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Riassunto completo "IL NOVECENTO -DALL’ETA’ DELL’IMPERIALISMO ALLA GLOBALIZZAZIONE, Sintesi del corso di Storia Contemporanea

Riassunto completo del libro "Il Novecento - DALL’ETA’ DELL’IMPERIALISMO ALLA GLOBALIZZAZIONE", corso di Storia contemporanea (Di Maggio).

Tipologia: Sintesi del corso

2020/2021

In vendita dal 25/02/2021

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Scarica Riassunto completo "IL NOVECENTO -DALL’ETA’ DELL’IMPERIALISMO ALLA GLOBALIZZAZIONE e più Sintesi del corso in PDF di Storia Contemporanea solo su Docsity! IL NOVECENTO – DALL’ETA’ DELL’IMPERIALISMO ALLA GLOBALIZZAZIONE CAPITOLO I – GLI ALBORI DEL NOVECENTO Nel corso della seconda metà dell'Ottocento, il processo di industrializzazione iniziato in Inghilterra si allargò all'Europa continentale, anche se in tempi diversi. Fino ad allora la GB deteneva il primato nei commerci, e nell'industria tessile e dei trasporti. Questo miglioramento fu favorito dallo sviluppo delle comunicazioni e dalla creazione di infrastrutture urbane, della navigazione marittima e delle reti ferroviarie. Venne costruita l'Orient- Express, (Parigi – Costantinopoli), e la Transiberiana (Mosca – Vladivostok). Questa crescita fu rallentata da una crisi, la “grande depressione”, iniziata nel 1873 e che durò per un ventennio. Si trattò principalmente di una crisi di sovrapproduzione. Vi fu un forte calo dei prezzi, anche per la gran quantità di prodotti provenienti da USA e RUS. La prima conseguenza fu l'emigrazione di molti contadini, dai paesi più poveri dell'Europa (Irlanda, Italia, Balcani) verso GB, FRA, USA. La seconda conseguenza fu la seconda fase della rivoluzione industriale, nata dal desiderio che non si verificassero più crisi. Germania e USA si affermarono come nuove potenze industriali, si allargò l'area dei paesi industrializzati (Italia sett, Impero Austro-Ungarico, Russia, Giappone). La GB perse il primato mondiale. Per difendere le industrie nascenti dai paesi industrialmente più avanzati, vennero adottati provvedimenti doganali di tipo protezionistico dallo Stato. Le banche cominciarono a finanziare le attività industriali. Venne avviato il processo di concentrazione industriale = l'economia venne controllata da un numero sempre minore di imprese di dimensioni sempre più vaste. Per venire incontro alla crisi le industrie di unirono, formando cartelli/trust, ovvero gruppi di imprese che non si facevano concorrenza. → capitalismo monopolistico. Il capitalismo monopolistico determinò l'affermazione di politiche imperialiste. Rispetto alla prima rivoluzione industriale, furono determinanti le nuove scoperte e l'applicazione della ricerca scientifica. Il carbone e il petrolio avevano dominato il periodo precedente, ora divennero fondamentali il petrolio, l'elettricità, l'acciaio e la chimica. L'industria petrolifera nacque negli USA nel 1859. La produzione americana di petrolio rimase la principale fino a fine secolo, quando venne affiancata da quella russa e da quella del Medio Oriente (primi '900). inizialmente il petrolio fu utilizzato solo per l'illuminazione e il riscaldamento e solo successivamente, iniziò lo sfruttamento della benzina (derivato) per i motori a scoppio, portando alla nascita dell'industria automobilistica. L'industria elettrica ebbe una crescita rapidissima, e l'elettricità venne usata nelle industrie, nei trasporti, per l'illuminazione pubblica e privata. Fondamentali anche l'industria siderurgica e chimica. Un altro aspetto della seconda rivoluzione industriale fu la nuova organizzazione del lavoro, di Federick Taylor: si puntava ad un basso costo della mano d'opera, alti salari e maggiore produttività. Fu poi Henry Ford ad applicarla attraverso la catena di montaggio nelle sue industrie automobilistiche. Aumentando la produttività i costi diminuivano. Per facilitare gli acquisti Ford introdusse la vendita a rate. Cominciò a delinearsi la società di massa. Ci fu un aumento della popolazione, grazie anche ai progressi della medicina. Vi fu una diminuzione della popolazione rurale e la crescita di quella impiegata nell'industria. Agli inizi del '900, la percentuale delle popolazioni non dedite all'agricoltura oscillava tra l'80-90% in GB. Con l'industrializzazione crescevano le grandi città, e le classi sociali diventavano più articolate: oltre al ceto borghese, agli imprenditori, ai proprietari, aumentava la presenza della classe operaia e del ceto medio. Vi fu un allargamento di mercato: per evitare crisi di sovrapproduzione le industrie cominciarono a produrre in modo che i loro beni potessero essere acquistati da un numero crescente di persone. Si diffuse la vendita rateale. La pubblicità assunse a un ruolo sempre più fondamentale. Si stavano ponendo le basi della società dei consumi e del consumismo. A partire dagli anni '70 nei vari paesi europei divenne obbligatoria l'istruzione 1 elementare, comportando una diminuzione dell'analfabetismo. Ci fu un miglioramento dei mezzi e delle vie di trasporto. Nel XX secolo venne inventato l'aeroplano: il primo esemplare fu ad opera dei fratelli americani Wright, nel 1903. Le vie tramviarie si diffusero rapidamente. Si diffusero le metropolitane; la prima fu inaugurata a Londra nel 1863. Si sviluppò anche il settore della comunicazione. Guglielmo Marconi brevettò il telegrafo senza fili (1869), Alexander Bell il telefono (1877). Nel 1895 a Parigi i fratelli Lumière fecero la loro prima esposizione dei loro esperimenti cinematografici. La diffusione della società dei consumi e la crescita di nuovi modi di intrattenimento furono due fenomeni contemporanei; si cercava nuove forme di intrattenimento che fossero accessibili a tutti. Il primo a diventarlo fu proprio il cinema. Anche la stampa ebbe un grande sviluppo; nacque il giornalismo popolare. LA NASCITA DEI PARTITI SOCIALISTI Una conseguenza della seconda rivoluzione industriale fu l'espansione della classe operaia. Già nella prima metà dell'Ottocento i lavoratori erano consapevoli del proprio ruolo. Nel Manifesto del Partito Comunista di Karl Marx e Friederich Engels, gli autori incitavano il proletariato a rovesciare il potere capitalistico. Nel 1864 nasce la prima Associazione internazionale dei lavoratori a Londra. Nel 1876 finì la Prima internazionale. La Seconda internazionale nacque a Parigi ad opera dei partiti e dei gruppi socialisti nati in Europa. Nell'ambito del movimento operaio erano maturate idee che si adattavano alle idee di Marx di prendere il potere con atti rivoluzionari. Si formarono due correnti: una riteneva che solo la rivoluzione avrebbe dato il potere al proletariato, un'altra sosteneva la necessità di eleggere rappresentanti in Parlamento che portassero avanti le loro idee. In GB vi era la tradizione delle Trade Unions, sorte a fine '700, e che furono il primo modello di organizzazione sindacale dei lavoratori. Le prime associazioni socialiste inglesi nacquero negli anni 80 dell'800. In DEU nel 1875 nacque il Partito Socialdemocratico Tedesco (SPD), che adottò un programma volto a migliorare le condizioni di vita della classe operaia, e rivendicava il diritto del voto segreto per uomini e per le donne. Divenne il modello per il movimento socialista internazionale. Partiti socialisti nacquero in tutta Europa. In Russia il Partito Operaio Socialdemocratico fu costretto alla clandestinità a causa del regime assolutista dello zar. In Italia il Partito Socialista nacque nel 1892. I partiti socialisti acquistarono carattere di massa sia per iscritti, sia per i voti ottenuti nelle competizioni elettorali, sia per la diffusione nel territorio. Possedevano organismi di stampa (riviste, opuscoli) per mezzo dei quali svolgere propaganda. Con i partiti socialisti nacquero i primi partiti moderni, ovvero organizzazioni che grazie all'allargamento del suffragio portavano i propri rappresentanti in parlamento. I parlamentari cominciano ad avere una retribuzione statale. Anche le organizzazioni sindacali ebbero una diffusione crescente. Inizialmente erano suddivise per categorie di mestiere; in seguito, si riunirono in grandi confederazioni nazionali. Nel 1906 nacque in Italia la Confederazione Generale del Lavoro (CgdL). Aumentarono gli iscritti e le lotte per difendere i lavoratori e i loro diritti, spesso represse. Il 1 maggio 1890 nacque la festa del lavoro. Le battaglie sindacali erano finalizzate a: - aumenti salariali - riduzioni degli orari - limitazione dello sfruttamento di donne e bambini - forme assicurative sugli infortuni. Le lotte e gli scioperi miravano anche all'allargamento del corpo elettorale per la conquista del suffragio universale, che per ora restava maschile. 2 2. Patto dei 3 imperatori (1873) tra Guglielmo I (Germania), Francesco Giuseppe (Austria), Alessandro II (Russia) 3. Isola la Francia per evitare un suo avvicinamento alla Russia. Dal punto di vista della politica interna il cancelliere cercò di neutralizzare gli Stati del Sud, soprattutto la Baviera, insofferente nei confronti dell'egemonia prussiana. Cerca di limitare forza crescente in queste regioni del partito del centro (ispirazione cattolica). Quando la SPD nel 1878 vince le elezioni, Bismark inverte la rotta, si allea con partito del centro e perseguita i socialisti. Vi era una legislazione sociale molto avanzata, che introduceva un sistema di assicurazioni per i lavoratori costituìto dai contributi dello Stato, dei datori di lavoro e degli stessi lavoratori. Il nodo dei problemi europei era costituìto dalla regione dei Balcani, dove si scontravano 3 questioni: 1. Gli interessi espansionisti delle potenze europee, 2. Le spinte all'indipendenza delle popolazioni che le abitavano, 3. Le difficoltà dell'Impero ottomano a mantenerli sotto controllo. In Erzegovina, Bosnia e Bulgaria nel 1875 scoppiarono delle rivolte che vennero duramente represse. Nel 1877 lo zar Alessandro II, sentendosi difensore dei popoli slavi del Sud-Est Europa, intervenne contro l'impero ottomano e lo sconfisse, costringendolo a firmare la pace di Santo Stefano (1878). Gli accordi assegnavano alla Russia un ruolo significativo, cosa che allarmò l'Austria-Ungheria e l'Inghilterra. Bismark organizzò un congresso a Berlino per discutere la questione. Il Congresso di Berlino (1878) segnò una fase di svolta: a) L'Impero ottomano dovette riconoscere l'indipendenza di Romania, Serbia, Montenegro; b) La Bulgaria tornò sotto l'influenza turca, ma con larga autonomia; c) La Bosnia e l'Erzegovina furono date in amministrazione provvisoria all'Austria; d) La Russia fu privata dei vantaggi acquisiti con il precedente trattato; e) La GB con un accordo separato, ottenne l'isola di Cipro, di importanza strategica per il controllo del Mediterraneo; f) La FRA si poté annettere la Tunisia. Le decisioni prese nel Congresso di Berlino mettono le basi per le tensioni successive. La Russia era insoddisfatta nei confronti di Austria e Germania. Bismark riuscì tuttavia a manovrare la situazione diplomatica. Nel 1879 si allea con l'imperatore austro-ungarico nella Duplice Alleanza, e nel 1881 rinnova il Patto dei 3 imperatori. Nel 1882 siglò la Triplice Alleanza, con Austria e Italia. L'Italia si avvicina alla DEU perché la FRA si era annessa la Tunisia, verso la quale anch'essa aveva mire espansioniste, e perché non aveva ottenuto Trento e Trieste. Dopo la morte di Guglielmo I e del figlio Federico III (dopo 3 mesi di regno), salì al trono Guglielmo II. Bismark fu costretto a dimettersi nel 1890 e il nuovo imperatore attuò una politica estera di tipo imperialista. L'imperatore favorì la grande industria con delle protezioni doganali e diede avvio ad una politica di armamenti e di ampliamento della flotta. Nel 1910 la Germania superò la supremazia industriale inglese e divenne la più grande potenza militare ed economica del continente. L'IMPERIALISMO DELLE POTENZE EUROPEE L'imperialismo è un fenomeno diverso rispetto al colonialismo. Ebbe origine dal bisogno degli Stati industrializzati di acquistare nuovi mercati al fine di assicurarsi le materie prime necessarie, e terreno per investimenti. L'imperialismo non implicò solo la conquista di territori, ma anche la volontà delle singole nazioni di rafforzare le proprie posizioni nel mondo. L'imperialismo comportò anche motivazioni di carattere politico e ideologico: era strettamente legata al nazionalismo e ai miti di superiorità, basate sull'idea dell'esistenza di civiltà e razze superiori. I popoli colonizzati o da colonizzare erano ritenuti inferiori e primitivi, e nei loro confronti le nazioni colonizzatrici avevano il compito di portare la civiltà = il fardello dell'uomo bianco (Kipling). Quando gli spazi da conquistare si ridussero, le mire imperialiste divennero motivo di contrasto, e causarono la rottura dell'equilibrio costruito da Bismark. A metà dell'Ottocento, durante il regno della Regina Vittoria, la Gran Bretagna era la nazione più progredita d'Europa, con un tasso di analfabetismo fra i più bassi. Nel vasto Impero britannico le colonie popolate a maggioranza da bianchi ottennero l'autonomia politica con i propri Parlamenti, rimanendo legate alla corona britannica (Canada, Australia, 5 Nuova Zelanda). In Asia venne conquistata l'India; nel 1876 la regina Vittoria fu incoronata Imperatrice delle Indie. Il dominio dell'India modificò l'organizzazione economica e sociale del paese. Gli inglesi avviarono opere finalizzate alla sua modernizzazione (strade, abolizione schiavitù, istruzione); tuttavia l'India rimase territorio di sfruttamento coloniale, implicando gravi danni per le attività produttive locali. Nelle colonie la modernizzazione diede luogo al sottosviluppo, perchè aveva un carattere dipendente, non autonomo, finalizzato all'economia delle potenze dominanti. L'espansione britannica proseguì anche in Africa. Dopo la scoperta di giacimenti d'oro e diamanti, la GB iniziò una sanguinosa guerra contro i boeri (1899-1902), che furono sconfitti. La Francia della Terza Repubblica dopo la sconfitta dalla guerra con la Germania, riuscì a riprendersi grazie ad una solida economia. Anche la Francia ampliò le proprie colonie a partire dagli anni '70, in Asia e in Africa. L'obiettivo in Africa era di arrivare dall'altra parte del continente, rischiando di entrare in rotta di collisione con gli interessi britannici. Anche la Germania aveva avviato una politica coloniale in Africa. Furono però soprattutto l'intensa politica di armamento navale e le ripetute dichiarazioni di Guglielmo II sugli obiettivi imperialisti della Nuova Germania a metterla in contrasto con le altre potenze, in primo luogo con la GB. Nell'ultimo decennio dell'800 iniziò la costruzione della ferrovia di Baghdad, che avrebbe dovuto congiungere Berlino, Istanbul, Baghdad, Bassora e che suscitò la preoccupazione di GB, FRA, RUS. Nel periodo dello zar Alessandro II, in Russia, vennero introdotte importanti riforme, a cominciare dall'abolizione della servitù della gleba (1861). La forma di opposizione all'aristocrazia zarista era costituìta dal populismo, un movimento che individuava nella comunità contadina l'espressione più autentica della tradizione popolare russa. In questo ambito maturò una tendenza che riteneva il terrorismo l'unico modo per combattere il regime; nel marzo 1881 Alessandro II fu ucciso in un attentato. A partire dalla fine dell'Ottocento fu avviato il processo di industrializzazione, puntando soprattutto su industria pesante e attività mineraria. La crescita della produzione siderurgica aumentò grazie alle ferrovie (Transiberiana). Lo sviluppo industriale russo fu finanziato da capitali stranieri (soprattutto FRA). L'Impero russo ampliò la propria espansione verso la Siberia e l'Asia. USA E DOTTRINA DELLA “PORTA APERTA” Sul finire del secolo, anche gli USA attuarono politiche imperialiste, concentrandosi sul versante centro e sudamericano, sulla base della “dottrina Monroe” (1823) che aveva stabilito che in questi territori non vi dovesse essere alcuna interferenza europea. Nel 1898 intervennero nell'insurrezione anti-spagnola a Cuba, stando dalla parte degli insurrezionalisti. La Spagna, sconfitta, fu costretta a riconoscere l'indipendenza di Cuba, che da quel momento divenne terra di sfruttamento americano, subordinata al governo USA. Inoltre gli USA si annetterono le isole Hawaii (1898), dove avevano stabilito a Pearl Harbor una base navale. La guerra ispano-americana ha avuto carattere periodizzante: in primo luogo, da un punto di vista simbolico, perchè un paese relativamente giovane aveva vinto il più antico degli imperi europei; in secondo luogo perchè da questo momento gli USA avevano conquistato una posizione predominante nei Caraibi e nel Pacifico. In America Latina invece vi fu un dominio indiretto, attraverso i diritti di sfruttamento delle risorse da parte delle compagnia americane, in cambio di prestiti. Una successiva svolta per l'affermazione degli USA come potenza egemone si ebbe con Theodore Roosevelt, divenuto presidente nel 1901 dopo l'uccisione di William McKinley. Roosevelt realizzò un vasto programma di costruzioni navali, che superò la GB. Elaborò il “corollario Roosevelt”, in base alla quale gli USA avevano il diritto di intervenire direttamente nei paesi dell'America Latina. Roosevelt coinvolse gli USA nella politica mondiale, intervenendo nelle contese tra le nazioni (es guerra russo-giapponese), con un'opera di mediazione che gli valse il Nobel per la Pace(1906) 6 La politica americana sul versante asiatico fu volta soprattutto ad evitare che i contrasti portassero alla formazione di aree economiche chiuse, che avrebbero limitato il commercio internazionale. Questa politica fu detta “politica aperta”. L'ESPANSIONISMO DEL GIAPPONE Il Giappone in pochi anni aveva compiùto un enorme salto, passando da un sistema feudale a quello di un paese avanzato e politicamente agguerrito. Con l'imperatore Mutsuhito ebbe inizio il rinnovamento Meiji che portò alla costituzione di uno Stato Moderno. Nacquero i primi partiti e un Parlamento (Dieta), diviso in due camere, quella dei nobili, nominati dall'imperatore, e quella dei deputati, eletti da un suffragio assai ristretto, sulla base del censo. Nonostante fosse stata concessa una costituzione (1899), il Giappone rimaneva un regime a carattere autoritario, ove la sovranità assoluta spettava all'imperatore. Grazie alle trasformazioni politiche, il Giappone si modernizzò con incredibile rapidità; sorsero numerose industrie, alle quali i contadini liberati dalla schiavitù della gleba fornirono la manodopera. Dato il forte incremento demografico e la necessità di procurarsi materie prime, anche il Giappone avviò una politica espansionista a danno di Cina e Russia: • per ottenere il controllo sulla Corea, mosse guerra alla Cina (1894-95) vincendola; • si diresse poi contro la Russia che aveva installato una base navale a Port Arthur (1898) e aveva occupato la Manciuria. L'Asia era una zona di influenza che riguardava tutte le potenze. La GB, preoccupata dell'espansione russa in Asia centrale, che minacciava i suoi interessi in India e Cina, stabilì un trattato di alleanza con il Giappone (1902). Quando la Russia si rifiutò di riconoscere la Corea come una zona di influenza giapponese, il Giappone attaccò Port Arthur (1904), distruggendo la flotta navale russa. La guerra si concluse con la mediazione di Roosevelt, e la pace fu firmata a Portsmouth, negli USA (1905). La vittoria giapponese fu ridimensionata, ma comunque la Russia fu costretta a riconoscere la Manciuria e la Corea come zone d'influenza giapponesi. Questa vittoria fece simbolicamente crollare il mito dell'invincibilità dell'uomo bianco e dell'Europa sul mondo. LA RIVOLUZIONE RUSSA DEL 1905 L'Impero russo, nonostante i progressi, rimaneva politicamente ed economicamente arretrato, e prevalentemente contadino. L'industrializzazione era concentrata negli Urali (zone minerarie), Mosca e Pietroburgo. Le condizioni di lavoro erano differenti rispetto agli altri paesi industrializzati: i salari erano molto bassi, la giornata lavorativa era di 10- 12 ore al giorno, erano privi del diritto di sciopero e di organizzazioni sindacali. Nonostante il regime assolutistico, gli operai e i lavoratori avevano cominciato ad organizzarsi. Si formarono clandestinamente le prime associazioni marxiste, e nel 1898 fu fondato il Partito Operaio Socialdemocratico russo. Al suo interno si affermarono due correnti: 1. quella bolscevica (= di maggioranza) guidata da Lenin, secondo la quale bisognava creare un partito fortemente centralizzato, che riteneva la classe operaia la protagonista del processo rivoluzionario. Il suo era un partito di quadri, cioè composto da una ristretta élite, a cui spettava il compito di condurre le masse alla rivoluzione; 2. quella menscevica (= di minoranza), favorevole alla rivoluzione democratica, e che si opponevano al partito di quadri bolscevico. Al congresso del 1912 le due correnti diedero vita a 2 distinti partiti. I bolscevichi presero il sopravvento e si definirono Partito Operaio Socialdemocratico. Nacquero le prime organizzazioni sindacali, mentre dal populismo si era formato nel 1901 il Partito Socialista Rivoluzionario, legato al mondo contadino e promulgatore di un socialismo agrario comunitario. Episodio della “domenica di sangue”. Il 22 gennaio 1905 a Pietroburgo, di fronte alle resistenze dello zar, manifestarono oltre 100 mila dimostranti, chiedendo un'Assemblea costituente, miglioramenti salariali e una riforma agraria. La manifestazione scatenò la reazione della guardia imperiale, che causò la morte di 150 persone. Da qui si diffusero agitazioni in tutta la Russia, Ucraina, Bessarabia e Bielorussia. In molte città si formarono i Soviet, (= consigli) eletti dagli operai. In ottobre l'agitazione culminò con lo sciopero generale promosso dal Soviet di Pietroburgo. Anche nell'esercito vi furono episodi di ribellione (ammutinamento corazzata Potëmkin). Gli apparati dello Stato non riuscivano a riprendere il controllo della situazione, e nell'ottobre 1905 lo zar firmò un manifesto nel quel si impegnava a concedere l'istituzione di un Parlamento (Duma). 7 popolazioni del Sud erano costrette ad acquistare a prezzi elevati i prodotti dell'industria. Molti contadini emigrarono. L'emigrazione diede un contributo rilevante allo sviluppo economico italiano, con le rimesse che gli emigranti mandavano ai parenti rimasti in patria. L'emigrazione italiana è segnata da episodi di violenza nei paesi di accoglienza. La questione meridionale era emersa già durante il Risorgimento, ma divenne un problema centrale con la fine dell'Ottocento, senza che i governi riuscissero a risolverlo effettuando una riforma agraria. IL PARTITO SOCIALISTA ITALIANO Una conseguenza dell'industrializzazione fu la nascita e la crescita delle organizzazioni politiche e sindacali del movimento operaio. Nel corso degli anni 80 cominciò a diffondersi il socialismo marxista e apparvero le prime traduzioni di Marx ed Engels. Decisivi furono i moti sociali scoppiati nel corso degli Ottanta in Lombardia, Piemonte ed Emilia Romagna Nel 1882 a Milano nacque il Partito operaio italiano, che ebbe il suo riferimento nel giornale “La Plebe”. Sempre a Milano nel 1891 nacque la prima Camera del lavoro, un organismo a carattere sindacale che si diffuse rapidamente in numerose città. Molte organizzazioni sindacali cominciarono a formarsi sia nell'ambito operaio sia in quello contadino. Nel giugno del 1892 i delegati di oltre 300 associazioni operaie/contadine si riunirono a Genova e costituìrono il Partito dei lavoratori Italiani (PSI dal 1895). Il suo programma prevedeva di raggiungere l'obiettivo dell'emancipazione del capitalismo e della realizzazione del socialismo, attraverso: • da un lato la lotta per i miglioramenti immediati della vita operaia, • dall'altro la lotta per conquistare i poteri pubblici e trasformarli in strumenti per l'espropriazione economica della nuova classe dominante. Il nuovo partito nasceva sotto l'influenza della socialdemocrazia tedesca. Sfruttò molto il potenziale della propaganda: dal 1896 ebbe un proprio quotidiano, l' “Avanti!”. Nell'arco di 20 anni divenne partito di massa. Lombardia ed Emilia Romagna erano le regioni di maggior radicamento del partito. IL MOVIMENTO FEMMINILE A fine Ottocento presero forma le prime associazioni femminili e si svilupparono i primi dibattiti sull'emancipazione di genere. Molte donne borghesi si impegnarono nel campo dell'assistenza e dell'istruzione, e sostennero con i loro scritti la necessità della donna di acquistare la propria autonomia. Nei primi anni del secolo iniziarono le campagne per il voto politico, con la formazione in alcune città di comitati pro suffragio. Nel 1906 fu presentata una petizione al parlamento a questo fine. In seguito Giolitti nominò una commissione per studiare un progetto di legge che ammettesse il voto delle donne. I diritti delle donne furono fatti propri dal PSI e dalle organizzazioni femminili cattoliche. Nel 1919 fu presentata una legge con cui le donne avrebbero goduto dell'elettorato attivo/passivo alle elezioni politiche e amministrative, ma non poté essere approvata a causa della fine anticipata della legislatura. Nel 1925 fu approvata una legge che ammetteva che le donne che avessero compiùto 25 anni (e con molte altre limitazioni) potessero votare alle elezioni amministrative. Ma ben presto la dittatura fascista avrebbe abolito tutti i partiti e tutti i tentativi di dare il voto alle donne. LA SINISTRA STORICA Le trasformazioni economiche e sociali qui citate avvennero da un contesto di cambiamento politico, segnato dalla caduta della Destra storica e l'avvento della Sinistra, con Agostino Depretis. Nel marzo del 1876 il governo di Marco Minghetti fu battuto da un'opposizione, e le elezioni svolte nell'autunno successivo sanciscono la svolta dal governo di destra a quello di sinistra. Da qui ebbe inizio la prassi politica chiamata “trasformismo”, che coincide con l'obiettivo di Depretis di conquistare il consenso del maggior numero delle forze parlamentari, anche se provenienti da gruppi di opposizione. Nel contesto della crisi seguita alla depressione del 1873, la Sinistra storica fu sostenuta da forze sociali nuove, imprenditori e commercianti che puntavano alla difesa dell'industria nazionale attraverso il protezionismo. Due leggi segnarono un'apertura verso le classi inferiori e più disagiate: 1. La legge scolastica del ministro dell'Istruzione Michele Coppino del 1877, che riconosceva la gratuità dell'istruzione e proclamò l'obbligatorietà delle prime due classi elementari. 10 2. La legge elettorale del 1882 estese il numero degli aventi diritto al voto ai maschi che avevano compiùto 21 anni e conseguito la seconda elementare. Questa legge comportò un aumento significativo degli aventi diritto al voto, e mutò significativamente gli equilibri politici. Tuttavia, escludendo gli analfabeti la nuova legge favoriva le città rispetto alle campagne e il Settentrione rispetto al Mezzogiorno. Nel maggio 1882 fu firmata la Triplice Alleanza con l'Impero Austro-Ungarico e Impero tedesco, in reazione all'occupazione francese della Tunisia. Anche il re Umberto I, succeduto al padre Vittorio Emanuele II nel 1878 era favorevole. Questa scelta non fu accolta positivamente dagli irredentisti e da quella parte dell'opinione pubblica in cui era diffuso un sentimento antiaustriaco. L'annessione francese della Tunisia costituì la spinta per avviare l'espansione coloniale nel Mar Rosso, dove fu acquistata la baia di Assab in Eritrea. Da qui l'esercito cercò di risalire per occupare il porto di Massaua ma venne respinto a Dogali (gennaio 1887). Nel luglio del 1887 alla morte di Depretis divenne presidente del Consiglio il ministro dell'Interno Francesco Crispi. Crispi rinnovò la Triplice alleanza e proseguì le operazioni coloniali in Africa. Istituì la colonia dell'Eritrea (1890) e diede inizio alla penetrazione in Somalia. In politica interna continuò la costruzione di uno Stato unitario. Nel 1889 fu varato il codice penale ideato dal Ministro della Giustizia Giuseppe Zanardelli che aboliva la pena di morte e consentiva la libertà di sciopero. Crispi fu costretto alle dimissioni nel 1892 per le difficoltà finanziarie conseguenti all'aumento delle spese militari. Divenne presidente del consiglio Giovanni Giolitti, il Ministro del Tesoro, di orientamento liberale di sinistra. Giolitti riteneva che l'organizzazione sindacale e politica del movimento operaio fosse un fatto positivo, e per questo non ostacolò la nascita del Partito socialista e delle Camere del lavoro. Non intervenne per reprimere i Fasci siciliani, un movimento di protesta che si era formato in varie parti dell'Italia e comprendeva contadini, braccianti... Il suo governo fu travolto dallo scandalo della Banca romana, dove secondo un'inchiesta vi erano state delle irregolarità contabili che Giolitti avrebbe coperto quando era Ministro del Tesoro, a favore di Crispi. Il paese precipitò in una crisi e Giolitti fu costretto a dimettersi nel novembre del 1893 e a fuggire in Svizzera. Lo scandalo produsse l'effetto di accelerare la riforma del sistema bancario che era stata presentata da Giolitti stesso. Fu creata la Banca di Italia (1893). Tornò al potere Crispi, che era convinto che le lotte sociali costituìssero un pericolo per la sicurezza della nazione, represse duramente i Fasci Siciliani, dichiarando lo stato d'assedio nell'isola e sciolse il Partito socialista. In seguito alla tensione nei rapporti con l'Etiopia, Crispi mandò un corpo di spedizione per costringere il negus (imperatore) ad accettare il protettorato, ma l'esercito italiano fu sconfitto ad Adua (1896). Si trattò della più grave disfatta di una nazione europea in Africa. Crispi fu costretto alle dimissioni. Gli studiosi hanno parlato per questi anni di “crisi di fine secolo”, la cui fase culminante fu nel 1898, quando a seguito del rincaro del prezzo del pane ci fu l'esplosione dei tumulti popolari. Contro i lavoratori e i cittadini che manifestavano a Milano il governo guidato da Antonio di Rudinì inviò l'esercito, che fece fuoco sulla folla provocando un'ottantina di morti e centinaia di feriti. Il generale Fiorenzo Bava-Beccaris fu premiato dal re con la più alta decorazione del regno per i “servizi” resi al paese. Il generale Luigi Pelloux fu messo a capo di un nuovo governo, che tuttavia fece nascere un vasto schieramento di opposizione. Le elezioni del giugno 1900 segnavano la sconfitta dei progetti di Pelloux. Il 26 luglio 1900 viene assassinato a Monza il re Umberto I, per mano dell'anarchico Gaetano Bresci per vendicare i morti del 1898. Salì al trono il figlio, il giovane Vittorio Emanuele III. Protagonista del nuovo governo fu Giovanni Giolitti, prima come Ministro dell'Interno del governo Zanardelli del 1901, e poi come Presidente del Consiglio dal 1903 al 1914 = età giolittiana. L’ETA’ GIOLITTIANA Giolitti resta convinto dell'impossibilità di ostacolare la formazione delle organizzazioni dei lavoratori, e che lo Stato doveva mantenersi neutrale nei confronti dei conflitti di lavoro, anzi doveva farsi carico delle classi popolari, riformando e tutelando i diritti delle classi popolari. Le associazioni dei lavoratori non dovevano essere ritenute pericolose perchè vanno di pari passo con il progresso della civiltà. Gli anni dominanti di Giolitti furono anni caratterizzati dal decollo economico e dall'avvio della modernizzazione del paese. I governi guidati da Giolitti furono 3: 11 1. 1903-1905 2. 1906-1909 3. 1911-1914 Dovendo tener conto dell'opposizione, Giolitti costruì la maggioranza parlamentaria necessaria per governare, attraverso accordi e pressioni, se non forme di corruzione. Utilizzò le elezioni per rafforzare le proprie posizioni e abbandonò il potere nei momenti difficili per riprenderlo in condizioni più favorevoli. Nel corso dei primi quindici anni del secolo, oltre ai miglioramenti apportati alle strutture (potenziamento opere pubbliche ed estensione della rete ferroviaria) furono varate importanti riforme: 1.) 1905 La nazionalizzazione delle ferrovie 2.) La conversione della rendita nazionale = riduzione degli interessi sui titoli del debito pubblico 3.) Provvedimenti a sostegno delle industrie 4.) 1911 Legge Daneo-Credaro prolunga l'obbligo scolastico e attribuì allo stato la gestione delle scuole elementari che prima spettava ai comuni. Il settore in cui fu più significativo l'intervento di Giolitti fu quello della legislazione nel campo sociale, perchè vennero introdotte importanti innovazioni per migliorare le condizioni di vita e di lavoro. Furono emanati provvedimenti a tutela dell'invalidità, della vecchiaia e degli infortuni di lavoro, di limitazione dell'orario di lavoro e per regolare lo sfruttamento delle donne e dei bambini. Il Mezzogiorno non ebbe sostanziali miglioramenti, perchè non venne affrontata una forma agraria. Si era determinata una maggiore attenzione sulle condizioni del Mezzogiorno, tuttavia la situazione continuava a rimanere grave. Il maggiore risultato degli intenti liberali di Giolitti fu l'introduzione del suffragio elettorale maschile nel maggio 1912, con il quale il diritto di voto fu esteso a tutti i cittadini maschi, anche analfabeti, che avevano compiùto il 30° anno d'età, e ai 21enni che avevano prestato servizio di leva ed erano in possesso della 2° elementare. LE FORZE POLITICHE E IL BLOCCO ANTIGIOLITTIANO Questi anni furono segnati da un notevole aumento degli scioperi. Non mancarono scontri con l'esercito ed eccedi. Si costituìscono sindacati di categoria e federazioni nazionali in tutti i settori. Nel 1906 i delegati di 700 leghe diedero vita a Milano alla CgdL per il coordinamento delle agitazioni e delle attività. Nacquero la Confederazione generale dell'industria (1910) e la Confederazione generale dell'agricoltura (1911). Anche il PSI fu segnato da forti contrasti a proprio interno e dalla divisione fra riformisti e intransigenti. Nel 1908 i sindacalisti rivoluzionari lasciarono il partito, e i riformisti ne conquistarono il controllo. Successivamente si affermarono gli intransigenti rivoluzionari, tra i cui esponenti c'era Benito Mussolini. La corrente di destra, che si era espressa favorevole alla conquista della Libia, fu espulsa e diede vita al Partito socialista riformista italiano. Mussolini nominato direttore dell' “Avanti!” continuò la polemica contro il partito. Più complessa fu la nascita di un partito dei cattolici, ai quali Pio IX aveva vietato di partecipare alle elezioni. Con la Rerum novarum cominciò a porsi l'esigenza di una diversa presenza dei cattolici e di una maggiore attenzione ai problemi sociali e al mondo del lavoro. Con l'obiettivo di promuovere iniziative di carattere sociale e una maggiore partecipazione politica dei cattolici quindi si formò il movimento della democrazia cristiana. Cominciarono a scorgere le leghe operaie e contadine. Sul piano filosofico nacque il modernismo, diffuso a livello europeo per promuovere il rinnovamento della Chiesa e della sua dottrina. Da parte della Chiesa e del successore di Leone XIII, Pio X mantenne una netta opposizione alla formazione di un partito autonomo dei cattolici, ma di fronte alla crescita del movimento socialista si iniziò ad attenuare il non expedit, consentendo ai cattolici di appoggiare candidati conservatori in alcuni collegi. Contro il modernismo il papa emanò l'enciclica di condanna Pascendi (1907) e impose il giuramento anti-modernista ai sacerdoti impegnati dell'insegnamento. Un’assoluta novità fu il nazionalismo, nato a fine Ottocento. Ai miti di superiorità e di affermazione della nazione attraverso la forza si accompagnarono l'odio nei confronti della democrazia e l'ostilità sia contro i socialisti sia contro 12 3) venne mobilitato il fronte interno – le donne entrarono in massa a lavorare nelle fabbriche e in quei lavori fino ad allora esclusivamente maschili, ma lavorarono anche come volontarie della Croce rossa. Per la mobilitazione del fronte interno, la propaganda aveva un ruolo fondamentale. Le dichiarazioni di guerra furono accompagnate da entusiasmo collettivo ed esaltazione patriottica: tutti erano convinti che il conflitto sarebbe stato di breve durata e vittorioso. Anche i partiti socialisti, dimenticando la tradizione pacifista della Seconda Internazionale, si schierarono con la propria nazione. I primi furono i socialdemocratici tedeschi, che votarono in Parlamento a favore dei crediti di guerra; ugualmente fecero i socialisti francesi. La Seconda Internazionale non poté opporsi al conflitto e nel 1917 si sciolse. Solo i socialisti russi, serbi, e italiani mantennero una posizione contraria alla guerra. Anche gli intellettuali, con poche eccezioni, erano favorevoli alla guerra. In Italia Benedetto Croce fu tra i pochi contrari, e sosteneva che il paese dovesse rimanere per motivi di correttezza, dalla parte degli Imperi Centrali. Il piano tedesco elaborato dal comandante Alfred von Shlieffen nel 1905 si basava su una guerra lampo, e prevedeva lo sfondamento a Occidente passando attraverso il Belgio, per costringere la Francia alla resa. Fu un fallimento. L'invasione del Belgio neutrale suscitò indignazione e fece entrare in guerra la Gran Bretagna dalla parte della Francia. L'offensiva tedesca venne fermata da Fra e Gb sul fiume Marna. La guerra si trasformò in una guerra di logoramento. • A terra i soldati vivevano in condizioni disumane nelle trincee ed erano mandati all'assalto venendo decimati dalle mitragliatrici. Per tre anni, il fronte restò quasi invariato. Gli eserciti si fronteggiavano combattendosi per mesi senza raggiungere risultati significativi. • Nel Mare del Nord si svolse un'accanita battaglia fra la flotta tedesca e quella inglese, che alla fine costrinse i tedeschi a ritirarsi nel maggio del 1916. La guerra colpì anche la popolazione civile, perchè sottomarini tedeschi attaccavano le navi civili dirette in FRA e GB. Gli attacchi vennero fermati grazie all'intervento del presidente USA Woodrow Wilson. Sul fronte orientale l'esercito tedesco riuscì a bloccare l'avanzata russa, mentre quello austriaco non seppe piegare la Serbia. La Serbia crollò nel 1915, grazie all'entrata in guerra della Bulgaria a fianco degli Imperi Centrali. Nel 1915 i tedeschi sfondarono le linee russe e occuparono la Polonia. Per tentare di spezzare il fronte degli Imperi centrali, gli anglo-francesi tentarono di conquistare gli stretti che mettono in comunicazione Mar Egeo con il Mar Nero, ma vennero sconfitti dall'esercito turco. ITALIA IN GUERRA Allo scoppio del conflitto l'Italia era rimasta neutrale perchè la Triplice Intesa era un'alleanza difensiva. Tuttavia, nel paese vi erano degli scontri fra quanti volevano restare neutrali e quelli che invece erano favorevoli alla guerra, schierandosi dalla parte dell'Intesa, perchè speravano di liberare Trento e Trieste e completare l'Unità Nazionale. Il PSI si oppose all'intervento, ad eccezione di Benito Mussolini, a capo della corrente rivoluzionaria, il quale fondò il quotidiano “Il Popolo d'Italia” (1914) e fu espulso dal partito. Dalle colonne del giornale Mussolini fece opera di propaganda contro il governo e il Parlamento che si opponevano all'entrata dell'Italia in guerra. Segretamente Salandra e Sonnino (ministro esteri) avevano avviato trattative segrete con l'Austria che non voleva cedere Trieste, e poi con l'Intesa, con la quale fu firmato il Patto di Londra nell'aprile del 1915: l'Italia si impegnava ad entrare in guerra dietro la promessa di: Trentino, Sud Tirolo, Trieste, Istria (no Fiume), parte della Dalmazia + colonie. Queste trattative vennero tenute segrete fino al 7 maggio, ma il Consiglio dei ministri approvò l'operato del governo. Vittorio Emanuele III, che si era impegnato personalmente con Francia, Gran Bretagna e Russia minacciò di 15 abdicare se l'Italia non fosse intervenuta a fianco dell'Intesa. Ci fu un crescendo di manifestazioni aggressive contro i neutralisti e giolittiani, finchè la maggioranza della Camera (prima di allora neutralista) approvò la legge che concedeva al governo pieni poteri. Il 24 maggio 1915 l'Italia diede inizio alle ostilità dichiarando guerra all'Austria. Le operazioni italiane si svolsero lungo i confini con l'Impero Austriaco e furono comandate dal generale Luigi Cadorna, ma costarono un sacco di vittime e produssero scarsi risultati. Il 28 agosto 1916 fu dichiarata guerra alla Germania. Anche qui dominò la guerra di trincea. I generali erano ostinati a mandare al massacro i soldati, le truppe erano scarsamente equipaggiate e poco addestrate. All'esaltazione patriottica cominciò a subentrare la consapevolezza della guerra. Anche il fronte interno (la popolazione) cominciò ad essere ostile al conflitto. A Torino nell'agosto del 1917 vi furono dei tumulti per la mancanza di pane, che si trasformarono in dimostrazioni contro la guerra. La situazione degnerò, fu necessario l'intervento dell'esercito e morirono 50 persone. Le difficoltà dell'esercito italiano emersero con la disfatta di Caporetto il 24 ottobre 1917; i reparti italiani furono costretti a ripiegare fino al Piave. Fu la più grave disfatta subita dall'esercito italiano (10 mila morti). Il generale Cadorna attribuì la colpa alla mancata resistenza dei soldati. Si aggravò il malessere delle truppe e divennero sempre più numerosi gli episodi di insubordinazione e ammutinamento, non solo tra l'esercito italiano. Dopo la sconfitta di Caporetto, si formò un nuovo governo di unione nazionale, presieduto da Vittorio Emanuele Orlando e Cadorna fu sostituito dal generale Armando Diaz, che riuscì ad organizzare un'efficace resistenza contro le offensive austriache sul Piave. I FRONTI DEL MEDIO ORIENTE L'Impero Ottomano, entrato in guerra con gli Imperi Centrali nell'ottobre 1914, era impegnato su due fronti: 1. Il primo era nel Caucaso, contro i russi. I turchi avevano l'obiettivo di ricongiungere l'impero con le popolazioni musulmane dell'Asia centrale (tartari, kazaki, uzbechi). Ma i russi nella primavera 1915 penetrarono in ampie zone turche. L'impero zarista puntava all'annessione dell'intera Armenia. L'Armenia era divisa tra la Russia e la Turchia. Gli armeni turchi continuarono a subire persecuzioni, rese ancora più violente dal timore che gli armeni potessero appoggiare l'esercito russo. Fu il primo dei genocidi del '900. Nel maggio 1915 il governo ottomano promulgò una legge di deportazione e una di espropriazione e confisca. A commettere le violenze fu l'Organizzazione speciale, una forza militare creata dal CUP e dai soldati dell'esercito. Ci fu un milione e mezzo di vittime 2. Il secondo era in Mesopotamia, contro gli inglesi. Gli inglesi avevano proclamato il loro protettorato sull'Egitto (dicembre 1914), già occupato nel 1882. La Gran Bretagna aveva molti interessi economici e strategici tra la Mesopotamia e la Palestina. Gli ottomani volevano coinvolgere gli arabi nella guerra contro la GB, ma gli arabi preferirono allearsi con la GB. Lo sceriffo della Mecca Husayn ibn Ali, regnava sulla regione di Hijaz nella penisola arabica, negoziò nel luglio del 1915 l'insurrezione contro l'impero, avendo in cambio la promessa che la GB avrebbe favorito la formazione di un regno indipendente. Nel 1916 Husayn diede inizio alla rivolta araba, che si concluse dopo aver liberato gran parte della penisola arabica, con la conquista di Damasco e poi di Aleppo (Siria) nell'ottobre 1918. Le truppe britanniche, dall'Egitto avanzavano in Palestina, impadronendosi di Gaza, Giaffa e Gerusalemme (dicembre 1917). La guerra su questo fronte si concluse per la Turchia con la perdita totale delle province arabe, segnando la fine dell'impero. Contrariamente a quanto promesso, inglesi e francesi secondo le logiche imperialiste si erano accordati per la spartizione dei territori ottomani. Nel maggio 1916 l'inglese Mark Skyes e quello francese Francois Georges-Picot avevano firmato un accordo con il quale si spartivano le relative influenze: • alla GB viene riconosciuta l'influenza in Mesopotamia e Palestina, • alla FRA nei territori dalla Siria e dal Libano fino a Mosul. La GB interviene in maniera contraddittoria anche per quanto riguardava la questione ebraica. In una lettera al presidente della Federazione sionistica mondiale il 2 novembre 1917, il ministro degli Esteri inglese Lord Arthur 16 Balfour dichiarò che il governo britannico era favorevole alla creazione in Palestina di una Sede nazionale [National Home] per il popolo ebraico, e che avrebbe cercato di facilitane il compimento. GLI USA IN GUERRA (1917) Con il passare dei mesi aumentò la sfiducia delle popolazioni e si fecero frequenti gli episodi di rivolta. La situazione economica dei paesi belligeranti divenne sempre più grave, dato il continuo aumento dei costi della guerra. Si ricorse alla stampa di nuova moneta, causando un aumento dei prezzi. In Russia, nel marzo 1917 una rivoluzione spontanea portò all'abdicazione dello zar e alla formazione di un governo provvisorio. L'esercitò continuò ad andare incontro a nuove sconfitte, fino a quando il 7 novembre i bolscevichi guidati da Lenin presero il potere realizzando il primo Stato Socialista della storia. La Russia quindi nel dicembre 1917 firmò l'armistizio, e con la pace di Brest-Litovsk del marzo 1918 uscì dalla guerra accettando le durissime condizioni dei tedeschi, che comportavano la perdita di Polonia, Finlandia, Estonia, Lettonia, Lituania. La guerra continuava. All'inizio del 1917 i tedeschi decisero di ricominciare la guerra sottomarina, attaccando le navi in rotta verso la Gran Bretagna. Fu questo a convincere gli USA, che erano già impegnati a finanziare GB e FRA, ad entrare in guerra il 6 aprile 1917. L'ingresso degli USA rafforza le forze dell'Intesa, che si era indebolita dal crollo della Russia. Gli USA entrarono in guerra non solo per interessi economici, ma anche per evitare che un simile massacro si ripetesse. Per questo Wilson enunciò nel 1918 il suo programma in 14 punti, in cui vi erano il diritto di autodeterminazione dei popoli, la libertà di commercio, l'abolizione delle barriere doganali e la creazione della Società delle Nazioni (SND) per garantire il nuovo ordine internazionale. LA SCONFITTA DEGLI IMPERI CENTRALI L'esercito tedesco si era notevolmente rafforzato grazie allo spostamento di numerose truppe dal fronte russo, e avviò una nuova offensiva sul fronte francese raggiungendo la Marna nel luglio del 1918. Ma le truppe alleate, anch'esse più forti grazie agli USA, la respinsero e diedero inizio alla controffensiva. Da questo momento in poi, la guerra si volse a favore delle potenze dell'Intesa. Nel settembre l'armata anglo-franca-italiana, sbarcata a Salonicco dal 1916 riesce a sfondare il fronte bulgaro e a dilagare nei Balcani. L'Impero Ottomano viene sconfitto dagli inglesi e dagli arabi. Sul fronte italiano gli austriaci vengono sbaragliati a Vittorio Veneto. Il 3 novembre, mentre le truppe italiane entravano a Trento e Trieste, l'Austria firmò l'armistizio. L'Impero austro-ungarico si dissolse. Il governo e l'imperatore Carlo I tentarono di mantenerlo in vita, trasformandolo in una federazione di stati indipendenti, ma ormai le sue diverse componenti conquistarono l'autonomia: • La Cecoslovacchia si era dichiarata indipendente a settembre sulla base del patto fra cechi e slovacchi a Pittsburgh nel maggio 1917. furono unificate due nazionalità e due regioni economicamente distanti, la Boemia e la Slovacchia, e la regione dei Sudeti, abitata in prevalenza dai tedeschi. • L'Ungheria si proclama indipendente; • Si costituìsce il Regno dei Serbi, Croati, Sloveni. Il 12 novembre l'imperatore abdicò, l'Austria e l'Ungheria diventarono Repubbliche. Anche la Germania fu costretta a cedere. Pur non avendo subito una sconfitta diretta, la Germania crollò a causa delle insurrezioni interne, a Monaco e Berlino. Il 9 novembre l'Imperatore abdicò e fuggì in Olanda e fu proclamata la Repubblica. L'11 novembre fu firmato l'armistizio a Rethondes (FRA), mentre in tutto il paese, su modello dei Soviet bolscevichi, sorsero consigli di operai e soldati. UNA NUOVA CARTA GEOPOLITICA La Prima Guerra Mondiale era finita, provocando circa 10 milioni di morti e +20 milioni di feriti gravi. Ai morti dei campi di battaglia vanno aggiunti 12-13 milioni di vittime dell'influenza spagnola che si diffuse in tutto il mondo nel 18/19, favorita dalle condizioni delle popolazioni, denutrite e provate dal conflitto. Le sue origini non sono certe: la malattia era comparsa in Spagna, dove colpì 1/3 della popolazione, e in un campo di addestramento in Kansas (USA). Gli effetti politici della guerra furono decisi dalla conferenza di pace di Parigi nel 1919, alla quale non furono ammessi i paesi sconfitti e la Russia. Secondo Hobsbawm, le preoccupazioni predominanti dei vincitori furono in primis il crollo di molti regimi in Europa e l'insorgere in Russia di un regime bolscevico rivoluzionario. Vi era la necessità di tenere sotto controllo la Germania, soprattutto da parte della FRA. Bisognava ridisegnare e ridefinire la cartina geopolitica dell'Europa, sia per indebolire la Germania, sia per riempire quegli spazi vuoti che si erano creati in Europa e in Medio Oriente dopo la sconfitta dell'impero russo, asburgico e ottomano. 17 Il 25 ottobre fu preso d'assalto il Palazzo d'Inverno, sede del governo provvisorio: questo assalto divenne il simbolo della Rivoluzione Russa. Nella stessa giornata si riunì il Congresso panrusso dei Soviet, che legittimò la nuova situazione politica, e assegnò ai bolscevichi l'incarico di formare un nuovo governo. Il primo atto del governo fu l'approvazione di due decreti che andavano a soddisfare le richieste più urgenti della popolazione: la pace e la terra. Il primo prevedeva trattative immediate con i paesi belligeranti. Le terre furono ridistribuite ai contadini, sotto il controllo dei Soviet di villaggio. Le altre forze politiche protestarono contro il “colpo” bolscevico e decisero di abbandonare il Congresso. A novembre era stata prevista dal governo Kerenskij la convocazione dell'Assemblea costituente tramite elezioni a suffragio universali. I risultati furono su 707: • i bolscevichi ottennero 175 seggi, • i socialisti rivoluzionari ottennero 410 seggi, • i cadetti 17 seggi, • i menscevichi 16 seggi. Ma Lenin non era disposto a rinunciare al potere e sciolse l'Assemblea costituente a favore della “Repubblica dei Soviet”. LA GUERRA CIVILE E IL TERRORE ROSSO Il 3 marzo 1918 il governo bolscevico firmò la Pace di Brest-Litovsk con la Germania, che sancì l'uscita della Russia dalla Prima Guerra Mondiale. Il trattato comportava la perdita di Polonia, Finlandia, Estonia, Lettonia e Lituania, diventate indipendenti. Queste zone erano tra le più avanzate industrialmente. L'esito della Pace di Brest-Litovsk e lo scioglimento dell'Assemblea costituente spinsero i socialisti rivoluzionari e i menscevichi a unirsi alle forze controrivoluzionarie = Armate bianche. Queste erano composte principalmente da monarchico-conservatori, ed ebbero l'appoggio di FRA, GB, GIAPPO, USA, che consideravano l'uscita della Russia un tradimento. Nel 1918 per combattere le armate bianche l'esercito russo sotto la guida di Trockij assunse il nome di Armata rossa. Grazie alla leva obbligatoria divenne un vero e proprio esercito. La capitale fu spostata da Pietrogrado a Mosca. Iniziò la guerra civile, che terminò 2 anni dopo scontri e perdite. La prima azione fu la fucilazione della famiglia reale il 17 luglio 1918. Nel 1920, terminata la guerra civile, la Russia venne attaccata dalla Polonia, che mirava ad espandersi in Ucraina. L'esercito polacco arrivò fino a Kiev, causando la risposta dell'Armata rossa, che arrivò fino alle porte di Varsavia e poi fu costretto a ritirarsi. La guerra si concluse con il Trattato di Riga (1921), con cui la Polonia ottenne ampie zone della Bielorussia e dell'Ucraina. Questi continui conflitti avevano fortemente indebolito la Russia. Per cercare di far fronte alla situazione drammatica, Lenin nel 1918, varò una serie di provvedimenti straordinari, conosciuti anche “comunismo di guerra”. Prevedevano la nazionalizzazione delle industrie, la soppressione del commercio privato, e il passaggio al potere centrale della produzione agricola e di tutte le risorse materiali/alimentari (vennero imposte delle requisizioni forzate che provocarono violenze sommosse). Questi attacchi interni portarono il regime bolscevico ad accentuare i tratti autoritari. Venne istituito il Tribunale rivoluzionario con il compito di processare chiunque rappresentasse una minaccia, diventando il principale strumento di repressione. Nel giugno 1918 fu decisa la soppressione di tutti i partiti e la subordinazione di Soviet e sindacati al Partito bolscevico: si ponevano le basi per una dittatura a partito unico. Nel 1919 nacque la Terza internazionale, chiamata Internazionale comunista = Comintern. La nuova organizzazione aveva l'obiettivo di guidare la rivoluzione socialista mondiale secondo il modello sovietico. La situazione drammatica dei contadini venne peggiorata da una terribile carestia, che portarono ad un'ondata di scioperi e insurrezioni. Le rivolte furono represse ma Lenin si rese conto della necessità di cambiamenti. Per facilitare la ripresa dell'economia fu adottata la Nuova Politica Economica (NEP), che prevedeva l'introduzione di alcuni elementi dell'economia capitalistica, ovvero una parziale liberazione della produzione, l'introduzione 20 dell'economia di mercato e dell'iniziativa privata. I risultati furono positivi, ma questi provvedimenti permisero ai kulaki di riaffermarsi. Nel 1922 nacque l'URSS. (Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche). La Costituzione (1923), distingueva tra le competenze dell'URSS (politica estera, pianificazione economica, difesa, assistenza sociale) e quelle Repubbliche: l'URSS era uno Stato multietnico, fortemente centralizzato. Dopo l'approvazione dei decreti sulla pace e sulla terra, l'impegno dei bolscevichi si concentrò sulla formazione scolastica e l'alfabetizzazione: l'istruzione fu resa obbligatoria fino ai 15 anni. L'Armenia era diventata una Repubblica autonoma, nel 1920 era stata occupata dai bolscevichi e 2 anni dopo divenne Repubblica Sovietica. La regione orientale fu invece nuovamente occupata dai turchi. IL CONSOLIDAMENTO DEL POTERE DI STALIN Nel 1924 Lenin morì, e ne seguì una feroce lotta per la successione, soprattutto tra Trockij e Stalin. Stalin era il segretario del Partito comunista, sosteneva la necessità che L'Unione Sovietica si rafforzasse al proprio interno, più che concentrarsi sulla diffusione del socialismo a livello internazionale = socialismo in un solo paese. Stalin era per questo favorevole a forzare l'industrializzazione. A questa teoria si opponeva quella di Trockij, che invece sosteneva che la società socialista si sarebbe realizzata solo quando il comunismo si sarebbe affermato anche altrove = rivoluzione permanente. Trockij era favorevole ad una industrializzazione più lenta, e teneva conto delle esigenze del proletariato e dei contadini. Ma Stalin non ammise posizioni differenti dalle proprie e nel giro di pochi anni si liberò dei suoi oppositori. Trockij fu espulso dal Partito Comunista e dall'URSS. Tutti gli oppositori e anche chi lo aveva aiutato a raggiungere il potere vennero eliminati. Dopo aver sconfitto i maggiori oppositori, Stalin si concentrò su rendere l'Unione Sovietica una grande potenza industriale e militare, tramite l'industrializzazione forzata. Alla fine degli anni '20 abbandonò la NEP e vennero varati i piani quinquennali. Il primo 1928-1933 accelerò la produzione industriale che raddoppiò, ma ciò non comportò un miglioramento delle condizioni di vita della popolazione. Rivoluzione Russa viene paragonata alla Rivoluzione Francese. CAPITOLO VI – LE CONSEGUENZE DELLA PRIMA GUERRA MONDIALE IN EUROPA E MEDIO ORIENTE CONSEGUENZE DELLA PRIMA GUERRA MONDIALE Il primo conflitto mondiale fu uno sconvolgimento dal punto di vista sociale, politico, economico e umano. La guerra non aveva risolto i contrasti tra le diverse nazioni ma aveva causato un massacro con mln di vittime e morti. Il rientro dei reduci fu un dramma perchè i loro paesi si trovavano in una grave crisi economica. Con la guerra venne a compimento il processo di massificazione della società e della politica. I partiti e le organizzazioni sindacali videro dappertutto aumentare i propri scritti. Il suffragio universale fu esteso anche in quei paesi che non lo avevano concesso, e in alcuni divenne pienamente universale con l'estensione del voto alle donne. Dal punto di vista economico le conseguenze furono gravissime. Durante gli anni del conflitto si erano rafforzate le industrie pesanti (=fornivano materiali per la guerra). Le tasse e i prestiti interni non furono sufficienti a finanziare lo sforzo bellico, e i governi europei da una parte di indebitarono soprattutto con USA, e dall'altra stamparono carta moneta, causando inflazione. Con l'inflazione aumentò il costo della vita e la disoccupazione, soprattutto con il ritorno dei soldati in patria. In termini finanziari la GB fu il paese che sopportò lo sforzo maggiore, seguita da DEU, FRA e USA. Questi ultimi contribuirono alle spese di guerra inglesi e francesi. Gli USA poterono sfruttare la domanda di beni provocata dalla guerra, e assumere un ruolo sempre maggiore dell'ambito della politica e delle relazioni internazionali. Al termine del conflitto l'Europa perse la propria egemonia, sostituita dagli USA. LA GRAN BRETAGNA E LA FRANCIA La Gran Bretagna usciva doppiamente vittoriosa dal conflitto, sia per aver battuto la Germania che per aver ampliato il suo impero grazie ai mandati, ma fu la nazione più colpita dalla crisi perchè il carbone era ormai stato sostituito con l'industria elettrica e il petrolio. Dal 1929 il Partito laburista si sostituì ai conservatori. 21 Si era riacutizzata la questione dell'autogoverno dell'Irlanda. Nel 1916, con l'approvazione dei tedeschi, la popolazione di Dublino si sollevò: la rivolta fu repressa nel sangue. Nel 1918 venne costituìta l'Assemblea d'Irlanda che proclamò l'indipendenza, che non venne riconosciuta dalla GB fino al 1920. Nel 1921 venne approvata una legge che riconosceva l'esistenza di due Stati: • lo Stato libero d'Irlanda, cattolico, con capitale Dublino, che restava all'interno della GB • l'Irlanda del Nord, protestante, che continuava a far parte del Regno Unito, con un Parlamento con sede a Belfast. Questa soluzione non fu accettata da De Valera e dai nazionalisti, che diedero vita a nuove agitazioni, finché nel 1938 venne approvata la Costituzione che sanciva la piena indipendenza dell'Irlanda del Sud. A queste agitazioni si aggiunsero i movimenti anticolonialisti delle popolazioni dei dominions dell'impero, alcune avevano anche partecipato con le proprie truppe al conflitto. Nel 1917 si era iniziata a formulare l'ipotesi di una loro autonomia,che fu chiamata Commonwealth of Nations. Nel 1926 i dominions vennero definiti comunità autonome, fedeli alla corona, in quanto membri del British Commonwealth: l’'impero si trasforma in un un'unione confederale sovranazionale. Inizialmente vennero riconosciuti Stati membri del Commonwealth solo i paesi che avevano già raggiunto l'autonomia (Canada, Terranova, Australia, Nuova Zelanda, Unione Sudafricana). L'Irlanda del Sud solo dopo il 1920. Nella Repubblica francese la crisi fu meno grave. Come in molti paesi, ci fu una crescita del Partito socialista e delle organizzazioni sindacali. Nel 1920 nacque il Partito comunista francese (PCF), che aderì alla Terza internazionale. Prima della grande crisi del 1929, la Francia visse una fase di boom economico, con l'incremento dei settori chimico e meccanico. I CONFLITTI E LA REAZIONE NELL'EUROPA CENTRO-ORIENTALE Negli stati nati dalla dissoluzione dell'Impero austro-ungarico, i cui confini erano stati imposti dai vincitori, si trovavano a convivere nazionalità e religioni diverse e spesso conflittuali: Cecoslovacchia, Polonia, Ungheria, Romania. La Serbia era divenuta Regno dei Serbi, Croati, Sloveni (dal 1929 assume il nome di Jugoslavia), al suo interno raccoglieva popolazioni appartenenti ad una decina di gruppi diversi; inoltre, dal punto di vista del territorio, unificava paesi profondamente lontani tra loro. Inoltre, vi erano i problemi con l'esterno, soprattutto con l'Italia che rivendicava l'annessione di Fiume e di gran parte della Dalmazia. Quindi in questi territori, oltre alle difficoltà comuni agli altri paesi (aumento del costo della vita, disoccupazione, reinserimento dei reduci) vi erano problemi tra le diverse nazionalità, che assunsero un carattere insurrezionale. Sull'esempio della rivoluzione bolscevica ci fu in tutta Europa una crescita di movimenti rivoluzionari da parte degli operai e la convinzione che fosse possibile seguirne l'esempio. Nel 1919 nacquero anche alcune repubbliche socialiste (es Repubblica sovietica slovacca), ma si trattò di episodi destinati al fallimento, che fecero crescere la paura contro i socialisti. Gli anni tra il 1919-20 furono chiamati “biennio rosso”. I TENTATIVI INSURREZIONALI IN GERMANIA In Germania si era determinata una condizione rivoluzionaria già prima dell'armistizio. A ottobre 1918 si erano ammutinati i marinai della flotta della base di Kiel, che chiesero la rinuncia al trono dell'imperatore e la pace immediata. La loro protesta si unì a quella dei soldati, e diedero vita ai Consigli. Da qui, in breve la rivolta si estese in numerose città fino a Berlino e Monaco. In uno stato quasi insurrezionale il 9 novembre 1918 fu proclamata la Repubblica e l'imperatore fu costretto ad abdicare, per poi fuggire in Olanda. Il governo fu presieduto dal socialdemocratico Friedrich Ebert e composto dalla SPD e dai socialisti indipendenti del Partito socialdemocratico indipendente (USPD). L'aria più radicale era la Lega di Spartaco, che si proponeva la rivoluzione socialista e la creazione di una repubblica di tipo sovietico, che nel dicembre 1918 si trasformò nel Partito comunista (KPD). La SPD era invece favorevole ad un processo di democratizzazione, e proponeva le elezioni per formare un'Assemblea costituente. Fu il governo presieduto da Ebert ad autorizzare la sottoscrizione all'armistizio, l'11 novembre; per questo cominciò a diffondersi l'idea che la guerra avrebbe potuto essere vinta e che la disfatta era stata colpa dei politici. Questo sentimento si rafforzò con il Trattato di Versailles. 22 Dal punto di vista economico, gli enormi costi della guerra si erano tradotti nell’aumento del debito pubblico e nell’accresciuta dipendenza dall’estero, particolarmente da USA e GB. A subire danni molto gravi fu in particolare l’agricoltura, mentre l’industria vide un enorme crescita. Questo contribuì ad accentuare il divario tra Nord e Sud del Paese. Non solo le condizioni di vita erano diventate più dure, ma si cominciò anche a diffondere una profonda delusione per i risultati del conflitto e la mancata annessione di Fiume, richiesta dai nazionalisti e dai combattenti. Alla conferenza di pace di Parigi la delegazione italiana, guidata dal presidente del Consiglio Vittorio Emanuele Orlando e dal ministro degli Esteri Sonnino, reclamò tutta la Dalmazia e Fiume. Il Presidente americano Wilson propose che venissero date all’Italia la Dalmazia e parte dell’Istria e che Fiume rimanesse in un regime di autonomia. Orlando e Sonnino non accettarono e abbandonarono la conferenza. Con questo atteggiamento contribuirono a surriscaldare il clima ed esasperare lo scontento per la “vittoria mutilata” (come la definì d’Annunzio). In assenza della delegazione italiana a Parigi, inoltre, GB, Francia e Giappone si spartirono i territori africani e asiatici dei paesi sconfitti. Scosso per lo svolgimento delle trattative, il governo si dimise e lasciò il posto a Francesco Saverio Nitti (1919). D’Annunzio decise di risolvere la questione Fiume: il 12 settembre 1919 partì insieme ad alcune migliaia di volontari, chiamati “legionari” e marciò su Fiume occupandola ed instaurando la cosiddetta “reggenza del Carnaro”. Il governo non intervenne e assunse un atteggiamento di attesa. Nel contempo, in tutta Italia il malcontento della popolazione cominciò a manifestarsi con scioperi e proteste. Le organizzazioni politiche e sindacali dei lavoratori aumentarono gli iscritti e la presenza sul territorio: il PSI superò i 200 mila. La maggioranza era stata conquistata dalla componente rivoluzionaria, capeggiata da Giacinto Menotti Serrati, chiamata “massimalista” poiché proponeva il “programma massimo”, vale a dire la rivoluzione socialista. L’altra componente era quella riformista guidata da Filippo Turati e Claudio Treves. Nacquero nuove forze politiche e i sentimenti più ostili confluirono nei Fasci di combattimento, fondati in piazza San Sepolcro a Milano il 23 marzo 1919 da Benito Mussolini. Il programma dei Fasci era teso alla conquista di quei ceti sociali colpiti dalla crisi e delusi dal risultato ottenuto con il conflitto mondiale. Da un lato, mostrava aperture sociali e politiche che derivavano dal patrimonio del movimento operaio e socialista; dall’altro, riprendeva temi che erano stati propri del nazionalismo. Il fascismo si presentava come un movimento rivoluzionario, “antipartito”. La violenza costituì lo strumento principale del movimento. I primi obiettivi contro i quali si lanciarono i suoi aderenti furono le associazioni e i giornali (perché in quel momento la stampa svolgeva un ruolo rilevante per l’opinione pubblica), infatti devastarono a Milano la sede del quotidiano socialista “Avanti!”. In direzione del tutto opposta andava il Ppi (Partito Popolare Italiano), fondato da don Luigi Sturzo: un’organizzazione politica moderna di ispirazione cattolica, che riteneva che tutti i partiti di ogni paese dovessero contribuire a rafforzare quelle tendenze e quei principi in grado di allontanare il pericolo di nuove guerre. LE ELEZIONI DEL 1919 E IL BIENNIO ROSSO Nel 1919 il governo Nitti aveva emanato una riforma elettorale, che concedeva il voto a tutti i cittadini maschi che avevano compiùto 21 anni, o che avevano prestato servizio militare, introduceva il sistema proporzionale e lo scrutinio per liste di partito. I partiti dovevano presentare nei diversi collegi le proprie liste. Questo sistema favoriva i partiti in grado di avere un rapporto diretto con un numero elevato di elettori. Le elezioni del novembre 1919 sulla base proporzionale ebbero come risultato: • il PSI divenne primo partito con 156 seggi, • il PPI il secondo con 100 seggi, • il Partito Liberale Democratico ne ottenne 96; • i Fasci non ebbero nessun deputato eletto. Nel frattempo, aumentavano i moti di protesta contro il carovita. Il periodo tra il 1919 e il 1920 prese il nome di biennio rosso, e fece temere l'avvento di una rivoluzione bolscevica sul modello russo. Per la prima volta le agitazioni coinvolsero contemporaneamente fabbriche e campagne, acquistando un carattere di massa. L’episodio più significativo fu l’occupazione delle fabbriche nel settembre del 25 1920, che coinvolse nel triangolo industriale (Milano-Torino-Genova) circa 300 stabilimenti. Di fronte all'agitazione operaia, Giovanni Giolitti, Presidente del Consiglio dal 1920, scelse di non reprimere le agitazioni: tramite mediazioni pacifiche gli operai sgomberarono pacificamente le fabbriche. Giolitti riuscì a risolvere la questione di Fiume, arrivando ad un accordo con il Regno dei Serbi, Croati, Sloveni nel Trattato di Rapallo, novembre 1920, l'Italia ottenne l'Istria fino ai confini delle Alpi, la Dalmazia andò al regno e Fiume fu dichiarata città libera. Nel 1924, con il Trattato di Roma, Fiume divenne italiana. DAL MOVIMENTO AL PARTITO NAZIONALE FASCISTA In seguito all’aumento degli scioperi, il movimento fascista si espanse divenendo uno strumento degli agrari, i quali lo finanziavano contro le lotte dei contadini. Il movimento inoltre indirizzò la sua lotta contro i Comuni governati dai socialisti: a Bologna, per impedire l’insediamento della nuova giunta e del sindaco socialista, organizzarono una manifestazione di fronte alla sede del Comune (Palazzo d’Accursio), provocando la reazione dei socialisti che spararono sulla folla provocando 10 morti e 50 persone ferite. A partire da questo episodio il movimento fascista assunse il ruolo di forza che combatteva le organizzazioni del proletariato e la minaccia di una rivoluzione bolscevica, estendendosi dal Centro al Sud del paese. In meno di dieci mesi gli squadristi avevano distrutto più di 700 sedi di organizzazioni proletarie e avevano causato circa 3mila vittime. Tra i protagonisti più aggressivi dello squadrismo ci furono i capi locali (detti “ras”: Dino Grandi a Bologna, Italo Balbo a Ferrara, Roberto Farinacci a Cremona, Alessandro Pavolini a Firenze), alcuni dei quali acquistarono un peso crescente nel movimento, che rischiava di offuscare il primato di Mussolini. Nell’intento di arrivare al riequilibrio della situazione, Giolitti all’inizio dell’aprile del 1921 sciolse le Camere e indisse nuove elezioni, incoraggiando la formazione di blocchi nazionali che coinvolgessero anche i fascisti insieme ai liberali. Fu così che 35 fascisti (Mussolini compreso) entrarono in Parlamento. In occasione del terzo congresso dei Fasci di combattimento (7-11 novembre 1921) Mussolini trasformò il movimento in partito: Partito nazionale fascista (PNF), definito da Emilio Gentile come un “partito milizia”, non solo per le sue “caratteristiche militaresche”, ma perché incorporava nella sua stessa essenza l’idea di essere una milizia armata con una mentalità ed uno stile di vita fondato sull’esaltazione della violenza e della viralità. LA MARCIA SU ROMA Le dimostrazioni e le violenze dei fascisti si intensificarono senza che lo Stato accennasse a reagire. Il fascismo conquistò un sostegno sempre maggiore nelle classi padronali e industriali. - Nel PPI si stava affermando una tattica più disponibile al compromesso anche con governi orientati a destra, contro la posizione antifascista di don Sturzo. - Il nuovo papa, Pio XI (Achille Ratti) non vedeva negativamente i fascisti. - Nel PCD’I prevaleva la non disponibilità alla costituzione di un fronte comune antifascista. - Il PSI intanto subiva una scissione, divenne PSU, Partito Socialista Unitario. - Tra i liberali permaneva la linea di far entrare i fascisti al governo. Gli eventi precipitarono dopo il tentativo di mobilitazione antifascista attraverso lo sciopero generale promosso dalle organizzazioni sindacali, che esasperò l’opinione pubblica. Mussolini decise di accelerare i tempi per la conquista del potere ed affidò il compito di organizzare la prova di forza risolutrice a un quadrumvirato, che elaborò il piano della marcia su Roma. Tra il 27 e il 28 ottobre furono occupati i luoghi strategici per le comunicazioni e gli uffici comunali di diverse città del Nord e del Centro Italia. Mussolini intanto seguiva le operazioni dalla sede del “Popolo d’Italia” a Milano. La mattina del 28, mentre circa 16mila squadristi giunsero a Roma in attesa dell’ordine di marciare, Facta si recò dal re con il testo del decreto di stato d’assedio: ma Vittorio Emanuele III si rifiutò di apporre la propria firma e Facta e il governo rassegnarono le dimissioni. Era il crollo dello Stato liberale. Il 30 ottobre Mussolini viene convocato al Quirinale e fu incaricato di formare il governo, mentre le squadre fasciste continuavano a compiere violenze. Il governo di Mussolini era un governo di coalizione, in cui ebbe grande peso la presenza dei nazionalisti, che furono una componente centrale poiché fornirono un’ampia parte della base legislativa e culturale del governo, a cominciare da Alfredo Rocco, autore delle principali leggi che smantellarono lo Stato liberale. Il 16 novembre 1922 Mussolini presentò la lista dei ministri del suo governo. 26 LA COSTRUZIONE DELLO STATO FASCISTA I fascisti non abbandonarono l'uso della violenza neanche dopo aver assunto il potere. Furono istituiti 2 organismi: 1. Il Gran consiglio del fascismo, un organo composto dai fedelissimi del PNF, 2. la Milizia volontaria per la sicurezza nazionale (MVSN) che sostitutiva le squadre fasciste. Il Gran consiglio del fascismo varò una riforma elettorale (1923) che prevedeva il ritorno al sistema maggioritario e introduceva un consistente premio di maggioranza a favore della lista che avesse ottenuto più voti (2/3 dei seggi). Vennero sciolte le Camere e cominciò una campagna elettorale segnata dall'illegalità e dalle azioni violente dei fascisti. Il PNF formò una lista nazionale (listone) a cui aderirono liberali, democratici e popolari. Alle elezioni di aprile i fascisti ottennero il 65% dei voti. Alla riapertura della Camera, il segretario del PSU Matteotti fece un discorso di forte denuncia alle intimidazioni e degli imbrogli che avevano caratterizzato le elezioni e chiese che venissero annullate. Il 10 giugno 1924 Matteotti venne assassinato dalle squadre fasciste. L'assassinio scosse l'opinione pubblica e il fascismo visse una crisi gravissima. I gruppi dell'opposizione parlamentare guidata da Giovanni Amendola uscirono dall'aula rifiutandosi di collaborare con il governo fascista e diedero vita al Comitato dell'Aventino, che fece appello al re Vittorio Emanuele III perchè ripristinasse la legalità. Questo appello non venne accolto. Il 3 gennaio 1925, Mussolini pronunciò il famoso discorso con cui comincia la dittatura fascista. Si assunse la responsabilità dell'assassinio, e dichiarò “se il fascismo è stato una associazione a delinquere, io sono il capo di questa associazione a delinquere!”. I partiti di opposizione vennero messi a tacere. Il governo si avviò verso l'opera legislativa che avrebbe portato alla costruzione di un regime a partito unico, con le leggi fascistissime (1925/26), che prevedevano: • il potere legislativo fu subordinato all'esecutivo, • fu istituita la carica di primo ministro segretario di Stato nominato e revocato dal re e responsabile solo verso questo e non più verso il Parlamento, • furono istituiti i podestà nei Comuni e nei presidi delle Province, anche questi di nomina reale, • venne soppressa la libertà di stampa, • venne imposto lo scioglimento di partiti/organizzazioni/associazioni non fasciste, e il divieto di associazione, • venne istituito un Tribunale speciale per la difesa dello Stato, contro cui non era possibile fare ricorso. La modifica dell'assetto costituzionale fu completata con la legge sul Gran Consiglio (1928), che fu riconosciuto come istituzione statale, con il compito di esprimere il parere anche su questioni istituzionali come la successione al trono. Nel 1928 Alfredo Rocco, ministro della Giustizia, varò la riforma della rappresentanza politica, con cui si stabiliva l'elezione di una Camera di 400 deputati, eletti dal Gran Consiglio: gli elettori avrebbero solo potuto confermare o respingere un'unica lista nazionale. IL FASCISMO E LA CHIESA: I PATTI LATERANENSI (1929) Il fascismo cercò di avere il consenso della Chiesa Cattolica. La Santa Sede aveva dato il suo appoggio al governo di Mussolini, ritenuto un baluardo nella lotta contro il movimento operaio, contro i socialisti e i comunisti. Iniziarono delle trattative per formalizzare il reciproco riconoscimento, ottenuto l'11 febbraio 1929 i Patti Lateranensi tra Italia e Santa Sede (Papa Pio XI). I patti prevedevano: 1. La Chiesa riconosceva il Regno d'Italia con capitale Roma sotto la dinastia dei Savoia, 2. il governo consentiva l'istituzione dello Stato della Città del Vaticano, sotto la sovranità del pontefice; 3. La religione cattolica apostolica romana come religione di Stato, con conseguente insegnamento della dottrina cattolica nelle scuole, 4.Si conferivano effetti civili al matrimonio religioso. L'apice del successo e del consenso Mussolini lo ottenne con le elezioni del marzo 1929: vi partecipò l'89,9% degli aventi diritto e ben il 98,4% si espresse favorevole alla lista dei deputati. LA POLITICA ECONOMICA E IL CORPORATIVISMO Il fascismo inizialmente attuò una politica liberista, facilitando lo sviluppo delle forze capitalistiche più robuste. Nel 1925 Giuseppe Volpi venne posto Ministro delle Finanze, ed avviò una politica fondata sul protezionismo, sulla 27 ROOSVELT PRESIDENTE: IL NEW DEAL Alle elezioni del 1932 i repubblicani furono sconfitti dal democratico Franklin Delano Roosevelt, lontano cugino di Theodore. Roosevelt diede inizio ad una nuova fase della vita degli Stati Uniti, a cui egli diede il nome di New Deal. Il New Deal comprendeva una serie di importanti provvedimenti finalizzati ad uscire dalla crisi, tra cui: • promosse l'intervento dello Stato nella vita economica, con l'introduzione di misure di ordinamento e di controllo, • venne abbandonato il pareggio di bilancio, ricorrendo ad una ampia spesa pubblica finalizzata a sussidi diretti per cittadini particolarmente svantaggiati, sia per iniziare programmi di opere pubbliche che davano lavoro ai disoccupati. Le sue misure vennero prese nei primi 100 giorni di mandato, con l'obiettivo di portare gli USA fuori dalla depressione. Fu assistito da un gruppo di collaboratori ed esperti (brain trust), e portò avanti il proprio programma attraverso un'attenta opera di propaganda. Acquistò una grande popolarità, e verrà rieletto nel 1936, 1940, 1944. Il suo provvedimento più significativo fu il National Industrial Recovery Act (1933), per fornire incentivi all'industria e varava un piano di lavori pubblici su larga scala. Un'altra importante legge fu finalizzata al sostegno dell'agricoltura. Nel 1933 si staccarono dalla base aurea e procedettero alla svalutazione del dollaro, per favorire il commercio estero. Roosevelt inoltre avviò una serie di riforme a carattere sociale, creando un sistema nazionale di pensioni e di invalidità. I provvedimenti di Roosevelt non riuscirono a risolvere la grave crisi ma l'economia diede segni di ripresa. In realtà gli USA usciranno definitivamente dalla crisi con la Seconda Guerra Mondiale. Roosevelt gettò le basi per il Welfare State (= Stato di benessere, indica quel modello di Stato che garantisce a tutti i cittadini un sufficiente tenore e qualità di vita). Il New Deal non si rifaceva a nessuna dottrina economica, anche se è stato accostato alle di Keynes, che riguardavano la necessità dello stato di intervenire nei settori dell'economia, di controllarli per contenere le spinte distruttive del sistema. Per Keynes le causa principale della crisi stava nell'incapacità della domanda di assorbire la totalità dei beni prodotti: la soluzione era di creare la domanda con tutti i mezzi, aumentando i salari e la spesa pubblica, fornendo sussidi ai disoccupati e attraverso grandi lavori pubblici. LE RIPERCUSSIONI DELLA CRISI DEL 1929 SULL’ECONOMIA MONDIALE Gli effetti della crisi del 1929 furono mondiali. La conseguenza più drammatica fu la disoccupazione. I primi provvedimenti presi peggiorarono gli effetti della crisi in Europa. Il volume degli scambi internazionali diminuì, che ebbe riflessi profondamente negativi anche sui paesi poco sviluppati come quelli dell'America Latina, della Nuova Zelanda e dell'Australia, che si basavano sull'esportazione. In Occidente per fronteggiare la crisi ci si staccò dal gold exchange standard (accordo monetario che prevedeva la convertibilità delle valute in oro a un tasso fisso prestabilito – “parità aurea”), che dall'inizio degli anni '20 vincolava le monete all'oro e alla sterlina. Nel 1931 fu proprio la GB ad abbandonare il regime aureo, dichiarando l'inconvertibilità della sterlina con l'oro, causando la svalutazione della sterlina. Questa scelta suscitò una reazione a catena che spinse via via le altre nazioni a svalutare le proprie monete. Il sistema capitalistico si riorganizzò in maniera diversa a seconda dei paesi. Nel corso degli anni 30 si verificò una maggiore articolazione dei gruppi sociali. Da un lato ci fu la crescita di un nuovo ceto medio, composto da impiegati dell'amministrazione e della grande industria, esponenti di nuove professioni; dall'altro ci fu il declino di altri ceti, in particolare dei piccoli proprietari terrieri. Aumentò il fenomeno dell'urbanizzazione e le città conobbero un grande sviluppo nell'edilizia e nei trasporti. Grazie alle maggiori disponibilità economiche delle classi medie, anche in Europa cominciarono ad affermarsi nuove abitudini e più moderni modelli di consumo, segnati ad esempio dall'aumento della produzione di automobili e di elettrodomestici meno costosi. La qualità di vita migliorava, seppure in maniera diversa da paese a paese. CAPITOLO IX – IL NAZISMO IN GERMANIA LA CRISI IN GERMANIA E L’AFFERMAZIONE DEL PARTITO NAZISTA Gli effetti della crisi del 1929 furono ancora più gravi in Germania, la cui ripresa dipendeva dai finanziamenti stanziati dagli Stati Uniti attraverso il Piano Dawes e il Piano Young. Venendo meno i prestiti americani, l'economia tedesca ebbe un nuovo tracollo. La disoccupazione assunse dimensioni di massa. In questo contesto la NSDAP (Partito Nazionalsocialista Tedesco dei lavoratori) riuscì a conquistare il proprio spazio e ad ottenere un consenso crescente, fino all'ascesa anche se con l'uso della violenza. 30 Alle elezioni del 1928 la NSDAP era un partito minore, e avevano segnato il successo per i socialdemocratici. La crisi imponeva delle scelte drastiche: bisognava alzare le tasse se si voleva continuare a dare sussidi ai disoccupati, oppure se si voleva abbassare il carico fiscale bisognava lasciare indifesi questi. L'opinione del governo si divise e il governo si sciolse. Furono indette nuove elezioni, che segnarono la netta affermazione dei nazionalsocialisti: la NSDAP divenne il secondo partito, dopo i SPD (Partito Socialdemocratico tedesco). Gli studiosi concordano sul fatto che il grande successo della NSDAP fu dovuto ai 3 mln di giovani che votarono per la prima volta. Hitler prometteva la formazione di una nuova comunità nazionale. L’IDEOLOGIA DEL NAZIONALSOCIALISMO Le origini del razzismo e dell'antisemitismo, al centro dell’ideologia di Hitler, risalivano molto indietro nel tempo, nella diffusione di correnti antidemocratiche e nazionaliste che avevano portato all'affermazione dell'imperialismo. Per ampia parte il nazionalsocialismo trasse le proprie origini da quei gruppi che prima della guerra avevano costituìto un fronte nazionalpatriottico, e che si erano riorganizzati nella Thule: una società segreta che si proponeva di combattere contro la congiura giudaico-massonica, e che si rifaceva all'antica mitologia germanica (tra i suoi simboli vi era la svastica). Da questa organizzazione proveniva Alfred Rosenberg, l'ideologo nazista del razzismo e dell'antisemitismo. Rosemberg nella sua opera Il mito del XX secolo (1930) sosteneva la superiorità del sangue nordico e della razza ariana sull'ebraismo e sul cristianesimo; quest'opera divenne il testo di riferimento per i nazisti, assieme al Mein Kampf. Nei volumi di Hitler vi era espressa una concezione del mondo che rifiutava i valori della civiltà liberale e fondava sui miti del sangue, della razza e dell'obbedienza al capo carismatico (Führer). Il pensiero di teorico del ragionamento di Hitler si basava sulla differenza tra le razze, e il loro valore maggiore o minore, che implicava la vittoria della migliore. La razza ariana, a cui appartenevano i popoli nordici e soprattutto quello tedesco, era ritenuta superiore e a questa spettava il compito di dominare l'Europa. Il primo obiettivo di Hitler era quello di cacciare gli ebrei e tutti gli oppositori. L'ebreo era considerato “il grande incitatore alla totale distruzione della Germania.” Successivamente, la Germania doveva respingere il Trattato di Versailles e recuperare i territori perduti a est, a danno degli slavi, anch'essi considerati un popolo inferiore. Hitler respingeva l'idea democratica della massa, e sosteneva che spettava agli uomini migliori della nazione il compito di comandare lo stato. Dirigere diventa quindi saper muovere le masse, fondamentale la propaganda. Sul finire degli anni '20, gli organismi dirigenti dell'Internazionale comunista e il Partito comunista dell'URSS, avevano elaborato una linea politica che metteva sullo stesso piano fascismo e socialdemocrazia, e quest'ultima fu ritenuta l'ostacolo principale della rivoluzione. L’ASCESA DI HITLER AL POTERE (1933) Dopo le elezioni del 1930, il governo affrontò la crisi attraverso misure deflazionistiche, riducendo i salari e contraendo le spese statali, ma senza ottenere risultati sostanziali. In questa situazione aumentava l'ostilità verso la Repubblica e la sua classe dirigente. La NSDAP era ormai diventata un'organizzazione che si proponeva alla guida della nazione. Hitler strinse rapporti con gli imprenditori, con la burocrazia di Stato, il ceto accademico, i grandi industriali, ecc... L'enorme capacità di attrazione raggiunta da Hitler emerse in occasione delle elezioni presidenziali 1932, quando la crisi aveva raggiunto il suo apice. In entrambe le occasioni Hitler uscì vincitore, ottenendo il 30,1% e il 36,8% dei consensi (nel secondo caso fu una vincita personale, Hindenburg aveva ottenuto la maggioranza). Ormai la situazione precipitava e aumentavano le pressioni di chi voleva Hitler al governo. Nel luglio 1932 vennero indette nuove elezioni, in cui la NSDAP divenne il primo partito. Hitler rifiutò la carica di vice cancelliere volendo i pieni poteri dell'esecutivo. Vennero indette nuove elezioni per novembre: i consensi per la NSDAP scesero, ma il partito conservò il ruolo di prima forza del Reichstag. Fu nominato cancelliere Kurt von Schleicher, ma un gruppo di imprenditori consegnarono al presidente un appello affinché il potere fosse consegnato a Hitler. Il 19 novembre Hindenburg nominò Hitler cancelliere del Reich. IL TERZO REICH 31 Con l'uso della violenza e l'approvazione di apposite leggi, in brevissimo tempo (primi mesi del '33) si costruì la dittatura. Hitler convinse Hindenburg a sciogliere il Reichstag e indurre nuove elezioni per il 5 marzo. Creò una polizia segreta di stato la GESTAPO e istituì i campi di concentramento per gli oppositori politici. Il primo fu costruito a Dachau. Vennero vietate le riunioni e chiusi oltre 150 giornali di opposizione. La settimana prima delle elezioni, la notte fra il 27 e il 28 febbraio venne incendiata la sede del Reichstag. I nazisti fecero ricadere la colpa sui comunisti, sostenendo che intendevano dare il via ad una rivolta. I dirigenti del Partito comunista, che fu messo fuori legge, furono arrestati. In risposta all'attentato, il 28 febbraio 1933 venne emanata l'ordinanza presidenziale che abrogava gli articoli della Costituzione di Weimar, legalizzando le limitazioni delle libertà e ripristinando la pena di morte per reati di alto tradimento, incendio doloso, sabotaggio e attentati. Alle elezioni del 5 marzo la NSDAP non ottenne la maggioranza assoluta. Nella prima riunione del nuovo Reichstag, dal quale erano stati estromessi i deputati comunisti, Hitler fece votare la legge per i pieni poteri. Il 7 aprile fu emanata la legge sulla riorganizzazione della burocrazia, con la quale furono allontanati tutti i funzionari non graditi dal governo o di stirpe non ariana. Gli ebrei furono esclusi dall'insegnamento e dal giornalismo. Un'altra legge prevedeva la sterilizzazione per chi era affetto da malattia ereditaria; in seguito, nei confronti dei “malati incurabili” (ampia libertà di scelta ai medici) fu emanata la direttiva per la loro eliminazione. Il 7 aprile furono dichiarati decaduti tutti i governi regionali. Furono sciolte le organizzazioni sindacali e il SPD venne messa fuori legge; i suoi membri passarono alla NSDAP. Tutti gli altri partiti si sciolsero e venne emanata una legge contro la formazione di nuovi. Il 12 novembre, sciolti tutti i partiti si svolsero nuove elezioni e la NSDAP ottenne il 92,2% dei voti. La conquista totale del potere fu completa nella seconda metà del 1934, quando Hitler pagò la piena fiducia dell'esercito con la testa del nazionalsocialismo più estremista, quello delle SA (Squadre d’Assalto). Le SA stavano diventando un altro centro di potere rispetto alle SS (“Squadre di salvaguardia”, sotto comando di Himmler). Le SA rivendicavano la funzione di nuove Forze armate del regime, ponendosi a contrasto con l'esercito. Nella notte del 30 giugno 1934 con il pretesto di un complotto finalizzato a rovesciare il Führer, le SA furono massacrate dalle SS, in quella che viene ricordata come “la notte dei lunghi coltelli”. Con la morte di Hindenburg ad agosto, Hitler cumulò su di sé le cariche di cancelliere e presidente, titolo che fu sostituito con quello di Führer. Un plebiscito ratificherà con l'89,9% dei consensi l'unione delle due cariche. Ecco che nasceva il Terzo Reich. (1933- 1945) Il passo successivo fu riorganizzare la struttura militare. Nel maggio 1935 Hitler costruì l'Armata popolare (=Wehrmacht) e ristabilì il servizio militare obbligatorio, completando la costruzione del regime nazista. ANTISEMISTISMO, RAZZISMO, DISCRIMINAZIONE Al centro dell'ideologia nazionalsocialista c'era il concetto di comunità popolare: solo chi vi apparteneva, per diritto di sangue (sangue tedesco) era cittadino dello Stato. Venivano esclusi tutti coloro che si opponevano, coloro che non avevano un comportamento adeguato, e tutti coloro che non vi appartenevano per nascita. Chi non vi apparteneva vennero discriminati, emarginati ed infine eliminati fisicamente. Il razzismo fu quindi anche uno strumento di controllo sociale. Ciascuno era indotto a controllare i comportamenti degli altri. Qualsiasi potenziale nemico del Reich veniva denunciato per non correre il rischio di essere a sua volta denunciati. I primi a essere estromessi, con la legge del 7 aprile 1933 furono gli ebrei. Con le leggi di Norimberga (15 settembre 1935), venne revocata la cittadinanza a tutti coloro che non appartenevano alla razza ariana. Vennero proibiti i matrimoni tra ebrei e cittadini di razza ariana. Non potevano votare o ricoprire un ruolo in un ufficio pubblico. Da questo momento sarà un crescere di divieti per gli ebrei. Nella “notte dei cristalli” furono incendiate sinagoghe, negozi e 30 mila ebrei rinchiusi nei campi di concentramento. Nei mesi successivi vennero esclusi dalla vita economica e sociale; venne proibito loro di frequentare la scuola, di guidare e apparire in pubblico. Con il decreto del 1941 gli ebrei furono costretti a indossare la stella ebraica per essere distinguibili. Il razzismo non fu rivolto solo verso gli ebrei, ma contro tutti coloro che non erano considerati alla pari ma inferiori. Quindi tutti coloro affetti da malattie mentali o ereditarie, gli omosessuali, le prostitute, gli zingari, tutte le popolazioni considerate inferiori (es slavi). I rom in particolare erano ritenuti degli “ibridi”, i risultati di un miscuglio di razze deteriorate. Dal 1934 si procedette alla sterilizzazione, dal 1940 vennero deportati nel campo di Auschwitz dove furono identificati con il triangolo nero. I rom divennero cavie per esperimenti del medico Joseph Mengel. Vennero perseguitati anche gli omosessuali, 32 In risposta alla crisi del ’29 il regime fascista avviò una politica di conquista coloniale per rafforzare il consenso della popolazione e il prestigio internazionale del paese. Nel corso degli anni Venti la politica coloniale fascista era consistita nel completamento della conquista della Libia. In Africa orientale l’obiettivo rimaneva annettere l’Etiopia, l’unico stato africano rimasto indipendente, con lo scopo di dare all’Italia il suo impero e la mai sopita onta della sconfitta di Adua del 1986. Mussolini aveva assunto un atteggiamento diffidente nei confronti della Germania e si era di conseguenza avvicinato alla Francia, con la quale siglò un accordo secondo il quale i due paesi avrebbero agito insieme per impedire alla Germania l’annessione dell’Austria. Mussolini ottenne “mano libera” per procedere alla conquista dell’Etiopia da parte della Francia, mentre non la ebbe dalla Gran Bretagna. In aprile si svolse a Stresa una conferenza anglo-franco-italiana in cui i tre paesi dichiararono di volersi opporre alla Germania nazista. Il futuro dell’Etiopia non fu nominato e così Mussolini prese il silenzio come pretesto per invadere l’Etiopia. Infatti, il 3 ottobre 1935 le truppe italiane, sotto la guida del maresciallo Badoglio invasero l’Etiopia e conquistarono la capitale Addis Abeba. Il 19 febbraio 1937 il maresciallo Rodolfo Graziani, viceré di Etiopia, fu gravemente ferito in un attentato e Mussolini rispose con una spietata rappresaglia nella quale furono rastrellati i quartieri più poveri della capitale e dati alle fiamme i tucul (capanne tipiche del luogo): il bilancio fu di circa 6 mila morti. Un altro massacro avvenne nel 1939, quando l’aviazione italiana individuò una carovana di anziani, donne e bambini che assicuravano assistenza ai partigiani etiopi all’interno di una grotta e quindi circondarono quest’ultima e lanciarono bombe a gas provocando la morte di quasi 1500 persone. L’Etiopia fu unita alla Somalia e all’Eritrea che andarono a costituìre l’Africa orientale italiana e il re Vittorio Emanuele III fu proclamato imperatore di Etiopia. Questo fu il periodo in cui il regime fascista raggiunge l’apice del consenso. L’impresa della conquista segnò una svolta importante nel contesto internazionale: - Portò al peggioramento dei rapporti con la Francia - La rottura con gli Stati che avevano adottato le sanzioni - Fece avvicinare l’Italia alla Germania Nel 1936 fu firmato un accordo (Asse Roma-Berlino), con il quale i due paesi si impegnavano a lottare contro il bolscevismo: l’Italia diede la sua disponibilità a riconoscere gli interessi tedeschi verso l’Austria e in cambio ebbe il riconoscimento dell’annessione dell’Etiopia. LA FASCISTIZZAZIONE E L’ACCELERAZIONE TOTALITARIA. LE LEGGI RAZZIALI. Nel corso degli anni 30, a seguito dell'alleanza con il regime nazista, la fascistizzazione fu ulteriormente incrementata. Il fascismo totalitario si mosse in 3 direzioni: 1. verso la definizione ideologica dello Stato totalitario; 2. verso l'ampliamento sistematico delle forme di organizzazione e mobilitazione delle masse; 3. verso la radicalizzazione del processo di concentrazione del potere nel fascismo. Nel 1933 fu stabilito dal governo che l'iscrizione al PNF era indispensabile per i concorsi statali, mentre dl 1937 divenne obbligatoria per gli impiegati pubblici. Tutte le organizzazioni esistenti furono poste alle dipendenze del partito o incorporate. L'obiettivo del fascismo era di creare uno stile e una mentalita fascista: veniva indicato agli italiani quale dovesse essere il loro comportamento (anche nella vita quotidiana). Queste disposizioni furono accompagnate dalle adunate e dalla mobilitazione delle masse in occasione di grandi eventi, pubblicizzate con una enorme propaganda. La radio e in cinema negli anni '30 furono molto più utilizzati e politicizzati. Al cinema venivano trasmessi i cinegiornali LUCE. Oltre alla propaganda un altro modo per controllare le masse era la censura: ai giornali venivano inviati degli ordini su quello che dovevano scrivere/tacere, e anche sul modo in cui farlo, cosi da esaltare alcune notizie o occultarne altre. Le organizzazioni culturali furono sottomesse ad un controllo governativo più rigido e molte furono soppresse. Il fascismo coinvolse anche la politica demografica: Mussolini sosteneva la necessita che lo Stato intervenisse a favore della crescita della popolazione. Fu avviata una politica a sostegno della natalità, con agevolazioni ed esenzioni fiscali per le famiglie, contrastando qualsiasi forma di controllo delle nascite, considerato un crimine contro “l'integrità della 35 stirpe”. La donna fu esaltata come “sposa e madre”. Il processo di “totalitarizzazione” dell'Italia subì una accelerata dopo l'avvicinamento con la Germania, a cominciare dall'introduzione della legislazione antiebraica. Non erano mancati casi di antisemitismo in Italia, ma soprattutto con l'avvio della campagna in Etiopia che si diffusero motivi razzisti contro la popolazione africana. La politica razziale antisemita fu preceduta dal Manifesto degli scienziati razzisti (1938), in cui vi si teorizzava l'esistenza delle razze umane, e che gli ebrei non appartenessero alla razza italiana. Alla fine del 1938 vennero approvate le leggi razziali. Gli ebrei furono esclusi dal servizio militare, dalle cariche pubbliche e da tutte le amministrazioni, furono limitati i loro diritti e vietati i matrimoni misti. Il conflitto tra il regime e la Chiesa che si era manifestato all'inizio degli anni '30 si accrebbe. Il papa Pio XI condanno l'antisemitismo. L’UNIONE SOVIETICA E IL “GRANDE TERRORE” Anche per l'Unione Sovietica l'ascesa al potere di Hitler determino cambiamenti significativi. Questi furono gli anni del “grande terrore”, durante i quali si realizzo il pieno accentramento del potere nella figura di Stalin. Quella di Stalin fu una dittatura feroce: il paese fu sottoposto ad un controllo totale e ad un inquadramento che comprendeva tutte le fasce della società. Come Mussolini, Stalin alimento il culto per la sua persona. Le organizzazioni del partito erano impegnate attraverso la propaganda e le manifestazioni di massa ad alimentare il suo mito; anche l'arte la letteratura e il cinema dovevano glorificarlo. Seguendo la sua dottrina del “socialismo in un paese solo”, finalizzata a rendere l'URSS una grande potenza, venne avviata l'industrializzazione a tappe forzate. Attraverso i piani quinquennali le risorse disponibili furono concentrate nell'industria pesante, che si sviluppo enormemente. La società sovietica subì una trasformazione e il paese divenne un moderno Stato industriale, anche se con grandi sacrifici per la popolazione. Sorsero nuove citta e le industrie vennero costruite in tutto il paese. Fu sviluppata una vasta rete ferroviaria per facilitare il trasporto delle materie prime. Vennero fatti progressi anche per l'analfabetismo e l'istruzione superiore. L'agricoltura fu riorganizzata: le aziende di piccole dimensioni vennero soppresse e riunite in grandi aziende agricole collettive e statali. Alla collettivizzazione della terra si opposero i contadini benestanti (kulaki), i quali diedero vita a numerose proteste. Contro di loro fu scatenata una durissima repressione, e alcuni di loro furono deportati nei campi di lavoro forzato (GULAG). Nel 1932 scoppio una terribile carestia che peggioro nuovamente la situazione. I risultati raggiunti dai piani quinquennali fecero crescere in tutto il mondo il prestigio del paese, negli stessi anni in cui gli Stati capitalistici subivano la crisi provocata dal crollo della borsa del 1929. l'Unione Sovietica non ne pativa le conseguenze, ma anzi subiva una crescita impetuosa. Il prezzo pagato per raggiungere queste mete fu molto alto. Alla crescita industriale non corrispose il miglioramento delle condizioni dei cittadini. Stalin, inoltre, attraverso il Partito comunista controllava ogni aspetto della vita pubblica o privata ed eliminava ogni manifestazione di dissenso. A seguito dell'assassinio di uno dei collaboratori di Stalin (Sergej Kirov), ci fu l'instaurazione piena dello stalinismo e la fase più acuta del terrore. E possibile che sia stato lo stesso Stalin a commissionare l'omicidio. Comincio il “periodo delle grandi purghe”, durante il quale migliaia di cittadini furono arrestati, costretti a confessare colpe inesistenti, uccisi o inviati nei gulag. Dal 1937 le esecuzioni divennero di massa. I gulag erano stati istituiti da Lenin nel 1919, ma Stalin li rese il principale strumento di repressione. Alla base del gulag vi era la necessita di tenere vivo il terrore politico e usufruire della manodopera dei prigionieri. La presa del potere di Hitler e il suo tentativo di putsh nazista in Austria, provocarono grande preoccupazione per l'Unione Sovietica. L'URSS si riavvicinò alle democrazie occidentali e nel 1934 entro nella SDN, stringendo un patto di assistenza con la Francia e con la Cecoslovacchia. I FRONTI POPOLARI IN FRANCIA E IN SPAGNA In Francia gli effetti della crisi furono meno gravi che in altre nazioni, ma ebbero durata più lunga a causa di una ricaduta, a cui fece seguito l'aumento della disoccupazione e l'abbassamento dei salari. I governi non furono in grado di contrastare il malessere del ceto medio e di porre fine agli scandali che travagliavano il paese, con la conseguenza di 36 frequenti crisi politiche e cambi dell'esecutivo. Anche qui si rafforzarono movimenti di destra, sull'esempio del fascismo e del nazionalsocialismo. Nel febbraio 1934 la destra filofascista tento di assaltare il parlamento ma fu bloccata. L'episodio mostro come la minaccia fascista fosse un pericolo reale anche nella Francia democratica. Uno sciopero paralizzo il paese e i due partiti di sinistra, PCF (Partito Comunista Francese) e SFIO (Soluzione Francese dell'Internazionale Operaia) marciarono insieme e firmarono un Patto di unità d'azione (1934). Anche negli altri paesi vi furono alleanze elettorali delle sinistre. Il Fronte popolare si affermò sulla destra alle elezioni del giugno 1936, il cui governo fu presieduto da Leon Blum. Il Fronte popolare aveva un carattere fortemente antifascista, e sciolse tutte le formazioni paramilitari di destra. Attuò accordi con i sindacati che introdussero importanti provvedimenti a favore dei lavoratori. Contro queste iniziative però cominciarono a crescere le reazioni della classe imprenditoriale. Il governo Blum perse ulteriori consensi dovette procedere alla svalutazione del franco (1936); il provvedimento non ebbe effetti positivi sulla ripresa economica e acuì il logoramento della situazione politica. Nel 1938 i radicali presero il potere con Daladier. La Spagna, dopo la dittatura di Primo de Rivera, visse bruschi stravolgimenti politici. Dapprima ci fu la vittoria elettorale dei repubblicani e delle sinistre, che porto alla proclamazione della Repubblica e dell'abbandono del paese da parte del re Alfonso XIII (1931). Nacque un governo di coalizione, presieduto da Manuel Azana, che promosse una politica di laicizzazione dello Stato. Due anni dopo, vinse un blocco di centro-destra, che smantello tutte le riforme del precedente governo. Alle elezioni del febbraio 1936 si affermò la coalizione del Fronte popolare a cui avevano aderito anche gli anarchici. Fu costituìto un governo composto da soli repubblicani e Azana venne eletto presidente della Repubblica. LA GUERRA CIVILE SPAGNOLA (1936-1939) Dopo la vittoria del Fronte popolare, in Spagna non cessarono le difficolta e le tensioni. La destra si rifiutava di accettare l'esito elettorale e il movimento della Falange organizzava omicidi e attentati. L'uccisione del leader dell'opposizione parlamentare, Josè Calvo Sotelo (1936) compiùta in risposta all'assassinio di un militante socialista fu determinante perché le forze politiche della destra di organizzarono per abbattere la Repubblica. Il generale Francisco Franco prese il comando dell'armata d'Africa in Marocco. Per trasportare l'esercito dall'Africa alla Spagna, il generale Franco chiese aiuto a Mussolini e Hitler. L'operazione consolido l'autorità di Franco e segno l'inizio degli aiuti dei due regimi fascisti. La Germania invio aerei e mezzi, mentre l'Italia armi e specialisti militari. Il tutto fu sostenuto da una campagna propagandistica che metteva in evidenza come l'impegno militare fosse finalizzato a fermare il bolscevismo in Europa. Da quel momento l'esito della guerra cambio a favore degli insorti. Gli insorti furono appoggiati dalle gerarchie ecclesiastiche che contavano sulla ripresa del ruolo avuto dalla Chiesa prima del 1931. Si inizio a diffondere il mito della reconquista, in analogia con la riconquista avvenuta nel XI secolo dei territori assoggettati ai musulmani. L'Unione Sovietica fu la sola a intervenire in difesa della Repubblica spagnola. La Gran Bretagna e la Francia si astennero, nel timore che il conflitto si allargasse e ritenendo più pericolosa l'affermazione del comunismo. Il nuovo governo spagnolo nel 1936 con a capo il socialista Francisco Largo Caballero, trasformo le milizie repubblicane in un esercito costruendo 21 brigate. Saranno proprio le Brigate Internazionali a respingere l'offensiva tentata da Franco su Madrid nel novembre 1936. Nella Spagna repubblicana fu avviato un processo rivoluzionario: furono istituiti comitati operai, le industrie e le campagne vennero collettivizzate, mentre le compagnie ferroviarie, telefoniche, ecc vennero amministrate collettivamente. Tra le forze del Fronte popolare si accesero polemiche in merito al fatto se la rivoluzione proletaria dovesse continuare. Anche in Spagna si ripercossero gli effetti del terrore di Stalin. A guerra continuava con violenze su entrambi i fronti. L'avanzata delle truppe franchiste seppur lentamente prosegui. Dopo aver spezzato in due il paese, le truppe guidate da Franco entrarono a Barcellona (gennaio 1939) dove era la sede del governo della Repubblica. Nello stesso momento Francia e Gran Bretagna riconobbero Franco come il governo legittimo. Il generale emano la legge sulle responsabilità politiche, con la quale furono perseguitati tutti coloro che avevano militato nei partiti di sinistra. Già dal 1937 Franco aveva promosso la Falange come unica organizzazione politica. Nel marzo 1939 anche Madrid cadde nelle mani delle sue truppe: iniziava in Spagna la dittatura di Francisco Franco che sarebbe durata fino al 1975. 37 - Il sud, formalmente libero, ma asservito al Terzo Reich, con capitale a Vichy, presieduto da Pétain che istituì un regime autoritario. Al maresciallo Pétain si oppose il generale Charles De Gaulle, che non accettò l’armistizio ritenendolo un tradimento. Condannato a morte, De Gaulle si rifugiò a Londra, dove il 18 giugno lanciò, tramite Radio Londra, un appello alla resistenza invitando i soldati e gli ufficiali francesi che si trovavano nel territorio britannico a unirsi a lui: fu il primo segnale di lotta contro la Germania nazista. Buona parte dell’Europa era sotto il controllo tedesco, a eccezione dell’Inghilterra, verso la quale Hitler rivolse proposte di pace. Nel paese il governo era affidato a Winston Churchill, che non aveva condiviso la debole politica estera di Chamberlain ed era stato sostenitore della necessità di contrastare Hitler con la forza. Churchill diede vita a una coalizione composta da conservatori e laburisti e si rifiutò di accettare le proposte di Hitler. Ai primi di settembre 1940 Londra fu bombardata per quasi due mesi dall’armata tedesca, che però subì numerose perdite grazie alla nuova invenzione del radar, da parte degli inglesi. Nella Seconda guerra mondiale un ruolo centrale fu svolto dall’aviazione, sia per i bombardamenti, sia per il trasporto di truppe. La guerra non si svolgeva come la prima solo sui campi di battaglia, ma anche nei cieli e colpiva tutti. Negli USA, Roosevelt, deciso avversario del nazismo dichiarò che gli Stati Uniti sarebbero divenuti “il grande arsenale della democrazia”. Inoltre, l’anno successivo, fece votare una legge con cui si concedeva alla Gran Bretagna un credito illimitato. L’ITALIA IN GUERRA Di fronte al crollo della Francia, Mussolini aveva deciso di entrare in guerra per realizzare i propri obiettivi territoriali a Nizza, Corsica, Tunisia e Malta, ai fini di estendere la sfera di influenza italiana nella penisola balcanica e in Africa. Il 10 giugno quindi dichiaro guerra alla Francia e alla Gran Bretagna. Gli scontri al confine con la Francia furono di scarsa entità e non ebbe dall'armistizio nessuno dei territori rivendicati. Nel settembre 1940 venne firmato il Patto Tripartito che rafforzava l'alleanza tra Germania, Italia e Giappone. Il patto prevedeva una spartizione mondiale alla fine della guerra, secondo l'ideologia del nazionalsocialismo della costruzione di un “Nuovo ordine”. Alla Germania e all'Italia sarebbe spettato il dominio dell'Europa e al Giappone quello dell'Asia orientale. Vi aderirono anche i paesi sottomessi o affini alla Germania, tra cui la Jugoslavia. Per affermare la propria presenza nei Balcani, Italia mosse attacco alla Grecia nell'ottobre. I greci respinsero l'avanzata e rigettarono l'esercito italiano in Albania, mentre gli inglesi colpivano la flotta nel Golfo di Taranto. La situazione si risolse solo con l'intervento dell'esercito tedesco. In Jugoslavia, dopo l'adesione al Patto Tripartito, si era scatenata la reazione delle Forze armate. Con un colpo di stato venne destituito il re, costretto all'esilio e venne proclamata la neutralità del paese. Di conseguenza venne invasa dai tedeschi (aprile 1941). la Jugoslavia venne smembrata e sottoposta ad un durissimo regime di occupazione tedesca e italiana. Comincio ad organizzarsi la resistenza agli invasori, un gruppo capitanato dai serbi e un altro guidato dal maresciallo Tito (leader dei comunisti). Le divergenze tra i due gruppi scoppiarono in una guerra civile e i serbi iniziarono a collaborare con l'occupante tedesco. L'esercito tedesco dalla Jugoslavia scese verso la Grecia. Anche sul fronte nord-africano gli italiani dopo un’avanzata in Egitto furono fermati dagli inglesi. L'esercito tedesco fu nuovamente costretto ad intervenire a sostegno dell'esercito italiano. Nell'Africa orientale italiana, gli inglesi muovendosi dalle loro basi del Sudan e del Kenya, penetrarono nei territori costringendo senza difficolta alla resa l'esercito. Nel maggio 1941 gli inglesi giunsero ad Addis Abeba e l'Impero d'Etiopia italiano cesso di esistere. L’INVASIONE DELL’UNIONE SOVIETICA (1941), OCCUPAZIONE E GERMANIZZAZIONE Le sorti della guerra sembravano segnate ma cominciarono a mutare quando Hitler con l'operazione Barbarossa si volse contro l'Unione Sovietica. Il 22 giugno 1941 ebbe inizio l'invasione, in cui fu coinvolta anche l'Italia. L'operazione sarebbe dovuta iniziare prima ma fu ritardata per via dell'intervento in Grecia, e quindi i tedeschi ebbero meno mesi a disposizione per avanzare prima dell'arrivo dell'inverno russo. Stalin incito la popolazione ad organizzare la resistenza nei territori occupati e a combattere. L'esercito sovietico si presentava tuttavia impreparato e subi numerose perdite. Nell'estate 1941 i tedeschi arrivarono a minacciare Leningrado e Mosca, ma l'esercito sovietico avvio finalmente una controffensiva sfruttando le difficolta logistiche incontrate dal nemico per l'arrivo dell'inverno. Intanto erano giunti gli aiuti militari britannici, e gli USA avevano fornito dei prestiti. L'esercito tedesco fu caratterizzato da una inaudita violenza, ma venne inizialmente accolto come un liberatore da alcuni strati della popolazione. Sistematico lo sterminio 40 della popolazione ebraica. Tuttavia, proprio per la brutalità tedesca la popolazione russa gli divenne ostile. Si organizzarono bande artigiane, che sabotavano le linee di rifornimento tedesche. Il Nuovo Ordine si basava sulla convinzione della superiorità del popolo tedesco e dell'inferiorità razziale delle altre popolazioni, in primo luogo ebrei e slavi. La Russia veniva considerata il granaio del Terzo Reich. I paesi occupati venivano privati di qualsiasi organizzazione di Stato e mantenuti un livello culturale il più basso possibile. Lo scopo dell'occupazione, oltre al dominio militare e lo sfruttamento di risorse materiali e umane, ma anche la germanizzazione dei territori, respingendo sempre più a est le popolazioni o sopprimendole; da qui la necessita del genocidio. Gli oppositori, gli ebrei, le razze inferiori dovevano essere eliminati. A questo fine fu istituito il sistema dei campi di concentramento = lager. Inizialmente i campi di concentramento erano destinati a tenere reclusi tutti gli oppositori e coloro che erano ritenuti estranei. In seguito, furono utilizzati per lo sfruttamento della forza lavoro dei prigionieri. A partire dal 1942 sul territorio polacco vennero costruiti i campi di sterminio il cui scopo era di attuare la “soluzione finale”, cioè l'eliminazione fisica di tutti gli ebrei. LA SHOA Gli ebrei venivano deportati nei campi di concentramento in Germania e in Polonia. In una prima fase si era stabilito di rinchiuderli nei ghetti. Successivamente fu decisa la loro eliminazione fisica. Nel gennaio 1942 si tenne una conferenza in cui fu elaborato il piano di sterminio e fu stilata una mappa degli ebrei, censiti in tutta Europa, che dovevano essere eliminati. Nei campi di sterminio venivano condotti esperimenti medici e violenze fini ad annullare la dignità della persona. Il metodo più rapido per l'eliminazione ideato fu di rinchiuderli in camere a gas e poi distruggere i loro corpi nei forni crematori. Primo Levi spiega la differenza tra lager tedeschi e gulag sovietici: i primi erano finalizzati allo sterminio, la morte era il loro obiettivo, mentre nei secondi, seppure avvenisse, la morte dei prigionieri non era il fine ultimo. L’ATTACCO DEL GIAPPONE E L’ENTARTA IN GUERRA DEGLI STATI UNITI (1941) Il 14 agosto 1941 Roosevelt e Churchill firmarono il documento della Carta Atlantica. Venivano ripresi i 14 punti di Wilson, e GB e USA dichiaravano di non aspirare per i propri paesi ad ingrandimenti territoriali e di desiderare di restituire i diritti di autogoverno ai paesi che ne sono stati privati con la forza. Si impegnavano a garantire la libertà di commercio tra tutti i paesi ed aspiravano alla loro piena collaborazione in campo economico. Dal documento nacque la Dichiarazione delle Nazioni unite (gennaio 1942) firmata da 26 paesi, guidata da USA, GB, URSS e Cina. Era un'alleanza militare ma anche politica ed ideologica contro il nazifascismo. La Dichiarazione delle Nazioni Unite costituì il nucleo originario dell'Organizzazione delle Nazioni Unite (1945). L'espansione del Giappone non si arrestava. Dopo l'aggressione alla Cina era stata avviata l'occupazione dell'Indocina francese, causando un inasprimento dei rapporti con gli USA, che cominciarono a fornire prestiti alla Cina. Il 7 dicembre 1941 il Giappone attacco la flotta statunitense nella base di Pearl Harbor nelle Hawaii. Contemporaneamente fu bombardata la flotta britannica nel Golfo del Siam. L'11 dicembre Germania e Italia dichiararono guerra agli USA, mentre GB e Commonwealth la dichiararono al Giappone. L'Unione sovietica gli dichiarò guerra solo alla fine, nell'agosto 1945, perché aveva siglato nel 1941 un patto di non belligeranza. LA SVOLTA DEL 1942-43. STALINGRADO Dopo essere giunti a minacciare l'India e l'Australia, i giapponesi furono fermati nella primavera 1924 dall'iniziativa americana. Ma la svolta si determinò sul fronte sovietico. Qua i tedeschi avevano ripreso l'offensiva verso il Caucaso e verso Stalingrado, dove si trovavano i più grandi centri industriali dell'URSS. Stalingrado fu attaccata nel settembre 1942, ma la città resistette, difesa dall'Armata rossa e dagli operai. Stalin decise di lanciare una controffensiva da nord, che chiuse l'esercito in trappola. Il 31 gennaio 1943 l'esercito tedesco, pur disobbedendo al Fuhrer si arrese. Anche verso il Caucaso le truppe cominciarono la ritirata. Nella disfatta di Stalingrado fu coinvolta anche l'Armata italiana in Russia (ARMIR). Nell'estate 1942, Hitler decise di sferrare una nuova offensiva avanzando verso l'Egitto. L'attacco venne fermato dagli inglesi. Gli americani sbarcarono in Marocco e in Algeria, e l'anno successivo conquistarono la Tunisia, mentre gli inglesi la Libia. Le truppe dell'asse furono costrette alla resa il 15 maggio 1943. Dalla Tunisia parti l'attacco all'Italia. Il 10 luglio 1943 le truppe anglo-americane, capitanate dal generale Montgomery sbarcarono in Sicilia. 41 LA CADUTA DEL FASCISMO IN ITALIA E L’ARMISTIZIO Di fronte alle sconfitte in Italia maturo un progressivo distacco dal regime da parte della popolazione, ma anche tra i gerarchi fascisti. Si andò disgregando il consenso alle istituzioni che avevano consentito a Mussolini di prendere il potere e quindi Chiesa, monarchia e gli industriali. Il papa Pio XII aveva mantenuto un atteggiamento di riserbo, non condannando i crimini del nazismo. Intanto si erano riorganizzati i partiti antifascisti, ed erano nati nuovi partiti, come per esempio la Democrazia Cristiana (DC) 1943, in cui vi erano esponenti del PPI, tra cui Alcide De Gasperi. Vi erano anche partiti laici come Giustizia e libertà ed il Partito d'Azione. Vi furono molti gruppi, soprattutto di giovani, sorti spontaneamente, ad opporsi al fascismo. Intanto sul fronte fascista, dopo lo sbarco anglo-americano in Sicilia, l'azione per allontanare Mussolini comincio a farsi pressante. Nel luglio del 1943 Roma venne bombardata. Successivamente venne convocato il Gran consiglio e fu presentato un ordine che toglieva la fiducia a Mussolini. Nel documento si chiedeva che Vittorio Emanuele III ripristinasse la legalita costituzionale e che Mussolini si dimettesse. L'ordine venne approvato e Mussolini venne arrestato. Il Re nominò capo del governo il maresciallo Pietro Badoglio. Vennero sciolti tutti gli organismi fascisti (Gran Consiglio, Tribunale speciale). I partiti antifascisti si riunirono nel Comitato nazionale delle opposizioni. Intanto le truppe tedesche cominciarono a dilagare in tutta la penisola. Il 3 settembre 1943 fu firmato l'armistizio con gli alleati, che venne reso noto solo l'8 settembre. I tedeschi a questo punto procedettero all'occupazione del centro-nord e una parte del sud. Il re e il governo fuggirono a Brindisi, già liberata. Le istituzioni e le organizzazioni vennero lasciate a se stesse. I soldati italiani furono fatti prigionieri dai tedeschi, e tutti coloro che non vollero combattere a fianco della Germania vennero deportati. IL REGNO DEL SUD, LA REUBBLICA DI SALO’, LA RESISTENZA L'Italia era un paese sconfitto e spaccato in due: non divenne alleato degli anglo-americani ma Stato cobelligerante: il 3 ottobre dichiarò guerra alla Germania. Di fronte alla fuga del re e del governo, le uniche indicazioni alla popolazione vennero dai partiti antifascisti. Il Comitato nazionale delle opposizioni si costituì in Comitato di liberazione nazionale (CNL). Dopo il CLN centrale insediato a Roma, cominciarono a sorgerne in molte citta, mentre si organizzavano i primi gruppi partigiani. Il 12 settembre un gruppo di tedeschi liberò Mussolini dalla prigione e lo trasferi al quartiere generale di Hitler. Da Monaco Mussolini annuncio la costituzione del Partito fascista repubblicano (PFR) e la nascita nelle regioni occupate dai tedeschi della Repubblica Sociale Italiana (RSI), con sede a Salò. Nel Mezzogiorno venne costituìto il Regno del Sud e il Corpo italiano di liberazione, ma la situazione politica era bloccata e i partiti rimanevano divisi; comunisti, socialisti e azionisti chiedevano che il re abdicasse. Palmiro Togliatti, segretario del PCI, dopo essere tornato in Italia dopo 18 anni di esilio, con la “svolta di Salerno”, individuo come obiettivo primario la sconfitta del nazifascismo e propose la collaborazione tra le forze politiche, rinviando la scelta tra monarchia e repubblica a dopo la fine della guerra. Gli anglo-americani, dopo un nuovo sbarco sulle coste laziali risalirono lentamente la penisola fino a liberare la capitale il 4 giugno 1944. A Roma fu formato un nuovo governo composto dai partiti del CLN e presieduto da Ivanoe Bonomi. Vittorio Emanuele lascio la luogotenenza al figlio Umberto. Bonomi nel 1945 emana una legge che dava il voto alle donne. Dopo Roma fu liberata la Toscana. Il fronte si fermo nuovamente e i tedeschi si assestarono sulla linea gotica, lungo l'Appennino tosco-emiliano. Al centro-nord e il CNL ad assumere la direzione della lotta armata nell'Italia occupata, con la denominazione di Comitato di liberazione nazionale Alta Italia (CLNAI). Erano nate diverse formazioni partigiane, alcune legate al PCI altre formate da militanti del Partito d'Azione. Le brigate partigiane rifugiate sulle montagne organizzarono azioni di sabotaggio e lotta contro i nazisti e i fascisti di Salo. In alcune zone liberate nacquero alcune Repubbliche partigiane, con forme di governo autonomo. Sul piano militare, le diverse formazioni partigiane costituìrono il Corpo dei volontari della libertà, sotto il comando del generale Raffaele Cadorna, dell'azionista Ferruccio Parri del comunista Luigi Longo. Dopo la liberazione di Roma, le violenze sui civili da parte dei tedeschi si intensificarono, soprattutto a ridosso della linea gotica. Le stragi raggiunsero il culmine fra agosto e ottobre 1944. contro le barbarie del nazifascismo insorsero anche i singoli cittadini. La Resistenza ha svolto un ruolo di grande rilevanza per l'Italia, permettendole di uscire a testa alta da 20 anni di dittatura. Nella RSI la ricostruzione di un esercito regolare fu affidata a Rodolfo Graziani. A fianco delle truppe combatterono anche bande irregolari che risultarono estremamente indisciplinate e violente. La nuova milizia, nata con il nome di Guardia Nazionale Repubblicana (GNR) nel 1944, fu difficilmente riorganizzabile. Il difficile riassetto militare non 42 risposta sovietica alla politica americana e al Piano Marshall. Il pericolo di una nuova guerra mondiale era divenuto attuale e il compito di tutti i partiti comunisti doveva essere quello di lottare contro le aspirazioni degli USA al dominio mondiale. L'Unione Sovietica accentuo il controllo politico e la sovietizzazone dei paesi che appartenevano alla sua sfera di influenza. I partiti comunisti, guidati e sostenuti dall'URSS, vi presero il potere ed eliminarono le altre forze politiche e costituìrono quelle che furono chiamate “Repubbliche popolari”, del tutto sottomesse all'Unione Sovietica. Per quanto riguardava la Germania dell'Est, comunisti e socialdemocratici si erano fusi nel Partito Socialista unificato tedesco (SED). In Jugoslavia la Lega dei comunisti possedeva un'autonomia maggiore dall'URSS per il prestigio conquistato da Tito e dai partigiani Jugoslavi. La costituzione diede carattere federativo al paese, ma il sistema politico assunse una forma centralizzata e autoritaria. La Jugoslavia inoltre voleva svolgere la funzione di potenza regionale e a questo fine avvio un progetto di confederazione con la Bulgaria e l'Albania, alla quale Stalin si oppose, fino ad espellere la Jugoslavia dal Cominform. Rimasto isolato, Tito intraprese una strada indipendenza e di avvicinamento ai paesi occidentali, con i quali strinse accordi commerciali, ottenendo anche aiuti economici e militari. Intanto l'Unione Sovietica consolido anche economicamente i rapporti con i paesi dell'Europa orientale, con la costituzione del Comitato di mutua assistenza economica (COMECON). I legami con questi paesi furono ulteriormente rafforzati quando l'URSS diede vita ad un'alleanza militare che assunse il nome di Patto di Varsavia (1955). In quegli anni una parte dell'opinione pubblica vedeva l'Unione Sovietica come la nazione che aveva fermato Hitler e il nazismo. L'URSS era anche considerata la patria del socialismo, dove si stava costruendo una societa migliore nella quale i cittadini sarebbero stati uguali. L'Unione Sovietica si stava mostrando come una grande potenza. Era diventata la seconda potenza industriale del mondo e anche dal punto di vista militare non era inferiore agli USA (vi era stata anche qui la costruzione della bomba atomica). La crescita delle industrie e il dissesto delle campagne provocarono un ulteriore spostamento della popolazione nelle città e una crescita del ceto operaio. La chiusura del paese dietro la “cortina di ferro” riguardo anche la cultura, respingendo tutto ciò che veniva dall'occidente. Continuo l'opera di repressione e di epurazione nei gulag. LA RIVOLUZIONE CINESE E LA NASCITA DELLA REPUBBLICA POPOLARE (1949) Durante la guerra contro il Giappone la Cina era rimasta divisa in 3 parti: • le regioni orientali affacciate sul Pacifico erano occupate dai giapponesi, • la zona dove Mao aveva costituito una Repubblica autonoma era sostenuta dai contadini divenuti proprietari delle terre in seguito ad una riforma agraria, • il resto del paese era controllato dal governo nazionalista. Dopo il loro ingresso nel conflitto, gli americani sostennero la Cina nazionalista con aiuti economici e militari, ma il ruolo principale nella cacciata dei giapponesi fu svolto dai comunisti. Falliti i tentativi per arrivare ad un accordo fra nazionalisti e comunisti i contrasti esplosero nuovamente degenerando nel 1946 in una guerra civile. I successi che i comunisti ottennero non furono esclusivamente di carattere militare, ma furono determinati dal crescere del consenso nei loro confronti. L'Armata rossa di Mao riuscì a sovrastare le truppe nazionaliste e nel 1949 Mao proclamo a Pechino la nascita della Repubblica popolare cinese di cui divenne il primo presidente. Il nuovo stato non fu riconosciuto dagli USA che riuscirono anche a impedire che gli venisse assegnato il posto di membro permanente del Consiglio di sicurezza dell'ONU, a cui potrà prendere parte solo nel 1971. La Cina fu inizialmente sostenuta dall'Unione Sovietica. Il paese era prevalentemente agricolo e arretrato. Venne attuata la forma agraria attraverso la redistribuzione delle terre. Furono provvedimenti insufficienti. I proprietari terrieri che vi si opposero furono uccisi o deportati nei “campi di lavoro e di rieducazione (laogai). Nel 1953 con l'assistenza dei sovietici, fu avviato il primo piano quinquennale, che porto ad una rapida crescita della produzione dell'energia elettrica, del petrolio, dell'acciaio, delle industrie meccaniche, chimiche e dei trasporti. La produzione industriale aumento del 128%. Al termine del piano quinquennale Mao lancio la mobilitazione della mano d'opera per la costruzione di macchine e mezzi tecnici. Il programma fu imperniato sulla creazione delle comuni popolari, cellule base della società a cui spettava il compito di organizzare l'attività agricola e gettare le basi per una industrializzazione capillare. Questo progetto non diede i risultati sperati. LA “CACCIA ALLE STREGHE” NEGLI USA E LA GUERRA DI COREA (1950-1953) 45 Negli anni dopo la guerra gli USA furono caratterizzati da una sempre maggiore crescita economica e dall'aumento della popolazione. Si verificarono l'espansione dell'industria e lo sviluppo dei servizi, e contemporaneamente un significativo spostamento della popolazione dalle aree urbane industriali verso ovest. Si accentarono fenomeni di razzismo che portarono a disordini in diverse città. La civiltà dei consumi di massa si era ormai pienamente affermata in tutto il paese. Nel 1950 fu introdotta la prima carta di credito. Tuttavia, vi erano profonde disuguaglianze sociali e vi erano ampi settori della popolazione, soprattutto di colore, che vivevano nella povertà. Fu ripristinata la Commissione di indagine della Camera dei deputati sulle attiviàa americane, la quale aveva approvato una legge che permetteva di perseguire chiunque facesse professione di idee comuniste. Nel 1947 la commissione intensifico quella che prese il nome di “caccia alle streghe”, avviando un'inchiesta con l'appoggio degli studi cinematografici e di attori, registi produttori che testimoniarono su presunte attività comuniste e che denunciarono i propri colleghi. Nell'ambito della lotta al comunismo a livello internazionale nel 1947 fu costituìta la Central Intelligence Agency (CIA), finalizzata a dirigere i servizi segreti americani contro l'espansione comunista. All'indomani della vittoria dei comunisti in Cina e della notizia del possesso di armi nucleari da parte dell'URSS, gli USA si sentirono ancora più in allarme. La tensione tra i due blocchi espose in Corea. La Corea era un possesso giapponese dal 1910, ed era stata occupata nella parte meridionale dagli americani e in quella settentrionale dai sovietici. Il paese era stato diviso in due aree di influenza, che nel 1948 divennero due Stati: 1. Al sud la Repubblica Democratica (filoamericana); 2. Al nord la Repubblica Popolare, (filosovietica). Ciascuno dei due Stati, tuttavia, rivendicava l'intera penisola. Con quell'obiettivo i nord-coreani invasero il sud nel 1950. Il Conflitto fini per coinvolgere direttamente le nazioni che si fronteggiavano a livello internazionale. Il Consiglio di sicurezza dell'ONU condanno la Corea del Nord e approvo la formazione di un contingente internazionale per respingerne l'aggressione. Il contingente era composto solo da truppe americane che respinsero i nord-coreani conquistando tutta la penisola e arrivando al confine della Cina. A questo punto la Cina le proprie truppe, costringendo gli americani alla ritirata. L'opinione pubblica era favorevole ad un bombardamento, ma non il presidente Truman. Il clima era divenuto favorevole ad una lotta contro i comunisti, fomentato dalla denuncia del repubblicano Joseph McCarthy della presenza di un presunto complotto comunista all'interno del Dipartimento di Stato. McCarty svolse un ampio lavoro investigativo e persecutorio, appoggiato da Richard Nixon. Per alcuni anni le libertà di parola e di opinione negli USA furono seriamente limitate e a soccombere furono i comunisti, i riformisti e il Partito democratico. Alle elezioni del 1952 i repubblicani proposero il generale David Eisenhower, che era stato comandante delle truppe NATO. Eisenhower promise di mettere fine alla Guerra di Corea e vinse le elezioni. L'armistizio con la Corea fu firmato l'anno successivo e ripristinando la situazione precedente alla guerra. La Corea rimase divisa al 38°esimo parallelo. Eisenhower non rallento l'anticomunismo sul piano internazionale elaborando la dottrina del “roll back”, ovvero della riconquista delle posizioni perdute nei confronti dell'Unione Sovietica. Eisenhower venne rieletto nel 1956, e dal punto di vista della sua politica interna, il suo governo esercito un controllo ridotto sull'economia, aumento il ruolo assistenziale dello stato e delle competenze dei singoli stati, ma soprattutto dovette scontrarsi con il problema del razzismo e dei diritti civili. In alcuni Stati vigeva la segregazione razziale nelle scuole e nei mezzi pubblici. Nel 1955 a Montgomery una donna di colore, Rosa Parks, fu arrestata e processata perchè su un autobus si era seduta in un posto riservato ai bianchi. Nacque allora il movimento per i diritti civili, di cui fu leader Martin Luther King, la cui protesta pacifica si svilupperà nel corso del decennio successivo. LE RIVOLTE NEI PAESI DELL'EUROPA ORIENTALE E L'INVASIONE SOVIETICA DELL'UNGHERIA (1956) In Polonia, la protesta contro i sovietici inizio nel 1956 con uno sciopero operaio che si trasformò in una aperta insurrezione, subito repressa. Fu il segnale dello stato di disagio della classe lavoratrice, molto più grave in un paese socialista che avrebbe dovuto garantire proprio i lavoratori e gli operai. Venne avviata una politica che aveva l'obiettivo di ridurre il controllo sovietico sull'esercito polacco, smantellare la collettivizzazione agraria, e riconoscere le organizzazioni ecclesiastiche. In Ungheria, gia dopo la morte di Stalin, c'era stato un tentativo di liberalizzazione, che tuttavia venne stroncato da Rakosi, segretario del POU (Partito Operaio Ungherese). Nacquero associazioni che manifestavano il proprio dissenso. 46 Con il crescere delle tensioni nell'estate 1956 Rakosi fu costretto a ritirarsi e in ottobre nel paese scoppio la rivolta. In tutto il paese furono organizzate manifestazioni, durante le quali furono distrutte le statue di Lenin e Stalin. I durissimi scontri fra gli insorti e la polizia richiesero l'intervento delle truppe sovietiche. La ribellione si estese e venne proclamato lo sciopero generale nelle fabbriche e nei luoghi di lavoro. Si chiedeva che le relazioni con l'Unione Sovietica fossero stabilite sulla base dell'uguaglianza e che le truppe sovietiche lasciassero il paese, e venivano reclamate le libertà civili, politiche e sociali. A fine ottobre le truppe sovietiche si ritirarono. L'Ungheria usci dal Patto di Varsavia, scatenando la reazione dei sovietici. L'Armata rossa invase il paese e attacco Budapest, incontrando molta resistenza ma alla fine prevalse. In seguito alla crisi ungherese anche il programma di riforme introdotto in Polonia fu in ampia parte ridotto. CAPITOLO XIII – L’ITALIA NELLA GUERRA FREDDA: DALLA RICOSTRUZIONE AL CENTRISMO L’ITALIA NELLA GUERRA FREDDA L'Italia dopo la guerra si trovava in condizioni di grande disagio profondamente segnata dalla distruzione e dalla spaccatura fra sud e centro nord. Eppure, il paese manifestava la volontà di ricominciare e la riconquistata libertà si esprimeva con la nascita di associazioni, quotidiani, riviste. Man mano che l'Italia veniva liberata era stata ripristinata la libertà di stampa e abolito il visto preventivo. Nel 1944 fu istituita la Radio Audizioni Italia (RAI). Il prezzo pagato per la guerra era altissimo, sia in termini di vite umane che danni materiali. Erano state danneggiate anche le reti dei trasporti. Dal punto di vista economico vi era stato un drastico crollo della produzione industriale e di quella agricola. La popolazione non disponeva di un'alimentazione adeguata e fu necessario supplire con importazioni dall'estero, possibili grazie agli aiuti degli USA. Le condizioni della vita erano difficili anche a causa dell'aumento dell'inflazione e del costo della vita. In questo contesto le tensioni politiche crebbero. Dopo la liberazione di Roma era stato emanato un decreto per le sanzioni contro il fascismo al fine di epurare quanti avevano avuto responsabilità. La situazione era molto delicata e non si risolse. Nel giugno 1946 fu emanato un provvedimento di amnistia generale che scarcero quasi tutti i fascisti che erano sotto processo. Un altro motivo di tensione fu dato dal problema dello scioglimento delle formazioni partigiane, a cui avevano proceduto nel 1945 le autorità alleate con la collaborazione del CLNAI. Alla smobilitazione non segui il completo disarmo dei partigiani. Nei mesi successivi i partigiani rimontarono nell'intento di riprendere la battaglia. La mancata punizione degli esponenti del regime provoco in diversi casi forme di vendetta e giustizia personale. Anche in Francia vi furono dopo la liberazione tensioni politiche ed episodi di vendetta nei confronti di coloro che avevano collaborato coi tedeschi. Una zona gravemente segnata dalla violenza e dalla ferocia fu quella del confine orientale, con le esecuzioni da parte dei partigiani comunisti sloveni/croati di militari/civili italiani. L'origine dei contrasti fra italiani e slavi e ricollegata all'occupazione fascista della Jugoslavia (1941), al seguito della quale l'Italia aveva annesso la provincia di Lubiana e ottenuto il controllo del Regno di Croazia e il protettorato sul Montenegro. Già precedentemente il fascismo aveva attuato nella Venezia Giulia un programma di persecuzione degli sloveni e croati. Questa politica della repressione delle minoranze etniche fu la causa della vendetta antitaliana che culmino nella prima fase di settembre-ottobre 1943, dopo la firma dell'armistizio: migliaia di italiani furono uccisi e gettati nelle foibe, cavita naturali presenti negli altopiani del Carso. IL RITORNO ALLA DEMOCRAZIA Anche dal punto di vista politico la ripresa in Italia non fu facile: gli Americani erano convinti che vi fossero in Italia delle forze comuniste pronte a conquistare il potere con la forza e anche per la Chiesa e per papa Pio XII comunisti e socialisti erano un pericolo. Nel giugno del 1945, sotto la spinta della Resistenza, si formò un governo espressione del CLN, guidato da uno dei comandanti del movimento partigiano, Ferruccio Parri. Il governo italiano si trovò ad affrontare - Da un lato, le lotte dei contadini nel Mezzogiorno, per l’attuazione dei decreti emanati durante il governo Bonomi (che aveva concesso in coltura alle cooperative contadine i terreni non coltivati); - Dall’altro, il problema del separatismo siciliano, nato a metà del 1943 con l’obiettivo di una Sicilia indipendente e con stretti legami con gli Stati Uniti. 47 Segnale della maggiore apertura politica fu l'elezione di Giovanni Gronchi, da esponente della sx democristiana a presidente della Repubblica nel 1955. LA SOCIETÀ ITALIANA FRA GLI ANNI 40-50. La miseria dell'Italia fu rappresentata dal neorealismo nel cinema, e che ispiro molte opere letterarie e artistiche. Insieme al miglioramento delle condizioni di vita comincio a prendere sempre più spazio il modello americano, che si diffondeva soprattutto attraverso il cinema. Crebbe la diffusione dei mezzi di comunicazione. Sara soprattutto la TV che aveva cominciato le trasmissioni nel 1954 a diventare il più diffuso strumento di informazione e divulgazione. Il paese rimase fortemente conformista. I rotocalchi (che avevano elevate tirature) si riempivano delle cronache mondane e nera. Ci fu la crescita dei mezzi di trasporto. La vera trasformazione economica e sociale dell'Italia avverrà solo nel decennio successivo, ma già nel corso degli anni 50 cominciarono i primi segni del benessere. CAPITOLO XIV – LA DECOLONIZZAZIONE IN ASIA E AFRICA E IL CONFLITTO IN MEDIO ORIENTE LA DECOLONIZZAZIONE IN ASIA E IN AFRICA Il processo di decolonizzazione e stato uno degli eventi centrali della seconda metà del Novecento. L'emancipazione dei popoli pose il problema della loro modernizzazione, della conciliazione fra la propria tradizione e lo sviluppo della società. Non venne risolto il dramma della povertà e del sottosviluppo. Durante la dominazione coloniale il risentimento nei confronti dell'Occidente era stato reso più acuto. Nel mondo arabo, la rivolta contro i colonizzatori povero alla radicalizzazione in senso politico della religione musulmana, mentre la nascita dello Stato di Israele rafforzo legami in senso antioccidentale. Il processo di decolonizzazione comincio a maturare tra le due guerre mondiali, con la formazione in alcuni paesi di movimenti e partiti finalizzati alla conquista dell'indipendenza. Un impulso di grande importanza all'anticolonialismo venne dai 14 punti di Wilson, e dall'Internazionale comunista; gia Lenin aveva posto l'obiettivo dell'emancipazione dei popoli coloniali in stretto collegamento con quella del proletariato nei paesi capitalistici. La crisi degli anni '30 accelero le spinte anticoloniali, ma la decolonizzazione vera e propria si realizzo solo dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, con modalita e tempi diversi da paese e paese. I paesi nel sud-est asiatico riconquistarono in tempi rapidi la propria autonomia: Indonesia (Olanda), Filippine (USA).. Per la GB, mano a meno che le ex colonie asiatiche e africane conquistavano l'indipendenza, entravano a far parte del Commonwealth. Più complesso il processo di emancipazione dell'India, che costituìva l'elemento portante del sistema coloniale britannico. L'indipendenza fu conquistata grazie al Partito del congresso che pur essendosi formato come un partito laico, fini per ricorrere alla tradizione induista. Un'altra forza politica era la Lega musulmana, che si opponeva al programma riformatore del Partito del congresso. Il capo del nazionalismo indiano era Mahatma Gandhi, teorico della non violenza. Gandhi si era laureato a Londra in Giurisprudenza, e successivamente si era recato in Sudafrica dove ebbe inizio il suo impegno nel campo sociale, e fu qui che elaboro i principi della disobbedienza civile che avrebbero caratterizzato la sua azione politica. Rientrato in India assunse uno stile di vita basato sulla meditazione dei testi sacri indu e portò avanti una serie di campagne di non collaborazione con l'amministrazione britannica. Venne arrestato e dopo 3 anni di carcere si fece promotore delle campagne non violente del Partito del congresso contro la presenza inglese. Durante la Seconda Guerra Mondiale, Gandhi rimase al fianco della GB, ottenendo in cambio l'impegno a concedere l'indipendenza. Terminata la guerra, GB apri i negoziati per trasferire il potere alle forze politiche indiane ma la situazione del paese risultava particolarmente difficile a causa degli scontri fra i due partiti. Nell'agosto 1946 la Lega musulmana decise di passare all'azione diretta. Lo scontro divenne una vera e propria guerra civile. Nel 1947 la GB annunciò il ritiro dall'India e il Parlamento britannico emano la legge dell'indipendenza. Nascevano 2 dominions: • da una parte l'Unione Indiana (induista) • dall'altra il Pakistan (musulmana), a sua volta diviso in due territori. La zona orientale dopo una guerra civile divenne indipendente dando vita al nuovo Stato del Bangladesh ('47). La proclamazione dell'indipendenza fu accompagnata da eccidi di massa e dall'esodo di popolazioni che cercavano rifugio. Gandhi cercò in ogni modo di far cessare gli scontri fra indu e musulmani, per sensibilizzare l'opinione pubblica sul tema delle caste, ecc... Gandhi verrà assassinato da un estremista indu nel 1948, per la tolleranza da lui mostrata verso i musulmani. Nehru, collaboratore di Gandhi e capo del Partito del congresso, ricopri la carica di primo ministro fino al 1964 e avviò un processo di modernizzazione del paese e promulgo la Costituzione (1949). 50 LA CRISI DELL'IMPERO COLONIALE FRANCESE: LE GUERRE IN INDOCINA E IN ALGERIA Anche la Francia nell'immediato dopoguerra dovette far fronte al processo di decolonizzazione. Con la nuova Costituzione (1946) tutte le colonie entrarono a far parte dell'Unione francese. La Francia oppose una ferma resistenza alle lotte per l'indipendenza. Particolarmente difficile la situazione in Indocina, soprattutto in Vietnam, dove gia prima della guerra era stata avviata la lotta contro i colonizzatori. Nel 1945 venne proclamata l'indipendenza del paese e la nascita della Repubblica democratica del Vietnam. Al termine della guerra, l'Indocina fu occupata a Nord dalla Cina e a Sud da quelle inglesi, ma la Francia che non intendeva rinunciare a questa colonia, riprese il controllo del Vietnam del Sud e lo costrinse ad un accordo che prevedeva l'indipendenza del paese nel quadro dell'Unione francese. Nel 1946 in Vietnam riprese la guerra. La parte meridionale del paese fu occupata dai francesi finanziati dagli USA, mentre la parte settentrionale era appoggiata dall'Unione Sovietica e dalla Repubblica popolare cinese. Il conflitto aveva assunto dimensioni internazionali, andando a inserirsi nello scontro tra i due blocchi. Le forze militari vietnamiti riuscirono comunque a prendere il sopravvento e a sconfiggere i francesi (1954), e posero fine alla colonizzazione francese. Il conflitto di chiuse con gli accordi della Conferenza di Ginevra (1954), ma non venne risolto il problema dell'unificazione del Vietnam, che venne diviso in 2 zone lungo il 17°parallelo: il Sud con capitale Saigon, era ancora occupato dai francesi. Ma la posizione strategica del Vietnam spinse gli USA a subentrare ai francesi con il loro consenso e ad instaurare un regime anticomunista nel Vietnam del Sud. La Francia anche a causa delle pressioni dell'ONU concesse l'indipendenza al Marocco e alla Tunisia (1956). Diverso fu invece l'atteggiamento nei confronti dell'Algeria, la più antica colonia del nord Africa. Fu costituìto il Fronte di liberazione nazionale (FLN) da tutti i partiti algerini, che fortemente influenzato dalla Rivoluzione nasseriana in Egitto si poneva l'obiettivo di raggiungere l'indipendenza nazionale. Il FLN uso l'arma del terrorismo anche contro la popolazione civile, causando la risposta francese. I metodi utilizzati contro la popolazione algerina suscitarono indignazione nell'opinione pubblica. Nel 1958 ci fu un tentativo di colpo di Stato in Francia dei militari ostili e fare concessioni all'Algeria, e fu richiamato al governo De Gaulle, che procedette ad una riforma e concedeva ampi poteri al presidente della Repubblica, eletto direttamente dal popolo: fu approvata da un referendum e De Gaulle fu eletto presidente della Repubblica. De Gaulle cercò di risolvere il problema dell'Algeria garantendo una piena integrazione del paese ma di fronte ad una nuova ribellione avviò trattative con il governo provvisorio. La sua politica fu contrastata dall'organizzazione paramilitare segreta di estrema destra (OAS) che attuo numerosi atti terroristici in Francia. Nonostante questo, nel 1962 fu riconosciuta l'indipendenza dell'Algeria. Il generale de Gaulle riusci a far accettare la perdita dell'Algeria alla popolazione e cercò di rendere la Francia più autonoma dagli USA. LA SPARTIZIONE DELLA PALESTINA E LA NASCITA DELLO STATO DI ISRAELE (1948) In Medio Oriente nel 1945 ottennero l'indipendenza ex mandati della Francia come Siria e Libano, e della GB come la Transgiordania. Unendosi con gli stati che erano divenuti indipendenti (Egitto, Iraq, Arabia Saudita) costituìrono la Lega araba, alla quale negli anni seguenti aderirono gli altri paesi dell'Africa settentrionale e dell'Asia sud-occidentale. Si trattava di una realtà eterogenea e diversificata, e il luogo più critico era la Palestina. Qui l'incremento dell'immigrazione ebraica aveva radicalizzato la contrapposizione tra le popolazioni. Nel 1936-1937 ci fu la grande rivolta araba, con scioperi, manifestazioni e azioni di guerriglia in opposizione all'afflusso di ebrei e alla politica della GB che aveva autorizzato la creazione di una sede nazionale per il popolo ebraico in Palestina. La GB modificò la sua politica per ottenere anche l'appoggio degli arabi, indispensabile per assicurarsi il petrolio. Nel 1939 presentò un Libro bianco, in cui chiariva che la fondazione di uno stato palestinese indipendente doveva implicare la convivenza tra arabi ed ebrei. Il testo fu respinto sia dagli arabi che dagli ebrei, che cominciarono a farsi più ostili al colonialismo britannico, e il Partito laburista israeliano decise di orientarsi verso l'alleanza con gli USA per raggiungere l'obiettivo della creazione di uno Stato ebraico in Palestina. Dopo la fine della guerra il nuovo governo laburista britannico si attenne alle posizioni del Libro bianco, adottando misure contro l'immigrazione in Palestina. Ripresero le azioni di guerriglia di arabi che furono rivolte non più solo contro gli ebrei, ma soprattutto contro gli inglesi. La GB, che si trovava in un contesto difficile per gli sviluppi del processo di decolonizzazione, dovette trovare una via d'uscita 51 anche per la Palestina senza intaccare l'alleanza con gli USA, che erano favorevoli alle aspirazioni sioniste. Nel 1947 il governo annuncio l'intenzione di rinunciare al mandato e affidarono la risoluzione della questione della Palestina all'ONU. L'ONU elaborò un piano per la divisione della Palestina, che prevedeva che: • lo stato ebraico avrebbe dovuto occupare il 56,4% del territorio palestinese, • lo stato arabo il 41,8%, • la zona di Gerusalemme sarebbe stata sottoposta ad amministrazione internazionale. Venne proclamato lo Stato di Israele e subito dopo gli Stati arabi invasero la Palestina. Era la prima guerra araboisraeliana, dalla quale Israele usci vittorioso, ampliando i confini e occupando la parte ovest di Gerusalemme che nel 1950 ne divenne la capitale. La Palestina cesso di esistere in quanto Stato, causando un'emigrazione di massa. Lo Stato di Israele era una Repubblica parlamentare laica basata sul suffragio universale. Fu rafforzato dall'immigrazione di intere comunità ebraiche e dal punto di vista economico dagli aiuti finanziari degli USA. LE GUERRE ARABO-ISRAELIANE E LA QUESTIONE PALESTINESE L'opposizione dell'esistenza di Israele divenne l'elemento fondante del nazionalismo arabo: l'obiettivo torno ad essere di unificare il mondo arabo secondo l'ideologia del panarabismo che si era diffusa in risposta al colonialismo europeo, e di liberarsi del sionismo e del nuovo Stato. L'Egitto di Nasser divenne il paese guida dell'unita araba e della lotta contro Israele. Nasser era sostenitore della lotta dei paesi africani contro il colonialismo e di un'ideologia che si richiamava al panarabismo e al socialismo. Il socialismo nasseriano si poneva l'obiettivo di riforme sociali ed economiche ispirate ad una maggiore uguaglianza sociale e al progresso, ma rifiutava la lotta di classe e l'abolizione della proprietà privata, richiamandosi ai valori religiosi dell'islam. Nasser procedette a tappe forzate verso la modernizzazione del paese, eliminando il latifondo e nazionalizzando le banche e le industrie. Nel luglio 1956 Nasser decise di sfidare FRA e GB procedendo alla nazionalizzazione del Canale di Suez, così da ottenere i finanziamenti necessari alla costruzione della diga di Assuan. GB e FRA decisero di intervenire, sollecitando anche Israele a reagire: le truppe israeliane attaccarono le difese egiziane travolgendole. L'ONU condannò tale iniziativa e gli USA non collaborarono, costringendo FRA, GB e Israele a ritirarsi. Nasser si avvicino all'Unione Sovietica, consentendo all'URSS di inserirsi nelle vicende del Medio Oriente garantendo gli aiuti finanziari che resero possibile la costruzione della diga di Assuan. Dalla fine del 1956 il conflitto tra i due blocchi si allargo ai territori del Medio Oriente. Le tensioni fra arabi e israeliani non diminuirono e cominciarono ad acutizzarsi a partire dalla fine degli anni '50, quando Israele preparo un progetto di deviazione delle acque del fiume Giordano, allarmando gli arabi. Nel gennaio 1964 venne creata l'Organizzazione per la liberazione della Palestina (OLP) che costruì un esercito di liberazione. Veniva negata il diritto di esistere allo Stato di Israele e auspicava alla liberazione della Palestina attraverso la lotta armata. Nel corso della primavera 1967 i contrasti degenerarono, in Israele si formò un governo di unità nazionale e la forza aerea israeliana entro in azione annientando l'aviazione egiziana. In 6 giorni Israele conquisto un vasto territorio e inflisse ai paesi arabi una pesante sconfitta. Gli USA presero le parti di Israele. Dopo l'armistizio i territori conquistati da Israele restarono sotto la sua occupazione. Le conseguenze della Guerra dei 6 giorni furono enormi. Il consiglio di sicurezza dell'ONU approvò all'unanimità la richiesta del ritiro di Israele dai territori occupati e la fine della belligeranza, e il riconoscimento per l'indipendenza politica di ciascuno Stato dell'area. I paesi arabi e Israele accettarono questa risoluzione, ciascuno interpretandola in modo diverso, ma OLP la respinse perché non prendeva in considerazione la questione del diritto all'autodeterminazione del popolo palestinese. La Guerra dei 6 giorni rappresentò uno spartiacque, perché segno il fallimento del panarabismo nasseriano e vide l'affermarsi dell'identità e dell'autonomia politica dei palestinesi. Da qui il problema palestinese si impose nel panorama politico internazionale e l'OLP inizio a fare del terrorismo per raggiungere il proprio obiettivo. Anche in altre zone del Medio Oriente vi erano stati tentativi per conquistare l'indipendenza economica dell'Occidente, mentre il petrolio stava assumendo un'importanza crescente. Gli USA riuscirono a imporre i propri interessi in Iran, siglando un accordo in base al quale l'Iran conservava la proprietà delle risorse petrolifere, ma ne affidava lo sfruttamento ad un consorzio internazionale destinato da GB e USA. 52 risolsero in un fallimento. Sul piano interno, Chruscev rilanciò l'offensiva antistaliniana, denunciando i crimini di Stalin, e compiendo alcuni gesti plateali come la rimozione della salma di Stalin dal mausoleo della piazza Rossa e la città di Stalingrado mutata in Volgogrado. Sulla stampa si cominciò a parlare delle vittime delle repressioni staliniane e fu attenuata la censura. Cominciò a farsi sempre più acuto il contrasto con la Cina. I cinesi non condividevano la politica di coesistenza pacifica, poiché ritenevano che l'opposizione agli USA fosse un aspetto imprescindibile della lotta antimperialista. Dopo la firma del Trattato di Mosca fra USA, URSS e GB nel 1963, la rottura divenne insanabile e le due nazioni non furono più alleate. Tra i dirigenti sovietici si fecero sempre più insistenti le critiche alla politica di Chruscev. Pesarono gli insuccessi sul piano economico poiché l'industria e soprattutto l'agricoltura e la produzione dei beni di consumo erano cresciute molto meno di quanto era stato previsto. Nel 1963 ci fu una grave crisi agraria, causata dalle difficili condizioni climatiche, e il governo sovietico fu costretto a comprare il grano dagli USA. Gli avversari di Chrsucev si organizzarono per destituirlo e nel 1964 venne estromesso dalle cariche di segretario del partito e di presidente del Consiglio dei ministri. GIOVANNI XXII E IL CONCILIO VATICANO II Nel 1958 venne eletto papa Giovanni XXIII. Dopo il pontificato di Pio XII, caratterizzato dall'intransigente antagonismo nei confronti del comunismo e dalla richiesta ai cattolici di schierarsi contro di esso, Giovanni XXIII valorizzò l'impegno religioso rispetto a quello politico e mantenne la chiesa al di sopra delle parti. Papa Giovanni XXIII ebbe un'acuta percezione delle trasformazioni del mondo contemporaneo, seppe cogliere i mutamenti dei rapporti nel conflitto fra Est e Ovest e l'importanza del processo di decolonizzazione fu connesso alle esigenze dei paesi più poveri. Con il suo pontificato, Giovanni XXIII impresse una svolta decisiva alla storia della Chiesa, aprendola al dialogo con le altre religioni e anche con chi non apparteneva ad alcuna fede. Morì il 3 giugno 1963, e fu succeduto da papa Paolo VI. Con il concilio Vaticano II la Chiesa fu riformata profondamente: fu semplificata la liturgia con l'introduzione delle lingue nazionali al posto del latino e la trasformazione della messa in una cerimonia a cui i fedeli potevano assistere in modo attivo. Nei primi anni cominciarono a manifestarsi spegnali di dissenso all'interno della Chiesa. LA RIVOLUZIONE CULTURALE IN CINA La Repubblica popolare cinese aveva assunto un peso significativo nello scacchiere della guerra fredda. Con l'inizio degli anni 60 si trovò in gravi difficoltà sia dal punto di vista dei rapporti internazionali che dal proprio interno. La Cina si era allontanata dall'URSS, alla base vi era la contesa per l'egemonia del movimento comunista internazionale, divenuta più impellente nel contesto della decolonizzazione. La Cina si era volta contemporaneamente sia contro gli USA che contro l'URSS. Sul piano interno vi era stato il fallimento del programma di industrializzazione di Mao Zedong, che aveva rafforzato le forze ostili e che aveva portato l'avversario Liu Shao-chi a diventare presidente della Repubblica. A partire dal 1956 Mao Zedong lanciò una campagna di critica contro il gruppo dirigente del PCC, con l'obiettivo di riconquistare il potere, dando vita alla rivoluzione culturale. Protagonisti furono soprattutto giovani studenti e operai (organizzati nelle Guardie Rosse) che portarono avanti la battaglia contro il revisionismo ideologico, la burocratizzazione del partito e dello Stato. Nei confronti di quanti erano ritenuti nemici della rivoluzione, le Guardie rosse avviarono una violenta attività di propaganda in tutta la Cina. Mao e il suo pensiero divennero un vero e proprio oggetto di culto. Quanti sbagliavano e non seguivano le sue direttive erano accusati pubblicamente, umiliati e costretti a fare “autocritica” nelle piazze. Dietro questa battaglia ideologica si celava la lotta per l'estromissione degli avversari di Mao: la rivoluzione culturale fu caratterizzata in realtà da violenze e soprusi. Tra il 1966 e il 1967 il gruppo maoista riconquistò la maggioranza e Lin Piao stretto seguace di Mao, fu nominato vicepresidente del PCC. GLI USA E LA GUERRA DEL VIETNAM Gli accordi di Ginevra con i quali il Vietnam era stato diviso in due zone non avevano risolto la situazione del paese. Nel Vietnam del Sud si era costituìto un governo dittatoriale, contro il quale i comunisti e le altre forze politiche organizzarono il Fronte nazionale di liberazione, i cui militanti furono chiamati vietcong. La guerriglia del FNL si intensificò. Sostenuta dal Vietnam del Nord che era a sua volta appoggiato dalla Cina e dall'URSS. Il Vietnam stava diventando un pericoloso avamposto per l'espansione comunista nella penisola indocinese e per gli USA era quindi necessario fermare la guerriglia, ed intervenire anche militarmente per sostenere il Vietnam del Sud. Fu il presidente Johnson l'artefice del completo coinvolgimento statunitense nella Guerra del Vietnam. Nel 1965 furono compiùte le prime incursioni aeree sul territorio del Nord e poco dopo vennero inviati i primi contingenti. Vennero lanciate anche le bombe incendiarie al napalm per distruggere le foreste dove si nascondevano i vietcong. Unione Sovietica e Cina si impegnarono 55 a fornire insieme all'appoggio politico, aiuti militari e finanziari al governo del nord. Nonostante l'ingente presenza statunitense, la superiorita tecnologica e i bombardamenti, il FLN e i nord vietnamiti resistettero agli attacchi e nel 1968 lanciarono un'imponente offensiva in tutto il Vietnam del sud che costrinse Johnson a ridurre il contingente militare americano. Poco dopo il presidente annunciò che non si sarebbe ricandidato alle elezioni e a maggio furono avviati i negoziati per la pace, ma nei mesi successivi ripresero i combattimenti. Di fronte all'incremento delle vittime e l'assenza di risultati positivi, comincio a crescere l'ostilità alla guerra di larghi settori dell'opinione pubblica. DITTATURE E COLPI DI STATO IN AMERICA LATINA E IN EUROPA Il decennio fu caratterizzato da guerre e fermenti rivoluzionari che attraversarono diversi paesi del mondo, ai quali si accompagnarono stravolgimenti dei sistemi politici e colpi di stato. Questo accadde soprattutto in America Latina dove quasi tutti i paesi furono sottoposti ai regimi autoritari o dittature militari. Gli stati sud-americani conobbero un peggioramento della loro situazione economica, determinato dalla diminuzione dei prezzi delle materie prime che provocò complessivamente un aumento della conflittualità sociale. Sull'esempio cubano e della Guerra del Vietnam in molti paesi furono organizzate forme di guerriglia antimperialista. Era stato Ernesto Che Guevara con Fidel Castro a teorizzare la necessita della lotta armata nel continente latino- americano e nei paesi del terzo mondo. Che Guevara abbandono Cuba e andò a combattere a fianco dei guerriglieri in diversi paesi, diventando un punto di riferimento per tutti i gruppi rivoluzionari di sx che si organizzarono in quegli anni. Nei rovesciamenti militari un ruolo decisivo fu spesso svolto dagli USA e della CIA. In un contesto del tutto diverso anche in Europa sopravvivevano regimi di tipo fascista: la dittatura di Francisco Franco in Spagna e quella di Antonio de Oliveira Salazar in Portogallo. In Spagna, che dal 1955 era stata ammessa all'Onu, avevano cominciato ad affermarsi movimenti di contestazione. A causa degli scioperi il regime fu costretto a mitigare gli aspetti più repressivi, a riconoscere la legittimità dello sciopero e a limitare la censura. Nel 1969 i violenti scontri che scoppiarono fra dimostranti e polizia a Madrid e nelle maggiori città indussero le autorità a proclamare lo stato d'emergenza. Da quella data, Franco designo ufficialmente come futuro sovrano e suo successore Juan Carlos di Borbone, nipote dell'ultimo re spagnolo ma le agitazioni perseguirono anche con atti di terrorismo. IL SESSANTOTTO Negli anni Sessanta il consumismo aveva acquisito una diffusione di massa. Furono anche anni di grandi progressi: - A Città del Capo il chirurgo Barnard compì il primo trapianto cardiaco nell’uomo; - Il 20 luglio 1969 Neil Armstong ed Edwin Aldrin atterrarono sulla luna: grande conquista per gli USA; Verso la metà del decennio prese avvio – a partire dagli Stati Uniti – la protesta studentesca. Si trattò di una rivolta giovanile contro il consumismo e il conformismo che caratterizzavano la società borghese. Alla base della contestazione studentesca ci fu l’inadeguatezza della scuola. Alla fine del decennio questa protesta portò all’occupazione delle più importanti università americane (Harvard ad es) e gli studenti più politicizzati si riunirono nella Students for a Democratic Society. Altri giovani, definiti “hippies” accentuarono gli aspetti di ribellione anticonformista e libertaria. La rivolta degli studenti si intrecciò con la rivolta dei neri: la politica non violenta di Martin Luther King cominciava ad essere contrastata, dando vita a nuove figure come quella di Malcom X, esponente dei musulmani neri, che rifiutava le vie dell’integrazione e sosteneva la formazione di un potere nero e indipendente dai bianchi da conseguirsi anche con la lotta armata. Nacquero i movimenti del Potere nero e delle Pantere nere, che rivendicavano l’identità nera contro l’assimilazione. Malcom X fu ucciso nel 1965 e tre anni dopo fu assassinato anche Luther King, provocando la reazione dei ghetti neri. Nel frattempo, grazie ai movimenti femministi, ispirati a figure come Simone de Beauvoir, le donne riuscirono a conquistare una posizione più consistente nell’ambito lavorativo, nonostante persistevano le disuguaglianze salariali e gerarchiche. Vi furono mutamenti nel costume, a cominciare da una maggiore libertà sessuale, cui contribuì la scoperta della pillola anticoncezionale, liberalizzata nel 1960 negli USA. Enormi progressi si ebbero anche nel campo della filosofia, della psicoanalisi e nell’economia, portano così al centro del dibattito della sinistra nuovi temi, come la Rivoluzione cubana e le dittature dei paesi sud-americani (Cent’anni di solitudine di Marquez). Il movimento degli studenti voleva cambiare l’intera società, distruggere le basi della sinistra tradizionale. 56 La fase più intensa ci fu nella primavera del 1968 e toccò un gran numero di paesi. A caratterizzare la contestazione studentesca fu soprattutto il maggio francese: iniziò la protesa all’Università di Nanterre e in pochi giorni dilagò alla Sorbona di Parigi e in tutti gli altri atenei e licei del paese. Il 7 maggio si svolse a Parigi un enorme manifestazione, cui seguì l’occupazione di fabbriche e uno sciopero generale che paralizzò la nazione e che costrinse De Gaulle a sciogliere il Parlamento e indire nuove elezioni; i gollisti vinsero le elezioni conquistando la maggioranza assoluta e la sinistra fu battuta: il movimento degli studenti pose fine alla protesta. IL SESSANTOTTO NELL’EST EUROPEO. LA “PRIMAVERA DI PRAGA”. Il 68 non coinvolse solo i paesi dell'Occidente capitalistico, ma anche quelli del blocco filosovietico, dove assunse il carattere di contestazioni ai regimi. Fu soprattutto in Cecoslovacchia che si apri una stagione di rinnovamento (Primavera di Praga). Nel paese era maturato il dissenso e il regime era stato sottoposto a dura critica. Ai primi dei 1968, il segretario del partito comunista fu costretto a chiedere le dimissioni, e la carica fu assunta da Dubcek, che avvio un processo di rinnovamento del regime socialista, portando avanti la liberalizzazione interna. Dubeck sostenne l'esigenza di rafforzare la democrazia e dare maggiore libertà di espressione ai cittadini. Per quanto non fosse messa in discussione l'appartenenza del paese al Patto di Varsavia gli obiettivi del partito erano del tutto al di fuori della rigida ortodossia sovietica. Vennero compiùti passi significativi per il riconoscimento dei diritti religiosi, per la tutela delle minoranze nazionali, fu data maggiore autonomia ai sindacati, abolita la censura, ecc.. Tutto ciò allarmò l'Unione Sovietica per le quali quelle innovazioni potevano costituìre un pericolo. Nella notte fra il 20- 21 agosto 1968, la Cecoslovacchia fu invasa dalle truppe dei paesi del Patto di Varsavia. L'intervento armato aveva come obiettivo porre fine al tentativo di democratizzazione. La popolazione oppose una decisa resistenza e non fu possibile costituìre un governo provvisorio. Dubcek e i maggiori dirigenti del partito furono arrestati e portati a Mosca, dove furono costretti a firmare un accordo che prevedeva l'emarginazione degli esponenti più riformatori. Fu avviata la “normalizzazione”, che vide l'epurazione dei protagonisti della Primavera di Praga. L'invasione di Praga contribuì ad oscurare la politica sovietica. Quasi tutti i partiti comunisti (anche quello cinese) condannarono l'intervento militare. Il loro disaccordo provava come l'unita del movimento comunista internazionale stesse entrando in crisi. CAPITOLO XVI – LA CRISI ECONOMICA DEGLI ANNI SETTANTA. IL MEDIO ORIENTE E IL FONDAMENTALISMO ISLAMICO L’EUROPA E IL GIAPPONE Nel corso degli anni Sessanta gli Stati Uniti avevano cominciato a perdere la loro centralità per la presenza sempre più significativa dell’Europa occidentale e del Giappone. Nel decennio precedente aveva preso avvio il processo di integrazione europea. Le sue origini ideali e politiche risalivano al manifesto di Ventotene, Per un’Europa libera e unita: il manifesto proponeva la “definitiva abolizione della divisione dell’Europa in stati nazionali sovrani” e la sua “riorganizzazione federale”. Il primo passo verso la costruzione di un’Europa unita fu compiùto nel 1951 con la costituzione della CECA con la quale Francia, Germania ovest, Italia, Belgio, Olanda e Lussemburgo si impegnavano a mettere in comune le risorse siderurgiche e carbonifere. Successivamente, con il Trattato di Roma (1957), i sei paesi stabilirono la nascita della Comunità europea dell’energia atomica (Euratom) e della CEE (Comunità economia europea), per la promozione e l’attuazione del Mercato europeo comune (MEC). L’impostazione di una strategia economica comune e l’abolizione delle tariffe doganali fra gli Stati membri divennero il presupposto per l’unificazione a livello politico che si sarebbe dovuta realizzare nel corso degli anni. La nascita di un’Europa comune si poneva come contraltare all’egemonia degli Stati Uniti. Fu soprattutto De Gaulle a svolgere una politica autonoma rispetto agli USA: dopo essersi dotata di autosufficienza nucleare, la Francia stabilì relazioni diplomatiche con la Cina, criticò la presenza americana in Vietnam, e uscì dalla NATO. La Francia inoltre si oppose all’ingresso della Gran Bretagna nella comunità per paura di perde il ruolo prioritario nella CEE. Fu il successore di De Gaulle, Georges Pompidou, a mutare l’atteggiamento del paese nei confronti della politica europea. Nel 1973 la GB aderì alla CEE e con l’ingresso di Irlanda e Danimarca nacque l’Europa dei nove. 57 petrolifere e limito l'ingresso di capitali stranieri. Gli USA decisero di avvicinarsi all'Iraq di Saddam Husayn. La politica di Khomeini determinò la radicalizzazione dell'islam, suscitando il rafforzamento di gruppi fondamentalisti e la riorganizzazione delle associazioni islamite che negli anni precedenti erano state represse, come i Fratelli musulmani. LE CONSEGUENZE INTERNAZIONALI DELLA RIVOLUZIONE IRANIANA Con la nascita della Repubblica islamica in Iran si determinarono conseguenze di grande rilievo a livello internazionale. In primis il conflitto si estese in Iraq. Qui nel timore che il fondamentalismo islamico potesse contagiare l'intero Medio Oriente, il rais Saddam Husayn nel 1980 attacco l'Iran trascinando i due paesi in un sanguinoso conflitto che duro fino al 1988. durante la guerra, l'Iraq attuo una feroce repressione contro i curdi (pastori e contadini indoeuropea di religione musulmana) della regione settentrionale del paese, perché avevano condotto una lotta accanita per l'indipendenza. Gli iraniani si lanciarono in una campagna di terrorismo e repressione contro quanti avevano dato sostegno o fornito armi all'Iraq, come la Francia. La seconda conseguenza riguardo l'Unione Sovietica. Anche questa, preoccupata per un'eventuale espansione della rivoluzione di Khomeini in Afghanistan, decise di intervenire militarmente nel paese per imporre la fazione filosovietica del Partito democratico del popolo che salito al potere con un colpo di Stato l'anno precedente, aveva provocato una crescente opposizione dei gruppi islamisti. Questa operazione ebbe effetti disastrosi, perché fece precipitare l'Unione Sovietica in una crisi interna irreversibile che le fece perdere prestigio presso gli arabi, ma soprattutto perché scateno l'insorgere della guerriglia ispirata a motivi islamici e nazionalisti. Appoggiata dal Pakistan, approvata dalla Cina e finanziata dagli USA, la resistenza afghana provoco nel paese un processo di disgregazione e una guerra civile. Sara cosi che Osama Bin Laden fondo l'organizzazione terroristica al-Qaida. Il Pakistan aveva dato inizio ad una progressiva islamizzazione dello Stato e aveva sostenuto la guerriglia affinché l'Afghanistan non cadesse sotto l'influenza dei nemici (IRAN, URSS, INDIA). Con l'India non era mai terminato il conflitto perché il Pakistan rivendicava la regione del Kashmir. L'India dal canto sua dovette fare i conti con le nazioni che si ritenevano oppresse dallo Stato (i sikh e i tamil). A metà degli anni 80, il subcontinente indiano per riaffermare il proprio ruolo di potenza regionale promosse l'associazione Asia meridionale per la cooperazione regionale, finalizzata a promuovere stabilita nell'area DALL'INVASIONE ISRAELIANA DEL LIBANO Nel 1982 Israele scateno un nuovo conflitto invadendo il Librano, un paese lacerato della guerra civile fra musulmani e cristiani. Lo scopo era attaccare le basi palestinesi nel Sud del paese da cui paese, da cui partivano incursioni e lanci di missili. Per oltre due mesi le truppe israeliane assediarono la capitale Beirut, fino a quando l'OLP si arrese e trasferi il proprio quartier generale in Tunisia. L'ONU invio a Beirut una forza multinazionale di pace contro la quale si scaglio il terrorismo dei fondamentalisti islamici, compiendo attentati e sequestrando diplomatici e giornalisti. L'esercito israeliano lascio il Libano nel 1958, mantenendo il controllo di una fascia di sicurezza nel sud, mentre nel paese la guerra civile non cessava. In conseguenza agli eventi del Libano, nell'OLP si rafforzarono i gruppi più radicali che contestavano la leadership di Arafat, mentre i palestinesi dei territori occupati, e venne fatta una nuova lotta, l'Intifada. Ne furono protagonisti soprattutto i giovani, e questa volta il re Husayn di Giordania rinuncio definitivamente alla Cisgiordania e a Gerusalemme Est, e concesse all'OLP il diritto di rivendicali come territori del futuro stato palestinese. La decisione di Husayn permise di arrivare ad una svolta storica: il Consiglio nazionale dell'OLP riconobbe il diritto all'esistenza dello Stato di Israele e proclamo, anche se solo formalmente, lo Stato palestinese. CAPITOLO XVII – L’ITALIA DEGLI ANNI SESSANTA E SETTANTA IL BOOM ECONOMICO E GLI SQUILIBRI DELLO SVILUPPO Nel corso degli anni 50 l'Italia comincio a conoscere i primi segnali del benessere. Si realizzo un crescente sviluppo industriale di cui furono protagonisti i grandi imprenditori italiani (Agnelli della Fiat, Pirelli...) accanto all'iniziativa economica privata vi fu anche un rilevante intervento pubblico, per il quale svolse un ruolo di primo piano l'IRI, ente statale per il finanziamento delle imprese e delle banche. Una novità fu l'Ente nazionale idrocarburi (ENI) con compiti di ricerca, raffinazione e distribuzione di petrolio e gas naturale nel territorio statale, fondato nel 1953 da Enrico Mattei. La politica di Mattei fu di stringere i rapporti diretti con i paesi produttori di petrolio del Medio Oriente e con l'URSS, e di avviare la ricerca di fonti autonome di giacimenti di metano e petrolio anche in Italia, scontrandosi con le grandi compagnie petrolifere statunitensi. Mori in un incidente aereo le cui circostanze non furono mai del tutto chiarite. (1962). 60 cominciarono ad affermarsi nuove imprese, orientate al mercato dei beni di consumo durevoli. Nella crescita economica una spinta importante venne dall'inserimento dell'Italia del MEC, grazie all'abolizione delle barriere doganali, la percentuale di merci esportate aumento notevolmente. Tra il 1958 e il 1963 lo sviluppo del paese fece un salto ulteriore. Furono gli anni del boom economico, durante i quali l'Italia ultimo il processo di trasformazione iniziato ai primi del secolo, divenendo una società industriale. Aumentarono i servizi (settore terziario). La nuova fase dell'industrializzazione andò oltre il triangolo Piemonte-Lombardia-Liguria, investendo anche Toscana, Emilia e Friuli. Con la crescita economica migliorarono le condizioni di vita della popolazione, anche se continuavano a persistere profonde disparita fra il centro-nord, il più ricco, e il sud e le isole, nonché fra citta e campagna. Furono i beni di consumo il motore trinante dello sviluppo. Un'altra area in espansione fu quella delle macchine da scrivere (Olivetti). Ma i due principali strumenti del cambiamento dello stile di vita degli italiani furono le automobili e la televisione. La crescita delle automobili private, cui si accompagno la costruzione di infrastrutture (autostrade). Lo sviluppo avvenne non senza squilibri. In primo luogo, si ampliava l'atavica distanza fra Nord e Sud, in secondo luogo mentre cresceva l'industrializzazione, molto limitata rimaneva la modernizzazione delle attività agricole. Conseguenza della crescita delle industrie del depauperamento delle campagne fu l'aumento dell'immigrazione interna, mentre cessò l'emigrazione verso altri paesi. La popolazione delle città conobbe una tumultuosa. Furono varanti finanziamenti agevolati e facilitazioni fiscali per la creazione di piccole e medie imprese. IL CENTRO-SINISTRA Le profonde trasformazioni che stava vivendo la società italiana entravano in contrasto con il quadro politico ereditato dagli anni Cinquanta e rendevano necessaria un’apertura alle forze riformiste di sinistra. Si trattò di un processo lento con la presa di distanza del PSI dal PCI e dall’URSS e con l’apertura a sinistra della DC, voluta da Fanfani e Aldo Moro, divenuto segretario del partito nel 1959. La nascita della formula di governo del centro-sinistra si realizzò solo quando venne meno l’opposizione della Chiesa. La sostituzione del PLI con il PSI non fu accettata da tutte le componenti della DC e dalle altre forze politiche. Nel marzo 1960 il governo fu affidato a Fernando Tambroni che diede vita a un monocolore DC e autorizzò lo svolgimento del congresso nazionale del MSI a Genova, suscitando l’immediata protesta dei cittadini. A Roma, in occasione di una manifestazione organizzata dalle associazioni partigiane, ci furono cariche della polizia a cavallo e negli scontri rimasero feriti anche alcuni deputati. Questi eventi costrinsero Tambroni alle dimissioni e diedero un segnale politico chiaro: in Italia non poteva nascere un governo appoggiato dalla destra. All’ottavo congresso della DC, Moro sostenne la necessità di una svolta politica: si arrivò alla formazione del primo governo di centro-sinistra, presieduto da Fanfani (1962). Furono attuate alcune riforme: - La nazionalizzazione dell’industria elettrica, con la nascita dell’ENEL, - La scuola media unificata, con l’innalzamento dell’obbligo a 14 anni. Il progetto riformatore in generale mirava ad elaborare una programmazione economica del paese, ma i contrasti tra le forze politiche impedirono la sua realizzazione. Fu eletto come nuovo presidente della Repubblica Antonio Segni, non favorevole alla formula governativa: era stato Moro a sostenere il suo nome, come garanzia nei confronti del suo partito e di quanti temevano che il centro-sinistra potesse trasformarsi in una pericolosa deriva a sinistra. Proprio in questi anni, ceti proprietari e conservatori contestarono la DC e iniziarono a trasferire i propri capitali in Svizzera nel timore di controlli e imposizioni fiscali. Nonostante il responso alle urne fosse sfavorevole alla nuova formula di governo, Moro riuscì a costituire un governo di centro-sinistra “organico”, che vedeva il pieno coinvolgimento del PSI. La sinistra socialista si staccò dal partito e fondò il Partito socialista italiano di unità proletaria. Più avanti, il PSI si unì con il PSDI, dando vita al Partito socialista unitario. Moro, con Nenni vicepresidente, guidò tre governi di centro-sinistra dal 1963 al 1968, che tuttavia realizzarono solo in parte le riforme annunciate. 61 Nell'estate del 1964, la democrazia italiana visse una crisi gravissima con il tentativo di colpo di Stato organizzato del generale Giovanni De Lorenzo, il cosiddetto “Piano Solo”, perchè prevedeva la partecipazione della sola Arma dei carabinieri, di cui il generale era comandante. Il giorno dopo l'approvazione in Parlamento del secondo governo Moro, il presidente Segni fu colto da un malore e costretto a dimettersi. Fu eletto presidente il socialdemocratico Giuseppe Saragat (1964). Il PCI fu segnato dalla scomparsa di Palmiro Togliatti, avvenuta in URSS. Prima di morire Togliatti aveva preparato un memoriale in cui esprimeva preoccupazione per il contrasto tra Cina e URSS. Segretario del PCI divenne Luigi Longo, che era stato comandante generale delle Birgate Garibaldi durante la Resistenza. LA CONTESTAZIONE E L'AUTUNNO CALDO Nel corso degli anni 60 cominciarono a manifestarsi i primi segnali di contestazione, sia da parte di intellettuali e militanti di sinistra, sia da parte delle generazioni piu giovani che si ribellavano al conformismo e all'arretratezza della società italiana. Anche tra loro arrivarono gli echi delle lotte delle università americane. Un altro versante della ribellione giovanile era quello della lotta contro i tabu sessuali. Vi fu anche una contestazione politica fortemente influenzata, sul piano ideologico e simbolico, dagli eventi internazionali a cominciare dalla Guerra del Vietnam. Tuttavia, le radici profonde di questa rivolta politica vanno rintracciate anche negli squilibri del sistema scolastico italiano. Sarà nella scuola e nell'università che a metà decennio esplosero le contraddizioni. Questo portò la scuola italiana a non essere più in grado di gestire la grande massa di studenti che vi affluiva e che proveniva da più classi sociali. Le prime proteste si rivolsero soprattutto contro i metodi e i contenuti ritenuti avulsi dai problemi di una società moderna. Le proteste iniziarono nel 1966, fino a raggiungere l'apice nella primavera 1968, in concomitanza con quella di altri paesi. La contestazione assunse un carattere dirompente, mettendo in discussione anche il mondo borghese, l'ipocrisia e il conformismo, le istituzioni, lo Stato, il sistema. Il '68 si estese anche al mondo della cultura, con proteste nell'ambito di mostre e con la nascita di nuove riviste e strumenti di impegno intellettuale. Il movimento degli studenti inizialmente unitario, si divise in diversi gruppi: prima nacquero Potere operaio e Lotta continua. Nel maggio 1968 si erano intanto svolte le elezioni con risultati positivi per il PCI e il PSIUP. Il PCI aveva avuto un atteggiamento inizialmente interlocutorio nei confronti della protesta studentesca, ma mano a mano che in questa si rafforzavano le posizioni ostili alla sinistra tradizionale assunse un atteggiamento critico. Alla protesta studentesca seguirono nel 1969 le lotte degli operai, che si svolsero nelle principali fabbriche con la partecipazione degli stessi studenti. La fase culminante si ebbe in autunno (autunno caldo), con scioperi che rivendicavano l'aumento retributivo uguale per tutti, la riduzione settimanale a 40 ore, il diritto di tenere assemblee in classe, ecc.. Nel 1969 una bomba esplose alla Banca dell'agricoltura di Milano, provocando 17 morti e decine di feriti. Era iniziata la stagione della “strategia della tensione”, che aveva l'obiettivo di bloccare la spinta riformatrice e che portò all'avanzata della destra neofascista alle elezioni del 1972. IL MOVIMENTO DELLE DONNE E LE CONQUISTE DEI DIRITTI CIVILI Nonostante il crescente clima di violenza, questi furono anche anni in cui si determinarono rilevanti innovazioni. La società italiana conobbe una modernizzazione sul piano dei costumi e dei comportamenti, e vi furono significative trasformazioni a livello legislativo. Quelle meno incisive furono proprio nel campo dell'istruzione, nel quale si arrivo solo a parziali provvedimenti. Nella seconda metà degli anni '60, sull'esempio americano, nacque il movimento femminista che rivendicava il riconoscimento. Si formarono collettivi di donne che basarono la propria attività spt sulla discussione. La società e la politica italiana furono sensibilizzate dai temi riguardanti il ruolo della donna, la famiglia, il lavoro. Cambiamenti significativi avvennero relativamente all'uguaglianza tra uomo e donna nell'istituzione familiare. Vennero sostituite le norme che attribuivano al marito il ruolo di capo famiglia con quelle che stabilivano che con il matrimonio la moglie e il marito acquistavano gli stessi diritti e assumevano gli stessi doveri. Alla madre era riconosciuta la patria potestà sui figli come al padre, e il principio di eguaglianza dei coniugi fu introdotto anche in merito ai rapporti patrimoniali. Cambiamenti avvennero anche per quanto riguarda la maternità consapevole e l'interruzione volontaria della gravidanza. Furono creati appositi centri e si svolsero numerose manifestazioni. Nel 1975 erano stati istituiti su tutto il territorio nazionale i consultori familiari, incaricati di assistere psicologicamente per la preparazione alla maternità e alla paternità responsabile, e alla divulgazione delle informazioni in materia sessuale. I consultori e la diffusione degli anticoncezionali permisero una significativa diminuzione degli aborti, che fino ad allora erano stati praticati clandestinamente. 62 Un atteggiamento inflessibile Thatcher lo assunse in merito alla questione irlandese: non fece nulla per impedire la morte di dieci militanti dell’IRA in carcere, che stavano facendo lo sciopero della fame per protesta contro le dure condizioni di detenzione. In politica estera rimarcò il ruolo di grande potenza della GB. Prima donna in Europa, fu primo ministro per tre mandati consecutivi, fino a quando il crescere del malcontento per l’aumento della disoccupazione e per l’imposizione di nuove tasse portò alla sua sostituzione alla guida del governo con John Major. La crisi economica internazionale si risolse quasi in tutto il mondo con l’adozione di misure neoliberiste e il ridimensionamento delle politiche del Welfare State. In Francia le elezioni presidenziali del 1981 videro la vittoria del socialista Mitterand che si avviò ad attuare un programma di nazionalizzazione di banche e industrie e di aumento della spesa pubblica, al quale però dovette presto rinunciare a causa del crescere dell’inflazione e della disoccupazione. IL GIAPPONE E LE “TIGRI ASIATICHE” Le trasformazioni del mondo capitalistico occidentale furono dovute anche all’emergere della nuova area di sviluppo asiatica e all’imporsi dell’economia e del modello giapponese. Il Giappone arrivò a conquistare il primo posto fra i paesi esportatori, ad affermarsi come seconda potenza industriale, inferiore solo agli Stati Uniti e a divenire una grande potenza finanziaria. Le sue società industriali investirono capitali negli Stati Uniti, dove costituirono impianti di grandi dimensioni. Diversi sono stati i motivi di successo: era stato un paese ad alto livello di istruzione e bassissimo numero di analfabeti. Un altro importante elemento riguardò l’organizzazione e la qualità del lavoro. Fu da qui il superamento del modello fordista-taylorista e la sperimentazione di un nuovo modello di “qualità totale”, con il quale si puntava non alla quantità della produzione ma alla sua diversificazione nel mercato. Fine delle grandi catene di montaggio, controllo della qualità, alto livello tecnologico divennero quindi le caratteristiche di questo sistema organizzativo, per il quale fu coniata la denominazione di “toyotismo” (dall’azienda Toyotya). Un’altra area di prosperità si venne formando nell’Asia sud-orientale, dove, all’inizio degli anni Ottanta, Hong Kong, Singapore e Corea del Sud divennero paesi sviluppati con attività differenziate (in comune avevano la produzione di computer e di elettronica avanzata). A questi paesi si aggiunsero poi Malaysia, Thailandia, Indonesia, Vietnam e Filippine. L’URSS: DALLA STAGNAZIONE DI BREZNERV ALLA PERESTROJKA DI GORBACEV Il clima di contrapposizione frontale tra Est e Ovest creatosi nuovamente alla fine degli anni Settanta fece parlare di seconda Guerra Fredda. Le relazioni internazionali avevano subito un peggioramento in seguito all’interventismo sovietico nella fase iniziale della lotta per la decolonizzazione. Ciononostante si arrivò alla firma del secondo Trattato per la limitazione delle armi nucleari. Fu poi in seguito all’invasione sovietica dell’Afghanistan che i rapporti tra URSS e USA si deteriorarono: il Congresso americano non ratificò il trattato e gli USA boicottarono le Olimpiadi di Mosca del 1980. Il quadro fu reso ancora più grave dalla “questione degli euromissili” sui territori della Germania dell’Est, della Polonia e della Cecoslovacchia, gli USA risposero, infatti, con il dispiegamento di missili più potenti. Anche per gli alti costi dell’impegno su questo fronte, l’URSS fu però costretta a cercare nuove mediazioni, riprendendo le trattative, che furono denominate “Colloqui sulla riduzione delle armi strategiche”. In Polonia, il malcontento della popolazione per la difficile situazione economica era esploso in proteste e scioperi in diverse città, guidati dal sindacato autonomo di orientamento cattolico. I lavoratori in sciopero chiedevano aumenti salariali e libertà di organizzazione e pluralismo sindacale. Un ruolo importante fu svolto dalla Chiesa cattolica, che in Polonia godeva di particolare prestigio. Già nella sua prima visita in Polonia nel giugno 1979, Giovanni Paolo II aveva rivendicato il diritto di libertà religiosa, durante le agitazioni dell’anno successivo aveva scritto all’episcopato polacco per appoggiare le richieste operaie e si era rivolto a Breznev per difendere la sovranità polacca e scongiurare l’invasione del paese. Manifestò, inoltre, la speranza che ci si avvicinasse 65 verso la completa pacificazione nazionale e si promuovesse una più ampia partecipazione del popolo alle attività politiche. Dopo le dimissioni di Jaruzelski, alla carica di primo ministro fu nominato un non comunista, che iniziò lo smantellamento del regime e il paese fu ribattezzato Repubblica polacca, abolendo l’aggettivo “socialista”. - In Ungheria: la transizione verso uno Stato multipartitico fu assai rapida; - In Cecoslovacchia, dove aveva avuto luogo il più significativo tentativo di “democratizzare” un regime comunista, vi era una lunga tradizione di dissenso, il quale si espresse sempre più apertamente, fino all’esplicita contestazione del governo e del Partito comunista che si tradusse nelle imponenti manifestazioni dell’autunno 1989. La “Rivoluzione di Velluto”, come fu chiamata, portò alle dimissioni della segreteria del Partito comunista e alla formazione di un governo di unità internazionale. - In Bulgaria la transizione alla democrazia fu rapida; - L’unico paese in cui la fine del regime non fu pacifica fu la Romania: esplose la contestazione contro il Presidente della Repubblica Nicolaie Ceausescu e Bucarest divenne teatro di guerra civile. Mentre cercava di fuggire, il dittatore fu arrestato assieme alla moglie Elena, processato e riconosciuto colpevole di genocidio, corruzione, distruzione dell’economia nazionale. Entrambi i condannati a morte furono fucilati. - Albania e Jugoslavia vennero travolti dalla crisi che sconvolse l’Europa orientale. In Albania la svolta avvenne un anno più tardi, con la legalizzazione dei partiti di opposizione ; in Jugoslavia alla fine degli anni Ottanta cominciò ad imporsi il nazionalismo serbo. LA CADUTA DEL MURO DI BERLINO (1989) E LA RIUNIFICAZIONE TEDESCA (1990) Il cambiamento più profondo, che segnò la fine di un’epoca, avvenne nella Germania dell’Est (DDR), dove la fine del regime comunista portò alla riunificazione con la Germania dell’Ovest. Tra ottobre e novembre ci fu un crescere di proteste sempre più numerose in diverse città e a Berlino Est: il governo fu costretto a fare concessioni, fin quando decise di dare il consenso all’apertura delle frontiere occidentali della DDR. Nella notte fra il 9 e il 10 novembre 1989 migliaia di cittadini di Berlino Est e Ovest si riversarono nelle strade e presero d’assalto il muro – simbolo della Guerra Fredda – che divideva la città, ballandoci sopra e cominciando a distruggerlo a picconate. Da lì a poco fu introdotto il multipartitismo e fu sciolta la polizia politica (STASI). La caduta del muro di Berlino è considerata l’evento simbolico che chiude il secolo scorso. Nell’assalto al muro e poi nel suo abbattimento è racchiusa la fine della Guerra Fredda e della contrapposizione tra due blocchi, ma anche dell’esperienza di quello che è stato chiamato “socialismo reale”: Per la Germania dell’Est il crollo del regime implicò la riunificazione con l’altra metà del paese. Fu il cancelliere Kohl a convincersi della necessità di unione tra i due paesi e a proporre al Parlamento un programma con questo obiettivo. Kohl ebbe poi incontri con Gorbacev, nei quali offrì aiuti finanziari all’URSS in cambio dell’avallo alla riunificazione. Il ruolo della popolazione della Germania orientale fu determinante: il proseguire dell’emigrazione a Occidente e le continue manifestazioni a Oriente furono segnali indirizzati a Kohl e alle altre potenze che dicevano che bisognava andare avanti. Le manifestazioni furono in grado di forzare il processo negoziale fin quando le elezioni confermarono le aspirazioni popolari. Il 5 maggio 1990 i leader dei quattro paesi alleati vincitori della II Guerra mondiale – Gorbacev, Mitterand, Thatcher e Bush – si incontrarono a Bonn con i capi di governo delle due Germanie e nei negoziati che furono detti “due più quattro” 66 eliminarono gli ultimi ostacoli all’unificazione, ovvero la questione dell’appartenenza alla NATO e il ritiro delle truppe sovietiche dalla DDR. Il 3 ottobre il processo di unificazione fu completato con l’adesione della DDR alla BRD e la nascita della nuova Germania. LA CRISI E LA DISSOLUZIONE DELL’UNIONE SOVIETICA Le riforme parziali introdotte nel sistema sovietico peggiorarono lo stato dell’economia del paese. Gorbacev si trovò a dover fronteggiare il crescere dell’opposizione sia conservatrice che radicale alla sua politica. Tra il 1988 e il 1989 esplosero movimenti nazionalisti e conflitti etnici in diverse regioni a maggioranza non russa. Nei primi mesi del 1990 alle elezioni furono sconfitti i candidati comunisti e vinsero nettamente quelli indipendentisti. Gorbacev cercò di elaborare un trattato che riconosceva la sovranità alle Repubbliche e trasformava l’Unione Sovietica in una federazione, ma, sei di queste (Estonia, Lettonia, Lituania, Armenia, Georgia, Moldavia), se ne staccarono e dichiararono definitivamente la propria indipendenza. Mentre Gorbacev si trovava in vacanza in Crimea, un gruppo di funzionari del PCUS tentarono un colpo di Stato. Il 18 agosto 1991 fu costituito un Comitato di Stato per l’emergenza che ordinò l’arresto di Gorbacev e della sua famiglia per alto tradimento e assunse il potere I golpisti non riuscirono però ad ottenere l’appoggio degli apparati militari. Nelle strade di Mosca prese vita una mobilitazione spontanea della popolazione contro gli organizzatori del colpo di Stato, a guida della quale si pose El’cin. Gli effetti del tentativo del colpo di Stato furono travolgenti: tutte le altre Repubbliche sovietiche si dichiararono indipendenti, e l’8 dicembre El’cin dichiarò sciolta l’Unione Sovietica. A Gorbacev non restò che rassegnare le dimissioni da presidente dell’Unione Sovietica, che ormai non esisteva più. CAPITOLO XIX – L’EUROPA DOPO IL 1989 LA FEDERAZIONE RUSSA E I NUOVI STATI INDIPENDENTI Dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica la Federazione russa ne assunse l’eredità ed entrò nel G7, trasformando la denominazione in G8. Nel resto dell’ex URSS la situazione continuò a essere molto conflittuale. Sul piano interno furono avviati provvedimenti finalizzati alla privatizzazione e alla liberalizzazione in tempi rapidi delle attività economiche: il mercato russo fu aperto agli investimenti esteri e tutti i cittadini furono autorizzati a dedicarsi al commercio. Ciò portò a un’impennata dei prezzi e alla crescita dell’inflazione. Proprio sulle riforme economiche si aprì un contrasto tra il presidente della Repubblica El’cin e il Parlamento, la cui maggioranza era contraria alla liberalizzazione dei prezzi. Lo scontro si fece sempre più teso fino allo scioglimento del Parlamento, che si concluse con un attacco armato contro i deputati che erano rimasti all’interno del palazzo: le cannonate furono un segno preoccupante dell’agire autoritario del presidente. Alla fine dell’anno fu approvata una nuova Costituzione, a carattere presidenzialista. La popolarità di El’cin cominciò a diminuire anche per la grave situazione che si era creata in Cecenia, dov’era scoppiata la guerra civile tra forze filorusse e indipendentisti. El’cin mandò l’esercito, che attaccò pesantemente i secessionisti, radendo quasi al suolo la capitale. 67 - Il MSI, sotto la guida di Fini, annunciò la nascita di Alleanza nazionale (AN) - Nel 1994 entrò nella scena politica italiana un nuovo movimento, Forza Italia, guidato dall’imprenditore Silvio Berlusconi, proprietario delle tre reti televisive private a diffusione nazionale e di alcuni importanti giornali. Il fine del partito era di impedire l’avvento al potere delle sinistre e di creare premesse di un nuovo miracolo italiano, attraverso una politica di radicale liberismo economico e di privatizzazione degli enti pubblici. Alle elezioni che si svolsero nel 1994, l’alleanza di centro destra Polo delle libertà e del buon governo (Forza Italia, Lega Nord, AN, CCD) vinse con ampio margine su quella di sinistra (Progressisti), portando alla formazione del primo dei governi guidati da Berlusconi. Da allora la lotta politica in Italia si è alternata tra queste due componenti. Il nuovo Parlamento ha eletto nel maggio del 2006 Giorgio Napolitano dei DS presidente della Repubblica. In pochi anni il quadro politico si è nuovamente modificato, nel contesto della crisi economica e finanziaria iniziata nel 2008, che ha visto l’Italia in sempre maggiori difficoltà per l’aumento del debito pubblico e la scarsa crescita economica. Segnate da gravi episodi di corruzione e scandali sessuali, di cui è stato accusato lo stesso capo del governo, le forze politiche di maggioranza hanno subito nuove articolazioni, con l’espulsione dal PDL del presidente della Camera Gianfranco Fini. Di fronte all’incapacità di dare risposte alla crisi mondiale dei mercati, il presidente Napolitano ha ripetutamente sollecitato perché si arrivasse a una soluzione condivisa di salvataggio del paese, ormai a rischio bancarotta. Il 12 novembre 2011 Berlusconi ha rassegnato le dimissioni e il presidente della Repubblica ha incaricato Mario Monti, già commissario europeo, di costituire un governo di tecnici che avviasse il paese verso il risanamento. All’inizio del nuovo secolo si è verificata una crisi nell’ambito della grande industria, che ha colpito in particolare l’azienda simbolo del paese, la FIAT. IL PONTIFICATO DI PAPA WOJTYLA Il 2 aprile 2005 moriva Giovanni Paolo II: una folla numerosa vegliò le ultime ore e rese omaggio nei giorni seguenti alla salma. Furono 3 milioni i pellegrini giunti a Roma. Il papato di Giovanni Paolo II lasciò un segno profondo nella comunità cattolica italiana e internazionale. Per portare in ogni luogo e a ogni individuo il messaggio di Cristo, il papa fece del viaggio la modalità ordinaria del suo pontificato: sono stati 104 i viaggi all’estero. Un altro aspetto di grande importanza del suo pontificato fu il dialogo interreligioso  durante il viaggio in Siria, fu il primo pontefice ad entrare in una moschea, invocando fraternità tra cristiani e musulmani. Si oppose fermamente a temi entrati nella società moderna e rifiutò qualsiasi compromesso con il divorzio, la limitazione delle nascite, la legalizzazione dell’aborto, l’eutanasia e l’omosessualità. Benedetto XVI è rimasto papa emerito. Fu quindi eletto l’argentino Jorge Mario Bergoglio, che ha assunto il nome di Francesco e che dall’inizio del suo pontificato diede segnali di grande apertura e volontà di innovazione, in ambito ecclesiastico e sociale. CAPITOLO XX – L’ECONOMIA E I RAPPORTI INTERNAZIONALI ALLA FINE DEL NOVECENTO E NEGLI ANNI DUEMILA GLI STATI UNITI: BUSH SENIOR, CLINTON, BUSH JUNIOR La ripresa economia degli Stati Uniti, realizzatasi con la politica di Reagan nel corso degli anni Ottanta, mostrò presto nuovi problemi, che non diminuirono con il suo successore, il repubblicano George Bush. 70 Nel 1992 ci fu un rivolgimento politico, con la vittoria del democratico William Bill Clinton, che sul versante internazionale svolse un’importante opera di mediazione nelle guerre balcaniche: egli si pose l’obiettivo di raggiungere una maggiore giustizia sociale. Nel paese si aprì un periodo di prosperità grazie allo sviluppo della tecnologia e delle comunicazioni. Clinton ha contribuito alla creazione di un mercato globale, in cui l’economia americana potesse svolgere un ruolo di protagonista. Nel 1996 Clinton fu rieletto, ma la sua popolarità fu colpita dallo scandalo scoppiato per una love story con una giovane stagista della Casa Bianca, che lo portò ad essere messo sotto accusa dal Congresso. Il presidente evitò l’ impeachment e fu dichiarato non colpevole dal Senato. Nel novembre 2000 la presidenza tornò ai repubblicani con George Bush, figlio del predecessore di Clinton. IL MEDIO ORIENTE E LA GUERRA DEL GOLFO Dopo la guerra con l’Iran, l’Iraq avanzò pretese sul Kuwait, paese strategicamente importante non solo per le immani risorse petrolifere, ma anche per lo sbocco sul mare che consentiva il controllo del Golfo Persico. Il 2 agosto 1990 Saddam Husayn diede inizio all’invasione, che fu condannata dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU e da molti paesi. L’ONU approvò una risoluzione che autorizzava l’uso della forza contro l’Iraq se il Kuwait non fosse stato sgomberato entro il 15 gennaio 1991: questo non avvenne e il 17 gennaio, con il bombardamento di Baghdad, che fu vissuto in diretta dalle televisioni di tutto il mondo, ebbe inizio la Guerra del golfo. Si trattò di un conflitto di coalizione guidato dagli Stati Uniti, che ebbero come principale alleato la GB, con il sostegno anche di alcuni paesi arabi. Il dittatore iracheno cominciò ad atteggiarsi come protettore dell’islam e in relazione ai bombardamenti cui fu sottoposto, l’Iraq a sua volta lanciò propri missili contro Israele. Ai primi di febbraio iniziò l’offensiva terrestre. Gli iracheni per ritorsione diedero alle fiamme centinaia di pozzi petroliferi e inondarono di greggio il Golfo Persico: alla fine del mese l’esercito di Saddam fu costretto ad arrendersi. La guerra finì. L’Iraq da questo momento fu sottoposto a controlli internazionali. La sconfitta rinvigorì le rivalità interne del paese: nel Nord scoppiò la rivolta dei curdi per l’indipendenza e nel Sud esplose il malcontento sciita. Entrambi furono duramente repressi dall’esercito di Saddam. Grazie all’impegno di Clinton si poté arrivare agli accordi firmati a Oslo, che stabilirono il reciproco riconoscimento fra Israele e OLP e la creazione in Cisgiordania e a Gaza di uno Stato palestinese. Sembrò che ci si fosse incamminati sulla strada della pace, ma la possibilità che si potesse concretizzare l’accordo tra israeliani e palestinesi scatenò l’opposizione sia della destra ebraica, sia dal fondamento islamico. Si realizzò una crescita di consensi degli estremisti dell’organizzazione Hamas, che si rifiutava di riconoscere Israele, ed ebbero inizio gli attentati suicidi palestinesi contro obiettivi civili israeliani: i loro autori furono chiamati “ kamikaze”, in riferimento ai piloti giapponesi della Seconda Guerra mondiale. Al moltiplicarsi di attentati, il governo Sharon rispose colpendo le case dei terroristi, aumentando il controllo dei territori palestinesi e infine costruendo un “muro di sicurezza” che separava il territorio palestinese da quello israeliano. Dopo la morte di Arafat (2004) si affermò la dirigenza più moderata di Abu Mazen, che non riuscì tuttavia a porre un freno al terrorismo. Hamas stravinse le elezioni del 2006, ponendo l’ANP in una situazione di isolamento. Dopo l’appoggio di al-Fatah a tentativi di rovesciamento del governo di Hamas, si arrivò alla formazione di due governi contrapposti:  Uno a Gaza, sempre sotto assedio, controllato da Hamas  Uno in Cisgiordania, controllato da al-Fatah. 11 SETTEMBRE 2001 71 In Sudan dalla fine degli anni Ottanta andò al potere un gruppo di ufficiali controllati dal Fronte islamico nazionale, che impose le leggi islamiche anche alle regioni del Sud, cristiane, provocando una sanguinosa guerra civile. Alla fine del decennio successivo ci fu una svolta che portò il paese a essere alleato degli Stati Uniti nella guerra al terrorismo. La spinta alla diffusione non fu data solo dalla guerra in Iraq, ma anche da quanto si era determinato in Afghanistan con l’invasione sovietica del 1979: la guerriglia antisovietica, finanziata dagli USA, dall’Arabia Saudita e dal Pakistan, produsse effetti che andarono nel senso contrario di chi l’aveva sostenuta. Qui, infatti, a fianco dei ribelli giunsero volontari di diversi paesi arabi, finanziati dal miliardario Osama Bin Laden, membro di un’influente famiglia saudita. Nella fase della guerriglia contro l’invasione sovietica, Bin Laden fondò al-Qaida, l’organizzazione di militanti, legata ai talebani e diffusa in molti paesi arabi e islamici, che attuò azioni terroristiche contro gli Stati medio-orientali filoccidentali e contro gli USA e i suoi alleati: tra queste vi furono il primo attentato al World Trade Center a NY nel 1993 e gli attentati alle ambasciate americane in Kenya e Tanzania del 1998. L’equilibrio internazionale del nuovo millennio fu drammaticamente segnato dagli attentati terroristici che l’11 settembre 2001 colpirono al cuore degli Stati Uniti, provocando quasi 3 mila vittime. Due aerei, dirottati da commando suicidi, furono condotti a schiantarsi contro le torri gemelle del World Trade Center, un terzo aereo colpì il Pentagono a Washington (sede del Dipartimento della difesa); un quarto, forse diretto sulla Casa Bianca, precipitò in Pennsylvania. Bin Laden, attraverso una video-cassetta inviata alla televisione araba ne rivendicò la paternità, invitando tutti i musulmani a iniziare la lotta contro gli infedeli e giurando che “l’America non vivrà in pace finché la pace non regnerà in Palestina”. In nome della lotta al terrorismo internazionale, Bush fece un richiamo all’unità della nazione e ottenne l’appoggio degli Stati più importanti del mondo. La prima tappa della guerra al terrorismo fu l’Afghanistan, con l’obiettivo di abbattere il regime dei talebani, complice di al-Qaida. Vi furono coinvolti Stati Uniti e GB e altri paesi della NATO, compresa l’Italia. Ai primi di dicembre la guerra era conclusa e il regime caduto, ma Bin Laden era riuscito a fuggire. Bush indicò un “asse del male” formato da quelli che definì “Stati canaglia”  Iraq, Iran, Siria, Corea del Nord = responsabili di connivenza con il terrorismo internazionale. L’UE si divise: Germania e Francia si dichiararono contrarie alla guerra; mentre furono favorevoli, oltre alla GB, i governi di centro-destra spagnolo e italiano (Berlusconi, che però non inviò truppe) e quasi tutti i paesi ex-comunisti. Papa Wojtyla, pur condannando il terrorismo, si oppose e si espresse contro l’intervento. Bush, in contrasto con l’ONU, dichiarò che sarebbe andato aventi lo stesso anche senza il suo mandato. Il 20 marzo 2003 americani e inglesi decisero di procedere all’intervento e diedero inizio ai bombardamenti su Baghdad e sulle principali città irachene: Saddam fuggì, il regime cadde e furono abbattuti i simboli della sua dittatura. Il 1 maggio 2003 la guerra era finita ufficialmente. 72
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