centrale, la quale registrerà i titoli acquistati tra le proprie attività a fronte di un maggiore debito nella forma di depositi liberi delle banche. Se le banche intendono mantenere la stessa proporzione tra riserve di liquidità e depositi potranno utilizzare la liquidità eccedente per concedere prestiti alle famiglie e/o alle imprese. Le imprese, ad esempio, potranno utilizzare il finanziamento e la liquidità corrispondente per pagare i loro dipendenti nella forma di salari e stipendi. Le entrate monetarie degli operai e degli impiegati saranno inizialmente detenute in parte come circolante e per la parte prevalente nella forma di depositi bancari. Solo una frazione dei nuovi depositi bancari sarà detenuta dalle banche nella forma di riserve obbligatorie e libere, mentre la quota restante sarà disponibile per un nuovo round di finanziamenti che a sua volta darà luogo ad una crescita dei depositi. Il processo così descritto si esaurirà via via che le esigenze di liquidità nella forma di circolante e di riserve liquide assorbiranno tutta la base moneta- ria creata. Quanto sopra descritto è una semplificazione del processo che nella realtà segue sviluppi meno prevedibili e sequenziali, basti ad esempio considerare la possibilità che la banca, qualora si trovi a disporre di liquidità aggiuntiva, eroghi un prestito di importo superiore alla nuova liquidità accreditando contestualmente il conto dell'impresa finanziata, contando sul fatto che l'utilizzo del prestito e i pagamenti effettuati dall'impresa a valere sul conto rientreranno come depositi di coloro che riceveranno i pagamenti dall'impresa. Si può comunque concludere che pur con percorsi non prevedibili la creazione di base monetaria si traduce in tempi relativamente brevi in una variazione dei depositi e della quantità di moneta in un rapporto che è di tipo moltiplicativo. 6. L'Eurosistema e le operazioni non convenzionali nei tempi di crisi A partire dal 2008, in risposta alla crisi dei sub-prime, poi dal 2010 con la crisi del debito sovrano e quindi con l'emergenza Covid- 19 del 2020, le principali banche centrali, in primis Federal Reserve, Bank of England e BCE hanno attivato una serie di misure di politica monetaria, definite inizialmente "non convenzionali", che hanno progressivamente ampliato e modificato gli strumenti di intervento, delineando un nuovo assetto operativo, che si sta progressivamente consolidando. Gli interventi di politica monetaria, convenzionali e non convenzionali, messi in campo dalla BCE per fronteggiare le crisi, hanno interessato diversi strumenti e ambiti operativi: i tassi ufficiali, le operazioni di rifinanziamento, gli acquisti di titoli sul mercato secondario. 1. Tassi ufficiali Con l'obiettivo, in una prima fase, di ridurre l'impatto della crisi di liquidità delle banche e, in un secondo tempo, di stimolare la crescita economica e ricondurre il tasso di inflazione verso il 2%, dal 2008 i tassi ufficiali sono stati ridotti a più riprese, sino a livelli prossimi allo zero e poi addirittura negativi. Dal giugno 2014, il tasso di deposito marginale (overnight) è stato portato in territorio negativo e abbassato ripetutamente fino allo - 0,50% del settembre 2019. Il tasso di rifinanziamento principale è stato fissato allo 0%, mentre quello marginale allo 0,25%. Contestualmente, per ridurre l'impatto dei tassi negativi sul conto economico delle banche, è stata ridotta la penalizzazione della liquidità da queste detenuta presso la BCE (- 0,50%), introducendo per la riserva obbligatoria e per le riserve libere un nuovo regime di remunerazione, il cosiddetto two tier system, precedentemente descritto. 2. Operazioni di rifinanziamento aggiuntive a più lungo termine Per fronteggiare i periodi di tensione più acuti nei mercati finanziari, a partire dal 2008, quando le tensioni hanno paralizzato il mercato interbancario, la BCE ha effettuato numerosi interventi volti a immettere liquidità per le banche in misura straordinaria. Con l'aggravarsi della crisi della Grecia e quindi con il dilagare della crisi del debito sovrano nei paesi cosiddetti periferici, la Banca Centrale Europea, a partire dal 2012, ha ulteriormente ampliato i suoi interventi, mirati a fronteggiare il rischio di implosione dell'area dell'euro, cosiddetta redenomination risk che ha avuto ripercussioni ben più gravi nei paesi periferici dell'area dell'euro, come l'Italia, colpiti da una profonda recessione, che non nei paesi cosiddetti core (ad es. Germania e Francia). Tali interventi, e in particolare le operazioni non convenzionali, sono stati attivati anche per ripristinare il meccanismo di trasmissione degli impulsi monetari da parte del sistema finanziario all'economia reale, inceppatosi proprio a causa della crisi del debito sovrano. Più nel dettaglio, dal 2008 con la crisi di Lehman Brothers, sono state introdotte operazioni di rifinanziamento a più lungo termine, di durata inizialmente di sei mesi, quindi di un anno, nella primavera del 2009, infine di tre anni, nel dicembre 2011 e nel febbraio 2012: Long-Term Refinancing Operations (LTROs). Tali operazioni sono di mercato aperto e si sono aggiunte a quelle regolari a una settimana e a tre mesi. Nel 2014 sono state varate operazioni a più lungo termine, le Targeted Long-Term Refinancing Operations (TLTROs), poi riproposte nel 2015, con l'obiettivo di rifinanziare le banche dell'area dell'euro a tassi estremamente ridotti, così da aumentare la disponibilità di credito all'economia a condizioni particolarmente convenienti. Dal giugno 2016 al marzo 2017, con cadenza trimestrale, sono state effettuate nuove operazioni a 4 anni, TLTROs II, con condizioni ancora più vantaggiose, in termini di tassi di interesse ridotti. Nel marzo 2019 è stato avviato il programma TLTROs III che incorpora per le banche analoghi incentivi, in termini di tasso di interesse, al fine di preservare condizioni creditizie favorevoli. A partire dal marzo 2020 per fronteggiare la situazione di crisi innescata dalla pandemia Covid-19 sono state introdotte una serie di operazioni Additional LTROs a tassi vantaggiosi condotte a con frequenza settimanale con aggiudicazione illimitata, con costo pari a - 0,50% e tutte con scadenza giugno 2020. Tali operazioni, che possiamo definire "ponte", sono state mirate a fornire sostegno immediate della liquidità per le banche e a salvaguardare il funzionamento dei mercati monetari, sino alla successiva TLTRO III, la quarta, prevista appunto per giugno 2020. Il 30 aprile 2020 sono state introdotte operazioni di rifinanziamento a più lungo termine: Pandemic Emergency Long-Term Refinancing Operations (PELTROs, attive in relazione al termine delle Additional LTROs dal maggio 2020 sino al terzo trimestre del 2021, con assegnazione illimitata di liquidità. Sono state inoltre definite condizioni più favorevoli, a livello di tasso e di ammontare massimo ottenibile per le TLTROs III in essere nel periodo compreso fra giugno 2020 e giugno 2021, con l'obiettivo di sostenere il credito bancario a favore degli operatori più colpiti dalla diffusione del coronavirus, in particolare le PMI. 3. Attività stanziabili La gamma delle attività stanziabili che le banche devono presentare quali garanzie per avere accesso al rifinanziamento della BCE, è stata progressivamente ampliata e di conseguenza la BCE ha accettato attività di qualità meno elevata anche per attenuare gli effetti prociclici di eventuali riduzioni del merito di credito degli emittenti e per consentire alle controparti l'accesso alle operazioni di rifinanziamento dell'Eurosistema. Inoltre, sono state aumentate le controparti ammesse al rifinanziamento. 4. La forward guidance Dal luglio 2013 la BCE ha introdotto un cambiamento sostanziale nella sua strategia di comunicazione: la cosiddetta forward guidance. Ha deciso infatti di fornire indicazioni prospettiche sul percorso futuro della politica dei tassi d'interesse, con riguardo non solo alle modalità con cui valuta le condizioni economiche correnti e i rischi per la stabilità dei prezzi nel medio periodo, ma anche alle implicazioni di tale valutazione per 'suo orientamento futuro in materia di politica monetaria. 5. Gli acquisti di titoli sul mercato secondario e il Quantitative easing (QE) vendita di prodotti e strumenti finanziari, così come il servizio di costruzione di portafogli finanziari diversificati su delega dell'investitore. Gli elementi essenziali di una operazione finanziaria, oltre alla natura monetaria delle prestazioni contrapposte, sono il tempo e il rischio. Il tempo. Le prestazioni non sono contestuali ma separate da un intervallo temporale più o meno lungo che definisce la durata dell'operazione. Il rischio. La distanza temporale che separa le prestazioni conferisce all'operazione elementi d'incertezza. Il soggetto tenuto ad eseguire la prestazione futura potrebbe risultare inadempiente, così come, durante la vita dell'operazione, possono intervenire accadimenti non prevedibili che modificano le originarie condizioni dello scambio. I flussi di cassa in entrata associati ad una operazione finanziaria (le prestazioni ricevute dal soggetto investitore), in quanto futuri, sono solo previsti o meglio attesi. È pertanto possibile che si realizzino in misura superiore o inferiore a quelli previsti e attesi, oppure non si realizzino del tutto. A seconda della natura contrattuale ed economica dello scambio, per il soggetto investitore si prospettano, quindi, varie tipologie di rischio: alcune dipendenti dalle condizioni economiche della controparte (rischio d'insolvenza), altre riconducibili a fattori indipendenti dal comportamento dei soggetti finanziati (rischio di tasso d'interesse, d'inflazione, di cambio, ecc.). La valutazione delle varie tipologie di rischio dipende dagli elementi conoscitivi a disposizione dei contraenti al momento dell'attivazione dell'operazione e quindi dall'informazione disponibile. La quantità, la qualità, l'accessibilità e la trasparenza delle informazioni disponibili sono elementi essenziali per l'apprezzamento dei vari fattori di rischio e, quindi, del grado di certezza dei flussi di cassa attesi. 1.1. Bisogni finanziari, processi e FinTech I bisogni finanziari delle unità economiche possono essere distinti tra: investimento, finanziamento, di pagamento e di trasferimento dei rischi puri e speculativi. Differenti sono i processi che consentono il soddisfacimento di tali bisogni, che in generale stanno vivendo una fase di profonda innovazione ed evoluzione, basata sullo sviluppo tecnologico applicato alla finanza (Financial Technology - FinTech).  I bisogni di investimento sono collegati alla valorizzazione nel tempo delle disponibilità monetarie dei soggetti in avanzo finanziario. Prodotti, strumenti e servizi finanziari destinati a soddisfare bisogni di investimento si ricollegano alle principali forme di impiego del risparmio, le quali si caratterizzano per la diversità delle combinazioni di rendimento e di rischio, ad esempio depositi in c/c, depositi a risparmio, obbligazioni, azioni, quote di organismi di investimento collettivo del risparmio (OICR).  I bisogni di finanziamento sono collegati alla necessità di reperire risorse finanziarie ulteriori, rispetto a quelle già disponibili, per un'eccedenza dei consumi e delle spese di investimento rispetto ai redditi realizzati. È infatti la necessità di copertura del fabbisogno finanziario a determinare la nascita dei bisogni di finanziamento in capo ai soggetti in deficit finanziario, tipicamente le imprese.  I bisogni collegati al trasferimento dei rischi puri nascono dalla necessità di cautelarsi contro i danni prodotti dal verificarsi di un sinistro, ovvero al verificarsi di un evento attinente alla vita umana. Diversamente, bisogni di copertura dei rischi speculativi derivano dalla necessità di affrontare, sotto l'aspetto tecnico, i problemi di gestione dei rischi speculativi e della ottimizzazione di un portafoglio di investimenti finanziari, con l'obiettivo del mantenimento della ricchezza finanziaria/patrimoniale nei diversi stati di natura.  I bisogni collegati al sistema dei pagamenti fanno riferimento alla domanda di moneta e ai servizi di trasferimento della stessa evidenziati dalle unità del sistema economico. I bisogni individuati trovano risposta nell'operatività del sistema finanziario, che presenta un'articolazione complessa in termini di operatori, mercati, prodotti, strumenti, processi e procedure. L'impatto dell'innovazione tecnologica e digitale sul sistema finanziario, nelle sue diverse componenti, e lo sviluppo della Financial Technology, nota come FinTech, costituiscono un fenomeno di particolare rilievo. FinTech L'innovazione finanziaria coniugata con l'innovazione tecnologica, vera e propria trasformazione digitale, digital transformation, si traduce in mutamenti anche profondi nell'operatività del sistema finanziario e nei processi con cui mercati, intermediari, prodotti, strumenti e servizi soddisfano i diversi bisogni finanziari, con implicazioni di varia natura per gli operatori tradizionali e le unità economiche. Il complesso fenomeno del FinTech opera con l'offerta di soluzioni digitali volte a coprire l'intero spettro dei bisogni finanziari in precedenza illustrati e determina nuove dinamiche competitive nel sistema finanziario. Gli intermediari tradizionali si confrontano con nuovi entranti, gli operatori FinTech, che adottano diversi e innovativi modelli di business, offrendo nuovi prodotti, strumenti e servizi finanziari e, sfruttando la digitalizzazione, innovano i canali distributivi e le modalità di prestazione dei servizi. Tra i nuovi entranti abbiamo in primo luogo le imprese FinTech, ma un ruolo di rilievo è ricoperto dalle cosiddette BigTech, grandi e consolidate aziende tecnologiche, con rilevanti potenzialità di impatto sull'universo dell'offerta di servizi finanziari. Ne deriva un potente stimolo per gli operatori tradizionali a rivedere le proprie scelte strategiche, innovando modelli di business attraverso nuovi servizi e modalità di erogazione. I vantaggi delle innovazioni tecnologiche per le unità economiche si misurano in termini di ampliamento delle possibilità di accesso al mercato della vasta gamma di prodotti, strumenti e servizi finanziari, per soddisfare bisogni delle unità economiche, a cui si sommano i minori costi ad essi associati. Lo sviluppo tecnologico in ambito digitale ha però anche implicazioni di rilievo in termini di aumento del cyber risk e necessità di sviluppare procedure di sicurezza informatica, cybersecurity. Tra i vari servizi che il FinTech offre alle unità economiche, a titolo esemplificativo si ricordano:  servizi di pagamento: soluzioni di pagamento e trasferimento di denaro via web (in valuta legale e in criptovalute), servizi via POS (point of sales). Un importante impulso per sviluppare sistemi di pagamento elettronico al dettaglio sicuri, efficienti, competitivi ed innovativi per consumatori, imprese, esercenti e intermediari, è stato dato dalla seconda direttiva dell'Unione Europea sui servizi di pagamento, Payment Services Directive 2015/2366 (PSD2). La PSD2 ha innovato e modernizzato il quadro legislativo europeo, con nuove misure di sicurezza per la comunicazione sicura tra i soggetti coinvolti per l'accesso al conto online, ai pagamenti elettronici e ai nuovi servizi di pagamento offerti nell'area dell'e-commerce;  servizi di investimento e di gestione della liquidità: servizi di trading, di gestione finanziaria, di Robo-advisory e consulenza finanziaria, con l'offerta di servizi di investimento tramite il canale digitale senza l'interazione tradizionale con il consulente finanziario;  servizi di finanziamento: reperimento di risorse finanziarie tramite piattaforme, per il capitale di debito e il capitale di rischio. In particolare, si segnala l'utilizzo di piattaforme di lending e equity crowdfunding rispettivamente; nel caso del capitale di debito, le piattaforme sul web di P2P (Peer to Peer lending) consentono di effettuare prestiti direttamente tra privati, fornendo quindi contestualmente servizi di finanziamento e di investimento;  servizi di assicurazione e previdenza complementare, con lo sviluppo del FinTech anche nell'ambito di servizi assicurativi, c.d. InsurTech. 2. I contratti finanziari Le operazioni finanziarie si sostanziano in contratti finanziari che sono classificabili sotto il profilo normativo, contrattuale (già visto nel modulo I) ed economico. 2.1. Profilo normativo. Le definizioni del TUF (Testo Unico della Finanza) Mentre nel linguaggio comune, strumento finanziario e prodotto finanziario sono spesso usati come sinonimi di operazioni finanziarie, attività finanziarie e contratti finanziari, sotto il profilo giuridico i termini strumenti finanziari e prodotti finanziari identificano in modo univoco specifiche categorie di contratti e di operazioni rilevanti ai fini della disciplina dell'intermediazione finanziaria e dei mercati finanziari. L'ordinamento giuridico vigente (TUF) individua tre macro- categorie: i valori mobiliari nell'ambito della categoria degli strumenti finanziari, a loro volta ricompresi nel più ampio genere dei prodotti finanziari. Prodotti finanziari, strumenti finanziari e valori mobiliari sono i tre pilastri sui quali si basa la disciplina del mercato finanziario e dei quali la normativa tenta di definirne i contorni. Le tre definizioni descrivono un sistema di cerchi concentrici, in quanto la categoria dei prodotti finanziari comprende al suo interno quella degli strumenti finanziari che, a sua volta, comprende la categoria dei valori mobiliari. La nozione di prodotto finanziario del TUF comprende "gli strumenti finanziari e ogni altra forma di investimento di natura finanziaria"». Elementi essenziali affinché una operazione possa essere qualificata di natura finanziaria e che quindi si sia in presenza di un prodotto finanziario sono ravvisabili, pertanto, in un investimento di denaro, un'aspettativa di profitto e un rischio connesso. Il carattere aperto della nozione di prodotto finanziario delineata dal TUF consente quindi di farvi rientrare diverse forme di investimento. La normativa precisa inoltre che, "non costituiscono prodotti finanziari i depositi bancari o postali non rappresentati da strumenti finanziari". Gli strumenti finanziari sono una particolare categoria di prodotti finanziari. Appartengono al genere prodotti finanziari, ma non li esauriscono. Gli strumenti finanziari non sono peraltro puntualmente definiti. Nel TUF non è rintracciabile una definizione generale di strumento finanziario, ma nell'ambito di tale corpus normativo ci si limita a presentare un elenco. In altre parole, il legislatore non utilizza alcuna definizione, ma fa riferimento a schemi contrattuali diffusi nel mercato dei quali fornisce appunto l'elenco. Inoltre, l'art. 18, comma 5, lett. a) del TUF riconosce al Ministro dell'Economia e delle Finanze (MEF), con regolamento adottato sentite la Banca d'Italia e la Consob, la possibilità di individuare nuove categorie di strumenti finanziari “al fine di tenere conto dell'evoluzione dei mercati finanziari e delle norme di adattamento stabilite dalle autorità comunitarie". Pertanto, la casistica normativa non è omnicomprensiva e viene mantenuta flessibile appositamente, al fine di evitare che la disciplina non possa applicarsi a strumenti di nuova introduzione. Sono comunque individuati sulla base di un elenco che comprende i valori mobiliari, gli strumenti di mercato monetario, le quote di fondi comuni d'investimento, gli strumenti derivati e le quote di emissioni. Il TUF precisa, inoltre, che " gli strumenti di pagamento non sono strumenti finanziari”. Con riferimento alla nozione di valore mobiliare, il TUF comprende quelle "categorie di valori che possono essere negoziati nel mercato dei capitali..” fornendone una tassonomia a titolo esemplificativo e “aperta”, poiché recita testualmente "quali ad esempio" e inoltre la dimostrazione che l'elenco non è del tutto chiuso si legge anche nelle definizioni allargate quali "altri titoli equivalenti ad azioni di società" e ' "altri titoli di debito". Ecco quindi che gli attuali valori mobiliari' rappresentano un sottoinsieme del più ampio insieme degli strumenti finanziari. Infine, l'elenco degli strumenti finanziari, prevede gli strumenti del mercato monetario. Il TUF specifica che «Per strumenti del mercato monetario' si intendono categorie di strumenti normalmente negoziati nel mercato monetario, quali a esempio, i buoni del tesoro, i certificati di deposito e le carte commerciali" Il discrimine rispetto ai valori mobiliari risiede quindi nel mercato di negoziazione: mercato dei capitali per i valori mobiliari e mercato monetario per gli strumenti del mercato monetario. Il profilo giuridico-normativo delle operazioni finanziarie assume rilievo in particolare ai fini della disciplina dei servizi di investimento e della sollecitazione dell'investimento. In particolare, la disciplina relativa ai servizi di investimento si applica agli strumenti finanziari e non ai prodotti finanziari. La disciplina della sollecitazione all'investimento e quella relativa all'offerta pubblica di acquisto o di scambio si applicano invece ai prodotti finanziari. 2.3. Profilo economico Sotto il profilo economico-tecnico, un'operazione finanziaria incorpora flussi di pagamenti con scadenze temporali diverse e soggetti a differenti gradi di aleatorietà, collegati tanto ai problemi specifici dei singoli contraenti, quanto a fattori economici e finanziari che interessano sistematicamente il contesto economico di riferimento dello scambio. Si tratta di tutte quelle componenti elementari, rilevanti sotto il profilo della valutazione economico-finanziaria, che sono rappresentate da:  denominazione in valuta estera o in moneta nazionale di conto delle prestazioni monetarie;  natura del prenditore di fondi (emittente-debitore);  durata contrattuale dell'operazione;  modalità di esecuzione delle prestazioni e quindi:  dalle condizioni di erogazione del capitale e di emissione di titoli e certificati rappresentativi della transazione finanziaria;  dalle condizioni di rimborso;  dal tipo e dalla natura della remunerazione;  dalla previsione di particolari facoltà od opzioni tra prestazioni alternative concesse all'uno o all'altro contraente;  negoziabilità dello strumento che ne condiziona anche il grado di liquidità;  trattamento fiscale dei proventi.  La denominazione in valuta estera o in moneta nazionale di conto delle prestazioni monetarie consente di individuare una particolare tipologia di rischio, il rischio di cambio o c.d. rischio valutario, in quanto la variazione del tasso di cambio impatterà sui futuri flussi di cassa associati alla attività finanziaria e, quindi, sul valore dell'attività stessa.  La natura del prenditore di fondi consente di classificare le operazioni finanziarie in funzione del livello atteso di rischio. In particolare, nei contratti di debito, consente di definire il rischio di insolvenza del debitore, altrimenti denominato rischio di credito. Lo scambio finanziario poggia su un presupposto fiduciario; è evidente che non tutti i prenditori di fondi possono essere messi sullo stesso piano o secondo la terminologia tecnica, non hanno lo stesso rating. Ad esempio, le passività del Tesoro dello Stato sono considerate, all'interno del paese di riferimento, a rischio nullo, in quanto lo Stato ha potere impositivo nei confronti dei cittadini. Più in particolare, il rating è un punteggio, espresso in lettere o in cifre, che indica la capacità di un ente privato o pubblico che emette un titolo di rispettare l'impegno assunto. Il rating può essere esterno o interno. Nel primo caso, il rating è pubblico ed è assegnato da operatori specializzati (Agenzie di rating) nella valutazione degli emittenti di passività finanziarie e nella classificazione degli stessi per categorie di rischio. I rating interni non sono pubblici, sono assegnati ai debitori dallo stesso creditore (in genere banche) al momento della valutazione effettuata per l'erogazione di prestiti.  La durata del contratto definisce l'orizzonte temporale dell'operazione finanziaria e, quindi, il periodo di impiego del capitale. La durata può essere indeterminata o determinata. Nel primo caso la data del rimborso non è fissata in modo esplicito dalle norme contrattuali. Ciò non significa assenza di una scadenza ma, semplicemente, che il prenditore di fondi non è vincolato ad una data ultima per la restituzione del capitale (azioni e per i prestiti obbligazionari cosiddetti irredimibili costituito da più attività finanziarie. Per un operatore economico, impiegare le risorse disponibili in una singola operazione significa rendere il rendimento atteso dipendente da una unica attività. L'esposizione al rischio di un portafoglio diversificato è, di norma, inferiore a quella derivante dalla somma dei rischi delle singole attività che lo compongono. Attraverso la diversificazione, infatti, la componente di rischio specifico delle singole attività tende a compensarsi, riducendo il rischio complessivo del portafoglio. Un'adeguata diversificazione consente quindi di ottenere una combinazione rendimento-rischio equilibrata e, soprattutto, più rispondente alla propensione al rischio dell'operatore. Da rilevare infine che tra rendimento e rischio c'è una relazione diretta: alti rendimenti attesi riflettono elevati rischi attesi. 3.1. Tipologie di rischio Il rischio complessivo o rischio speculativo di una singola attività finanziaria è determinato da eventi e situazioni di carattere specifico e generale che evidenziano varie tipologie o fattori di rischio. I contraenti di una operazione finanziaria sono quindi esposti a rischi riconducibili:  al comportamento della controparte;  ai rischi derivanti da fattori ambientali, sociali e di governance: ESG - Environmental, Social, Governance;  a situazioni di carattere generale collegate a variazioni inattese di variabili di mercato;  alle modalità e ai processi inerenti la prestazione di servizi finanziari.  I rischi derivanti dall'inadempimento degli impegni contrattuali della controparte. Nell'ottica dell'investitore, tra i rischi di natura specifica, assumono particolare rilievo, quelli relativi ai contratti di debito riconducibili all'inadempimento della controparte. Giova premettere che questi rischi, intesi in senso generico come eventualità che il prenditore di fondi non sia in grado o non voglia onorare gli impegni assunti, si presentano piuttosto articolati e non circoscritti alla sola fattispecie dell'insolvenza tout court. Il rischio di insolvenza (o rischio di credito o default risk) si verifica innanzitutto quando il prenditore di fondi non è in grado di onorare integralmente i propri debiti, pagando gli interessi e rimborsando il capitale. Questa situazione è quella di una impresa dichiarata fallita, il cui mancato adempimento degli impegni contrattuali è definitivo e irreversibile. In questo caso, il rischio di credito, inteso in senso stretto, è espresso dalla probabilità di fallimento del debitore. Lo stato di insolvenza di un debitore può non essere definitivo ma solo temporaneo, quando il debitore non effettua i pagamenti dovuti puntualmente, alla scadenza prefissata, pur essendo in grado di far fronte, in epoca successiva, agli impegni. Il ritardo nei pagamenti produce effetti economici negativi per la controparte, obbligata ad estendere nel tempo la durata del credito ed a sostenere gli oneri collegati all'imprevisto immobilizzo di risorse. Come rilevato altrove, l'eventualità di inadempimento del debitore si concreta nella richiesta da parte del creditore di un premio per il rischio che, appunto, tiene conto non solo della probabilità di fallimento ma anche di altri eventi di default come il ritardo nei pagamenti, il mancato rispetto di clausole contrattuali diverse dai pagamenti in denaro, la rinegoziazione e la ristrutturazione del debito. Il premio richiesto è commisurato quindi al rischio di credito, cioè alla probabilità che il debitore non adempia agli impegni contrattuali complessivamente considerati. Durante la vita dell'operazione finanziaria, il merito di credito del debitore può risultare diverso da quello assegnatogli dal creditore ex ante, prima di stipulare il contratto di debito. Un abbassamento (aumento) del merito creditizio è determinato da un aumento (abbassamento) del rischio di credito. Il rischio dell'operazione finanziaria può quindi variare perché il merito creditizio del debitore può modificarsi nel tempo. Questa eventualità configura una ulteriore tipologia di rischio, collegata alle prospettive di inadempimento, detta rischio di migrazione, cioè di passaggio da una classe di rischio di credito ad un'altra. Da osservare che, durante la vita dell'operazione finanziaria, il creditore originario non è, di norma, in grado di adeguare il premio per il rischio alle mutate condizioni di solvibilità del debitore. I contratti di debito rappresentati da titoli obbligazionari, cioè da strumenti negoziabili sul mercato in quanto scambiati attivamente nel mercato finanziario, rilevano attraverso va- riazioni del prezzo i cambiamenti del merito creditizio attribuito all'emittente. Il prezzo dei titoli di debito che, in via continuativa, si forma nel mercato riflette le mutate condizioni di rischiosità del debitore poiché gli investitori richiedono tassi di rendimento allineati al premio per il rischio. Una riduzione del merito creditizio comporta un aumento del rischio di credito, un maggior premio per il rischio, un tasso di rendimento richiesto più alto e, di conseguenza, un prezzo del titolo inferiore. Una tipologia di rischio, collegata ad inadempimenti contrattuali, è il c.d. rischio di controparte inteso nella sua accezione di rischio di regolamento di una transazione finanziaria. Il regolamento (settlement) di tali operazioni di compravendita (ad es. titoli obbligazionari e azionari) comporta sia il pagamento del prezzo che la consegna del titolo. La controparte, acquirente o venditore, di una negoziazione in titoli può risultare insolvente se non esegue la prestazione dovuta, vanificando le intenzioni di scambio dell'altro operatore che deve sostenere le conseguenze dell'annullamento di fatto dell'operazione. Il rischio di regolamento presenta caratteristiche ed implicazioni diverse se la controparte risulta insolvente prima dell'esecuzione della prestazione o al momento stesso dell'esecuzione. Il rischio di mancato adempimento contrattuale assume aspetti particolari quando gli scambi (finanziari e commerciali) avvengono tra soggetti localizzati in due stati diversi o due zone valutarie diverse. In questo caso, le attività relative ai pagamenti, ai crediti, ai finanziamenti, agli investimenti ed ai contratti danno luogo a transazioni finanziarie, qualificate internazionali o cross border. La natura internazionale degli scambi commerciali, dei pagamenti, dei crediti, dei prestiti e degli investimenti assume rilievo perché le transazioni svolte con controparti residenti in un paese estero generano rischi aggiuntivi rispetto a quelli insiti nelle transazioni interne. In particolare, oltre all'inadempimento degli obblighi contrattuali, imputabili alla controparte, il rischio di credito è riconducibile anche alle condizioni generali del Paese estero, collegate al verificarsi di eventi che nel loro complesso identificano il rischio paese o country risk. Il rischio paese è riconducibile al fatto che, nel Paese estero, è presente un dato insieme di condizioni politico-sociali ed economico-finanziarie. Mutamenti del contesto ambientale possono quindi influenzare, in negativo (ma anche in positivo trattandosi di rischio speculativo), le attività economiche svolte e il mantenimento di relazioni con un certo Paese. Il rischio paese è sempre presente e individuato nella possibilità che la controparte commerciale o finanziaria (soggetto sia pubblico che privato) non sia in grado di far fronte agli impegni assunti verso l'estero per il verificarsi di eventi non imputabili al soggetto stesso, ma a decisioni delle autorità di governo del paese di appartenenza (moratoria, limitazioni ai trasferimenti valutari, esproprio e nazionalizzazione delle attività), accadimenti di tipo politico (tra cui ad esempio eventi bellici, rivoluzione),a shock economici e crisi finanziarie, fino a comprendere eventi di natura catastrofica naturali (terremoti, inondazioni). Il rischio paese dipende quindi da eventi di natura diversa per cui si distingue tra componenti economiche (associate allo stato dell'economia interna ed all'equilibrio della bilancia dei pagamenti), finanziarie (indicative della capacità di servire regolarmente il debito estero in linea capitale e interesse) e politiche (eventi in grado di influenzare in modo rilevante il contesto economico). Il rischio emittente di uno Stato si definisce rischio sovrano.  I rischi derivanti da fattori ambientali, sociali e di governance: Environmental, Social, Governance (ESG). A causa dei crescenti danni fisici derivanti da eventi climatici estremi e delle diseguaglianze sociali in continuo aumento, fattori e rischi ESG hanno assunto rilevanza crescente, nel dibattito pubblico sull'economia sostenibile, con importanti iniziative in ambito internazionale, a livello di Unione Europea e anche da parte italiana. Tali fattori coinvolgono da vari punti di vista l'ambito finanziario, determinando quindi una specifica attenzione ai rischi ESG, che possono avere un impatto finanziario negativo sulla performance delle imprese e degli strumenti finanziari da esse emessi. Occorre prima definire i fattori ESG, che riguardano tre dimensioni dell'economia sostenibile e che permeano l'attività economica in senso lato: environmental/ambientale (E), social/sociale (S) e di governance/ governo societario (G). Environmental: comprende gli impatti su ambiente, territorio e salute umana, con riferimento quindi ad aspetti quali: risorse naturali, aria, acqua, suolo, biodiversità, ecc. Social: riguarda tutte le iniziative, attuate dalle unità economiche, che hanno un impatto sociale, ad esempio: condizione di lavoro, diritti dei lavoratori, equità di genere, remunerazioni, ecc. Governance: riguarda aspetti più interni alle aziende stesse e alla loro gestione e amministrazione, con riferimento all'attenzione e ai presidi posti in essere rispetto a temi che coinvolgono i diversi stakeholder, quali: anticorruzione, antiriciclaggio, gestione dei rischi, cybersecurity, tutela della privacy, ecc. Il rischio ESG può essere definito come il rischio di un impatto finanziario negativo che scaturisce dall'effetto che i fattori ESG possono avere direttamente sulle aziende. Si pensi al danno economico che deriva da una politica poco attenta alla cybersecurity e alla protezione dei dati; dalla mancata osservanza di norme anti-inquinamento, o dalla scarsa tutela della sicurezza sul lavoro. Tutti questi aspetti determinano anche un danno reputazionale, che ovviamente aggrava quello economico direttamente imputabile al non adeguato presidio dei fattori ESG. Nel caso degli intermediari finanziari, il rischio ESG è anche strettamente collegato ai comportamenti della loro clientela e alle modalità con cui quest'ultima è esposta ed è in grado di gestire i rischi ambientali, sociali e di governance. Si pensi all'attività della banca che, in quanto impresa, è impegnata direttamente ad assumere comportamenti socialmente responsabili nei propri processi aziendali e al tempo stesso è interessata ad orientare i comportamenti della propria clientela verso una maggiore responsabilità nella gestione dei rischi ESG, siano clienti imprese o investitori. Le banche sono chiamate quindi a valutare le ricadute che le scelte delle imprese in ambito ESG hanno sulle loro condizioni economico-finanziarie, sulla performance dei titoli emessi, nonché sul valore stesso di attività date in garanzia a fronte di finanziamenti bancari ricevuti. Nel rapporto con i risparmiatori rilevano la quantità e la qualità delle informazioni che possono guidare un investimento responsabile. I fattori ESG si materializzano attraverso diversi canali di trasmissione del rischio: 1. Rischio fisico, legato ad eventi climatici avversi che possono derivare da eventi estremi (inondazioni, uragani, ecc.) o da situazioni in progressivo peggioramento, quali crescita della temperatura e del livello del mare, carenze di acqua e aumento della desertificazione, perdita di biodiversità, scarsità di risorse, ecc. 2. Rischio di transizione: fa generalmente riferimento all'incertezza legata al tempo e alla velocità del processo di aggiustamento verso un'economia sostenibile. Si tratta di rischi derivanti dalle stesse azioni messe in atto per risolvere, in tempi più o meno lunghi, principalmente problemi che hanno un impatto ambientale (es. la riduzione delle emissioni di gas serra/CO2). La transizione verso gli obiettivi dati dalle politiche ambientali comporta cambiamenti di vasta portata in vari ambiti economici e sociali: nel settore energetico, agricolo, nelle modalità di vita nelle città, nelle infrastrutture, nei sistemi industriali. Tali cambiamenti portano con sé possibili varazioni nel valore delle attività più esposte ai rischi ambientali, in relazione ai timing imposti ai cambiamenti, alla capacità innovativa delle aziende e alla celerità nell'adozione di nuove tecnologie. 3. Rischio legale: riguarda le possibili perdite o danni che persone fisiche o imprese subiscono a causa di fattori ESG (e.g. i danni subiti dalle controparti a causa del mancato rispetto, nello svolgimento delle loro attività, di fattori di natura ambientale, sociale o di governo della società).  I rischi collegati alla variazione inattesa di variabili di mercato. I contraenti di una operazione finanziaria sono esposti a rischi derivanti da variazioni delle condizioni di mercato che, di norma, si manifestano in una variazione dei prezzi delle attività finanziarie. L'eventualità che il prezzo delle attività negoziabili possa subire nel tempo una variazione è in genere definito come rischio di prezzo. Il rischio è dovuto a modifiche inattese di variabili, come ad esempio i tassi d'interesse, le cui variazioni determinano risultati economici diversi da quelli attesi e, quindi, uno scostamento tra rendimento ex post e rendimento ex ante. Le variazioni dei tassi di rendimento modificano il valore al quale l'attività finanziaria può essere liquidata prima della scadenza. In questo caso si parla più precisamente di rischio di tasso d'interesse o rischio d'interesse. A questo tipo di rischio sono esposti tutti i contratti di debito, e, soprattutto quelli negoziabili in mercati organizzati, dove viene rilevata in via continuativa la variazione di prezzo. Aumenti generalizzati dei tassi d'interesse (e la conseguente richiesta di tassi di rendimento più alti) si traducono in una riduzione dei prezzi delle attività finanziarie. Se l'investitore vende il titolo prima della scadenza naturale, subisce una perdita in conto capitale, in quanto la cessione avviene ad un prezzo di mercato inferiore a quello rilevato prima dell'evento variazione dei tassi d'interesse. Da osservare che anche qualora il titolo non fosse oggetto di cessione, l'investitore sostiene un costo opportunità, in quanto il rendimento del suo impiego risulta comunque inferiore a quello corrente, offerto dal mercato, dopo la variazione dei tassi. Altro rischio collegato alla variazione dei tassi d'interesse è il rischio di reinvestimento, a cui è soggetto qualsiasi contratto di debito che prevede il pagamento periodico (flussi intermedi) di interessi. Al momento in cui avviene l'incasso degli interessi, l'operatore non è in grado di reinvestire la somma riscossa alle medesime condizioni di rendimento esistenti quando l'operazione ha avuto inizio. Il reimpiego può avvenire ad un tasso superiore o inferiore, circostanza che modifica il rendimento effettivo dell'operazione. Sono soggetti a rischio di cambio tutti i contratti finanziari che prevedono prestazioni denominate in valuta diversa da quella normalmente utilizzata da almeno una delle due controparti. La denominazione in valuta estera (o in moneta non di conto) del contratto e dei proventi attesi espone l'investitore all'andamento del prezzo (cambio) della moneta nazionale (moneta di conto) rispetto alla valuta estera. Le variazioni del rapporto di cambio si riflettono sul valore in moneta di conto, sia del prezzo di mercato, sia dei flussi di cassa in valuta estera generati dall'operazione finanziaria. Per questo motivo i flussi di cassa effettivamente realizzati dall'investitore possono risultare diversi (superiori o inferiori) da quelli attesi. Analoga considerazione vale per un operatore che assume la veste di debitore in un contratto di debito denominato in valuta estera. Il costo effettivo può risultare diverso da quello atteso come conseguenza dell'andamento dei cambi. Inoltre, la costituzione di crediti e finanziamenti in valuta, comporta l'esposizione al rischio di tasso d'interesse della moneta di denominazione del contratto finanziario. Tra i rischi non strettamente riconducibili all'andamento di fattori di mercato ma, comunque, collegati a condizioni di mercato, possono essere ricompresi il rischio d'inflazione (detto anche rischio monetario) e il rischio di liquidità. Il rischio di inflazione influisce sul potere d'acquisto della moneta di denominazione del contratto finanziario. Variazioni inattese, superiori o inferiori a quelle stimate ex ante ed incorporate nella misura del tasso di rendimento nominale, influenzano il rendimento reale del contratto finanziario negoziato. Se il contratto è denominato in valuta estera, il rischio riguarda la dinamica dell'inflazione del paese estero. Al riguardo, è tuttavia opportuno ricordare che le variazioni del potere d'acquisto di una moneta sono collegate sia ai tassi d'interesse sulla medesima moneta, sia al cambio della stessa rispetto alle altre valute. Pertanto, anche i relativi rischi (inflazione, interesse e cambio) si presentano tra loro correlati per l'influenza reciproca. Da osservare che l'inflazione, l'interesse ed il cambio non sono altro che tre diversi modi di esprimere il prezzo di una moneta: in termini di potere d'acquisto immediato, in termini di potere d'acquisto futuro e in termini relativi rispetto alle altre monete. Infine, altra tipologia di rischio è rappresentata dal rischio di liquidità. È opportuno qui ricordare che il rischio di liquidità si manifesta quando eventi inattesi riducono di fatto il grado di liquidabilità (liquidità naturale e/o artificiale) dell'attività finanziaria per l'investitore. In particolare, in caso di necessità di smobilizzo anticipato dell'investimento, il mercato specifico può evidenziare insufficienti capacità di assorbimento e, di conseguenza, un allungamento dei tempi di realizzo e/o l’accollo di sacrifici di prezzo (rischio di liquidità del mercato).  I rischi collegati a modalità e processi inerenti alla prestazione di servizi di investimento, finanziamento e pagamento. L'ambito in oggetto rientra nella fattispecie ben più ampia dei rischi operativi, che implicano perdite a causa di comportamenti fraudolenti o poco professionali (fattore umano), o malfunzionamento di procedure informatiche e di sistemi operativi. Il rischio di frode può provocare costi/perdite anche ingenti per gli investitori nell'ambito dei servizi di investimento: negoziazione di titoli, attività di consulenza, servizi di gestioni individuali e collettive di portafoglio. I comportamenti fraudolenti possono essere messi in atto da operatori autorizzati alla prestazione o di servizi di investimento, nonché da soggetti che non hanno tale autorizzazione. In regime di capitalizzazione composta gli interessi, maturati in ciascuna unità di tempo considerata (ad es. anno, semestre, mese), si aggiungono al capitale originario e, insieme al medesimo capitale, producono interessi per il successivo tempo di impiego. Così, ad esempio, l'interesse prodotto dal capitale alla fine del primo semestre di impiego (prima unità di tempo di impiego) si aggiunge al tasso periodale (rt) del 4% semestrale, produce, alla fine del primo semestre (periodo di capitalizzazione), un montante (C1) pari a euro 1.040. Vale a dire che: 1.040 = 1.000 + 40 = 1.000 + 1.000 x 0.04 ovvero, in formule: C1 = C + C x r = C x (1+rt) Ipotizzando di reinvestire alla fine del primo semestre il montante per un ulteriore semestre avremo che nel secondo semestre il montante C1 è reinvestito allo scopo di ottenere, al termine del secondo semestre, il montante C2 pari a 1.081,60 = 1.040 + 1.040 x 0,04; ovvero, in formule C2 = C1 + C1 x rt = C1 x (1 + rt) = C x (1 + rt) x (1 + rt) = C x (1 + rt)2 Esempio 1. I rendimenti periodali su base annua 2. Il valore attuale Il montante, ottenuto capitalizzando gli interessi maturati nel periodo, è il valore nel futuro (cioè a scadenza) di un certo capitale investito oggi. Il termine capitalizzazione sta a indicare il procedimento mediante il quale l'interesse prodotto da un certo capitale viene aggiunto al capitale stesso. Anziché ricercare il valore futuro di un certo capitale, è possibile determinare il valore oggi (valore attuale) di un montante incassato nel futuro. La determinazione del valore attuale - attualizzazione - di un capitale disponibile in futuro è operazione inversa alla capitalizzazione. In formule, in regime di capitalizzazione semplice, avremo: C= M t (1+ra , s×t ) ovvero VA=Mt× 1 (1+ra , s×t) Mt = Montante a scadenza; C = Capitale iniziale o Valore Attuale (VA); ra , s = tasso di rendimento su base annua con capitalizzazione semplice; t= periodo di investimento espresso in anni e frazioni di anno. Il processo di calcolo del valore attuale di somme disponibili in futuro è denominato anche sconto. L' espressione 1 (1+r a ,s×t) è detto fattore di attualizzazione o di sconto, in regime di interesse semplice. Esempio 2. Il calcolo del valore attuale in regime di capitalizzazione d’interesse semplice Analogamente a quanto osservato per l'interesse semplice, è possibile determinare il valore attuale di un montante incassato nel futuro in regime di capitalizzazione composta. In formule, avremo C= M t (1+r a ,c) t ovvero VA=Mt× 1 (1+ra , c) t Mt = Montante a scadenza; C = Capitale iniziale o Valore Attuale (VA); ra,c = tasso di rendimento su base annua con capitalizzazione composta; t =periodo di investimento espresso in anni e frazioni di anno. L'espressione 1 (1+r a ,c) t è il fattore di attualizzazione in regime di interesse composto. Esempio 3 - Il calcolo del valore attuale in regime di capitalizzazione d'interesse composto Il valore attuale (VA) di un capitale di euro 2.205 disponibile fra 2 anni, considerando l'anno civile (t = 730/365 = 2), al tasso annuo del 5% in regime di capitalizzazione d'interesse composto annuo è pari a: VA = Mt × 1/(1 + ra,c) t = € 2.205 x 1/(1 + 0,05)2 = 2.000,00 Nell'esempio precedente € 2.000 può essere interpretato anche come il capitale prestato per due anni al tasso annuo del 5% per ottenere un montante (capitale e interessi) di € 2.205. Il valore attuale di € 2.000 e il montante a scadenza di € 2.205 sono i flussi di cassa dell'operazione finanziaria e, per il creditore, il primo flusso (2.000) rappresenta una uscita di cassa o il capitale impegnato oggi, mentre il secondo flusso di cassa (2.205) è una entrata futura alla scadenza dell'operazione, comprensiva del rimborso del capitale e degli interessi maturati. La struttura dei flussi di cassa del prestito di questo esempio è quella tipica di molte operazioni finanziarie di investimento, quali ad esempio quelle relative all'acquisto di titoli, definiti zero coupon (a cedola zero) in quanto gli interessi sono pagati in unica soluzione alla scadenza insieme al capitale impiegato. Nell'ipotesi di un unico flusso di cassa ricevuto alla fine dell'orizzonte temporale di un investimento, senza flussi di cassa intermedi, è agevole calcolare il tasso di rendimento composto annuo associato all'operazione. In formule C= M t (1+r a ,c) t → ra , c=( M t C ) 1 t −1 Le operazioni finanziarie non si esauriscono nella sola tipologia zero coupon, dal momento che possono prevedere il pagamento degli interessi su base periodica e non solo al momento del rimborso del prestito alla data di scadenza prefissata. Ad esempio, la sequenza dei flussi di cassa (FC) per un prestito di euro 1.000, con pagamento periodico degli interessi, alla fine di ogni anno, in misura del 3% annuo e rimborso del capitale originario dopo 4 anni alla scadenza dell'operazione, può essere così rappresentata: La somma erogata (1.000) può essere considerata come Valore Attuale (VA) di tutti i pagamenti futuri, dal primo al quarto anno, sia per interessi (30) che per il rimborso del capitale originario (1.000). Vale a dire che la somma erogata (VA) è pari alla sommatoria dei valori attuali di ciascun pagamento (o flusso di cassa) scontati o attualizzati al tasso del 3%. Generalizzando avremo quindi che: VA= FC 1 (1+r a ,c ) 1 + FC 2 (1+r a ,c ) 2 +…+ FC n (1+r a ,c ) n=¿ VA=∑ t=1 n FCt (1+ra , c) t Il concetto di valore attuale è molto utile perché, sommando semplicemente i valori attuali di tutti i flussi di cassa futuri ricevuti, sfruttando il principio di additività dei valori attuali, permette di calcolare il valore odierno di una o più operazioni finanziarie. Nel caso di titoli con pagamento di cedole periodiche, a differenza di una operazione di tipo zero coupon, il calcolo del rendimento non è agevole in quanto può essere effettuato unicamente tramite approssimazioni successive, ossia attraverso l'applicazione di una procedura iterativa di calcolo (Esempio 4). 3. I principi generali di valutazione delle attività finanziarie Rischio e rendimento/costo sono i due parametri che guidano le scelte di allocazione di portafoglio delle unità economiche. Diversi sono i significati che il linguaggio comune attribuisce all'espressione rendimento, così come differenti sono le modalità di misurazione. 3.1. Tasso di rendimento nominale e reale Il tasso di rendimento o tasso di interesse effettivo è un indicatore dei proventi sui fondi prestati e, specularmente, degli oneri sul capitale preso a prestito. Essendo il compenso richiesto per rinviare il consumo nel tempo, il tasso di rendimento deve essere sufficiente, almeno ex ante, ad assicurare un potere d'acquisto futuro superiore a quello presente. La richiesta di un tasso, ad esempio del 5%, potrebbe rivelarsi inadeguata se un aumento del livello generale dei prezzi (inflazione) vanificasse le attese di un maggiore potere di acquisto futuro. In prima approssimazione è intuitivo che un incremento dei prezzi superiore al 5% annulla qualsiasi beneficio dell'impiego finanziario. Al riguardo è opportuno distinguere quindi tra tasso di rendimento nominale e tasso di rendimento reale. Essendo calcolato sulla base del valore monetario (nominale) del capitale investito o preso a prestito e dei proventi o oneri ad esso connessi, il tasso di rendimento come fin qui valutato, può essere definito come tasso di rendimento nominale. Dal punto di vista dell'investitore il valore del tasso di rendimento incorporerà le esigenze di recuperare l'eventuale attesa riduzione del potere di acquisto del capitale investito collegata alla presenza di una variazione dei prezzi positiva. Diversamente, il tasso di rendimento reale è una misura ricavata dal tasso di rendimento nominale, sottraendo a questo le variazioni previste nel livello dei prezzi. Il tasso di rendimento reale, misurato ex ante (aggiustato per le variazioni attese dei prezzi), può essere espresso come: 1+r=(1+rr )× (1+ p )−−→rr= (r−p) (1+ p) r = tasso di rendimento nominale; rr = tasso di rendimento reale; p = tasso d'inflazione atteso. Pertanto, se i prezzi dei beni (tasso d'inflazione) sono previsti in aumento in misura superiore al tasso d'interesse nominale, il tasso di rendimento reale dell'investimento finanziario è negativo. Ciò sta a significare che vi è un trasferimento di ricchezza (reale) dal creditore al debitore. Quest'ultimo infatti beneficia di un costo reale negativo per l'uso delle risorse prese a prestito. Viceversa, se i prezzi dei beni diminuiscono, il tasso reale risulta superiore al tasso nominale. Ciò determina un trasferimento di ricchezza dal debitore al creditore. Ne consegue che il costo reale per l'uso delle risorse prese a prestito è superiore al costo nominale. Ovviamente, il tasso di rendimento reale può essere misurato sia ex ante, in riferimento all'inflazione attesa (o alla deflazione attesa), sia ex post, sulla base dell'inflazione/deflazione effettivamente verificatasi durante la vita dell'investimento finanziario. L'inflazione determina l'effettivo potere di acquisto della moneta e, per tale motivo, costituisce un fattore di rischio (speculativo) di natura sistematica. Vale a dire che l'inflazione produce effetti su tutti gli impieghi finanziari. Occorre osservare che anche i tassi nominali possono essere negativi. Il fenomeno dei tassi d'interesse nominali negativi può essere determinato da situazioni congiunturali e condizioni economiche di diminuzione o di temuta diminuzione dei prezzi dei beni (deflazione), generalmente contrastate da interventi di politica monetaria particolarmente espansivi e volti a contenere il costo del denaro. 3.2. Tasso cedolare e tasso di rendimento ex ante ed ex post Per gli strumenti di debito, il tasso cedolare, anche detto coupon rate, è il rapporto, espresso in termini percentuali, fra l'interesse annuo ed il valore nominale. In altri termini è il valore della cedola espresso in percentuale del valore nominale del titolo. Il tasso di rendimento può essere determinato come tasso atteso (ex ante) sia come tasso realizzato (ex post) a seconda che colui che compie la valutazione si ponga al momento in cui investe o, in al- tre parole, acquista il titolo ed attiva una operazione finanziaria d'impiego, o se l'operatore valuta a posteriori l'investimento, al momento della sua conclusione, considerando gli incassi e gli esborsi di moneta effettuati per valutare l'effettiva economicità dell'operazione realizzata. In quest'ultimo caso si parla di tasso di rendimento realizzato (effettivo ex post). Ancora, in ottica ex ante, il tasso di rendimento può assumere la configurazione di tasso di rendimento effettivo a scadenza (vield to maturity) che rappresenta quel tasso di rendimento che gli operatori maturerebbero acquistando oggi al prezzo attuale di mercato, incassando tutti i flussi intermedi, reinvestendoli allo stesso tasso di rendimento effettivo e dismettendo l'investimento alla sua scadenza naturale. Attraverso l'attualizzazione dei proventi-flussi di cassa futuri, è possibile attribuire un valore corrente all'attività finanziaria; in altre parole, il prezzo di una attività finanziaria non è altro che il valore attuale dei flussi di cassa futuri scontati al tasso di rendimento effettivo La distinzione tra operazioni prive di rischio di insolvenza e di reinvestimento (ma non di altre tipologie di rischio) e operazioni rischiose consente di associare la misura del tasso di rendimento al rischio. Per cui, a fronte di operazioni rischiose è lecito attendersi la richiesta di un compenso a titolo di tasso di rendimento che, oltre all'inflazione attesa, sia comprensivo anche di un premio per il rischio, quale remunerazione per l'incertezza dei flussi di cassa futuri attesi. Il tasso di rendimento associato ad investimenti rischiosi può essere analizzato valutando le principali determinanti. Anzitutto, per differire il consumo corrente, il rendimento (r) deve consentire una adeguata remunerazione per la preferenza intertemporale del consumo - misurata dal tasso di rendimento reale sulle attività prive di rischio (rr) - il tasso di inflazione atteso (p) e il rischio associato all'investimento (σ). Analiticamente: r=rr+ p+σ con r = tasso di rendimento nominale rischioso; rr, = tasso di rendimento reale privo di rischio; p tasso d'inflazione attesa; σ = premio per il rischio. L'espressione in termini nominali risulta: r=rf+σ dove r = tasso di rendimento nominale rischioso; rf= tasso di rendimento nominale privo di rischio (risk-free rate); σ = premio per il rischio. Sulla base della precedente distinzione dei fattori di rischio si può considerare il tasso di rendimento di un investimento finanziario come formato da un tasso di rendimento privo di rischio (che essendo definito in termini nominali incorpora le aspettative di inflazione) e da un premio per il rischio peculiare associato alla singola attività/ passività finanziaria associata all'investimento. In prima approssimazione, per i contratti di debito il premio per il rischio sarà formato principalmente da un premio per il rischio di credito – collegato a possibili inadempimenti contrattuali da parte del debitore (rischio di insolvenza o default risk in particolare) e da un rischio di variazione dei tassi di interesse che si manifesta come la variabilità del prezzo al variare dei rendimenti richiesti dagli operatori. Inoltre, esiste un premio per la liquidità a segnalare che anche la durata dell'operazione è importante, in quanto i creditori sono in genere meno propensi ad impegnarsi in operazioni a medio e lungo termine piuttosto che in operazioni a breve termine. Con riferimento ai titoli azionari, il premio per il rischio è associato in particolare al rischio di mercato o rischio sistematico, originato da eventi e da situazioni di carattere generale che condizionano, seppur con intensità diversa, tutte le operazioni finanziarie. Sono fonti di rischio sistematico, ad esempio, la variazione dei tassi d'interesse e dei cambi, l'inflazione, l'instabilità politica. Questo tipo di rischi non può essere eliminato attraverso la diversificazione di portafoglio, bensì «gestito» attraverso l'utilizzo di contratti derivati. Pertanto, nel caso di titoli azionari, il premio per il rischio è associato alla sola categoria di rischio, il c.d. rischio sistematico il cui impatto sui portafogli finanziari degli operatori non può essere contenuto attraverso un'adeguata diversificazione degli investimenti, ovvero a quella parte di rischio che non è diversificabile detenendo un numero adeguato di attività finanziarie sufficientemente differenziato (rischio sistematico o non diversificabile). Capitolo Terzo Le scelte finanziarie delle imprese 2. Il fabbisogno finanziario delle imprese Le esigenze di finanziamento sono individuate sulla base del fabbisogno finanziario, determinato dalla diversa dinamica temporale dei flussi monetari in entrata ed in uscita. I progetti d'investimento realizzati richiedono infatti uscite di cassa anticipate rispetto ai flussi monetari di rientro delle risorse impiegate. Lo svolgimento della gestione comporta in ogni momento l'esistenza di impieghi di fondi in attesa di essere successivamente realizzati in moneta. Si tratta quindi di investimenti in essere destinati a trasformarsi in flussi di cassa ed a riprendere la forma di attività liquide che presentavano prima del loro impiego in fattori produttivi. Questi impieghi di fondi sono rilevati contabilmente nel lato sinistro dello stato patrimoniale e costituiscono il capitale investito dall'impresa. L'attivo patrimoniale indica quindi l'ammontare e la composizione degli impieghi di risorse monetarie realizzati dall'impresa per la produzione di beni e servizi. Il fabbisogno finanziario è originato tanto da fattori interni all'impresa quanto da fattori esterni di ambiente e di mercato la cui influenza si riflette, da un lato, sull'entità dei ricavi di vendita, quale indicatore significativo del volume dell'attività svolta, e, dall'altro lato, sull'ammontare degli investimenti necessari a sostenerla. Il fabbisogno finanziario è infatti correlato alle vendite ed agli investimenti e ne segue la dinamica. L'incremento delle vendite produce effetti nel breve termine sui volumi di produzione, sull'entità delle scorte e sull'ammontare dei crediti commerciali e, nel lungo termine, sulla dotazione di fattori produttivi ad utilizzo ripetuto, cioè sugli investimenti inerenti la struttura produttiva e commerciale. In quanto espressione degli investimenti in essere in attesa di realizzo, l'entità del capitale investito definisce anche l'ammontare del fabbisogno finanziario totale, misurato appunto dall'attivo totale di bilancio. Per contro, il lato destro dello stato patrimoniale, rappresentato dal debito e dal patrimonio netto indica l'entità e la composizione delle fonti di copertura del fabbisogno finanziario totale. L'entità del fabbisogno finanziario totale si modifica nel tempo al variare dell'ammontare del capitale investito. Pertanto, per dato intervallo di tempo è possibile misurare il fabbisogno finanziario addizionale sulla base della variazione del capitale investito. L'entità dell'incremento dell'attivo di bilancio se misurata ex post consente di individuare nelle variazioni dell'indebitamento e del patrimonio netto le fonti di copertura attivate; se rilevata ex ante indica l'ammontare dei nuovi finanziamenti da attivare per far fronte alle esigenze dettate dai maggiori investimenti. Riguardo alla copertura del fabbisogno finanziario addizionale, è opportuno distinguere tra fabbisogno addizionale e fabbisogno esterno. Quest'ultimo indica la parte di fabbisogno addizionale da coprire ricorrendo a finanziatori esterni (creditori e soci- proprietari) attraverso finanziamenti a titolo di debito e di capitale. Il fabbisogno esterno misura, infatti, l'entità delle risorse monetarie derivanti dalle dilazioni di pagamento concesse dai fornitori, dall'accensione di prestiti bancari e non bancari, dall'eventuale emissione di titoli obbligazionari e dai conferimenti in denaro dei soci-proprietari. Il fabbisogno finanziario esterno è di entità diversa da quella del fabbisogno finanziario addizionale complessivo (variazione del capitale investito). La differenza è data dall'autofinanziamento, cioè da risorse finanziarie che la gestione aziendale è in grado di produrre autonomamente, in via indipendente dal contributo dei creditori e della proprietà dell'impresa. L'autofinanziamento è una fonte interna di finanziamento per l'impresa ed è misurato dall'eccedenza delle risorse generate dalla gestione corrente rispetto a quelle impiegate dalla medesima gestione. Il fabbisogno finanziario esterno è ovviamente nullo se l'autofinanziamento risulta pari al fabbisogno finanziario addizionale. Riquadro 1. - Gestione operativa e risultato operativo Gestione operativa, tipica o caratteristica: operazioni di acquisizione e di impiego dei fattori produttivi, di trasformazione, di commercializzazione, di vendita e di amministrazione poste in essere dall'impresa per soddisfare il mercato di riferimento. La gestione caratteristica esprime un proprio risultato economico: il risultato operativo della gestione caratteristica. Il risultato operativo (reddito o margine operativo) rileva la redditività operativa in via indipendente dal modo in cui l'impresa si finanzia. Mentre l'utile di esercizio esprime il risultato economico della gestione complessiva, il risultato operativo deriva dalla contrapposizione tra ricavi e costi inerenti la sola gestione operativa (caratteristica) ed è il risultato economico dell'attività di acquisto, produzione – amministrazione - vendita ed è indipendente dal costo del debito. Può essere espresso prima o dopo gli ammortamenti e gli accantonamenti, cioè come margine operativo lordo (MOL o EBITDA) o come risultato operativo (EBIT). L'autofinanziamento esprime il flusso di risorse addizionali che l'impresa produce e che trovano immediato impiego a copertura del fabbisogno finanziario. Sotto il profilo economico, l'autofinanziamento netto è costituito, ad esempio, dagli utili di esercizio non distribuiti ai soci o non prelevati dalla proprietà e, quindi, reinvestiti nell'attività dell'impresa. Gli utili di esercizio non distribuiti, aumentati dell'importo relativo agli ammortamenti del periodo, sono anche definiti come cash flow aziendale e costituiscono un indicatore dell'autofinanziamento lordo. Sotto il profilo strettamente finanziario il margine operativo lordo (MOL o EBITDA) assume rilievo come grandezza che contribuisce alla formazione dell'autofinanziamento lordo. Tale grandezza esprime il risultato economico derivante dalla contrapposizione tra i ricavi ed i costi inerenti la sola gestione operativa (Riquadro 1). È «lordo» in quanto misurato prima degli ammortamenti e, sotto l'ipotesi che tutti i ricavi ed i costi da cui deriva trovino manifestazione in termini di flussi di cassa, è una misura del flusso di cassa generato dalla gestione operativa corrente. Inteso in questo senso, il margine operativo lordo è un indicatore assai significativo della capacità di una impresa di produrre «cassa» o, in altri termini, risorse monetarie superiori a quelle impiegate dalla gestione corrente. Inoltre, essendo determinato escludendo i costi dell'indebitamento (interessi passivi), il margine operativo lordo è un indicatore della copertura di tali costi (oneri finanziari) e, quindi, particolarmente utile per valutare la capacità dell'impresa di far fronte al pagamento degli interessi dovuti ai creditori. 2.3. Valutazione delle condizioni economico-finanziarie del prenditore finale di fondi Alcune delle modalità con cui il finanziatore può intervenire per coprire il fabbisogno finanziario dell'impresa implicano l'assunzione di rischio creditizio. Tale rischio è legato alle condizioni prospettiche del debitore; condizioni la cui valutazione è necessaria affinché l'intermediario erogante agisca in condizioni di economicità. Tra le diverse metodologie che possono essere utilizzate per valutare le condizioni economico-finanziarie dell'impresa finanziata, particolare importanza assume l'analisi per indici o quozienti, che si sostanzia nella costruzione di indicatori che hanno al numeratore e al denominatore voci o aggregati di voci contenute nello stato patrimoniale e/o nel conto economico riclassificato. Indica i giorni che mediamente passano tra l'inizio del ciclo operativo (acquisto delle materie prime) e la sua conclusione (vendita dei prodotti finiti). Nella sua versione più utilizzata, si calcola rapportando la consistenza del magazzino finale (Magazzino) alle vendite giornaliere (V/360). Durata media magazzino = Magazzino V 360 = Magazzino V ×360 Le implicazioni finanziarie degli investimenti in scorte sono analoghe a quelle degli investimenti in crediti.  Durata media dei debiti Misura, in giorni, il periodo intercorrente tra un acquisto e il relativo pagamento. Si ottiene rapportando i debiti commerciali agli acquisti giornalieri. Durata media dei debiti commerciali = Debiti commerciali Acquisti ×360 L'indice di durata media dei debiti fornisce indicazioni circa la capacità dell'impresa di trasferire sui fornitori parte del fabbisogno finanziario originato dalle operazioni correnti. Tanto più lunghi sono i tempi di regolamento degli acquisti, tanto minore è il fabbisogno residuo che deve essere coperto dai debiti finanziari o da altre fonti di finanziamento.  Ciclo commerciale Sommando la durata media dei crediti alla durata media del magazzino e sottraendo la durata media dei debiti si ottiene la lunghezza del ciclo commerciale. Una durata del ciclo commerciale breve, o negativa, riflette la tendenza ad alleggerire gli investimenti correnti, trasferendo ai fornitori l'onere del loro finanziamento. In altri termini, una durata di segno positivo evidenzia la creazione di fabbisogno finanziario; una di segno negativo la creazione di liquidità. 2.3.3. Indici di indebitamento Gli indici di indebitamento analizzano la struttura finanziaria e producono informazioni circa il grado di indebitamento ( leverage) e la composizione dei debiti per natura (finanziari o correnti) e per durata (a breve o a medio/lungo termine) Tra gli indicatori più utilizzati che valutano il livello di indebitamento vi è il leverage calcolato come rapporto tra Totale attivo e Patrimonio netto. Infatti, data la relazione Attivo = Passivo (debiti) + Patrimonio Netto ne consegue che le passività (debiti complessivi) sono pari alla differenza tra l'attivo ed il patrimonio netto, per cui Passivo (debiti) = Attivo - Patrimonio Netto Il rapporto Totale attivo/Patrimonio netto (TA/PN) indica quante volte gli impieghi superano il patrimonio netto e, indirettamente, l'eccedenza del debito rispetto al patrimonio netto. Infatti, un valore pari ad 1 dell'indice TA/PN sta a significare che tutti gli impieghi (assets) sono finanziati dal patrimonio netto. Un valore pari a 2 dell'indice TA/PN sta a significare che gli impieghi (assets) sono finanziati al 50% dal patrimonio netto e per l'altro 50% da debiti. Per valori superiori a 2 appare evidente che il debito eccede il patrimonio netto (il debito è maggiore del capitale proprio). Grado di indebitamento (leverage)= TA/PN Il grado di indebitamento misura, pertanto, l'ammontare di investimenti realizzati con un euro di capitale netto. Un altro modo per esprimere il grado di indebitamento di un'impresa è fare riferimento al rapporto tra debiti e patrimonio netto (Debiti/PN). Il quoziente TA/PN coincide infatti con l'espressione (1 + Debiti totali/Patrimonio netto) e, come tale, è anche un indicatore del grado di rischio finanziario che l'azienda presenta per i creditori. 2.3.4. Indici di liquidità Gli indici di liquidità consentono di valutare la presenza di equilibrio finanziario. Tra i principali:  Rapporto corrente Si determina rapportando le attività a breve termine (AC = Attività correnti) alle passività scadenti entro l’esercizio successivo (E = Esigibilità = Passività correnti). Rapporto corrente = AC/E Se gli investimenti destinati a trasformarsi in forma liquida entro il termine convenzionale di un esercizio hanno un importo maggiore dei debiti con scadenza entro l’anno, il rapporto corrente supera l’unità. Si ritiene che un rapporto corrente almeno uguale ad 1 indichi un’appropriata relazione tra la scadenza degli impieghi e delle fonti e, di conseguenza, una sostanziale capacità di fare fronte ai debiti in scadenza.  Acid Test o Prova acida Questo indice rapporta gli impieghi a breve termine, escluso il magazzino, ai debiti con scadenza entro l’anno. Acid Test = (AC –Magazzino) E Si tratta di un indicatore dell’equilibrio finanziario di breve periodo, poiché esclude dagli investimenti a breve termine il magazzino, cioè la componente meno liquida. Un rapporto vicino all’unità dovrebbe indicare che l’impresa è in grado di rimborsare i debiti in scadenza, senza fare eccessivo affidamento sulle possibilità di monetizzare il magazzino. Gli indicatori di liquidità forniscono informazioni sulle condizioni di equilibrio finanziario di breve periodo dell’azienda. rali condizioni possono essere espresse anche attraverso il calcolo del Capitale circolante netto (attività correnti – passività correnti) e del Margine di tesoreria (attività correnti – magazzino – passività correnti). (gli indici di liqyuidità sono presenti tra le slide ma non nel syllabus, aspettare risposta alla mail e poi capire cosa fare) (pag. 63-71 come indicato dal syllabus) 3. I servizi di finanziamento Tale tipologia di servizi risponde all’esigenza di coprire il fabbisogno finanziario delle unità economiche in deficit dal punto di vista finanziario, le imprese. Diverse sono le modalità di intervento degli IF, per la banca in particolare, la distinzione fondamentale è quella tra servizi di finanziamento che ne impegnano il patrimonio, da un lato, e servizi finanziari di supporto all’emissione, alla sottoscrizione e al collocamento, nonché di consulenza alle decisioni finanziarie dell’impresa, dall’altro. Tra i primi rientrano un insieme di operazioni di finanziamento, quali la concessione di prestiti per cassa, la concessione di garanzie o l’acquisizione di valori mobiliari emessi da prenditori di fondi, che hanno come denominatore comune l’assunzione di rischi da parte della banca: in primis, il rischio creditizio che è legato fondamentalmente alle condizioni prospettiche del debitore. La seconda tipologia di servizi comprendono quelle attività di assistenza alle decisioni finanziarie dell’impresa in ordine al loro ricorso al mercato mobiliare e, in generale, alle decisioni relative alla propria struttura finanziaria. Si tratta di servizi che generalmente non comportano un coinvolgimento patrimoniale della banca, anche se in alcuni casi questa può intervenire temporaneamente garantendo il collocamento delle emissioni. 3.1. I finanziamenti I prestiti per cassa rappresentano operazioni di finanziamento contraddistinte dall’esistenza di due contrapposte prestazioni aventi per oggetto somme di denaro, finalizzate alla copertura del fabbisogno finanziario della clientela. Comprendono un insieme di operazioni con una diversità di caratteristiche tecniche riguardanti principalmente le modalità di utilizzo del credito da parte del beneficiario, le conseguenti prestazioni a carico della banca, i termini di rimborso nominali ed effettivi, le garanzie che presidiano l’operazione e i criteri seguiti nella determinazione del prezzo/costo del prestito. Il processo di affidamento Strettamente connessa alla concessione del prestito è la fase di valutazione delle capacità di rimborso del credito erogato e dei progetti industriali e commerciali che l’impresa intende realizzare con i finanziamenti ricevuti. Prima di definire le specifiche caratteristiche contrattuali del finanziamento, la banca determina l’ammontare dei fondi monetari da mettere a disposizione dell’impresa. Da questa fase di valutazione della capacità finanziaria del cliente di far fronte ai propri impegni, consegue l’individuazione del c.d. fido bancario. Il fido bancario o fido accordato è l’importo massimo di credito che la banca ha deciso di concedere al cliente. Il fido utilizzato è invece la parte di credito accordato, effettivamente utilizzata dal cliente. In particolare, il fido accordato è utilizzabile mediante una gamma più o meno ampia di forme tecniche di prestito. Infatti, in relazione alle reciproche esigenze e preferenze, la banca e il cliente si accordano sulle modalità concrete di utilizzo della somma messa a disposizione del cliente, stipulando specifici contratti di prestito. Le valutazioni delle banche per accordare un fido ai richiedenti credito (procedure di affidamento o istruttoria fidi), si basano su diversi elementi di natura quantitativa e qualitativa: l’andamento economico-finanziario dell’azienda, il posizionamento di mercato, l’analisi dell’investimento obiettivo del finanziamento e del relativo business plan. In questa fase assume rilevanza anche la possibilità dell’impresa richiedente il fido di fornire garanzie accessorie al prestito. Le garanzie rafforzano la posizione della banca creditrice riguardo all’esecuzione delle prestazioni del debitore. Riquadro 3. – Le garanzie La concessione di affidamenti è spesso associata al rilascio di garanzie a favore della banca dello stesso debitore o da terzi. Le garanzie non assicurano il rimborso del finanziamento: esse hanno lo scopo di rendere più immediato, diretto ed agevole il recupero del credito in caso di inadempimento del debitore. Le garanzie che assistono i finanziamenti bancari possono essere di natura reale o personale. Sono garanzie reali il privilegio, il pegno e l’ipoteca, cioè garanzie che hanno per oggetto beni mobili o immobili e che assicurano al creditore il diritto di ottenere la somma dovuta dal debitore attraverso la vendita del bene oggetto della garanzia stessa. È il caso di mutui assistiti da ipoteca su immobili che, in caso di inadempienza del debitore, consente alla banca di recuperare il credito, con preferenza rispetto agli altri creditori, mediante la vendita del bene ipotecato. L’ipoteca si costituisce su beni immobili, il pegno su beni mobili (gioielli, titoli azionari) o un diritto (es. un credito). Le garanzie personali, come fideiussione o l’avallo, attribuiscono invece al creditore diritti nei confronti di una terza persona diversa dal creditore. Il valore della garanzia dipende in questo caso dal valore del patrimonio di tale persona. La fideiussione è la principale forma di garanzia personale con cui un terzo (c.d. fideiussore) si obbliga personalmente nei confronti del creditore all’adempimento dell’obbligazione altrui. In caso di inadempimento dell’obbligato principale (soggetto garantito), il creditore può rivolgersi al terzo fideiussore ed esigere l’adempimento dell’obbligazione garantita, senza peraltro agire nei confronti del debitore originario. Gli accordi di Basilea sui requisiti patrimoniali delle banche hanno contribuito a modificare, da parte delle banche, le modalità di valutazione e selezione delle imprese richiedenti credito. In particolare, è stato introdotto lo strumento del rating consistente in un sistema oggettivo di valutazione del rischio di credito delle imprese affidate. Il giudizio è espresso al termine del processo di valutazione, assegnando un punteggio (il rating) che sintetizza, secondo una scala predefinita, il grado di rischio di insolvenza del prenditore di fondi. Il punteggio assegnato consente alla banca di raggruppare i richiedenti credito in classi omogenee e di decidere se concedere o meno il fido richiesto (screening). Il punteggio assegnato può modificarsi nel tempo, in base ai risultati dei controlli continuativi delle modalità di utilizzo dei fidi accordati (monitoring) e all’esito di nuove valutazioni del merito creditizio (revisione dei fidi). Cambiamenti nel giudizio di rating implica il passaggio di un prenditore di fondi ad una classe di rischio superiore o inferiore a quella originaria (rischio di migrazione). L’inclusione dei richiedenti credito in una determinata classe di rischio consente alla banca di individuare il premio per il rischio appropriato per la determinazione del tasso di interesse da applicare alle operazioni di prestito. Il pricing del credito è dunque commisurato al rischio di insolvenza dell’impresa, calcolato con i sistemi di rating. Questo impianto riduce la discrezionalità del personale bancario nel valutare le diverse pratiche di fido, collegando il costo del credito alla rischiosità della specifica impresa. Contemporaneamente gli imprenditori sono incentivati ad 3.1.2. Caratteristiche tecniche dei finanziamenti a medio-lungo termine I prestiti a medio e lungo termine sono diretti a soddisfare esigenze di fabbisogno durevole e permanente delle imprese connesse ad investimenti in capitale fisso (immobili, impianti, macchinari) o ad operazioni di crescita esterna, effettuate attraverso l’acquisizione di altre unità economiche. Quando l’impresa acquista beni durevoli o partecipazioni azionarie, di solito per importi elevati, è opportuno che le forme di finanziamento siano coerenti con l’orizzonte temporale dei benefici attesi dagli investimenti effettuati. L’impresa ha diverse alternative a disposizione: può ricorrere ai soci, oppure a terzi. Le principali forme di prestito a medio-lungo termine sono rappresentate dal mutuo, dal leasing e dai prestiti in pool. Si tratta di interventi finanziari che comportano un maggior coinvolgimento dell’IF nelle vicende economiche dell’azienda e che conseguentemente, richiedono una approfondita valutazione della validità sotto il profilo reddituale e finanziario, dei progetti di investimento attuati dalle imprese. In questo ambito, stanno sviluppandosi forme di finanziamento a medio-lungo termine legate al tema della sostenibilità ambientale, sociale e di governance (ESG) indirizzate al finanziamento di progetti con un impatto sociale o ambientale positivo. Riquadro 5. – I finanziamenti ESG Il tema della sostenibilità viene integrato dalla banca, nella sua attività di finanziamento secondo due modalità. La banca utilizza sempre di più i fattori ESG ai fini della determinazione del costo del finanziamento. In altri termini, per la valutazione del merito creditizio, in aggiunta ai tradizionali criteri economico-finanziari, la banca sviluppa una valutazione socio-ambientale delle domande di finanziamento. Ad es. le imprese la cui attività genera impatti negativi sotto il profilo ESG potrebbero essere escluse dall’accesso al finanziamento, mentre società con impatti positivi possono beneficiare di condizioni migliori. Rientrano tra questi i Sustainability linked loan, finanziamenti concessi per scopi generici ma dove il tasso di interesse è legato a predeterminati obiettivi di sostenibilità. La banca può inoltre finanziare progetti con un impatto sociale o ambientale positivo. Rientrano in questa fattispecie i Green loan, dove il finanziamento viene concesso sulla base di specifiche finalità. Il mutuo Il mutuo è una forma tecnica di finanziamento a m/l termine con il quale un intermediario creditizio eroga una somma di denaro che l’impresa finanziata si obbliga a restituire gradualmente mediante pagamenti periodici. I pagamenti periodici, detti rate, sono composti da una quota capitale e da una quota interessi. La quota interessi è costituita dagli interessi dovuti e maturati sul capitale prestato. La quota capitale è data dall’importo del rimborso della somma prestata. La quota capitale è definita in base ad un piano di rimborso del capitale determinato al momento della stipula del mutuo. Il piano di ammortamento è, pertanto, il programma di restituzione del debito che, appunto, stabilisce la data di scadenza del prestito, l’importo, la periodicità dei pagamenti destinati all’estinzione del debito, i criteri per determinare ogni rata e il debito residuo. Le rate possono avere periodicità variabile (mensile, trimestrale) e sono di norma costanti (quote capitali crescenti e quote interessi decrescenti) o decrescenti (quote capitali costanti e quote interessi decrescenti) (esempio Piano di ammortamento) Il contratto di mutuo può prevedere che il trascorra un certo periodo di tempo (pre-ammortamento) prima che il prenditore debba iniziare il rimborso della somma presa a prestito. Nel periodo di pre-ammortamento la rata è costituita dai soli interessi che il debitore è comunque tenuto a pagare. Questo periodo permette all’impresa di iniziare il rimborso del capitale quando gli investimenti finanziari con il mutuo sono già in grado di produrre benefici attesi in termini di flussi di cassa. Il mutuo può essere a tasso fisso, variabile o misto. Nel primo caso il tasso di interesse rimane invariato per tutta la durata dell’operazione. Nel secondo caso, il tasso di interesse si adegua alla situazione di mercato ed è determinato, per ogni periodo di maturazione degli interessi, sommando alla componente variabile, rappresentata dal tasso base di riferimento, una componente fissa o spread. Quest’ultima è riconducibile al rischio di credito del prenditore e rappresenta il compenso per il rischio richiesto dal finanziatore. Il tasso di interesse è misto, quando il tasso applicato passa da fisso a variabile o viceversa, a scadenze fisse e/o a determinate condizioni indicate nel contratto. Per il tasso fisso il parametro di riferimento è l’Eurirs; per quello variabile è l’Euribor. La componente principale di coso del mutuo è rappresentata dagli interessi. A questi devono essere aggiunti altre componenti di costo quali, quelli per l’istruttoria della pratica, la riscossione della rata, i servizi accessori necessari per ottenere il mutuo (spese di perizia, di valutazione dell’immobile da ipotecare ecc.). Nella documentazione contrattuale deve essere sempre riportato il Tasso Annuo Effettivo Globale (TAEG), cioè un indicatore di sintesi del costo complessivo del mutuo comprensivo del tasso di interesse (fisso) e di tutte le altre voci di spesa. Il TAEG indica il costo totale del mutuo su base annua ed è espresso in percentuale sull’ammontare del finanziamento concesso. Il mutuo può essere concesso anche senza garanzie specifiche (mutuo chirografario). Tenuto conto della durata dell’operazione, oltre che dall’importo, in genere consistente della somma prestata, è assai più frequente la presenza di garanzie nella forma tecnica di ipoteca di primo grado su immobili (finanziamento dell’edilizia) o da privilegio su impianti e macchinari (finanziamento all’industria e al commercio). Nel primo caso la durata del prestito è normalmente compresa tra i 10 e i 20 anni e l’importo erogato copre di norma il 65-70% del valore dell’immobile dato in garanzia; tuttavia, in presenza di garanzie accessorie, può raggiungere anche il 100% di tale valore. Nel secondo caso, la durata dell’operazione è inferiore (3-5 anni). (esercitazione il mutuo e il bilancio delle banche) Paragrafo 3.1 Cap.6 V1 (presente su virtuale ma non nel syllabus finale) 3.1. Gli intermediari finanziari Gli intermediari creditizi sono il gruppo principale per il peso quantitativo e per la qualità dell'attività svolta. Le attività e le passività finanziarie che figurano nel loro stato patrimoniale sono tipicamente strumenti di debito/ credito fruttiferi d'interessi, cioè rappresentativi dell'impiego e dell'acquisizione di fondi con vincolo di restituzione. L'attività d'intermediazione finanziaria si compendia nella gestione di attività fruttifere e di passività onerose: queste generano ricavi e costi da interessi, che si aggiungono ai costi di struttura ed ai costi operativi. Il risultato economico della gestione caratteristica è rappresentato dal margine d'interesse (interessi attivi - interessi passivi). Al risultato complessivo della gestione economica concorrono anche altre importanti componenti di ricavo derivanti principalmente dalla prestazione di servizi diversi dall'erogazione del credito e dalla raccolta di fondi (ad es. servizi di pagamento) e dall'acquisto e dalla vendita (negoziazione) di strumenti finanziari (ad es. utili da negoziazione titoli) detenuti come investimenti di tesoreria, nonché di valute. A seconda che le loro passività svolgano, o meno, funzioni di moneta, gli intermediari creditizi possono essere suddivisi in monetari e non monetari. Questa prima distinzione riguarda lo svolgimento o meno della funzione di produttori di mezzi di pagamento e di servizi di pagamento (funzione monetaria). I principali intermediari monetari sono rappresentati dalla banca centrale e dalle banche. La qualifica di “banca”, attribuita sia alla banca centrale che alle banche in senso stretto, è riconducibile al fatto che entrambe, nello svolgimento delle loro attività, pongono in essere operazioni di natura tipicamente bancaria (negoziazione depositi e prestiti) e le loro passività canoniche sono utilizzate come mezzi di pagamento. Pur essendo entrambe produttori di mezzi di pagamento e di servizi di pagamento, la banca centrale si differenzia dalle banche in modo netto e definito. Le BC sono istituzioni pubbliche e perseguono finalità di interesse generale. Le banche sono imprese private e perseguono i propri fini attraverso una attività commerciale di prestazione di servizi finanziari. diversamente da queste, le BC non prestano servizi di pagamento, di investimento e di finanziamento a famiglie e imprese non finanziarie. Infatti, le controparti delle operazioni svolte dalle banche centrali sono esclusivamente le banche e lo Stato. Le banche sono imprese autorizzate, sulla base delle disposizioni del Testo Unico Bancario (TUB, di cui il D.Lgs. 1° settembre 1993, n. 385, entrato in vigore il 1° gennaio 1994), allo svolgimento dell'attività bancaria, definita come «raccolta del risparmio tra il pubblico e esercizio del credito» (art. 10, comma 1). La raccolta del risparmio è intesa come «acquisizione di fondi, con obbligo di restituzione, sia sotto forma di deposito, sia sotto altra forma». "Banca" è pertanto l'impresa alla quale è riservato l'esercizio dell'attività bancaria. L'ordinamento bancario stabilisce che le banche, oltre alla canonica attività bancaria, possono svolgere "ogni altra attività finanziaria, secondo la disciplina propria di ciascuna, nonché attività connesse e strumentali" (art. 10, comma 3, TUB). Le altre attività finanziarie esercitabili sono quelle ammesse al mutuo riconoscimento. Si tratta cioè di attività che le imprese bancarie, in forza dell'autorizzazione ricevuta nel paese di origine, possono esercitare in qualsiasi altro paese comunitario. In aggiunta all'attività bancaria in senso stretto, la normativa vigente consente quindi all'impresa bancaria di operare direttamente su tutta la filiera dei finanziamenti, di offrire un'ampia gamma di servizi di intermediazione mobiliare, di emettere e gestire mezzi di pagamento, di prestare servizi di pagamento e, infine, di porre in essere attività connesse e strumentali alla propria attività principale (ad es. servizi di informazione commerciale, locazione cassette di sicurezza). 3.1.1 L’attività bancaria La concessione di prestiti ai soggetti in disavanzo finanziario esercitata congiuntamente alla raccolta di fondi dalle unità in avanzo costituisce tradizionalmente e storicamente l’attività svolta dalle banche. La raccolta di risparmio e l’esercizio del credito sono infatti le attività che caratterizzano, non solo sotto il profilo giuridico istituzionale, l’impresa bancaria, per cui può essere qualificata anche come “attività bancaria in senso stretto”. Per le imprese che svolgono esclusivamente tale attività si utilizza il termine di banca commerciale o banca di deposito. L’attività bancaria in senso stretto, oltre che per la concessione di crediti e per la raccolta di risparmio, si caratterizza per la natura delle passività rappresentate dai depositi, solitamente a vista e, per questo, sostituti della moneta legale nei pagamenti. È possibile analizzare le caratteristiche essenziali dell’attività di intermediazione delle banche, attraverso le principali voci che ne compongono il bilancio. Dal 2005 le società europee (banche incluse) devono adottare gli standard contabili internazionali (IFRS) per la presentazione del loro bilancio. Recependo ed estendendo tali principi alle banche italiane, lo Stato ha attribuito alla BdI il compito di uniformare le forme tecniche-contabili di redazione dei bilanci bancari. Di seguito vengono illustrate le principali voci di bilancio che caratterizzano lo SP e il CE della banca. L'attivo dello Stato Patrimoniale è costituito dagli impieghi dei fondi raccolti, rappresentativi della componente caratteristica espressa dai prestiti alla clientela, sia a breve, sia a medio/lungo termine. Tra i prestiti è ricompresa una componente rappresentata dai crediti deteriorati, cioè prestiti caratterizzati da esiti incerti circa la loro rimborsabilità. Sempre tra gli impieghi sono classificati gli investimenti in titoli, i rapporti interbancari, cioè i prestiti effettuati ad altre banche, e la liquidità rappresentata dalle c.d. riserve bancarie, ulteriormente suddivisibili in riserve libere ed obbligatorie. Queste ultime sono costituite da depositi mantenuti obbligatoriamente presso la Banca Centrale per assolvere a obblighi imposti dalle autorità di politica monetaria. Altre voci di rilievo dell'attivo sono gli investimenti in azioni e partecipazioni. A queste vanno aggiunte le attività reali e altre attività (non fruttifere). In nota integrativa figura anche l'aggregato della "raccolta indiretta", cioè l'insieme delle attività relative al risparmio amministrato (custodia e amministrazione titoli) e al risparmio gestito. Al totale delle attività si contrappongono le passività verso terzi e il netto patrimoniale. Le prime sono costituite della raccolta fiduciaria, articolata secondo le diverse forme tecniche di deposito (depositi in conto corrente e a risparmio, certificati di deposito a breve e a medio termine, operazioni pronti contro termine di raccolta), dalla raccolta interbancaria, nonché delle obbligazioni emesse. Il netto patrimoniale è rappresentato dal capitale sociale e dalle riserve patrimoniali. Una particolare definizione di patrimonio più ristretta è utilizzata ai fini di vigilanza, cioè per il calcolo dei coefficienti patrimoniali, quali strumento di vigilanza prudenziale. Dal Conto Economico, esposto in forma scalare, è possibile individuare le principali voci di ricavo e di costo, che forniscono la base per l'analisi della performance delle banche. Attività. Le attività di una banca sono raggruppabili in quattro grandi aree: crediti verso altre banche crediti verso clientela, attività finanziarle suddivise per finalità di detenzione e altre attività. Attività finanziarie e crediti verso clientela ordinarla costituiscono le principali attività produttrici di reddito delle banche. La suddivisione in base alla natura economica delle controparti (sostanzialmente banche, clientela ed emittenti pubblici) è un modo per rappresentare sinteticamente il rischio creditizio, che rappresenta il principale eventuale fattore di instabilità per le banche. Le attività confluiscono a bilancio a valore netto, detratti cioè gli eventuali fondi rettificativi (fondi di ammortamento e fondi di svalutazione), al fine di rendere più significativa la lettura degli schemi di bilancio. Di seguito si illustra il contenuto delle voci principali.  La cassa (voce 10) è costituita dalle valute aventi corso legale (incluse le banconote estere) e le disponibilità "a vista" detenute presso la Banca Centrale del Paese o dei Paesi in cui la banca risiede con proprie succursali, a eccezione della riserva obbligatoria.  La voce 20 (Attività finanziarie valutate al fair value con impatto a conto economico, FVTPL) contiene prevalentemente attività detenute per la negoziazione (titoli di debito, titoli di capitale, finanziamenti, quote di OICR e derivati), include le attività obbligatoriamente iscritte in questa categoria perché non hanno superato il test SPPI.  La voce 30 (Attività finanziarie valutate al fair value con impatto sulla redditività complessiva, FVTOCI) contiene tutte le attività finanziarie (titoli di debito, titoli di capitale e finanziamenti) classificate nel portafoglio valutato al fair value con impatto sulla redditività complessiva.  La voce 40 (Attività finanziarie valutate al costo ammortizzato, HtC) contiene i titoli di debito e i finanziamenti allocati nel portafoglio valutato al costo ammortizzato, tipicamente crediti verso banche (conti correnti, depositi cauzionali, titoli di debito ecc.), crediti verso clientela (mutui, operazioni di leasing e di factoring, titoli di debito ecc.).  La voce 50 (Derivati di copertura) accoglie i derivati finanziari e creditizi di copertura, che alla data di riferimento del bilancio presentano un fair value positivo.  Nella voce 80 (Attività materiali) (figurano le attività materiali a uso funzionale nonché quelle detenute a scopo di investimento e le rimanenze di attività materiali.  Nella voce 90 (Attività immateriali) sono ricomprese le attività immateriali.  La voce 120 (Altre attività) é relativa alle attività non riconducibili nelle altre voci dell'attivo dello stato patrimoniale quali oro, argento e metalli preziosi; il valore positivo dei contratti di gestione (cosiddetti servicing assets), eventuali rimanenze di beni (a esclusione di quelli classificati come rimanenze di attività materiali, partite varie viaggianti e in corso di lavorazione). Passività. Le passività di una banca sono composte da vari tipi di conti di deposito e altri prestiti utilizzati per il finanziamento di investimenti e impieghi in prestiti sul lato dell'attivo di stato patrimoniale. Al passivo compaiono, inoltre, le voci che formano i mezzi propri (patrimonio) della banca. Le passività si distinguono in termini di scadenza, remunerazione, controparte. La tabella riporta lo stato patrimoniale passivo della banca in esame. Il passivo propone una struttura di classificazione che richiama quella dell'attivo.  Fra le Passività finanziarie valutate al costo ammortizzato (voce 10) compaiono i debiti verso banche e verso clientela, qualunque sia la loro forma tecnica (depositi, conti correnti, finanziamenti, leasing), non ricompresi nelle voci 20 e 30. In tale voce figurano, inoltre, i titoli emessi (inclusi i buoni fruttiferi, i Certificati di Deposito e gli assegni circolari emessi al portatore) valutati al costo ammortizzato, al netto dei titoli riacquistati.  Fra le Passività finanziarie di negoziazione (voce 20) sono classificate le passività finanziarie, qualunque sia la loro forma tecnica (titoli di debito, finanziamenti ecc.), classificate nel portafoglio di negoziazione.  Nella voce 30 (Passività finanziarie designate al fair value) sono classificate le passività finanziarie, qualunque sia la loro forra tecnica (titoli di debito, finanziamenti ecc.), designate al fair value con i risultati valutativi iscritti nel conto economico (fair value option).  Fra i Derivati di copertura (voce 40) figurano i derivati (di copertura), finanziari e creditizi che alla data di riferimento del bilancio presentano un fair value negativo.  Nella voce 80 (Altre passività) sono incluse le passività non finanziarie che per loro natura non possono essere classificate in altre voci del passivo (partite varie, debiti verso fornitori ed enti previdenziali ecc).  Nella voce Fondi per rischi e oneri (voce 100) sono compresi gli impegni e garanzie rilasciate (fondi per rischio di credito a fronte di impegni a erogare fondi e di garanzie finanziarie rilasciate), i fondi di quiescenza e obblighi simili - ovvero gli impegni per previdenza complementare a benefici definiti e quelli a contribuzione definita, se vi è garanzia, legale o sostanziale, sulla restituzione del capitale e/o sul rendimento a favore dei beneficiari - classificati come fondi interi ai sensi della legislazione previdenziale.  Gli Strumenti di capitale (voce 130) comprendono l'ammontare complessivo degli Strumenti rappresentativi di patrimonio netto, diversi dal capitale e dalle riserve.  fra le Riserve (voce 140) figurano le riserve di utili (legale, statutaria, per acquisto azioni proprie, utili/perdite portaci a nuovo ecc.).  Il Capitale (voce 160) comprende l'importo delle azioni (o delle quote) emesse dalla banca o il suo fondo di dotazione, al netto dell'importo del capitale sottoscritto e non ancora versato alla data di riferimento del bilancio, mentre le Azioni proprie della banca detenute dalla medesima (voce 170) sono indicate con segno negativo. 12.2.3. - Struttura del conto economico Il conto economico (si veda Tabella 12.3) è espresso in forra scalare e consente di visualizzare immediatamente la formazione progressiva dell'utile netto.  Le prime due voci (10, Interessi attivi e proventi assimilati, e 20, Interessi passivi e oneri assimilati) formano per differenza il Margine di interesse (voce 30) e sono costituite da interessi attivi e passivi, proventi e oneri assimilati relativi, a disponibilità liquide, attività finanziarie valutate al far value con impatto a conto economico, attività finanziarie valutate al far value con impatto sulla redditività complessiva, attività finanziarie valutate al costo ammortizzato e a passività finanziarie valutate al costo ammortizzato, passività finanziarie di negoziazione, passività finanziarie designate al fair value. Fra gli interessi attivi e passivi sono esposti anche i differenziali o i margini, positivi e negativi su derivati finanziari di copertura di attività e passività che generano interessi.  Nelle voci Commissioni attive (40) e Commissioni passive (50) sono ricompresi i proventi e gli oneri relativi, rispettivamente, ai servizi prestati e a quelli ricevuti dalla banca sulla base di specifiche previsioni contrattuali (garanzie, incassi e pagamenti, gestione e intermediazione ecc.). La loro differenza fornisce le Commissioni nette (voce 60).  I Dividendi e proventi simili (voce 70) sono dividendi relativi ad azioni o quote detenute in portafoglio, mentre il Risultato netto dell'attività di negoziazione (voce 80) è il saldo tra profitti e perdite delle operazioni classificate nelle Attività finanzia- rie detenute per la negoziazione (FVTPL) e nelle Passività finanziarie di negoziazione, inclusi i risultati delle valutazioni di tali operazioni, nonché i profitti e le perdite relativi a contratti derivati gestionalmente collegati ad attività e/o passività finanziarie designate al fair value e alle altre attività finanziare obbligatoriamente valutate al fair value (diversi da quelli da ricondurre fra gli interessi, voci 10 e 20). Nel conto economico sono poi presenti:  Il Risultato netto dell'attività di copertura (voce 90), che accoglie i risultati della valutazione delle operazioni di copertura effettuate dalla banca (derivati di copertura e plus/minusvalenze degli strumenti coperti);  gli Utili (Perdite) da cessione o riacquisto (voce 100) delle attività finanziarie classificate FVTOCI, della cessione di crediti e della cessione di passività finanziarie;  alla voce 110 il Risultato netto delle altre attività e passività finanziarie valutate al fair value o obbligatoriamente (per non aver superato il test SPPI) o volontariamente (Fair value option).  Le voci successive hanno lo scopo di determinare il risultato netto complessivo di gestione, a partire dalle Rettifiche/riprese di valore nette a fronte del rischio di credito (voce 130) e dai Costi operativi (voce 210), dei quali la maggior porzione è costituita dalle Spese amministrative (voce 160), ovvero costi per il personale (stipendi, oneri sociali, compensi per amministratori e sindaci, premi di produttività, polizze assicurative, buoni pasto, corsi di formazione, visite sanitarie ecc.) e altre spese amministrative (servizi professionali, beni e servizi non professionali quali energia elettrica, cancelleria, canoni passivi, premi di assicurazione ecc.).  Ulteriori voci di norma quantitativamente minori portano all'Utile (Perdita) della operatività corrente al lordo delle imposte (voce 260) che, al netto delle imposte, determina l'Utile (Perdita) della operatività corrente al netto delle imposte (voce 280).  Per arrivare all'Utile (Perdita) dell'esercizio (voce 300) va computato ancora l'Utile (Perdita) delle attività operative cessate al netto delle imposte (voce 290), ovvero dell'attività operativa che è stata dismessa o classificata come posseduta per la vendita (ramo autonomo di attività o un'area geografica, oppure parte di un piano di dismissione). 12.3 - Analisi del bilancio di esercizio utilizzando il criterio della redditività del capitale netto (RoE) L'analisi dei rendiconti finanziari ha lo scopo di studiare le caratteristiche dell'equilibrio economico, finanziario e patrimoniale delle banche. In particolare, l'analisi di determinati rapporti - la cosiddetta "analisi degli indici (o indicatori) aziendali” (ratio analysis) - consente ai manager della banca e agli analisti esterni di valutare la performance attuale della banca, le sue variazioni nel corso del tempo (analisi della serie storica degli indici in un determinato arco temporale) e il suo andamento rispetto ad altre banche concorrenti (analisi cross-section degli indici su un gruppo di imprese). Preliminare all'analisi per indici è la riclassificazione del bilancio mediante l'aggregazione di voci che rappresentino le aree fondamentali della gestione bancaria. Per quanto riguarda le voci di stato patrimoniale, la classificazione fondamentale è quella che, nell'attivo, distingue tra attività fruttifere (quelle che generano “redditi da posizione" tipici per una banca, quali interessi e dividendi); nel passivo, invece, la classificazione è tripartita e distingue fra le passività onerose (mezzi di terzi la cui detenzione implica il sostenimento di un costo per la banca), le altre passività e i mezzi propri, o comunque i fondi che hanno natura patrimoniale. Le attività fruttifere sono costituite da attività finanziarie, crediti verso banche e verso clientela, partecipazioni dello stato patrimoniale attivo; le restanti attività sono classificate come "altre attività" (in cui sono ricomprese le immobilizzazioni materiali e immateriali, le attività fiscali, le altre attività). Le passività onerose sono riportate nello stato patrimoniale passivo (debiti verso banche, verso clientela, titoli in circolazione e altre passività finanziarie), mentre i mezzi propri (o patrimonio netto) sono costituiti dalle riserve di rivalutazione, azioni rimborsabili e altri strumenti di capitale, riserve, sovrapprezzi di emissione, capitale, utile d'esercizio al netto delle azioni o quote proprie detenute. Per le banche assume poi particolare rilievo il concetto di patrimonio a fini di “vigilanza". Esso è costituito da patrimonio di base o primario (tier 1) e patrimonio supplementare (tier 2), al netto di elementi da dedurre (partecipazioni non consolidate e altre deduzioni). Nel patrimonio di base confluiscono il capitale e i sovrapprezzi, le riserve, e vanno dedotte le azioni o quote proprie, le immobilizzazioni immateriali (compreso l'avviamento), le perdite registrate in esercizi precedenti e/o in quello in corso. Del patrimonio supplementare fanno parte le riserve di rivalutazione, gli strumenti ibridi di patrimonializzazione, le passività subordinate e le plusvalenze nette su partecipazioni. Per quanto riguarda le voci di conto economico, l'obiettivo è mettere in rilievo i risultati intermedi, con evidenziazione dei contributi al reddito derivanti dalla gestione caratteristica della banca e dei contributi derivanti da operazioni ed eventi di natura accessoria. I risultati intermedi di maggiore interesse e ai quali fa riferimento una prassi consolidata sono i seguenti:  Margine di interesse, dato dalla somma algebrica di interessi attivi (e proventi assimilati) e interessi passivi (e oneri assimilati), con segno negativo.  Margine di intermediazione, ottenuto sommando algebricamente al margine di interesse il contributo netto di commissioni attive (voce 40 di conto economico) e commissioni passive (voce 50 di conto economico, segno negativo), dividendi (voce 70) e i risultati netti delle attività di negoziazione (voce 80 di conto economico), di copertura (voce 90 di conto economico), di cessione o racquisto di attività e passività finanziarie (voce 100 di conto economico), di valutazione al fair value (voce 110 di conto economico). Risultato netto della gestione finanziaria, ottenuto sottraendo dal margine di intermediazione le rettifiche o le riprese nette per deterioramento delle attività finanziarie.  Utile o perdita della operatività corrente al lordo delle imposte, ottenuto sottraendo al risultato netto della gestione finanziaria: i cosiddetti "costi operativi", ossia le spese amministrative (voce 160 di conto economico), gli accantonamenti per rischi e oneri (voce 170 di conto economico); gli ammortamenti (ovvero le rettifiche/ riprese di valore su immobilizzazioni materiali e immateriali, voci 180 e 190 di conto economico); il saldo algebrico fra altri oneri e altri proventi di gestione (voce 200 di conto economico). Si aggiungono poi: le voci di conto economico meno strettamente legate all'operatività tipica della banca, ossia dalla 200 alla 250 che riguardano gli utili o perdite su partecipazioni, il risultato della valutazione al fair value di attività materiali e immateriali (voce 230), le rettifiche di valore dell'avviamento (voce 240): gli utili o perdite da cessione di investimenti (voce 250).  Utile o perdita della operatività corrente al netto delle imposte, ottenuto sottraendo le imposte sul reddito (voce 270 di conto economico). alti registrerà un incremento del rapporto fra interessi attivi e interessi passivi ma, poiché i prestiti ad alto rischio hanno probabilità di insolvenza maggiore, questo potrebbe portare nel breve-medio termine alla perdita definitiva del pagamento sia degli interessi sia della quota capitale. Un'ulteriore scomposizione di questi indici costituisce uno strumento prezioso per la valutazione della performance finanziaria. Altri indici spesso impiegati sono il margine di intermediazione per dipendente (dato dal rapporto fra margine d’intermediazione e numero dei dipendenti medio impiegato nell'esercizio) e il costo del lavoro per dipendente (dato dal rapporto fra costo totale per il personale dipendente e numero dei dipendenti medio impiegato nell'esercizio). 12.3.3 Altri indici Nella valutazione della performance di una banca viene comunemente utilizzata una grande varietà di altre misure di redditività, fra cui citiamo la redditività delle attività fruttifere, lo spread e il cost/incame ratio (CIR). Redditività delle attività fruttifere. Tale indice misura il rendimento netto delle attività fruttifere della banca (titoli e crediti) e si definisce in questo modo: margine di interesse netto= margine diinteresse attività fruttifera In linea di massima, quanto maggiore è il margine di interesse netto, tanto migliore è la performance della banca. Supponiamo, tuttavia, che il motivo dell'incremento sia il contesto descritto nel paragrafo precedente, ossia la sostituzione di prestiti a bassi rischio e rendimento con prestiti a elevati rischio e rendimento. Questa situazione può comportare un aumento del rischio per la banca ed evidenzia il fatto che prendere in considerazione i rendimenti senza tenere conto del rischio può essere fuorviante e potenzialmente dannoso in termini di solvibilità della banca e redditività nel lungo termine. Spread. Lo spread misura la differenza fra il rendimento medio delle attività produttrici di reddito (attività fruttifere) e il costo medio delle passività onerose; esso costituisce un'altra misura del rendimento delle attività di una banca. Tale indice si definisce come: spread = interessi passivi attività fruttifera − interessi passivi passività onerose Quanto più lo spread è elevato, tanto più la banca è redditizia, ma, ancora una volta, bisogna esaminare il motivo del valore elevato e le potenziali implicazioni in termini di rischio e di impatto sulle relazioni con la clientela. Cost/income ratio. Il rapporto fra costi operativi e ricavi caratteristici misura la capacità da parte della banca di generare ricavi per coprire i costi operativi: cost/income ratio = costioperativi margine di intermediazione Generalmente quanto più basso è il valore di questo indice, tanto migliore è la performance della banca in termini di attenzione all'efficienza. Tuttavia, valori poco elevati dei costi operativi possono indicare un aumento del rischio, nel caso in cui l'istituzione non stia investendo nella tecnologia più efficiente o nel personale più qualificato, oppure ancora che i sistemi di back office siano gestiti in modo poco efficiente. Dopo questa parte ci sono esercizi su virtuale Capitolo Quinto I titoli di debito 1. Elementi introduttivi e definitori I titoli di debito a reddito fisso sono strumenti finanziari emessi da soggetti in deficit finanziario al fine di soddisfare i propri bisogni di finanziamento; sono sottoscritti da soggetti in surplus finanziario che, impiegando il temporaneo potere di acquisto, soddisfano le esigenze di finanziamento dei soggetti in deficit, in cambio di una remunerazione. Sono quindi strumenti rappresentativi del debito che l'emittente ha nei confronti del sottoscrittore. Più in generale, si definiscono obbligazioni i titoli di debito a reddito fisso emessi in massa dalle imprese non finanziarie, dagli enti pubblici, dalle banche e dagli organismi sovranazionali. L'obbligazione rappresenta quindi il debito pecuniario che la società assume verso terzi dai quali ha ricevuto un prestito e attribuisce al portatore i diritti caratteristici dello status di creditore nei confronti della società emittente. La raccolta di fondi realizzata attraverso l'emissione di prestiti obbligazionari è consentita dalle norme del nostro ordinamento a una pluralità di soggetti, nel rispetto di limiti di volta in volta dettati in relazione alla natura del debitore e al fine di garantire un'adeguata tutela all'investitore. I titoli di debito sono rappresentati da titoli di Stato, titoli garantiti dallo Stato ed equiparati, obbligazioni emesse dalle imprese, dalle banche, dagli enti territoriali e dagli organismi, sovranazionali. Sono inoltre da comprendere in questa sede certificati di deposito e altre tipologie di titoli. Il titolo di debito è caratterizzato da alcuni elementi distintivi:  durata fissata al momento dell'emissione; alla «nascita» del titolo è già definita la data di rimborso, in corrispondenza della quale il capitale verrà completamente restituito al portatore dello stesso;  diritto al rimborso del capitale alla pari e in misura integrale o pro-quota alle date previste dal piano di rimborso;  diritto al pagamento degli interessi, se provvisto di cedole, o incorporati nella differenza tra prezzo di rimborso e di emissione se zero coupon; a sua volta la misura della remunerazione periodica può essere fissa, indicizzata, mista o rivedibile. (caso speciale rendita irredimibile virtuale) La peculiare specificazione «a reddito fisso» trae origine dal fatto che l'emittente promette in anticipo all'investitore un compenso che, salvo il caso di default dell'emittente, non dipende dall'entità dei risultati reddituali del debitore. Nell'ambito di tale ampia categoria i titoli possono essere raggruppati secondo diversi profili di classificazione: - natura dell'emittente; - periodicità dei flussi di cassa corrisposti; - tipologia dei flussi di cassa periodici; - durata (vita anagrafica); - valuta di denominazione; - mercato di quotazione. La natura dell'emittente concorre a definire il rischio di inadempienza delle obbligazioni assunte dalla controparte debitrice; chi acquista un titolo confida che il debitore sia in grado di fare fronte puntualmente agli impegni che si è assunto con l'emissione del titolo (pagamento delle cedole e rimborso del capitale a scadenza). La capacità (o meno) di assolvere il proprio debito può essere espressa da un rating esterno, ovvero dal giudizio assegnato da istituzioni specializzate. In funzione della natura dell'emittente si distinguono le obbligazioni non governative emesse dalle imprese, dalle banche o da enti sovranazionali (es. World Bank, European Investment Bank, ecc.) e le obbligazioni governative emesse dagli Stati sovrani. Per quanto concerne la periodicità dei flussi di cassa, si usa distinguere tra titoli caratterizzati dall'esistenza di un singolo flusso di cassa in uscita (il prezzo pagato) e un singolo flusso di cassa in entrata (il capitale rimborsato alla scadenza) - definiti zero coupon bond - e titoli che presentano una successione di flussi di cassa distribuiti lungo l'arco della vita del titolo, definiti coupon bond, e in quest'ultimo caso la frequenza dei flussi di cassa può essere trimestrale, semestrale o annuale. Con riferimento alla tipologia di flussi di cassa periodici, si possono identificare titoli di debito a cedola fissa e titoli di debito a tasso variabile (titoli indicizzati) che si differenziano dai primi perché prevedono una variabilità dei flussi di cassa che può riguardare il capitale di rimborso (indicizzazione sul capitale) e/o le cedole (indicizzazione sulle cedole). Per quanto riguarda la durata contrattuale del titolo, pur non esistendo una classificazione condivisa, nella maggioranza dei casi si ritiene che i titoli a breve termine siano quelli aventi una scadenza fino a 12 mesi e i titoli a medio-lungo termine si caratterizzano per una scadenza superiore a 12 mesi (medio termine da 12 a 60 mesi e lungo termine oltre i 60 mesi). Differente e importante nell'ambito degli investimenti finanziari è anche il concetto di vita o durata residua a scadenza differente da quello della scadenza prevista alla nascita del titolo. Ulteriori profili di classificazione riguardano la valuta di denominazione degli strumenti e la nazionalità (residenza) del soggetto emittente. Sotto il primo profilo si distingue tra titoli in moneta di conto e titoli in valuta. Sotto il secondo aspetto si può parlare di titoli domestici (emessi da residenti nel proprio paese) e di titoli esteri (emessi da soggetti non residenti in paesi diversi da quelli in cui essi hanno sede legale). I soggetti residenti (ad esempio in Italia) possono quindi emettere nel proprio paese di residenza strumenti finanziari in valuta diversa dall'euro (moneta di conto) anche se il ricorso ad emissioni in valuta è più frequente su un mercato non domestico. Le emissioni di titoli in valuta in un mercato estero sono realizzate al fine di diversificare le fonti di finanziamento, proponendo a creditori non residenti titoli nella valuta ad essi più gradita. Ad esempio, lo Stato sovrano Italia in passato, ma anche negli ultimi tempi, ha emesso parte dei propri titoli in mercati finanziari di altri paesi, ricorrendo ad emissioni in valuta estera (dollaro in particolare). Questi titoli, pur facendo parte del debito pubblico, circolano in prevalenza al di fuori dell'Italia in quanto acquistati
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