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Riassunto COMPLETO del libro Palinsesto. Storia e tecnica della programmazione televisiva, Sintesi del corso di Storia Della Radio E Della Televisione

Riassunto completo di tutti i capitoli (e dell'introduzione) del libro di Luca Barra.

Tipologia: Sintesi del corso

2020/2021

Caricato il 05/01/2022

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Scarica Riassunto COMPLETO del libro Palinsesto. Storia e tecnica della programmazione televisiva e più Sintesi del corso in PDF di Storia Della Radio E Della Televisione solo su Docsity! RIASSUNTO: Palinsesto. Storia e tecnica della programmazione televisiva - L. Barra (2019) PUBBLICO/ AUDIENCE del Campo Concettuale INTRODUZIONE Îl palinsesto è la lista di ciò che sarà trasmesso nella giornata, nella settimana, nel mese; è il dettaglio preciso che regola l'emissione del segnale e la ricezione nelle case, permettendo allo spettatore di orientarsi tra gli appuntamenti e le ricorrenze della programmazione> è il punto di incontro tra la rete e la sua La sequenza ordinata dei programmi, la griglia temporale in cui sono collocati, l'insieme delle operazioni che ne regolano la composizione, sono infatti- soprattutto negli ultimi anni- messi in questione dai fenomeni della digitalizzazione, della convergenza, della ridefinizione insieme tecnologica e culturale del mezzo televisivo, delle sue modalità d'uso, delle forme della sua produzione. Il multichannel digitale si è poi imposto come elemento di forte novità, con la nascita o la ridefinizione di canali inediti che hanno portato allo sviluppo di diversi obiettivi e routine di palinsesto. L'autore intende in primo luogo aggiornare lo scenario tv contemporaneo e poi, per la prima volta, provare a comporre in una trattazione organica aspetti altrove più frammentati. Il volume adotta pertanto, un approccio il più possibile sistemico, che cerca di mettere insieme (e di far dialogare tra loro) orientamenti, punti di vista e discipline differenti, ricorrendo a una metodologia di ricerca composita. CAPITOLO 1 - Definizioni Barra parla dell’etimologia del termine e le alternative adottate nelle varie lingue. Nel suo consumo televisivo, lo spettatore dà meno valore al contenuto rispetto al fatto stesso di guardare, di stare davanti a un'offerta complessiva, di scegliere di cambiare canale. Allo stesso modo, la produzione organizza il broadcasting secondo blocchi di dimensione maggiore, cercando di attrarre e trattenere a lungo il pubblico. Il risultato è che i programmi televisivi non pause o intervalli, è inserito in una sequenza: una successione ordinata e coerente di programmi, ciascuno dotato di un ruolo e un senso per chi guarda. A un programma ne segue un altro, e poi un altro ancora. Ogni prodotto che è stato trasmesso prima (o anche molto prima) 6 da ciò che sarà mandato în onda dopo (o anche molto dopo). Ogni testo è poi composto in una programmazione, un gruppo di elementi molteplici e variegati, ciascuno con formati e funzioni comunicative differenti. Non si tratta di semplice giustapposizione, ma dell'adozione consapevole di un principio ordinatore, più 1 o meno legato al raggiungimento di particolari obiettivi, in costante tensione con l'unicità, individualità e singolarità dei testi. Nella televisione italiana, questo principio ordinatore, che agisce sui contenuti trasmessi dal medium e insieme, di conseguenza, sulle pratiche del loro consumo, si chiama palinsesto. Un termine arcaico, cui già negli anni Cinquanta si è aggiunto un significato contemporaneo. Cambi in corsa, tiene assieme svariate decisioni e punti di vista, porta i segni di lunghe elaborazioni e improvvisi ripensamenti. L'attività di messa in forma di un palinsesto è un'operazione che richiede calma e prospettiva, che opera strategicamente sul lungo periodo e tatticamente nel giro di poche ore. Ed è un processo continuo, dettato dalla messa in onda in ogni minuto del giorno, ogni giorno della settimana, e tendenzialmente infinito. Il palinsesto porta strutturalmente con sé, nella parola che lo identifica, le Sia nulla di definitivo (almeno fino alla messa in onda), ma anche la presenza di un ulteriore significato garantito proprio dalla sovrapposizione, un valore che emerge da un ordine e una combinazione sempre mutevoli (e spesso mutati) e va a completare quello dei singoli programmi. Le modifiche non sono neutre, né nei loro risultati né nelle motivazioni che le guidano, ma dovute «a ripensamenti, cancellazioni, pressioni politiche», a logiche e punti di vista distinti, ai vari modi di esercitare un controllo o perseguire un'idea. Quello televisivo è il risultato di scelte, considerazioni, valutazioni esercitate costantemente dai programmatori e da altri soggetti con ruolo decisionale, sulla base di criteri propri o di (presunti) comportamenti del pubblico. Infine, Una volta trasmesso. L'adozione di questa parola è una specificità italiana: altre lingue, altri mercati e altri professionisti hanno infatti compiuto scelte differenti, spesso altrettanto interessanti. In tedesco, il termine è piano, lineare: l'insieme della programmazione è, semplicemente, das Fernsehprogramm, appunto «programma (lista, elenco) televisivo». In inglese la parola usata è Schedule. Ogni lingua e ogni paese sembra così concentrarsi su un solo elemento, che isola alcuni aspetti della forma o del ruolo del palinsesto e solo combinato insieme agli altri ne dà un quadro completo: i termini tedesco, francese e spagnolo mettono in evidenza il risultato, l'oggetto fisso e stabile che si compone al termine delle varie operazioni. Mentre la definizione italiana, inequivocabilmente più articolata e fantasiosa, sottolinea il processo di costruzione dell'oggetto, la sua connaturata mobilità e instabilità, la ricchezza delle scelte possibili e la stratificazione delle con tratti di innovazione e resistenze di modelli superati, sono semmai le forme, i criteri, gli obiettivi della griglia di programmazione. II flusso televisivo appare omogeneo, ma non lo è: presenta anzi, inevitabilmente, «linee di frattura, cesure, segmentazioni che hanno il loro peso nell'attribuire all'offerta stessa una forma e un senso percepibili allo spettatore». La tv è Caratterizzata da una successione di segmenti. Ma se l’idea di flusso in qualche modo nasconde la struttura organizzativa sottostante, l'attenzione ai segmenti, ai pezzi di televisione, rende necessaria la griglia che li mette in fila, il mosaico dove trovano composizione. In relazione alle modalità di fruizione televisiva e ai comportamenti degli spettatori, «con il termine ‘flusso’ si vuole intendere che la programmazione televisiva- sebbene regolata e cadenzata dallo strumento ordinatore del palinsesto, che ‘incasella’ i singoli contenuti secondo criteri di appropriatezza alle diverse fasce orarie della giornata- non si offre alla percezione e all'esperienza degli spettatori come una successione di programmi distinti e separati», cercando piuttosto di costruire un effetto di trasparenza e naturalità. AI tempo stesso, la pianificazione (imperfetta) delle articolazioni possibili del consumo deve conciliare una duplice esigenza: «da una parte si tratta di costruire tutta una programmazione come se lo spettatore potesse seguirla nella sua interezza: occorre quindi articolarla e offrire sollecitazioni continue per prolungare l'ascolto. Dall'altra è necessario tenere conto del fatto che la modalità tendenziale di accesso all'ascolto televisivo di un canale è di tipo random, vuoi per accensione del televisore a programma iniziato, vuoi in seguito alle esplorazioni di canale mediante telecomando». II consumo, e in generale l'emissione contemporanea degli stessi programmi li inserisce nelle pratiche temporali degli spettatori. Il rapporto tra palinsesto e tempo culturale non va letto semplicemente in chiave di rispecchiamento perché il palinsesto è a sua volta una macchina che produce attese, regole, abitudini, rafforzando o contraddicendo quelle già esistenti». Si viene in questo modo a creare un particolare «senso del tempo», che passa dal mezzo televisivo, in modo non dissimile al «senso del luogo» teorizzato da Meyrowitz (1985), e che si articola (semplificando) lungo quattro direttrici distinte, sia pur Strettamente legate tra loro. Una prima direttrice è quella della quotidianità> la televisione, attraverso il palinsesto, entra nelle pratiche quotidiane degli spettatori, e insieme sfrutta questi caratteri per aumentare l'efficacia della sua proposta. La televisione, in rapporto al tempo del quotidiano, allo scorrere delle ore e delle stagioni, segue così due strade principali. Come nella fisica, anche in relazione al tempo televisivo nulla si crea e nulla si distrugge: tutto si trasforma e si contamina. Una seconda direttrice del «senso del tempo» televisivo è quella dell'abitudine e del rituale> il medium, mediante il palinsesto, mette in opera una duplice promessa. Da un lato, garantisce di 5 inserirsi in punta di piedi lungo le giornate e le stagioni, dall'altro, invece, valorizza e mette in evidenza alcuni momenti, dove la trasmissione televisiva di un evento o il contenuto stesso dell'emissione diventano il rituale condiviso da un pubblico certo frammentato e disperso, ma ampio e consapevole: la tv si apre all'imprevisto della diretta, di media events e catastrofi, o più semplicemente diventa l'orologio e il calendario di una nazione, ne scandisce ritmi e fasi salienti. Una terza direttrice è invece quella della varietà e del ritmo+> la temporalità che scorre lungo i palinsesti non è sempre uguale. | contenuti seguono scansioni diverse, hanno un ritmo interno non sempre compatibile con quello che li precede e li segue; e nello stesso tempo le tecnologie consentono un'inedita flessibilità e l'articolazione di tempi molteplici, plurali. Le opere ancora distinte, come i film, le serie, le fiction e altro ancora, inserite nel flusso seguono una «durata costruita», inscritta nella stessa produzione e solo difficilmente modificabile, mentre la maggior parte della programmazione di flusso ha una «durata continua». Infine, un'ultima istanza della dimensione temporale televisiva è quella che passa per la ripetizione, la serialità, persino una certa banalità> la ciclicità non è un mezzo ma il fine, e l'iterazione degli stessi testi e degli stessi moduli è inarrestabile. Il mezzo televisivo e il palinsesto diventano lo spazio della routine. Quello dettato dai palinsesti è (anche) un tempo vuoto, che lo spettatore vuole soltanto riempire con ciò che trova a disposizione: un flusso noioso e banale, ma che in questa stabilità e semplicità ha uno dei più grandi punti di forza. Un tempo senza impegno. Il palinsesto è insieme un PRODOTTO e un PROCESSO: la stessa parola, nell'uso, contiene in sé un oggetto e un'azione. Da un lato, è il risultato di un'operazione di costruzione, scelta, collocazione e pianificazione dei contenuti in una griglia, che trova riscontro in uno o più documenti, in un piano di ciò che verrà trasmesso da una rete televisiva in un periodo preciso. Dall'altro, è l'insieme delle operazioni attraverso cui si arriva all'ultima versione della griglia, che si trascinano a lungo nel tempo, coinvolgono numerosi professionisti e consentono continue cancellazioni e riscritture. Due modalità d’uso e, in fondo, due tipologie di palinsesti. Da una parte, la griglia dei programmi è uno strumento comunicativo: un elenco di titoli e di orari per ciascuna rete, una tabella o un semplice susseguirsi di colonne, reso disponibile allo spettatore televisivo per consentirgli di orientarsi al meglio nell'offerta televisiva. Il palinsesto ha qui una dimensione di pubblicità, nel duplice senso che è pubblico, accessibile facilmente a tutti, e che svolge una funzione promozionale: le guide ai programmi della giornata, della settimana e del mese disponibili su quotidiani e riviste, le pagine di Televideo che dispiegano la programmazione di alcuni giorni, i siti internet delle emittenti e dei bouquet di piattaforma con la griglia oraria, le apps realizzate allo scopo, la guida elettronica ai programmi che appare sullo schermo grazie a un tasto del telecomando sono tutte manifestazioni di un palinsesto usato come guida, 6 come insieme di informazioni utili. Dall'altra parte, invece, la griglia è uno differenti saperi: «da una parte, un specialistico, proprio di chi opera sul versante della produzione e del marketing televisivi e, dall'altra, Un sapere di senso comune, pratico, in grado di orientare ciascuno spettatore nella propria quotidiana fruizione del mezzo». Industria e pubblico hanno strumenti diversi. Da un lato, a livello micro, la pianificazione della griglia collocazione dei contenuti: il posizionamento dei singoli tasselli della programmazione, la scelta di un canale, un periodo, un giorno e un orario adeguati, il dispiegarsi di operazioni tattiche in relazione al comportamento della platea del pubblico televisivo o dei competitors nel mercato. Dall'altro, a livello macro, il palinsesto è anche la definizione dell'immagine complessiva di Una rete: attraverso il comporsi e il ripetersi di tante operazioni più piccole, si delineano un'identità, una linea editoriale, un obiettivo anche economico da raggiungere, in generale un costrutto più grande dei singoli elementi. La o l'altro, e comunque svolgendo insieme più azioni, componendo insieme testualità diverse, cercando insieme vari risultati. Infine, ed è forse la logica conseguenza delle opposizioni precedenti, ma pure un ulteriore elemento di contrapposizione irrisolta, il palinsesto è insieme visibile e invisibile. Un oggetto visibile e portato all'attenzione del pubblico perché messo in evidenza, comunicato, promosso. Ma anche invisibile, perché frutto di un processo autoriflessivo interno all'industria televisiva, che non esce dal backstage. CAPITOLO 2 - Tecniche Barra scompone il palinsesto nei suoi elementi costitutivi per studiare i caratteri e le modalità di costruzione + l'insieme dei materiali testuali che compongono il mosaico della programmazione. Il palinsesto è una sequenza ordinata di programmi e_ altri materiali (contenuto), disposti entro una griglia temporale (forma) secondo differenti logiche (editoriali, commerciali e professionali), mediante l'impiego di apposite tattiche e strategie e sulla base di obiettivi di lungo e breve termine. Si sottolineano in questo modo l'alternanza, l'incrocio e il mescolamento tra testi di differente genere e tipo all'interno della programmazione di una rete, la tabella oraria, giornaliera e stagionale che ospita questi contenuti riempiendosi via via, l'insieme di criteri e decisioni che sottostanno alla composizione, gli strumenti e le scorciatoie utilizzati per raggiungere finalità anche molto diverse. Il primo elemento della definizione «operativa» di palinsesto è 7 televisivo, dall'altro però soltanto di rado, nella griglia di programmazione, si trovano in realtà in forma unitaria. Molto più spesso, compaiono nel flusso scomposti e segmentati, alternati con altri tipi di contenuti, intrecciati tra loro e legati ai testi pubblicitari e promozionali per eliminare ogni soluzione di continuità e riuscire a trattenere il pubblico sulla rete. Più che i programmi, è forse più corretto considerare le singole sezioni dei contenuti come tasselli di base che vanno a comporre il mosaico palinsestuale. In primo luogo, i prodotti televisivi sono suddivisi in sezioni, in «blocchi» caratterizzati o meno da qualche forma di omogeneità tematica o narrativa: ogni programma è frammentato (direttamente a livello ideativo e produttivo, de facto una volta trasmesso, o con una sovrapposizione di entrambe le modalità) in elementi più brevi, modulari e (si spera) consequenziali, così da consentire l'inserimento della pubblicità. Alla scansione interna già prevista nelle scalette e nelle sceneggiature si aggiunge così una divisione esterna data dal necessario innesto e «imbricatura» di promo e spot pubblicitari, e più in generale dall'articolarsi composito del flusso, entro cui l'unità del programma sì «può essere ricostruita sotto forme differenti, talvolta, con qualche precauzione, persino sotto forme contraddittorie», ma è comunque una formazione ex post, di secondo livello. | programmi, poi, tendono a ingaggiare una battaglia diretta con il flusso, andando in modo esplicito a moltiplicare le proprie istanze nel palinsesto: attraverso la separazione delle anticipazioni e anteprime, con uno spostamento in avanti della sigla di testa cui corrisponde il taglio o la «sfumatura» dei titoli di coda; mediante la connessione tra programmi consecutivi, con il primo che «lancia» il secondo (esempio classico è l'annuncio alla fine del Tg della sera dei programmi di prime time); o ancora con la preparazione di riassunti di ciò che è già andato in onda (« previously on...») o di teaser sugli episodi successivi (« nelle prossime puntate») che precedono e seguono i prodotti seriali, consentendo un primo ingresso al pubblico nuovo e insieme facendo da reminder per quello più fedele. La pratica della frammentazione, infine, si è estesa al punto di creare separazioni fittizie interne al testo, come le cosiddette «scomposizioni Auditel», annunci poco visibili della fine di un programma e dell'inizio di quello successivo che si manifestano mentre sullo schermo sembra continuare sempre la stessa trasmissione, realizzati per isolare i momenti di maggiore ascolto, scorporando il resto, e così poter comunicare (al pubblico e agli investitori pubblicitari) risultati migliori. | programmi sono frammentati in moduli o collegati ad altri, segmentando e aggregando il pubblico. Nell'attività di composizione dei palinsesti, gli addetti ai lavori devono poi tenere in conto ancora un aspetto legato ai contenuti, rispettando vincoli e norme di legge che regolano la loro programmazione. La direttiva UE Télévisions sans frontières (1989) e le successive integrazioni, riprese dal legislatore italiano, hanno istituito un sistema di quote protezionistiche, a sostegno della specificità culturale nazionale e a scapito del mercato: oltre all'obbligo di investimento nelle produzioni, ogni rete o gruppo televisivo deve riservare il 50% del suo tempo 10 mensile (calcolato escludendo l'informazione, lo sport, i giochi e la pubblicità) a opere audiovisive europee, rispettando la proporzione nell'intera giornata e nella fascia di maggiore ascolto (18:30 -22:30). Altre leggi, raccolte nel Testo Unico dei Servizi di Media Audiovisivi, impongono l'obbligo di trasmissione per i programmi di emergenza e di pubblica necessità, o stabiliscono il divieto di messa in onda televisiva per i film vietati ai minori di 18 anni e la programmazione, adeguatamente segnalata, di quelli vietati ai minori di 14 solo tra le 23 e le 7 (in entrambi i casi, a meno che siano attivabili accorgimenti tecnici di parental control). Per proteggere i più piccoli, le reti devono controllare attentamente i prodotti mandati in onda in «fascia protetta» (dalle 16 alle 19) e implementare sistemi visivi di chiara segnalazione sui contenuti, come semafori e bollini, tra le 7 e le 23. Altri obblighi ancora sono definiti dal contratto di servizio che regola i rapporti con la Rai, concessionaria di servizio pubblico, o entrano in vigore solo in periodo elettorale, con l'obbligo di trasmettere programmi di comunicazione politica e la complessa disciplina della par condicio. Il secondo tipo di contenuti che si vanno a disporre nella griglia di programmazione è dato dai TESTI PUBBLICITARI= tasselli che arricchiscono il mosaico televisivo e insieme lo sostengono dal punto di vista economico soprattutto per le reti commerciali. La pubblicità non è un elemento di distrazione o fastidio per l'audience, quanto un'interruzione che «non spezza ma punteggia il flusso», capace persino di aggiungere ritmo al palinsesto e di far prendere respiro (e valore) ai programmi. AI palinsesto fatto di testi e appuntamenti si integra in questo modo un palinsesto pubblicitario, che regola l'inserimento dei messaggi nella programmazione di un'emittente, cercando di valorizzare il più possibile ogni spazio e di massimizzare i contatti pubblicitari, e insieme rispettando l'integrità dei programmi e provando a evitare un'emorragia di ascolti almeno in parte inevitabile. L'unità base del testo pubblicitario è lo spot, un messaggio autonomo di breve durata (con un formato standard di 30 secondi e altre pezzature più veloci o più lunghe). Salvo casi eccezionali (quali le rapide pause di una partita di calcio), lo spot è raggruppato in sequenza con altri testi analoghi, a comporre un break, una pausa nella programmazione, un variegato «grappolo pubblicitario». Nella sequenza di spot, attentamente pianificata, le posizioni più prestigiose (e costose) sono in testa e in coda alla pausa, con una particolare importanza della posizione di rigore, il primo messaggio visto anche dal pubblico che ancora non ha fatto in tempo a cambiare canale, e venduto con sovrapprezzo. Un break pubblicitario si può collocare sia nelle naturali pause tra un programma e quello successivo, sia all'interno del singolo programma, con un'interruzione più forte ma, spesso, più efficace per l'investitore, che non acquista solo uno spazio nel palinsesto ma anche una quantità di spettatori presenti sul canale. Talvolta, per impedirne la fuga, in un angolo dello schermo compare persino un'indicazione di durata: è il caso dei grandi show della tv a 11 pagamento, come X Factor, o della pausa tra le anticipazioni e il telegiornale di La7. Se lo spot è la forma più diffusa, la pubblicità trova numerosi altri sbocchi. La sponsorizzazione, o billboard, connette in modo chiaro il prodotto pubblicizzato a un singolo contenuto («questo programma è stato sponsorizzato da») mediante un breve messaggio compreso tra i 5 e i 10 secondi posto all'inizio e alla fine della trasmissione. Altri «inviti all'ascolto» prevedono simili annunci dello sponsor in apertura dei promo o in prossimità dei break (jingle). Molte comunicazioni commerciali sono legate invece non al singolo programma, ma alla rete nel suo complesso: è il caso del diario, che colloca in testa ai break di un'intera giornata una schermata con il marchio della rete entro cui si ritaglia una finestra pubblicitaria tra i 5 e gli 8 secondi; o del 7x7, forma simile, e come la prima sviluppata in origine da Mediaset, ma situata in coda alle pause e ripetuta per sette giorni solo in alcune fasce orarie; o ancora delle farfalle, pacchetti settimanali offerti da Rai, con 7 secondi in cima alla pausa e solo nel prime time. Occupano spazi più ampi nel palinsesto la telepromozione e la televendita. La prima è una presentazione del prodotto di lunga durata, realizzata a margine di un programma, che usa come testimonial il suo conduttore in un altro contesto scenografico o un altro personaggio nella stessa scenografia: uno spazio approfondito e aggiuntivo rispetto ai limiti di incidenza pubblicitaria. La seconda, invece, è spesso un programma vero e proprio, con tanto di sigla e (talvolta) persino di sponsor aggiuntivo: una «finestra di televendita», che può durare da qualche minuto a più di un'ora, dove si presenta un'offerta diretta per l'acquisto di prodotti o servizi. Il panorama pubblicitario è quindi integrato dalla comunicazione sociale, con le «pubblicità progresso» delle organizzazioni senza scopo di lucro, e da quella istituzionale, con le campagne promosse da ministeri e altri organi dello Stato. Non incidono in modo diretto sulla struttura dei palinsesti, ma richiedono comunque apposite segnalazioni e conteggi le sovrimpressioni pubblicitarie che vanno in onda durante i programmi, o la collocazione di marchi e prodotti riconoscibili all'interno degli show con forme quali il product placement e il branded entertainment, mediante le quali gli investitori tornano alle origini, all'investimento diretto nella produzione di spettacoli ad hoc che possano ospitare, in contesti più o meno naturali, i prodotti da promuovere. Come sui programmi, anche sulla pubblicità il legislatore è intervenuto abbondantemente, fissando regole, paletti e vincoli sul peso che gli spot devono occupare in palinsesto. | messaggi pubblicitari devono essere chiaramente riconoscibili come tali, separati e distinti dal resto dei programmi da scritte apposite e altre modalità grafiche. Per ogni ora di programmazione è quantitativamente predefinito il numero di minuti che possono essere dedicati alla pubblicità. Il mosaico televisivo, infine, include tra i contenuti del palinsesto anche una ricca e complessa serie di contenuti promozionali e autopromozionali: paratesti che raccontano la rete e i programmi, sintetizzandone in poche decine di secondi gli elementi di interesse e di maggiore appeal; testi che si collocano negli interstizi del palinsesto e che sono 12 particolari categorie di pubblico. Il grande ruolo giocato dall'abitudine, vincolo che guida le collocazioni dei materiali nella griglia di palinsesto, non sono solo le consuetudini dell'audience ma anche quelle degli addetti ai lavori. La forma del palinsesto rispecchia il tempo. Una prima scansione rilevante riguarda quella che suddivide l'anno televisivo in “STAGIONI” = lassi temporali di lunghezza differente che presentano caratteri, ruoli e funzioni distinte. 2 periodi dell'anno piuttosto lunghi sono definiti “garanzia”, ovvero i momenti in cui la platea degli spettatori è più numerosa e presente davanti agli schermi (grandi eventi, produzioni costose, programmi di punta). Sulla base di questi periodi che vengono studiati i lanci e le collocazioni dei titoli più importanti, per massimizzare i risultati e aumentare gli ascolti. La stagione autunnale è il periodo più importante dell'anno durante il quale si concentrano le produzioni originali, gli show di prima serata, le fiction ed altri programmi che garantiscono buoni risultati dal punto di vista degli ascolti. La stagione primaverile presenta contenuti originali in modo da confermare i risultati della stagione precedente (per la RAI la garanzia della stagione è il Festival di Sanremo in quanto le altre reti non contrastano in modo efficace il festival). Il periodo compreso tra dicembre e gennaio lascia spazio ad eventi speciali legati alle festività natalizie e al Capodanno. La stagione estiva è considerata la bassa stagione della tv durante la quale vengono trasmesse repliche di film e serie televisive andate in onda durante l’anno. Un secondo lasso di tempo in cui il palinsesto richiama le temporalità sociali è la SETTIMANA che si divide in programmazione feriale (dal lunedì al venerdì) composta dagli stessi appuntamenti quotidiani che restano sempre costanti e in programmazione festiva (sabato e domenica) che tiene conto della presenza davanti agli schermi di un pubblico almeno in parte diverso fuori dalla routine lavorativa settimanale. La singola giornata al suo interno di divide in base alle abitudini del pubblico, in una scansione di differenti fasce orarie in base ai ritmi del lavoro e al tempo libero. Sono proprio i modi di visione a rafforzare, confermare o talvolta imporre un certo ritmo nel corso di ogni giornata andando a definire l'andamento delle scansioni del palinsesto. Possiamo dividere la giornata in 3 grandi parti: il daytime che va dal mattino al preserale, il prime time serale e il night time. Il daytime feriale ha appuntamenti fissi ed uguali ogni giorno, sempre collocati alla stessa ora. In alcune parti della giornata gli appuntamenti sono tanto forti da esondare nel weekend: non solo telegiornale, ma quiz e i game show sono in onda dal lunedì alla domenica senza interruzioni. Un secondo settore è costituito dal prime time che propone i contenuti più pregiati e costosi del canale a cadenza settimanale come fiction o film. La fascia mattutina si divide in 2 parti: la prima legata al risveglio, alla colazione e alla partenza per il lavoro popolata da appuntamenti informativi e programmi brevi, la seconda invece è destinata a chi resta a casa con 15 narrazioni seriali e talk al femminile. Segue la fascia mediana con il ritorno da scuola per bambini e ragazzi e la pausa pranzo: vanno in onda programmi di cucina e l'edizione del telegiornale. La fascia pomeridiana propone un'articolata offerta per differenti segmenti di pubblico dai contenitori informativi ai programmi lifestyle, dai telefilm per adolescenti ai film rivolti ad un'audience più matura. La fascia preserale è quella in cui la platea degli spettatori aumenta rapidamente con il ritorno a casa dal lavoro e di conseguenza vengono mandati in onda programmi brevi che consentono in facile ingresso nel flusso tv. Questa fascia si chiude con l'edizione principale del telegiornale e con si apre la fascia prime time in cui ogni rete schiera un appuntamento fisso capace di entrare nelle abitudini di ascolto di larghe fette di audience. La prima serata costituisce il piatto forte della programmazione di ogni giornata con una proposta di contenuti e generi differenti nel momento in cui tutta la famiglia si trova riunita davanti al televisore. In questa fascia si concentrano i maggiori investimenti della rete e trovano spazio programmi importanti e pregiati. A seguire la seconda serata in cui il pubblico torna a ridursi e si fa più maschile dove si collocano approfondimenti informativi e programmi comici, ma anche film e serie tv. Infine, la fascia notturna chiude la giornata e accompagna fino al mattino con una programmazione fatta di repliche e prodotti seriali d'archivio per una platea che si riduce al minimo. Un ruolo cruciale nell'identità del palinsesto è svolto da molteplici LOGICHE che regolano l'inserimento del contenuto nella forma e la collocazione di materiali compositi entro le rigide strutture della griglia temporale. Le logiche vanno dunque a definire i criteri, le motivazioni e gli obiettivi secondo cui sono operate determinate scelte di posizionamento e collocazione. Le logiche si possono suddividere sulla base della prevalenza di una dimensione comunicativa legata ai prodotti e alla costruzione di un'identità coerente (logiche editoriali) o di una dimensione economica che privilegia il rispetto dei budget e la massimizzazione dei ricavi (logiche commerciali) o ancora una dimensione organizzativa e produttiva entro cui le esperienze, le routine e le abitudini degli addetti ai lavori si compongono a configurare un orizzonte di obiettivi (logiche professionali). - LOGICHE EDITORIALI > interpretano la griglia di comunicazione come uno strumento comunicativo, un macrotesto che raccoglie contenuti eterogenei e li propone agli spettatori. L'inserimento di un programma nel palinsesto è un'operazione complessa per una tv di servizio pubblico e bisogna valutare attentamente il punto di vista editoriale per impedire una disomogeneità con la rete. La redazione di una griglia di palinsesto è un'attività continua, sempre attiva, potenzialmente indefinita che lascia tracce profonde in quanto permane per le stagioni successive. Le logiche editoriali non sono un gruppo di regole stabili e fissate, ma un magmatico insieme di operazioni a livello macro o dalla portata più ridotta e difficili da ricondurre entro qualche categoria. 16 Le emittenti di servizio pubblico provano con apposite politiche editoriali a massimizzare l'accesso e la varietà di contenuti ponendosi in posizione complementare al resto dell'offerta cercando riequilibrarla. Diversamente la tv commerciale opera secondo logiche di massimizzazione dell'ascolto al fine di raggiungere gli audience prefissati per pagare gli spot acquisitati dagli inserzionisti. La tv a pagamento, invece, presenta maggiori specificità in quanto cerca la massimizzazione degli abbonati, degli spettatori disposti a pagare per ricevere il segnale e accedere all'offerta. Un palinsesto può pertanto essere ampio e poco profondo se si rivolge al pubblico generalista oppure può puntare sulla specializzazione rivolta a tutti o a una nicchia particolare (tematico) o ancora lavorare sulla focalizzazione di un target proponendo contenuti variegati o di un solo genere (segmentato). A queste forme si integra il palinsesto personalizzato dell'on demand. Un numero consistente di emittenti scegli la strada del generalismo cercando di aggregare l'audience più che di dividerla proponendo palinsesti ricchi e vari che vadano incontro a ogni esigenza e che sollevino il minor numero di obiezioni possibili. Una delle strade con cui ottenere un tale risultato è la composizione di palinsesti ricchi e variegati, dove differenti generi e modalità di produzione trovano un equilibrio soddisfacente. Lo step cruciale nella definizione della programmazione è costituito dal palinsesto settimanale che contiene i titoli pressoché definitivi e consente spostamenti dovuti a possibili imprevisti. Per tv tematica possiamo intendere una molteplicità di emittenti accomunate dalla posizione laterale e complementare rispetto ai grandi network. Coagulano un interesse di nicchia e si rivolgono ad un target definito proponendo una programmazione variegata. | palinsesti sono forse più monotoni, ma presentano un alto grado di varietà interna articolando topic e generi in un ampio numero di sottocategorie e declinazioni. Un passaggio fondamentale per le reti telematiche è il palinsesto mensile, in cui sono definiti nel dettaglio le risorse utilizzate, i contenuti inediti e quelli riproposti. - LOGICHE COMMERCIALI > mettono in relazione la propria offerta alla domanda del pubblico e si confronta con la competizione delle altre reti in un mercato complesso. Assume un ruolo di rilevanza il marketing televisivo che con i suoi concetti e strumenti e aiuta a dare scientificità alle operazioni sul palinsesto. L'ascolto televisivo è schematizzato in modo da consentire una faciale appropriazione e utilizzo da parte degli addetti ai lavori > la rilevazione del dato audiometrico in Italia è registrata partendo da un campione statistico e attraverso un meter collegato con il televisore. Attraverso il confronto con i dati di ascolto le logiche commerciali seguono la costruzione del palinsesto cercando di renderlo redditizio da un lato e dall'altro cercando di massimizzare i ricavi. 17 consente di eliminare la pausa pubblicitaria presente tra 2 contenuti, in modo da non fermare la messa in onda, che fluisce tra i 2 testi con una transizione quasi inavvertita dallo spettatore. L'hot switch è l'accorciamento dei titoli di coda per risparmiare tempo e passare al contenuto successivo. Il cold roll è l'inserimento della sigla di testa solo dopo un primo blocco che coinvolga lo spettatore. Gli strumenti adottati nella dimensione orizzontale del palinsesto, hanno l'obiettivo di mantenere stabili giorno dopo giorno le abitudini degli spettatori offrendo continuità nella griglia di programmazione settimanale > lo stesso programma con puntate differenti occupa ogni giorno la stessa fascia oraria e crea abitudini di visione che fidelizzano l'ascolto. Si identifica come controprogrammazione l'offerta di una proposta alternativa e differente rispetto alle emittenti direttamente concorrenziali > nella stessa collocazione di un contenuto altrui, il canale offre un programma diverso per genere colpendo fasce differenti di pubblico. L'antiprogrammazione, invece, è la proposta della rete del tutto analoga a quella del competitor portando 2 programmi dello stesso genere allo scontro. CAPITOLO 3 - Storie Barra esplicita la natura specificatamente nazionale del palinsesto per poi tracciare una dettagliata ricostruzione della vicenda italiana. Le definizioni e le regole, le strategie e le logiche attraverso cui si costruiscono i palinsesti sono applicabili a quasi tutti gli scenari televisivi, o almeno vi possono essere adattati senza troppi sforzi nelle linee generali. Oltre agli elementi comuni, dalle griglie della programmazione emerge però forte anche uno specifico nazionale, legato ai singoli mercati e alle differenti culture. Ogni programma importato è inserito nel contesto della programmazione e, come risultato, la sua identità culturale è alterata in modo significativo. | fattori che rendono specifica ogni televisione nazionale sono prodotti e riprodotti entro il processo dinamico della costruzione dei palinsesti». satellite. La costruzione dei palinsesti diventa pertanto un documento sedimentato delle abitudini televisive della nazione, che non solo aggiunge un'interpretazione ai contenuti importati ma innerva nel profondo le identità delle reti e le logiche dei professionisti. Se la storia della televisione è in gran parte nazionale, con volti, titoli di programmi e nomi di reti che solo di rado significano qualcosa una volta passata una frontiera, nonostante alcuni tentativi dall'impianto transnazionale o europeo, allo stesso modo una «storia sociale del palinsesto» che si concentri sulle reti, sulle griglie di programmazione e sulle attività di confezionamento dei programmi deve necessariamente limitarsi al piano nazionale, pur senza trascurare le influenze incrociate nei modelli e le vicendevoli ispirazioni. 20 1. Un palinsesto alla prova: la tv dei primi anni La televisione italiana nasce il 3 gennaio 1954, e pertanto a quella data risale anche il primo palinsesto «ufficiale», proposto a un pubblico ancora di dimensioni piuttosto ridotte. Non a caso, le trasmissioni cominciano di domenica, giornata di riposo, perfetto per accogliere un insieme continuo di programmi e una quantità di ore superiori rispetto a quella che sarà la norma di questi primi anni: dopo l'inaugurazione degli studi e delle infrastrutture distributive, alle 14.30 va in onda Arrivi e partenze, condotto da Mike Bongiorno; seguono film e cortometraggi, programmi musicali, sportivi, una commedia di Goldoni e un documentario su Tiepolo; alle 20.45, il telegiornale. Se la prima giornata di televisione fluisce quasi senza soluzione di continuità, non così sarà però di lì in avanti. Fin dalla prima settimana, infatti, emergono chiare due distinte «partenze» del palinsesto, a definire due blocchi della giornata in cui si inserisce la proposta della neonata tv: una prima partenza alle 17.30, con una programmazione per ragazzi di un'ora o poco più fatta di documentari, cartoni animati e cortometraggi; e una seconda partenza alle 20.45, con il telegiornale che apre la strada per le trasmissioni della serata. seguito da film e concerti, teatro e rivista, quiz e rubriche. La domenica gli orari si allungano, con la Messa e i programmi religiosi al mattino e una programmazione variegata che ricomincia alle 14.30. Lo schema delle prime settimane non è ancora preciso, si tratta di un tentativo ancora dubbioso, sperimentale, con generi e programmi spesso giustapposti, ma già con l'indicazione chiara di una volontà di inserirsi nelle abitudini di vita quotidiana dei telespettatori, e in generale nella vita del paese. Negli anni e nei mesi precedenti il fatidico 1954, erano già comparse griglie di programmi, elenchi di titoli e attrazioni. Si tratta però, più che altro, di strumenti operativi, di esperimenti, di riempitivi funzionali a testare la tecnologia e a ipotizzarne prime possibilità di utilizzo. Nell'aprile 1953, in occasione della XXXI Fiera di Milano, la Rai presenta il nuovo mezzo, offrendo ai presenti un assaggio delle sue capacità produttive e di ripresa diretta, compreso un Tg ancora sperimentale alle 21. Negli stessi anni, il direttore dei programmi Sergio Pugliese, stila alcune bozze di palinsesto dove emergono chiaramente sia la finitezza della programmazione quotidiana. I primi palinsesti risentono in modo chiaro dell'influenza, di altri mezzi di comunicazione. In primis, ovviamente, la radio, con cui la neonata televisione condivide il modello di broadcasting e la continuità, con una radio ancora prevalentemente di programmi ed appuntamenti settimanali, cosi come la diretta, dovuta a ragioni tecniche. Accanto al modello radiofonico, anche altri media incidono inoltre, in misura consistente, sulla composizione dei primi palinsesti. È il caso del cinema, che non soltanto si inserisce nelle giornate televisive con alcuni film spesso datati, ma fornisce un ottimo esempio di giustapposizione e alternanza di contenuti testuali differenti: e così, soprattutto in questa prima fase, i palinsesti televisivi somigliano proprio a una giornata cinematografica del 21 tempo: lo spettacolo, il documentario, l'informazione, e poi di nuovo spettacolo. Infine, la scansione settimanale e la varietà delle attrazioni richiamano, sia pur indirettamente, i ritmi del rotocalco. La presenza di fonti di ispirazione negli altri media non deve però lasciare in secondo piano le specificità della griglia e delle scelte di programmazione televisiva, che è confermata dall'adozione di un termine specifico, palinsesto!, a sancire insieme la classicità e la novità di queste operazioni. Nei primi anni della televisione, numerose incertezze e ingenuità di composizione possono portare a rilevare come manchi ancora un vero e proprio palinsesto concepito come progetto, come strategia dell'offerta, al tempo stesso, però, anche questo strumento si qualifica parte integrante di un più ampio sviluppo di un progetto pedagogico di stampo cattolico. L'istanza educativa e culturale della televisione passa così attraverso l'accurata «gestione di magazzino» che mette in collocazioni di risalto contenuti anche non di forte impatto; attraverso una «grande contrattazione a distanza» con il pubblico sui tempi di utilizzo della televisione e sulla ritmicità degli appuntamenti. La composizione dei palinsesti è così il risultato di spinte talora contraddittorie. Innanzitutto, il palinsesto è (almeno relativamente) statico. L'elaborazione è spesso lunga e articolata, ma il risultato è stabile. La griglia è compilata ogni tre mesi e segue una struttura rigida, fissa, caratterizzata da una certa omogeneità e ripetitività nelle proposte. Ogni giornata è composta da un insieme di sequenze, che vanno a comporre un palinsesto a incastro, strutturato per blocchi separati e ben distinguibili tra di loro. Proprio i blocchi definiscono poi un palinsesto discreto, che presenta un susseguirsi di pieni e di vuoti, di momenti di accensione e di spegnimento. La sequenza pomeridiana, rivolta ai ragazzi, si chiude con una pausa dalla programmazione, mentre l'offerta serale per gli adulti termina scollegando il segnale fino al tardo pomeriggio successivo. La sospensione è esplicita e segnalata, così come sono chiare le cesure tra i differenti contenuti, in modo da guidare lo spettatore attraverso accostamenti non sempre naturali. Anche i giorni festivi, mantengono la stessa finitezza. Il palinsesto dei primi anni è basato su appuntamenti variegati e anch'essi piuttosto stabili. Ogni giorno presenta titoli e generi distinti, mentre gran parte delle rubriche ha una singola occorrenza settimanale, alla ricerca di un'impressione di ricchezza e varietà. AI tempo stesso, il palinsesto osserva un calendario regolare: il pubblico sa che in quel determinato giorno della settimana, a quella determinata ora, c'è una commedia; ma si tratta di uno spettacolo ogni volta diverso, alle variazioni nei contenuti corrisponde la regolarità di impaginazione. Nel corso degli anni Cinquanta si impongono le collocazioni storiche dei singoli generi, destinate a durare per decenni e a diventare quasi proverbiali: il film del lunedì, il quiz del giovedì, la prosa del venerdì, il varietà musicale e lo sceneggiato nelle serate del fine settimana, e così via. In alcuni casi, queste collocazioni sono il risultato ! remoto termine filologico, che indica il libro nel quale la scrittura cristiana copre una cancellata opera pagana 22 televisione non è nato con un carattere nettamente distinto da quello attuale; il secondo canale non sarà, cioè, riservato a una cerchia più o meno ristretta di spettatori. Emerge da subito una logica unitaria, che considera le due reti come singole pedine di un progetto complessivo e porta a un palinsesto complementare. Già nel 1961, così, la domenica prevede una trasmissione culturale sul Programma Nazionale e uno spettacolo di varietà sul Secondo, un film e uno spettacolo di prosa al lunedì. Più che di un vero doppio canale, il Secondo Programma porta a un «monocanale a due vie», a un'offerta singola che per una parte ancora molto limitata della giornata si sdoppia con una programmazione che resta spesso ancillare. Se la seconda rete si presta a lanciare film d'autore, programmi di nicchia o rivolti ai giovani, da un lato preserva le ormai abituali collocazioni dei generi nelle serate del primo canale, e dall'altro impedisce sempre lo scontro tra due programmi forti, collocando con cautela ogni sera un programma popolare e una scelta alternativa meno importante. Più che verso un maggiore pluralismo, tende a schierare il pubblico di massa da una parte e di nicchia dall'altra, ponendo la seconda rete in uno stato di subalternità rispetto alla prima. | primi anni Sessanta vanno nella direzione di un costante accentramento, che trova nel palinsesto il cardine di un sistema coeso di gestione aziendale e di controllo dei suoi contenuti. Un primo tassello è il telegiornale che risulta diviso in un primo momento in due testate sui due canali, nel 1963 è unificato: la redazione è la stessa, e il Tg del Secondo Programma diventa un semplice bollettino, spesso impiegato per dare le notizie più scomode. Snodo cruciale del sistema di Bernabei è però la creazione, sempre nel 1963, di un Comitato centrale per la programmazione, cui si affiancherà nel 1966 la Direzione per la programmazione: la costruzione del palinsesto è isolata come una funzione separata (e accentrata). L'organismo ha il compito di distribuire i programmi già pronti tra i due canali, costruendo le serate televisive e decide la collocazione dei singoli programmi. Una singola struttura decisionale che visiona tutto, approva, censura, e decide i ‘palinsesti’ settimana per settimana, diventa il fulcro dell'azienda e del suo potere. Il palinsesto non è più uno strumento tutto sommato neutro, ma è interpretato come l'architrave di un progetto centralizzante che darà forma alle due reti Rai per un decennio. Esso diventa un potente strumento che consente all'azienda, mediante scelte semplici e solo apparentemente tecniche, di orientare e manipolare l'ascolto televisivo a suo piacere. Questo porta a strategie molteplici. Un primo fattore è costituito dalla gestione del magazzino. Data la perdurante separazione, sia dal punto di vista temporale sia da quello delle professionalità coinvolte, tra le fasi di ideazione del programma, di esecuzione e poi di messa in onda, la sola realizzazione di un contenuto non è garanzia della sua trasmissione, o comunque di una collocazione in palinsesto opportuna ed efficace. Quest'area grigia è il campo 25 delle grandi manovre dei programmatori, un serbatoio utile per comporre varie possibili serate con ampi margini di discrezionalità. Il secondo fattore, in un sistema con due reti, è costituito dalla scelta del canale. La presenza di due possibili sbocchi permette al servizio pubblico di schierare due programmazioni complementari, spesso con un contenuto forte affiancato da un genere più debole. La selezione del Programma Nazionale o del Secondo Programma, pertanto, diventa un altro elemento volto a potenziare o a disinnescare il singolo titolo. Un terzo fattore è costituito dalle decisioni sulla collocazione, sul giorno e sull'orario di messa in onda, vale a dire lo spazio e il peso che gli si vuole dare. Un quarto fattore è costituito dall'alternativa, vale a dire dalla competizione (spesso volontaria) che un programma subisce da ciò che va in onda sull'altro canale. Attraverso il combinato disposto di queste strategie, si può ritagliare un pubblico di un certo tipo e dimensione per ogni programma, relegare o rimandare i programmi scomodi, o quantomeno graduare l'introduzione di temi e linguaggi nuovi. Il palinsesto può diventare il campo di una battaglia interna che vede scontrarsi diverse istanze culturali e politiche, uno strumento in mano a pochi e ancora più pericoloso perché generalmente poco considerato nel discorso pubblico: «i programmatori sanno che, attraverso il gioco degli orari, dei canali, delle alternative, possono dimezzare il pubblico di un programma. Da un lato, così, il palinsesto è utilizzato come arma e come strumento di controllo culturale e politico; dall'altro, invece, alle abitudini radicate nel pubblico corrispondono altre consuetudini degli addetti ai lavori che, insieme a una certa «pigrizia dei programmisti», rendono i palinsesti delle due reti ancora più formulaici, banali e prevedibili, ruotando «intorno ad alcune modeste varianti». Nella seconda metà degli anni Sessanta, si decide di sfasare in parte l’inizio delle trasmissioni di prima serata sui due canali, così da consentire al pubblico un passaggio più agevole tra le due proposte: un piccolo triangolo o alcune freccette, primi esempi di segnaletica visiva, indicano l'inizio di un nuovo programma sull'altra rete. Carosello resta il cardine della pubblicità televisiva, ma gradualmente gli sono affiancate altre rubriche di spot, ciascuna con una sigla, una collocazione precisa e l'elenco dei marchi reclamizzati pubblicato sul «Radiocorriere». La variazione più importante all'interno di palinsesti sostanzialmente stabili per struttura è però il progressivo allargamento delle trasmissioni a nuove fasce orarie. Nel 1967, la prima parte della Tv dei ragazzi si separa e viene chiamata Per i più piccini, con mezz'ora di rubriche e programmi ad hoc, facendo slittare più avanti il termine della sezione dedicata agli adolescenti. A partire dal 15 gennaio 1968, subito dopo una mattina saldamente in mano alle trasmissioni scolastiche e ad altri programmi cuscinetto), comincia una fascia ulteriore di trasmissioni, detta Meridiana e compresa tra le 12.30 e le 14 (nei giorni feriali) o le 14.45 (in quelli festivi). Programmi, documentari e rubriche di servizio sono completati, alle 13.30, da una nuova edizione del telegiornale. Il palinsesto, con l'eccezione della 26 domenica, resta sequenziale, fatto di momenti accesi e spenti, ma si amplia di qualche ora, e lo stesso avviene sul Secondo Programma, che comincia le trasmissioni tra le 18.30 e le 19. 3. Un palinsesto in fermento: la riforma e le tv locali Nei primi anni Settanta, il sistema televisivo che ha retto per almeno un decennio fatica a resistere alle molteplici spinte interne ed esterne, e i palinsesti e la programmazione ne risentono direttamente. Le griglie di messa in onda emergono come risorsa strategica non solo dal punto di vista culturale e politico ma anche da quello economico e competitivo, sono strumenti fondamentali per l'ottimizzazione dei costi e la diversificazione dell'offerta. Nel giro di una manciata di anni, infatti, il servizio pubblico non più monopolista dovrà affrontare tre diversi tipi di concorrenza: quella interna alla stessa Rai quella con l'emittenza privata su base locale (prima via cavo, poi via etere), e infine quella con un'offerta privata strutturata in network a livello nazionale. Nel 1971, l'ex regista Rai Peppo Sacchi registra in tribunale la testata di TeleBiella, che trasmetterà via cavo in ambito locale fino alla sua chiusura nel 1972: il suo palinsesto, in una prima fase, richiama i tempi e le strategie della Rai, sia pure declinate in una «tele-cortile», ma con aperture al mattino e nella seconda serata. Negli stessi anni, varie emittenti straniere cominciano a irradiare il loro segnale sul territorio italiano, proponendo palinsesti alternativi che si servono di altri linguaggi e colonizzano differenti temporalità, spesso anche con l'ausilio di un colore che, pur disponibile dal 1972, è bloccato in Italia fino al 1977. Nel 1974, la sentenza n. 225 della Corte Costituzionale sancisce il diritto a diffondere e a ricevere programmi esteri sul territorio italiano, e dal giugno 1975 persino il «Radiocorriere» si adegua e pubblica i palinsesti delle reti straniere. La sentenza successiva della Corte, consente invece di trasmettere via cavo, purché in ambito locale. |l 14 aprile 1975, è approvata la cosiddetta legge di «riforma Rai», destinata a produrre modifiche profonde nell'impresa di servizio pubblico, dal punto di vista dell'organizzazione come della composizione dell'offerta. Il controllo sulla Rai passa dal governo al parlamento e diventa oggetto costante di una complessa spartizione di cariche e poteri che prende il nome di «lottizzazione». La prima novità rilevante anche per i palinsesti è la divisione formale tra le due reti (ora chiamate Rete 1 e Rete 2) e tra le due testate giornalistiche (Tgl e Tg2), che moltiplica le poltrone e insieme instaura un nuovo tipo di dialettica, interna al singolo canale (tra il direttore di rete e quello di testata) come tra i due canali. La riforma costringe a ripensare la relazione tra i due canali, che non può più essere di complementarietà nell'offerta e di alternativa nei palinsesti, ma deve trovare altre strade. La riforma costringe a ripensare la relazione tra i due canali, che non può più essere di complementarietà nell'offerta e di alternativa nei palinsesti, ma deve trovare altre strade. Se da un lato la moltiplicazione dei centri decisionali e la mancanza di coordinamento 27 Nei primi anni Ottanta, Canale 5 deve affrontare due importanti vincoli strutturali nel suo tentativo di presentarsi (e poi di imporsi) come network su scala nazionale: ma saranno proprio le risposte originali a questi vincoli, sia pure sempre «sul filo del rasoio», a contribuire al successo della rete e a definire in modo chiaro la sua identità e la sua programmazione. Un primo limite è dato dall'impossibilità, a norma di legge, di collegare tra loro più emittenti locali in modo diretto, mandando così in contemporanea le stesse trasmissioni e (di fatto) creando un'unica rete nazionale. La soluzione trovata consiste nel cosiddetto «pizzone», un insieme di cassette preregistrate contenente in ordine rigoroso tutti i programmi della rete, comprensivi di pause pubblicitarie. Le emittenti locali, una volta ricevuto il «pizzone», lo trasmettono in orari identici, ricostruendo ex post la contemporaneità negata dal legislatore. Le reti affiliate diventano in questo modo i distributori di un unico palinsesto preconfezionato su cassetta, mandato in onda contemporaneamente (salvo errori e fraintendimenti) su larga parte del territorio nazionale. Canale 5, e in generale la televisione commerciale in questa prima fase, è così senza diretta, basata su contenuti registrati anche molto tempo prima. La reazione a questo limite diventa però un punto di forza nei primi anni dei network, con un'americanizzazione dei contenuti e dei modelli distributivi che si rivela presto un tratto altamente distintivo: la tv commerciale è in differita con l'America. la scansione dei palinsesti segue un ritmo stabile ed estremamente chiaro, con appuntamenti fissi, facili da ricordare» che si ripetono «ogni sera, alla stessa ora. La schematicità obbligata diventa un punto di forza, anche nella comunicazione, per gestire al meglio la ricchezza dei contenuti di provenienza statunitense: milioni di telespettatori trovano ogni giorno nei programmi di Canale 5 i migliori film della Twenty Century Fox, della Metro Goldwin Mayer e delle altre case più prestigiose; le grandi serie di telefilm alla testa delle classifiche di ascolto americane; le ‘news’ da tutto il mondo della CBS, della NBC e della ABC; i grandiosi ‘specials’ di sport, musica, storia, economia, cultura. L'americanizzazione opera quindi al livello dei contenuti, a quello dei linguaggi e soprattutto a quello dei modelli produttivi e gestionali. Nella sua prima fase americana, Canale 5 impiega così un palinsesto rigido, percorso da ritmi costanti, che possa ottenere la simulazione della diretta con la messa in onda in contemporanea dei programmi e trovare la sua forza nella ripetizione che, riproponendo gli stessi programmi, identifica la rete. La griglia di programmazione è strutturata in orizzontale, con appuntamenti quotidiani che si ripetono stabili ogni giorno, mattino, pomeriggio e sera; solo dopo qualche tempo il prime time tornerà invece a una periodicità settimanale, con serate distinte tra loro quanto a generi e contenuti. Un'ulteriore necessità della televisione commerciale, costitutiva al suo modello di business, è data dalla presenza forte degli spot: un vero e proprio boom della pubblicità crea una domanda ampia, che le private riescono a soddisfare. Le interruzioni non si limitano agli spazi tra i programmi, come nella Rai post-Carosello, ma si inseriscono al loro interno, in apposite pause che mescolano differenti tipologie 30 di contenuto: in Rai, il momento pubblicitario è estraneo al testo: per essere accettato deve essere in qualche modo esorcizzato, messo tra parentesi, annunciato. È il momento del ‘falso’ che irrompe nel flusso del ‘reale’. Nelle private al contrario c'è un'estetica dell'artefatto. Canale 5 diventa così una fucina di sperimentazioni sul palinsesto, in parte adottando le strategie della televisione commerciale americana e adattandole per il contesto italiano, e in parte trasformando la programmazione in una tecnica precisa, fatta di studio del pubblico, di consuetudini e di un insieme di regole tra loro coerenti. L'unità di misura del palinsesto commerciale è il giorno, un modulo fatto di appuntamenti fissi che si ripetono costanti tutti i giorni della settimana: la logica della striscia, già sperimentata in Rai, è qui portata alle estreme conseguenze, con un accorto sfruttamento della serialità per creare abitudini di ascolto e fedeltà del pubblico. Quello di Canale 5, con l'eccezione del fine settimana, è pertanto un palinsesto quasi interamente fatto di ripetizioni costanti ogni giorno. Costruire un palinsesto quotidiano costringe inoltre a tenere conto dei flussi dell'ascolto, imponendo logiche di trascinamento verticale del pubblico da un programma al successivo, accostando titoli simili e procedendo per omogeneità tematica in una programmazione comunque uniforme, fatta di film e serie. Un cardine del palinsesto commerciale è l'accorta gestione del magazzino, che non è più lo spazio del dolce oblio per un surplus di programmi scomodi, ma una risorsa da sfruttare a fondo. Se la rete è costretta a servirsi prevalentemente di un repertorio fatto di film, telefilm, soap opera, la sua realtà è il magazzino. È il magazzino che costruisce l'immagine della rete. Grazie alle strategie e alle tattiche del palinsesto, anche per lo spettatore «la cosa consumata tende a essere non più (o, per meglio dire, più raramente) il singolo prodotto, cioè quel dato film o telefilm o cartoon, ma il sistema stesso, del quale i titoli dei programmi determinati costituiscono semplice materiale da costruzione. L'identità e il carattere della rete, attraverso la sua griglia, contano di più. A comporre il magazzino delle reti private sono innanzitutto i film, grande ricchezza ed elemento di richiamo per una programmazione che si contrapponeva alla Rai, che lasciava spazio al genere quasi solo al lunedì (sulla prima rete) e al martedì (sulla seconda). Canale 5 diventa forte anche grazie all'acquisto di pacchetti cinematografici da distributori nazionali e internazionali. | telefilm, categoria che racchiude generi differenti, dal drama alla sitcom, dalla soap opera alla telenovela, e i cartoni animati costituiscono gli altri due generi forti che innervano le reti in una grande abbuffata. A partire dal marzo 1981, Canale 5 trasmette Pomeriggio con sentimento, raccolta di film melodrammatici, spesso in bianco e nero, collegati tra loro più dal tono comune e dal simile pubblico potenziale che da connessioni contenutistiche. Politiche di palinsesto analoghe valgono per le serie televisive e per le telenovelas, programmate a striscia e talvolta trasformate in eventi, usate come leva strategica di opposizione rispetto alla Rai (per esempio contro i telegiornali) e abbondantemente replicate. | cartoni animati, invece, trovano spazio entro alcuni contenitori come Bim Bum Bam 31 (1982-2001), con pupazzi e conduttori che tracciano un fil rouge entro un'animazione in gran parte di origine giapponese. Canale 5 è poi l'apripista per un'altra grande innovazione di palinsesto, l'ampliamento della messa in onda regolare in orario mattutino. A partire dal 5 ottobre 1981, con evidenti finalità commerciali e di radicamento nelle abitudini domestiche, alle 8.30 comincia Buongiorno Italia, un composito contenitore di telefilm, film, cartoni animati, rubriche, veri e propri programmi. Non avrà una vita lunga, ma l'allargamento mattutino della programmazione si rivela strategico, ed è rafforzato, l'anno successivo, da un altro gioco a premi: Il pranzo è servito (1982-1992), condotto da Corrado. Le strategie e le scelte di posizionamento di Canale 5 non sono però isolate: il network si trova infatti a confrontarsi su un duplice terreno, da un lato con il servizio pubblico della Rai che è comunque in una posizione di forza, e dall'altra con le altre televisioni private che stanno tentando di trasformarsi in network su scala nazionale. Il 3 gennaio tocca a Italia 1, dell'editore Rusconi; il 4 gennaio a Retequattro di Mondadori; il 10 marzo al circuito EuroTv di Calisto Tanzi (che diventerà Odeon). Il panorama televisivo si affolla, e così il palinsesto si trasforma in un campo di battaglia, con una logica agonistica e competitiva fatta di grandi strategie e di piccoli sgambetti; in una «guerra del palinsesto» più o meno occulta: dall'anticipazione di pochi minuti rispetto al programma delle reti concorrenti all'assalto alla «terra di nessuno» del mattino e del primo pomeriggio, dal «cordone» di programmi simili messi in sequenza all'adescamento del pubblico, dagli spostamenti strategici e improvvisi di trasmissioni già annunciate alle ripetizioni dei contenuti. La guerra di tutti contro tutti prosegue per qualche anno, con notevole spreco di risorse ma anche lo sviluppo e l'applicazione pratica di strumenti palinsestuali sempre più ricchi e complessi. Il contrasto tra Canale 5 e la Rai, che prosegue sottotraccia fin dalla partenza della rete privata, tra furti di professionalità e attacchi diretti, trova un simbolo nelle vicende di Dallas, che in un primo momento, nel febbraio 1981, approda in Rai, sulla Rete 1. Gli episodi della serie, trasmessi in numero esiguo e in ordine sparso, non incontrano il successo sperato, ma Berlusconi ne coglie le potenzialità, acquistandone i diritti. È un colpo sensazionale di Canale 5: Dallas, stavolta programmata con cura su una rete coerente dall'immagine americana, trova il suo pubblico, diventando un fenomeno di costume capace spesso di battere la Rete 1. L'altro fronte della guerra è infatti costituito dagli altri network, e anche in questo caso il magazzino e la composizione del palinsesto sono strumenti fondamentali per costruire un forte posizionamento e per indebolire e danneggiare la concorrenza. Canale 5 trae il maggior beneficio da questi scontri, e già il 5 gennaio 1983, solo un anno dopo il lancio, Rusconi vende Italia 1 a Berlusconi, che la inserisce nella propria offerta e ne differenzia l'immagine, destinandola al pubblico più giovane: se Canale 5 è una tv per il grande pubblico familiare, Italia 1 può spingersi verso una programmazione popolare in senso ‘basso’ e 32 pubblicitario, indicazioni di budget, investimenti sui programmi, controllo di gestione, monitoraggio permanente dell'audiences e procedure di selezione e collocazione dei programmi mirati ottimizzare il potenziale di ascolto e di immagini di ciascuna rete. Il palinsesto delle reti Fininvest si costruisce così lungo alcune direttrici stabili: l'affinmamento della modulazione tematica di ciascuna rete, la confezione dei programmi nei tempi che seguono i ritmi di vita degli spettatori, l'incidenza della produzione nazionale e la complementarietà dei palinsesti. Si aggiunge poi lo strumento potente della promozione incrociata con le anticipazioni sui programmi di una rete del gruppo che compaiono anche sulle altre i promo soprattutto in mancanza della diretta costituiscono una delle poche opportunità che hanno i network privati di dialogare con gli spettatori. Un ulteriore elemento che interviene a compilare la costruzione dei palinsesti è costituito dalle forme di rilevazione quantitativa dell'ascolto. Il 7 dicembre 1986 uno standard è fissato da Auditel, la diffusione di questi dati non limitata solo agli addetti dei lavori, sancisce la maturità del mercato pubblicitario televisivo, insieme fornisce molteplici strumenti di analisi e valutazione che intervengono a guidare e, a tal volta determinare, le scelte di programmazione. Fin dai primi anni i palinsesti delle reti commerciali sono legati alle strategie pubblicitarie, anche in questo caso si tratta soltanto di perfezionare e rendere stabili varie innovazioni sperimentate nei primi anni ruggenti. | venditori devono conoscere nel dettaglio i palinsesti delle reti, valorizzare ogni momento della giornata televisiva, fornire agli investitori dati di ascolto e i suoi target, sottolineare l'efficacia degli spot inseriti dentro i programmi e ai film. Ogni strategia è utile dal momento che per una rete commerciale gli spot sono ingredienti essenziali di un palinsesto quanto i programmi. Anche nella seconda metà degli anni '80 la Rai più che agire, reagisce rispetto alle mosse del suo principale competitor. AI tempo stesso numerosi segnali di ripresa rendono più fluida la situazione, stabilmente dominata dalla dialettica bipolare e dal sistema misto pubblico e privato. Il tentativo della Rai di avvicinarsi alle private sul loro terreno genera un inseguimento destinato a durare che costringe a ripensare organigrammi e modalità di proposta della propria offerta, anche attraverso un cambio nei sistemi a tre reti. Il servizio pubblico continua ad aumentare le ore di trasmissione allargandosi su altre fasce orarie colonizzandole, spesso facendosi forza del privilegio della diretta. Da dicembre del 1986 Unomattina apre alle 7:20 (e poi alle 6:45) la giornata di Rai Uno, è un contenitore con aggiornamenti informativi, rubriche, interviste a qualunque forma di interazione con gli spettatori. Rai 2 rafforza invece la sua seconda serata, momento che assume una fisionomia distinta e assurge al cult con Lorenzo Arbore e i suoi Quelli della notte e Indietro tutta. A partire dall'ottobre 1985 Rai 2 programma il ciclo Cinema di notte oltrepassando la terza serata e sforando nella fascia notturna. Nel frattempo, Fininvest comincia a mostrare qualche segno di stanchezza fino a subire, dopo un decennio 35 espansivo, una vera e propria battuta dal resto imputabile alla mancanza della diretta e una presenza troppo massiccio della pubblicità. 6 Un palinsesto trionfante: il generalismo Lungo gli anni '80 la storia del palinsesto della televisione italiana si trova un punto di svolta: un momento cruciale che, oltre a rendere esplicito il ruolo della griglia di programmazione nel definire i rapporti con il pubblico e nelle forme al mezzo televisivo, contribuisce anche a fissare una serie di strumenti, di strategie, di pratiche e consuetudini che tuttora costituiscono la base di ciò che significa costruire un palinsesto. | generi della neo-tv, come il contenitore o il talk show, da un lato e il mescolamento sempre più forte tra i programmi e le forme pubblicitarie autopromozionali dall'altro, contribuiscono all'elaborazione di palinsesti di flusso senza barriere, senza spazi vuoti dove ogni anfratto è riempito da contenuti, testi e frammenti senza soluzione di continuità. L'allargamento sulle fasce orarie ancora vuote conduce lentamente alla preparazione di palinsesti continui che, come la radio, non si fermano mai anche al costo di rincorrere a repliche o a riempitivi pur di restare sempre accesi, Le reti definiscono con attenzione una loro identità attraverso una linea editoriale evidente nella scelta dei programmi e nella loro composizione. Le strategie di marketing svolgono un ruolo fondamentale in un contesto più competitivo e che grazie ai dati di ascolto forniti da Auditel i palinsesti sono quotidianamente messi alla prova rispetto all'obiettivo di massificazione dell'audience. Sono poste stabilmente le basi del palinsesto generalista: e proprio la “tv per tutti” è al centro del decennio successivo tra le prime spinte volte a ridimensionare il peso e l'importanza e, insieme, una presenza forte nel discorso pubblico. Fin dall'inizio l'obiettivo della rete è di rappresentare un'offerta mirata, un flusso non frammentato che in qualche modo intendeva riflettere il flusso della vita quotidiana con l'idea di un palinsesto che non risultasse come la somma dei programmi, ma come la realizzazione nel suo stesso disegno di offerta di una linea editoriale. Rai 3 diventa il baluardo di una tv verità dove si affiancano la cronaca e la spettacolarizzazione dell'attualità, il gioco e le infotainment, la rappresentazione delle pulsioni profonde di un paese alle soglie dei grandi cambiamenti politici e sociali nella messa in scena di processi ai casi di cronaca. Il risultato è profondamente coerente con una giornata televisiva che racconta soprattutto ed essenzialmente delle cose, dei sentimenti, dei moti e delle rabbie di “casa nostra” con estrema sincerità e spregiudicatezza. Numerosi programmi, brevi appuntamenti quotidiani spesso di pochi minuti innervano i palinsesti di Rai 3 fornendo una punteggiatura costante e aiutando a rendere omogenea la proposta della rete. Il 6 agosto 1990 con la legge Disciplina del sistema radiotelevisivo pubblico e privato, si pone fine a un quindicennio di sostanziale deregulation nel settore televisivo, sia pure in gran parte limitandosi a sancire l'esistenza del sistema misto come si era venuto a 36 comporre nel corso dei tempi lasciando tre reti sia il servizio pubblico sia Fininvest. Un primo elemento di modifica e di intervento è costituito dalla disciplina della pubblicità e delle sponsorizzazioni. Oltre a misure volte a regolare le forme e linguaggi degli spot, per la prima volta sono stabiliti limiti precisi dell'affollamento pubblicitario con veri e propri tetti che non si possono superare: le reti commerciali hanno un vincolo del 18% orario e del 15% quotidiano di pubblicità, mentre il servizio pubblico può trasmettere spot con un limite del 12% orario. Le interruzioni dei film sono ridotte di numero in base alla durata dell'opera e ai messaggi pubblicitari non possono più essere inseriti nei programmi per bambini. Viene poi imposta alle reti private su scala nazionale l'obbligo di dotarsi di un telegiornale. Il 15 gennaio 1991 alle prime battute della guerra del Golfo, Emilio Fede accelera i tempi e conquista la diretta per Studio Aperto, notiziario di Italia Uno che da lì in avanti va in onda ogni giorno anticipando talvolta con le sue notizie la concorrenza della Rai. Il 13 gennaio 1992 parte anche il telegiornale di Canale 5 il TG 5 con la direzione di Enrico Mentana e l'edizione principale alle 20:00 in diretto scontro con il TG 1. Sempre nel 92 fede Passera Rete 4 lanciando il TG 4 e completando l'offerta informativa Fininvest. Le reti di Berlusconi si dotano così ciascuna di una testata informativa specifica rivolta allo stesso target della rete e anche grazie a questo rafforzano le loro linee editoriali lungo tratti ormai tracciati da un decennio. Il passaggio da un controllo centralizzato del palinsesto alle singole direzioni più forti conferma la solidità ormai acquisita dalle differenti identità. Una volta fissato poi stabilizzato il quadro normativo negli anni '90 la televisione generalista si trova saldamente al centro del sistema mediale e dell'attenzione dell'opinione pubblica imponendo mode e discorsi. Le tecniche di programmazione cristallizzato in un insieme di regole fisse, solo di rado presentano qualche piccola innovazione mantenendo stabile e ripetitiva una griglia quotidiana settimanale e stagionale attraverso gli anni e lavorando intorno identità di rete anch'esse ormai piuttosto fissate. Gli scontri tra le reti ammiraglie si verificano ogni sera e l'esito della battaglia viene discusso la mattina seguente nelle redazioni. Il sistema bipolare è completato dai tentativi di costruzione di un terzo polo che possa rompere il duopolio e dalla galassia magmatica delle televisioni locali. Sul primo versante solo Telemontecarlo tenta di competere con le altre generaliste, in particolare su alcuni generi come il calcio e l'informazione. Sul secondo le tv libere dalla fine degli anni '70 hanno lasciato il posto a contenitori spesso privi d'identità, dove il possesso delle frequenze costituisce l'unica ricchezza ed i palinsesti sono soltanto un modo per vendere pentole e attrezzi ginnici. Il palinsesto della rete si costruiscono sempre più attorno gli appuntamenti fissi, cristallizzati nelle loro collocazioni, al ripetersi di stagione in stagione con minime variazioni. Alcune fasce orarie acquistano maggiore rilevanza grazie agli investimenti su programmi e conduttori: è il caso dell'Access prime time, snodo cruciale tra il TG e la prima serata che per anni è dominato su Canale 5 da Striscia la notizia e su Rai Uno 37 unità di dimensioni minime, e secondo la regola dei database è costretta a dar loro un senso ricorrendo a formule ormai tradizionali, dalla playlist radiofonica ai programmi in diretta con le telefonate dal pubblico da casa. La televisione italiana degli anni '90 si arricchisce inoltre di un'offerta a pagamento. Tra il 90 e il 91 parte la prima pay-tv, Telepiù, via etere su frequenze analogiche: dopo un periodo di messa in onda in chiaro cominciano le trasmissioni criptate di un canale dedicato al cinema, Telepiù 1, con film non interrotti da spot pubblicitari, negli anni successivi partono Telepiù 2 con programmi sportivi e Telepiù 3 che offre un palinsesto culturale fatto di teatro, opera, documentari e film d'autore. L'approdo sul satellite e poi il passaggio è una codifica digitale consentono di moltiplicare i canali dell'offerta (comprese alcune reti Rai) ed introdurre forme di pay-per-view sui contenuti cinematografici e sportivi. Nel frattempo, un secondo player entra nel mercato: Stream, prima via cavo e poi via satellite, trasmette anche alcuni canali editi da Mediaset e tra il 2000 e 2001 diventa di proprietà di Rupert Murdoch. Lo scontro tra Telepiù e Stream si chiude nel 2003 con la fusione tra le 2 società e con il lancio di Sky Italia. Sia gli esordi incerti sia poi l'assestamento della pay- tv italiana provocano un radicale ripensamento nell'attività di costruzione dei palinsesti, che devono seguire logiche nuove sia per la necessità di differenziarsi dall'offerta gratuita sia per adattarsi a spettatori paganti spesso molto esigenti. Le reti si specializzano in modo tematico su specifici generi, ma con una grande varietà interna oppure scelgono un target di adozione e gli costruiscono attorno un insieme di contenuti misti, ma coerenti. Il ricorso alla multiprogrammazione risponde alla necessità di moltiplicare le occasioni d'incontro del pubblico con i contenuti più pregiati, fatta ovviamente eccezione per gli eventi sportivi in diretta. Si passa ad un'organizzazione più fluida dei programmi che si trasformano in materiale enciclopedico e magmatico, passibile di sviluppo in molteplici ed infinite possibilità di declinazione. L'articolazione dei palinsesti si articola all'incrocio di due dimensioni: da un lato quella dei generi televisivi, dei contenuti e dei target a cui si rivolgono e dall'altro quella d'identità di canali che si organizzano per famiglie, con relazioni di parentela e di filiazione. Il cinema, primo genere frequentato dalla tv a pagamento, si dispone lungo canali che sanciscono la poca distanza dall'uscita in sala, che organizzano la library secondo genere e formule o ancora legati a singole case di produzione hollywoodiane. Lo sport basa molto della sua forza sulla possibilità di vedere in diretta le partite e altri eventi, spesso in contemporanea su più canali e sulla tempestività dell'aggiornamento su le notizie sportive. | programmi culturali, la musica e i documentari seguono invece un percorso più ondivago fino ad approdare nell'offerta di Sky Arte. Negli anni si aggiunge anche un'offerta rivolta ai bambini con cartoni animati altri contenuti che riempiono i canali di marchi internazionali come Disney Channel, Cartoon Network o Nickelodeon. Trovano spazio le reti all news con un'informazione costantemente sospesa tra ritmi quotidiani e breaking news di 40 attualità, con il lancio di Rai news 24 e poi con Sky news 24 così come i documentari di Discovery Channel e National Geographic o i canali femminili come Real Time e Lei, esempi di una tv delle donne attentamente costruita attraverso le leve del branding e di un'accorta programmazione. Le serie televisive americane e non solo, a metà degli anni 2000, diventano un ulteriore genere pregiato che la pay-tv riesce a valorizzare ampiamente nei suoi palinsesti. Nel 2014 vi è il lancio di Sky Atlantic, per serie americane di qualità e produzione originale di fiction. | reality e altre produzioni generaliste approdano sulla tv a pagamento in forme estese come il mosaico che consente di accedere a varie telecamere nella diretta di Grande Fratello. Infine, tra i generi della pay-tv compare la pornografia con canali appositi e forme d pay- per-view. Accanto ai generi e ai brand, che compongono l'offerta a pagamento, soprattutto Sky è stata nel corso degli anni l'apripista e il propulsore per tecnologie, devices e modalità di accesso ai contenuti che consentono di oltrepassare i rigidi vincoli del palinsesto: la guida elettronica dei programmi interattiva, la registrazione digitale con my Sky, la visione in mobilità con Sky Go. Nel 2004 la cosiddetta legge Gasparri mette mano al sistema radiotelevisivo e mediale italiano con uno sforzo Legislativo molto contestato e proseguito poi con la sistematizzazione della normativa sul testo unico dei servizi di media audiovisivi promulgato nel 2005. tra i suoi articoli la legge impone lo switch-off, spegnimento delle frequenze analogiche il passaggio al digitale entro 2006 seguendo la riflessione in corso da anni e le direttive della comunità europea e indicando nella piattaforma digitale terrestre lo sbocco privilegiato. i tempi di questo passaggio saranno in realtà più lungi. da una parte il passaggio al digitale terrestre consente la nascita di altre tv a pagamento, che si affacciano al digitale terrestre di Sky oltre alcuni pacchetti prevalentemente sportivi la proposta più organica e quella di Mediaset che nel gennaio 2005 lancia Premium per singoli eventi e tre anni dopo cominciò a proporre un'offerta lineare e composita con calcio cinema serie televisive (Joy, mia crime action ) e in seguito anche alcuni canali strappati t ho condiviso con Sky (Disney Channel cartoon network). anche Premium consente la visione in mobilità e nel 2013 Mediaset lancia un servizio alternativo di abbonamento ai contenuti televisivi Infinity. D'altra parte, il lento passaggio g digitale terrestre consente l'approdo a un computer multichannel con decine di canali gratuiti tra cui scegliere per la generalità della platea televisiva. La moltiplicazione delle emittenti dei palinsesti non sono più soltanto un privilegio a pagamento, ma soprattutto diventano parte condivisa delle pratiche di fruizione televisiva. Sono lanciati anche i canali quasi generalisti, reti concepite e realizzate secondo criteri innovativi chiamate a incarnare identità inedite spesso ancora in fieri in cerca di audience specifiche, in bilico tra l'utilizzo creativo delle library e produzioni originali. Le reti digitali nascono ancora attraverso strategie di filiazione. Carlo Freccero è chiamato a costruire l'identità di Rai 4, rete giovane maschile. Nel 41 2010 Rai extra è sostituito da Rai 5, allo stesso modo Canale 5 lancia La5, giovane e femminile e da Italial spuntò Italia2, giovane maschile che nei primi anni proponeva un palinsesto dedicate a singoli temi e generi in cui si vanno a inserire i programmi differenti in un esperimento che richiama la primissima Canale 5 ma che è presto abbandonato. Dalla 7 parte La7d, digitale/donna e persino Sky lancia un suo canale sul digitale terrestre, cielo. Nei multi Channel gratuiti si propone la ricchezza di generi di contenuti, di marchi, di volti, di editori che già da un decennio caratterizza l'offerta satellitare: l'informazione e le news; il cinema e le fiction in replica, nuove articolazioni di precedenti offerte satellitari e il successo di Iris; le serie tv poliziesche con giallo e top crime; i cartoni animati per bambini di età prescolare e scolare con Boing, Cartonito, K2 frisbee; i factual di Real Time in onda anche sul digitale terrestre dal 2010, i documentari di focus, lo shopping, sport minore sui canali Rai Sport. La battaglia si sposta così tra le varie reti digitali con i dati d'ascolto rilevati da auditel e l'importanza di un adeguato posizionamento nel sistema LCN, la numerazione automatica dei canali che ha tentato di raggruppare le digitali senza penalizzare le locali. Negli anni 2000 si moltiplicano le piattaforme, i contenuti e le possibilità di loro accesso, le tipologie dei palinsesti e le logiche che li regolano, le modalità della fruizione televisiva: i programmatori sono nei costretti a tenendo conto nella loro elaborazione così come ne tiene conto auditel, che inizia a rilevare oltre all'ascolto live anche quello differito. Alcuni programmi escono dalla televisione e vi ritornano in forme tortuose. Il completamento dello switch-off avviene nel 2012. CAPITOLO 4 - Prospettive Affronta le spinte centrifughe che mettono in discussione il ruolo del palinsesto ed elenca gli ambiti linguistici di modifica e ridefinizione delle logiche e delle tecniche impiegate nei canali digitali per adattarsi allo scenario. Il palinsesto, così come gli strumenti e le tecniche mediante cui è progettato e costruito, non è qualcosa di fisso e immutabile ormai è chiaro. Le regole, le strategie, le abitudini, i tratti distintivi delle reti e della loro programmazione sono il risultato di un processo storico articolato e complesso, con aspetti specificamente nazionali e fattori condivisi e con permanenze cambio di rotta e contraddizioni che dipendono dalla struttura del sistema televisivo e mediale, dalle pratiche di fruizione, dai progetti e degli obiettivi degli addetti ai lavori. A partire dagli anni '90, il palinsesto, sia nel mondo sia in Italia, è messo spesso anche radicalmente in questione. A ripercorrere il discorso pubblico e a leggere le analisi di tipo giornalistico, la struttura dei programmi e degli altri contenuti sottesa alla messa in onda pare essere il punto debole del piccolo schermo, e l'attacco essere il grimaldello (cacciavite per scassinare) con cui scardinare abitudini e pratiche fruitive che parevano immutabili. Di fronte allo sviluppo, all'avanzata e allo stabile radicalmente del web dei media digitali nei consumi 42 parte inedite, opponendo al top down e dell'industria televisiva e media le attività volontarie grassroots, in una logica bottom up: il coinvolgimento emotivo o passionale , la lettura ironica e satirica, l'approfondimento e il gioco sono solo alcune modalità spettatorialità, impreviste o attivamente sollecitate, che si sviluppano a margine dei testi televisivi. Alla permanenza delle tradizionali abitudini di fruizione televisiva si affiancano forme di consumo che tengono conto e si adattano alla molteplicità dei devices. Ne risulta un quadro di consumi composito, dove il palinsesto e gli appuntamenti della classica tv generalista coesistono con la propria azione compiuta della multicanalità digitale, con la piena accettazione della molteplicità di piattaforme e con la disponibilità ad adottare strumenti e pratiche adeguandoli adattandolo alle proprie specifiche necessità. La permeabilità tra i contenuti e le piattaforme, con lo stesso programma che appare più volte fuori e dentro il piccolo schermo e deferito degli spettatori nelle offerte on line e nei palinsesti free e pay, porta le reti a rinunciare in parte alla loro identità e chiarezza di proposta ridefinendo il concetto di esclusiva per molti dei loro contenuti. La frequenza delle repliche è insieme un vincolo, un'opportunità, un problema e una risorsa sia per la tv tradizionale sia per le reti digitali. La cosiddetta pirateria mette in discussione la centralità del broadcasting consentendo, almeno per i programmi di origine straniera, l'articolazione dei contenuti in moduli (gli episodi) secondo temporalità di fruizione personalizzata e le anticipazioni delle stagioni successive. Le pratiche di un fandom ormai liquido e diffuso, la sottotitolazione amatoriale trascendono dalla composizione dell'offerta in rete e palinsesto per inseguire, valorizzare e appropriarsi del singolo contenuto. La social television, il second screen, ossia la condivisione in rete dei propri consumi televisivi il commento l'approfondimento e la partecipazione a conversazioni a tema sovrappongono i panini sesti un /ayer, uno strato in parte sincronizzato alla messa in onda e in parte distinto sempre presente e aggiornato. Una rottura esplicita e dichiarata delle logiche delle costruzioni del palinsesto infine è presente nel diffondersi sempre più ampio di un'offerta non lineare che si affianca e talvolta sostituisce la televisione di flusso: dalla sequenza organizzata e ordinata dei programmi messi a disposizione da un broadcast si passa un bacino di contenuti un deposito pressoché infinito di programmi personalizzabili e di fatto personalizzato dalle abitudini di consumo. Si parte dal time shifting, che sposta il palinsesto in avanti di qualche ora di un giorno per consentire la visione a un pubblico più largo, e dall' offerta di catch-up che sul televisore, oppure on line, riprende la programmazione dei giorni immediatamente precedenti e la mette a disposizione in altre forme e orari. Si prosegue con l'ormai classica pay-per-view, che dietro l'accesso condizionato impone ancora un orario per un prodotto pur scorporato e distinto dal suo palinsesto ho moltiplica gli orari d'inizio dello stesso programma. Si arriva infine all'ondemand, forma raggiunta e compiuta di non linearità che consente allo spettatore di scegliere in forma del tutto libera sia il programma da vedere sia il momento della visione e insieme talvolta segnala e prepara in anticipo 45 alcuni contenuti pregiati già pronti a essere fruiti in ogni occasione. La televisione enhanced, potenziata che passa da decoder proprietari come mai MySky o da smart tv connesse alla rete, dalle console di videogiochi di ultima generazione dal web da servizi di net casting basati su on line, come Netflix Timvision o Infinity, sembra così liberarsi da ogni struttura, ogni griglia offrendo un accesso non mediato ad ampie quantità di contenuti da vedere rivedere. Tutto e subito pronto quando serve a disposizione per ogni voglia e necessità secondo quella che in fondo è la logica della rete esplicitata anche da Youtube. Da questa panoramica emerge pertanto uno scenario complesso e articolato in perenne evoluzione dove la novità tecnologiche si accompagnano alle variazioni linguistiche ed i cambiamenti nel consumo. 2.Ridefinizioni digitali Mentre il palinsesto si trova al centro di una grande varietà e ricchezza di spinte centrifughe, altre innovazioni tecnologiche conducono la televisione, ora digitale, o un compiuto multichannel, un articolato sistema di reti generaliste e tematiche, targettizzate o di nicchia, gratuiti o a pagamento, terrestri o satellitari, nativi digitali o frutto di numerosi ripensamenti. Se da un lato si proclama la fine della televisione, dall'altro il piccolo schermo si moltiplica occupando con la sua offerta tutto lo spazio disponibile. Il passaggio alla multicanalità ha costituito una sfida per i programmatori e ha rafforzato il ruolo del palinsesto nella costruzione di canali, brand e linee editoriali. Le regole dell'arte della scienza di costruzione dei palinsesti sono messe alla prova: ideologie profonde e routine date per scontate non sono più valide o lo sono solo in parte, rendendo necessarie correzioni sostituzioni e aggiustamenti, così come pratiche innovative pronte a diventare presto nuove abitudini. Il palinsesto è ancora una volta terreno di scontro tra interessi e obiettivi differenti, ma in questo caso si contrappongono le logiche tradizionali di una televisione che si rivolge all'intera platea nazionale senza escludere nessuno e gli approcci digitali di uno scenario più complesso sia all'esterno sia al suo interno. Da un lato il flusso attraverso il palinsesto è ancora fondamentale e la continuità tra generi e programmi successivi va perseguita anche se con la consapevolezza di sacrificare parte dell'audience, per tenere però incollato e fedele un segmento definito. Dall'altro la presenza di un portfolio di canali sempre più ricco e articolato per ogni editore e insieme la cannibalizzazione da parte di quello che viene fuori dal televisore sottolineano l'importanza delle giunzioni che rendono omogenea un'offerta in realtà frammentata. 1) Una prima direttrice delle variazioni è quella che investe la temporalità dei palinsesti digitali, andando a modificare almeno in parte la scansione dell'anno televisivo nelle sue stagioni o la successione di ogni giorno della settimana: andamenti ritenuti ormai in qualche modo naturali, inevitabili nei quali si vanno sempre più spesso a inserire i moduli differenti con adattamenti progressivi o improvvise rotture. Da una parte una stagionalità fatta di periodi 46 di garanzia e di smobilitazione vacanziera non è più valida nel contesto digitale. Sia per la pay-tv, che deve dimostrare ai suoi abbonati di valere l'importo dell'abbonamento ogni mese, sia per il digitale gratuito, che si trova improvvisamente senza una grossa concorrenza da parte dei canali maggiori. L'estate diventa in particolare un periodo cruciale, i mesi di luglio e agosto sono una stagione di prova per lanciare i nuovi programmi, consentendo loro di costruire un pubblico fedele in un momento in cui le altre reti abbandonano il campo e un tempo di sperimentazione in cui far emergere le reti come possibile scelta da parte degli spettatori, presentando un'identità chiara e mettendo in campo alcuni punti di forza della programmazione. Reti come Fox, RealTime o Dmax spesso lanciano nuovi titoli nelle ultime settimane di agosto per attivare una sorta di raccordo tra l'estate e l'inizio della stagione successiva. Anche i ritmi quotidiani e settimanali del palinsesto subiscono una serie di aggiustamenti una volta approdati nel mondo delle reti digitali. Il passaggio dalla logica mainstream dei canali generalisti alla ricerca del grande pubblico, alle specificità delle abitudini quotidiane di singole categorie e target/nicchie, porta i canali più piccoli ad abbandonare il tradizionale sistema basato sugli ascolti crescenti rapidamente dal preserale e dall'access prime time e sulle grandi produzioni schierate in prima serata. Dal prime time si passa piuttosto un picktime, che dipende dal pubblico previsto, dai suoi ritmi e temporalità quotidiane e che quindi varia anche molto a seconda di ciascuna rete. Ad esempio, Real Time trova un momento importante nel primo pomeriggio dove schiera appuntamenti quotidiani inediti sia di produzione sia di acquisto e in generale colonizza orari altrove lasciati scoperti come la seconda serata laccio esprime time o il weekend: la prima serata costruiti su appuntamenti tematici (dieta, cucina, makeover, matrimoni) è importante ma solo quanto la seconda e terza serata in cui si sperimentano genere di confine, o il weekend dove, allo sfruttamento intensivo di quanto già trasmesso in settimana, si affiancano spazi di rottura dell'ordine. Il problema di queste reti è rimanere almeno in parte accese anche nella fascia mattutina e meridiana, nei momenti in cui gran parte del pubblico d'elezione è lontano dagli schermi televisivi: i palinsesti concentrano pertanto in questi orali le repliche dei prodotti più capaci di interessare anche un target differente. 2)Una seconda categoria di logica, più o meno inedita dei canali digitali, sta nella ripetizione. A lungo usate come riempitivo, come tappabuchi, come modo di puntellare a basso costo il palinsesto o di rastrellare più ascolto nelle fasi di lancio di un nuovo programma, le repliche diventano, in tempi di crisi economica e riduzione dei budget, ma anche di moltiplicazione dei canali e delle offerte, uno strumento importante persino pregiato. La ripetizione non è più una debolezza di cui avere paura, ma uno strumento per meglio servire le necessità ed i bisogni di un pubblico abituato all'abbondanza. | canali di Sky, per esempio, adottano per fiction originali ed i film in esclusiva un complesso sistema che sottolinea l'importanza della ripetizione, con molteplici ribattute a 47 tecniche conservative di controprogrammazione leggera, in modo da evitare confronti diretti e proteggere i propri contenuti più importanti e conservare un'identità forte che non insegue altre reti e non scende a compromessi. 3. Restare centrali Da un lato tecnologie tendenze estetiche e pratiche del consumo si muovono sempre più al di fuori dei palinsesti, dall'altro regole di costruzione abitudini assestate sono costretti almeno in parte a ridefinirsi nello scenario digitale. AI centro, come conseguenza, il programma televisivo sembrerebbe emergere come solo e indiscusso protagonista: dalle alchimie della programmazione si torna ai suoi tasselli singoli. Se è vero che i singoli contenuti diventano pilastri, assumono un'importanza per certi versi inedita, è però altrettanto vero che i broadcasters, le reti ed i panni sesti continuano a svolgere un ruolo centrale. La complessa sfida della tv contemporanea è quella di ricostruire un flusso sempre più disperso, di offrire appuntamenti di visione e scelte facili, di mantenere la centralità accettando il mutato campo di gioco. 1) In primo luogo, attraverso il palinsesto il mezzo televisivo può sottolineare la sua capacità di sincronizzazione, fissando temporalità, abitudini e appuntamenti condivisi per l'intera platea nazionale o in modo più ridotto per singoli gruppi e comunità specifiche. Ogni programma può diventare a suo modo un appuntamento da non perdere, un contenuto da vedere per poterne parlare il giorno dopo con amici e colleghi; il tassello utile a sentirsi parte integrante di una comunità ancora immaginata, ma secondo direttrici differenti. Il palinsesto non è più imposto in modo centralizzato, ma selezionato volontariamente. Si moltiplica, ma non esaurisce le sue mansioni. 2) Una seconda funzione fondamentale del piccolo schermo è quella di fornire una bussola, uno strumento di orientamento all'interno di un panorama complesso, caotico e sovrabbondante dove è facile perdersi. Di fronte all'information overload, alla complessità di un'offerta di testa e programmi in costante evoluzione e perennemente aggiornata, la griglia temporale offre un approdo sicuro. Lo spettatore rinuncia, almeno in parte, alla sua libertà potenzialmente infinita di selezionare dei contenuti e si affida alle mani esperte e sapienti di chi compone la programmazione. 3) Terzo carattere distintivo è la creazione per il pubblico di percorsi adatti e coerenti. Emerge qui come fondamentale il valore della selezione, non soltanto nei termini della proposta una tantum di un singolo programma, ma in quelli della fornitura costante di un'offerta adeguata, interessante. 4) Infine, la televisione tradizionale è ancora lo spazio del primo incontro con il programma. È una naturale conseguenza degli altri punti: della creazione di appuntamenti sincronizzati, del ruolo di guida nello scenario complesso, della costruzione di scalette chiare e omogenee. Ed è insieme una condanna e un grande punto di forza per i broadcasters, che devono necessariamente tenerne 50 conto. La generalista è infatti la matrice potenziale di tutte le proposte televisive dalle reti telematiche all'on demand. Il flusso si enfatizza, riempendosi di momenti da non perdere, di esperienze condivisibili che solo garantiscono la fruizione collettiva, di una programmazione che funziona nel momento corrente: vive nel presente e per il singolo attimo e aumenta nel qui e ora il proprio valore economico e culturale. Le esperienze di second screen e di social tv trovano nella sincronia, nella serie dita e nella sequenzialità, dimensioni temporali di latenza che si rapporta non necessariamente alla sintassi del palinsesto, la loro ragion d'essere. Netflix che rilascia nello stesso momento un'intera stagione delle sue serie originali sembra bruciare in un colpo tutto l'hype nel giro di un weekend, invece di dipanarsi e crescere settimana dopo settimana nei discorsi degli spettatori e dell'opinione pubblica e deve utilizzare altri effetti speciali. Mentre i siti delle reti, depositi di filmati e contenuti on demand, si servono della griglia di palinsesto, della tabella con le date e giorni di messa in onda, per dare un ordine semplice, usabile e comprensibile alla loro proposta. Il piccolo schermo, oltre a popolare le nostre giornate i nostri anni di eventi e rituali, di appuntamenti bisogni seriali, di fedeltà in attese o perseguite con decisione, alla formidabile capacità di riempire il tempio vuoto lasciandolo vuoto, di non chiedere al suo spettatore nulla in più di un momento, più o meno ampio. È proprio qui in un periodo in cui le offerte di televisione si complicano, i consumi si intrecciano e si confondono, stanno ancora lo spazio, il potere e la creatività del palinsesto. 51
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