Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Riassunto completo e dettagliato di arte medievale che va dal IV a tutto il XV secolo, Sintesi del corso di Storia dell'arte medievale

Riassunto libri Arte nel tempo di De Vecchi e Cerchiari per esame di storia dell'arte medievale di Volpe. Comprende tutto il periodo che va dal IV secolo a tutto il XV secolo

Tipologia: Sintesi del corso

2020/2021

In vendita dal 12/05/2022

Dalila273
Dalila273 🇮🇹

4.5

(62)

90 documenti

1 / 97

Toggle sidebar

Spesso scaricati insieme


Documenti correlati


Anteprima parziale del testo

Scarica Riassunto completo e dettagliato di arte medievale che va dal IV a tutto il XV secolo e più Sintesi del corso in PDF di Storia dell'arte medievale solo su Docsity! CAPITOLO IV ROMA DA CAPITALE DELL'IMPERO A CAPITALE DEL MONDO CRISTIANO L'ARTE IMPERIALE DAI SEVERI A COSTANTINO Trasformazione della spiritualità e ritratti imperiali Dopo la morte dell'ultimo della dinastia severa, Severo Alessandro, nel IV secolo si assiste a una successione di imperatori , tra i quali Diocleziano, Costantino, Teodosio, forti personalità politiche che segnarono l'ultima fase del mondo antico. Gli storici lo definirono periodo di "decadenza", morale, politica, sociale e artistica: la crisi della concezione classica, la rottura con la forma organica, razionale, naturalistica dell’arte greca ( fig.250 I romani della decadenza ), cosa non nuova nel mondo figurativo romano. Ma dal 1901(quando Riegl pubblicò l'Arte tardo-romana') iniziò una revisione critica della produzione artistica, perchè ogni arte ha la sua dignità ( volontà d’arte) e ha diritto di essere studiata, perché espresse le proprie idee attraverso la produzione artistica. Con Riegl inizia la rivalutazione dell'età tardo antica, sul piano storico, artistico, vista ora come momento fondamentale di passaggio tra mondo antico e medioevo. Infatti in quest'epoca avvengono grandi avvenimenti: sul piano politico (es. battaglie contro i barbari del nord), sul piano urbanistico ( Roma perse il suo carattere di città centro del potere 212 d.C. Costitutio autoniniana dichiara cittadini romani tutti gli uomini liberi su suolo dell’impero) , ma soprattutto su quello religioso: nella filosofia di Plotomio troviamo tendenze verso nuove spiritualità: nel suo pensiero 'neoplatonico' l'uomo può aspirare e tentare di tornare a Dio, al puro spirito, attraverso le tappe della trascendenza. La tensione verso nuove forme di religione monoteiste dominò tutto il periodo. Tra i diversi culti ebbe successo quello cristiano. Quando nel 313 Costantino dichiarò libero il culto, l'impero era già in gran parte cristiano. I sintomi di quest'evoluzione storica risultano nei ritratti imperiali: la testa colossale di Gordiano III (f.251) che risulta già diverso dalla tradizione romana, per il volto caratterizzato da uno sguardo intenso che attrae l'attenzione; le spesse sopracciglia, i capelli a calotta resi con tagli nel marmo, come per i baffetti da adolescente( aveva 16 anni al trono e fu ucciso 3 anni dopo): è un fanciullo pensoso, precocemente maturo; gli occhi suggeriscono ricerca spirituale. Questa tendenza verso l'idealizzazione corrisponde alla trasformazione che subiva in quel periodo la figura del principe, "un signore" con un potere sconfinato. L'esito finale di questo processo è in opere come la Testa di Costantino(f.252) o il supposto ritratto di Costanzo II (f.253). Il volto assume una forma plasticamente più semplice: capelli, barba, baffi e sopracciglia spesso resi con incisione, del tutto innaturale. Gli occhi, a volte grandissimi, sono l'elemento centrale del ritratto: sembra uno sguardo intento a fissare la realtà circostante da una dimensione ultraterrena. Gli stessi tratti sono nei ritratti monetali: il profilo di Valente II, nella moneta del museo Romano di Brescia (f.254) ha la stessa astrazione del ritratto a tutto tondo: lineamenti idealizzati, pettinatura curatissima, occhio ingigantito e sguardo lontano. A volte questa spiritualizzazione non permette l'identificazione, come per il ritratto di Valente o Valentiniano I (f.255). Con il Cristianesimo l'imperatore non fu più un dio, ma riflesso della divinità stessa. Monumenti imperiali e rilievi celebrativi Nel III sec Roma si riempieva di costruzioni volute dai Severi, una delle più importanti è l'arco posto sotto il Campidoglio (f.256), ha tre fornici. Fu eretto tra il 202 e 203 d.C per onorare le vittorie di Settimio Severo contro i Parti . Era probabilmente ornato da gruppi scultorei. I 4 grandi pannelli, sugli archi minori, narrano avvenimenti delle guerre partiche. Singolare è la disposizione (f.257): in ordine cronologico e vanno letti dal basso verso l'alto (schema forse preso dalla pittura trionfale, come i dipinti con le imprese belliche portati nei trionfi o esposti in pubblico). Ma vi è anche ripresa della colonna aureliana, di pochi anni prima. Il 4° pannello, presenta l'assedio e la presa della città di Ctesifonte" (f.258): vi è largo uso del trapano, ottenendo un effetto di forte contrasto e 'coloristico', già visibile in età antoniana. La figura umana non è individuale (concezione greca) ma rappresentata in masse . Vi è meno ricerca della plasticità. In questo pannello Settimio S. è con i suoi gemelli, e sovrasta, come un'apparizione divina, la massa dei soldati. I rilievi riprendono dunque sia la tradizione dell'arte ufficiale romana, sia l'arte provinciale e plebea, tendenza che si era manifestata sui monumenti ufficiali sin dal secolo passato. Nel 315 venne terminata la costruzione dell'arco eretto vicino al Colosseo (f.259) per festeggiare il decennale dell'impero di Costantino (f.260). Alcuni particolari della struttura provengono da edifici precedenti. Un'esecuzione di questo tipo riflette quello che poi divenne abituale, il riuso di pezzi antichi in monumenti moderni. Ma la scelta dei rilievi in questo caso non è casuale: gli imperatori rappresentati sono i più importanti, e Costantino vuole porvisi come diretto erede. Sotto i tondi adrianei, corre un fregio (IV sec) con la conquista del potere di Costantino, dalla partenza da Milano, all'arrivo, la proclamazione, ecc. (f.261)  nel famoso rilievo con la "adlocutio" sul fronte nord del monumento, l'imperatore (testa acefala) è al centro della tribuna, posizione rigidamente eretta (vicino Adriano, a dx, e Marco Aurelio, sx): vi è quindi tendenza alle proporzioni gerarchiche, caratteristica d'arte provinciale (diversa dimensione a seconda dell'importanza). Lo sfondo del rilievo testimonia monumenti del Foro: la Basilica Giulia, un arco, forse quello di Tiberio (oggi scomparso); il perduto monumento ai Tetrarchi, e infine vi è riprodotto l'arco di Settimio Severo. I gruppi laterali del popolo, che dovrebbero stare di fronte alla tribuna, sono girati e situati ai lati dei Rostra: viene fatto uso della 'prospettiva ribaltata', altro elemento d'arte provinciale e plebea. Anche qui ricorre l'uso del trapano, che rende i contrasti di luce/ombra, accentua la scansione delle figure: si allontana dal naturalismo greco, è una rappresentazione meno colta ma comunicativa, di immediata lettura. Questi rilievi vennero intesi come frutto di un momento di decadenza, ma tali elementi erano già presenti nell'arte plebea. Ormai "al potere", vi erano commercianti, mercanti, coloni, soldati, cosi come dai confini provinciali venivano gli imperatori. Ecco quindi che l'arte plebea si afferma nei monumenti ufficiali. Il IV sec vide inoltre la costruzione di molti edifici cristiani, Basiliche, battisteri, mausolei, martyria..ecc. Un punto di arrivo di questo processo può riconoscersi nel VI secolo, quando sotto il pontificato di Felice IV, vennero erette le due chiese dei SS. Cosma e Damiano e di S.Maria Antiqua nel Foro romano, ovvero il luogo che era stato il centro della potenza di Roma, che non era più capitale imperiale ma divenne capitale del mondo cristiano. LEPTIS MAGNA Fu la città dove nacque nel 146 d.C Settimio Severo, nel nord-Africa (Tripoli). Sorgeva sul mare, approdo sicuro per chi navigava sulla rotta Alessandria-Cartagine. Nel periodo severiano vi sono delle trasformazioni, con grandi costruzioni. A Plautiano, poi genero di S.Severo, venne affidato il compito della trasformazione urbanistica. Vennero realizzate opere pubbliche e monumenti che richiesero molto marmo (importato dalla Grecia). La città venne dotata di un nuovo centro: il foro, che sorgeva al centro degli altri luoghi eminenti già esistenti (Foro Vecchio, mercato, terme, la piazza col ninfeo> fontana monumentale). La via procedeva verso il mare, inquadrando scenograficamente il faro sul promontorio (f.267).Il foro, era circondato su 3 lati dal porticato, avente colonne con capitelli su cui erano incisi i nomi degli scalpellini greci. Su di esse, gli archi ornati dai tondi raffiguranti le teste di Medusa o Scilla (f.263-4-5). I rilievi hanno diversi stili: grecizzanti, più espressivi e "moderni", altri d'esecuzione frettolosa e meno curata> il modello supposto è l'Asia minore. Sul versante opposto sorgeva la basilica di forma rettangolare, con ingresso dal lato lungo. All'interno era divisa in 3 navate da colonne di granito rosso e marmo bianco. Due absidi chiudevano i lati corti, sui quali poggiavano pilastri marmorei decorati con motivi fantasiosi: giraglie di acanto e di vite, che incorniciano protomi, animali, scene mitologiche (f.266). Questo tipo di decorazione si collega con la contemporanea arte di Afrodisiade (in Asia Minore). Il monumento più famoso di Leptis è comunque il grande arco quadrifronte, eretto in onore dei Severi, posto all'incrocio di cardo e decumano, costituito da 4 pilastri che sostenevano una cupola emisferica o a vela. Presentava una ricca ornamentazione a motivi vegetali, simile a quella dei pilastri della basilica. Sull'arco erano collocati rilievi figurati con scene di trionfo e sacrificio. Osservando il pannello con la scena del trionfo, dove vi sono S.Severo tra i figli Caracalla e Geta su una biga (f.268) si può notare che la biga è rappresentata frontale, non di profilo, in modo che le figure dei Severi siano viste "in maestà": è una convenzione dell'arte primi 2 secoli è a causa del divieto giudaico di rappresentare divinità (a cui i cristiani si attengono all'inizio). All'inizio le pitture conservavano il ricordo del naturalismo e decorativismo greco-romano come es. quelle delle Catacombe di Pretestato: per gli uccelli della camera superiore (prima metà III sec, fig.292), che pur mantenendo lo stile delle pitture pagane del mausoleo sotto la basilica di S. Sebastiano (II sec, f.294) mostrano tratto pittorico più rapido e schemi compositivi più rigidi. Questa rapidità disegnativa si nota nell'episodio della "Samaritana" in S.Callisto (prima metà III sec, f.293): confrontato con quello precedente, qui il tratto è più schizzato, impressionistico (stesura pittorica abbreviata con pennellate rapide senza passaggi di tonalità intermedie), stile già noto alla pittura romana, comune a tutte le coeve pitture dell'impero. La frequente ispirazione all’arte romana è confermata nella Catacomba dei SS.Pietro e Marcellino dal "Banchetto eucaristico (f.295), l'agapè della tradizione pagana (convito fraterno/carità), usanza diffusa nel costume cristiano tra II e III sec (cfr f.282 e 295). Ma vi è resa sintetica e fluidità di movimento. Lo stesso avviene nel sarcofago di Baebia Hertofila (f.296) con la moltiplicazione dei pani e dei pesci. Il rilievo è appiattito, il segno rapido, più attenzione all'espressività che alla resa anatomica. Nei sarcofagi del III-IV sec si passa pian piano da una narrazione alla rappresentazione di singoli episodi. Es. la sintesi di diversi episodi del A.T. è nel Sarcofago del Museo Laterano(f,297) : da sx: il peccato originale, il miracolo del vino, quello del cieco, e del morto resuscitato --> c'è una semplificazione compositiva: Cristo è ripetuto 3 volte identico, le figure sono costrette in uno spazio compresso, pochi elementi naturalistici. Impaginazione diversa dal Sarcofago di Giunio Basso (f298) (iscrizione , ex console romano convertito al Cristo): narrazione è separata da colonnine (scene dell'A.T e N.T).L'opera è raffinata e classica nella ripartizione dello spazio con elementi architettonici (e per figure volumetriche). Questo per l'astrazione sociale del committente, partecipe alla cultura della tradizione imperiale, 'classicistica'. La continuità del Sarcofago del Museo Laterano è diversa anche da quella delle colonne coclidi romane (es. Traiano),che aveva le scene in cronologia e logica degli eventi. Nel sarcofago non v'è vera e propria narrazione, ma giustapposizione di episodi isolati, di per se stessi conclusivi. Eliminando paesaggio e architettura, l'essenzialità è anche maggiore. Stesso vale in pittura nella "Guarigione del paralitico (cfr.p.291) della Domus Ecclesiae di Dura Europos (metà III sec) dove il miracolo è enfatizzato dal passaggio dalla posizione statica sul lettino al dinamismo dell'azione successiva (il trasporto). Si creano effetti suggestivi. Nel IV sec questo 'impressionismo' matura. Nonostante la positura del "Mosè che percuote la roccia'' (catacomba dei ss.Paolo e Marcellino) (f299) mantenga una certa scioltezza, notiamo sul volto il colore steso a macchie chiare contrapposte a tocchi più scuri, l'abbreviazione del tratto che sposta l'accento dalla 'descrizione' dei dati all'espressione. Elementi simili sono anche nella 'Guarigione dell'emorroissa (f.300) in cui predominano i contorni e i personaggi sono isolati sullo sfondo, privo di elementi naturalistici, presenti nel 'Mosè che percuote la roccia'. Confronto figura dell'Orante del Cimitero Maggiore (f301, fine III sec) con quella della Catacomba dei Giorfani (f.302)d'età costantiniana( metà IV): la seconda ha più ieraticità (per postura frontale e grandi occhi). Vi sono vesti nobili, testimonianza della diffusione del messaggio nelle classi abbienti; mentre le pitture dell’ Ipogeo di Trebio Giusto (f 303) che alludono all'attività di costruttore del defunto, attesta il propagarsi anche nei ceti sociali medi. Dopo la pace di Costantino, la raggiunta sobrietà figurativa ricede il passo a composizioni più complesse. Lo notiamo confrontando la "Resurrezione di Lazzaro"(fine III, f279) (Catacombe di SS. Pietro e Marco) col soggetto analogo nella Catacomba della via latina(f 280, metà IV). Dalla fine dell'età costantiniana, dal V sec, vi è ritorno al classicismo, sotto il termine di 'rinascenza': nel corso dei secoli vi sono diverse rinascenze, fenomeni che spesso nascono per bisogno di ritrovare stabilità nel passato. Nel nostro caso il ritorno alla classicità ha lo scopo di consolidare la forma attraverso l'uso del disegno e la funzione plastica del colore. La 'Testa di apostolo'(f 305) dell'Ipogeo degli Aureli (metà III sec) o la Susanna in forma di agnello tra i lupi(f 304) (Catacomba di Prestato), sono es. di pittura plastico-costruttiva, affermatasi dal IV (compostezza panneggio) o l'affresco di Santa Petronilla e Veneranda (f.306) (per realismo acconciature) presso la basilica dei SS. Nereo e Achilleo. Questo ritorno alla fisionomia esatta è evidente anche nel Cristo della Catacomba di Comodilla (cfr.f.285): espressione immota d'ispirazione orientale, è fra Alfa e Omega(simboli della vita e morte, prima e ultima lettera dl alfabeto greco, inizio e fine). Tali modi pittorici vengono assorbiti in scultura (riducendo plasticità), es. nella 'Scena si vendemmia'(f 307) del Sarcofago di S.Lorenzo fuori le Mura( IVsec ): vi sono putti alati, tralci ,grappoli d'uva, il rilievo schiacciato, lineare, appiattiscono la forma che risulta 'disegnata'. Ugualmente nel Sarcofago del Buon Pastore dei Musei Vaticani (metà IV, f 308) col tema della vendemmia. il Buon Pastore è ripetuto 3 volte; effetti pittorici sono ottenuti col trapano . L'arte cristiana primitiva non si adegua ai mutamenti del mondo tardoantica, ma sviluppa un linguaggio nuovo, fondato sulla schematicità ed essenzialità della composizione, linguaggio che sarà elaborato e portato a compimento dall'arte bizantina. L'arte paleocristiana è quindi elemento catalizzatore della tradizione greco-romana e quella giudaico-orientale, origine del vasto patrimonio figurativo dell'Alto Medioevo. ICONOGRAFIA DELLA PRIMA ARTE CRISTIANA Nei primi 2 secoli l'iconografia cristiana usa 2 tipi di immagini: le immagini-segno e le immagini-narrative. Le prime si distinguono per la brevità del messaggio trasmesso e sono frequenti nelle pitture catacombali e sui sarcofagi, sono immediate perchè semplificate (comunicano a tutti; illustrano concetti chiave, es. la 'pietas' (con l'immagine-segno) dell'Orante (f.309-10-20) come avveniva nella tradizione pagana (f.316). L'iconografia cristiana infatti invece di creare immagini nuove, stabilisce una continuità col passato attribuendo nuovi significati alle 'antiche'-> un linguaggio già 'noto' permette una comprensione più immediata rispetto ad uno nuovo. Un es. di messaggio diretto è quello del episodio di Giona: la sua morte apparente prefigura la morte e resurrezione di Cristo, ed esemplifica l'intervento di Dio in favore del fedele: Giona, come altri personaggi del A.T, è 'paradigma di salvezza' -> sono dunque esperienze del passato che confermano la possibilità di una salvezza futura: è un messaggio comune a cristiani e giudei [[tema di Giona è tipico dell'arte funeraria. Ricevuto l'ordine di predicare nella città di Nivine, egli preferì imbarcarsi suscitando l'ira di Dio che scatena la tempesta, il profeta viene ingoiato da un serpente marino, rimane nello stomaco per 3 giorni, poi Dio lo salva..) è rappresentato spesso quando viene gettato in mare (f.325-6), vomitato dal serpente o disteso sotto la pianta di ricino (f.310- 20-23). In età costantiniana le immagini-segno diventano più complesse nella composizione, e i contenuti religiosi si fanno anche politici; es. la figura di Cristo, in origine 'Buon Pastore', assume forma diversa. 1) il 'tipo' del Cristo filosofo è testimonianza della tradiz. pagana, discende dal 'saggio' testimone della divinità (frequente dalla metà IIIsec); 2) il Cristo mistico (f 331-322) d'età costantiniana, è il giovinetto protagonista di episodi dentro il N.T. che si affiancano ai fatti dell'A.T ; rappresentarlo giovane vuol dire collocarlo fuori tempo: sottolinea il suo essere eterno. Nel sarcofago "dei Due fratelli'(f 311-2) la vita di cristo prevale sulle immagini simboliche, illustrata come es. del buon cristiano, con intento didattico (premessa dei cicli medievali). 3) il Cristo storico d'età teodosiana (2a metà IV) evoca il significato salvifico della Passione e della Resurrezione o esalta la maestà divina (anticipa la severità del Cristo giudice del periodo bizantino-mediev). Vi sono dunque affinità formali tra il Cristo in maestà e l'imperatore in trono (f.333-4): dopo l'editto del 313, il vincoli tra potere temporale e spirituali si fanno man mano inscindibili LA BASILICA CRISTIANA Nel IV sec fu codificato il rito della messa, che richiese la costruzione di edifici monumentali. Anche per la Basilica non furono creati edifici nuovi e diversi da quelli pagani: il monumento detto 'basilica' sembra sia stato d'ispirazione per la chiesa cristiana. E' uno degli edifici romani più antichi, luogo dove si amministrava la giustizia (a tal scopo veniva retto un podio in un'abside dove v'era il tribunale); ma poteva anche ospitare incontri d'affari, riunioni,ecc. Un es. di basilica romana che può considerarsi diretto precedente della cristiana è il Tempio di Massenzio a Roma (f 335). Massenzio fu imperatore tra il 306-12 e la costruzione venne ultimata da Costantino. Descrizione: è a pianta tripartita, divisa in 3 navate che però non sono separate da colonne (f.336); le minori sono costituite da 3 nicchioni coperti da volte a botte cassettonate; la navata centrale, grande, era coperta da 3 enormi volte a crociera. l'edificio era possente ma virtuoso (f.337); l'ingresso era su uno dei 2 lati brevi, preceduto da portico, e ad esso corrispondeva un'abside: alcuni elementi verranno ripresi dalle chiese cristiane. Tuttavia le basiliche potevano anche avere funzione religiosa come per quella di Porta Maggiore a Roma( sala rettang.,3 navate, ipogea..) (I sec d.C. ) . La basilica aveva dunque varie funzioni e poteva ospitare anche molte persone che avevano al contempo vari scopi. Nelle prime basiliche cristiane troviamo elementi comuni, es. S.Giovanni in Laterano costruita all'epoca di Costantino (f.338-40) quando l'imperatore donò uno dei suoi palazzi, il Latrano, alla Chiesa, perchè divenisse residenza del vescovo. La forma delle chiese veniva definita "oblunga", in realtà poteva anche indicare edifici a pianta centrale come S.Lorenzo in Milano (f 341-3), chiesa palatina con funzione diversa perchè collegata al palazzo imperiale. Inoltre le chiese venivano costruite orientate ad est (come S.G.in Later.): scelta che ha significato simbolico (Dio che ascese sopra il cielo dei cieli verso Oriente; il Paradiso è ad oriente). Tutti i partecipanti alla liturgia (es. vescovi) sono distinti in ordine gerarchico, e hanno la loro posizione nella chiesa. I laici trovavano posto nel corpo longitudinale, diviso, in s.Giovanni in Laterano. in 5 navate da file di colonne: quella centrale inquadrava l'altare mentre ai lati v'erano le navate minori. i fedeli erano divisi in uomini e donne( per queste c'erano i matronei, o gallerie aperte o sullo spazio centrale ecc). le 2 zone, transetto e abside, spesso erano separate da arco centrale detto trionfale (f.344). --Per quanto riguarda il Battesimo, nei primi anni veniva amministrato agli adulti. I catecumeni (coloro che ancora dovevano riceverlo) potevano partecipare alla prima parte della messa (letti comandamenti): per loro v'erano spazi appositi-> un "atrium" della basilica( quadriportico) es. in S.Pietro a Roma, fig.345-6)-> --il soffitto della chiesa era ligneo a capriate (in vista o non) o chiuso da cassettoni (f.347); soffitti più bassi coprivano le navate laterali (determinano effetto particolare della facciata, detta 'a salienti'). Le finestre si aprivano nella parte superiore della navata centrale o nell'abside, conferendo un'illuminazione diffusa. (+ candele/lampade a olio-- >effetto sovrannaturale) --arredo interno: con marmi policromi, colonne, capitelli, ecc. Queste erano le caratteristiche delle chiese all'epoca costantiniana, ma non erano tutte uguali le basiliche, es. quelle portanti reliquie-> es. Basilica Vaticana che sorgeva sulla tomba di S.Petro (f.348) il baldacchino della reliquia aveva colonne tortili, posto nel transetto di fronte all'abside. Altri es.: in Terra Santa, la Basilica di Betlemme(f.349) collegata ad un edificio ottogonale, dove era conservatala 'Grotta di Cristo' (luogo nascita Gesù). CAP V - LE NUOVE CAPITALI DELL'IMPERO. COSTANTINOPOLI: Nel 324 fu inaugurata la nuova capitale Costantinopoli sulle rive del Bosforo. Costantino ebbe come primo scopo quello di diffondere la fede in un impero pacificato che richiedeva una capitale stabile, sicura. La nuova Roma non poteva identificarsi con l'antica: non costruì infatti la città ex novo, ma scelse Bisanzio, piccola e antica città greca, ampliata da Settimio Severo nel 196 d.C; un luogo facilmente difendibile, che domina gli stretti del Bosforo e dei Dardanelli, con eccellenti vie di comunicazione, terrestri e marittime. Venne progettato un impianto urbanistico grandioso, venne quadruplicata in estensione (f.350); le mura correvano per c.a. 2km( poi sostituite da Teodosio II) Tra il mar di Marmara e il Corno d'oro. Fu costruito un nuovo porto, l' ippodromo (poteva ospitare 50mila spettatori) (f.351). Alla morte di Costantino (377) erano già in funzione mura, acquedotto, palazzo imperiale, sedi amministrative, rete stradale. (popolazione 90mila abitanti). L'unico edificio d'età costantiniana sopravvissuto è comunque l'ippodromo(f.352) .L'ispirazione viene dal Circo Massimo, e come ogni ippodromo era elemento essenziale della residenza imperiale. Dalla tribuna il dio-imperatore presiedeva ai giochi acclamato dalla folla.(f.353). Foro: A pianta circolare, racchiuso da colonnati a doppio ordine, aveva al centro la colonna con la statua bronzea di Costantino, Helios che si ergeva su uno zoccolo alto 5m, racchiuso in un piccolo edificio- statuario dove si celebrava la messa, bruciavano incensi, ecc. Ma il culto dell'imperatore raggiunse il culmine nella chiesa dedicata alla Sapienza Divina, la S. Sofia, che fu cattedrale. Iniziata nel 326, completata nel 360 , fu ricostruita dopo il 532(da Giustiniano) dopo la Rivolta di Nika. Edificio grandioso a 5 navate, preceduto da propilei e un atrio. L'unica chiesa completata da Costantino fu però quella dei Santi Apostoli, concepita come suo mausoleo, presso la porta di Adrianopoli(mura), ricostruita da Giustiniano, molto modificata nel tempo, ma fonti la descrivono una splendida costruzione a croce greca, sorgeva entro un tempi del vescovo Neone ( dal quale la denominazione di Battistero neoniano o degli Ortodossi), da una cupola con all’interno tubi fittili che la alleggeriscono. I sontuosi mosaici risalgono al V secolo. Le immagini presentano ancora una certa consistenza plastica dovuta a rapporti con l’ambiente romano. D’altra parte la monumentalità crescente delle figure, insieme alla rutilante policromia, trovano la loro radice nel mondo bizantino e orientale. Nella fascia più esterna appare il motivo simbolico dell’etimasia, riferimento apocalittico alla fine del mondo (trono vuoto con il libro della vita, pronto per accogliere Cristo nel giorno del Giudizio). Morto Onorio nel 423, Galla Placidia avviò una fiorente stagione artistica, voleva dare l'aspetto cristiano alla città. Una delle difficoltà fu il collocare il Palazzo imperiale: forse si trovava a sud-est della città, vicino al palazzo di Teodorico infatti (in realtà i resti della chiesa alto medievale di S.Salvatore in Calchi) precede tracce di una residenza aristocratica del II-III sec --> Valentiniano forse vi costruì il palazzo iniziato da Onorio, un complesso ampio e costituito da varie parti. Nelle vicinanze, Galla Placidia fece costruire, dopo il 42, la chiesa di San Giovanni Evangelista. La chiesa, ampliamente rimaneggiata, è a tre navate e aveva interessanti mosaici, purtroppo perduti, che raffiguravano i membri della famiglia imperiale teodosiana. Importante è notare la presenza di due ambienti rettangolari che chiudono le navatelle ai lati dell’abside: questo particolare, presente anche in Sant’Apollinare in Classe, trova riferimenti nella contemporanea architettura costantinopolitana. Sempre riferibile al V secolo  Mausoleo di Galla Placidia, nella zona a nord-est della città, dove per molti anni si è ritenuto fosse situato il Palazzo Imperiale. Il mausoleo era collegato a un lato del nartece della chiesa di Santa Croce, sull’altro lato doveva ergersi un altro mausoleo corrispondente. La chiesa dedicata alla Santa Croce, oggi distrutta, era probabilmente a una sola navata, con pianta a croce latina. Galla Placidia  sepolta a Roma  forse, il mausoleo, era un sacello dedicato a San Lorenzo, come indicherebbe un mosaico all’interno. La pianta è a croce latina, l’esterno in semplice laterizio, contrasta fortemente con lo sfarzoso interno ornato da mosaici. La decorazione è sfavillante (f.388-90) dominata dalla croce circondata da stelle della cupola(f.390); ogni braccio ha una lunetta decorata a mosaico con raffigurazione di San Lorenzo e del Buon pastore-> Cristo è raffigurato imberbe, seduto su una roccia mentre tutte le pecore si volgono verso lui; i corpi sono plastici e consistenti> rapporto con tradizione naturalistica dell'antico; ma anche elementi simbolici come cervi, colombe, simboli degli Evangelisti, indicano un nuovo modo artistico, nato dalla cultura cristiana come le volte a botte dei soffitti. Nel 476 Odoacre re degli Eruli depose l'ultimo imperatore Romolo Augustolo. Il suo regno fu però interrotto da Teodorico, re degli ostrogoti; trascorse gran parte della sua vita come ostaggio alla corte di Bisanzio, dove venne educato. Di religione ariana, fu inviato in Italia per combattere Odoacre: nel 493 assunse il potere: compì opere di bonifica attorno a Ravenna, con al fianco Cassiodoro, Boezio e altri uomini di cultura. Organizzò il suo regno in modo molto diverso da quello dei regni barbarici, pur mantenendo sempre separate le due etnie dei Goti e dei Latini, mirò alla convivenza pacifica tra i due popoli. Tale orientamento determinò una singolare situazione urbana: a Ravenna venne creato un nuovo quartiere riservato ai Goti. Teodorico fece costruire edifici religiosi riservati al culto ariano, duplicando i monumenti della città. Es. la Basilica dedicata alla anastasis (oggi S.Spirito) e un battistero(oggi detto 'degli Ariani',f.391) vicino al quartiere goto; poi fece costruire S. Apollinare Nuovo(f.392) dedicata al Salvatore (inizi VI)concepita forse come chiesa palatina-- ->3 navate, abside poligonale all'esterno(frequente a Ravenna ) con elementi di origine orientale (f.393). L'illuminazione è diffusa, finestre solo nella parete superiore della navata centrale e pareti delle navatelle (schema orientale); colonne in marmo di Proconneso e capitelli da Bizanzio, tra capitello e abaco v'è il pulvino (derivazione bizantina); ricca decorazione a mosaico divisa in 3 fasce (quella più alta sono raffigurati episodi della vita di Cristo ). La chiesa mostra mutamenti rispetto al periodo di Galla Placidia: nel riquadro con Cristo che divide le pecore dai capretti (f.394) gli animali sono divisi in piani spaziali ma l'immagine è fortemente ieratica; sono presenti temi della tradizione italica come l'Ultima cena (f.395) che ricorda rilievi funerari romani-provinciali. Vi sono proporzioni gerarchiche, proprie della tradizione romana dell'arte plebea(f.396); domina il fondo oro > crea ambiente innaturale, dimensione ultraterrena; nella fascia intermedia> figure di profeti e santi. ultima fascia> ricca decorazione molto modificata. sono rappresentati anche il Porto di Classe (f.397) e il Palazzo di Teodorico a Ravenna(f.398)> entrambi prospettiva innaturale; il primo appare visto "a volo d'uccello" in modo da mettere in risalto l'ampiezza del porto con le case del borgo; tra gli intercolumni dell'atrio c'erano figure in seguito coperte da tende: rimangono le mani appoggiate alle colonne> rappresentavano Teodorico e personaggi di corte. Stesso destino ebbero i mosaici delle parti rimanenti di queste 2 fasce (scene culto ariano). Con Giustiniano la chiesa fu riconsacrata al culto cattolico, dedicata a San Martino di Tours, distintosi per lotte contro gli eretici. Teodorico fece costruire anche il proprio mausoleo (f.399) nella necropoli riservata ai Goti: si tratta di un blocco unico in pietra d'Istria ben lavorata, ha due ordini (concezione rimanda a mausolei romani) , il primo a forma ottagonale con nicchie rettangolari e all’interno cruciforme; il secondo più piccolo del sottostante, per lasciar spazio all'ambulacro. l'esterno è decagonale , l interno circolare (dove forse venne sepolto Teodorico); il soffitto è un'unica grande pietra monolitica, trasportata per mare e issata per mezzo di dodici anse (forse sistema del terrapieno); il motivo a tenaglia trova riscontro nell'oreficeria gotica (f.400). Tale edificio presenta motivi artistici provenienti da diverse culture (romana-tardoantica per tipo di edificio, calotta e decorazione > dal mondo germanico-nordico). Teodorico morì nel 526 e si aprì un periodo travagliato per la città. Con Giustiniano vi fu la guerra goto-bizantina che mise a ferro e fuoco la penisola. Giustiniano vinse, volle unificare gli imperi d'Oriente e Occidentale ma durò poco. Ravenna rimase comunque centro importante anche se subordinato a Costantinopoli. Diventò pressante la necessità di cancellare il ricordo del periodo goto nella città, al vescovo Agnello vennero donati per decreto imperiale tutti i beni della chiesa ariana. Egli riconciliò al culto cattolico tutti gli edifici religiosi goti ed epurò anche le immagini contenute in essi, come accadde in Sant’Apollinare Nuovo. Venne cancellato il ricordo ariano, tutti gli edifici furono riconsacrati al culto cattolico. es. nell'ultima fascia del mosaico di S. Apollinare nuovo vennero cancellati i personaggi di Teodorico e la sua corte, e aggiunge teorie di Santi Martiri (f.401) che procedono verso Cristo in trono tra angeli e di Sante Vergini guidate dai Re Magi, vanno verso Maria in trono col Bambino in braccio tra gli angeli. In tali mosaici si notano trasformazioni che si concretizzeranno in S.Vitale ---> immagini + solenni, ieratiche, meno plastiche, fondo oro, mostrano adesione a modi bizantini (2a metà VI). SAN VITALE:(522-47) (f.403) edificata a n-o della città vicino al complesso di G.Placidia. Iniziata nel periodo goto (vescovo Ecclesio) la costruzione prosegue venne poi conclusa da Massimiano (Giustiniano l'Argentario, banchiere, finanziò impresa). Presenta molte differenze rispetto le precedenti chiese, collegandosi all'architettura bizantina (elementi comuni a S. Sergio e Bacco a Bisanzio). Pianta ottagonale, preceduta da nartece o ardica, 2 torri laterali (in origine c'era 1 portico su 3 lati (f.405). l'interno ha un nucleo centrale, deambulatorio con pilastri e colonne su 2 ordini; cupola su tamburo, si eleva ad altezza molto maggiore rispetto agli esempi coevi orientali (verticalità è carattere occidentale).Il presbiterio si sviluppa su 2 ordini e conduce all'abside, con 2 vani laterali (danno accesso a 2 ambienti circolari, forse mausolei). Interno: È arricchito da mosaici , da capitelli troncoconici , prodotti da officine orientali e decorati con una ricca ornamentazione a traforo (f.408). L'edificio ha quindi stile orientale ma la tecnica costruttiva che si avvale di muratura , è occidentale. Anche i mosaici sono di stile orientale: i famosi riquadri con Giustiniano e Teodora (f.407-8) hanno figure frontali secondo uno schema che riflette il rituale di corte . Le figure sono ieratiche e bidimensionali. La stessa astrazione si riconosce nel mosaico del catino absidale di Santa Apollinare in classe (IV, f.409). Tradizionalmente legata al nome del vescovo Massimiano (545-6) è la cattedra eburnea nel museo arcivescovile di Ravenna (f.410): decorato, e raro es. rimasto di trono episcopale. Si conservano ancora buona parte delle formelle eburnea : tra ricchi motivi vegetali e santi , vi sono rilievi con storie di Cristo dei Vangeli apocrifi e episodi della vita di Giuseppe. Sul lato anteriore vi è il monogramma riferibile forse a Massimiliano. Tuttavia altri studiosi l'hanno identificata come la cattedra donata dal doge Pietro Orseolo III a Ottone III. non si conoscono le maestranze, si è proposto artigiani alessandrini , Constantinopoli, orientali , siriaci e ravennati, che avrebbero creato le varie parti. influenze diverse condizionano dell'arresto la produzione scultorea ravennate , ricca di sarcofagi ornati da scene figurate o motivi simbolici , di oggetti e arredi liturgici (f.411 -15). MOSAICI (Scheda). Le origini del mosaico risalgono alla cultura greco-romana: la fase più antica testimonia l'uso di mosaici pavimentali costituiti da piccoli ciottoli accostasti (f.414), in seguito tessere giustapposte, piccoli cubetti colorati in smalto, pietre, pasta virea, terracotta e madreperla (le tessere oro e argento vengono da lamine sottili) e possono essere di varie forme in modo da adattarsi alle superfici. Il muro greggio viene preparato con un 'arriccio'(calce, sabbia e acqua) al quale è sovrapposto un impasto di polvere di marmo, calce spenta e pozzolana(calce e sabbia) steso in vari strati: sull'ultimo si applicano le tessere. Il lavoro è svolto in equipe: il "Pictor imaginarius" traccia sul cartone il soggetto da presentare e indica i colori da utilizzare, il "Pictor Parietarius" trasferisce il disegno dal cartone al muro, il "Musivarius" dispone le tessere. Fino al I sec la decorazione musiva è prerogativa di dimore patrizie: tra le rare testimonianze si ricordano i mosaici della casa del Fauno a Pompei (II sec a.C) ora al museo Archeologico (NA), la ''Battaglia di Isso" combattuta da Alessandro contro Dario (f.415). Ma dal I sec d.C. il mosaico viene impiegato anche per le abitazioni comuni per rivestire pareti e colonne (f.416) soprattutto con motivi geometrici. Poi dal II sec con gli Antonini, anche negli edifici pubblici come le terme, o es. quelli della Villa imperiale di Piazza Armerina in Sicilia (metà IV) e del Palazzo di Costantinopoli: illustrano scene di caccia, con realismo vivace il primo (f.417) e più misurato il secondo(f.418), ci mostra classicismo delle figure(f.419), e tendenza all'idealizzazione bizantina. Nelle chiese invece si predilige all'inizio il mosaico parietale, ma anche absidale; il colore e il rapporto con l'architettura sono i caratteri dell'arte musiva in età cristiana: l'irregolarità della forma delle tessere, crea sulla muratura giochi di riflessioni dei raggi di luce impressionanti, lo spazio fisico diventa spirituale, appare disteso( soprattutto nelle basiliche ravennati del V-VI es. Battistero Neoniano f.420, san Vitale, f.421). Roma, Ravenna e Milano testimoniano le fasi salienti dell'evoluzione del mosaico tra i primi secoli della cristianità all'età giustinianea. 12 pannelli a riquadri simmetrici della volta anulare dell'ambulacro di Santa Costanza a Roma (f.422) (1a metà IV sec) mostrano brani realistici della tradizione pagana, che ritroviamo in S.Pudenziana (f.423)(fine IV) e in Santa Maria Maggiore (1a metà V)(f.424); oppure nella Lunetta del Buon Pastore in Galla Placidia (V, f.390) o nella lunetta di S.Lorenzo (f.388). In ambito milanese la tradizione realistica del ritrattismo romano è nella figura di Sant'Ambrogio (fine V) nel sacello di San Vittore in Ciel d'Oro nella Basilica di S.Ambrogio (f.425). Più tardi, tra VI e VII sec, le figure diventano ieratiche, solenni es. in SS.Cosma e Damiano (f.426). Come in S.Vitale a Ravenna (f.407-8), dipendenti dall'arte orientale. Tuttavia la tradizione romana si attarda ancora nel VIII sec nei mosaici di San Giovanni VII a Roma (f.427). A Costantinopoli i mosaici di S.Sofia verso la fine del XI sec, mostrano la disposizione delle tessere fitta e regolare: assumono carattere disegnativo (sarà modello per futuro) (f.428). Nuova vitalità è nel corso del XII sec nel "Giudizio Finale" nella controfacciata di Torcello (Venezia)(f.429) e nel ciclo del duomo di Monreale a Palermo(f.430) , che trova un precedente nel XI sec nel busto ieratico del Pantocratore nel Monastero di Dafni (Atene) (f.431)--> entrambi danno carattere narrativo al ciclo cristologico, accostando linearismo/bidimensionalità alla definizione volumetrica. Dal XIII si andrà ad allineare alla pittura: si cerca naturalismo, gli effetti di ombreggiatura sono creati da tessere sempre più piccole che imitano la stesura del colore col pennello. si va verso la decadenza: le originali possibilità espressive del mosaico sono ridotte. Questo processo è evidente a Bisanzio in età dei Paleologi (XIII-XV) quando si diffondono mosaici portatili, legati alla devozione privata, su tavole di legno e formate da tessere minutissime, es. le tavolette con le 12 festività liturgiche cristiane (XIV) realizzate da maestri bizantini, oggi al museo dell'Opera del Duomo a Firenze. In Italia l'arte musiva passa in secondo piano rispetto alla pittura (Cimabue, Giotto, Cavallini). La decorazione musiva del Battistero di Firenze (XIII) esprime però un rinnovamento che porterà effetti fino alla fine del '300(f.434): l'intervento più innovativo è quello di Coppo di Marcovaldo , nel 'Giudizio Finale'(f.435) introduce tensione drammatica inconsueta nell'arte bizantina. Un cambiamento visibile anche a Roma: -mosaici in S.Maria Maggiore di Jacopo Torriti (f.436) -mosaici iin S.Maria in Trastevere di Pietro tomba de Re sassone Readwald quasi coevo alla testina (affinità stile per stesse origini sull’Elba dei Sassoni e Longobardi). Dal 625 al 774 Pavia fu capitale del Regno e centro di committenze artistiche, ma gli edifici eretti tra VII e VIII sec sono distrutti o rimaneggiati: ci sono solo resti al Museo Civico e ricostruzioni grafiche che mostrano evoluzione in senso anticlassico. -(fig.19) Chiesa suburbana di S. Maria in Pertica: da un disegno del ‘700 sappiamo aveva pianta ottagonale, deambulatorio, giro interno di colonne. Su questo modello latino viene inserito un corpo centrale con slancio inedito (sarà modello cappella Palatina carolingia di Aquisgrana e S. Sofia a Benevento); -(fig-20) questo verticalismo si nota anche nel corpo ottagonale centrale del Battistero di Lomello; - cattedrale di S. Eusebio: costruita come cattedrale ariana da Rotari (636/52), la chiesa divenne fulcro di conversione dei Longobardi al cattolicesimo, promossa a Monza da Teodolinda e realizzata a Pavia da Re Ariberto e vescovo Anastasio. Rimangono capitelli della cripta rimaneggiati in epoca romanica (fig.21)  essi scartano la tradizione antica e propongono una tipologia desunta dall’oreficeria, hanno forme senza precedenti, forse prima erano policromi (vi erano inserite pietre/paste). fig22: reticolo di triangolari campi chiusi, ricorda fibule alveolate; fig.23: sembra ispirato alle fibule a cicala (modello orientale diffuso in Europa, fig24), per l’articolazione a foglie d’acqua. Verso fine del VII, inizio VIII si assiste ad un’evoluzione dell’arte longobarda, si nota sia da es. pavesi che dalla chiesa di S. Maria d’Aurona a Milano  i longobardi sembrano avvicinarsi alla civiltà classica e alla pluralità di stili, il momento culminante è durante il Regno di Liutprando (712-44), ben documento nei monumenti di Cividale (vedi “i longobardi a Cividale”) e del Friuli. Es. a Pavia: sono due plutei dall’Oratorio di San Michele alla Pusterla (fig.25-26) i motivi naturalistici (pavoni che si abbeverano, albero vita tra draghi marini) sono bidimensionali, grafici, staccati dal bordo con forza incisival’immagine diventa simbolo. Nonostante i rapporti coi romani e la “rinascenza” di Liutprando, i longobardi sono considerati ancora invasori, l’ultima conquista è Ravenna, 4 anni prima della disfatta di Desiderio da parte di Carlo Magno (vista come “liberazione” dai barbari, ma non fu davvero tale poiché alla corte carolingia erano presenti maestri visigoti, sassoni, longobardi, l’arte carolingia ne risentirà). Per questo motivo è difficile attribuzione carolingia/longobarda della chiesa del monastero di S. Salvatore a Brescia (fig.27) fondato da Desiderio ma rinnovato nel IX sec. I ducati della Longobardia minor sopravvivono fino al XI sec, sono qui importanti i centri di culto e le ricche signorie monarchiche- nel VI sec viene fondato il santuario di Monte S. Angelo, dedicato all’arcangelo Michele (adorato dai Longobardi) costruito come di consueto su un altura tra grotte. E’ molto rimaneggiata, non si può capire l’architettura antica, come accade per Montecassino, potente abbazia benedettina fondata nel 529, alla quale diede impulso l’abate Gisulfo (797-817). -Altro centro è S. Vincenzo al Volturno, fondato a fine VIII sec: nella cripta ci sono importanti affreschi del tempo dell’abate Epifanio (824-42) (fig.28), messi in relazione con una possibile scuola pittorica beneventana, aperta da longobardi o maestri locali (caratteri: schemi compositivi orientali, colori luminosi, lumeggiature, disegno con rapporti Italia Settentrionale). Nb. altri es. pittura beneventana sono x es nella Grotta di S. Michele a Olevano sul Tusciano (fig29), ma più importante è il ciclo di affreschi nelle absidi laterali di S. Sofia a Benevento (fig.30): fondata a Arechi II nel 760, è la chiesa più importante al sud, ha pianta centrale (fig.31) ha struttura stellare, 3 absidi, espressiva frammentarietà interno (fig.32)  dinamismo architettonico {nb. modello slanciato S. Maria in Pertica di Pavia, articolazioni di volumi forse fa riferimento ai modelli bizantini  segno apertura a culture, non rifiuto come si pensava}. I LONGOBARDI A CIVIDALE Cividale fu municipium per i Romani dal I sec d.C. grazie a G. Cesare, era punto commerciale favorevole per il fiume Natisone, e assunse il nome di “Forum Julii” da cui prese nome poi l’intera regione; Re Alboino la diede al nipote Gisulfo e così divenne 1° ducato longobardo, e mutò nome in Cividale, anche se rimase ai margini del regno è importante per i numerosi resti di opere di oreficeria, scultura, architettura ecc; Come nel resto del Regno, sono scarsi i resti del VII sec; dal 737 però la sede vescovile si sposta qui da Aquileia, per opera del patriarca Callisto. I reperti rimasti sono di corredi funebri, (uso dotare defunti di oggetti declina a fine VII sec); Fin dal duca Gisulfo appaiono già cit. crocette con l’imago Christi, volto al centro o replicato nei bracci (fig.33 Croce di Gisulfo, l’immagine di Cristo si ripete 8 volte!). C’è stilizzazione. All’inizio dell’VIII si avvia la rinascenza liutprandea (si conosce anche il latino) a Cividale rimangono solo 2 sculture della fine del VIII sec1) l’Altare del duca Ratchis (fig.34- 35): c’è deformazione anatomica figure , disegno bidimensionale, la lavorazione è delicata e i volti quasi astratti e simili. E’ la già vista rilettura di modelli antichi in senso “barbarico” (es.Teodolinda); 2) coevo è il battistero di Callisto (da nome patriarca che lo eresse) (fig36) si caratterizza dalla ricca decorazione a traforo che segue la complessa struttura ottagonale della vasca, su archivolti e capitelli ci sono simboli quali pavoni, grifoni, leoni e agnelli, allusivi al battesimo; sul basamento sono state murate due lastre, la meglio conservata è quella del vescovo Sigualdo (forse =bottega altare Ratchis); -Il monumento più interessante longobardo è il “Tempietto”, sorge nella Gastaldia (residenza gestaldo), chiusa da mura romane rinforzate, a strapiombo sul Natisone. Nell’VIII sec era cappella Palatina, poi la Gastaldia fu resa monastero e esso divenne “S. Maria in Valle”; E’ una semplice aula quadrata divisa in 3 navate, perduti mosaici abside, rimangono stucchi e affreschi nel lato ovest. Le cornici decorative hanno intrecci di vite e grappoli d’uva, circondano 6 statue di sante (fig37), sotto sono affrescati in una lunetta Cristo e gli Arcangeli e figure di martiri. Le sante (fig.38) sono frutto dell’incontro di stile longobardo e rilettura di modelli classici (questa classicità verrà mantenuta come stile imperiale da carolingi e ottoni); vi è infatti problema cronologia (longobardo o carolingio?) anche per affinità decorazione chiesa S. Salvatore a Brescia!). La tecnica dello stucco fiorisce in alto-medioevo, verrà sostituito dalla decorazione in pietra nel periodo romanico e non tornerà fino al XVIII sec (per gli interni Rococò). 3- PREESISTENZA DI MODELLI CLASSICI NELL’ARTE ROMANA VI-XI SEC Dal 493 al 526, durante il regno goto, Roma ha un periodo di pace: il re Teodorico affida al cancelliere romano Cassiodoro l’amministrazione del potere e risiede preferibilmente a Ravenna, Roma invece sta lentamente decadendo, difronte al suo sfaldamento emerge la nostalgia dell’Antica Roma, tanto che Teodorico si fa inviare colonne di spoglio per costruire il suo palazzo. Ci sono pochi interventi edilizi: su sollecitazioni di Teodorico, Papa Felice IV promuove un’iniziativa  utilizzando materiale di spoglio costruire all’interno del Foro la Chiesa dei S. Cosma e Damiano, 1° intervento cristiano all’interno di Roma. La sua decorazione simboleggia continuità tra tradizione classica e Cristianesimo: il mosaico absidale con Cristo tra i SS. Cosma e Damiano (fig.39) riprende iconografia di S. Pudenziana (fine IV- inizio V), ma in quest’ultima l’immagine è più concreta, le figure sono in semicerchio e lo sfondo è la città, in SS. Cosma e Damiano Cristo si eleva in un cielo nuvoloso con suggestioni simboliche, i personaggi sono sì caratterizzati sono posti secondo rigido schema triangolare. Le figure sono ridotte, c’è frontalità  tutto simile all’arte bizantina, come nei plutei e colonne di S. Clemente (fig.40). Dopo vari tentativi di Belisario, Narsete (bizantini) riprende Roma nel 552 (c’erano soli 30mila abitanti!); ci si preoccupa subito delle opere pubbliche, delle mura, acquedotti, da Ravenna arrivano modelli architettonici (come uso pulvino sopra il capitello); Si continua a cristianizzare il centro di Roma, x es. ridedicando edifici pagani (es. Pantheon consacrato alla Madonna nel 609); I bizantini si concentrano su S. Maria Antiqua, ricavata dall’aula dei palazzi imperiali, rimase interrata dall’847 fino il nostro secolo. L’abside della Chiesa è una vera e propria “parete palinsesto”, vi si riconoscono 4 strati di decorazione: 1- l’immagine più antica è un Madonna con Bambino tra 2 angeli (dipinta subito dopo conquista bizantina); 2- Annunciazione (fig.41) risale al 565-78 quando l’aula diventa chiesa palatina, la decorazione diventa ellenizzante; 3- Figure santi Basilio e Giovanni, datata 650 nella parete palinsesto e altri nelle altre pareti. Es Salomone e i Maccabei (fig. 42) vi si notano scritte in greco abile uso ombre; 4- anni del pontefice greco Giovanni VII (705/07), sull’abside c’era S. Gregorio Nazianzeno, sulle pareti riferimenti arte bizantina  si è pensato a maestranze orientali! Presenza artisti e circoli orientali a Roma attestata anche da aumento monasteri greci tra VII e IX, ma accanto all’arte ellenizzante (greca) riemergono motivi dell’arte classica e palestinese CARATTERE ETEROGENEO ARTE ROMANA DEL VII-VIII SEC. Il mosaico absidale di S. Agnese fuori le mura (625/38) (fig.43): ci sono figure immateriali e simboliche, anche gli affreschi della cappella di Teodoto (alto funzionario) in s. Maria Antiqua mostrano influenze orientali (fig.44 Crocefissione: uso semplice del colore/disegno, rapida narrazione, lunga veste> rimanda ad es. palestinesi e siriaci). lo scambio tra cultura romana e bizantina è testimoniato da icone conservate in varie chiese, grandi immagini portatili di datazione incerta (VI-VIII sec): eccetto la “Madonna del Pantheon” del 609, spesso collegate a feste particolari, venivano portate in processione, feste ecc, dimostrano culto opposto all’iconoclastia; celebre è la Madonna “theotokos” di S. Maria in Trastevere (fig.45) per frontalità e colori smaglianti è paragonabile al 1° strato affreschi di S. Maria Antiqua. L’incoronazione di Carlo Magno la notte di natale dell’800, sancisce il decadere degli influssi bizantini, si torna ai modelli tardo-antichi e paleocristiani; Gli es. sono in architettura: nel VIII sec si era affermata la chiesa con aula rettangolare triabsidata (es. s. Maria in Domnica e S. Maria in Cosmedin), nel IX sec si ritorna allo schema delle basiliche paleocristiane, in particolare la Vaticana, ne è es. S. PRASSEDE (fig.46) in cui ricompare il transetto. Il pontificato di Pasquale I (817-24) è di intensa vitalità artistica: affreschi n S. Clemente, in S. Prassede (fig47), S. Cecilia in Trastevere, S. Maria in Domnica, sacello di s. Zenone (in s. Prassede ) si riutilizza il mosaico (ormai in disuso da 1 secolo) con accostamenti nuovi, es-> angeli volta sacello s. Zenone (fig47)! Il modello è nell’abside di SS. Cosma e Damiano ma le forme sono ancora più essenziali, c’è espressività. SCHEDA: LA QUESTIONE DELLE IMMAGINI TRA ICONOCLASTIA E LIBRI CAROLINI Nell’anno 726 a Costantinopoli viene distrutta l’immagine di Christo sulla Chalke, porta accesso al palazzo imperiale, forse per ordine di Leone III Isaurico, nel 730 il suo editto vieta la raffigurazione di divinità, il patriarca Germano si oppone ma viene deposto. Ha inizio in Oriente l’iconoclastia, monaci e fedeli si opporranno, ma Costantino V (figlio di Leone III) proseguirà le scelte del padre, approvando anche persecuzioni di monaci, che scapperanno in Occidente; Papa Gregorio II da Roma accuserà l’imperatore di aver inserito “favole vane” nei luoghi sacri (figure di musici, scene circensi/caccia); la situazione si rovescia con Irene nel 787 (vedova Leone IV) che convoca il 2° concilio di Nicea e avvia un periodo di pace, ma nel 815 Leone V l’Armeno riavvia l’iconoclastia; definitivamente solo nel 843 finisce l’iconoclastia grazie all’imperatrice Teodora. Le cause sono molte: religiose, politiche, culturali, non solo l’autorità importa sa un imperatore, ma anche il potere crescente dei monaci, per non inimicare le popolazioni orientali (ebrei, per es. che non rappresentano immagini) che già non accettavano rappresentazione divinità; la ricerca di uno stile meno naturalistico, sempre più astratto. La condanna dell’icona è all’immagine dipinta che non può arrivare a rappresentare davvero una divinità, ma anche al fatto che il suo culto finisce per essere idolatria per un oggetto (venivano baciate, pareva facessero miracoli ecc.), l’icona non può sostituire Dio; nel Concilio di Nicea si stabilì che l’iconografia delle immagini fosse sempre controllata dalla Chiesa e non riguardasse il volere del pittore, a cui spetta solo “l’ars” (tecnica, esecuzione) che deve comunque rifarsi a modelli classici, orientali ecc.. (ciò bloccò molto l’evoluzione di uno stile); In Occidente la Chiesa rimase sempre ferma nella posizione iconodula (accettare immagini), Gregorio Magno scriveva al vescovo di Marsiglia che le immagini non stanno per essere adorate, ma per istruire il fedele, guidano all’invisibile attraverso il visibile; Un copia degli atti del Concilio di Nicea fu inviata da Papa Adriano I a Carlo Magno, che di risposta scrive i “libri Carolini”: Carlo si dimostrava indipendente dalle opinioni sia dell’Oriente sia del Pontefice. Per lui l’immagine serviva a ricordare fatti trascorsi e poi a ornare l’edificio. Le immagini devono essere per questo “narrative”, reali, fuggendo dai simbolismi. In sostanza l’iconoclastia non fece altro che porre il problema della funzione dell’immagine, e finì per approfondire la già esistente frattura tra Oriente e Occidente. CAPITOLO II: LA RENOVATIO DELL’IMPERO 1.Rinascenza Carolingia Tra VIII e IX sec la dinastia carolingia unificò quasi tutto l’Occidente cristiano in unico impero, ci fu una rinascita politica e culturale, il modello preso per unificare diversi paesi/popoli fu Magno e vescovo di Metz), manoscritto (844ca) le scene con personaggi/architetture sono incluse in iniziali di proporzioni classiche ma con rigogli di vite/acanto (fig78), forse il pittore si è ispirato ad il modello tardo antico delle figurazioni nel Mausoleo di S. Costanza (IV sec) x assonanze cromatiche. Ma quando si indebolisce la committenza imperiale, per le lotte interne dinastiche, allora riemerge una tendenza decorativa insulare, spesso aniconica, anche nella corte  la Seconda Bibbia di Carlo il Calvo, composta per l’imperatore presso l’abbazia di saint-Amand negli anni ’70 del IX sec è ornata solo da grandi iniziali decorate a intrecci che nonostante l’armonia, ricalcano solo modelli del secolo prima. (fig79) Scultura e oreficeria: segno dello splendore artistico raggiunto dalla corte di Aquisgrana sono le opere bronzee: transenne e porte della Cappella Palatina. Vennero prodotte in loco (fu trovata una fonderia); (fig.80: un es. è anche la piccola statua equestre di Carlo Magno, ispirata modelli del VI sec come l’avorio barberini e il monumento equestre di Teodorico nel cortile ad Aquisgrana); Grazie ai tesori strappati agli Avari nel 795, i ricchi carolingi potevano commissionare molti doni per chiese, sono avori e oreficerie quelli attualmente meglio studiabili. Le placche di avorio intagliato spesso formavano polittici o venivano incastrate in una cornice di gemme per essere legature di libri liturgici; Questi avori venivano spesso intagliati negli stessi scriptoria, perché preparavano i manoscritti e poi ne riprendevano lo stile. Avorio (Dittico) di S. Martino di Genolseldern (VIII e IX sec) (fig.81): il tema è tratto da modelli tardo antichi ma lo stile è anglosassone; Coperta dell’Evangelario di Lorsch (fig82): c’è l’immagine di Cristo in gloria tra 2 arcangeli, storia dei Magi in basso e croce nimbata sorretta da Vittorie n alto (Rm, Musei Vaticani) ricalca modelli ravennati del VI sec come la cattedra di Massimiano. Coperta di salterio (fig.83): qui lo stile è della scuola di Reims, è narrativo come nel Salterio di Utrecht, stessa cosa si verifica in un cristallo con storie di S. Susanna (fig84) forse inciso per le nozze di Lotario II nell’885 (Londra, British M.); Ventaglio liturgico, “Flabello di Tournus” (fig85): Eseguito a Tours a metà IX sec, vicino a officine delle Bibbie, c’è qui invece stile e tema classicheggiante (Egloghe virgiliane); il capolavoro dell’oreficeria carolingia è l’altare di S. Ambrogio a Milano (vedi scheda 4) Importanti sono anche il codice aureo e il ciborio di Arnolfo (fig86), dell’870 in cui perdura lo stile scuola di Reims: segno nervoso, spezzato, pieghe fitte e sottili. L’ITALIA TRA ETA’ LONGOBARDA ED ETA’ CAROLINGIA Quando arrivarono i Franchi in Italia, trovarono corti longobarde fortemente latinizzate/grecizzate, diffuso interesse per i modelli antichi, come testimoniano le iscrizioni del palazzo di Liutprando a Corteolona, con terme marmoree e mari splendidi. Se la politica fu soppiantata, le culture artistiche si sono via via integrate --> La continuità tra le due arti è TESTIMONIATA DA S. SALVATORE A BRESCIA, s. Salvatore a Spoleto, Tempietto di Cividale o quello di Clitumno, riferiti sempre o all’epoca longobarda o a quella carolingia-ottoniana. Continuò anche spesso l’impiego di maestranze e tradizioni locali, così ad es. i capitelli del sacello carolingio di S. Satiro Silvestro e Ambrogio, riprendono il modello delle chiese pavesi del VII e VIII sec, la differenza è che la politica culturale degli imperatori carolingi era incentrata sul gusto del sovrano, si voleva stabilire coerenza e sistematicità nel progettare la rinascita dell’antico, gli edifici dell’VIII sec avevano sì un’apparenza classica (x uso marmi romani o modelli tardo-antichi/orientali) ma non raggiunsero mai la ripresa cosciente di Fulda, Lorsch o Aquisgrana. (es. il sacello di San Giusto, voluto da amico di C. Magno, a Trieste, ricalca davvero la tipologia del martyrium tipo bizantino, con pianta centrale, cupola ecc; non come il Tempietto); -il potere carolingio in Italia si fonda anche sull’appoggio di vescovi e abati  nel Monastero di S. Zeno di Bardolino (in una abbazia di Verona) è ripresa la tipologia a cupola su colonne e i capitelli imitando l’ordine ionico (anche se c’è grafismo) (fig87-88), ricordano Lorsch; - l’esempio più conservato è il Sacello di S. Satiro (fig89-90), costruito nel 876 per volere del vescovo Ansperto, si riprende lo schema di S. Giusto, ma arricchito di nicchie grandi e piccole (da elementi Architettura termale tardo-antica); {Nb. in queste zone c’è influsso bizantino da Venezia che comincia la sua ascesa}; più complessa è la situazione al centro e sud Italia, per via della presenza del Papa e Longobardi, lo stile carolingio si trova più frammentario. L’interesse è, durante il tempo del papa Leone III e Pasquale I, quello di riprendere lo schema basilicale Costantiniano, ma la politica qui è quella di riaffermare l’autorità, la supremazia della Chiesa, la rinascita qui è strumentale, ideologica, che non conosce l’entusiasmo degli artefici nordici. Comunque un bel risultato emerge: in s. Salvatore a Spoleto c’è classicismo nell’architettura, con colonne e semicolonne corinzie (fig.92), ma anche nelle decorazioni (riprendono pitture romane). - Sempre in centro Italia, sotto il controllo del monastero imperiale di Farfa, vi è la Chiesa di S. Giovanni in Argentella, all’interno, un affresco con l’Adorazione della Croce (fig.91): mostra tradizione romana e insieme grafismo nervoso della scuola di Reims. - Ciclo di affreschi Cripta dell’Abazia di S. Vincenzo in Volturno: stile vicino agli affreschi di Mustair e lombardi, ci sono scene della vita di Cristo, martirii di santi, teorie di Santi e Angeli (cfr.fig28). SCHEDA - Gli affreschi di S. Maria foris portas a Castelseprio La chiesa si trova su un altura fuori dalle mura di Castelseprio (Varese), era difeso da un fossato e fu l’unico a sopravvivere all’abbandono dei longobardi, perché fu quello più utilizzato. Ha una struttura a triconco (fig93): c’è una piccola navata rettangolare sulla quale si aprono 3 arconi che danno su 3 grandi absidi illuminate da finestre, all’esterno rafforzate da contrafforti. C’è un atrio, aperto in un fornice nel XVII sec.--> pianta deriva da modelli Orientali, ma i contrafforti e le capriate lignee sono elementi occidentali sin dal IV-V sec (Milano, Ravenna) fino anno 1000. La datazione è incerta, si pensa IX sec, doveva essere più ricca, forse c’erano marmi per i pavimenti, affreschi ovunque. sulle pareti dell’abside principale c’è il ciclo più importante dell’Alto Medioevo, scialbato nel ‘400 e riscoperto di recente. Il tema: infanzia di Cristo, si svolge in 2 registri, in riquadri separati da sottili bande (fg95-96-97). Da in alto a Sx partendo dall’abside ci sono Annunciazione, Visitazione (fig98), prova delle acque amare, sogno di Giuseppe, Andata a Betlemme. in basso da dx: Adorazione dei Magi (fig99), Natività (fig100), Annuncio ai pastori, Presentazione al tempio e altre perdute. Sull’arco trionfale ci sono 2 angeli in volo con il globo e lo scettro dell’Etimasia (trono su cui poggiano croce e corona); sopra le finestre 3 tondi, uno con il Cristo Benedicente (fig101); Le vicende sono prese sia dai vangeli canonici che da quelli apocrifi , per esprimere meglio del concetto di incarnazione (es. alcuni insoliti come: le acque amare dove la Vergine testimonia innocenza del suo concepimento) ci sono simboli che interrompono la narrazione appunto per sottolineare la duplice natura e la sua missione: asse centrale abside c’è il Salvatore, l’etimasia , ecc. Stile: qualità eccelsa, narrazione fluida come un rotolo tardo- antico, il maestro non si fa condizionare da architettura edificio, i luoghi sono tridimensionali con paesaggi e architetture, plasticismo personaggi, gesti e atteggiamenti espressivi ma senza dramma; tecnica di rapide ma precise pennellate ad ampie velature, pochi colori per ottenere un effetto atmosferico d i soffusa luminosità. Datazione è 948 per Iscrizione che cita “Arderico”, arcivescovo di Milano fino 948, il Maestro sembra invece costantinopolitano/formatosi lì. -1) c’è anche ipotesi datazione VII-VIII sec (prima dell’iconoclastia sotto imperatore Eraclio, in cui lo stile appare anche a Roma); -2) altra ipotesi è durante rinascenza macedone, in cui torna fervore classicista, si confrontano libri miniati del IX-X sec; ma queste ipotesi non spiegano presenza elementi carolingi: es. nimbo cruciforme Cristo, particolari nelle vesti angeli ecc, somiglianza segno con Salterio di Utrecht orientano datazione a VIII-IX sec, anche x confronti con mosaico abside S. Sofia a Costantinopoli (718- 815) (durante pausa iconoclastia con Imperatrice Irene) (fig102); questo stile si diffonde per la diaspora di artisti dovuta all’iconoclastia, arriva a Roma, poi passa per la costa adriatica e infine al nord, Ma a s. Maria foris Portas siamo già al termine di questo stile, difronte l’apertura di uno nuovo (costantinopolitano) caratteristiche sono figure grandi e immobili, astratte e cerimoniali detto “stile dell’icona”. Committenza/motivi realizzazione: a Milano, fine IX sec, ancora c’erano molti ariani che non credevano a duplice natura Cristo, il committente volle esprimere la sua posizione antiariana, forse era conte del Seprio, Giovanni, figlio del conte di Milano, Leone. L’altare di S. Ambrogio Questo altare aureo è il fulcro della ristrutturazione di S. Ambrogio a Milano nel 824-60 voluta dal vescovo Angilberto II. Il Vescovo rappresentava il potere carolingio in città; All’edificio del IV-V sec viene aggiunta una grande abside centrale preceduta da ambiente voltato a botte per funzioni liturgiche, l’abside maggiore (furono aggiunte 2 minori) è decorata da mosaico con il Redentore in trono tra i martiri milanesi Gervasio e Protasio, ai lati gli Arcangeli, più 2 episodi vita di S. Ambrogio. Il ciborio paleocristiano viene completato con 4 timpani che in origine dovevano essere affrescati e rivestiti di stoffa, prima di avere il rivestimento in stucco del X sec oggi presente. Sotto il ciborio si trova l’altare d’oro (fig103), segno vistoso di presenza reliquie SSS. Ambrogio, Gervasio, Protasio. Ha una forma a cassa simile a sarcofago antico, ma il vero “contenitore” di santi resti si poteva vedere sotto, attraverso una finestrella. La faccia frontale (rivolta a fedeli) (fig105): grande croce centrale col Pantocratore in trono e nei 4 bracci i simboli di evangelisti, negli angoli i 12 apostoli si raggruppano a 3 a 3 per adorarlo (fig105); I pannelli laterali: hanno 6 riquadri con Storie di Cristo (fig106-107 vedi didascalie per iconografie); la faccia posteriore (fig108) (rivolta ad abside, clero privilegiato vedeva la tomba!): stessa tripartizione della frontale, ma al centro sportelli finestrella, nei 4 tondi ci sono gli Arcangeli, e due scene di omaggio (Ambrogio incorona Angilberto gli presenta l’altare e Ambrogio incorona Vuolvino,(maestro opera) (fig109), al lato dei tondi ci sono storie della vita di S. Ambrogio (fig.110-111); I lati dell’altare (fig112) sono spartiti da intelaiatura geometrica e contengono al centro grande croce gemmata , intorno angeli e santi entro clipei o prosternati dinanzi croce. Gemme o smalti a Cloisonné ornano in tutto. Artisti: erano diversi, alcuni si ispirarono, nei modi di organizzare le scene/architetture, agli affreschi al Mustair, al Salterio di Utrecht per elementi paesistici e concitazione figure. Come nello Stile di Reims, i movimenti vivaci non distruggono organizzazione spaziale scena; altri riferimenti sono nella miniatura costantinopolitana del IX sec (finita iconoclastia) per alcune fisionomie stravolte/grottesche - questa pluralità fa pensare ad artisti lombardi o cmq qui attivi (perché in questa regione si innestava sia la tradizione tardo antica carolingia che l’arte costantinopolitana come sappiamo passò prima per castelseprio); Vuolvino ha uno stile diverso: è chiamato a tradurre, senza ausilio di precedenti iconografici , molti significati legati a S. Ambrogio, sceglie un linguaggio austero, essenziale, gesti lenti, personaggi plastici e ben costruiti su sfondo neutro (riprende avori ravennati del VI sec come la cattedra di Massimiano) il ritmo narrativo non si interrompe nelle formelle ma fluisce di scena in scena. RINASCENZA OTTONIANA Il lasso di tempo tra 853 (declino dinastia carolingia, spartizione impero a Verdun) e l’anno Mille, è classificato come periodo di Crisi dovuta a nuove invasioni Normanni in Francia, Danesi in Inghilterra, Ungari in Europa centrale, Saraceni in area mediterranea; Ci sono poi conflitti interni, le famiglie di stirpe imperiale vogliono raccogliere i resti del dominio carolingio e le ricche famiglie romane controllare il seggio papale; Nonostante ciò tra XI e XII sec c’è una ripresa: quando la precaria unità voluta dai carolingi si disgrega, emergono i poteri locali, che organizzano il territorio si comincia a consolidare il sistema feudale; in questo contesto i monasteri consolidano la loro funzione economica e culturale, hanno possedimenti immensi. Es. è l’abbazia di Cluny in cui, nel X sec, la chiesa subisce un rinnovamento magnifico. (pianta fig103, è più imponente del progetto di S. Gallo!); gli abati sono spesso i più colti e influenti del sec. L’arte del X e XI sec (molte cose perdute tra cui arte profana) è legata alla dimensione religiosa, alle abbazie, cattedrali imperiali o semplici pievi (presso comunità rurali). questo fervore edilizio spesso frainteso con la paura per l’anno 1000, incrementata da invasioni, carestie, epidemie, è invece segno della 1° lenta ripresa economico/demografica d’Europa. Nel 602 Ottone I “il Grande”, già Re di Germania, si fa incoronare a Roma e afferma di voler replicare il potere di C. Magno. L’impresa non riuscì ma avrà, risvolti più duraturi in campo culturale. I modelli presi dal nuovo impero sono ancora quelli tramandati dal vecchio. Le grandi formazioni imperiali e feudali L’attività edilizia è ancora interesse primario degli imperatori/aristocrazia. -Cattedrale di Marburgo: fondata nel 955 da Ottone I a testimonianza del suo interesse per area orientale impero minacciata da Slavi; per avere un’idea di com’era va esaminata la Chiesa di S. Ciriaco a Gemrode (960/965) (fig114)  3 navate, transetto e westwerk tra 2 torri scalarie, è una tipologia carolingia; gli alzati no però, la navata è ora scandita da ritmo pilastri-colonne (fig141):_il Salterio eseguito (944ca) a Winchester per Osvaldo (arcivescovo di York): nella Crocefissione lo spazio non è più tridimensionale, la linea di contorno è protagonista, l’artista si concentra sull’emotività dei personaggi più che nella narrazione, c’è contrasto tra compostezza Cristo e tormentato grafismo della Vergine/Giovanni addolorati. Fig.142 miniatura piena pagina (Nuovo Monastero di Winchester, 966 ca): Re Edgardo tra Vergine e Pietro offre il volume stesso a Cristo. Stile: modello carolingio per mandorla, linearismo contorni/lumeggiature, bordo di acanto, ma tutto è trasformato  gli intrecci vegetali hanno animata vivacità (presa da tradiz. insulare) che si ritrova anche in avori coevi/oreficeria anglosassone. (nb. fioritura miniatura inglese influenzerà stile Francia del nord); Oreficerie e Avori: Vasta è la produzione di oreficerie, oggetti liturgici tra X e XI sec, sempre di committenza imperiale (a imitazione della corte di Bisanzio), inoltre il mecenatismo degli Ottoni a volte è eguagliato da arcivescovi-feudatari come Bernoardo di Hildersheim , Egberto di Treveri ecc. Gli imperatori preferiscono commissionare oggetti come l’”Antepedium” detto “di Basilea”, eseguito a Fulda a inizio XI sec, dono di Enrico II e Cunegonda a fondaz. Benedettina (fig143) entro una loggia con arcate, vi sono Cristo adorato dai sovrani, in atteggiamento di Proschynesis (inchino), 3 arcangeli e S. Benedetto. I corpi risaltano, le vesti hanno pieghe ampie ma superficiali, compostezza aulica e alcune decorazioni rimandano ad arte orientale. A questa corrente classicista si affiancano altri stili come quello del Maestro di Echternacht es.fig144, anta di avorio con Incredulità di Tommaso, se confrontata con Madonna in trono del Maestro del Registrum Gregorii vediamo che la 1° ha una composizione anticlassica: Cristo alza braccio lasciando scoperta ferita del costato, l’apostolo fa uno slancio, è in punta di piedi, è di spalle rispetto lo spettatore, c’è intensità espressiva, il linearismo delle miniature {fig137-139} è scomparso, c’è plasticità, realismo inedito. A Colonia: nel Crocefisso, inserito dietro la Croce di Lotario (1000 ca) (fig145) la linea crea un’immagine di forte intensità patetica, stessa cosa nella Croce di Gerone (fig150) {epitaffio vescovo, 976ca}, il corpo abbandonato e il volto mostrano dolorosa espressione, lo stile del maestro di Echternacht non era quindi un caso isolato, circolavano ormai tendenze nuove. I centri artistici della penisola: Tra le Province che omaggiano Ottone III (fig133), Roma è la 1°, ha mani coperte da drappo in segno di rispetto e porta bacile d’oro e gemme la sovranità degli Ottoni in Italia (si da Ottone I, re di Lombardia dal 951), come per i carolingi, si basava sul rapporto con vescovi/abati delle abbazie, questa sovranità servì comunque ad uno sviluppo, almeno al nord; dominare Roma poi era di importanza simbolica, l’incoronazione vi avveniva per mostrare radici nell’impero romano dei Cesari. La produzione però, coinvolge più le officine milanesi: Gotofredo è committente di una situla di avorio nel 976 (fig146) secchiello liturgico dedicato ad Ottone e usato per cerimonie imperiali entro arcate c’è la Vergine col Bambino tra 2 angeli e 4 evangelisti, le figure sono auliche, composte (modelli tardo-antichi presenti a Milano); Alla fine del X sec, questa cultura si esprime nei nuovi stucchi della zona absidale/ciborio di S. Ambrogio {nb. i plasticatori eseguivano gli stucchi sull’edificio finito, x questo potevano ispirarsi liberi a pitture, stoffe ecc;} Le 4 facce del ciborio si arricchirono: il lato verso navata accolse la Traditio Legis, fig147, quello verso il clero S. Ambrogio tra Gervasio e Protasio ecce cc si sottolinea importanza origine divina dell’autorità episcopale, in particolare quella di Ambrogio chiamato da Dio alla sua missione, è una dichiarazione di autonomia verso il potere imperiale, che spesso prevaricava sull’autorità vescovile. Le grandi figure compiono gesti nobili e ricordano il maestro lombardo del Registrum Gregori, e altri coevi es. milanesi. Un artista italiano, Nivardo, è persino chiamato dalla Francia (dall’abate di Saint-Benoit-sur-Loire), a decorare una croce dipinta e volumi; molti oggetti si ispirano al suo stile con eleganti intrecci e ricche iniziali (ricordano tradiz. carolingia), questi aspetti della miniatura lombarda si trovano nel Sacramentario di Warmondo, (1000ca, per vescovo di Ivrea), es.fig148 “Consacrazione del Crisma” si può confrontare con il Vangelo di Bernoardo (fig118) per evidenziare la tradizione Carolingia nell’impostazione Pagina e modi grafici. In Lombardia si conserva anche un gruppo di 3 Crocefissi monumentali in lamina d’argento, o di bronzo (1- della badessa Raingarda a Pavia, 2- del vescovo Leone a Vercelli, 3-es. fig149, quello di Ariberto, a Milano), due mostrano stile simile a stucchi s. Ambrogio ma anche oreficerie orientali, diversa è la Croce di Ariberto, che come la Croce di Gerone (fig150), non presenta compostezza ma sintetico sbalzo di un patetico Cristo morto. A Milano tra X e XI sec il modello di S. Ambrogio viene imitato da S. Vincenzo in Prato (fig151) ha però 3 absidi, quella centrale ha un motivo di archetti ciechi sotto l’imposta del tetto, scanditi 3 a 3. Le campagne si stanno riorganizzando per via della crescita demografica, le pievi (piccole chiese/cappelle al centro d un territorio) costituiscono una rete di punti di forza, un appoggio spirituale/culturale sostenuto con le decime. Qui vengono sperimentati motivi che saranno poi dell’arte romanica; C’è affianco di solito anche un battistero indipendente, (come modelli paleocristiani, es. laterano a Roma); -la pieve e battistero di Gallieno  edificati per volere di Ariberto futuro vescovo di Milano nel 1007, il battistero (fig152) è a pianta quadriloba con pilastri liberi, si ispira al Sacello di S. Satiro (MI) ma è più monumentale, con masse murarie pesanti (ricordano Westwerk ottoniano). -S. Maria maggiore a Lomello (1024-40) elementi nuovi: edificio a 3 navate con transetto più basso del corpo longitudinale, la continuità della navata centrale è interrotta da archi trasversali che dividono in 2 campate (fig.153); Il pilastro, da funzionale diventa elemento formale grazie alle 2 colonne dell’intradosso e alle lesene fino a terra, gli archi trasversi assumono struttura cruciforme. Nb. alcuni elementi dell’architettura ottoniana (westwerk, grande cripta, torri vicino abside) sono recuperati e trasformati nel contesto italiano. -Area adriaticaAbbazia di Pomposa (Ferrara)(fig154), consacrata nel 1026 dall’abate Guido, amico di Enrico III. il modello è tipico dell’esarcato, ma viene aggiunto un atrio da Magister MAZULO (fig155), che con le 3 arcate trionfali, e con le grandi papere rotonde nei Petrucci si rifà alla romana Porta Aurea di Ravenna. Nella penisola sono rarissimi i casi di torri inserite nella Chiesa, si preferisce il campanile isolato . a Pomposa si ribadisce lo sviluppo verticale della torre attraverso la definizione, tramite le se NE archeggiature cieche, di piani sovrapposti . le aperture aumentano salendo fino alla campana. Invece dell'architettura civile Adriatica e veneziana da idea il Palazzo della Ragione , figura 156 c'è ancora richiamo della tradizione esarcale nella file di aperture, ma la proporzione dell'edificio e alternanza sostegni sono frutto di una mentalità nuova che progetta per aggregazione di cellule spaziali. Misto tra tradizione locale e contatti con il Settentrione ottoniano è la pittura monumentale in Lombardia negli anni intorno al 1000. Un es. è l'abside della chiesa di San Vincenzo a Galliano, figura 157, affrescata per volontà di Ariberto vicino via Arcangeli e profeti che nell'emiciclo ci sono 3 scene della vita di San Vincenzo. Più grande è la visione ultraterrena più gli episodi storici sono impaginati con sicuro senza spaziali, visto già Mustair, figura 63 64 . di origine orientale bizantina sono alcuni elementi iconografici come veste angeli ma è occidentale senso plastico mentre lumeggiature e ombre ricordano prodotti ottomani come il salterio di Egberto. Un maestro con un simile stile decora a Galliano anche il battistero di Novara. Ci sono figure isolate di santi e profeti entro una serie continua di arcate mentre in un registro superiore entro una loggia con fregio a meandro, mi sono 8 scene tratte dall'apocalisse, figura 159. Le figure hanno grafismo , sono eleganti, gli sfondi definiti ampi con fasce cromatiche e il raro soggetto rimandano all’Apocalisse di Enrico II miniata alla Reichenau (fig137); simili sono anche affreschi di S.Orso ad Aosta del XI sec (fig160); Anche in Lombardia, verso la fine dell’XI sec, arriva quello stile bizantino, imponendosi  es. i 2 cicli di Civate: quello di Calogero, e quello di S. Pietro al Monte (fig161); scena apocalittica di S. Pietro (fig162), ha composizione rigida/simmetrica, senso plastico è ammorbidito, volti e panneggi sono ispirati a modelli orientali. Questo stile lombardo non si diffonde solo verso nord (artisti chiamati in Germania) ma anche a Roma il generale movimento di riforma della Chiesa e la progressiva ricerca del potere religioso coincide con l’affermarsi, nella 2° metà dell’XI sec, di un linguaggio romano, influenzato da quello bizantino. La base di questo stile non poteva non essere un ritorno all’arte costantiniana: -affreschi della chiesa inferiore di S. Clemente (fig163): vi è narrata la vita di S. Alessio, fonti agiografiche dicevano svoltasi a Roma. Ci sono architetture, Il gusto antichizzante stimola all’uso di elementi decorativi come finte lastre marmoree, motivi tratti da tessuti, spunti naturalistici/paesistici. Il maestro privilegia la linea che concatena gesti e movimenti (elemento bizantino); si vuole comunicare con lo spettatore, e lo dimostrano le iscrizioni n volgare. Il meridione d’Italia invece, diviso tra potere longobardo e bizantino, ha forti influenze di cultura orientale. Ne sono es. le lastre con motivi vegetali e zoomorfi; si diffonde anche il rotulo (da cerimoniale bizantino). A Benevento c’era un importante scrittorio nel monastero di S. Pietro da cui ne provengono alcuni; Gli Exultet pugliesi del XI sec hanno uno stile costantinopolitano: la scansione immagini è rigorosa, le figure sono auliche, c’è intenso classicismo (fig164). Scheda 5 La miniatura medievale Il libro Miniato in cui si fondono parole, immagini , è un'invenzione che nasce col disfarsi della tradizione classica, e si estingue con l'invenzione della stampa nel XV secolo. Anche nel mondo antico si illustravano testi tecnico-scientifici, opere letterarie come Omero e Virgilio. Aveva a forma di rotolo e si leggeva volgendo lo poco a poco, fig165. Le immagini visualizzano episodi della narrazione senza però condizionare la struttura della parte scritta, lo stile è naturalistico tipico della pittura tardo-ellenistica e romana. ma il I e il III sec d.C. Cristo si abbandona il rotolo e si afferma il volumen, libro formato da più fogli ripiegati , originato forse dai dittici di tavolette incerate usate per scrivere, fig166; i cristiani lo preferirono perché economica è diversa dal rotolo, il quale sembrava una forma pagana. Inoltre al papiro si sostituì la pergamena, già usata in epoca ellenistica a Pergamo ma meno diffusa , poi che costosa è complicata da realizzare. la sopravvivenza della cultura antica si deve soprattutto alla copiatura dei Rotoli conservate nelle biblioteche antiche, su questo nuovo supporto presso scriptoria, fig167. È naturale che si persero opere considerate inutili o dannose, spesso erano tralasciate le illustrazioni, divenute incompressibili ho troppo difficili da copiare. Quando si afferma il cristianesimo c'è una svalutazione della realtà fenomenica percepita attraverso i sensi, la rappresentazione simbolica è l'unica che garantisce la trasparenza dell'immagine verso la realtà superiore, per questo nella realtà medievale, nella cultura medievale testo e immagini si avvicina enormemente. Il pesto stesso parla per immagini, è più che il libro storico della Bibbia, sono prodotti Vangeli, sacramenti, e poi più tardi ne sali, libri di coro. Oltreché immagini degli evangelisti prese ritratti degli autori nei libri classici, ci sono forme che uniscono testo e immagine come le iniziali figurate/istoriate, monogrammi a piena pagina composti con le prime lettere di preghiere , immagini didattiche ecc. anche i barbari ebbero una sensibilità lineare e ornamentale per es. nei codici irlandesi del VII e IX secolo ci sono raffinate decorazioni a intrecci di figure stilizzate, organizzate con schemi geometrici complessi, c'è la bidimensionalità, la pagina ha ora valore di sfondo neutro contrapposto a figure variopinte; es. è il libro di Lindisfarne con il monogramma cristologico greco XP, fig168. In questo periodo figure iconiche sono di natura narrativa e sacrale: il crocifisso, Cristo in gloria, Vergine, Santi, fig169. Nel Medioevo la fruizione non era l'unica funzione del libro, il mondo era quasi tutto analfabeta: aveva valore simbolico, si trovava su altari, reliquiari, era mostrato durante importanti cerimonie, era segno visibile tra sfera terrena e ultraterrena, adornare un testo era onorare Dio, per questo erano impiegati materiali preziosi. la porpora fu usata fino al suo esaurimento, come sfondo per lettere oro e argento, l'uso si mantiene anche per alcuni documenti Imperiali bizantini e carolingi ottomani, fig 170. Quasi esclusivamente i libri venivano prodotti nei monasteri, erano molto costosi da realizzare è per questo erano destinati a un uso comunitario piuttosto che privato. si eseguivano negli scriptoria, fig171 ed è grazie alla nuova cultura del Lavoro teorizzata da l'ordine benedettino che l'atto dello scrivere viene accettabile, operazione nobile. infatti nel mondo antico la scrittura come lavoro manuale era considerata indegna e si prendeva uno schiavo o uno scriba, invece nel mondo medievale alla fine del testo divenne usuale porre il nome del copista, i propri meriti e la sua origine, fig172. A volte si rappresenta offerente della sua opera al Santo Patrono. la prima operazione per realizzare un codice era tagliare la pergamena, rigarla con uno stilo per avere uno schema di impaginazione. Poi si scriveva il testo dividendo i fascicoli tra i diversi amanuensi, es. fig173 è una miniatura bizantina con l'evangelista Marco e tutti gli attrezzi della al lavoro: calamaio, penne, inchiostri , raschietti; nel tardo medioevo c'erano anche gli incipit dei vari paragrafi eseguiti di colore diverso. interveniva poi il miniatore, disegnava la figura con uno stilo, stendeva la foglia d'oro o argento e poi il colore, preparato seguendo spesso ricettari . il più antico trovato è del III sec d.C.; la preziosità dei libri ha fatto sì che si siano conservati il numero ingente. CAPITOLO III -- L'EUROPA ROMANICA. Borgogna e nei regni di Spagna settentrionale Si modifica la funzione stessa delle immagini, destinate a un pubblico ormai più vasto e socialmente e culturalmente differenziano rispetto ai secoli precedenti. 2.LE REGIONI DEL ROMANICO EUROPEO Il romanico è un fenomeno europeo, sappiamo però che da regione a regione alcuni caratteri si differenziano: questo per le diverse culture figurative, influenze dagli altri paesi, ecc. Ad es. nelle terre germaniche risulta una continuità con la tradizione carolingia e ottoniana, oppure nelle province meridionali (in particolare pianura padana e Toscana), l'affermarsi graduale dei comuni pone le premesse per uno sviluppo più dinamico e differenziato. Oppure nei centri urbani si preferisce il tipo della cattedrale, mentre nella Francia centro-sud soprattutto le grandi abbazie. E' difficile dunque tracciare una cronologia dello sviluppo del romanico; esiste un disegno che traccia a grandi linee il parallelo sviluppo dell'arte romanica nelle diverse regioni d'Europa (f.187). Si inizia alla metà del XI sec con la costruzione di Sainte-Foy a Conques, poi il Battistero di Firenze.. (vedi pag. 392, 2a e 3a colonna > elenco chiese e abbazie). Il panorama della scultura monumentale non appare meno ricco e nel trentennio tra 1090 e 1120 sono attivi i cantieri di Saint Sernin a Tolosa e dell'abbazia di Moissac in Linguadoca, delle abbazie di Cluny, di Charlieu, S.Ambrogio a Milano, Cattedrale di Modena ecc. Germania e Paesi Bassi: La continuità che c'è tra prima metà del XI sec e quella dei decenni seguenti è espressa da molti edifici come es. Santa Maria in Campidoglio a Colonia; ma l'es. maggiore sta nella ricostruzione della Cattedrale di Spira: fondata dall'imperatore Corrado II e consacrata nel 1061, prima della ricostruzione aveva dimensioni monumentali e complessa articolazione spaziale. Quasi 20 anni dopo. nel 1080 Enrico IV la ricostruì (Spira II,f.188) conservando gli archi ciechi che scandiscono le pareti e coprendo la navata centrale con altre volte a crociera su 6 campate a pianta quadrata. Vi è il sistema alternato degli elementi portanti (maggiore e minore sporgenza delle semicolonne). Un altro es. particolare dello sviluppo nella continuità della tradizione imperiale è la chiesa abbaziale di Santa Maria Leach (f.189), in Renania (1093 fino al XIII)> nonostante il largo arco di tempo, l'edificio risulta unitario, con il corpo centrale delle navate racchiuso tra i due corpi contrapposti della zona presbiteriale con transetto. In questi territori germanici non tanto la scultura monumentale quanto invece la scultura in metallo (segue tradizione laboratori di oreficeria età carolingia): realizzati reliquiari, dossali d'altare, altari portatili, e oggetti liturgici di vario tipo. centri principali erano la regione dii Mosa, Aquisgrana, Colonia ,Hildesheim. Vennero ripresi modelli bizantini e ottoniani, interpretati con senso plastico, come nel fonte battesimale in ottone di Saint Barhélemy a Liegi (f.190) eseguito dall'abate di Notre Dame aux-Fonts (1107-8). Normandia e Inghilterra: qui le premesse sono antitetiche a quelle tedesche, si sviluppa l'architettura romanica normanna, legata all'ascesa di Guglielmo il Conquistatore. Già nella chiesa abbaziale di Jumièges (1040-67) si trovano alcuni caratteri fondamentali della nuova architettura: la facciata inquadrata da 2 torri, navata con pareti sviluppate molto in altezza e scandite in 3 ordini, alternanza di pilastri e semicolonne addossate, transetto con corridoi nello spessore della muratura, coro con deambulatorio, ecc.(f. 191 e 193). Alla vigilia della conquista Normanna dell'Inghilterra, Guglielmo fondò a Caen 2 grandi abbazie, ritenute tra le maggiori realizzazioni del Romanico europeo. In particolare in Saint- E'tienne, vengono ripresi elementi di Jumieges ma perfezionati. In facciata le 2 torri sono allineate alla parte centrale e fanno corpo con essa, con effetto di slancio verticale (f.192). La parete si irrobustisce; l'originale soffitto ligneo fu sostituito da volte costolonate esapartite prima della metà del XII sec. Con la conquista normanna iniziarono ad essere costruite moltissime chiese abbaziali e cattedrali romaniche; gradualmente si accentua la ricerca di effetti decorativi e spettacolari nelle facciate, elementi accomunanti le cattedrali di Winchester, di Norwich ,di Ely (f.195) e altre es. di Durham, dove sul coro e navata centrale fu sostituita la copertura lignea con le volte a crociera (f.196) Borgogna: in Borgogna come in Germania, lo sviluppo dell'architettura romanica è preceduto da un'attività costruttiva importante, ma vi sono scarse tracce. es. l'immensa nuova chiesa abbaziale di Cluny (1088) (Cluny III) con nartece, 5navate, coro con deambulatorio, cappelle a raggiera, doppio transetto e 5 torri, viene quasi del tutto demolita tra fine Settecento inizi Ottocento; mediante gli scarsi resti (crociera meridionale del transetto est e una delle torri, f.198) possiamo farci un'idea delle enormi dimensioni dell'edificio , che divenne modello per la regione, es. per la basilica di Paray-le-Montal (f.199)> parete a 3 piani della navata centrale e transetto, coperture con volte a botte, pilastri scanalati e cornicioni che legano le arcate a sesto acuto dell'ordine inferiore, gli archi ciechi di trionfo e le sovrastanti finestre (f.200). Nella chiesa di Saint-Lazare a Autun (f.201) vi è invece nuova raffinatezza> il sistema di articolazione sembra suggerito dalle membrature delle porte romane della città stessa, l'antica Augustodunum (f.202). Si afferma dunque il modello cluniacense; oltre a questo ha successo un tipo di costruzione con le pareti della navata centrale scandite in 2 soli piani e limitato verticalmente, archi a pieno centro e campate coperte da volte a crociera, divise da grandi archi trasversali >> es. a Anzy-le-Duc e nella chiesa abbaziale di Saint-Madeleine a Vèzelay(1120-40 ca), trasformata precocemente in forme gotiche nella parte absidale (tra 1171-98) (f.203) Anche la scultura monumentale si sviluppa precocemente in Borgogna: es- le immagini scolpite sui capitelli della rotonda di Saint Benisne a Digione (f.207) hanno carattere arcaico. Il precedente diretto della scultura romanica borgognana sono i capitelli della torre- portico dell'abbazia benedettina di Saint-Benoit-sur-Loire (presso Orléans) centro di cultura già in epoca carolingia. Quelli del piano inferiore con foglie d'acanto o volute floreali o con figure sui blocchi d'imposta (f.204), quelli del piano superiore con scene apocalittiche e figure di santi (f.205) (forse eseguiti 1 decennio prima di quelli del deambulatorio di Cluny III, datati entro il 1095, fig. 206). A Cluny 2 capitelli in origine posti sulle semicolonne di ingresso al deambulatorio, son raffigurati il 'Peccato dei progenitori' e il' Sacrificio di Isacco' (allusione alla storia dell'umanità> dal peccato alla redenzione). un terzo riprende la decorazione del capitello corinzio, riprende modello antico; i rimanenti recano figure di atleti, di un apicultore, di virtù teologali e cardinali (f.209), di stagioni, Fiumi del Paradiso e degli 8 toni del canto gregoriano (f.210). L'iconografia del complesso non è chiara, forse le immagini illustrano un'epistola di san Pier Damiani elogiante la vita dei monaci dell'abbazia. Alcune delle figure appaiono isolate/distaccate dal fondo> alcuni studiosi hanno interpretato Cluny come espressione di un momento avanzato in cui si allenta la connessione tra scultura e architettura. In realtà risultano ancora legati per molti aspetti alla tradizione ottomana dell'oreficeria e scultura in avorio (per la raffinatezza ed eleganza e per la tecnica di intaglio del sistema di pieghe appiattite e sovrapposte) Stessa tecnica è per il timpano del priorato cluniacense di Charlieu (consacrata nel 1094) raffigura Cristo in Maestà tra 2 angeli nella lunetta e le figure rigidamente frontali degli apostoli entro arcatelle dell'architrave (f.211). E' un tempio forse affine a quello perduto di Cluny III: vi si deduce un'evoluzione che vedere figure sempre più sciolte e in rapporto dinamico e complesso con il campo architettonico. Evoluzione che fa fino al timpano di un 2° portale , da Anzy-le-Duc con il Cristo in Maestà tra 2 angeli che si genuflettono volgendo le spalle alla mandorla centrale> effetto di vivacità entro una composizione rigorosa e simmetrica (f.212). Tra il 3° e 4°decennio del XII sec la scultura romanica giunge a maturare in Borgogna, con i cantieri di Saint-Lazare a Autun, di Saint- Andoche a Saulieu, e della chiesa di Saint Madeleine a Vézalay. - A Autun-- ''maestro Gislebertus" firma il timpano del portale occidentale col 'Giudizio finale' (f213), lavora al distrutto portale settentrionale , da cui proviene l'immagine naturalistica di Eva (f.214), e dirige l'atelier degli artisti dei capitelli della navata e del presbiterio (figg.215-6). --- A Vézalay---Nel grande timpano del portale che da accesso alla navata principale del nartece, è raffigurata la "Missione di Cristo agli apostoli " (f.217) in composizione animata da ritmi tesi e turbinosi, con delicata modulazione dei particolari. A questo linguaggio aulico che riprende la cultura ottoniana e bizantina , si contrappone il tono più narrativo dei capitelli delle navate e del nartece stesso, con parabole ed episodi della vita dei santi (f.218-20) Linguadoca e Dordogne Anche in Linguadoca v'è precoce sviluppo del romanico. A Tolosa la chiesa di pellegrinaggio di Saint-Sernin fu ricostruita prima del 1080, Nel 1096 fu consacrata. L'impianto planimetrico è complesso (f.221) (nb. era lungo il cammino di Santiago) per la grandezza della navata centrale (f.222) e della zona presbiteriale (f.223). L'importanza della chiesa è soprattutto per la scultura. Già prima dell'ultimo decennio del XI sec i capitelli del deambulatorio hanno una raffinata decorazione a fogliami (moduli antichi) o figure molto plastiche. Intorno al 1090 sono quelli del portale meridionale del transetto (Porte de Comtes, f.226) : ci sono es. scene di supplizio di peccatori, immagini molto semplici che seguono il ritmo strutturale architettonico. Il 2° atelier della chiesa (forse in occasione della commissione dell'altare maggiore,1096): la tavola dell'altare in marmo, ha una decorazione scolpita con figure di Cristo tra la Vergine e s,Giovanni evangelista, apostoli, l'episodio dell'ascensione di Alessandro Magno e uccelli affrontati(figg.224-5). La ripresa è del modello antico; in un'iscrizione latina compare il nome dell'autore "Bernardo Gilduino" dalla cui bottega uscirono 7 bassorilievi in marmo collocati nel deambulatorio, che raffigurano 'Cristo in Maestà' (f.227) 4 angeli e 2 apostoli: lo stil di Bernardus Gelduinus appare visibile in altri capitelli delle tribune del transetto e nelle sculture della porta di Miègeville(f.229). Nei capitelli, come nel timpano con 'l'Ascensione di Cristo (f.228), con gli apostoli nell'architrave, nelle mensole su cui poggia l'architrave e nelle lastre adiacenti, con S.Pietro e S.Giacomo, la ''Caduta di Simon Mago '' e allegorie di vizi (f.230). La vivacità delle figure è controllata, ma risaltano nella plasticità. Sono esiti vicini a quelli della Spagna, soprattutto quelli del santuario di Santiago di Compostella. Un altro grande centro di scultura romanica europea è l'abbazia cluniacense di Moissac, dove nel 1110 ca, viene costruito il chiostro con capitelli scolpiti e ,ai lati dei pilastri, fig. di apostoli a grandezza naturale (f.231). Volti, corpi e vesti sono definiti con un rilievo attenuato, e del tutto privo di scorci. in particolari sono resi con acuto interesse naturalistico e fanno parte di un complesso schema decorativo che da ritmo al tutto. I 76 capitelli (f.232-233) alternamente singoli e gemmati come le colonne, sono modellati come sculture. Chiara è la distinzione tra fusto e blocco d'imposta rettangolare, ma la transizione tra l'astragalo circolare e l'imposta rettangolare, avviene gradualmente attraverso un delicato appiattisti della superfice conica( che si trasforma in sezione di piramide tronca rovesciata). Anche il blocco d'imposta ha 2 superfici distinte: una superiore orizzontale e una inferiore con decorazione complessa. Nei capitelli istoriati le figure(su tutti e 4 i lati) sono incorniciate da volute. Quasi assente è l'accenno di profondità ,e la distinzione tra figure e fondo si attenua perchè le composizioni sono simmetriche e bilanciate scultura monumentale di Moissac: i capitelli del 2° complesso monumentale di Moissac, la chiesa abbaziale (f.234), risalgono Al 2° decennio del XII sec. Vi è il grande timpano (f.236)raffigurante la "Visione apocalittica di san Giovanni( Cristo in Maestà tra i simboli degli evangelisti, angeli e vegliardi dell'Apocalisse). Sugli stipiti sono le fig. di S.Pietro e Isaia, e S.Paolo con un altro profeta (f.235). Le pareti laterali hanno rilievi con "Storie dell'infanzia di Cristo, la Parabola del ricco Epulone e Punizione di Avarizia e lussuria. L'immobilità del Cristo è in contrasto con la violenta animazione delle figure circostanti e con la simmetria della composizione. L'effetto d'insieme elimina l'autonomia delle parti; resa del particolare (vesti, ornamenti, oggetti, ecc); modellazione quasi a tutto tondo dei volumi, poderosamente squadrati (f.237). Vi è ritmo e sfumature espressive (f.238). La stagione della scultura romanica nella regione (il cui vertice è a Moissac) nei decenni successivi prosegue. C'è anzi una ripresa di motivi del chiostro dell'abbazia cluniacense , mentre in seguito prevarrà un maggior sviluppo narrativo e autonomia delle scene figurative, modellate finemente (quasi emulando l'oreficeria!) (f.239-40). DORDOGNE Cattedrale di Cahors (f.241): è nella regione della Dordogne, si collega a Moissac per lo sviluppo della scultura monumentale. Ha particolare struttura architettonica: unica navata a 2 campate coperte da cupole su poderosi archi laterali e trasversali (cosa tipica anche in Aquitania). Nel Portale dell'Ascensione di Cahors lavorano scultori di Moissac (1135) Sempre a Dordogne l'influsso di Moissac è nel portale meridionale della chiesa abbaziale di Beaulieu con il "Giudizio finale" nel timpano (f.242) e nei frammenti del portale della chiesa di SAinte-Marie del monastero benedettino di Soulliac; nella prima, nel timpano e nei rilievi degli stipiti è evidente la ripresa della plasticità delle immagini di Moissac (forme dinamiche, modellazione + sommaria). Nella seconda le figure mostruose degli stipiti e del trumeau e gerarchica del cantiere della cattedrale modenese. L'architetto Lanfranco vi è raffigurato, paludato e munito di verga, (forse strumento di misurazione) con gl assistenti, che dirige la posa delle fondamenta, e in un altro l'apparecchiatura dei muri (f.287), dando ordine alle maestranze, gli operari e artifices. I primi appaiono impiegati nelle mansioni più semplici, i secondi in cose più complesse e specifiche (es. rifinitura taglio pietre, attività di fabbro o carpentiere). Poi c'erano gli scultori che mano a mano col tempo diventano autonomi(non gruppi): fanno altari, pulpiti, transenne, ecc. fino a formare un proprio cantiere, parallelo a quello architettonico.> ipotesi confermata dalla figura di Wiligelmo come Anche un capitello del portale meridionale di Santa Maria Maggiore a Bergamo (f.288)> XIV, mostra un maestro che dirige il lavoro, progetta(tiene in mano il compasso) e sorveglia l'esecuzione, mentre un 2° personaggio sbozza un blocco di pietra e un altro lavora con martello e scalpello un capitello, e un quarto dà tocchi finali ad un capitello già posto in opera. ARTE ROMANICA E VIE DI PELLEGRINAGGIO (SCHEDA): Nel corso del XI sec il pellegrinaggio prende diffusione, si trasforma in fenomeno sociale per la maggior sicurezza delle strade e lo sviluppo dei centri urbani. Era un atto espiatorio, penitenziale, strumento per assicurarsi la benevolenza divina. Molti pellegrinaggi erano verso il sepolcro di Cristo a Gerusalemme, alle tombe degli apostoli Pietro e Paolo a Roma e a quella dell'apostolo Giacomo a Compostella( f.289). Quello verso Santiago di Compostella fu il pellegrinaggio maggiore, dove, secondo la leggenda , il vescovo Teodemiro, guidato da una stella, aveva ritrovato (nell'anno 830) in una zona deserta cimiteriale la sepoltura dell'apostolo Giacomo, fratello dell'evangelista Giovanni e testimone della trasfigurazione di Cristo sl monte Tabor. La devozione alla tomba trova ulteriore slancio con la ''reconquista'' e la lotta contro l'islam, con la trasformazione del santo in cavaliere e 'metamoro', grazie a una 2a leggenda che lo vede guidare truppe cristiane nella battaglia di Clabijo (840, f.290). Documento importantissimo è la Guida del pellegrino scritta dal chierico Aymery Picaud (anche lui compì il viaggio tra 1130- 5)dove troviamo la descrizione delle diverse strade e tappe che portano a Santiago. Fenomeno più evidente è tuttavia l'affermarsi di un tipo di pianta delle chiese di pellegrinaggio (sviluppo spazi in funzione del movimento delle masse): ampio deambulatorio e transetto (con navate laterali e accessi indipendenti all'esterno) con portali monumentali(f.292). Questo tipo di impianto viene poi sviluppato in forme più grandiose es. in Saint Sernin a Tolosa, Saint-Martin a Tours,Saint -Martinai a Lomoges: chiese situate su tutti e 4 i 'cammini' che attraversavano la Francia verso i Pirenei. IMMAGINI TEOFANICHE NEI TIMPANI (SCHEDA): La decorazione dei timpani di portali con rilievi monumentali, trova precoce sviluppo nelle chiese abbaziali e cattedrali d i regioni francesi (Borgogna, Linguadoca, Dordogne) e della Spagna settentrionale. E' una rappresentazione simbolica della 'soglia': il transito dallo spazio della vita quotidiana a quello sacro. Per la sua stessa collocazione, l'immagine si fa rivelazione della divina onnipotenza. Nei più antichi timpani borgognani (es. quello distrutto di Cluny III, quelli di Charlieu, di Anzy-le-Duc, di Montceaux-l'Etoile( f.293) al motivo della Majestas Domini si fonde quello dell'Ascensione di Cristo >allusione al suo ritorno. Stesso motivo riappare in Linguadoca nella Porte de Miégeville in Saint-Sernin a Tolosa. Nel portale della vicina chiesa di Moissac trionfa invece la rappresentazione della visione apocalittica di san Giovanni, con il trono Eterno tra angeli, i simboli degli evangelisti e i 24 anziani in vesti candide, con 'arpe e fiale dorate piene di profumi, che sono le preghiere dei santi' (f.294). Nella chiesa abbaziale di Beaulieu (f.295) il 'Giudizio finale', (forse ripresa modello di Moissac) si caratterizza per una interpretazione 'positiva' del tema. > Cristo - giudice è immagine gloriosa, e la croce asimmetrica alle sue spalle è simbolo di trionfo sulla morte, sul male, rappresentato da delle belve e figure mostruose nel doppio architrave. Non v'è accenno alle pene dei dannati. Qui a Beaulieu il giudizio come 'parusia' trova il suo massimo esempio. A Conques (f.296) la rappresentazione sintetica dei timpani recupera motivi tradizionali, aggiungendone altri in rapporto con il carattere di santuario di pellegrinaggio proprio di Saint-Foy. Così alla dx di Cristo-giudice avanza una piccola processione (tracce policromia originaria) guidata dalla Vergine e s.Pietro,e composta dall'eremita Dadon, fondatore dell'abbazia, da un monaco e da Carlo Magno in atteggiamento timoroso di pellegrino, reca doni preziosi (f.297)( fu infatti benefattore dell'abbazia). Nel settore infernale (f.298) tra le descrizioni dei tormenti inflitti ai dannati da demoni grotteschi, vi sono personaggi come un prepotente e feroce feudatatio, persecutore dei monaci, o un vescovo simoniaco che aveva tentato d'impadronirsi di beni dell'abbazia> carattere descrittivo minuzioso, tensione e forza visionaria. Nel Giudizio di Autun (f.299). L'iscrizione dello scultore Gisleberus, ricorda l'onnipotenza del giudice divino e ammonisce gli spettatori :'' questo terrore colpisca coloro che sono prigionieri del peccato.." .Il Paradiso è contrapposto all'inferno. La figura frontale di Cristo-Giudce, domina l'immagine nella quale, alla diminuzione gerarchica delle dimensioni dei personaggi, si accompagna il passaggi da un linguaggio più aulico e astraente a una definizione plastica e naturalistica es. figure dei dannati e beati sull'architrave(f.300). A Vezelay il portale che dal nartece dà accesso alla navata centrale, reca un timpano (f.301) con Cristo che affida agli apostoli la missione di evangelizzare la terra (allusione a redenzione). Qui, lo stile 'tragico e visionario della scultura borgognana, trova il suo culmine> un violento gioco di tensioni anima l'immagine, genera ritmo tra le figure . Nell'archivolto, entro piccoli medaglioni sono scolpiti segni zodiacali e figurazioni dei lavori dei mesi (f.302). Ma la sequenza è interrotta in corrispondenza della lastra che inquadra la testa di Cristo. Il corso del tempo storico e naturale (segni zodiacali e lavori dell'anno) è spezzato tra il Cancro e il Leone dal ''solstizio di Cristo'', annuncio della parusia e del passaggio al giorno eterno. Riprendendo una simbologia che ha radici nell'iconografia imperiale tardoantica, Cristo è presentato come ''cronocratore'' (dominatore del tempo): consacra i cicli naturali e le opere dell'uomo, ma anche i tempi e momenti dell'anno liturgico, segnando il varco verso il tempo sacro dell'eternità. Il simbolo per la sua posizione allude anche all’ora mediana. Il medesimo motivo è presente nell’archivolto del timpano di Autun e fornisce quindi una preziosa chiave di lettura del significato teofanico di tali figurazioni. In molte immagini tale significato va perduto. CAPITOLO IV. ARTE IN ITALIA TRA XI E XII SECOLO Si parte a considerare l’arte convenzionalmente dal nord Italia (area lombardo-padana), anche perché più vicino ai già visti sviluppi del Romanico europeo e fonte di spinte per il resto della penisola. LOMBARDIA Nel XII sec alla Basilica Ambrosiana si aggiunge il “Campanile dei canonici” (1128-1144) a riscontro di quello “dei monaci” del VIII sec (fig305). La cortina rossa del laterizio è interrotta da pietre (policromia), ogni lato è attraversato da sottili semicolonne, spezzate da cornici di archetti pensili. il modello ambrosiano è ripreso dall'edificio extraurbano di San Sigismondo a Rivolta d'Adda: rispecchia la suddivisione in 3 navate, proporzioni interne ma non ha matroneo e tiburio; inoltre i capitelli , decorati con motivi astratti, o, figure umane, mostri o animali fantastici, fig306, derivano da quelli ambrosiani. Quindi forse sono della stessa corrente scultorea, insieme anche agli artisti attivi nel cantiere di San Michele a Pavia, prestigiosa per la sua facciata, fig307-308, capolavoro di scultura romanica lombarda. Le sue decorazioni interne includono temi naturalistici, allegorici, racconti guerreschi, di vita quotidiana. che stile si avvicina alla cultura orientale, in particolare armena. La facciata, ricostruita molte volte a uno sviluppo ascensionale, accentuato dalle finestre , dai contrafforti a fascio , dalla teoria di loggette che convergono verso il tetto a capanna. Tutto ciò crea un gioco chiaroscurale: sarà modello per future chiese pavesi in area lombarda ci sono altre espressioni del romanico più aperte al Nord Europa. Invece del laterizio , domina la pietra , grezza o squadrata, usata per chiesette rurali o grandi costruzioni. un es. è Sant'Abbondio a Como, dove ci sono comunque archetti ciechi salienti sulla facciata, ma al termine delle navate ci sono due torri gemelle , una soluzione di ascendenza ottoniana diffusa in Germania, fig.311. Un altro esempio è San Fedele a Como , che ha una pianta particolare, tricora, fig. 312, simile a Santa Maria in Campidoglio a Colonia , e anche vicina a Santa Maria del Tiglio , a Gravedona, che ha un insolito campanile sulla facciata , fig 313 . Sempre a Como è originale la scultura con funzione decorativa, rispetto gli esempi milanesi e pavesi , in cui c'è forte carica fantastica e gusto per il grottesco, qui c'è più senso plastico, lo vediamo nei capitelli di Sant'Abbondio, fig314 . EMILIA questa volumetria comasca segna qui la cultura del XII secolo di Wiligelmo, Niccolò e Benedetto Antelami. soprattutto nel cantiere della cattedrale di Modena si sviluppa un'intensa attività scultorea, in particolare è suggestivo il lavoro di Wiligelmo , poi nel XII sec si apre nel cantiere il capitolo della scultura post -wiligelmica; a Wiligelmo spetta la "Porta dei principi", (lato sud edificio), con una teoria di santi e storie della vita di San Gimignano, cui era intitolata la cattedrale, nell'architrave,fig.315 e 316. Mentre è successiva, forse 1130, la decorazione plastica della "porta della pescheria" sul lato nord, fig317: Qui ci sono favole di animali nell'architrave e episodi dalla leggenda di Re Artù dell'Archivolto, a testimonianza della pasta circolazione di cultura nell'Europa medievale, fig.318 Sulla fascia esterna degli stipiti, come negli altri portali, vi si intrecciano tralci vegetali, abitati da animali, uomini e mostri. Lo stile e di vivacità narrativa è morbido modellato che si ritrova anche in un rilievo coevo con "la verità che strappa la lingua alla frode", fig319, ma sono le 8 lastre colpite, collocate lungo i salienti dei muri del tetto della Cattedrale il vero e proprio unicum, figura 320 e 321. Il loro autore è chiamato Maestro delle Metope per il suo uso di una compostezza compositiva e stilizzazione figurativa, è attivo nei primi del XII sec, inserisce nelle lastre figure fantastiche in atteggiamenti inconsueti e acrobatici (interpretate come genti cui deve giungere il messaggio di evangelizzazione). l'ultima fase dei lavori del Duomo spetta ai Campionesi , il primo è Anselmo da Campione, nel 1165 , che crea e decora il pontile,fig.322- 323, crea il grande rosone in facciata. cattedrali di Parma e Piacenza: riedificate in seguito al terremoto del 1117. a Parma fu realizzato un complesso monumentale, costituito dal Duomo, torre campanaria e battistero, fig324 , si impiegarono 2sec, poi si erigono anche il campanile in mattoni e il protiro della cattedrale. L'edificio ha una pianta complessa con un gioco di volumi nella zona absidale, fig186 e il transetto che ha due bracci absidati simmetrici rispetto l'abside maggiore. la cortina muraria è animata da loggette pensili che richiamano quelle in facciata, distribuite in 3 ordini: anche qui ci sono quindi effetti chiaroscurali, anche per l'uso di vari materiali come arenaria, pietra grigia e marmo rosa. La prima fase dei lavori è tra 1090 e 1130, si crea la maggior parte della decorazione scultorea, fig315; Benedetto Antelami si lavora solo dal 1178, data scritta su una lastra della deposizione, frammento di un pontile smembrato, ora murata nel transetto. in quello stesso periodo gli fu commissionata anche una cattedra episcopale, fig.326, con bellissima decorazione a rilievo. Tra Duomo di Parma e Piacenza ci sono analogie nello schema iconografico e nel prospetto, il Duomo di Piacenza fu costruito quando la città ebbe autonomia comunale; le decorazioni sono del XII secolo, l'autore è l'artista romanico Niccolò, che realizza i rilievi del portale sud della facciata del Duomo con episodi cristologici nel 1122-1130, fig327. Lo stile: c'è un evoluzione in senso pittorico di Wiligelmo , il suo stile sarà modello nel piacentino (es. nelle formelle dei Paratici, distribuite lungo le pareti di una navata della cattedrale con raffigurazioni di corporazioni artigiane, fig328-330); Niccolò lavora anche nella cattedrale di Ferrara, San Zeno, Duomo di Verona. le sculture del portale maggiore, nella lunetta, raffigurano un San Giorgio che atterra il drago, fig331. L'attività di Nicolò Ferrara si svolse intorno al 1135, invece verso il 1120 lavoro per la Sacra di San Michele dove coniuga suggestioni lombarde, francesi, bizantineggianti, scolpendo un'opera di grande interesse iconografico con figurazioni dello zodiaco e dodici costellazioni, fig 332, è un portale. Inoltre realizza la lunetta con San Zeno che benedice le milizie cittadine, fig333, nel 1138 nel San Zeno a Verona. Questa scena è iscritta entro fascia rilievo dove ci sono scene del Vecchio e Nuovo Testamento oltre ai Mesi e a scene della leggenda di Teodorico. AREA VENETA E ALTO ADRIATICO Abbiamo visto la chiesa di San Zeno a Verona, fig334-336, analoga alla cattedrale modenese per lo schema compositivo, spazi interni, facciata che dichiara la ripartizione interna, fig337- 338; ma nel resto dell'area veneta dominano piuttosto influenze bizantine; Cattedrale di S. Italia centrale sono pervenute tavole a forma di Croce dipinte a tempera direttamente o su pergamena poi incollata, che raffigurano il Crocefisso con Vergine e Giovanni Evangelista, o la Passione. es. noto è il “Croce di Guglielmo” (1138, fig.381), testa e tronco ridipinti nel XIII sec, nel Duomo di Sarzana l’altro es. “Croce di Alberto” (1187, fig.382) nel duomo di Spoleto. In entrambe il Cristo è ancora vivo, in posa eretta, frontale, simboleggia il trionfo sulla morte. (iconografia bizantina “Christus Triunphans” poi sostituito alla fine del XII da Cristo morto “Christus patiens” più drammatico da Giunta Pisano e Cimabue. LE MARCHE Prevale la cultura bizantina nel romanico marchigiano, ma anche del settentrione, giunge a soluzioni di cui spesso è difficile trovare confronto. -S. Maria in Portonovo (Ancona, XI sec, fig.383) ha pianta croce greca (=bizantina), all’esterno c’è teoria di, lesene e archetti pensili (=lombardo) i bracci laterali sono sia le navate che il transetto; -S. Ciriaco, la cattedrale di Ancona. (XI sec-XII) Ha impianto simile (fig.384), ma nel XIII fu completata con la cupola (tra incrocio bracci), protiro davanti facciata. (motivo bizantino è la pianta croce greca, quello lombardo sono le decorazioni esterne di archetti ciechi/cornici dentellate); - più bizantina  S. Claudio al Chienti (Macerata, XI-XII sec, fig.385) con pianta croce greca iscritta in un quadrato. ROMA E LAZIO Roma e il Lazio Anche qui si diffondono motivi decorativi lombardi, misti sempre alla tradizione antica. Le chiese di Viterbo riprendono solo i motivi decorativi lombardi, mentre per il prospetto alcune riprendono il modello umbro (parte centrale aggettante rispetto i fianchi) (es. S. Maria Maggiore in Tuscania  ricostruita nel XII sec fu consacrata nel 1206, nel portale centrale c’è la Sades Sapientae (Madonna con il braccio il Bambino, seduta, come Salomone, su un trono con alla base 2 leoni); i leoni sono anche gli stilofori della chiesa, tipico elemento romanico, la particolarità è anche la Vergine nella lunetta con i piedi che pendono. Roma. Nel XII c’è una fioritura grazie ai pontefici Pasquale II, Onorio II, Innocenzo II. -Es. in S. Maria in Cosmedin, riedificata nel XII  vengono aggiunte pilastri alternati a colonne, ma NO funzione portante come negli es. lombardi; simili sono: -San Clemente (fig387) e S. Maria in Trastevere (ricchi anche di decorazioni/mosaici): la 1° sorge su una chiesa preesistente, il recupero dell’antichità sta nel riprendere la pianta basilicale, ma anche l’arredo  la schola cantorum, pavimento musivo, e il mosaico absidale del 1128 (il maestro si ispirò all’abside del battistero Lateranense, V sec) con girali di acanto (=giardino paradiso) e croce centrale; sono inseriti anche animali, simboli, ecc che esaltano il tema della Redenzione (fig388); Più aggiornati al romanico sono gli affreschi della basilica inferiore del XI sec(fatti prima dei mosaici di quella superiore); -la 2° ha mosaici absidali con stile costantinopolitano, 1130/43; modi ripresi anche nel “Trittico del Salvatore” (fig.390 a Tivoli), ma comunque c’è più semplificazione lineare, e l’iconografia non è la tipica Deesis bizantina (al posto del Battista, c’è Giovanni Evangelista, secondo la tradizione locale); la pittura ha quindi nuovo slancio a Roma, nascono nuovi fenomeni artistici come quello dei marmorari romani, scultori/architetti che lavorano anche fuori il Lazio, senza attingere a fonti antiche, si tramandano il mestiere, creano arredi liturgici, ma anche chiostri, portali. (es. Cosmati, Vassalletto)  es. è S. Paolo fuori le Mura: è qui presente il candelabro pasquale scolpito da Niccolò d’Angelo e Pietro Vassalletto (fig392)  tema colonna coclide romana usato per mostrare episodi della Passione; i marmorari creano anche i chiostri di S. Giovanni in Laterano e S. Paolo Fuori le mura(fig391), suggestivi, costruiti con vari materiali, elementi decorativi, coppie di colonne dai fusti lisci intrecciati, che sostengono archetti. CAMPANIA Ci si trovano spunti di tradizione classica e paleocristiana, l’abate Desiderio (futuro papa Vittore III), volle però maestranze bizantine per decorare l’abbazia di Montecassino (fatta ricostruire), non ne rimane nulla, solo un’eco nella chiesa di S. Angelo in Formis, da lui commissionata nel 1072 (scheda10); prevale impianto basilicale con navate divise da colonne, transetto, si accolgono però anche motivi arabo-siciliani, e moreschi. (es. finestre a ferro di cavallo nel transetto o archi intrecciati su colonnine che decorano la cupola (fig.393, Duomo di Caserta vecchia; - Amalfi, chiostro dei Cappuccini nell’albergo dei Cappuccini (1212) e quello della cattedrale detto “del Paradiso” (1266-8, fig394) hanno archi a sesto acuto che si intrecciano con effetti decorativi; -A Ravello: il Duomo di Ravello e Villa Rufolo hanno una cupola di tipo musulmano; L’ambone del XII (fig395, Duomo di Ravello) è testimonianza di scultura campana, ci sono ornati geometrici di derivazione islamica, che ritroviamo in altri amboni/transenne alla Cattedrale di Salerno (fig396), XII sec, smaglianti nella policromia dei mosaici e intarsi marmorei, qui più classicheggianti (per i rilievi plastici figure); - coevi sono 2 plutei a S. Restituta (Napoli), dove si colgono riflessi bizantini, anche nelle porta bronzee del Duomo di Benevento (fig.397). Abruzzo oltre ad influssi anticheggianti, ci sono anche islamici/bizantini  si notano in un ricco gruppo di plutei della metà del XII sec; Tra gli autori ci sono Roberto, ma anche il maestro Nicodemo, cui spetta anche la decorazione dell’ambone di S. Maria del Lago (Moscufo, 1159, fig398): sulle pareti della cassa, sostenuta da pilastri che creano arcatelle trilobate e a tutto sesto, c’è una decorazione plastica a stucco con intrecci geometrici di gusto arabo, bassorilievi con scene bibliche, figure a tutto tondo come il piccolo nudo che si arrampica lungo una colonnina angolare (sembra citazione Opera ellenistica lo Spinario allora davanti al Laterano. variegati di influssi sono anche i cicli di Affreschi di S. Maria di Ronzano, Castel Castagna, 1181, fig399, e S. Pietro ad Oratorium a Capestrano, sec XII. Fig.400 PUGLIE E’ aperta a influssi del romanico lombardo, pisano, ma anche orientali. -S. Nicola di Bari: è l’edificio più rappresentativo (sarà modello x la Cattedrale di Bari e il duomo di Bitonto, XII- XIII), fu iniziato nel 1087, ultimato a fine XII sec, all’esterno (fig401) sembra una fortezza, con la facciata a salienti, 2 torri incompiute ornate da archetti pensili, ci sono anche loggette sui fianchi e pilastri compositi (modello emiliano/lombardo); - Cattedra del vescovo Elia, fig402, scolpita prima del 1105 (sua morte), che rispetto alla cattedra vescovile fatta dal Romoaldo per il Duomo di Canosa nel 1078/89 (fig403) con influssi bizantini/islamici (nb. elefanti sostengono il sedile), hanno un’evoluzione della resa naturalistica, il modello è la scultura wiligelmica. - prospetto della cattedrale di S. Ruvo (fig404), ha influssi lombardi, derivata a sua volta dal Duomo di Trani (fig406, finito nel XIII sec) {quest’ ultimo, con tufo calcareo molto usato in puglia, si avvicina alla cattedrale di S. Nicola ma senza tripartizione}; i battenti del portale (fig405) sono opera di Barsiano da Trani  riprende modelli bizantini x le figurazioni entro cornici, quasi identiche a quelle del portale del Duomo di Ravello, e quello del duomo di Monreale (sul fianco); -ci sono anche influssi d’oltralpe: es. è la Chiesa de SS. Nicola e Cataldo (Lecce), 1180, all’interno ci sono archi a sesto acuto/volte a botte (=modello borgognone); (fig407) -anche influssi pisani: es. nella Cattedrale di Troia, 1093-xIIsec, nell’ordine inferiore facciata/fianchi con arcate (fig.408); , anche solo nel portale riassume motivi armeni (rilievi appiattiti architrave), musulmani nei capitelli, bizantini, in una sintesi originale. - il gusto romanzo trova riflesso nei pavimenti musivi delle cattedrali di Otranto, Brindisi, Taranto, Trani. Quello di Otranto, fig.409, 1163, ha il nome del committente, l’arcivescovo Gionata, e l’autore, Pantaleone. Si trova lungo tutta la navata centrale, presbiterio/abside, transetto: è un viaggio nell’immaginario medievale, ci sono scene dell’A.T., di romanzi cavallereschi, leggende arabe , c’è un senso si Horror Vacui, accentuato dalla composizione e dall’irregolarità delle tessere, bidimensionalità, e assenza chiaroscuro. SICILIA CALABRIA E BASILICATA Sicilia Calabria e Basilicata sono rivolte all’oriente bizantino (n.b. La Cattolica di Stilo, fig.410, Reggio Calabria) ma subiscono anche influsso della Sicilia normanna. L’insediamento degli arabi, durato oltre 2 secoli dal IX al X sec, poi arrivo dei Normanni (1016-91, Regno di Sicilia) influenzano l’arte già mista di rapporti greci, latini, islamici. Elementi bizantini, musulmani, occidentali, si mescolano nell’architettura siciliana, a Palermo è soprattutto arabeggiante; la realtà oggi è mutata, ma edifici civili come “la Zisa” (dall’arabo Aziz, splendido), sono d stile arabo. iniziata da Guglielmo I (1154) finita dal figlio Guglielmo II come palazzo, e la “Cuba” (fig412, 1180)  hanno strutture squadrate, la prima all’interno è arricchita da volte a muqarnas (alveoli) e mosaici (fig411), che si trovavano nel Parco Reale, voluto da Ruggero II per far coltivare frutta/ortaggi e per la caccia; -S. Giovanni degli Eremiti 1140, fig413: anche qui influssi cultura araba, ha pianta cruciforme , cupole emisferiche, è simile a S. Cataldo, 1161, fig.414, alleggerita all’esterno da arcate cieche. Aulico influsso bizantino -S. Maria dell’Ammiraglio, fig415, 1143 per volere dell’ammiraglio Giorgio d’Antiochia; -Cappella Palatina, fig416, all’interno del Palazzo dei Normanni, 1140 consacrata e dedicata a S. Pietro e Paolo da Ruggero II. Entrambe le costruzioni sono coperte da mosaici di stampo costantinopolitano; La Cappella  è connubio originale tra pianta centrale bizantina (presbiterio) e basilicale latina (navata), scintillante tappeto musivo (fig417) e presbiterio rialzato. Elementi islamici vi convivono: soffitto ligneo a lacunari e muqurnas (fig418), e il più vasto ciclo pittorico islamico pervenutoci (rimaneggiano nel ‘400) con scene vita di corte. Nell’immagine del principe si vede una trasposizione in chiave laica della glorificazione del Cristo, che si trova sul mosaico absidale come Pantocrator. - Stesso gusto islamico: mosaici profani nella Sala di Re Ruggero (“la Gioaria” dall’arabo, adorna di pietre preziose,) nel Palazzo dei Normanni, fig.419 le stesse fiere si ritrovano nel Manto regale di Ruggero II, 1133, oggi a Vienna (fig420); Altri esempi di decorazioni fastosi in Sicilia sono nella cattedrale di Cefalù e quella di Monreale. il 1° : iniziato nel 1131, finito solo tra 1166 e 1170, il Duomo ha elementi nordici/cluniacensi come la zona presbiteriale e il prospetto chiuso da 2 torri (fig421) queste ci sono anche nel Duomo di Monreale (fig422-3) vicino Palermo, fu fondato da Guglielmo II nel 1172 ma proseguì dopo la sua morte nel 1189 all’esterno presenta archi intrecciati, fasce e dischi policromo, insieme al chiostro (fig424) e ai muri del convento annesso, è la sola testimonianza rimasta del complesso monastico benedettino, voluto da ultimo esponente casata d’Altavilla. E’ la più vasta impresa musiva del medioevo Occidentale, i mosaici riprendono le iconografie della Cappella Palatina. Ma è Ruggero II che fa decorare con mosaici la maggior parte delle chiese palermitane, non c’era tradizione locale, quindi ci si affidò a maestri orientali che lavorarono dal 1140 al 1154; Questo avviene a Cefalù, (fig425): la decorazione è sull’abside centrale dove c’è il Pantocratore, rappresentato a figura intera a S. Maria dell’Ammiraglio, tra angeli e profeti. La stilizzazione raffinata di questi mosaici è vicina a quelli della Cappella Palatina. Ci sono caratteri occidentali nel ciclo musivo nel Duomo di Monreale (fig426), con scene bibliche, figure di santi, profeti, apostoli, nell’Abside la Vergine col Bambino e un monumentale Pantocratore. Nella decorazione plastica, in particolare nelle colonnine binate, si riconoscono influssi dell’antico e provenzali, che si ritrovano anche nel candelabro marmoreo del cero pasquale (Cappella Palatina), fig427, dove si alternano motivi eleganti di vegetali e figure umane/animali. SCHEDA 9 Venezia e la Basilica di S. Marco tra Oriente e Occidente le cronache contemporanee narrano che il patriarca veneziano Pantaleone , nel 1261, dopo la riconquista di Costantinopoli da parte di Michele Paleologo , se ne fuggì per mare portando con se molte cose preziose , provenienti forse dal convento bizantino del Pantocratore; a differenza dei crociati nel 1202, i veneziani agirono con una precisa strategia e con maggior rispetto degli oggetti di cui si impadronirono, poiché si sentivano vicini , culturalmente e spiritualmente ai Bizantini. Venezia era legata politicamente e commercialmente con l'Impero Bizantino e l'Oriente , ma anche a livello artistico non fu mai una provincia bizantina perché raccolse l'eredità della civiltà Ravennate ed esarcale nel momento del suo declino, rimanendo aperta i contatti con l'Occidente. la traslazione delle reliquie dell'evangelista San Marco, all'inizio del IX secolo, e la sua elezione a patrono al posto del bizantino Teodoro , è l'inizio del distacco da Bisanzio; possedere reliquie di apostoli era caratteristica di città imperiali come Milano o Costantinopoli  Venezia acquista autonomia e autocoscienza;. inoltre la Basilica di San Marco era collegata al potere politico: non dipendeva dal vescovo ma dal Doge e dai suoi procuratori; Anche esteticamente è legata al Palazzo Ducale e alla piazza porticata ridisegnata sotto il doge Ziani nel XII sec, fig428, è il cuore della città proprio come il centro di Costantinopoli che comprendeva palazzo, Basilica e circo. L'attuale basilica fu iniziata nel 1063 sotto il doge Domenico Contarini, sostituendo un vecchio edificio simile., il modello full apostoleion di Costantinopoli  a pianta a croce greca, 5 cupole, navate separate da colonnati , e nartece , fig. 430 e 431.{ci sono elementi occidentali come la grande Cripta e internazionale, o Cortese che ha vita breve in Italia dove dall'inizio del 400 fiorisce il Rinascimento, a nord delle Alpi si prolunga col tardo gotico fino all'inizio del XVI secolo e anche oltre . in Italia, dai primi del ‘200 crescono le abbazie, basiliche, palazzi e castelli con questo stile nato in Francia nel sec prima, ci sono archi a sesto acuto, volte ogivali, maggiore verticalità ma si mantengono caratteristiche locali . in realtà in Italia i due secoli del gotico coincidono con la piena affermazione di caratteristiche figurative nazionali che cominciavano a manifestarsi già in età romanica, è un epoca in cui inoltre la penisola si afferma in campo europeo per gli scambi commerciali monopolizzati dai mercanti veneziani e Pisani, dai finanzieri fiorentini lombardi. In Italia risiedono l'imperatore Federico II di Svevia, il papà, fioriscono i comuni, si affermano le prime signorie, si sviluppa la letteratura in volgare dal settentrione e dalla Sicilia federiciana, si afferma in Toscana con gli stilnovisti. C'è un parallelo tra la storia letteraria e artistica del. IL GOTICO NELL’ILE-DE-FRANCE L’architettura gotica ha origine in Francia, nella regione circostante Parigi, poco prima del XII secolo, la cattedrale o chiesa abbaziale gotica francese ha dimensioni colossali, slanciata e luminosa ogni membratura ha una funzione statica, di sostegno o di contrappeso, si tende ad abolire tutto quello che non è funzionale. Richiama a mente la costruzione teologica delle Summae della filosofia scolastica, la summa è uno schema del pensiero che affida alla logica il compito di organizzare i fenomeni in un sistema complesso e ordinato gerarchicamente in parti e sotto parti, collegate tra loro da rapporti di causa ed effetto. non è un caso che lo stile gotico si afferma in Francia con la nascita della filosofia scolastica, nata nello stesso luogo. E anche la sua massima fioritura nel XIII sec è coeva all'attività dei più celebri autori di Summai filosofi, Alberto Magno, San Bonaventura, San Tommaso d'Aquino eccetera. Come la somma la cattedrale gotica è una metafora del mondo: ancorata alla Terra con strutture semplificate si slancia verso il cielo come esprimere l'anima che si ricongiunge con Dio. tutte le membra concorrono a questo slancio dinamico verticale, le navate sorrette da agili pilastri a fascio, le volte con le loro nervature sono sospese a decine di metri dal suolo, i tiburi su cui si innalzano all'esterno torri campanarie le navate laterali sono collegate a quella centrale tramite possenti arcate, alcuni separano campate della navata centrale, tutti gli archi compresi quelli che sostengono le vele delle volte, sono a sesto acuto, una forma di remota origine sasanide e islamica e con importante funzione statica . il suo peso brava in verticale e verso il basso quindi non scarica sui pilastri impedendo di parli di divaricare . le campate sono quadrate o rettangolari perché l'altezza degli archi a sesto acuto non è prestabilita. a equilibrare le spinte delle volte provvedono all'esterno archi rampanti, più efficaci dei contrafforti murari romanici, con effetto dinamico Maggiore . contribuiscono alla verticalità gli elementi esterni come torri, inoltre le decorazioni ei trafori conferiscono un aspetto di colossale scrigno . sì rinuncia così alle pesanti masse murarie dell'edilizia romanica, quando possibile le pareti sono sostituite da vetrate istoriate che insieme al rosone in facciata, illuminano l'interno, caratteristica che rientra nella simbologia religiosa e che si trovava nella chiesa abbaziale di Saint Denis, secondo gli scritti di Surger, suo Abate . egli la fa ristrutturare , inserisci il deambulatorio del coro, crea la prima costruzione gotica francese egli sostiene che un edificio ecclesiastico deve onorare la divinità essendo suntuoso e dotato di splendidi arredi, ma soprattutto luminoso. questo pensiero si ricollega alle teorie dello Pseudo-Dionigi, neoplatonico cristiano del V VI secolo d.C. che descriveva l'universo come propagazione di luce emanata da Dio, verso il mondo è la materia; luce e bellezza terrena sono riflessi della vera luce divina che possono divenire veicoli di ascesa spirituale . il deambulatorio di San Denis, fig1, è formato da campate ogivali e dà accesso a cappelle radiali illuminate da grandi finestre , dopo la morte di Surger nel 1151, fu creato il coro che ha slanciati archi a sesto acuto e la navata centrale formata da campate coperte da volte esapartite, illuminata da finestroni . l'esempio di San Denis sarà seguito dalla celebre Notre Dame di Parigi, fig 2-5. È a cinque navate con transetto e doppio deambulatorio, coperto con volte a sezioni triangolari. La navata centrale è elevata grazie ad una fila di oculi circolari . ci sono archi rampanti che contengono le spinte delle volte. La prima metà del XIII sec è detta fase classica dell'architettura gotica francese , un es è la cattedrale di Chartres , costruita tra 1194 e1230, fig6, la pianta è a tre navate, transetto, doppio deambulatorio e cappelle radiali, la facciata a altissime torri, e portali scolpiti . la massa muraria è sostituita dalle vetrate, del 166, dalla Notre Dame di Chartres discendono le cattedrali di Reims e Amiens, invece esempio coevo ma alternativo è la cattedrale di Bourges , la pianta si ispira a Notre Dame ma all'interno i pilastri della navata centrale sono più alti che a Chartres e lasciano ammirare le navate laterali, l'impressione è di uno spazio molto vasto non interrotto dai percorsi rettilinei delle navate ma comunque frantumato da dettagli decorativi e fonti luminose. C'è tendenza a svuotamento delle pareti, assottigliarsi strutture, impiego vetrate , che si intensifica verso metà del XVI secolo nella fase del gotico radiante . un es. è nei transetti di Notre Dame a Parigi, fig 8, (con i rosoni comunicanti con vetrate con l’esterno), un altro es. la S. Chapelle del Palazzo di Giustizia (1241-48, fig9) eretta x volere di S. Luigi Re di Franca come santuario palatino/contenitore reliquie bizantine qui le pareti sono completamente sostituite da vetrate, le separano sottilissimi pilastri-effetto luminosità e leggerezza (fig10), invece l’esterno è solido, forti contrafforti. Scultura gotica francese: presenta 2 caratteristiche: 1) al gusto delle summae si collega la tendenza ad allestire schemi dottrinari complessi, ossia figure e scene sacre si connettono con schemi concettuali complessi a allegorie/personificazioni varie, in elementi più possibile gerarchizzati un es. è il lunetta del portale (facciata ovest) di Notre Dame, Parigi, con il Giudizio Universale (fig11): nell’organizzare la composizione/iconografie, c’è appunto una tendenza enciclopedica, ossessione catalogatoria 2) la statua non fa più corpo con l’architettura (rilievo non è più parte dell’architettura) ma è sovrapposta, resta connessa con l’edificio e non è concepibile se non addossata ad una parete, entro nicchia, spigolo ecc ma acquista movimenti, si riscopre il corpo umano come entità autonoma, che si muove armonicamente, i volti sono individuali, espressivi. - confronti 2 gruppi di statue in 2 portali: 1) cattedrale di Chartres, facciata, “i Re e le Regine d’Israele” (fig13), 1145: i corpi sono solo colonne sagomate da cui sporgono appena braccia e piedi, i panneggi increspano appena le superfici. (sembra stile Grecia arcaica) 2) 80 anni più tardi, statue con Annunciazione e Visitazione (fig12), Cattedrale di Reims, 1230: sono figure indipendenti, addossate alle colonne ma di fatto staccate, pose naturali, movimenti braccia bilanciati, panneggi rivelano membra sottostanti (sembra stile Grecia classica). Tra 1150 e 1250 la scultura francese si avvicina a quella antica, un es. culmine è il S. Pietro (sempre a Reims, ma nel portale transetto, fig 14) che sembra un es. di ritrattistica romana per l’individualità ma anche il dato psicologico, comunque non è proprio così  non è uno stile “classico” perché c’è un’inquietudine espressiva, forme definite più angolose, si parla di “Classicismo gotico” (o gotico-classico), presente tra 1220 e ’50 anche a Parigi (Chartres, Bourges), dopo queste date si afferma una scultura più astratta, elegante, lineare nella figura umana, il “classicismo gotico” si sposta nella scultura in ITALIA, dalla Puglia alla Toscana. I CANTIERI ITALIANI NELLA PRIMA META’ DEL XIII SECOLO In Italia l’architettura gotica stenta ad affermarsi, come già visto, solo elementi gotici come il rosone in facciata (Lombardia, Veneto, Emilia) e la volta a costoloni (Lombardia) vengono inseriti. In Italia la tradizione romanica, ma anche bizantina, antica, paleocristiana (concetto masse murarie) è difficile da sostituire: inoltre nell’ambiente dei nuovi Comuni italiani, è difficile inserire un’architettura legata alla cultura aristocratica della monarchia (francese) rinascente (infatti in Italia compare con il manifestarsi di ideologie aristocratiche/imperiali/ghibelline); in Italia inoltre, le vetrate istoriate non sostituiscono il muro per raccontare cicli figurativi  nella penisola s’affermano quindi soluzioni moderate di romanico-gotico (rifiuto slancio verticale e svuotamento involucro murario); le prime soluzioni sono nelle costruzioni cistercensi, che anche in Francia hanno soluzioni moderate: sono contenute in altezza, prive d torri, In Italia le abbazie cistercensi si costruiscono tra XII-XIII sec nel Nord e nel Centro  es. Complesso di Fossanova (Lazio, 1187, consacr.1206): gli edifici sono disposti secondo il modello francese intorno ad un chiostro; la chiesa: è a croce latina, 3 navate, transetto, coro per monaci a testata rettilinea (fig16), all’esterno (fig15) la costruzione  Appare robusta, ci sono contrafforti, alto tiburio ottagonale, due piani di bifore, torre campanaria sopra, i muri sono spessi, le finestre alte e strette si alternano a contrafforti; interno (fig17) la navata centrale è in risalto con la sua copertura di volte a crociera, divisa in campate rettangolari da 7 arconi che poggiano su pilastri, sono usati archi ogivali ma non c’è dinamismo né luminosità delle cattedrali francesi, la robustezza richiama il romanico. -es. di evoluzione: Complesso Abbazia di S. Galgano (Siena, 1227, finanziata da imperatore Federico II, oggi rudere x volte crollate), lo stile cistercense evolve in forme + sottili, pilastri assottigliati, si moltiplicano le fonti di luce (fig18); -di committenza non cistercense è S. Andrea di Vercelli, voluto dal cardinale Guala Bicchieri, di ritorno (per Papa) da Francia/Inghilterra dove ammira le novità. l’autore/progettista è forse Tommaso, primo abate, e non Antelami come si credeva, fu fondata nel 1219, consacrata nel 1224: c’è connubio elementi romanici e gotici  romanica è la facciata a capanna con 3 portali in archi a tutto sesto, strombati, ma gotica è l’armoniosa intelaiatura con sottili contrafforti tubolari e le 2 torri (fig19); Gotico è l’interno: 3 navate, fiancheggiate da archi a sesto acuto retti da pilastri circolari cui sono addossate esili colonne (fig20); le campate rettangolari disuguali, nella navata centrale sono separate da archi ogivali, ci sono volte a crociera, come nelle costruzioni cistercensi c’è un chiostro su cui si affacciano ambienti di servizio e locali del monastero (sagrestia, refettorio ecc); a differenza di Fossanova però qui c’è policromia muri bianchi/mattoni rossi; In facciata, nella lunetta del portale (fig21), vi è la Crocefissione di s. Andrea (maestro antelamico). - il precoce goticismo del battistero di Parma, va visto in relazione con le vicende personali/cultura originale del suo autore Benedetto Antelami (1150/1230) (nb. nome richiama “magistri antelami” costruttori dalla valle d’Intelvi) egli conosce tradizione romanica-padana, ma ha lavorato in Provenza e visitato l’ile de france; Dal 1196 si concentra in quest’opera originale: pianta ottagonale, ma è sviluppato in altezza, ha un volume di pieni e vuoti: al pian terreno ci sono 3 portali fortemente strombati oranti da rilievi, sopra ci sono 4 ordini di logge architravate entro intelaiatura di contrafforti angolari, esse creano movimento rotatorio (fig22), c’è verticalità, proporzioni elaborate, ritmo complesso, caratteristiche gotiche ottenute però con elementi di forme romaniche e classicheggianti (ecco l’originalità). interno: struttura a 16 facce, cupola a ombrello con nerbature tubolari che si prolungano sino a terra diventando colonne sovrapposte (richiamo cattedrali transalpine), fig23. Forse fino al 1216 aveva solo 2 ordini di logge e copertura piana, la costruzione era bloccata x contrasti politici ma poi proseguì dal 1249 fino al ’70 seguendo sempre il piano iniziale di Antelami, che orgoglioso iscrive il suo nome sull’architrave dell’ingresso. - altro es del nord: la Basilica di S. Antonio a Padova (fig24, iniziata nel 1232 come tomba santo morto da poco), è connubio di elementi gotici e romanici + bizantini x la vicina S. Marco (Venezia): facciata a capanna è elem. Romanico ma nella zona inferiore ci sono ampie arcate a sesto acuto, il tiburio è molto slanciato, inoltre il deambulatorio dà accesso a cappelle radiali. Ma le calotte emisferiche delle cupole rimandano a es. veneziani. - Chiesa di S. Francesco, Bologna, i francescani la affidano a Marco da Brescia, 1226, consacrata 1250. 3 navate, strette finestre ricordano edifici cistercensi, fig25, come a Padova c’è deambulatorio e cappelle radiali coperte da volte a crociera, sopra ci sono archi rampanti x contenere spinta della volta ad ombrello; i muri sono cmq massicci. - Basilica S. Francesco, Assisi, fig26 è es. diffusione gotico in Italia sia x struttura che x pitture: è il luogo di sepoltura del fondatore dell’Ordine francescano morto 2 anni prima inizio lavori, si vuole che essa sia anche meta di pellegrinaggio, luogo di culto popolare. Per tradizione la sepoltura andava posta in una cripta, ma qui si vuole che la cripta abbia le dimensioni di una chiesa, così si crea la chiesa-cripta inferiore e la superiore per la predicazione (attività francescana); la fondò Gregorio IX nel 1228 e la consacrò Innocenzo IV nel 1253, terminate le ostilità della curia romana verso l’Ordine francescano, il papa infatti vi vedeva un potente alleato per rinsaldare la fede. Le 2 chiese hanno unica navata, transetto e abside, sono sostenute all’esterno da contrafforti cilindrici e all’interno da archi rampanti. Nella chiesa inferiore (fig27) c’è un 2° transetto che funge da atrio, più delle cappelle, costituisce un basamento per la chiesa superiore, viste le proporzioni schiacciate delle volte a crociera su archi a tutto sesto, poggianti pilastri bassi e massicci. Nella chiesa superiore (fig28) la navata è divisa in campate quadrate, ci sono volte ogivali rette da alti pilastri, ci sono arconi in alto sulle pareti che inquadrano finestre, in basso una cortina muraria continua interrotta dai pilastri pensata per essere affrescata. E’ capolavoro di Gotico italiano ma ha anche influssi francesi, es affinità con cattedrale di Arges (fig29) per la pianta/alzato. NB. il modello ad aula unica (utile x ammirare affreschi/predicare) avrà un certo seguito in Italia centrale, ma spesso le volte a conoscenza, al culto mariano; nel 1098 fonda Citenaux, le viene assegnata il nome latino della località, cistercium. grazie agli abati successori Alberico e Stefano, considerati i fondatori dell'Ordine, l'abbazia ottiene indipendenza e tra 1113 e 1115 vieni a casa Tata al 34 e da queste case madri prendervi un'espansione tale che alla fine del XV sec si contano in Europa 700 . in Italia sono 88 , la diffusione della regola nel corso del XII sec è favorita da papà Eugenio III, il cistercense Bernardo Paganelli , è conclusa nel 1190 quando l'originario rigore viene riformato. Dalla abbazia cistercense di Clairvaux (Chiara-Valle), proviene San Bernardo , grande riformatore intellettuale che si ispira a Sant'Agostino e afferma che la ragione non è sufficiente per giungere alla conoscenza di Dio, grazie alla preghiera e all'intercessione della Madonna il monaco può salire fino al grado supremo . i gradi sono La cogitatio, indagine sulla materia, la meditato, momento di riflessione introspettivo e la contemplatio, intuizione mistica della verità . il nuovo misticismo cistercense si riflette nell'architettura delle abbazie, prive di decorazione , con metalli preziosi limitati ad alcuni oggetti liturgici, nessun campanile in pietra, nessun fregio istoriato . San Bernardo radicalizza questi processi , perché “la decorazione non aiuta la meditazione ma distrae, le chiese sono spesso troppo ricche mentre fedeli sono poveri”  quindi le abbazie cistercensi sono spoglie, non è una reazione iconoclasta ma un'indicazione mistica. Il modello fornito da San Bernardo l'abbazia di Fontenay , 1139, da cui prendono spunto tutti gli altri. Mentre un altro gruppo si ispira all’abbazia di Pontigny , 1153 dopo morte Santo. Si sono conservate alcune come quella di Fontenay in Borgogna , fig 53 e 55 , Silvacane in Provenza, fig 56, Fossanova e Casamari nel Lazio ecc . sono caratterizzati da attenta distribuzione degli ambienti intorno al chiostro , equilibrio nelle proporzioni, presenza simbolica della luce. l'alternanza delle ore del giorno segna i momenti del lavoro, della preghiera collettiva, della riflessione individuale , la luce segna questi momenti. Le abbazie sono costruite sulla base di un modulo quadrato replicato e moltiplicato a seconda delle esigenze , l'architettura risulta semplice è regolare, non ci sono curve, la luce si diffonde per le grandi finestre ad arco acuto, senza vetrate istoriate, le volte, quasi sempre in crociera sono sostenute da pilastri a fascio . le abbazie erano di clausura e quindi spesso chiuse da un muro di cinta lungo il quale c'erano ambiente di servizio come la cappella per le donne e visitatori, panificio ecc. per il luogo di fondazione si sceglie la vicinanza con acqua corrente, spesso sono quindi vallate a differenza delle benedettine che erano su luoghi elevati . sul lato nord del chiostro, si alza la chiesa, a tre navate, presbiterio, cappelle absidali e transetti quadrati , le volte sostenute da pilastri a fascio con capitelli fitomorfi ,sono a crociera o se ne fotte . allineata al transetto destro c'è la sala capitolare , che consentiva ai conversi di assistere alle riunioni del capitolo, vicino una scala portava al dormitorio comune dei monaci , che sovrasta lo scriptorium . sul lato opposto alla chiesa tra le cucine si trova il refettorio, perpendicolare alla navata della chiesa . l'ultimo lato del chiostro è riservato a un altro magazzino , il mandatum. Nelle abbazie italiane del Lazio e nei resti di San Galgano, Siena , questo enorme dell'architettura Borgognona sono rispettatissime, si pensa a maestranze francesi, invece in altri casi come in Val Padana, abbazia di Chiaravalle, fig57 e altre, c'è integrazione con la tradizione locale . per i materiali la regola impone che siano semplici e di basso costo, quindi provengono da cave vicine, senza inserimenti di marmi pregiati . Scheda- la luce nell’arte gotica Parlando delle origini dell'architettura gotica, nb. coro abbazia di Saint-Denis, 1144, sì è sottolineato il ruolo della luce: architetti perfezionano il sistema dei pilastri e delle volte per poter sostituire i muri con le grandi vetrate , così la costruzione diventa diafana, la luce crea suggestivi effetti, riflettendo sulle suppellettili d'oro degli altari, fig 58 ; alla luminosità sì da un valore estremo , al Punto di introdurre innovazioni tecniche atte a diradare le penombre delle chiese romaniche, fino a stabilire un nuovo paradigma . raramente le fonti del XII secolo parlano del pensiero dei costruttori, ovvero, ho tre lati, coinvolti nella costruzione di una cattedrale gotica dell'Ile-de-France , ma per esempio quando fu ristrutturata la cattedrale di Auxerre si dice in un testo "affinché la Chiesa che fino ad allora era stata buia fosse rischiarata da una luce più forte". il tema della luce è centrale nella cultura religiosa del XII e XIII secolo--> Tommaso d'Aquino e Ugo San Vittore erano teologi identificano la bellezza non solo con l'armonia delle proporzioni ma anche con la luminosità, questa estetica della luce è connessa con la metafisica della luce ossia quell'idea affermata nel Vangelo di Giovanni, sviluppata negli scritti di S. Agostino ma soprattutto da un neoplatonico cristiano del V secolo, che Dio è luce e la creazione fu un atto di illuminazione, l'universo è un insieme di luci che rimandano al chiarore divino. da ciò deriva che la luminosità diventi segno di vicinanza a Dio , nel Paradiso di Dante si descrive l'ascesi mistica come un progressivo aumentare di intensità luminosa fino al abbagliamento finale. tutto ciò si ritrova anche nel primo XV secolo , quando si riproducono nei dipinti il brillare delle vetrate negli interni ecclesiastici, un pittore fiammingo Jan van Eyck, 1400 34-36, figura 60 , ambienta la sua Annunciazione entro una chiesa con 3 vetrate luminose dietro la testa della Vergine, lascia intendere inoltre che la luce che colpisce lei, è segno spirituale. assume anche una simbologia perché la luce che trapassa il vetro senza romperlo era normale metafora della verginità di Maria è incarnazione . figura 61, altro dipinto di Jan van Eyck , rappresenta con naturalismo all'interno di una chiesa gotica dov'é la Vergine col Bambino in relazione alle vetrate, (nb. spunto da inno quattrocentesco alla Natività, per cui come il vetro non è danneggiato dalla luce che lo attraversa, così Maria tale rimane anche dopo la nascita di Cristo). Due secoli prima quando Surger strutturava l'abbazia, un pittore non avrebbe saputo riprodurre un effetto di luce pale quindi usava la pittura su vetro. Scheda- Architettura gotica in Inghilterra e Germania Sappiamo solo il nome dell'architetto francese che dal 1174 erige il coro della Cattedrale di Canterbury, fig62, in forme gotiche: Guillame de Sens  costituisce il primo elemento di questo stile in Inghilterra, dove il gotico arriva prima che in Italia perché trova un tipo di romanico locale nella sua variante anglo-Normanna . ma ben presto acquisisce autonomia, si predilige l'ornamentazione nelle facciate e coperture interne. Il coro della cattedrale di Lincoln, fig 63, 1192 ha una volta di tipo inglese, le venature le nervature si diramano a raggiera così la volta assume una forma che ricorda una spina di pesce. La pianta della cattedrale di York, fig 64, è esempio ti pianta inglese, è a tre navate , transetto, coro molto lungo diviso anche sui navate. Mancano spesso il deambulatorio e le cappelle radiali. Le facciate sono estese in orizzontale e animate da contrafforti nicchie statue , la struttura maschera la conformazione spaziale interna. La facciata addossata alla cattedrale di Wells unifica in un solo schermo le tre navate e le due torri ce le fiancheggiano, figura 65. L'effetto è quello di un piano continuo inoltre la cattedrale a un'inedita soluzione per sostenere la navata che crollerebbe per la torre eretta sopra l'incrocio col transetto nel 1340 ossia una struttura ad archi contrapposti che dimostra abilità nel risolvere in chiave creativa problemi statici, 66. l'abbazia di Westminster, fig67 , ricostruita a Londra nel 1245 per volere di Enrico III, è un'eccezione perché si ispira alle cattedrali francesi nella pianta a tre navate con transetto e breve coro circondato da deambulatorio e cappelle radiali, anche l'interno, slanciato è riconoscibile come inglese solo per la volta a nervatura assiale. Un elemento inglese è cmq presente: la sala capitolare ottagonale con volta ad ombrello. La cattedrale di Exeter (fig69), appartiene ad una fase detta “Gotico ornato”: la navata centrale è bassa, la volta è diversa (costoloni si dipartono a fasci conici); Ultima fase gotico è detta “stile perpendicolare”, inizia nel 1330 fino ‘500  es. cattedrale di Gloucester che diventa meta pellegrinaggio per sepoltura di Re Edoardo II (1327), il coro (fig70): il gusto per l’ornamentazione arriva all’estremo, le nervature non hanno più nulla di funzionale, nel chiostro c’è la nuova volta a ventaglio. In area tedesca lo stile gotico arriva più tardi ma si sviluppa con più tipologie grazie a varie committenze (=italia) (imperatore, cistercensi, francescane, domenicane, borghesia ecc); fino al 1230 vengono solo inseriti elementi gotici nelle esistenti cattedrali ottoniane/romaniche, forse solo S. Elisabetta a Marburgo (fig71) chiesa del 1235 eretta per pellegrinaggi, c’è un vero gotico tedesco  archi a sesto acuto, volte ogivali sono usate per comporre una Halenkirche, chiesa con navate alte uguali (sarà tipico delle francescane/domenicane); Fig72) --> cattedrale di Strasburgo, 1235 iniziata, è di stile francese, navata centrale larga, alzato scandito da archi a sesto acuto e finestre. La facciata attuale è solo in parte quella originaria che doveva essere ricca di arcate, cuspidi, due torri con guglie traforate. fig73)  Duomo di Colonia, (=modello francese) 5 navate, transetto, coro, deambulatorio e cappelle radiali. È terminato nel 1304 ed è capolavoro del gotico radiante per le strutture sottili fino al limite (fig74)  il coro ricco di vetrate ispira quello del Duomo di Aquisgrana (1355, fig75) luogo di pellegrinaggio x reliquie di Carlo Magno. CAPITOLO II ARTE IN ITALIA CENTRALE DA NICOLA PISANO A GIOTTO NICOLA PISANO Nella prima metà del XIII secolo l’alta Toscana, in particolare Pisa e Lucca (città ghibelline alleate all’imperatore) è teatro di incontro tra cultura bizantina (x commerci Pisani) e arte antelamica discesa dalla Padania. Sono presenti quindi 2 stili: il Cristo benedicente (fig76), oggi nel Museo S. Matteo (Pisa) è aulico e ha modello constantinopolitano, mentre il San Martino e il povero (Lucca, facciata Duomo, fig77) ha modello antelamico ma anche antico, solo che appare un po’ irrigidito (rispetto per es. fig41); Federico II verso la metà del II richiama artisti del meridione  nb. compaiono i leoni di Castel del monte anche nei capitelli del portale del castello di Prato (fig78) (fig79); le diverse tendenze vengono sintetizzate da Nicola Pisano, poco prima del 1250 (nato1215/20, morto tra 1278 e ’84), detto “De Apulia” (dalla puglia) in antichi documenti; si forma tra classicismo e cultura transalpina nel contesto federiciano, in Toscana trova il terreno per sfogare le sue abilità: i suoi seguaci sono il figlio Giovanni Pisano, e Arnolfo di Cambio; segneranno l’affermarsi di un linguaggio figurativo “nazionale”. Nicola è soprattutto scultore, ma fu anche architetto, a Pisa un suo segno precoce potrebbe essere il campanile della Chiesa di S. Nicola (terminato nel 1250) ma è dal ’60 che l’artista assume qui una posizione primaria: l’arcivescovo Visconti ridà impulso al cantiere, data la fine delle ostilità con Roma. Nicola interviene nel battistero, iniziato da Deotisalvi  esterno: sono suoi i 60 archetti del 2° ordine, inquadrati da cuspidi gotiche, fatti sopra arcate a tutto sesto (si crea dinamico effetto visivo, fig80); Realizza anche la corona di cupola che si avvolge intorno la copertura conica. L’area sarà completata da Giovanni Pisano (3° ordine battistero con bifore cuspidate), e Giovanni di Simone (1278, il Camposanto, fig81, chiostro rettangolare con arcate a tutto sesto dai toni classicheggianti attenuate da quadrifore rette da esili colonnine del XV sec). Siena: dal 1247 a ’68 lavora alla Cattedrale con aiuto di costruttori cistercensi è a croce latina, 3 navate, campate rettangolari, alti pilastri a fascio (fig82-84), slancio verticale attenuato da archi a tutto sesto che separano navate, inoltre c’è bicromia bianco/verde ispirata alla cattedrale di Pisa che accentua orizzontalità. La cupola (fig83) poggia su 6 pilastri che formano esagono irregolare, che diventa dodecagono nel tamburo; l’edificio vene ingrandito: nel 1284 Giovanni Pisano aggiunge una campata alla navata centrale e crea parte inferiore facciata (3 portali a tutto sesto con timpani triangolari e sculture), nel 1317 si amplia coro/rifacimento volte navata, nel 1339 inizia un grande progetto di corpo basilicale (navata di una chiesa colossale) ma viene bloccato e mai ripreso x la Peste del 1348. S. Trinità, Firenze (1250/58, fig85): è incerto l’intervento di Nicola, a 3 navate, allungata illusionisticamente x lunghezza decrescente campate, ritmo archi a sesto acuto. Ancora non si identificano le prime opere plastiche di Nicola, forse fatte nei cantieri federiciani, ma dagli anni ’40 sappiamo che l’artista era a capo di un’impresa: la bottega prima del 1250 è attiva x il Duomo di Siena dove realizza le teste capitello e teste mensola (fino 1260); in una delle + antiche, testa-capitello di Juppiter (fig86) è palese l’intervento di Nicola per la ripresa modelli federiciani (n.b. Zeus, Museo di Capua, fig44), naturalismo, espressività, ma anche classicismo; Nicola, forse anche grazie ad un viaggio, conosce la cultura del Gotico Francese (n.b. circolavano anche libri)  i vari stili si notano nella Deposizione (lunetta portale di S. Martino, Lucca, fig87), se si confronta con quella di Antelami a Parma (fig30) si evidenzia più tensione drammatica che le figure di Nicola si adattano perfettamente all’architettura (nb. confronta fig21); il culmine espressivo è il Cristo morto, l’artista intuisce la richiesta (dei committenti ordini mendicanti) di un’arte non solo didattica, ma commovente (nb. il Cristo non è trionfante sulla morte, ma morto!). L’immagine toccante del Cristo col corpo abbandonato, il capo si flette esanime, è inedita: l’iconografia prende ogivali, le navate sono tutte di uguale altezza, ma le volte laterali determinano forti spinte, quindi si sono inserite catene in muratura (sgraziate). Le pareti con arconi ricordano quelle di Assisi. La Chiesa di S. Croce a Firenze, fig111, iniziata nel 1294/5 (fino 1442 sulla base di questo progetto), è un caso a se  pianta simile a S. Maria Novella, croce latina a 3 navate, transetto con cappelle, 5 per parte ai lati della maggiore (con pianta poligonale e volta ad ombrello), copertura è però a capriate, anche qui gli archi a sesto acuto nelle navate sono ampi navata centrale si fonde con le laterali spazio unico/ampio. L’interno è animato perché decorato con pietra serena, intonaci, cotto; il ballatoio orizzontale sopra gli arconi della navata, non blocca le spinte verticali, diventa obliquo alla fine della navata, inoltre le paraste lo sovrastano. Arnolfo ambisce a suscitare sensazione di volumetria (come antichi) senza rinunciare a senso inquietudine gotica, inoltre qui austerità ornati accontenta l’ordine religioso committente. Esterno: sequenza continua di timpani aguzzi lungo le fiancate, che secondo i piani di Arnolfo doveva caratterizzare anche S. Maria del Fiore, iniziata da lui nel 1296. Il progetto di Arnolfo è stato ricostruito, non è stato pienamente realizzato. S. Maria del Fiore è la più ardita interpretazione dello stile gotico in Italia, infatti la cupola eretta da Brunelleschi nel 1418 (ampia come quella del Pantheon), è considerata emblema del Rinascimento, quando invece segue un progetto di fine XIII sec. Nel 1302 per la morte di Arnolfo, si blocca il suo progetto, la cattedrale non rispetterà il progetto, fig112-113, Giotto erigerà il campanile dal 1334, Talenti nel 1355, tutta la chiesa, sulla base di una revisione del progetto originario (Nb. facciata è ‘800esca). Disegno facciata di Arnolfo: mostra nuova concezione 3 portali con timpani e fiancheggiati da gallerie e nicchie con statue, fig114. (rimangono alcune statue scolpite da Arnolfo e bottega, tema è il Ciclo Mariano, es. è la Madonna della Natività, fig115. Confronto con Assetati, fig99, la Madonna si stacca dalla bidimensionalità e occupa lo spazio  volumetria è caratteristica intera Chiesa); Il piano originario ricorda in parte il Duomo di Siena di Nicola Pisano (fig82/84) per l’idea base del corpo basilicale, 3 navate, zona presbiteriale con cupola, ma Arnolfo concepisce un’idea nuova il corpo longitudinale s’innesta su un vasto organismo centrico il moto rettilineo si trasforma in verticale e circolare, perché il presbiterio è a trifoglio (3 vani poligonali con cappelle radiali, coperti da semicupole  nb. esprimono concetto Trinità); questo progetto verrà imitato per chiese a pianta centrale da Leonardo, Bramante, è un ponte lanciato verso il rinascimento. GIOVANNI PISANO Erede di Nicola e della sua bottega, è suo figlio Giovanni (Pisa, ca1248/Siena, dopo 1314), conclude i progetti del padre a Pisa conclude il battistero col 3° ordine, poi i gruppi statuari del portale, a Siena prolunga il Duomo, progetta la parte inferiore facciata e ne crea le statue; il suo stile è però un’evoluzione di quello paterno, dichiarerà lui stesso in iscrizione sul Pulpito di Pistoia, di aver superato l’arte del padre. (nb. epoca di riconoscimento ruolo sociale artistainizio ‘300, l’artigiano è ormai artista di successo pubblico). Si parla spesso erroneamente di Giovanni come recupero del gotico rispetto il padre, “classico”, ma non è così in quanto abbiamo visto che Nicola aveva ripreso principi compositivi classici della cultura gotica europea, nb. anche Giovanni inoltre prende spunti espressivi da modelli antichi! Come Arnolfo prosegue le ricerche nello stile gotico, accetta l’accentuazione drammatica e l’eleganza formale francese, accetta gli stimoli impressionistici tedeschi, ma rifiuta la concezione ritmica della figura umana in Italia si va verso coscienza volumetria corpo e movimento (anche in senso innaturale). Es. Madonna col Bambino (opera francese del 1300 ca, Abbazia di Fontenay): c’è eleganza, astrazionefigura arcuata e riequilibrata da spinta della testa e bracco libero, regge Bambino senza sentirne il peso!, panneggio copre le forme, pieghe rigide/dritte; Confronto: Madonna col Bambino di Giovanni Pisano (Oratorio degli Scrovegni, Padova, 1312, fig117): più espressività , coscienza organicità del corpo, attenzione al dato psicologico, nello sguardo di Maria si avverte già tensione per la futura Passione. l’originalità di Giovanni sta nel risalto dato al sentimento, in accordo con la mimica corporea  rinnova quindi in profondo l’iconografia medievale; nb fig118 tre portali a Siena, statue di Profeti e Sapienti dell’antichità (oggi Museo Opera del Duomo, fig119). Le statue si muovo libere dall’architettura, Arnolfo legava architettura e scultura mentre Giovanni dà autonomia e primato alla seconda. Pulpito di Pistoia (Chiesa S. Andrea, finito nel 1302, fig120), qui Giovanni riprende e modifica i prototipi di Siena e Pisa (fig89 e 97). E’ esagonale (=Pisa), ma i rilievi dei parapetti sono separati da grandi figure (=Siena), è slanciato in verticale (per archi trilobati), ma le modifiche più evidenti sono nelle figurazioni: ci sono leoni stilofori, rispetto al ritmo con pause di Nicola Giovanni sembra creare le sue statue d’ispirazione momentanea tradotta subito in pietra, come un impulso emotivo. nb. es. una delle Sibille, fig121, (sopra capitelli, nb. novità iconografica) reagisce di scatto verso l’angelo che dice lei profezie. Nel parapetto le figure sono in basso o alto rilievo, sono libere e creano contrasti, ritmi vorticanti, ci sono volti minutamente caratterizzati e altri sbozzati, figure più naturalistiche sono vicine ad altre deformi, patetiche. es. formella con Strage degli innocenti,fig122, c’è foga espressiva: le figure si ritraggono dall’angolo in alto a destra, linea obliqua generata dal braccio di Erode che ordina il massacro; le pose sono confuse ma si vedono le espressioni addolorate nei volti delle donne, spaventate o in compianto per i figli morti per il dramma Giovanni si ispira a modelli tedeschi ma anche a es. romani come la Colonna traiana (ci sono violenze ai Daci e pianti donne barbare). Il pulpito stabilisce un confine tra classicismo e anticlassicismo, tra naturalismo e tensione espressiva; il 2° pulpito, per il Duomo di Pisa (1301-10) , fig123, ha un linguaggio più compassato, è nuova la struttura circolare, le lastre del parapetto hanno rilievi con Storie di Cristo, sono incurvate, sorrette da mensole a volute, al posto delle colonne ci sono figure cariatide. Nb. l’infittirsi di sculture a scapito dell’architettura, è dovuto al complicarsi di messaggi teologici da trasmettere nb. 4 Virtù, alla base della statua cariatide dell’Ecclesia: la Temperanza , nuda, spicca perché cosi coprendosi ricorda la Venus pudica, l’appello alla temperanza si rifà ad un passo di S. Agostino che ammonisce dalle Passioni carnali. Ma le 4 figure sono anche le parti del mondo , i 4 fiumi del paradiso, l’età della vita umana (volti mostrano età diverse).-- > quindi Giovanni riesce a sintetizzare molte nozioni enciclopediche in una forma. Stesso sforzo nel Monumento funebre a Margherita di Lussemburgo, cenotafio a parete in S. Francesco di Castelletto, Genova, 1313-14, eretto per accogliere le spoglie della moglie di Arrigo VII (sovrano sfortunato in cui speravano i ghibellini, ma morì nel 1313); del monumento rimangono frammentarie copie. Giovanni per la prima volta inserisce Virtù come sostegno del Sarcofago; fig125, la Giustizia, intesa come giustizia imperiale, è conservata integra. la Temperanza ha l'indice della mano davanti alla bocca in segno di silenzio , ma qui la virtù allude all'arte di misurare le parole e, inoltre invita al silenzio di fronte alla sepoltura  passato in passato veniva rappresentata con un freno equino in bocca ma Giovanni lo sostituisce con un gesto di mimica quotidiana. Altro frammento è l'elevatio animae, ossia l'assunzione in cielo dell'anima dell'imperatrice, sollevata da angeli, fig26 .è un motivo nuovo è difficilissimo, inserisce il tema dello slancio mistico e dell'estasi. Pittura in Toscana nella seconda metà del Duecento Non si è ancora parlato degli sviluppi della pittura ‘200esca in Toscana, tra Lucca, Pisa, Siena, Arezzo e Firenze , nei della decorazione della basilica di Assisi, fenomeni che si comprendono meglio se visti globalmente. Ci sono periodi storici in cui le tecniche artistiche tendono ad esiti analoghi ma non è così nella Toscana del Duecento e in Italia in generale dove si registra differenza tra lo stile dell'architettura e scultura e d'altra parte quello della pittura . questo è dovuto a un'eredità romanica, in cui la scultura rinata si collego ai modelli nordeuropei mentre la pittura rimase ancorata ai modelli bizantini. Nel ‘200 la situazione permane, anzi la scultura è ulteriormente in messa di modelli gotici, e continuano ad arrivare icone, mosaici, artisti orientali . con l'arrivo delle maestranze federiciane in Toscana e Nicola Pisano, il distacco tra le arti tocca il culmine, i pittori sembrano disarmati di fronte alla verosimiglianza e drammaticità delle figure di Nicola , pian piano la pittura si trasformerà ma senza mai negare i presupposti bizantini. Comunque, nel giro di 2 generazioni , si rinuncia di colpo a tutto ciò, i pittori rinnovano i loro modelli, e si arriva a Giotto, inizio anni ‘90, con cui si hanno innovazioni formali e narrative, le figure sono credibili, nelle loro forme, gesti , e si trovano in uno spazio riacquistato . nel Trecento la pittura diventa l'arte guida, sede di sperimentazioni formali e iconografiche, la scultura retrocede. all'inizio del 200 si diffondono le tavole dipinte, l'affresco è raramente praticato prima dell'ultimo quindicennio del secolo . in Italia centrale, tra Tivoli, Lucca, Sarzana erano già apparse nel XII sec le prime tavole dipinte , ma la fortuna nel ‘200 si spiega con l'appoggio degli Ordini mendicanti, soprattutto i francescani. Questi si divisero tra Conventuali e Spirituali, i primi appoggiati dal papato e borghesia volevano festose decorazioni, i secondi solo povertà--> il compromesso è la tavola dipinta , ornamento per altari e navate, che può essere rimosso e trasportato in processioni. Sono rappresentati crocefissi, Madonna col Bambino, assisa in trono come metafora dell’Ecclesia ma anche in rapporto col figlio come emblema di una religione umanizzata. la scuola pittorica lucchese era stata sopravvalutata , la nuova pittura italiana non nasce a Lucca dove Berlinghiero Berlinghieri , documentato tra 1228 e 1232, fonda una bottega ereditata dai figli . la sua firma è su una croce, fig127, che esprime caratteristiche di questa pittura, legata alla cultura bizantina e con la tradizione delle croci dipinte del XII sec. Il Cristo ha una posa statica, membra definite graficamente, è ancora un Cristo che trionfa e non soffre, non muore . del figlio Bonaventura Berlinghi è il dossale d'altare con San Francesco e storie della sua vita, chiesa di San Francesco a Pescia, 1233, fig128. Non è la prima immagine del Santo, che compare in un affresco a Subiaco nel 1228, ma ci sono in forma narrativa episodi salienti della sua vita, novità. la tipologia della figura ieratica protagonista a piena a tavola è desunta da rilievi di epoca romana. Da quest'epoca i santi sono sempre accompagnati da attributi , allusivi alla loro vita o martirio, per S. Francesco c’è il saio francescano, le stigmate, il libro che lo qualifica “quinto evangelista”. Anche a Pisa c'è una scuola pittorica, ancorata ai modelli bizantini che però ha un linguaggio meno stilizzato e più drammatico, confronto con dossale con San Francesco e i suoi miracoli,fig129, chiesa San Francesco a Pisa--> La figura è più viva, proporzioni più massicce , gamba riscossa dall'altra, le pieghe non cadono a piombo ma sono mosse, inoltre gli angioletti sono volti di 3/4 e rompono la rigida frontalità delle figure del dossale di Bonaventura . ciò è dovuto alla migliore qualità dei modelli bizantini disponibili ai pisani, lo testimonia anche la Croce dipinta (Museo Nazionale di Pisa), fig130 opera di maestro greco--> c'è più intuizione formale nelle gambe, drammaticità nelle storie della passione sotto i bracci della croce, e per la prima volta il Cristo patents in Italia , il Cristo muore come un uomo chiudendo gli occhi e ricreando il capo , c'è anche sangue che zampilla dalla ferita aperta. Questa scelta iconografica su favorita dai Francescani , propulsori di una religiosità più emotiva; se ne ha la prova qualche anno più tardi con Giunta Pisano (noto dal 1229 al ’54) sembra essere il 1° a riproporre l'iconografia in una perduta Croce dipinta nel 1236 per la basilica inferiore di Assisi. Successive croci di area Umbra si ispirano alle novità di Giunta, ma al posto di Elia o altri membri dell'Ordine si preferisce rappresentare San Francesco, es del 1272, fig131. Giunta ha uno stile drammatico , ed espressivo nel realizzare il Cristo morto ,di lui permangono 4 croci  una al San Domenico a Bologna, 1250, fig132, il corpo di Cristo si inarca , e agonizzante e in pieno contrasto con la sagoma rettilinea del legno. Le storie minori sono abolite per non distogliere l'attenzione dello spettatore alle estremità dei bracci ci sono Maria e San Giovanni a mezzo busto in pose di compianto . rispetto i prototipi bizantini o quelli di Berlinghiero, il corpo del Cristo è plastico con chiaroscuro, le spalle non sono frontali ma a tre quarti è il bacino . le proporzioni rimangono allungate ma la magrezza, volto triangolare con tagli obliqui sopracciglia servono ad accentuare il pathos. Giunta non si distacca ancora dai modelli bizantini, propone però una riforma al linguaggio greco, non una rivoluzione , che premette comunque la rivoluzione. altro soggetto della pittura ‘200esca in Toscana è la Madonna col Bambino, si può seguire l'evoluzione a partire dalla Madonna di Monte Lungo, fig133, del 1250 circa firmata dal caposcuola aretino Margarito. il modello è cristiano orientale e egiziano, madre e bambino sono frontali, appiattiti , il figlio non è un pargoletto ma un Dio infante benedicente, non si accorge che la madre tenta un’amorosa avance solleticando il piedino. - altro es: Madonna col Bambino, fig134, del 1261 di Coppo di Marcovaldo, pittore fiorentino più importante prima di Cimabue: il Bambino è rivolto verso la madre intenerito, ci sono sottili striature dorate e accennano a definire il volume di Busto e gambe. anche Coppo come Giunta cerca di recuperare volumetria e anche senso espressionistico come nella Madonna col Bambino di Santa Maria dei Servi a Orvieto, 1270, fig135, ci sono tantissime luminescenze dorate, il bimbo robusto sembra scalciare e la madre si sposta in naturalmente, anche lo schienale del trono ha i fianchi bombati per sottolineare l'energia che non si inclinazione troni spinge verso il centro dove c'è il giudice, fig153, gli apostoli sono plastici, i manti rivelano le membra , la cromia è sfumata . si ricorda però che quest'opera segue le storie di Isacco è San Francesco ad Assisi. Inoltre i suoi fondali edilizi, esempio presentazione al Tempio, fig154 mosaico in Santa Maria in Trastevere, risulta più arcaico . GIOTTO A PADOVA Affreschi dell'Oratorio degli Scrovegni a Padova. Dopo Assisi, Giotto è il più richiesto pittore italiano, diffonde il suo stile ovunque con l'aiuto di un'equipe , dopo Firenze, nel 1300 è a Roma per il giubileo di papa Bonifacio VIII , nel 1303 è a Padova dopo un soggiorno a Rimini. L'oratorio, fig155 ha un'unica navata con volta a botte, stretto coro e fu fondato da Enrico Scrovegni nel 1303 , consacrato nel 1305. Lo Scrovegni è il più ricco cittadino di Padova, Dante citava suo padre nel girone degli usurai. Serviva quindi per espiare i peccati. Per questo c'è il committente ritratto dei beati nel paradiso mentre offre modello edificio per meritare il regno dei cieli, figura 156. Le pareti dell'oratorio sono lisce quindi Giotto le articola in 4 fasce orizzontali e crea le storie della Vergine in alto, le storie di Cristo nel mezzo e vizi e virtù nel basamento, fig157 e 158. Ci sono busti di Cristo, profeti, sulla volta stellata, tutto è volto alla Redenzione. Anche qui le scene sono entro uno spazio illusionistico, meno aggettante perché le pareti sono lisce, non ci si deve confrontare con nervature reali. Tutto è calcolato per uno spettatore che si trova al centro, inoltre la luce nelle scene si conforma a quella reale proveniente dalla trifora in facciata. Nb. fig159 ci sono 2 vani sull’arco trionfale senza scene narrative/figure, creati x mostrare abilità prospettica. C’è un evoluzione rispetto le Storie di S. Francesco (Assisi): i gesti sono più naturali, come gli ambienti, la cromia si allarga a toni squillanti come rosa, celeste, giallo chiaro abbinati a verde e rosso; domina il blu dei cieli in contrasto con le bianche architetture. Le figure sono volumi plastici, nella Presentazione della Vergine, fig161, si trovano su una complessa architettura (tempio), c’è abilità nel rendere piani in ombra e luce, le figure hanno gesti più naturali e il panneggio non nasconde le membra. La più complessa composizione è quella del Compianto sul Cristo morto, fig160, in cui linee parallele oblique, sguardi, gesti, convergono verso il nodo drammatico della Vergine che abbraccia la testa e spalle del figlio morto. C’è uno straordinario repertorio di pose (es. S. Giovanni di profilo, slanciato con braccia aperte, donna con mani sotto il mento, ecc)  si punta a realismo; Ad Assisi prevaleva l’interesse per resa dei particolari, qui trionfano le emozioni umane (nb. alcune pose patetiche riprese dal Sarcofago di Meleagro ); lo stile quindi è ormai volto al “classico” (dominio forma) e c’è controllo nelle scene più drammatiche, che vengono limitate (es. poco spazio è dato a scene della Passione), non ci si abbandona a commozione  es confronto con Strage degli Innocenti, pulpito di Pistoia (N. Pisano),: qui c’è un gorgo incontrollato di violenza e dolore, Giotto (fig162) isola Erode nel balcone del suo palazzo, massacro è vicino ad un battistero, c’è compostezza  la scena è solo una ricostruzione storica. La maniera sacra è umanizzata  es. Incontro di Anna e Gioacchino alla Porta Aurea, fig163, dove i protagonisti si baciano (per la 1° e ultima volta nell’arte ‘300esca); C’è forza espressiva  es. Cattura di Cristo, fig164, dove c’è studiato incrocio di sguardi consapevoli tra Cristo e Giuda; C’è serena articolazione tridimensionale  es. Cacciata dei mercati dal Tempio, fig165. Scheda- l’Arte bizantina fra XIII e XIV sec: la rinascenza Paleologa La storia pittorica del ‘200 in Italia si può vedere come progressivo allontanamento dai modelli bizantini; Arrivavano originali greci in Sicilia, nei monasteri basiliani della Puglia, trasportati da crociati o mercanti, di ritorno da Costantinopoli o dai regni latini d’Oriente (Pisa, Genova, Venezia); C’erano poi artisti greci attivi in Italia: es. la “Crocefissione”, da cui Giunta riprese l’iconografia del Christo Patiens. Ma non bisogna pensare che abbiano bloccato lo sviluppo di uno stile italiano nuovo: l’animazione patetica, le proporzioni delle figure, un modo più libero di dipingere sono caratteristiche nate con l’appoggio dell’arte bizantina (non per opposizione!) Nel ‘200 e ‘300 in area greca infatti, c’è un periodo vitale nell’arte, con sperimentazioni formali, fase detta “Rinascenza Paleologa” (da nome dinastia regnante a Bisanzio prima della presa dei Turchi, 1453); Nel 1261 Michele Paleologo riconquista Bisanzio presa nel 1204 dai crociati guidati dai veneziani  presero opere e molti artisti e intellettuali fuggirono; questa riconquista fu preceduta da un moto di orgoglio patriottico (da Trebisonda) che si espresse facendo riemergere in arte modelli ellenistici (tipico è riportare in auge uno stile dei momenti gloriosi del passato); dopo la conquista lo stile appare in manoscritti miniati, dove ci sono figure plastiche in poste naturali, in contesti spaziali. -es. fig166, Vangelo fatto a Costantinopoli, fine XIII, con Cristo e la Samaritana, ci sono sfumature, contrasti, è evidente il prototipo tardo-antico -Altro es. fig167, Vangelo del 1285 (oggi British M.), l’evangelista Marco si trova entro costruzione spaziale in volumi scorciati (epoca di Cimabue, che non ne fu capace); -es. fig168, 1285ca, codice Atti degli Apostoli (Bibl. Vaticana): gli Apostoli sono appiattiti ma c’è cmq grazia lineare/eleganza. - fig169, “Dormitio Virgis”, 1265, affresco in S. Trinità a Sopocani, figure monumentali, plastiche, apostoli avvolti in panneggi hanno espressioni individuali/sono caratterizzati. l’arte di questo periodo non è statica/ripetitiva, ricerca organicità figura umana, profondità  ma attenzione! Il revival ellenistico non avvia come in occidente un processo di superamento/rielaborazione dei modelli antichi, questi artisti non sono appoggiati da un’intraprendente borghesia urbana o attivi ordini religiosi! Gli sviluppi di Oriente e Occidente, adesso convergenti, si dividono in questa data (l’Occidente si ispirerà alla realtà). - es.fig170, mosaici di Kariye Camii a Costantinopoli, capolavoro epoca Paleologa (1315/20), nello “Sposalizio della Vergine” ci sono figure mobili ma senza peso, su piani inclinati, le costruzioni degli edifici sono superate dall’Occidente. Le opere greche continuano a confluire ma nessuno più le imiterà dall’inizio del 1300. CAP III- FIRENZE E SIENA NELLA PRIMA META’ DEL TRECENTO Attraverso le contese tra le fazioni (guelfa contro ghibellina, guelfi neri contro i bianchi) a cui si uniscono i conflitti di classe( aristocrazia contro il popolo 'grasso' , cioè piccola borghesia artigiana) a Firenze nasce una forma di governo stabilita dalla Costituzione del 1282 , secondo cui il potere è detenuto dai membri delle principali famiglie, grazie al predominio delle organizzazione corporativi nei settori trainati dalle attività economiche, le Arti Maggiori. L'egemonia del popolo grasso dura fino al quinto decennio del XIV sec, quando vi furono dei fallimenti finanziari (banche di Bardi e Peruzzi) e la peste del 1348. Il primo Trecento tuttavia rappresenta uno dei momenti più felici dell'arte fiorentina . Le tecniche dominanti sono ormai l'affresco e la tempera su tavola; si rappresentano scene del A.T, e N.T., vite dei santi, ma anche soggetti profani. Firenze e Siena, la prima con Giotto e i suoi seguaci, la seconda con Duccio di Buoninsegna, Simone Martini, i Lorenzetti, sono i centri più importanti della nuova pittura. Tra la pittura fiorentina (più monolitica) e senese (più varia) non esiste radicale antitesi perché vi sono continui scambi di esperienze che accorciano le distanze culturali. 1-FIRENZE Nella prima metà del '300 l'attività edilizia ferve a Firenze, es. i cantieri di Santa Croce, S. Maria del Fiore > che però va a rilento; poi il Campanile iniziato da Giotto nel 1334-7, terminato da Andrea Pisano e Francesco Talenti (f.171). > variegata cromia del marmi, (Giotto>gusto coloristico ) solida struttura verticale con contrafforti angolari, ritmata da rilievi, statue, cornici, finestre. La città attraversa una fase di sviluppo grazie all'industria e la banca; le mura assicurano la difesa, il dominio dei magnati guelfi affiliato alle Arti maggiori è espresso dalla nuova sede del Comune, il Palazzo Vecchio(f.172) , progetto di Arnolfo di Cambio , tra 1299 e 1314, eretto sui terreni espropriati ai ghibellini Uberti. L'inizio della costruzione avviene nella fase acuta di tensioni politiche tra Neri e Bianchi; Ha l'aspetto di maniero fortificato, risulta massiccio ma è alleggerito da file regolari di finestre e da una torre decentrata. Come nel Palazzo Pubblico a Siena, le sale interne hanno cicli di affreschi di tema civico( città conquistate, uomini illustri ecc)> interviene anche Giotto(ma perduti). Altri es. di architettura civile sono 1) Palazzo Davanzati, alto e stretto, forse in origine con merlatura (sostituita da loggia) e 2 )la Loggia di Orsanmichele, (1337), era mercato delle graniglie, poi chiusa nel 2° '300 e trasformata in chiesa. La scultura invece è meno praticata. Per la porta bronzea del battistero, viene chiamato da Venezia Andrea d'Ugolino da Pontedera, detto Andrea Pisano (1290-1384) che esegue tra 1330-6 il portale istoriandovi le Storie di san Giovanni Battista e le Virtù (f.173). Egli aggiorna il tipo di portale romanico, inserendo nelle 28 formelle quadrate, cornici mistilinee, gotiche, entro cui dispone le composizioni figurate, a loro volta racchiuse entro profili quadrangolari: ne risulta una tensione tra linee rette spezzate a cui partecipano anche le figure es. del "Trasporto"(f.174) e della "Sepoltura del corpo del Battista"(f.175) (falcature dei panneggi sono elementi nuovi di dinamismo lineare). L'influsso di Giotto per Pisano è decisivo per il basamento del campanile di S.M. del Fiore (forse con dei disegni). Nel ciclo, si assiste alla prima sistematica rappresentazione delle Arti meccaniche con scene che illustrano il lavoro -es. la Tessitura(f.176), omaggiando la principale attività dell'industria locale e all'Arte della Lana, che finanzia il ciclo, cui sono accostate le tre Arti figurative. Nella Scultura (f.344) vediamo un artefice modellare un nudo, una statua profana e forse classica. 2.GIOTTO E I GIOTTESCHI FIORENTINI Giotto nei primi 3 decenni del Trecento opera spesso a Firenze e introduce pittori nella sua bottega. E' il direttore di una grande ditta artistica, il suo influsso è quindi avvertibile nei dipinti a Firenze nei primi del '300, ma non è univoco, in quanto il suo stile sarà in continua evoluzione. Osserviamo come reagisce all'apparizione delle "Storie di san Francesco "ad Assisi un collaboratore fiorentino che prende parte al ciclo: il c.d. --Maestro della santa Cecilia, (da una pala d'altare agli Uffizi con Santa Cecilia e le storie della sua vita(f.177)) databile 1304 >>> il giottismo appare come una 'patina' applicata su una tipologia ancora duecentesca; la santa nel pannello centrale è solidamente modellata, il suo trono è spazioso, come gli sfondi architettonici delle 'storie' laterali. Anche il pittore Pacino di Bonaguida (1303-20) è giottesco, ma più superficiale; nel suo "Albero della Croce) (f.178) fonde l'iconografia del "Crocefisso" di Giotto(in S.M. Novella) con un'iconografia francescana. Vi sono anche altri collaboratori di Giotto la cui mano si riconosce nella basilica inferiore di Assisi (data incerta, secondo decennio del sec). Committente è Giotto stesso, che lascia eseguire ai suoi assistenti. Nelle "Storie della Maddalena" dell'omonima cappella della basilica inferiore (forse 1309), la composizione e cromia sono simile a quelle della Cappella degli Scrovegni. Alle "Allegorie francescane" (f.179) opera il c.d. Parente di Giotto, (1316-8 ca) (accanto al Maestro delle vele) forse da identificare come -- Stefano Fiorentino > (lo ritroviamo anche dopo) la sua mano ricompare nelle "storie dell'infanzia di Cristo" nel transetto destro, ma con stile avanzato: intensificazione espressiva e luminosità, maggior illusione spaziale. Es. la Presentazione al Tempio (f.180)> con la veduta grandiosa dell'interno di una chiesa gotica( tra le + notevoli nella pittura 300esca )- Nelle Storie di San Giovanni Battista ed Evangelista, nella cappella Peruzzi in S. Croce a Firenze, Giotto mostrerà una svolta. Purtroppo però sono rovinatissime perchè eseguite a secco (1318) e non si possono analizzare bene. Risalta la plasticità delle figure solenni avvolte entro panni (che mai G. aveva dipinto cosi ampi) e le aggressive prospettive architettoniche, poste di spigolo verso lo spettatore. Il portico della Festa di Erode"(f.181) entrerebbe nello spazio reale se non fosse 'tagliato' dalla cornice. Nella ''Resurrezione di Drudiana"(f.182) lo sfondo è invece occupato dalle mura di una città disposta in tralice, che non invadono il proscenio, ma ritmano il disporsi dei gruppi di figure. Ci sono alcuni personaggi misteriosi es. l'Evangelista che fa miracoli alzando un braccio. Dalla bottega di Giotto esce anche -- Bernando Daddi (1290-1348) che punta ad un tono più litico (influsso senesi). Dipinge affreschi, tema prediletto è la 'Madonna col Bambino' entro polittici , pale, e altaroli per devozione privata. Es. la tavola centrale del Polittico di San Pancrazio(c.1336-8 - fig.186): la Vergine offre i fiori al Bambino che stringe nella manoun cardellino (simbolo Passione); vi è ancora gerarchia dimensionale (angeli più piccoli), arretramento rispetto alle conquiste Giottesche. Maestro del codice di s. Giorgio: viene chiamato cosi, è in opposizione al giottismo; non gli interessa spazialità, solidità statuaria delle figure; inclina piuttosto a preziosità lineari e alle irrazionali descrizioni topografiche del Gotico transalpino. Questo stile a Firenze non ha presa, per cui egli decora codici miniati o piccole tavole>> Es. la Madonna col Bambino e Santi( 1320-5 ,fig.187) ; si trasferirà ad Avignone(corte papale) e preparò il terreno a Simone Martini. l'erede di Giotto più coerente è però -Maso di Bianco, di cui sappiamo poco (muore nella pestilenza del 1348). Interviene nei cicli giotteschi della cappella Bardi in S. Croce a Firenze e in Castelnuovo a Napoli. La solennità statuaria della Madonna col Bambino (c.1340-5, fig.188) dimostra che egli riprende lo stile maestoso della cappella Peruzzi a S. Croce; eroica concezione che si ritrova nella Cappella Bardi di Vernio a S. Croce (1340) capolavoro di Maso: qui le storie di S. Silvestro sono impostate entro Duomo di Siena. Oggi all'opera del Duomo. Venne trasportata dallo studio del pittore al Duomo di Siena con un corteo popolare . È una para a due facce , l'anteriore con la Madonna, santi e angeli a grandi figure (f.209) (per fedeli), la posteriore con episodi della Passione di Cristo, a piccole figure, destinata alla visione esclusiva del clero(f,210) . Vi erano anche altre storie della vergine e di Cristo nella predella e sull'ordine superiore. Si nota il suo stile gotico , bizantino ,: la protettrice di Siena è assisa su un ampio trono, fiancheggiata da una serie di figure appiattite sul piano, tra cui i4 santi patroni della città , inginocchiati , e le due Sante Agnese e Caterina all'estremità con manti nervosamente ritorti . Sul retro vi è uno dei più ampi cicli della Passione dell'arte italiana : 26 formelle lignee con sfondi dorati , al centro un'affollata " crocifissione " e in basso " l'Entrata a Gerusalemme "(f.211)( con veduta urbana e un tiburio gotico, forse tributo a Siena) . C'è attenzione particolare , individuazione delle fisionomie, complessi fondi ambientali( conosce prospettive giottesche). Tuttavia la spazialità in Duccio non c'è sempre: nel " ultima Cena " -f.212 - La spazialità della sala scorciata de negata dalla ribalta inclinata del tavolo , o la " flagellazione " -f.213-- dove la posizione di Pilato è contraddetto dal sovrapporsi del braccio teso alla colonna di sostegno. Per Duccio infatti conta più il messaggio che la resa spaziale e tridimensionale, che sacrifica spesso per " spiegare " meglio le scene. Un affresco raffinato (1314)con il" Castello di Giuncarico --f .214-- attribuito a Duccio , o un suo seguace o Simone Martini, introduce il tema della decorazione profana a sfondo politico( Trovato nella sala del mappamondo nel palazzo pubblico) di gusto tipicamente senese è il paesaggio topografico, ritratto nei siti reali , riconoscibili. Nella sala del mappamondo c'è l'affresco di Simone Martini, la " Maestà " (S.M. Formato nella bottega di Duccio ) in quest'opera appare evidente il riferimento alla pala di Duccio nel Duomo per l'iconografia. Ma la visione 200esca assume un tono più aristocratico: la vergine austera e distaccata, assisa sul trono dorato con schienale a cuspidi . Le file dei santi sono scompaginate. Le figure , disposti su diagonali convergenti in profondità, acquistano consistenza plastica , fisionomie individuali , solide corporatura. Diciamo dunque che Martini scarta la componente bizantina di Duccio e sviluppa quella giottesca e gotica. Riprende anche orafi senesi : il trono è elaborato come un aureo reliquiario e le aureole con motivi desunti dall'oreficeria. D'ora in poi la " punzonatura " delle aureole e dei fondi oro sarà una costante nella pittura italiana . Il confronto di Simone con Giotto si rinnova nelle " storie di San Martino, ad Assisi nella basilica inferiore , 1317: è diverso da Giotto, non ha stile fiorentino, scelta tematica è diversa : G. aveva esaltato San Francesco, un santo popolare; Simone esalta un santo cavaliere, con aspetti cortesi. Nell'"investitura di San Martino "-f.216- rappresenta un ambiente di palazzo, con musici di corte abbigliati è un servitore con Falcone da caccia sul pugno . Le architetture sono giottesche. La profondità è accentuata da una distribuzione di concavità ombrose e il gioco chiaroscurale è calcolato in base alla posizione delle tre finestre della cappella. Il contesto è fiabesco ma Martini conferisce senso veristico dei costumi - cfr . f.241-, delle pose, proponendo una varietà di tipi umani e di espressioni .- f.217- originali per l'epoca. Tutto è realistico. Nel 1317 è nominato Cavaliere da Roberto d'Angiò: per lui esegue l" icona profana " del " San Ludovico di Tolosa "-f.218-: il dipinto in realtà un manifesto politico perché Ludovico era l'erede al trono di Napoli che aveva abdicato a favore del fratello Roberto d'Angio. La pittura è testimonianza dinastica: accanto al Santo c'è Roberto -primo ritratto veridico di un vivente proposto dalla pittura italiana- che riceve la corona da Ludovico . Nella predella vi sono scorci architettonici giotteschi. Nelle 1330 raffigura nella sala del mappamondo del palazzo pubblico di Siena Il "Guidoriccio da Fogliano"(f.219) (affresco) celebrando la conquista dei castelli di Sassoforte e Montemassi da parte di un condottiero senese . molto discussa, ma è accertata la mano di Martini nel Cavaliere che incede sul suo destriero davanti ai colli deserti , con simboli della guerra combattuta: i castelli e l'accampamento senese. Il Cavaliere risulta irreale, non realistico, perché è più un simbolo, un concetto . Il paesaggio non è una veduta topografica, ma uno schema visivo che deve essere completato dalla fantasia dello spettatore. Questo bilico tra celebrazione individuale e astrazione simbolica conferma la mano di Martini. Nel 1333 , Simone firma con Lippo Memmi l "Annunciazione" (f.220) per il Duomo, completata dalle tavole con " sant'Ansano e Santa Margherita". E molto eleganti, : anche se il trono è posto in tralice – dato spaziale - e i gigli sono naturalistici, l'immagine si risolve tutto in superficie , tra linee profili ; la vergine in posa casta e in altera ritrosia, rimanda alla pittura miniata francese o le tavole dipinte in Germania e Inghilterra ,es." la pala della crocifissione - f.221- ( Non troviamo esempi coevi in Italia ). Quindi Lo stile di Martini si fa sempre più " nordico " : infatti andrà tre anni dopo ad Avignone a lavorare per il Papa. Qui acquista fama nazionale ; nella " crocifissione " di Anversa -f.222--( era del politico " Orsini " dipinto a Siena e portato ad Avignone) rievoca la tavola centrale del retro della " maestà " di Duccio , ma con i ritmi elastici degli avori francesi. C'è un intenso patetismo , ripreso dal ciclo del "Nuovo testamento " (f.223) nella Collegiata di S. Gimignano, di un pittore a contatto con Simone nominato " Barna " ( forse Lippo o Memmi ). Oltre a Martini , personalità della pittura senese sono i fratelli Pietro e Ambrogio Lorenzetti . Il maggiore, Pietro (1280-1348?) Si forma anche solo nella bottega di Duccio , lavora ad Assisi, al servizio del cardinale Napoleone Orsini . Nel " ultima Cena "- f. 224- del transetto sud c'è una spazialità giottesca, ma anche la volumetria esagonale del pulpito di Giovanni Pisano a Siena per rappresentare una sala geometrica , entro cui pone la tavolata di Cristo. Collega questa sala a una cucina , in cui in scena il brano dei servitori che buttano gli avanzi del pasto a un cane ( caratteristica dei senesi è la curiosità verso il multiforme spettacolo della vita , un fiorentino non avrebbe mai raffigurato una scena del genere ). Quindi collega 2 locali - sala e cucina - prospetticamente : questo collegamento prospettico tra locali lo svilupperà con maggior padronanza nel trittico della " Nascita della Vergine " . Andrà verso una drammaticità ed espressionismo duecentesco : nel 1320( quando firma il politico con " Madonna e santi " in Santa Maria della Pieve ad Arezzo ,cfr.f.265) completa e anche le storie di Cristo nel transetto sud di Assisi : qui con la " Deposizione" arriva alla massima drammaticità ed espressionismo ; le figure sono entro un triangolo, determinando un concerto intersecato di linee oblique originate dalla spoglia raccapricciante del Cristo , in diagonale , la cui testa penzola incassata tra le spalle irrigidite dalla trazione dei chiodi . Vi è quindi un ritorno al rigorismo spirituale. Nella pala d'altare della " Madonna col bambino, San Nicola di Bari, Elia e angeli "(f.226) per il Carmine di Siena (1329) prevale un gigantismo di aulica, solenne magniloquenza, ma alleggerito da una chiara cromia dominata dal giallo, rosso, oro. Ma Pietro poi seguirà il naturalismo Illuminismo del fratello Ambrogio . Dipinge nel 1342 il trittico della " natività della vergine " - f.227- per l'altare di San Savino nel Duomo di Siena , il suo capolavoro. Lo spazio è continuo, le sale contigue( quella in cui giace la partoriente assistita dalle levatrici occupa due tavole è quella dov'è Gioacchino, il padre di Maria, in attesa ). C'è gioco illusionistico, a cui partecipa anche la cornice ( i pilastri divisori sono i sostegni delle volte dipinte ). La prospettiva(quasi scientifica) è creata da diagonali che convergono in profondità. > Questo trittico è dunque l'esito maggiore delle ricerche di Giotto e sarà modello > riesce ad evitare il naturale convenzioni secondo cui le scene d'interno sono resi visibili tramite l'abolizione delle pareti frontali . Inoltre elimina quasi il fondale dorato. Rientrato assieme realizza la tavola con " Madonna col bambino, angeli e santi " (1335- 40...f.230) ( Vi è citazione del vaso di fiori dell'annunciazione di Martini f.220) : c'è più spazialità, deciso a fondo nella terza dimensione, sottolineato dalle linee del pavimento , dai santi inginocchiati con gambe volte verso lo spettatore, dal rimpicciolirsi di teste degli angeli intorno al trono . L'antitesi rispetto a Simone è radicale . Lavorerà nel palazzo comunale , ma solo dopo che Martini si sarà allontanato da Siena . Es. Farà il perduto disco girevole del " mappamondo " e le ''allegorie ed effetti del buono e cattivo governo " Per la sala della Pace, il suo capolavoro . Questi rimandano a testi di Aristotele Tommaso d'Aquino e vogliono illustrare principi politici. Nelle " Allegorie del buon governo " - f.231- c'è La Giustizia ispirata alla Sapienza che genera concordia tra il Buon Governo ( monarca in maestà, circondato dalle virtù teologali ) e i cittadini . Ne consegue il benigno " Effetto"(f 233 e 236) cioè il vasto paesaggio della città edificata, con la fertile campagna oltre le mura, percorsa da allegre brigate di cittadini a caccia sotto la protezione della Sicurezza. Il " Cattivo governo " ( peggiore stato di conservazione )(f.232) è personificato dal demone della Tirannia, sottomesso all'Avarizia, Superbia e Vanagloria . La sua corte comprende anche Furore, Frode, Divisione e Guerra: l' "Effetto " è la città che si sgretola, dove sono combattimenti, omicidi sotto il triste volo di Timore . Per rendere più significative le scene usa costruzioni prospettiche e illuminazione diversa per il buono e il cattivo governo (es. La città del male incutere sensazione di disarmonia ). Confrontiamo" la veduta di Roma " di Cimabue- f234- (Assisi), o la " cacciata dei diavoli " nelle storie di San Francesco di Giotto , F. 235 - : la città del buon governo e la più vasta e credibile veduta urbana mai realizzata , con torri, logiche, chiese, palazzi ecc. anche i colori diminuiscono di scala in profondità: è il culmine del naturalismo trecentesco . È una veduta paesaggistica completa , vivace che illustra la multiforme società medievale . Il naturalismo è mezzo linguistico per coinvolgere e comunicare il contenuto : non raffigura " un " paesaggio Ma gli "effetti" di un buon governo, dunque un concetto. Ancora il paesaggio non è un genere artistico. Tuttavia tale affresco è stato individuato come precursore del paesismo dei pittori fiamminghi del '400. Gli AFFRESCHI DI BUFFALMACCO NEL CAMPOSANTO DI PISA. Lucca, Pistoia, Arezzo sono città di " provincia " rispetto a Firenze e Siena. Tuttavia da qui provengono anche esperienze artistiche eterodosse , diverse, respinte dai centri maggiori, libere di esprimersi con meno restrizioni culturali . Buonamico Buffalmacco , fiorentino, 1285, noto anche in novelle di Boccaccio, non ama lo stile di Giotto e guarda all'espressionismo del' 200. A Firenze non c'è posto per lui, lavora ad Arezzo, Pisa : una città decaduta che però lascia spazio alle sperimentazioni Es. vi è la curiosa costruzione " Santa Maria della spina " - F. 237- , loggia romanica trasformata nel 1323 in oratorio , arricchito con marmi multicolori e particolari , cuspidi e pinnacoli . Nel camposanto di Pisa Buffalmacco dipinge tre grandi affreschi col " trionfo della morte ", il " giudizio universale " e la "Tebaide"( 1340-1343): celebrano la vita eremitica come antidoto alla morte, ispirati a scritti del frate domenicano Domenico Cavalca. Nel " trionfo della morte " -f. 238 - rifiuta l'unità compositiva di Giotto: lo scenario è spezzato, la narrazione è divisa . Vi sono giovani che suonano e amoreggiano per la battaglia aerea tra angeli e diavoli. Dall'altra parte un gruppo di anziani mendicanti invoca l'intervento della morte , che colpisce alla cieca e risparmia proprio colono che più lo desiderano. Sorprende come Questo affresco precede l'epidemia della peste e il Decamerone. B. si sofferma sulla visione di cadaveri ammucchiati, cosa che nessun artista aveva mai fatto. Il suo linguaggio sembra dantesco per il realismo dei particolari che danno suggestioni emotive. Col suo " volgare " contrapposto al " latino" dei giotteschi, B. espande i limiti dello stile figurativo toscano. L' affresco medievale: storia, tecnica, conservazione. La più diffusa tecnica di pittura sul muro è l'affresco. La sua caratteristica principale è la resistenza della superficie pittorica, che non richiede vernice protettiva. Infatti il colore si integra con la struttura. Dapprima si stende uno strato grossolano di calce e sabbia , arriccio, per preparare la superficie. Poi l'intonaco ancora umido e poi si sta del colore. I più antichi esempi di affresco sono nella civiltà egiziana Minoico-micenea . Quelli greci poco conservati mentre quelli romani più conservati per diversa qualità dell'intonaco. In Quelli medievali si usarono scarsi materiali che molti sono andati perduti. In Italia questa tecnica è molto usata perché si deve decorare ampie superfici di architetture religiose. Cennino Cennini, nel 15º secolo codificherà nel suo libro le fasi della stesura . Questo sistema sarà seguito dai pittori del trecento e quattrocento. Egli suggerirà di tracciare sulla riccio una quadrettatura, utilizzando il filo di piombo per ottenere solchi sottili ( linea guida per l'artista). Poi scrivi un elenco di pigmenti consentiti o indica le proporzioni tra sabbie calce, arriccio e intonaco. La tecnica quindi impone al pittore tempi di esecuzione stretti perché il colore va steso rapidamente ( finché intonaco è umido). La sinopia( traccia per l'affresco) verrà sostituita dal cartone, molto più pratico perché il disegno( del cartone che va applicato sul muro) e delle stesse dimensioni di quello della fresco e va solo " ricalcato "(bucherellato). Gli affreschi possono subire danni per acqua o umidità e cattive condizioni climatiche ( danni gravi). Meno gravi sono i depositi di muffe, licheni e funghi o polveri dall'inquinamento atmosferico (tutto rimovibile). Al fine di garantire miglior conservazione del dipinto oggi si attua la tecnica dell'affresco staccato (ovvero si dà all affresco nuovo muro di sostegno). TEMI E FONTI DELL'ARTE RELIGIOSA DEL TRECENTO. 2.IL REGNO DI NAPOLI Anche qui arrivano esperienze fiorentine e senesi. Il regno di Napoli passa dal dominio svevo quello angioino nel 1266 ((Carlo I e Carlo II d'Angio nella seconda metà del 13º secolo, da Roberto d'Angio detto il saggio nella prima metà del trecento)). Qui arriva l'arte toscana grazie al arrivo del " San Ludovico di Tolosa " di Simone Martini, soggiorni di Tino di Camaino, e di Giotto . Napoli non si forma una valida " scuola " locale : le commissioni vengono affidate ad artisti esterni per il fenomeno del mecenatismo di corte. È un'arte di esportazione . A fine '200 dominano tendenze artistiche francesi e catalani , le prime evidenti nelle miniature dei romanzi arturiani e carolingi ,es. Il "Salterio Maciejowski" (c. 1250,f. 269 ). Da una commissione dell'Angioino dipende in " busto reliquiario di San Gennaro " -F 270- , affidato nel 1304 agli orifici francesi di corte : Edenne Godefroy, Milet d'Auxerre, Guillaume de Verdelay>> naturalistico, resa fisionomica , raffinato nella decorazione della stola con placche recanti lo stemma araldico dei gigli angioini . l'arte centro- italiana arriva accorte nei primi del trecento con Roberto d'angio . Lo attestano due chiese: Santa Maria Donnaregina (1307-20) fondata da Maria d'Ungheria, Santa Chiara , 1310 eretta dalla sposa di Roberto d'Angio , Sancia di Maiorca. Si attengono a modelli toscani: la prima, gotica, mononave, con un coro delle monache( soppalco che occupa gran parte della navata ). Nella seconda-F. 271- La navata ad aula ha una spazialità solenne tipicamente francescana. Quanto riguarda la pittura nel 1308 giunge in città il romano Pietro Cavallini e fa numerosi cicli pittorici anche in Santa Maria Donnaregina ( porta la spazialità " latina " nell'Italia del sud ). Legato a Cavallini è Lello da Orvieto , pittore del Centro Italiano che va a Napoli tra1315 -22 : esegue il modernissimo " ritratto funerario del vescovo d'Ormont"(f.272) ( a gusto artistico importato dal" San Ludovico di Tolosa" di Martini f218).. Ma il suo ritratto diventa genere artistico autonomo. Dunque la prima ondata di artisti al sud è Romana , la 2a senese, con Simone Martini e Tino di Camaino , 1324-37 , ma anche Giotto che tra 1328-33 è attivo a San Chiara e nella reggia di Castelnuovo :Nella corte di Roberto il saggio(vi risiede Boccaccio) Giotto dipinge nella sala Magna della reggia di Castelnuovo e un ciclo di " eroi dell'antichità " , perduto purtroppo . Grazie a Giotto si formò il napoletano Roberto d'Oderisio attivo nella provincia salentina e lungo la costiera amalfitana. Nella giovanile " crocifissione " su tavola - museo di Capodimonte- 1335, sembra il " Parente di Giotto " più duro però nei trapassi cromatici, più schematico e incisivo nei profili. Otterrà anche commissione a corte. Nel contempo salirà al trono Giovanna d'angiò, monarca screditata che chiede alle arti di mascherare con abbigliamenti aristocratici eleganti, una realtà sociale e politica di disgregazione . In questo clima nascono i capolavori di Oderisio : affreschi dei " sacramenti " , 1152, (F. 273), nella chiesa dell'Incoronata ( ora in Santa Chiara) e alcune tavole , es. il dittico della " pietà " ora diviso tra Londra e New York (f.274)>grande forza espressiva, uno dei più alti prodotti della pittura italiana . 3.CENTRI DELL'ITALIA SETTENTRIONALE NELLA 1A METÀ DEL '300. Anche a Rimini e Bologna nel primo 300 ci sono avvenimenti artistici. A Rimini nasce una scuola pittorica dopo il passaggio di Giotto verso Padova(1303). Di Giotto sopravvive " il crocifisso " su tavola-f 275- che riprende schema della " Croce " in Santa Maria novella , F. 151. I pittori locali si ispirano a Giotto, come Giuliano da Rimini : nel 1307 esegue un dossale , " Madonna e santi " , Boston, di matrice giottesca. Il "Crocifisso" in San Francesco a Mercatello(f276), 1309, segna un importante punto Cronologico per ricostruire l'arte riminese. Giovanni riprende molto Giotto , evidente anche nelle " storie della Vergine " nella cappella della chiesa di Sant'Agostino a Rimini. La " presentazione al Tempio "-F. 277- rovinata molto , come tutto il ciclo, ha la solennità, monumentalità e spazialità giottesca. Sempre in Sant'Agostino, nelle " storie di San Giovanni Evangelista " del coro,1315-20, un altro riminese, l'anonimo " Maestro del coro di Sant'Agostino "è sempre giottesco ma più espressivo, realistico nei particolari . Nel " terremoto di Efeso "f. 278- La frana degli edifici sembra metafora della disgregazione della cultura giottesca, a favore di un maggior dinamismo e libertà. Che troveremo nelle botteghe bolognesi in futuro. Pietro da Rimini : un pittore più colto rispetto agli altri , lavora a Padova , studia Giotto, e forse Pietro Lorenzetti. Anche lui è più immediato è circa la " verità " , come notiamo nella " Deposizione " -1320 -25, F. 279 . Dunque dopo un esordio giottesco la pittura riminese si apre varie influenze. Maestro di San Pietro in Sylvis: Altro anonimo, nel 1330 circa, affresca l'abside di San Pietro in Sylvis a Bagnacavallo , Ravenna: allinea suto il " Cristo in maestà " di ascendenza tardo antica, e ai lati di una composta " crocifissione " , due file di " apostoli " (f. 280 ) elegantemente atteggiati imposi forse ricavati da modelli statuali francesi - classico - gotici del secolo precedente. Sono plastiche , tornite, naturale nei gesti , cordiali nelle fisionomie. Egli dunque rappresenta un lato raffinato dell'arte riminese . I bolognesi conoscono direttamente Cimabue, perché la sua " Maestà " giunge in città; ma anche Giotto per un suo politico . Ma in seguito La scuola che si sviluppa dal terzo decennio del trecento , avrà caratteristiche fortemente gotiche e transalpine è una veemenza espressiva diversa dalla solennità dei giotteschi. Forte realismo dei particolari, costruzioni compositive e ambientazioni, con salti di scala tra le figure. Questo perché Bologna si apre a livello internazionale( soprattutto al gotico d'oltralpe) : testimone è il ciclo delle " storie di Cristo " F. 281 non ha dipinto ma ricamato su un piviale Franco-inglese della fine del 13º secolo nella chiesa di San Domenico. Le storie di Cristo sono narrate sinteticamente per il poco spazio delle campiture , ma c'è vivacità . Anche nell'arte miniata si sviluppa questo stile elegante. Già dalla fine del 200 e per tutto il trecento, nei manoscritti del " Corpus " di Giustiniano, nei' Decreti'' di Graziano , i miniatori rendono più vivida rappresentazione . L'ILLUSTRATORE: è un anonimo miniatore attivo tra 1330-50. Specializzato nel ramo, le sue miniature hanno gusto narrativo , abile nell'adattare in stretti spazi le figurazioni dei codici tra le colonne dei testi e i margini. Es. l'illustrazione della " cattura e condanna di un servo " in un Codex giustinianeo della biblioteca vaticana(anteriore al1340 )- f.282-. Nella scena maggiore , sopra le colonne del testo vi sono in sequenza: il tentativo di fuga del servo (dx) la sua condanna da parte del giudice, la tortura della sospensione , l'amputazione di un piede ( in basso ). Nelle fasce sottostanti c'è la fasciatura del moncherino e la metaforica caccia alla lepre. Il fondale è un fiorire peggio di volute diramate in tutte le direzioni che dà risalto alle scene. vi è Pungente naturalismo con crudi particolari. Tuttavia sono stati perduti molti cicli di affreschi nelle chiese bolognesi . Nel trittico della " crocifissione " (Louvre ) , F. 283 ,dipinto nel 1333 per la Chiesa bolognese di San vitale si legge influsso francese : è un trittico a sportelli, comune in Francia, e la figura centrale è grottesca e tragica col Cristo smagrito e doloroso. Di poco anteriore è la " Crocifissione" del c.d. Pseudo-Jacopino , F. 284: le fonti sono le stesse, nordiche, forse una miniatura per il fitto ornato del fondo e il Cristo macilento e ricadente in avanti . Una Terza Crocifissione Presso la collezione Thyssen di Lugano, f.285, è del bolognese Vitale da Bologna ( vitale degli Equi) . Prima della metà del secolo i suoi dipinti sono gotici . In questa tavola le figure sono dolenti, agitate, violente: Cristo è affiancato dai ladroni che prendono contorti dalle croci, i cavalieri discutono. Maria sviene, i soldati si accapigliano . La razionalità, armonia, spazialità sono regole travolte. Anche in " San Giorgio e il drago ", 1335-40 , F. 286 , una scena di lotta furibonda fatta di moti contrapposti : il Cavaliere si appoggia con tutto il peso sull'asta per conficcarla nella gola del drago e il cavallo Si inarca e torce terrorizzato la testa . Lo stile di Vitale ha vasta influenza nell'Italia settentrionale . Dipingerà anche il " trionfo della morte ", F. 287, nella chiesa dei domenicani a Bologna ( riprende posa del cavallo nel San Giorgio " ). Quando Bologna diventerà da libero Comune a parte dello Stato della Chiesa e di cambierà stile con modi espressivi più distesi ed eleganti. Anche in Lombardia si resisterà al giottismo. Dal 1277 c'è la signoria dei Visconti . Un ciclo di affreschi nella Sala della Rocca di Angera ( castello divenuto proprietà viscontea nel 1314 )rappresenta le " gesta di Ottone Visconti " , f. 288. Nel corso del trecento in Lombardia sono chiamati artisti toscani . -Nel 1336 la cappella di corte- San Gottardo - è completata con uno slanciato campanile ottagonale gotico , F.289, opera di FRA PECORARI che sfrutta contrasti coloristi tra i materiali, mattone in marmo, per evidenziare il ritmo delle gallerie superiori e i contrafforti angolari. Giovanni di Balduccio: sculture pisano che nel 1339 termina " L'Arca di San Pietro martire" in Sant' Eustorgio (,f.290) monumento di ascendenza pisano- senese . Il tabernacolo È sorretto dalle virtù che contiene la " Madonna col bambino " , sormontato da altre statue. Si ispira alla bolognese " Arca di San Domenico " di Nicola Pisano e al " monumento Petroni " di Tino di Camaino nel Duomo di Siena. Le sculture sono aggraziate e scattanti . Tra il 1335 e il 1336 anche Giotto è a Milano dove dipinge ciclo di affreschi del palazzo di Azzone Visconti, tra cui una serie di " uomini illustri " . A questa campagna appartiene la " Crocifissione " in San Gottardo: un affresco di cui si leggono appena alcuni volti , F. 291, vivaci, ben delineati con morbide pennellate di tinte chiuse - riconosciamo il " parente di Giotto " ( ma forse ripreso da un anonimo lombardo ). Lombardo-piemontese e il " maestro di Montiglio " attivo in area piemontese, il Monferrato, autore di affreschi nella cappella del castello di Montiglione e in Santa Maria di Vezzolano ad Albugnano (Asti). In area veronese si sviluppano i temi profani, gli affreschi illustrano romanzi francesi di tema arturiano -carolingio e derivano da testi miniati. Lo stile è spesso attardato, ma c'è gusto aristocratico. - Nel castello di Rodengo le " storie di Ywain"( Cavaliere tavola rotonda) sono dipinte da un artista ignoto durante i primi anni del '200(f.292) - Nel '300 il castello di Avio a Trento ( di una famiglia veronese) è affrescato da cicli es. le " allegorie amorose " della Camera d'Amore e le " scene belliche " nella camera detta " delle Guardie". In particolare di quest'ultima , f. 293, ci mostra lo stile: i dettagli dei costumi e le marcate fisionomie dei soldati hanno concezione arcaica, non c'è parzialità in chiaroscuro , le figure sono allineati in superficie. Nella laguna veneta invece lo stile di Giotto penetra . a Venezia verso il 1330 sono costruite due chiese gotiche : ss. Giovanni Paolo per i Domenicani Santa Maria Gloriosa dei Frari per i francescani. -- Paolo Veneziano fonde lo stile di Giotto con il persistente stile bizantino. Uno stile ibrido. Es. La " Pala Feriale", f. 294, è un politico a 2 piani che nei giorni feriali copre la Pala d'Oro dell'altare magg. di San Marco. Il busti bizantineggiante delle figure delle tavole del registro superiore sono accompagnate da scene narrative inquadrate da solide architetture scorciate , e dalla luce abbagliante del fondo oro . 4.ARTE ITALIANA E CENTRI EUROPEI. Nell'Europa del nord si guarda con interesse le scoperte formali dei nostri pittori , soprattutto Giotto. Osserviamo due miniature parigine realizzate a pochi anni di distanza tra loro ma molto diverse : la prima, 1317, tratta dalla" vita di San Dionigi" miniata da Yves de saint- Denis, l'episodio dei " Messaggeri inviati a Roma ",f. 295, mostra una veduta di Parigi senza profondità. La seconda, nel " Breviario di Belleville", con la scena di " Saul che tenta di riferire David ", F. 296 , invece mostra figure di fronte a un edificio le cui pareti e volte sono scorciate in profondità , con effetto di " sfondamento " del piano di posa ( modelli toscani). L'Italia sarà imitata in Austria, Francia e Spagna. Avignone, divenuta corte papale, sarà centro di diffusione: il fiabesco " Palazzo dei Papi "(f.297) dove si incontrano cardinali, finanzieri e mercanti di tutta Europa sarà ornato di cicli di affreschi tra 1334 e 1352 . Nb. In città aggiunge anche nel 1336 Simone Martini, e prima il fiorentino " maestro del codice di San Giorgio ". Martini incontrerà qui Petrarca, per cui esegue il frontespizio del codice col " Commento di Servio a Virgilio "(1340,f.298):con stile naturalistico- raffinato, raffigura il commentatore latino che scostando una tenda , indica Virgilio a un soldato , a un contadino e a un pastore. Accanto a lui lavora il "Maestro degli angeli ribelli": anonimo il pittore, esegue la tavola a due facce con la " caduta negli angeli ribelli " , F. 299, " l'elemosina di San Martino " : egli sintetizza il naturalismo dei particolari e la fantasia di Simone con il rigore prospettico di A. Lorenzetti. Ad Avignone lavorano soprattutto senesi: nel 1343 alcuni di questi raffinati pittori affrescano la Camera della Guardaroba del Palazzo dei Papi( camera da letto di Clemente VI). I temi sono profani: scene di " caccia "(f.300), di " pesca " con figure umane, pescatori, cani e uccelli , erbe, fiori e alberi descritti con minuzia . Il tema è aristocratico e agreste allo stesso tempo. Sarà modello nell'arte tardo-gotica delle corti europee. Anche Matteo Giovannetti (di Viterbo)va ad Avignone con Martini ed è attivo nella corte papale. Realizza le " storie di San Marziale " dell'omonima cappella del Palazzo papale (1344-5, f.301): c'è gusto prospettico, paesistico toscano a cui unisce andamento narrativo vivace e irruento . Illustra con vivacità le figure, espressive e individualizzate( modello Simone Martini) non gli interessa il rigore. - Importanti sono gli affreschi di Giovannetti nella sala dell'Udienza- 1352 - di cui sopravvivono gli " Profeti ", F. 302, " Re e Patriarchi biblici ". In questi affreschi c'è plasticità e cromia sfumata( tipica italiana ) : egli vuole conferire credibilità riproducendo la realtà, annunciando architettura difensivo-militare ma con fini residenziali . Ha mura merlate, torri angolari , bifore , ampio cortile interno , con arcate gotiche sormontate da archi a tutto sesto . Negli ultimi del secolo il duca Gian Galeazzo vuole esprimere la grandiosità fondando edifici che simboleggino la potenza e ricchezza del suo stato : il Duomo di Milano, 1386 , costruito per secoli , e la Certosa di Pavia , 1396. Anche la scultura fa il suo ruolo: il complesso più significativo è il " monumento sepolcrale di Bernabò Visconti scolpito da Bonino da Capione , ora nel Castello Sforzesco di Milano ( concluso entro il 1363)(f.328). Si tratta di una squadrata arca sepolcrale sormontata da un rigido ritratto equestre che, se confrontata con altri momenti del trecento, appari appartata, pesante, statica . Più vivace e il "Ritratto equestre di Cangrande della Scala" per l'incredibile volto felino che sbuca da sotto la cotta , il destriero , sontuosamente bardato che volge la testa rompendo l allineamento assiale (f.319). Il complesso delle " Arche scaligere "(f.320) prosegue con le tombe di Martino II, 1351, e di Cansignorio di Scala(1375)in una sequenza sottolineata dal progressivo ampliarsi dei monumenti, gotici, sempre più alti, ornati ricchi di sculture. >>>La pittura lombarda del terzo quarto del trecento segue influssi giotteschi e di Giovanni da Milano. Presso l'abbazia degli Umiliati a Viboldone (MI) lavorano: un maestro giottesco, forse Lombardo , che fonde spazialità e sciolte invenzioni figurative ( " Madonna in trono e santi, 1349, f. 321 ) e un giottesco fiorentino scappato per la peste =Giusto de' Menabuoi , che ritroveremo a Padova. Di gusto più elegante sono le commissioni negli oratori della Brianza : risalta la decorazione dell'oratorio di Mocchirolo , 1370 circa, con il ritratto di gruppo della " famiglia Porro ai piedi della Vergine". Il capofamiglia le offre il modellino dell'oratorio ; la moglie è in atteggiamento devoto e i figli sono in ordine decrescente di età, F. 322 . Lo stile giottesco , naturalistico, si fonde con l'arte tardogotica che comincia a fiorire nella corte viscontea . Verso il 1370 un anonimo, geniale miniatore lombardo Veronesi decora il codici del "Guiron le Courtois(f323) e del "Lancelot di Lac"( entrambi biblioteca Naz. di Parigi ) con la raffinatezza modula l'economia importate da Giotto per delineare le iconografie profano-cavalleresche. stessa data la creazione della miniatura dell'Offiziolo- un libro di preghiere- realizzato dal più elegante artista milanese di fine secolo : Giovannino de' Grassi . Questi manoscritti mostrano l'evoluzione dello stile gotico nella sua accezione " tarda " o " internazionale ". 9.PADOVA E VERONA. Grazie al clima culturale, divengono primari centri di pittura italiana. Gli artefici sono Giusto de' Menabuoi e Altichiero . Anche Petrarca influisce, presente sia davvero uno che a Padova , i pittori si ispirano i suoi versi . Verona tiene rapporti con la Lombardia. A Padova nella prima metà del trecento si sviluppa lo stile giottesco da cui si svincolano artisti es. GUARIENTO, eclettico artista documentato tra migliaia 138 e 1367 , opera nelle chiese padovane e nella reggia dei Carraresi, o affresca una colossale " paradiso " in Palazzo Ducale a Venezia. Egli diverge perché unisce motivi giotteschi al goticismo bizantineggiante, diffuso a Venezia , da Paolo veneziano. Le tavole con "Angeli " del museo civico di Padova, F. 324,, dalla cappella di corte dei Carraresi( 1357) mostrano infatti nello stile sia plastico chiaroscurale, pareggiature elegantemente, sia fissità fisionomica orientali. Giusto de' Menabuoi(1330-90) giunge a Padova verso il 1370 , si forma a Firenze nella cerchia di Maso ( inclinazione a una) monumentalità formale e un acromia chiara e morbida). Padova si interessa a uno stile più arcaico: l'essenzialità romanica, la fissità ieratica della pittura dei mosaici bizantini. Con ciò segue il suo capolavoro, la decorazione del battistero di Padova , 1375-76 , commissione di Fina Buzzacarrina , moglie di Francesco da Carrara . Nella cupola dipinge il " Paradiso ", F. 325: una ruota ipnotica di Beati, tutti intorno al medaglione del patto creatore. È una visione arcaica per l'iconografia , la vergine frontale eretta sotto il busto del figlio lungo un raggio della corona paradisiaca, recupera la cosa tardo antica dell'Orante. Anche gli episodi della Genesi nel tamburo hanno gusto romanico. Tuttavia più in basso vi è uno stile diverso: i profeti nei pennacchi si affacciano finte finestre e gli Evangelisti , f. 326, siedono ai tavoli di lavoro entro studiò il tridimensionali . Quindi l'artista mostra di dominare anche mezzi illusionistici (giottesco). Infatti anche nelle " storie di Cristo e del battista " nel battistero hanno architetture scorciate, le figure sono espanse solenni, quindi moderne, perché fissate nella più assoluta immobilità espressiva(f.327). In realtà la vena lombarda, più naturalistica e dinamica, vi è solo nelle figure di bassa estrazione sociale ,es. nei servitori delle " nozze di Cana " F. 328 . Dunque comprendiamo che i suoi arcaismi sono scelte figurative mirate a fini espressivi e simbolici , non conseguenza di un'arretratezza culturale. Dimostra di saper scegliere stili a seconda del soggetto. >>Altichiero : (Giusto vi si accostò) forse il più geniale pittore italiano del secondo trecento. Sembra che all'inizio si ispiri a vicende artistiche milanesi. Da Giotto e dal Maestro di San Gottardo , trai la " verità " figurativa , figure reali, naturali disposte entro credibili ambienti. Da Tommaso da Modena desume la passione per il ritmo narrativo , la pittura come cronaca quotidiana . È un artista oggettivo, non coinvolto dal " filtro " delle fantasie cavalleresche. Questo lo rende partecipe dell'evoluzione tardogotica di fine sec. Sono vendute le " storie della guerra giudaica " che affresca nel 1364 nella sala grande di Cansignorio della Scala a Verona, erano preziosi brani di concezione umanistica : influente e Petrarca , ma Altichiero non è nostalgico dell'antica Roma come lui, non gli interessa far rinascere il passato, lo rappresenta come presente . Lavora a Padova e rappresenta soggetti antichi della reggia carrarese , affreschi nella cappella di San felice della basilica del Santo a Padova. Jacopo Avanzo: bolognese che lavora con lui, è abile nel rappresentare le figure man nonna le ambientazioni architettoniche o paesistiche . La sua mano si distingue da quella di Altichiero per l'uso di profili lineari e per la cromia più contrastata , es. Episodio della " Liberazione dei servi e caduta dei cavalieri " , f. 329 : Altichiero mantiene grandiosità dell'impianto grottesca ordisce nelle straordinarie architetture prospettiche , armonizzando le composizione che regola la disposizione dei personaggi, come nella " Battesimo della Lupa"(f330). La " Crocifissione ' entro tre arcate spazialmente unificata , è forse la più straordinaria redazione del tema di tutta la pittura trecentesca , F. 331 . Ci sono accenti drammatici, di tendenza giottesca, : es. il Cristo innalzato e isolato sopra la folla, con le pie donne piangenti attorno a Maria. Un dramma che si svolge intorno alla croce, accompagnato da quello dei soldati a piedi e a cavallo che osservano indifferenti il supplizio , altri sorteggiano la veste del condannato. Altri sono inconsapevoli spettatori incuriositi testimoni dell'evento. Ci sono madri con bambini, gruppi di persone che commentano. Alcuni sembrano attratti più che altro dagli schermi che rientrano a Gerusalemme , a sx f. 332. Con questa opera Altichiero ha occasione di esprimere reazioni emotive , dalla commozione l'indifferenza, paura, dubbio, stupore . Oratorio di San Giorgio : affacciato sul piazzale antistante la basilica del Santo, Altichiero vi affresca le pareti con una " crocifissione " è un " incoronazione della vergine " sopra l'altare, le " storie dell'infanzia di Cristo " nella controfacciata e le " storie di San Giorgio, " Santa Caterina d'Alessandria" e di Santa Lucia sulle pareti . La stesura pittorica e' morbida e brillante. Le architetture sono più le profonde e illusive di tutto il trecento ,es. si nota dal cortile dove "San giorgio beve il veleno "(f.333) chiuso da un edificio gotico scorciato, traforato da gallerie, finestre e arcate ombrose ; o la Chiesa dei " funerali di Santa Lucia " (f334) la cui navata , visibile dall'esterno, ingloba una compatta folla . Quindi egli dispone in complessi fondali le sue folle , attento alla disposizione , individuazione dei tipi, gesti, espressioni. Attento ai minimi particolari ma non rende le scene dispersive. Così, nell'immagine di " Santa Lucia condotta al lupanare " , F. 335 , le gesta, l'agitarsi convulso dei vuoi, le pose, portano lo sguardo verso la figura decentrata della Santa ( composizione di matrice giottesca). Scheda 8: i palazzi del potere civile nel medioevo. L'organizzazione urbana delle città medievali e composta da Duomo , centro simbolico e religioso, e Palazzo Pubblico, che risponde a esigenze governative e rappresentative. Inizialmente le prime riunioni pubbliche si tenevano nelle chiese o all'aperto. Il termine " Broletto " , col quale nell'Italia settentrionale viene definito il palazzo municipale , deriva da " brolo " , cioè cortile o campo recintato , indicava un'area libera per riunioni pubbliche. L'esigenza di creare un edificio apposito, è in anticipo in area padana . La tipologia del Broletto prevede un ampio porticato a giorno, praticabile dalla piazza pubblica, da cui attraverso una scala esterna si accede a un unico salone decorato da affreschi. Si supererà la " concezione militare della fortezza " aprendo sempre più finestre e balconi. Es. Di broletto è quello di Bergamo , fondato nella seconda metà del XI sec , rimaneggiato fino al XIX(f.336): si trasformerà in un complesso di edifici disposti a quadrilatero su di un cortile centrale porticato (oggi ancora visibile un simile a Brescia -f.337- a Veronaf.338-). Il Broletto di Como, F. 339: struttura più agile, ingentilita dall'effetto coloristico per alternanza delle fasce orizzontali policrome in marmo. Più complesso è il palazzo comunale di Piacenza -f340-: solide forme di un profondo portico, piano superiore in laterizi , scandito da di prolifere ampie e chiuso in auto da severe merlature e torrette. Invece in Italia centrale la tipologia del palazzo si sviluppa dalla seconda metà del 13º secolo . prendono solitamente il nome dalle magistrature che vi hanno sede : palazzo del Comune, dei priori, del popolo, del capitano. C'è tendenza prediligere forme più compatte rispetto ai padani:es.f.341 il palazzo dei Priori di Perugia, massiccio e animato solo dall'alternarsi delle polifore ampie, e dal maestoso scalone . Altro es. È il Palazzo del Popolo, di Orvieto(f342) con possenti arcate del piano terreno. In seguito , in Italia centrale si svilupperà anche l'elemento dell'alloggio. A volte edifici laici cristiani si conciliano in uno stesso spazio: es. a Todi , (f.343)con i Palazzi del Podestà e del Capitano del Popolo( porticati e uniti tramite scalinata) e il Duomo, che chiude la piazza all'estremità opposta . Scheda: la posizione sociale dell'artista medievale. Per comprendere la posizione sociale di un artista nel medioevo prendiamo le mosse dai commentari danteschi . Dante appare però attento a rivalutare socialmente gli artisti , in particolare i pittori, da Giotto, li accosta ai poeti, assegnandogli uno status di intellettuali. Petrarca, che incontra ad Avignone Simone Martini e gli fa eseguire il " ritratto di Laura " e il frontespizio del " allegoria Virgiliana "(f.298) gli dedica versi elogiativi . Ammira anche Giotto . Anche Boccaccio elogia quest'ultimo nel Decamerone. Il suo è un compiacimento di matrice già umanistica per la rinascita di una qualità pari a quella delle opere dell'antichità, è una soddisfazione per il contenuto intellettuale della nuova pittura.(F.344_5) Dunque nel corso del trecento l'artista non è più solo artigiano ma diventa intellettuale . Ma come si manifesta questa condizione ? Ad. Es. con l'apparire delle firme fino VI sec. O l'introduzione di immagini intellettuali nelle opere - anatomia, geometria, matematica-. Inoltre gli artisti entreranno contatto con il potere politico, questo già in età ellenistica , in cui nascono collezioni private e musei . A Roma il prestigio degli artisti è inferiore. Sono uomini pratici, dediti alle armi, e usano latte solo come metodo propagandistico. Il declino sociale degli artisti è completo nell'alto medioevo. Scompaiono collezionismo il mercato privato, non si scrivono più trattati teorici o biografici : sopravvivono solo i manuali pratici, ricettari tecnici a uso degli artigiani- artisti. L'anonimato degli artisti è una costante , l'iniziativa individuale è schiacciata dalla subordinazione della committenza spesso ecclesiastica . Un'eccezione : "Vuolvinus magister phaber", orefice che firma la facciata posteriore dell'altare d'oro di Sant'Ambrogio a Milano (840ca) e vi si ritrae in adorazione del Santo,- f.346 -. Il suo ritratto è accostato a un'altra scena in cui si vede il committente, l'arcivescovo Angilberto II . Il sistema artistico medievale fondato sulla predominanza dei committenti, sull'anonimato degli artisti, sull'identificazione dell'arte con l'artigianato, entra in crisi nell'Italia del 12º secolo: gli artisti non solo firmano le opere ricevono anche grandi elogi. Esempio nel Duomo di Modena due lapidi commemorano architetto dell'edificio, Lanfranco, è l'autore dei rilievi della facciata, Wiligelmo (f.347) ;in un codice miniato modenese è ritratto Lanfranco (f.348) con la verga in mano , mentre dirige il lavoro dei muratori. La sua posa sottolinea la dignità . Anche Niccolò è celebrato nella facciata della cattedrale di Ferrara ; Antelami firma e data la "Deposizione"(1178) del duomo di Parma (f349). A questo punto, si inseriscono i passi di Dante , elogi di Boccaccio e Petrarca per Giotto e Simone Martini . Ma non dobbiamo pensare che gli artisti abbiano recuperato il prestigio che avevano nell'antica Grecia . Vi erano le corporazioni e gilde che regolavano in ogni città formazione carriera degli artisti, imponendo criteri per la fattura delle opere. La libertà creativa è limitata . Giotto è un'eccezione perché egli stesso dirigeva una bottega e diventa ricco benestante. Altro es. l'esecuzione della " maestà " per il Duomo di Siena da parte di Duccio di Paul insegna: nel 1311 la palla è trasportata dal Duomo da un solenne corteo : la celebrazione non è per l'artista, ma per l'immagine sacra . Il successo della pala non è estetico ma religioso. La stessa firma che Duccio appone sulla tavola centrale, f.350 non indica l'orgoglio per l'invenzione figurativa , ma il fervore cristiano dell'autore. Comunque inizieranno a prendere piede gli elogi Umanistici dell'artista come originale inventore, come pieno di interessi che acuirono i caratteri artistici: paesaggi vasti, ampliati dall’uso delle diagonali; edifici e personaggi rappresentati con scrupolo del reale; manierismi grafici e colori raffinati; proporzioni sottilissime; effetti di luce. AREE TEDESCHE. Non hanno giocato tanto sulla diffusione ma sull’assimilazione: in un primo momento domina il modo boemo, soprattutto nelle regioni settentrionali dove l’aristocrazia mercantile riprende le immagini grafiche nate nelle corti e poi il modo boemo si sposta nelle regioni meridionali. Questa zona, aperta da sempre agli influssi italiani tenta un aggiornamento in chiave fiamminga. 2. L’Italia internazionale Parti nella penisola che partecipano al “dialogo internazionale”, altre che invece acquisiscono con lentezza o non elaborano linguaggi originali. In tutti i casi il gotico internazionale significa novità e svecchiamento dagli schemi precedenti. LA LOMBARDIA. Al pari delle corti più attive europee con il conte Gian Galeazzo Visconti (1374-1402), che aveva l’obiettivo di fare dei suoi possedimenti il più potente stato italiano. Gli atelier di miniatori al suo servizio (soprattutto a Pavia) si erano impegnati in una rilettura lussuosa del quotidiano tipica della cultura lombarda. Questo amore per la realtà e decorativismo ebbe un tale successo che venne denominata Ouvraige de Lombardie, che significa eseguito “alla maniera lombarda”. L’avvenimento più importante che proiettò Milano su un orizzonte internazionale fu l’avvio della costruzione del Duomo. Architetti e scalpellini stranieri si riunirono intorno al cantiere come mezzo di aggiornamento. Dopo l’improvvisa morte di Gian Galeazzo si portò avanti la decorazione in pietra in cui vennero coinvolti anche i pittori. Qui Michelino da Besozzo (1388-1445), personaggio chiave per l’Italia settentrionale apprese come interpretare in modo più libero, fantasioso e internazionale quello che si era fatto prima di lui. La decorazione dell’Offiziolo Bodmer (libro miniato. Committente ignoto, ogni foglio decorata è incorniciato dal tralcio di un unico fiore con le radici nella parte bassa della pagina; i colori riprendono quali dominanti della vignetta. Questo decorativismo naturalistico rende il codice uno dei massimi “studi di natura” lombardi) presenta un livello qualitativo molto alto: linea fluida, colori tenui, indifferenza nei confronti delle problematiche spaziali, dettagli naturalistici presi dall’osservazione diretta. Le stesse caratteristiche in equilibrio tra loro di astrazione decorativa, verità di natura e toni grotteschi ritornano nella sua sola opera firmata, la tavola con lo Sposalizio mistico di Santa Caterina, in cui confluiscono influssi stranieri soprattutto renani e boemi. Di altro tono sono gli affreschi con il Giudizio Universale di Franco e Filippolo (Chiesa di Santa Maria dei Ghirli a Campione d’Italia) in cui si uniscono la tecnica lombarda ad affresco con i moti violenti e le fisionomie caricati di derivazione nordica, una mescolanza presente anche nelle miniature di Belbello da Pavia. Nelle opere di Belbello, che lavora per i committenti più in vista dell’Italia settentrionale, si nota la sua predilezione per i gesti eccessivi, colori intensi e cangianti, fisici imponenti, che manterrà durante tutta la sua carriera. In Lombardia però la corrente più seguita è quella di Michelino da Besozzo che si possono ritrovare anche negli affreschi dei fratelli Zavattaro nella cappella di Teodolinda nel Duomo di Monza. I modelli di Michelino, anche se spesso ridotti a formule stereotipate sono aggiornati sull’esempio di Pisanello. Gli affreschi di questa cappella testimoniano la permanenza in Lombardia del Gotico Internazionale oltre la metà del secolo. VENEZIA E GLI APPORTI INNOVATORI DI GENTILE DA FABRIANO. La capitale del “Veneto Internazionale” è Verona ma dal secondo decennio del 400 l’attenzione si sposta a Venezia per via dei lavori di rinnovamento e risistemazione della decorazione di Palazzo Ducale (1409-1414), che riunirono Pisanello (da Verona), Michelino (dalla Lombardia), Gentile da Fabriano (dall’Italia centrale). Sono anni in cui vi è un progressivo distacco dalla cultura bizantina per allinearsi a quella occidentale, attraverso lo stile cortese (=gotico cortese). Uno dei massimi esponenti del Gotico Veneziano è Jacobello del Fiore che con il polittico di Sant’Agostino (1400) riprende le istanze di Michelino, con figure più morbide e qualità più decorativa dei contorni. Nel polittico con storie di Santa Lucia (1400-1410) gli sfondi evocano quelli di Gentile da Fabriano anche se con meno sensibilità luminosa. Gentile da Fabriano incarna la tipica figura dell’artista internazionale, che preferisce al lavoro in bottega, lo spostarsi in diverse corti (Marche, Orvieto, Siena, Lombardia, Venezia e Firenze). Accenti lombardi sono già presenti nella sua opera giovanile Madonna con il bambino e santi Niccolò e Caterina e un donatore (1395), ancora più forti sono nel Polittico di Valle Romita, aggiornati sulle opere di Michelino ma con tratti personali come le sfumature luminose, equilibrio e solidità formale. Gli affreschi di Palazzo Ducale con la Battaglia tra Ottone III e i Veneziani sono andati perduti ma hanno avuto influenza sulla pittura veneziana (luminosità di Gentile segna il distacco dalla campitura (applicare un colore uniforme su un’area) di marca bizantina. Questa influenza si può notare nelle quattro tavole con le Storie di San Benedetto (1420), la cui paternità è ancora incerta e attribuita a Michele Giambono. A livello architettonico e scultoreo inizia la costruzione degli edifici che delineano il profilo della città così come possiamo vederla oggi: - Palazzo Ducale: il 27 settembre 1422 si decide di completare l’esterno del palazzo prolungandone il lato fino a saldarlo con il fianco di San Marco; - Basilica di San Marco: i lavori di completamento e decorazione dell’esterno furono condotti tra il 1384 e il 1430 per la maggior parte da artisti forestieri; - Ca’ d’Oro: maestranze di origine lombarda che ne applicarono il loro repertorio di ornati; - Palazzo Giustiniani e Ca’ Foscari; - Porta della Carta (1438-42) a Palazzo Ducale di Giovanni e Bartolomeo Buon; - Il Giudizio di Salomone (1435) a Palazzo Ducale: gruppo angolare attribuito recentemente a Bartolomeo Buon. VERONA E PISANELLO. Pur essendo sottomessa politicamente a Venezia, mantiene rispetto ad essa una propria fisionomia artistica, vicina alle esperienze lombarde. Aveva ospitato a lungo Michelino. L’Adorazione dei Magi di Stefano da Verona del 1435 risente l’influsso della ora attribuita a Michelino da Besozzo Madonna del Roseto (1420): desiderio di conferire una precisa verità agli oggetti e alle fisionomie. Antonio Pisano detto Pisanello nato probabilmente a Pisa e trasferitosi giovanissimo a Verona, ebbe contatti con Gentile da Fabriano e Stefano da Verona. La sua opera può essere considerata come il culmine della tradizione naturalistica lombarda con gli studi di teste di cavallo: non si tratta, come per numerosi fogli di Pisanello, di un modello di repertorio o di uno studio preparatorio, ma di una acuta indagine dal vero, dove la testa dell’animale è riprodotta con minuzia degna di un’indagine zoologica. Questa analisi riguarda sia il mondo visibile che quello dei sentimenti, e si possono trovare nelle due opere rimaste a Verona: - Annunciazione (dal Monumento Brenzoni): si notano colori morbidi e luminosi, e atmosfera raffinata che ricordano Gentile; contorni sinuosi di Stefano; accurata descrizione ambientale che deriva da esempi d’oltralpe; linea che mette in evidenza il particolare che è un elemento personale;- San Giorgio e la principessa (Cappella Pellegrini in Santa Anastasia): i dettagli di costume, quelle naturalistiche e paesistiche sono messe in risalto e contribuiscono a creare una scena sia elegante che di tensione. Dal 1422 inizia a lavorare presso le corti dell’Italia settentrionale dove viene in contatti con ideali cavallereschi e il primo umanesimo. C’è l’incarico di terminare gli affreschi rimasti incompiuti da Gentile da Fabriano in S. Giovanni in Laterano. Cosa aveva fatto: aveva realizzato dei disegni, copie tratte da dei sarcofagi, in particolare il sarcofago di Marte e Rea Silvia e il Sarcofago di Oreste da cui aveva estrapolato i soggetti più diversi e poi li aveva montati senza interesse per il contenuto narrativo. Le preferenze vanno ai nudi in movimento. Questa presa di ispirazione all’arte romana fornisce spunti anche per la produzione medaglistica (recto/verso). Pisanello rimane comunque legato ad una visione tardogotica: lo spazio non ha centro e si estende in ogni direzione, senza alcun limite. LA CERNIERA DELLE ALPI. Luogo di transiti e di incontri tra le popolazioni vicine le loro culture, dando origine a una produzione caratteristica anche se di esiti diseguali L’AREA UMBRO-MARCHIGIANA. Alternanza di zone di resistenza, come l’Umbria in cui la matrice tardogotica si innesta senza rinnovamenti sulla pre-esistente cultura arcaizzante, e di centri in cui grazie alla famiglia dominante sorgono opere aggiornatissime. Come ad esempio nelle Marche. Lorenzo Salimbeni con il Matrimonio mistico di Santa Caterina (1400) richiama gli esempi lombardi, francesi e boemi con i panneggi, le espressioni e lo studio della natura del vero. Si tratta di un’esperienza parallela ma indipendente rispetto a quella di Gentile: i due sono accomunati da una narrazione vivace, dallo spirito di osservazione, da l’eleganza nell’equilibrio e nella cromia. A Gentile da Fabriano si ispirano Ottaviano Nelli e l’ignoto autore delle Storie Profane di Palazzo Trinci a Foligno. FIRENZE. A cavallo tra 300 e 400 c’è una situazione sociale instabile dovuta alle difficoltà economiche con il conseguente ristagno dell’attività artistica. Avvento della signoria Medicee nel 1434. Negli ultimi anni del 300 le committenze pubbliche offrono la possibilità di accogliere lo stile internazionale o recuperare le radici classiche. Queste alternative emergono nella prima fase dei lavori per la Porta della Mandorla (1391-1397) (Ercole) ma sono esplicite nelle due formelle di Ghiberti e Brunelleschi realizzate per il concorso bandito nel 1401 per scegliere l’artista cui assegnare l’esecuzione della Porta Nord del Battistero. La richiesta era quella di presentare all’interno di un “composto quadrilobo” il sacrificio di Isacco: Ghiberti elabora una formella in cui sintetizza componenti classiche e internazionali, ovvero morbidi linearismi gotici e bellezze ellenistiche (nudo di Isacco), il chiaro-scuro privo di stacchi violenti dal fondo rende il supporto non più semplice supporto ma paesaggio che delinea un’atmosfera; Brunelleschi crea un’immagine all’apparenza più arcaica in cui i gruppi dei personaggi sono nettamente separati dal supporto su due piani distinti e le figure escono fuori dalla cornice per dare senso di profondità. La vittoria di Ghiberti chiarisce come ormai a Firenze fosse superata la resistenza ai modi internazionali mentre non era ancora maturato un orientamento verso un classicismo innovativo rinascimentale. Gentile da Fabriano, che si era stabilito in città dal 1421, eserciterà la sua influenza su diversi artisti come Gherardo Starnina (Madonna in Trono col bambino e santi Battista e Nicola di Bari 1405-10), Lorenzo Monaco (Incoronazione della Vergine 1414), Masolino da Panicale (Madonna con Bambino, prima del 1423), inaugurando la seconda ondata innovatrice che verrà esemplificata dall’Adorazione dei Magi eseguita per Palla Strozzi nel 1423 e che fu ritenuta il culmine della pittura moderna. Gentile dal canto suo non era indifferente ai fermenti intorno a Brunelleschi; il Polittico Coratesi (1425) con le sue figure monumentali e pacate testimoniano una conoscenza delle opere di Ghiberti e Masolino, inoltre il colore è compatto e non più disciolto come quello di matrice lombarda. SCHEDA 1 - Il Duomo di Milano Dopo il crollo del campanile di Santa Maria Maggiore (la precedente cattedrale), l’arcivescovo Antonio da Saluzzo promosse l’avvio nel 1386 di una nuova e più grande cattedrale sullo stesso luogo della precedente. Nel 1387 i lavori passarono in mano al duca Gian Galeazzo Visconti che sostituì un edificio in mattoni con uno in marmo e dalle forme gotico-internazionali per rendere Milano aggiornata con gli altri stati europei. Vennero chiamati architetti transalpini, francesi e tedeschi che però non durarono molto a causa dell’ostilità delle maestranze lombarde abituate a una diversa pratica e qualità di lavoro. La pianta è a croce latina con 5 navate e transetto in 3 con abside poligonale. All’incrocio dei bracci si innalza il tiburio. Elemento distintivo della fabbrica milanese è l’abbondanza di scultura a cominciare dai capitelli in cui ci sono delle nicchie al cui interno ci sono le statue dei santi (Giovannino de’ Grassi) SCHEDA 2 - San Petronio e la cultura emiliana SCHEDA 3 - Resistenze e aggiornamenti in Sicilia La Sicilia, ancora legata al feudalesimo, più che centro di produzione fu un polo ricettivo delle esperienze che si svolgevano nelle regioni meridionali e in particolare a Napoli (anche per via delle alleanze politiche delle potenti famiglie siciliane con quelle di Napoli prima dell’unione del sud sotto la corona d’Aragona. Influenze gotico-senesi, catalane, adriatiche, marchigiane, franco-borgognone e franco- fiamminghe nella cultura figurativa di Napoli. Gaspare Pesaro (?): Il trionfo della morte, affresco del 1456. Di origini siciliane, si era formato a Napoli. Tema che riprende l’iconografia del trionfo della morte diffuso nel corso del Trecento, forte impronta transalpina. SEQUENZA 1 - I manoscritti illustrati Tra 300 e 400, in seguito al diffondersi dell’alfabetizzazione, aumentò la produzione di manoscritti illustrati. Oltre ai tradizionali libri di preghiere, si producono libri scientifici, medicina, geometria e botanica anche a livello di divulgazione, di narrativa, di poesia (grande diffusione de I trionfi di Petrarca) e relazioni di viaggi, classici (Ovidio). Erano destinati agli utenti più disparati con differenze nella qualità delle illustrazioni (in alcuni casi erano gli stessi proprietari ad illustrare i manoscritti). Questa produzione centrale della costruzione geometrica e guardare l’immagine riflessa in uno specchio. In sintesi, il sistema si basava sul concorrere di rette ortogonali tra loro parallele in un unico punto di fuga stabilito dall’artista. Questa prospettiva lineare centrica definisce per la prima volta un preciso metodo geometrico per il disegno dello spazio e delle figure in profondità. La prospettiva lineare centrica è uno dei modi di rappresentazione spaziale in linea con la mentalità rinascimentale perché permette all’artista di dare un ordinamento razionale alle cose, quindi un mezzo oggettivo per creare un’immagine fondata su regole matematiche, ma dall’altra parte si basa anche su scelte soggettive (posizione e distanza dello spettatore dallo spazio raffigurato, che sono fissate dall’autore stesso). L’”invenzione" della prospettiva spetta a Brunelleschi ma la sua trattazione teorica è opera di Leon Battista Alberti nel De Pictura. LA SVOLTA INNOVATIVA Brunelleschi e Donatello (1386). Il primo fu guida e stimolo per il più giovane scultore e il loro rapporto si caratterizza per un serrato dibattito per soluzioni diverse e talvolta opposte. I due si recarono insieme a Roma per studiare i resti antichi verso il 1409, che investigarono secondo il criterio non dell’imitazione delle forme e dei risultati già raggiunti ma dei processi per raggiungerli. In seguito più volte collaborarono anche se tra i due c’era una forte diversità. Un esempio su tutti è il modo diverso in cui propongono il tema del crocefisso. Vasari racconta come il crocefisso di Donatello avesse suscitato le critiche di Brunelleschi “ gli pareva che avesse messo in croce un contadino”: - Brunelleschi traduce la perfezione morale di cristo in perfezione delle forme non intaccate da dolore, in equilibrio di proporzioni ( larghezza delle braccia = altezza figura) vedi crocifisso Giotto in S.M. Novella, introducendo un’accennata torsione del busto verso sinistra così le figura crei lo spazio. La figura si può vedere da molteplici punti di vista diventando così generatrice di spazio (Crocifisso, 1420-25?, Firenze, Santa Maria Novella); - Donatello, secondo un tratto tipico della sua personalità e contro le armonie matematiche di Ghiberti, invece rappresenta il cristo colto nel momento dell’agonia (lineamenti contratti, bocca dischiusa, occhi semi-aperti, corpo greve e sgraziato), prova di come a Donatello interessasse più la verità umana del personaggio (Crocifisso, circa 1425, Firenze, Santa Croce). - Ghiberti, pur tenendo conto delle diversità di tecniche e dimensioni è interessante anche come Ghiberti (altro grande protagonista di inizio 400) interpreti lo stesso tema. La cura naturalistica con cui è reso il corpo di Cristo si tiene distante sia dalle proporzioni matematiche di Brunelleschi che dall’espressività di Donatello (Crocifissione, 1415, Firenze, Formella della Porta Nord del Battistero). I cantieri della scultura e Donatello Il primo ambito in cui vediamo le prime innovazioni umanistiche è proprio la scultura. I due più grandi cantieri erano quelli di Orsanmichele e di Santa Maria del Fiore, in cui prevaleva il linguaggio del Ghiberti, legato ancora ad un linguaggio gotico e classico. I più grandi innovatori con le loro sperimentazioni furono: Donatello e Nanni di Banco (nato poco prima del 1390). Entrambi legati da amicizia con Brunelleschi. Possiamo individuare somiglianze di intenti e differenze di soluzioni confrontando il san Luca di Nanni e il san Giovanni di Donatello eseguiti per la facciata si S. Maria del Fiore (1408-1412/15): comune è il tentativo di collocare le figure nello spazio con più libertà con più vivacità plastica. Però: - Nanni rispetta il piano della nicchia e segue di più il modello classico - Donatello l’esempio classico diventa stimolo per la ricerca di una maggiore aderenza con la realtà e verità dei personaggi più corrucciato, umana verità e chiaroscuro che spezza i panneggi. Tali differenze si approfondisco nelle opere che entrambi eseguono poco dopo (1411-14 / 1415-17) per Orsanmichele: - Il gruppo dei SS. Quattro coronati (1411-14) di Nanni fu una vera prova di virtuosismo per la difficoltà di mettere quattro figure in una nicchia creata per ospitarne una. Lo scultore ne rimpicciolì leggermente le dimensioni e creò una disposizione a semicerchio, accompagnando in questo modo lo spazio semicilindrico della nicchia, con riferimenti e giochi di sguardi tra le figure, come in una reale conversazione. La composizione ebbe molta influenza sull'arte del tempo, come nel cerchio degli apostoli attorno a Cristo nell'affresco del Tributo di Masaccio alla Cappella Brancacci. Le figure sono pervase da una forte componente anticheggiante, che caratterizza le pose solenni, l'abbigliamento e la volumetria dei corpi e delle teste, ispirate ai ritratti imperiali romani. Rispetto alle opere coeve di Donatello (come il San Giorgio di poco posteriore, sempre in una nicchia di Orsanmichele) le statue di Nanni di Banco sono caratterizzate da una solenne staticità, prive di quell'energia trattenuta ma ben visibile che è tipica dei lavori del collega e amico. Con la loro nobile austerità, i santi di Nanni di Banco esprimono la ritrovata dignità dell'individuo tramite la lezione dell'antico, coronando il severo ideale civile dell’umanesimo fiorentino di stampo trecentesco. Il tabernacolo, come quello vicino del San Matteo, è meno profondo degli altri, perché in questo pilastro, a nord- ovest, è contenuta la scala a chiocciola che permette di raggiungere i piani superiori. San Giorgio è ritratto come un cavaliere con l'armatura e con lo scudo crociato, su precisa richiesta degli armaioli che volevano mostrare un saggio della loro arte. La figura, leggermente ruotata intorno all'asse centrale, che fa perno sulle gambe a compasso, è costruita su tre ovali sovrapposti: il volto con le sopracciglia aggrottate, il busto e lo scudo crociato, leggermente rotato rispetto all'asse centrale. Le gambe leggermente divaricate a compasso sono un modo per far risaltare, con il torso ben eretto, l'idea di fermezza morale. Il santo è concepito nell'atto di guardare verso nord-ovest con uno scatto della testa, verso la direzione in cui si trovavano i nemici tradizionali di Firenze (Lucca, Milano...). Il gesto, che dà anima alla statua, è evidenziato dalla costruzione compatta e statica del corpo, sfruttando il contrasto che amplifica il gesto, sottolineato anche dai tendini del collo, dalle sopracciglia aggrottate e dall'espressivo chiaroscuro nelle pupille. L'effetto è quello tipico delle migliori opere di Donatello, cioè l'energia e la vitalità trattenute ma perfettamente visibili. Già a metà del XV secolo la statua era vista come un modello di perfezione, elogiandone la fierezza dello spirito e il contrasto che sembra nascere tra la volontà d'azione che traspare dallo sguardo e salda fermezza dell'appoggio. Giorgio Vasari nella prima edizione delle Vite ne sottolineò la bellezza della testa di giovane, lo spirito del valore militare, la "vivacità fieramente terribile et un meraviglioso gesto di muoversi dentro a quel sasso", come "nelle figure moderne non s'è veduta ancora”. Sono di Donatello sia il rilievo nella cuspide col Dio Padre benedicente, sia, come già detto, il rilievo di San Giorgio che uccide il drago alla base. Quest'ultimo rilievo è celebre come un perfetto esempio di stiacciato, arricchito da una delle più antiche rappresentazioni di prospettiva centrale a punto unico di fuga, con tutte le figure collocate coerentemente nello spazio. Le linee orizzontali convergono verso il gruppo centrale con la rappresentazione di san Giorgio a cavallo che lotta contro il drago (il cavallo venne ammirato da Vasari); a sinistra la grotta (la tana del drago), desunta dai sarcofagi romani, e a destra la principessa ed il porticato costruito in prospettiva. Se le linee del mantello, l'armatura preziosa del santo e il profilo delle ali aperte del drago sono particolari di gusto tardo gotico, nuova è la concezione dello spazio, che sembra espandersi oltre la cornice del bassorilievo, pur se alcuni sicuri punti di riferimento ne permettono una definizione perfetta. Nuova è anche la funzione della luce che sbalza il punto focale dell’azione. La varietà dell’ideale classico Negli anni successivi Donatello cominciò una collaborazione con Michelozzo e man mano accentuò le sue scelte iniziali, ovvero la forte individuazione fisionomica che arriva a toccare anche raffigurazioni tradizionalmente generiche e idealizzate: - Come il reliquiario di S. Rossore: diventerà il prototipo del bustoritratto quattrocentesco - Il profeta Abacuc (1427-36): uno dei due profeti, insieme a Geremia, eseguiti per il campanile di Giotto. In queste figure spietatamente “vere” la ritrattistica romana idealizzata è superata da una forte tensione espressionistica. In queste opere il realismo raggiunge quasi il grottesco, c’è una forte tensione espressionistica. Nel corso degli anni ’30 un punto di arrivo e di svolta è quello della Cantoria del Duomo Fiorentino. Fu commissionata a Donatello dagli operai di Santa Maria del Fiore nel 1433, poco dopo che ne era stata affidata a Luca della Robbia un’altra (1431): - Luca illustra il salmo 150, il cui testo è riportato lungo le cornici con 10 rilievi. L'opera è composta come un parallelepipedo sostenuto da cinque mensole, ornate da girali e volute. L'architettura dell'insieme segue la nitida logica rinascimentale avviata dal Brunelleschi. In corrispondenza di ciascuna mensola e agli spigoli si levano sul parapetto una coppia di piccole paraste scanalate con capitelli corinzi. Si vengono così a creare quattro spazi quadrati sul fronte e due ai lati (questi ultimi rettangolari) dove sono collocate le formelle scolpite a bassorilievo. Altre quattro formelle si trovano tra le mensole, per un totale di dieci. In essi lo scultore afferma la sua moderna classicità che unisce alla naturalezza e l’efficacia espressiva un senso vivo per i sentimenti umani nella loro gamma più pacata e serena. - Donatello dopo aver studiato attentamente le rovine classiche nel 1430-32 realizza una cantoria dalla struttura rigorosissima: parallelepipedo che riproduce un’ideale rettangolo bipartito. Nella parte di sopra ci sono una coppia di colonne che sostengono un architrave fortemente aggettante. Questa struttura è però staccata dallo sfondo creando come un palcoscenico porticato con una danza di putti. Il senso di movimento è accentuato da paste vitree a foglie d’oro o colorate. Anche Donatello si riferisce probabilmente ad un salmo (148 o 149) in cui si allude alla danza come espressione di gioia spirituale: egli sviluppa questo spunto in un’esaltazione del movimento. Sarà questo linguaggio in continuo rinnovamento che Donatello porterà a Padova, dove è chiamato a lavorare nel 1443. BRUNELLESCHI La rivoluzione rinascimentale muove anche e soprattutto dall’architettura, considerata la più intellettuale tra le arti. Brunelleschi pur non avendo mai scritto trattati come l’Alberti, fu considerato un grande teorico e architetto, ai suoi studi infatti come si è detto si deve la teoria della prospettiva lineare centrale. Brunelleschi inaugura l’uso di recarsi a Roma per studiare sul campo i monumenti antichi e comprenderne le proporzioni. Tutto quanto ciò che Brunelleschi ha progettato e in parte costruito è racchiudibile nell’arco di un trentennio ed è contenuto nel perimetro fiorentino, poiché sono scarse le testimonianze di quanto abbia realizzato al di fuori (Mantova, Ferrara e Pisa). Tutto ciò che realizza Brunelleschi risponde a calcoli matematici, valorizzati dall’uso di membrature in pietra serene grigia che risaltano sull’intonaco chiaro delle pareti. - Spedale degli Innocenti - Santo Spirito Cupola di Santa Maria del Fiore: i problemi Nel 1418 l’opera del Duomo bandisce un nuovo concorso per la costruzione della Cupola di Santa Maria del Fiore. Brunelleschi vince insieme al Ghiberti e ai due artisti si chiede di conciliare i rispettivi progetti. Però alla fine Brunelleschi non si tira indietro consapevole di avere una maggiore competenza tecnica. La costruzione venne iniziata il 1 agosto 1420. Il primo problema che si dovette affrontare era di carattere tecnico, ovvero l’enorme copertura avrebbe richiesto con i metodi tradizionali dei ponteggi che da terra sorreggessero la cupola. In secondo luogo si trattava di trovare una forma che concludesse armonicamente l’edificio sottolineando il valore simbolico dell’edificio, quindi la cupola doveva essere di grandezza tale da imporsi sullo spazio urbano. Quindi con Brunelleschi nasce una nuova figura di architetto che, pur essendo coinvolto nel momento tecnico-operativo riconosce il proprio ruolo specifico nella fase progettuale. Non esercita più un’arte meccanica ma pratica un’arte liberale fondata sulla matematica, sulla geometria, sulla conoscenza storica. La cupola: la soluzione In secondo luogo si trattava di trovare una forma che concludesse armonicamente l’edificio sottolineando il valore simbolico dell’edificio, quindi la cupola doveva essere di grandezza tale da imporsi sullo spazio urbano. Brunelleschi idea una doppia cupola a sesto acuto (espediente che gli permette di suddividere il peso e differenziare i profili) costituita da un ossatura di 8 costoloni interni tra i quali si estendono delle vele. Questa struttura interna doveva sorreggere quella esterna. Usa inoltre la muratura a spina di pesce desunta dai romani che è una struttura autoportante. In alto poi posiziona un lanterna. Struttura in cui tutti gli elementi si danno forza a vicenda. All’esterno l’effetto è spettacolare per la sua enorme mole, inoltre il rosso dei mattoni contrasta con la bicromia del rivestimento marmoreo del sottostante tamburo. Simbolo del rinnovamento architettonico del rinascimento. L’antichità e il gotico Nella creazione della Cupola Brunelleschi riprende dall’architettura gotica i rapporti tra pesi e spinte, eliminando però ogni orpello decorativo. Dall’antichità trae invece suggerimenti metodologici e tecnici per murature. L’assetto finale di Santa Maria del Fiore Per non complicare uno spazio già molto articolato, Brunelleschi elimina ogni elemento esornativo limitandosi alla semplice calotta. Oltre 700 figure dipinte di cui 248 angeli, 235 anime, 21 personificazioni, 102 personaggi religiosi, 35 dannati , 13 ritratti, 14 mostri, 23 putti e 12 animali: sono i numeri delle rappresentazioni che compongono il grande affresco della Cupola di Santa Maria del Fiore, un ciclo pittorico di oltre 3.600 mq eseguito da due degli artisti più rinomati di fine Cinquecento: Giorgio Vasari e Federico Zuccari. Nei lati del tamburo lasciati liberi dai lobi delle absidi, Brunelleschi inserisce patrimonio lasciato da Masaccio. Vasari cita in primo luogo Beato Angelico (fra’ Giovanni da Fiesole, 1395-1455): - Miniatura dell’Annunciazione (1430-1435): il frate offre immagini di geometrica purezza e colori accesi, le figure sono appena allungate con vesti semplici e pieghe pesanti, sfrutta la forma della lettera R per collocare i protagonisti in spazi diversi che però vengono collocati dal fondo unitario. - Trittico di San Pietro Martire (1425): colori molto luminosi. La madonna è collocata in uno spazio definito dal tappeto su cui poggia i piedi. Gli sguardi dei personaggi sono partecipi e umani, ci si distacca dagli stilemi internazionali. - Predella dell’Annunciazione con l’Adorazione dei Magi (1430-32): Nell’Adorazione dei Magi, compare il particolare della luce che sarà caratteristico poi in beato angelico. L’illuminazione modula i volumi unificando la scena. - Tabernacolo dei Linaioli con da chiuso San Marco e San Pietro e da aperto la Madonna col bambino (1433): segna l’inizio della sua fase matura Filippo Lippi (1406-69): - Madonna dell’umiltà (o Madonna Trivulzio, 1430-32): Madonna di impronta masaccesca che richiama la scultura di Donatello e Luca della Robbia Leon Battisti Alberti (1406-62): dalla sperimentazione alla teoria Incarna il modello dell’intellettuale umanista, per la prima volta infatti la professione di architetto perde il suo connotato di “ mestiere” per assumere quella di intellettuale ( educato sui testi dei latini e di Vitruvio) e si concludeva nella creatività del progetto, senza richieder la presenza dell’architetto nel cantiere. La carriera di Alberti inizia infatti con produzioni teoriche: - De pictura, ispirato alle innovative tendenze della pittura fiorentina e alla scoperta della prospettiva centrale - De statua -De re edificatoria ripropone in chiave moderna i principi di Vitruvio sull’utilità del decoro SCHEDA 4 - Un modello destinato a grande fortuna: la sagrestia vecchia di San Lorenzo Verso il 1419 Brunelleschi fu incaricato dai Medici di rinnovare l’antica Basilica di San Lorenzo. I lavori si protrassero a lungo e non furono terminati dall’architetto tranne che per la sagrestia, terminata nel 1428. Si compone di un vano principale cubico coperto da una cupola ribassata a ombrello sorretta da pennacchi a triangolo sferico. Accanto c’è una scarsella (=Tipo particolare di abside della chiesa, a pianta rettangolare anziché semicircolare) di dimensioni minori che ne ripete lo schema. Due nicchie creano chiaro-scuro. Gli elementi decorativi: - sobrietà di quelli connessi alla struttura architettonica (capitelli, fregio a cherubini); - più ricchi quelli di Donatello (1435-1443) e, probabilmente di Michelozzo: i battenti bronzei delle porte, coppie di santi nelle nicchie (S. Stefano e Lorenzo, Donatello, i tondi nei pennacchi e nelle lunette tutti in stucco o terracotta. Questo edificio è stato ritenuto esempio di eleganza lineare e precisione geometrica, un punto importante nel percorso di Brunelleschi perché contiene elementi che verranno sviluppati nelle opere successive (come il motivo delle nicchie in Santo Spirito e quello dei vani accostati nella Cappella Pazzi). Godrà di grande fortuna anche al di fuori della Toscana soprattutto per la chiarezza e funzionalità della pianta (utilizzata per mausolei o cappelle) sia per la forma armonica definita da leggi matematiche. Gli edifici che ne deriveranno, tuttavia tradiranno i caratteri originali di San Lorenzo: gli architetti della generazione successiva rinunceranno al rigore strutturale e alla coerenza matematica di Brunelleschi per soluzioni più ornate. SCHEDA 5 - Committenza umanistica e pittura “moderna” Il rapporto tra gotico internazionale e rinascimentale si delinea attraverso l’esame dell’Adorazione dei Magi di Gentile da Fabriano (1423) e del Polittico di Pisa di Masaccio, commissionata nel 1426, entrambe destinate ad altari di cappella gentilizie. Il committente di Gentile era Palla Strozzi membro di una delle famiglie più ricche di Firenze e stimato per la sua cultura classica (istituisce la prima cattedra di lingua greca a Firenze). Nonostante il suo interesse per il mondo ellenico e umanistico, le sue scelte artistiche sono indirizzate verso artisti tardo-gotici (come la maggior parte degli umanisti facevano), in particolare Gentile e Pisanello. Per la cappella di famiglia in Santa Trinità affida a Ghiberti e la sua bottega la risistemazione architettonica e le decorazioni plastiche: riprendono dalle prime architetture di Brunelleschi l’uso della pietra serena grigia arricchita da motivi decorativi (tralci di acanto con animali) di derivazione tardo-antica. La pala d’altare fu prima commissionata a Lorenzo Monaco, poi sostituito da Gentile, da poco arrivato a Firenze, perché non l’aveva terminata. L’opera di Gentile incontrò il gusto del committente perché il racconto figurativo procedeva per accostamento di episodi minuti e fitti, sui quali lo spettatore era invitato a fermarsi separatamente. Questo corrisponde al modello letterario greco-bizantino delle ecfrasis, indica la descrizioni verbali di opere d’arte che circolavano a Firenze dal 1415. Gentile= naturalismo analitico. La tavola tricuspidata non è divisa a trittico, come di consueto, ma il corteo dei Magi sfrutta tutta la tavola e si possono individuare diverse zone di azione distinte da quella in primo piano dove c’è la zona dell’adorazione. Il giovane re separa il gruppo degli astanti a destra, non particolarmente interessato all’azione principale, e la sacra famiglia con i Magi a sinistra. Nelle lunette è rappresentato il viaggio dei Magi. Nella prima lunetta ci sono i Magi che vedono la stella, subito dopo, nella seconda lunetta si mettono in viaggio arrivando nella lunetta centrale a Gerusalemme e nella terza lunetta c’è l’ingresso nella città. Nella predella, sono raffigurati la natività, la fuga in Egitto e il battesimo di Cristo. Al naturalismo tardo- gotico si uniscono i modelli antichi (letterari); Gentile inoltre inserisce schemi competitivi dell’arte fiorentina contemporanea (Ghiberti, con la formella nella Porta Nord del battistero con l’adorazione dei magi) e opere antiche (sarcofagi). A prima vista l’opera di Masaccio appare invece più arcaica anche perché rispondeva al volere del committente pisano Giuliano di Colino degli Scarsi (notaio). Le opere di devozione privata erano ancora legate ad un impianto medievale. Si tratta di un polittico su fondo d’oro composto da diverse tavole disposte su più ordini ed era l’arredo più imponente nella cappella di Giuliano dalle forme gotiche accanto alla chiesa del Carmine a Pisa. L’oro fa da fondo compatto davanti al quale si collocano i personaggi, definiti dalla luce. Il limite esterno è segnato dalla cornice ma, a differenza di Gentile la figurazione non vi si adegua così che la riquadratura sia di tipo accidentale rispetto a uno spazio preciso e più ampio. La predella con l’adorazione dei Magi somiglia per composizione a quella di Gentile: gruppo sacro a sinistra sotto una tettoia di fronte il gruppo dei re e degli astanti. Non ci sono divagazioni pittoresche: il viaggio dei Magi non c’è a favore del nucleo dell’episodio centrale, il corteo fastoso è sostituito da sobri borghesi. Come in Gentile si possono individuare fonti moderne e antiche: il plasticismo di Donatello, che in quegli anni era a Pisa per lavorare al monumento Brancacci; e i sarcofagi del campo santo di Nicola Pisano, affini sia al gusto di Masaccio che a quello del committente, che vedeva nella sobrietà e nella ricchezza non ostentata uno dei tratti della classe nobiliare. Emergono due cose: 1. lo scollamento tra le proposte rivoluzionarie in campo artistico e il mondo umanistico; 2. le varie e diverse declinazioni che aveva il ricorso all’antico: scelte stilistiche opposte come la pittura letteraria e ornata di Gentile o essenzialità monumentale di Masaccio nascevano da ideali affini ma assumevano diramazioni diverse. SCHEDA 6 - Il fonte battesimale di Siena e il percorso di Jacopo della Quercia Cerca di rinnovare dall’interno il codice gotico, per questo è una delle figure e difficilmente classificabile del rinascimento. Per misurarne l’originalità vediamo il fonte battesimale di Siena, dove lavora con Donatello e Ghiberti. L’opera è stata commissionata dagli operai del Duomo nel 1416 e terminata nel 34 dopo delle interruzioni. È costituita da un tabernacolo (=Edicola o nicchia nella quale sono contenute immagini sacre) di marmo circondato da nicchie con profeti e sormontato dalla statua di Giovanni Battista. La vasca esagonale è costituita da rilievi in bronzo d’orato alternati a nicchie con figure di virtù realizzati da diversi artisti (Jacopo della Quercia, Donatello, Ghiberti, Giovanni da Turino e Turino di Sano, Goro di Ser Neroccio): - Ghiberti, Arresto del Battista e Il battesimo di Cristo: la seconda è la più importante del gruppo e doveva stare di fronte all’ingresso. La scena è ridotta ai personaggi essenziali con Cristo al centro e Giovanni di lato il cui gesto è enfatizzato; - Donatello, il Convito di Erode: costruisce uno spazio definito dalla successione delle arcate che si collegano alle fasi dell’azione del gruppo in primo piano, dove sono enfatizzate le espressioni e i gesti di orrore attraverso la luce. La corretta prospettiva contribuisce alla drammaticità della scena; - Jacopo della Quercia, Annuncio a Zaccaria: la realizza per ultimo dopo aver visto quelle di Donatello e Ghiberti ma non prende nulla se non dettagli esteriori. Non è corretto secondo la prospettiva ma a della Quercia preme di più la vitalità della figura umana. Jacopo della Quercia non ebbe seguaci diretti. La sua concentrazione sull’energia fisica e spirituale dell’uomo sarà capita solo dal suo più vero continuatore Michelangelo. SEQUENZA 2 - Le rappresentazioni dello spazio In origine e per tutto il medioevo il termine “perspectiva” indicava l’ottica e non quello che oggi intendiamo con prospettiva, in quanto il termine in questa accezione entra in uso solo con gli artisti del 400 per riferirsi all’applicazione di regole matematiche per rappresentare la terza dimensione su una superficie piana. Si tratta di una svolta importante perché per la prima volta una scienza riservata ai matematici viene utilizzata in campo artistico. La soluzione quattrocentesca può essere letta come il punto di arrivo di un percorso storico: - nel mosaico di San Vitale ogni oggetto possiede una sua volumetria e una sua spazialità ma viene giustapposto agli altri senza alcun nesso unitario; - l’affresco della consacrazione della chiesa di Anagni nell’affresco le figure hanno la stessa consistenza e fanno parte di un’unica superficie; - nel Trittico di San Giovenale di Masaccio le dimensioni delle figure diminuiscono in proporzione alla distanza dallo spettatore; - gli affreschi della volta della sala Clementina a San Giovanni a Laterano a Roma mirano a eliminare i limiti dell’architettura reale. La prospettiva quattrocentesca si pone come l’unica vera raffigurazione dello spazio. Se questo è accettabile in sede matematica (esiste una sola prospettiva geometrica) non lo è nel campo dell’espressione artistica perché la resa dello spazio non è solo un espediente tecnico per conferire verosimiglianza, ma si può intendere anche come un elemento stilistico attraverso il quale può essere ridata una particolare immagine del mondo. - Gli scarti voluti da Cezanne come superamento dell’immagine intesa come semplice riproduzione della realtà per un organizzazione dello spazio più mentale (cominciano già a mostrare le prime volute rotture con la visione della prospettiva). Il Quattrocento fiammingo La scoperta del reale (nel suo senso più vasto) attuata a Firenze da Masaccio ha come parallelo quella eseguita nelle fiandre da Jan Van Eyck e altri maestri, che fanno del 400 fiammingo l’altro grande punto culturale dell’europa del tempo. I paesi fiamminghi (Fiandra, Brabante, Lombourg, Olanda, Zelanda) godono all’inizio del XV secolo di prosperità grazie alle attività manufatturiere e commerciali e da una vivace attività finanziaria aperta al commercio. Ciò contribuisce alla formazione di una società cosmopolita agiata e culturalmente aperta, interessata alla produzione figurativa e in cui la committenza borghese eguaglia quella aristocratica. Il polo di maggiore importanza della vita culturale resta la corte. Differenze fra le culture fiamminghe e fiorentine, tra cui la diversa sensibilità religiosa. Con il grande scisma del 1378 si era diffusa nei paesi nordici la necessità di un rapporto più stretto e personale tra l’uomo e Dio: alla religiosità privata si legano la diffusione dei libri per preghiera per laici e immagini devozionali. Realismo fiammingo: 1. JAN VAN EYCK (1390-1441) Artefice del rinnovamento fiammingo la cui opera è parallela cronologicamente a quella di Masaccio e presenta anche punti di contatto. La cultura tardogotica è molto presente soprattutto in scultura e architettura e si manterranno ancora per lungo tempo (chiesa di Saint Pierre a Lovanio, 1425-75). La pittura invece è interessata dal rinnovamento senza però rifiutare in modo decisivo come avviene in Masaccio il mondo gotico. La riforma di Van Eyck non è sostenuta dagli altri intellettuali come invece era accaduto a Firenze perché dalla loro parte non vi era un’adeguata consapevolezza, che portasse ad una riflessione critica e stimolante. Le prime opere Si tratta di miniature che fanno emergere il forte legame di Van Eyck con il mondo gotico realizzate tra il 1417 e il 24. Le immagini creata da Van Eyck però sono caratterizzate dalla completa integrazione delle figure nel paesaggio grazie alla luce che unifica lo spazio e fissa i personaggi, come nella Nascita del Battista. Vengono delineati i singoli oggetti che arredano la stanza di Elisabetta e vengono colti il gesto della donna che trattiene il bambino e il riflesso del raggio di sole sulla cima degli alberi La realtà e la tecnica Anche Van Eyck, parallelamente a Masaccio, si pone il problema della realtà ma adotta soluzioni diverse: Masaccio opera una sintesi e coglie la struttura, l’essenza delle cose, messe in una visione prospettica unitaria; Van Eyck invece lavora per analisi, partendo dai singoli oggetti che i sensi percepiscono. Questo metodo si potrebbe rapportare anche alla filosofia nominalistica, diffusa nei paesi nordici, che sostiene che la sostanza della realtà proviene attraverso i singoli oggetti percepiti. Questo spiega anche le diverse tecniche usate dai due pittori: Masaccio modella dal chiaroscuro servendosi di una stesura quasi compendierai (= forma senza cura di particolari e di linee di contorno) mentre Van Eyck si avvale della tecnica ad olio capaci di riprodurre i più minuti particolari SCHEDA 8 - Il polittico dell’agnello mistico È la prima opera firmata e datata di Van Eyck (1432). L’opera fu iniziata da suo fratello maggiore Hubert, che morì nel 26. Nasce qui il problema che riguarda l’attività giovanile di Van Eyck di distinguere la sua opere con quella del fratello. Si tratta di un polittico composto da 12 tavoli suddivisa in riquadri, quattro delle quali fungono da sportelli e sono dipinte su entrambi i lati. La maggior parte delle informazioni sul polittico deriva dall'iscrizione sulla cornice e qualche riscontro indiretto. Sull'iscrizione si riporta come fosse stato iniziato dal pittore Huubertus Eeyck, "il maggiore mai vissuto", e completato dal fratello Jan, "secondo nell'arte", su incarico di Josse Vijd, che glielo affidò il 6 maggio, mentre alcune lettere in rosso, se lette come cifre romane, compongono la data 1432. Nella parte dell’agnello mistico si può vedere la mano di Hubert. Egli inoltre progettò anche il registro superiore poi colorato da Jan. LE CULTURE DI MEDIAZIONE 1. Diffusione e varianti del linguaggio rinascimentale quattrocentesco Come sappiamo una della caratteristiche più affascinanti del rinascimento è la sua variabilità che diventa tanto più accentuata più ci allontaniamo da Firenze, perché gli strumenti messi a disposizione dai fiorentini ( prospettiva/studio dell’antico) entrano in contatto con situazioni culturali diverse. Si tratta di artisti meno innovativi, portatori di un linguaggio più omogeneo alle tradizioni locali (i mediatori). Il cammino delle istanze rinascimentali, almeno agli inizi, è una storia di contaminazioni e ibridi che possono nascere dall’innesto di regole rinascimentali su una base ancora gotico (Siena) oppure sottolineando una sola componente del linguaggio rinascimentale. Quest’ultimo è il caso della prospettiva di Paolo Uccello, fiorentino e contemporaneo di Brunelleschi, che nelle sue mani da fattore di conoscenza a strumento per variazioni fantastiche. Questa faccia della prospettiva insieme favolosa e allusiva prevarrà nell’Italia settentrionale, dove mancano i presupposti razionalistici fiorentini e la committenza era imbevuta di ideali cavallereschi e cortesi, dando vita a composizioni affascinanti ma lontano dalla rappresentazione del reale dei suoi elaboratori. Questo distacco da ideali proposti dal primo umanesimo fiorentino si andrà precisando alla metà del secolo (in sincronia con le vicende storiche). 2.I mediatori: GHIBERTI, MASOLINO E MICHELOZZO Le conquiste rinascimentali a cui si da più ascolto sono quelle meno radicali, come nel caso di Ghiberti, Masolino e Michelozzo. Pur avendo esperienze e campi di interesse diversi, il loro denominatore comune è l’atteggiamento di valutazione della tradizione precedente che non viene sovvertita ma corretta e riordinata sulla base della cultura umanistica e del rigore prospettico. La porta del paradiso di Lorenzo Ghiberti (1378-1455) eseguita tra il 1425 e il 50 illustra la sapienza dell’artista nel fondere insieme grazia ellenizzante, eleganze tardogotiche e sensibilità naturalistica in strutture spaziali non rigorose ma convincenti ancora legata alla perspectiva naturalis medievale. Quindi un linguaggio moderno ma non rivoluzionario, che per i suoi requisiti godette proprio di una vasta diffusione. L’influenza di Ghiberti si può ritrovare fra gli scultori e orafi abruzzesi. La Flagellazione (1403-24) di Ghiberti della Porta Nord del Battistero viene ripresa da: - Nicola di Guardiagriele nella Flagellazione dal Paliotto (1433-48) (= parte anteriore di un altare) d’argento (Teramo, Cattedrale di San Bernardo); - Maestro di Castel di Sangro nella Flagellazione (1430) in Pietra della Maiella. Masolino da Panicale (Tommaso di Cristoforo, 1383-1440) occupa per certi versi una posizione analoga a quella di Ghiberti in campo pittorico; fedele alla episodicità gotica lo inserisce però in ambienti con spazio e figure solide e volumetriche e diventa il tramite delle novità prospettiche a Siena e nell’Italia settentrionale dove la cultura gotica era prevalente. Viaggiò inoltre moltissimo e per questo la sua influenza fu così decisiva. Il soggiorno a Castiglione Olona al servizio del cardinale Branda (per il quale seguì per il battistero le Storie del Battista e nella Collegiata le Storie della Vergine) rappresenta il nodo fondamentale per la presentazione delle innovazioni di Masaccio. Antonio Vivarini (muranese, 1420-1484) è l’esempio dell’inserimento della solidità volumetrica e spaziale di Masolino su una pittura internazionale (Polittico di Prallia, 1448) Michelozzo (1396-1472) è scultore e soprattutto architetto. Profondo conoscitore dell’opera di Brunelleschi e della tradizione gotica fiorentina; egli si serve prima del mezzo prospettico, come elemento per ragionare e arricchire la tradizione gotica: - Chiesa di S. Francesco al Bosco (1420-27): si ispira alle aule uniche trecentesche conferendo però una scansione e organizzazione interna; - Rotonda dell’Annunciata (1444): interviene sulla chiesa gotica a 3 navate trasformandola in un’aula unica fiancheggiata da cappelle. Estrema semplicità quindi del corpo della chiesa, decorazione ridotta all’essenziale ma di grande raffinatezza. Tutto ciò contrasta con la realizzazione di una enorme rotonda che conclude l’edificio, una citazione deltempio di Minerva medica, che aveva la funzione di mausoleo del committente, il marchese di Mantova. Queste capacità di Michelozzo lo resero l’architetto preferito dai Medici. Siena Ha un posto particolare nelle culture di mediazione. Nella metà del 400 ciò che caratterizza questa città è il recupero dell’arte 200/300 e l’esaltazione delle sue radici romane. Però è caratterizzata anche da manierismi tardogotici e attenzione al fantastico che impediscono di attingere al Rinascimento che impediscono di attingere al rigore razionale del più autentico Rinascimento. Gli artisti ebbero precoce conoscenza delle innovazioni fiorentine, basti ricordare che tra i partecipanti del concorso del 1401 c’erano anche: • Jacopo della Quercia; • Francesco di Valdanbrino; • tra il 1425 e il 1426 risiedette a Siena Gentile da Fabriano; • dal 1427 giunsero in città le formelle di Ghiberti e Donatello per il fonte battesimale; • negli anni trenta, e probabilmente già in precedenza i pittori Stefano di Giovanni detto Il Sassetta (1400-1450) e Domenico di Bartolo (notizie dal 1428 al 47) si recarono a Firenze; - Domenico di Bartolo, Madonna dell’umiltà (1433): è un riassunto indicativo dell’esperienza fiorentina: ritroviamo Masaccio nella solidità fisica della Madonna, ritroviamo gli scorci di Paolo Uccello e lo stiacciato di Donatello, naturalezza umano di Luca della Robbia, colore luminoso del Beato Angelico. Le scelte degli artisti senesi si rivolgono soprattutto a quelle novità fiorentine che consentivano il mantenimento dei valori tipici della tradizione di Duccio da Boninsegna, Simone Martini e dei Lorenzetti: linea, colore, luce e vivacità narrativa. - Sassetta, Predella con le Esequie di San Francesco (1437-44): una delle sue ultime opere che richiama i funerali di San Martino di Simone Martini, inserito però in un’architettura dalle forme semplificate e classicheggianti. L’elemento unificatore e l’armonia cromatica dei blu e dei rosa. - Sassetta, Polittico della Madonna della neve (1432): amalgama tra sostrato trecentesco e recenti acquisizioni fiorentine, il polittico è un punto fermo nella carriera dell’artista. Le volumetrie sono ottenute attraverso una semplificazione geometrica, uso di scorci (angeli reggicortina), le figure di San Paolo e San Francesco con i loro gesti misurano lo spazio con effetti tridimensionali ma frammentari perché è una composizione lineare e speculare che vede il suo fulcro centrale nella vergine. I colori sono cangianti e raffinati propri della visione dell’artista. Anche le commissioni profane degli ambienti umanistici si muovono sugli stessi binari. Attorno al 1440 il rettore dello Spedale di Siena, Giovanni di Francesco Buzzitelli ordina la ripresa della decorazione ad affresco della Sala del pellegrino: sulla parete di sinistra ci sono episodi della storia dell’istituto e a destra scene di vita quotidiana. Affidò la realizzazione ai due pittori più moderni della città: il Vecchietta (Lorenzo di Pietro, 1412-1480) e Domenico di Bartolo: - nelle ante dell’armadio per le reliquie mostra di aver assimilato la lezione fiorentina associando elementi anticheggianti e citazioni di architetture brunelleschiane; - nella scena con la Limosina del vescovo Domenico di Bartolo propone un’architettura prospettica puntando più a una decorazione colorita che alla sintesi. Firenze: il mondo matematico di Paolo Uccello Paolo Uccello (Paolo di Dono, 1397- 1475) fu allievo di Ghiberti e resterà quindi legato alla cultura tardogotica interpretata però con originalità (interpretazione fantastica della prospettica). Tra le sue opere giovanili ci sono gli affreschi con Storie della genesi (1430) nel Chiostro Verde di Santa Maria Novella. Tra il 1425 e il 30 soggiorna a Venezia per lavorare ai mosaici della facciata di San Marco, quindi si allontana da Firenze in un momento cruciale e propende in modo accentuato per l’evasione fantastica. Le opere eseguite dopo il ritorno a Firenze mostrano un linguaggio tardogotico per costruire un universo logico, dominato da un rispetto delle regole matematiche e serbatoio gabbie prospettiche, dal quale viene escluso l’orizzonte della natura. La prospettiva per Paolo Uccello non è un mezzo per dare un ordine logico e forme allo spazio. Le figure, riempite con tinte piatte, brillante e innaturali, bloccano i personaggi in posizioni volutamente improbabili. La raffigurazione assume così un tono da favola come succede nei tre episodi della Battaglia di San Romano (1456), dipinto per Cosimo de’ Medici, o Nella caccia notturna (1470). 3. L’amore per l’antico Filerete (Antonio Averlino, 1400-1469), umanista e allievo di Ghiberti. Proprio il suo apprendistato da Ghiberti gli è valso il compito della realizzazione della Porta di San Pietro. Nel realizzare questa opera usa non tanto l’esperienza fiorentina (gusto tardogotico di Ghiberti) quanto l’ammirazione verso l’antichità. Ignora la tradizionale divisione delle porte in formelle e si ispira ai resti del Pantheon i cui i battenti sono divisi solo in tre parti raffiguranti: Cristo, S. Paolo e il martirio di quest’ultimo e la Vergine, S. Pietro e la sua crocefissione. Ogni formella è separata da dei fregi raffiguranti il pontificato di Eugenio IV. L’erudizione verso l’antico raggiunge il culmine nelle cornici dove tra girali di acanto ci sono profili di imperatori presi dai ritratti e monete, e figurazioni tratte anche dalle metamorfosi di Ovidio. La Venezia classica Jacopo Bellini lo stesso coniugarsi di cultura gotica e classica la ritroviamo in questo artista. Allievo di Gentile da Fabriano fondò una bottega attivissima. La sua opera presenta una progressiva adesione ai stilemi rinascimentali (appresi a Padova) che possiamo desumere da due album di disegni che presentano molti motivi di interesse: sono i primi esemplari di disegno autonomo che ci sono pervenuti in cui la figura umana è solo un elemento accessorio. Documentano inoltre come l’antico, ma anche le prospettive (fughe centrali) siano inserite in un ambientazione gotica. Il riferito all’arte classica è nell’inserzione di statue o monete ad ornamento di edifici. - Antonio Vivarini, Martirio di una santa: accento classico nelle architetture e arricchimenti narrativi tipici del gotico; - Jacopo Bellini, Convito di Erode dal Libro dei disegni: impianto architettonico classicheggiante ma tradito da balconi veneziani arricchito da un racconto divagante (orso, scimmia e cavallo) internazionale. Cappella Caracciolo in San Giovanni a Carbonara a Napoli Esempio di giustapposizione tra linguaggio rinascimentale all’esterno e quello tardogotico all’interno secondo modalità pecuniari dell’Italia meridionale. È la cappella funeraria realizzata dal 1427 per Ser Gianni Caracciolo, siniscalco e amante della regina Giovanna. All’interno domina una decorazione sontuosa e marmi policromi, le pareti sono affrescate da Leonardo da Besozzo (Storie della vergine) e Perinetto da Benevento (Storie di vita eremitica).
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved