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RIASSUNTO COMPLETO Il secolo dei consumi (Cavazza-Scarpellini), Sintesi del corso di Storia Contemporanea

Riassunto completo del libro "Il secolo dei consumi: dinamiche sociali nell'Europa del Novecento" di Emanuela Scarpellini e Stefano Cavazza (ed. 2006, Carocci). Argomenti: società di massa, luoghi del consumo, teorie del consumo, dibattito sul lusso, tempo libero, personale dei grandi magazzini, genere e ruolo donne, pubblicità e marketing, intrattenimento e società dello spettacolo. Insegnamento: Storia contemporanea (12693). Corso di laurea: DAMS. Università di Bologna Alma Mater Studiorum.

Tipologia: Sintesi del corso

2022/2023

In vendita dal 06/04/2023

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Scarica RIASSUNTO COMPLETO Il secolo dei consumi (Cavazza-Scarpellini) e più Sintesi del corso in PDF di Storia Contemporanea solo su Docsity! Stefano Cavazza, Emanuela Scarpellini Il secolo dei consumi Dinamiche sociali nell'Europa del Novecento CAP 1 – L’UTOPIA DEL CONSUMO TOTALE L’evoluzione dei luoghi di consumo La propensione ai consumi instauratasi è qualcosa di più che una semplice attitudine a comprare merci per via di un alto potere di acquisto. Essa appare come una sorta di paradigma che permea l'intera società, piega alle sue necessità ogni manifestazione economica e politica, ridefinisce i rapporti interpersonali, trasforma le espressioni culturali, finisce per assumere un valore di identità: in altre parole, costituisce la forma distintiva della società occidentale contemporanea. Gli spazi commerciali nella loro evoluzione hanno le seguenti caratteristiche:  evoluzione simile-specificità culturali – da una parte seguono un’evoluzione simile (all’interno della società Occidentale), allo stesso tempo assumono caratteristiche specifiche (in base al contesto politico e sociale delle Nazioni);  da merce-oggetto a merce-simbolo – i luoghi dove avviene il rito del consumo subiscono la stessa evoluzione tipica della merce: la perdita della caratteristica di oggetto fisico ben determinato va di pari passo con l’assunzione di significati simbolici e culturali. 1.1 Le origini: le botteghe Le botteghe si inseriscono nel tessuto cittadino e la piazza del mercato è spesso il punto d’incontro sociale più importante dell’intera comunità. Caratteristiche del negozio:  affaccio sulla strada e/o piazza;  precisa separazione fisica fra lo spazio del pubblico e lo spazio del venditore;  merci specificate e connotate;  assenza di vetrine - rimane secondaria la funzione espositiva;  presenza di retrobottega (nascosto al pubblico) come deposito merci o per l’attività di produzione artigianale;  struttura funzionale - l’aspetto estetico non è rilevante. Il consumatore entra per rispondere a un’esigenza basilare: approvvigionamento di beni per soddisfare bisogni primari e secondari. Inoltre prende parte ad un meccanismo di scambio e incontro sociale. Una caratteristica è la loro presenza delle botteghe nelle testimonianze letterarie e artistiche. Risultano così omogenee all’interno tessuto sociale e urbano da diventare quasi invisibili. 1.2 Dai passages ai grandi magazzini I passages (gallerie commerciali coperte) nascono a Parigi verso la fine del ‘700, periodo nel quale la città conosce un grande sviluppo urbanistico e demografico e la nuova borghesia urbana ambisce ad uno stile di vita più agiato. I passages sono una presenza visibile e spesso sono costruiti nelle vicinanze di teatri in modo da sfruttare la loro capacità di attrazione. es. Nel 1786 nasce il primo passage, collocato nel giardino del Palais Royal. es. Nel 1878 venne costruita la galleria commerciale più grande del mondo: la Galleria Vittorio Emanuele II a Milano. Il successo dei passages è dato da diversi fattori, che insieme concorrono a definirlo come un archetipo della modernità:  architettura moderna - ampio uso di ferro e vetro, con molta luminosità;  presenza accentrata di moltissimi negozi eleganti, ristoranti e ritrovi vari;  impatto sociale – è un ambiente protetto, ma nello stesso tempo anche un luogo pubblico e sociale. 1.2.5 Negozi a catena e magazzini a prezzo unico Con la crisi degli anni ’30 si diffondono anche i magazzini a prezzo unico (o magazzini popolari): empori rivolti ad una clientela meno abbiente che offrono una vasta gamma di prodotti ad un unico prezzo. I locali sono arredati modestamente e la merce è ammassata sugli scaffali. es. Woolworth (USA) e Hermann Tiez (Berlino) - primi magazzini a prezzo unico. es. 1928, Upim (Unico Prezzo Italiano Milano), Italia - la Rinascente è l’unico grande magazzino a livello nazionale che apre negozi a basso costo sotto il marchio Upim. es. 1931, Standa, Italia - i fratelli Monzino fondano la catena concorrente Standard (poi Standa). 1.3 Avvento dei supermercati 1.3.1 Un’invenzione statunitense Anni ’30 - con la crisi, trovano successo i supermercati, basati su due elementi: self-service e prezzi bassi. es. 1916, Piggly Wiggly Store di Saunders - uno dei precursori dei supermercati. es. 1930, King Cullen, Long Island di Cullen. Caratteristiche che consentono basse spese:  struttura semplice - no decorazioni, luci diffuse, scaffali disposti ovunque, merci accatastate;  localizzati in aree densamente popolate;  basso costo di avviamento e gestione;  sistema self-service e risparmio sul personale;  prezzi bassi e attente politiche di acquisto;  inizialmente i prodotti offerti sono limitati a 4-5 settori. Evoluzione:  apertura nei quartieri ricchi - anche quando la situazione economica migliora i supermercati continuano la loro diffusione: iniziano ad apparire supermercati con un arredo più curato, spesso all’interno delle città e nei quartieri ricchi;  anche prodotti non alimentari – con la Seconda Guerra Mondiale si vendono marchi nazionali di minor costo, inoltre sono introdotti nell’assortimento vari prodotti non alimentari;  seconda ondata di diffusione - nel Dopoguerra, con l’aumento della popolazione e del reddito avviene una seconda ondata di sviluppo dei supermercati in Europa. 1.3.2 Diffusione e adattamento in Europa La diffusione in Europa è veloce e avvia l’importazione del modello di consumi americano. In Italia l’arretratezza del sistema economico e la povertà del mercato nazionale non favoriscono la creazione di grandi imprese. La distribuzione fino a quel momento avviene attraverso una fitta rete di piccoli negozi alimentari generalmente a conduzione familiare. es. 1957 - Supermarkets Italiani, società di Rockefeller, apre un supermercato americano a Milano. I commercianti vicini protestano, ma suscita grande interesse fra i consumatori. es. Seguono l’esempio di cui sopra la Rinascente (con la catena SMA) e la Standa. Adattamenti del supermercato italiano rispetto al modello americano:  locali di dimensioni inferiori – a causa della mancanza di spazi nelle città;  carrelli della spesa più piccoli;  mancanza di parcheggio per automobili – non erano ancora così diffuse tra le famiglie italiane;  prodotti tipici italiani; 1.3.3 L’impatto sociale Il supermercato è:  lo specchio di una società uscita dalla crisi e da due guerre mondiali: rappresenta la promessa della fine della povertà e il sogno di una vita di benessere, ricca di beni per tutte le classi sociali. allo stesso tempo  riflette le paure di tale società: omologazione, anonimato e spersonalizzazione. I supermercati diventano dei punti di riferimento, simboli della società capitalista:  spazio unico, piatto e uniforme, con luce artificiale al neon e aria condizionata, paragonato all’ambiente della fabbrica: con essa condivide gli aspetti razionalistici, neutri e ripetitivi, diventando un archetipo dello spazio urbano contemporaneo. Il senso di freddezza dei suoi arredi è contrastato dai colori vivaci dei prodotti;  modificano la dieta quotidiana - è offerta alla clientela una maggiore varietà merceologica di cibi provenienti da tutto il mondo;  riducono i tempi e modificano la preparazione dei cibi – i prodotti confezionati e di marca anziché sfusi riducono i tempi di approvvigionamento e preparazione dei pasti giornalieri. Questa comodità è un fattore apprezzato dalle donne, sulle quali ricade l’onere della preparazione dei cibi;  luogo di incontro sociale - l’intera famiglia si reca a fare la spesa, il supermercato non è concepito come un semplice negozio, ma come luogo dove soddisfare la curiosità, svagarsi, vivere un’esperienza positiva insieme. Forti critiche invece arrivano dai piccoli commercianti, che temono la concorrenza. Sono sostenuti da partiti e fazioni politiche che vogliono proteggere il tessuto sociale ed economico locale con forti battaglie contro l’espansione dei supermercati. Due sono le risposte:  Nord Europa - prevale la logica di mercato;  Francia e Inghilterra - sono approvate delle leggi a difesa del piccolo commercio che pongono limiti alla diffusione della grande distribuzione. Altre forme di resistenza arrivano dai consumatori, che temono che la qualità generale dei cibi sia inferiore e diffidano dalla produzione industrializzata, con particolare sfiducia verso i prodotti surgelati. 1.3.4 L’evoluzione dei supermercati e i discounts Anni ’60 - i supermercati diventano strutture sempre più funzionali e sofisticate. Il designer americano Raymond Loewy segnala come la mancanza di razionalità degli spazi limiti i movimenti dei consumatori e penalizzi le merci poste ai lati. Suggerisce quindi di:  suddividere i prodotti per sezioni merceologiche, anziché divisi tra deperibili e non deperibili;  lasciare più spazio all’entrata per permettere una migliore visione d’insieme;  creare percorsi per i consumatori. Anni ’90 – si diffonde in Francia l’ipermercato (Intermarchè), supermercato di grandissima superficie, posto nella periferia urbana, con numerose tipologie di prodotti non alimentari a basso prezzo. es. 1963, Parigi, Carrefour – primo prototipo di ipermercato. Caratteristiche che decretano il successo della formula, che riprende in scala maggiore quella del supermercato:  grande convenienza dei prezzi;  concentrazione di un elevato numero di articoli in uno stesso luogo. Anni ’90 - un’altra formula che si diffonde in questo periodo è quella dell’hard discount. es. 1913, Germania, Aldi – primo prototipo di hard discount. Tra i suoi concorrenti ci sarà poi Lidl&Schwarz. Caratteristiche:  negozi con superficie relativamente limitata;  prezzi inferiori del 10-50% rispetto alle altre rivendite alimentari;  limitazione della varietà dei prodotti;  controllo diretto della produzione - i produttori delle merci esposte hanno come clienti solo i discount. Il successo di queste formule (ipermercato, hard discount) non risiede solo nel fatto di rivolgersi a categorie a basso reddito; è presente la tendenza diffusa nelle fasce di reddito medio-alto di risparmiare sui beni banalizzati (alimentari o beni a largo consumo) per concentrare le risorse finanziarie su merci ad alto costo. Tra Europa e USA c’è un differente andamento economico, con conseguente diversa performance del commercio al dettaglio: negli USA la produttività è in crescita, in Europa l’incremento è contenuto. Di grande successo è la Wal-Mart (USA, 1962, fondata da Sam Walton), grazie a:  politica d’acquisto con ricerca del prezzo più basso;  macchina logistica efficiente;  tecnologie informatiche in grado di fornire informazioni su ogni vendita effettuata (codice a barre). 1.4 Centri commerciali e concept stores 1.4.1 Gli shopping centres ovvero la città ideale Nel Secondo Dopoguerra avviene un massiccio trasferimento di popolazione della classe media dalle città alle periferie urbane, fascia di popolazione che può disporre di un’auto per spostarsi dalla casa periferica al lavoro in città. Di conseguenza nei luoghi strategici (grandi incroci) si costruiscono gruppi di negozi che rispondono alla necessità dei cittadini stabiliti nelle vicinanze. Gruen, architetto viennese, promuove spazi pubblici dove riunire le attività commerciali e nello stesso tempo fornire punti di ritrovo per le nuove comunità. Nella sua città ideale la struttura riprende la forma del centro cittadino, per dare un senso di unità. Successivamente questi luoghi diventeranno mall al chiuso. es. 1956, USA: il primo mall fu il Southdale Center di Edina, nei sobborghi di Minneapolis. Caratteristiche:  aria condizionata;  apertura con orario continuato 6 giorni su 7 (domenica inclusa successivamente);  iniziative ricreative a carattere non commerciale;  privatizzazione dello spazio pubblico - inizialmente questi spazi erano deputati anche a finalità civiche e politiche ma con il tempo viene rimossa la dimensione pubblica;  stretta sorveglianza - i mall si mostrano come uno spazio ideale e protetto;  rivolto alla famiglia – è uno spazio indirizzato soprattutto alle donne, per la scelta di negozi e servizi. Con il tempo questa attenzione si allarga all’intera famiglia e l’attività dello shopping diventa un passa tempo. CAP 2 – LE TEORIE DEL CONSUMO Le teorie sulle pratiche di consumo rappresentano fonte di potere sociale perché attraverso delle norme cercano di regolare i soggetti e il modo in cui spendono le risorse, in base a una determinata rappresentazione simbolica della società. Le pratiche di consumo spesso trasgrediscono queste norme, talvolta in modo plateale, altre volte in modo surrettizio. Il dibattito sul lusso (seduzione o condanna) ricorre già nel Medioevo, soprattutto nei momenti di sviluppo materiale e artistico. Chi vede il lusso con ostilità, ma anche chi lo accoglie con favore, lo considera una celebrazione di grandezza divina, che richiede perciò una normativa etica che ne regoli le pratiche. La legislazione suntuaria, cioè la legge che limita gli eccessi nel lusso, rappresenta quindi uno strumento e un sintomo dell’esigenza di disciplinare il consumo, di fissare un ordine simbolico nei luoghi di circolazione culturale e innovazione, le città. 2.1 Il tramonto dell’ancien régime del consumo (Settecento) Le teorie del consumo contemporanee hanno origine nel ‘700, con il tramonto della disciplina del lusso dell’ancien regime: esso attribuisce a ciascun ceto sociale degli standard di consumo. La legislazione suntuaria, ha 3 aspetti: 1) di carattere etico - discende da una matrice cristiana che vuole il consumo ancorato al rango e insiste soprattutto sulla regolazione degli aspetti più visibili dei comportamenti di consumo (es. vestiario); 2) di matrice economica - individua nella diffusione del lusso una causa di impoverimento degli Stati e vuole quindi riservare il lusso ad una élite ristretta; 3) di carattere politico - evidenzia i pericoli di sovversione sociale nell’estendere consumi tradizionalmente riservati all’aristocrazia. L’applicazione delle leggi talvolta genera resistenza nella popolazione, ma viene continuamente reiterata per ribadire la struttura gerarchica della società e per esercitare una pressione sociale contro le sfide simboliche all’autorità. 2.2 Il dibattito sul lusso Il dibattito sul lusso nel ‘700 vede 2 filoni:  moralisti sociali – Montesquieu, Rousseau, (Helvetius, Holbach) – critica al lusso e ideali di uguaglianza sociale;  difensori del lusso – Mandeville, (Melon), Voltaire + Diderot, Hume, Smith – difesa del lusso, piacere dei sensi come fine esistenziale in sé. Di seguito, il pensiero di alcuni filosofi che hanno segnato il dibattito sul lusso:  Mandeville, Favola delle api (1705) – rappresenta una riflessione sulla moderna dinamica dei consumi e le implicazioni che ha su società ed economia. Il paradosso di Mandeville afferma che i vizi privati e le pubbliche virtù sono complementari: i vizi privati stimolano l’economia, che rende potente la nazione (l’alveare), mentre la virtù da sola non può rendere grande un paese. Se tutti i cittadini (le api) sono virtuosi, la nazione diventa più povera, decadente, più debole militarmente e demograficamente. Il paradosso si basa sulla divergenza insanabile tra moralità privata e bene pubblico: le buone intenzioni dell’individuo possono essere negative per la collettività, allo stesso tempo il bene della collettività si basa su vizi che la morale sanziona, ma che portano alla prosperità sociale e che nuocciono all’individuo. La società basata sul mercato vede il vizio radicato nel suo funzionamento.  Melon - riprende Mandeville parlando del lusso come una risorsa per la ricchezza nazionale e del buon governo come un qualcosa di ben lontano dalla virtù.  Voltaire, Le Mondaine (1736) - pone l’accento sulla rivoluzione dei valori che l’apprezzamento del lusso comporta, ovvero lo smantellamento della dottrina cattolica della frugalità e della vita austera. Rovescia l’etica cristiana dell’apparire: si celebra il lusso come strumento di ascesa sociale e non come attributo della propria posizione nella società. 2 aspetti: o neomercantilistico - rivalutazione della funzione economica del lusso; o esprit nouveau - rivalutazione della vita mondana rispetto a quella della fede.  Montesquieu, Lo spirito delle leggi (1748) – introduce la tipologia politologica del lusso, legittimando il lusso nella Francia dell’epoca e circoscrivendo l’etica della frugalità a un preciso sistema politico: o tipologia repubblicana - nelle repubbliche il lusso è un elemento di perturbazione interna: in un contesto che tende all’uguaglianza, svia i cittadini dall’impegno civico. o tipologia monarchica - nelle monarchie è legittimato dallo stimolo all’economia: laddove è normale l’ineguale distribuzione della ricchezza, è necessario che il ricco spenda molto per animare l’economia e dare lavoro al povero.  Rousseau - la tipologia repubblicana del lusso assume un valore normativo. es. decadenza di Roma rappresenta un esempio della degradazione causata dai consumi di lusso.  Diderot - il lusso è utile se inserito in un progetto sociale, deve essere temperato da equità e moderazione. È un concetto proto-borghese, legato alla ricchezza dei mercanti che non vivono il meccanismo competitivo delle corti, ma vedono il lusso come comfort, miglioramento della vita materiale.  Hume, On Luxury (1752) distingue: o lusso come ostentazione - proprio delle società gerarchiche che sottolineano le differenze; o lusso di comodità - proprio delle società egualitarie che cercano la prosperità. Hume vede chiara differenza strutturale tra società antiche e società moderna: nella società moderna il significato sociale del consumo è collocato in una visione organica che combina commercio, consumo e libertà. Il lusso è un elemento di civilizzazione che traina l’economia, sviluppa i commerci ed estende i suoi benefici su molti senza minare le virtù delle nazioni.  Smith, The Theory of Moral Sentiments (1759) - riconosce l’importanza degli egoismi individuali, che seppur slegati, concorrono alla prosperità collettiva. L’egoismo muove l’azione dei singoli che interagiscono sul mercato come soggetti anonimi, e proprio su questa interdipendenza delle azioni economiche individuali si fonda il legame sociale nelle moderne nazioni commerciali. Introduce l’etica del consumo della borghesia ottocentesca: rendere compatibile la diffusione dei consumi e la crescita dei mercati con il mantenimento delle distinzioni sociali, controllando gli effetti destabilizzanti del lusso. Il consumo e l’egoismo sono i principi fondamentali della società che si sta formando e essi non conducono necessariamente alla dissoluzione perché sono temperati dal giudizio morale fondato sull’appropriatezza. Il consumo è mediato dalla morale e si inserisce nelle gerarchie esistenti con degli standard socialmente condivisi nelle varie classi. 2.3 Etica del consumo e standard di vita nell’Ottocento Nell’800 processi sociali e materiali nuovi vedono cambiamenti profondi nella società europea: mutano le basi materiali del consumo, si introducono nuovi modi di vita, nascono nuove configurazioni sociali, si sviluppano fenomeni di urbanizzazione, industrializzazione e mercantilizzazione dell’agricoltura. Democraticizzazione dei consumi: le classi subalterne (operai, contadini) hanno più denaro da spendere in risorse (dilatazione della quota monetaria e salariale), avviene quindi un’emancipazione delle scelte di consumo. Non significa però un necessario miglioramento o un aumento delle risorse disponibili ma una maggiore autonomia nell’allocazione delle proprie risorse di consumo. Lo studio dei consumi si sposta da un ambito etico-normativo, a un ambito sociologico-statistico (studio delle abitudini e delle strategie di consumo delle famiglie): l’idea di economia morale è sostituita dall’azione di anonime forze di mercato, in balia delle quali si trovano le classi popolari. Nelle prime indagini sulle famiglie, la tendenza moralizzatrice è fortemente condivisa: finalizza la raccolta dei dati sui comportamenti di consumo alla verifica scientifica dei timori per una pericolosa propensione delle masse operaie allo spreco, all’emulazione delle classi agiate e alla seduzione delle mode.  Le Play – attraverso l’indagine statistica sui budget delle famiglie, sposta l’attenzione da una lettura individualistica della gestione del consumo all’enfasi sul nucleo famigliare autosufficiente, ovvero alla famiglia come agente di regolazione sociale e di disciplina. I dati sui nuclei famigliari sono calati nel contesto sociale dei quartieri operai. A fine ‘800 avviene un mutamento di paradigma nella formazione dei saperi e delle teorie sul consumo.  Halbwachs (1913) – all’interno di una ricerca calata nel contesto del socialismo normalista, le scelte di consumo sembrano dipendere dalle rappresentazioni sociali (posizione sociale che i consumatori si attribuivano) e anche da veri e propri stili di vita maturati con il tempo (habitus) che non cambiavano con il mutare del reddito ma soltanto attraverso la mobilità sociale intergenerazionale di lungo periodo. Mette in discussione le tesi di Engel, che collegano i comportamenti di consumo al reddito, non tenendo conto del contesto sociale e culturale nel quale avveniva il consumo. es. A parità di reddito un impiegato e un operaio hanno stili di consumo molto diversi e quando le famiglie che appartengono ad un particolare strato sociale subiscono variazioni di reddito, esse mantengono il proprio modello di consumo. Un operaio che ha improvvisamente più risorse non adotterà uno stile di vita borghese, ma diventerà un operaio ricco. Seconda metà del secolo:  Durkheim – il consumo è una pratica socialmente radicata e regolata da istituzioni sociali come famiglia, cooperative e corporazioni, anziché lo Stato. Esse armonizzano produzione e consumo. Il grande magazzino è visto come istituzione che contribuisce alla prosperità. All’epoca molte erano le critiche al grande magazzino:  spersonalizza il mondo moderno;  destabilizza equilibri famigliari e di genere;  minaccia l’equilibrio psichico delle donne, la moralità, l’ordine domestico, il buon gusto e la capacità di discernimento attraverso la seduzione estetica e commerciale. es. si presume diffonda la cleptomania, indebolendo l’autocontrollo delle donne, base della moralità borghese. Questa percezione negativa viene superata con l’intervento di pubblicitari e giornalisti di moda: si propone un’immagine di donna nuova come consumatrice consapevole. Il gusto estetico viene reso agente di civilizzazione della società e la donna viene riqualificata come esperta della nuova estetica modernista. 2.6 La crisi in Germania anni ‘20 – nel periodo della Repubblica di Weimar (1918-1933) in Germania avviene il dibattito sulla razionalizzazione. L’economista Gottl-Ottlienfield (1924) è il primo a parlare di “fordismo”, che implica organizzazione della produzione, disciplina del consumo e della vita sociale. La razionalizzazione promuove uno stile di vita moderno per le masse che rinnova profondamente la quotidianità attraverso le nuove risorse messe a disposizione dall’industria, dalla sfera pubblica a quella della socialità e del divertimento. Differenze tra Europa e USA nel concetto di razionalizzazione:  Europa - persistenza del potere privato dell’industria, razionalizzazione come effetto della parsimonia;  USA – filosofia di espansione commerciale che avviene attraverso cicli espansivi e fiducia nell’incremento della produttività come motore del consumo. Tuttavia con la crisi del 1929 l’approccio USA vede un fallimento. In Germania le teorie della “fine del capitalismo” vogliono rispristinare l’organismo sociale e la sua organizzazione economica sulla base di modelli corporativi o statali che ispirano la propaganda politica fascista e nazionalsocialista. Si fa strada l’idea che il consumo debba essere all’interno di un sistema economico basato sulla comunità nazionale.  Fried (destra tedesca) - il fallimento del capitalismo deve portare alla rifondazione del sistema economico come statico e autosufficiente all’interno del quale compiere il ciclo di produzione e consumo: stabilire l’autarchia della nazione attraverso la riduzione degli scambi commerciali con l’estero, il nazionalismo dei consumi e il fordismo espansivo. Fried propone la ruralizzazione della Germania per renderla autosufficiente sul piano alimentare e invoca la rinuncia a quei prodotti importati dall’estero (es. zucchero di canna e caffè). L’autarchia economica viene accolta nella Germania nazista perché coerente con l’antisemitismo: gli ebrei personificano il cosmopolitismo di un’economia basata sullo scambio internazionale.  Sombart - propone una disciplina statale del consumo e coniuga la pianificazione con una prospettiva di ridimensionamento dei falsi bisogni. Dopo la crisi, una volta instauratisi i regimi fascisti e nazisti negli anni ‘30, occorre assicurare la ripresa dell’occupazione e dei consumi per alimentare la costruzione del consenso. I regimi nazi-fascisti offrono tuttavia scarsità, anziché abbondanza, perché convogliano il bilancio economico su priorità politiche, militariste ed espansioniste, insomma sull’investimento bellico. Vogliono limitare il ricorso al mercato per i consumi di massa creando strutture di dopolavoro: hanno il compito di orientare e gestire il tempo libero e il consumo offrendo beni e servizi alle masse. Differenza con regime di Stalin: i regimi nazifascisti attribuiscono maggiore importanza al consumo e sfruttano politiche imperialiste e razziste anche per migliorare le condizioni materiali del popolo. 2.7 Gli Stati Uniti e il fordismo anni ‘20 – netta differenziazione delle visioni del consumo in USA e Europa. In USA:  legittimazione del libero mercato e della democrazia del benessere sono elementi decisivi nella democrazia statunitense;  marketing e pubblicità hanno importanza civile - i pubblicitari vengono legittimati sul piano scientifico e accademico: la ricerca universitaria viene coinvolta nella cultura pubblicitaria. La loro capacità di alimentare sogni e sollecitare desideri viene riconosciuta come un elemento basilare del successo della società moderna. Addirittura la pubblicità ha la funzione di civilizzazione, di sanare le fratture culturali, perché è l’integrazione simbolica di una popolazione caratterizzata da una forte eterogeneità culturale. In Europa invece sono i valori nazionali ad essere chiamati a permeare il consumo. Presupposto necessario del fordismo negli USA è la presenza di salari alti, che permettono l’allargamento della capacità produttiva e attribuisco al consumo una funzione centrale nel processo di accumulazione. Ma anche il fordismo si iscrive nella tradizione paternalistica americana della regolazione dei consumi. Implica un controllo sulla vita privata dei lavoratori (proibizionismo, repressione sessuale) perché le esigenze del lavoro taylorizzato e l’alta produttività richiedono una gestione complessive del lavoro vivo, al fine di massimizzare il quoziente di trasformazione in lavoro astratto.  Gramsci - vede nel fordismo una combinazione moderna tra il puritanesimo dei pionieri e del più avanzato esempio dell’uso capitalistico delle macchine: il lavoratore diventa oggetto di dispositivi di controllo tradizionale (come il controllo paternalistico della vita privata) e allo stesso tempo dispositivi moderni (lavoro incorporato nella tecnica). 2.8 L’età dell’abbondanza Le premesse dei primi del ‘900, con una cultura commerciale e del consumo in espansione, sembrano mobilitare le fondamenta della società di massa. Tuttavia tra le due guerre mondiali questa trasformazione sociale è stata impedita. Dopo la Seconda Guerra Mondiale avviene la rifondazione dell’ordine economico internazionale incentrato sul mercato USA: il consumo diventa centrale nella costruzione della società occidentale.  anni ‘50-‘60 – rivoluzione dei consumi che ha impatto sull’intera sfera della cultura materiale e della quotidianità (cibo e consumi culturali). Quello americano sembra il modello sociale che ha risolto il problema della scarsità materiale e nel quale si presentano invece i disagi dell’abbondanza. Questa trasformazione provoca riflessioni sulle funzioni del consumo e della cultura commerciale. Diversi sono i saperi che si occupano della società dei consumi:  pubblicità e indagini di mercato – hanno funzione operativa, agiscono anche attraverso la stampa specialistica che discute di tecniche di promozione e interpretazioni;  scienze sociali – si interrogano su natura ed esiti di questa rivoluzione. o critica al consumismo – inteso come degenerazione dei comportamenti di acquisto, con un effetto negativo sulle relazioni sociali. Ha due filoni di pensiero, che assumono infine una funzione pubblica simile, cioè la critica alla pubblicità e al marketing, mezzi delle grandi corporations che dominano i mercati con potenti oligopoli globali (contraddizione alla presunta libertà del mercato e dei consumatori):  filone tedesco (Scuola di Francoforte, di orientamento neo-marxista) – si basa sulla critica marxiana del capitale, che vede il consumo come un elemento funzionale alla logica dell’accumulazione del capitale. Per accrescere il capitale occorre espandere il mercato, perciò è necessario indurre bisogni manipolando i desideri. La produzione materiale, sotto forma di merce, sostituisce la realtà dei rapporti sociali mentre i consumatori si trasformano in spettatori incantati.  filone USA – critica ai fenomeni di spreco connaturati al carattere emulativo del consumo. Si rifà alla teoria del conformismo sociale come propulsore per alimentare i consumi, psicologia applicata già dalla pubblicità negli anni ‘20. La preoccupazione sulla scarsa autodeterminazione delle masse (poca agency del consumatore) è ulteriormente alimentata dalla diffusione della televisione, nuovo potente capillare media di massa molto efficace dal punto di vista comunicativo;  Marcuse, L’uomo a una dimensione (1964) - riprende la riflessione di Horkheimer e Adorno sul potere di omogeneizzazione dell’industria culturale come istituzione del tardo capitalismo e della generalizzazione della sua razionalità strumentale a tutti i campi della vita sociale. Il sistema dei media riesce a colonizzare lo spirito e l’immaginazione dell’uomo massa, che indirizza la sua volontà, i suoi desideri e le sue azioni in base ai valori prodotti dai media. Infatti, nelle società industriali industria culturale produce il sistema di valori dominante, basato sul mito della competizione individuale In questo modo la classe operaia viene integrata e perde la sua funzione antagonistica all’interno del sistema. L’incremento dei redditi ha condotto ad una dinamica consumistica abilmente diretta e indirizzata verso bisogni non necessari. La massa definita dal consumo che emerge da questi sviluppi, si caratterizza per la sua unidimensionalità che è sociale, politica e ideologica- culturale e perciò tutto ciò che esce dal conformismo di massa viene patologizzato. Sotto i fasti del suo successo materiale, la società occidentale nasconde un orientamento totalitario in grado assoggettare i consumatori alla logica di espansione della domanda, producendo differenze e novità al solo scopo di alimentare la logica dell’accumulazione. In un contesto in cui vengono meno le forze dialettiche che avevano animato la prima fase della società industriale, Marcuse individua nel movimento studentesco uno dei possibili agenti dialettici che possono scardinare questo conformismo di massa. L’argomentazione di Marcuse ebbe grande impatto nella controcultura anni ‘60, ma si regge su due fragili presupposti: 1. natura umana - che si potesse appoggiare la critica della società dei consumi su una nozione di natura umana; 2. manipolazione della società - che con il concetto di manipolazione si potesse concepire un’azione comunicativa in grado di controllare compiutamente gli effetti prodotti dal corpo sociale.  Galbraith, The Affluent Society (1958) – sostiene che il consumismo sia la creazione di bisogni economici artificiali e che il circuito di produzione e consumo perde qualsiasi autentica motivazione valoriale.  Riesman, The Lonely Crowd (1950) – la folla è eterodiretta, ovvero è soggetta all’azione dei media che ne orientano l’attitudine. L’individuo quindi cerca di conformarsi ai valori correnti per fuggire all’ansia dell’esclusione sociale. CAP 3 – VIVA L’OZIO Il tempo libero nell’età contemporanea 3.1 Definire il tempo libero Nell’‘800:  domenica giorno libero e aggiunta del sabato - giorni liberi dal lavoro sono variati nella storia: o nell‘800 e parte del ‘900 il giorno libero era la domenica, in quanto giorno del Signore; o già nel 1850 circa in UK viene aggiunto anche il sabato (mezza giornata libera).  vacanza per le élite - nell’800 la vacanza è appannaggio delle élite: il turista è un aristocratico o un membro dell’alta borghesia che spesso persegue la tradizione settecentesca del Grand Tour, il viaggio di formazione e istruzione nei luoghi di cultura e paesaggio europei. In quel periodo gli operai hanno tra le loro prime rivendicazioni le condizioni di lavoro e di salario, obiettivi primari rispetto all’ottenimento del tempo libero (“vivere lavorando o morire combattendo”, motto degli operai di Lione nel 1831). Inoltre il costo di una vacanza risulta inarrivabile rispetto al salario medio. La richiesta di riduzione dei turni di lavoro viene subito dopo: i ritmi della fabbrica sono più serrati rispetto a quelli dei lavoratori specializzati pre-industriali (talvolta flessibili, con lunedì libero) perché l’organizzazione della produzione è più rigida.  1880s - diritto all’ozio e prolungamento riposo - negli anni 1880s si inizia a parlare di “diritto all’ozio” (LaFargue) e a cavallo tra ‘800 e ‘900 la richiesta di un tempo prolungato per il riposo comincia a diventare prioritario. Tra alcune categorie di lavoratori si fa strada l’idea di vacanza. Dopo la Prima Guerra Mondiale:  tra le due guerre - il benessere è circoscritto solo ad alcune classi sociali: scarsità e parsimonia sono parte della quotidianità delle famiglie. Tuttavia l’influenza della cultura statunitense sull’Europa comincia a far verificare cambiamenti nella cultura del consumo.  1936 - Fronte Popolare in Francia – vacanza pagata diritto generalizzato - la vacanza pagata è sancita come diritto generalizzato dal Fronte Popolare. Sarà solo nel secondo dopo guerra che la vacanza diventa qualcosa che noi sentiamo veramente come un diritto generalizzato, tanto da associare la sua assenza a un’idea di sfortuna o povertà. Dal Secondo Dopoguerra:  dal Secondo Dopoguerra – vacanza come status sociale - la diffusione generale del benessere nei sistemi economico-sociali del secondo dopoguerra pone la scelta della villeggiatura come status, una forma di affermazione della propria identità sociale. Andare in vacanza è penetrato così in profondità nel nostro modo di vivere da rendere quasi impensabile il non usufruirne. L’importanza del tempo libero e del suo godimento (detto leisure) risiede nel ruolo assunto nei processi di distinzione sociale:  Veblen - il consumo vistoso si estende, in forme commisurate al reddito, a porzioni ampie della società ed è penetrato nel tempo non lavorativo. Il tempo libero, da soluzione ai ritmi massacranti delle fabbriche, ha assunto un rilievo sempre maggiore nella nostra vita fino a diventare un fine dell’esistenza e a rivestire così un’importanza maggiore dello stesso lavoro.  anni ’80 – fenomeno del turismo di massa – dapprima non era consuetudine passare il weekend al mare o in montagna. Nel periodo fascista la vacanza al mare è una pratica preclusa al mondo operaio e contadino e i villeggianti sono considerati forestieri non del tutto graditi dalle popolazione delle zone marittime. La diffusione del turismo come pratica di massa è un fenomeno molto recente, intensificatosi a partire soprattutto dagli anni ‘80. La diffusione del tempo libero fa parte del processo di sviluppo della società dei consumi. La sua evoluzione futura dipenderà molto da come si faranno i conti con i limiti delle risorse ambientali e dal progresso tecnologico, oltre che dalla volontà di attuare politiche sociali retributive. La storia dell’età contemporanea è caratterizzata da una notevole e costante crescita economica e da una pressione sociale per il riconoscimento e l’ampliamento della sfera dei diritti. Le società occidentali hanno la comune tendenza all’espansione delle attività di tempo libero in parallelo con il processo di limitazione dell’orario lavorativo. Il tempo libero quindi assume carattere di diritto (diritto all’ozio o alla ricreazione). Si tratta di un cambiamento non predeterminato né irreversibile: ora ad esempio gli USA stanno diminuendo il tempo libero, mentre in Europa si continua a dedicarvi largo spazio. Dagli anni ’70 in particolare, in questo processo di allargamento dei diritti, il benessere come fine dell’azione di governo è diventato un elemento essenziale dei processi di legittimazione politica. Benessere significa sia tutela da parte dello Stato di una serie di diritti, ma anche possibilità di consumo per il singolo e quindi possibilità di acquistare beni e usufruire di occasioni di svago acquistandole sul mercato. La categoria del tempo libero ha 3 caratteristiche comuni: 1. è in stretta relazione con la definizione della sfera lavorativa; 2. esclude la remunerazione (o la rende marginale); 3. è un tempo dedicato ad attività gratificanti (leisure=piacere). o 1934, studio sulla città di Westchester, USA - rileva come la crescente libertà da lavori faticosi non significhi necessariamente una vita più felice, distinguendo quindi tra la condizione di “non lavoro” e la soddisfazione del lavoratore raggiunta per mezzo dello svolgimento di attività ricreative. Il tempo libero è una scelta consapevole del consumatore, connessa alla felicità individuale. 3.2 Tempi moderni Con la rivoluzione industriale avviene il cambiamento della percezione del tempo:  innovazioni tecniche accelerano la condivisione collettiva di intendere il tempo senza dipendere dal sole (es. diffusione degli orologi nelle città);  il tempo della fabbrica impone la scansione e la calcolabilità del tempo come un elemento essenziale per il funzionamento della società e per l’organizzazione della nostra vita individuale. Si contrappongono quindi, attraverso la valorizzazione del tempo interiorizzata:  tempo eterodiretto dal lavoro;  tempo della propria libertà.  metà ‘800 – 12-14 ore al giorno di lavoro. Nelle prime fasi della rivoluzione industriale cresce il tempo del lavoro e la disciplina nelle fabbriche.  in GB tra 1840 e 1870 iniziano le richieste di limitazione dell’orario di lavoro, inizialmente non in nome del tempo libero, ma come necessità di ridurre il gravoso carico lavorativo. Le prime categorie a farne richiesta sono gli operai, poi questa si estende ad altri settori. L’importanza del riposo è riconosciuta come fattore per il miglioramento della produzione. Tuttavia la richiesta di riposo si traduce non di rado in aumento dell’assenteismo. La richiesta delle “tre otto” va ufficialmente a far parte delle rivendicazioni del movimento operaio: o 8 ore per lavorare; o 8 ore di svago; o 8 ore per dormire.  1919, conferenza di Washington - accordo sull’introduzione generalizzata della settimana di 40 ore in vari settori produttivi. Gli industriali si oppongono, ma Ford sottolinea l’utilità dell’aumento del tempo libero perché incentiva i consumi e aiuta la produzione.  Seconda Guerra Mondiale - abbandono dell’orario ridotto. Tuttavia la grande crisi e disoccupazione convince l’opinione pubblica della funzione sociale ed economica del tempo libero. Il leisure è considerato sviluppo dell’attività produttiva: assume piena legittimità economica.  Secondo Dopoguerra - riduzione della giornata lavorativa e sabato libero diffusi nei paesi avanzati. Si pensa a possibili impieghi del tempo extralavorativo, non solo come ripresa della forza fisica dissipata nel lavoro. Le ore di lavoro settimanali scendono in modo generalizzato: se nell’800 erano 70, ora sono 40, ora diventato parametro di riferimento.  Nel corso degli ultimi decenni alcune categorie hanno ottenuto la possibilità di scendere al di sotto delle 40 ore, a parità di salario: da un lato la tecnologia consente di spalmare su tre giorni il lavoro e lasciare libero il resto della settimana e dall’altro la riduzione dell’orario è considerata come un possibile antidoto all’alienazione della fabbrica.  1968 e anni ’70 - la fase espansiva di crescita economica, insieme alla rivolta antiautoritaria e anticonsumistica dei movimenti studenteschi, si lega a un rifiuto dell’etica del lavoro e alla rivendicazione di un tempo per sé contrapposto al tempo della produzione: è il rifiuto del guadagno come obiettivo dell’esistenza. Anziché “tempo libero”, diventa “tempo liberato dal lavoro”. Queste posizioni finiscono con l’arenarsi di fronte al peggioramento della situazione economica e alla constatazione dell’importanza che il consumo riveste per gli operai.  anni ‘80 - fase espansiva dell’economia caratterizzata tuttavia dal persistere di alti tassi di disoccupazione in Europa: opportunità di un’ulteriore riduzione generalizzata dell’orario di lavoro a 35 ore, considerate come uno strumento per combattere la disoccupazione incentivando nuove assunzioni. Tuttavia la riduzione dell’orario di lavoro non comporta necessariamente nuova occupazione, ma talvolta più lavoro straordinario. o 1997, Francia - Jospin fa della riduzione a 35 ore a parità di salario uno dei punti salienti del programma elettorale. Vinte le elezioni, una volta al governo fece approvare le leggi Aubry, con cui mantenne la promessa della riduzione. Avviene anche un mutamento nella tipologia dei rapporti di lavoro: si sostituiscono le forme tradizionali di lavoro a tempo indeterminato con lavori a termine e flessibili. Questa tendenza è maggiore negli USA rispetto all’Europa. È una diversa fase di utilizzo del tempo libero, molto più flessibile ma anche più povero in termini di opportunità di consumo e di libertà di scelta. I lavori precari comportano bassa retribuzione e frequenti turnazioni: portano a svolgere più lavori paralleli per raggiungere la stabilità economica. Sembrano prefigurare un futuro di incertezza permanente e un potenziale più ridotto di utilizzo del tempo libero. È possibile che il tempo libero accresca la sua importanza, in quanto momento di espressione della propria individualità perché contrapposto a un mondo del lavoro segnato dalla disaffezione del lavoratore verso ciò che fa o dell’impossibilità di programmare il futuro e che di conseguenza diventi un tempo residuale sia in termini di quantità che di qualità. Nel Secondo Dopoguerra si diffonde in modo prevalente sia in Europa che in USA il modello spontaneo individuale, grazie alla diffusione del benessere nella maggior parte degli strati sociali. Si definisce un sistema politico che trova in questi obiettivi la sua legittimazione. 3.5 Donne, giovani e anziani Il tempo libero si articola in forme specifiche seguendo le varianti di:  genere - il tempo libero delle donne si distingue da quello degli uomini sia nelle forme, sia nell’ambito commerciale con la creazione di settori specificatamente destinati alle donne (es. riviste e romanzi): 1. donne di ceto operaio - costruzione di una rete di rapporti di vicinato scandita da pratiche condivise gratificanti (bere, cucinare). Ma allo stesso tempo è proprio il loro tempo libero collegato al nuovo ruolo lavorativo ad essere visto come potenzialmente pericoloso per la morale: l’accesso al consumo rischia di mettere in discussione i costumi tradizionali. Per la Chiesa la presenza di un’industria culturale con pubblicazioni destinate a un pubblico di massa e finalizzate a gratificare attraverso l’evasione è un pericolo per la salute spirituale delle donne, che rischiano di trascurare la cura di sé e le funzioni religiose. 2. donne borghesi - la visita al grande magazzino è un modo per evadere dalla quotidianità ed è percepito come un potenziale pericolo per la moralità della famiglia.  generazione - specificità e differenze nella fruizione del tempo libero sono legate anche alle fasce d’età. o giovani - si cominciano a definire le culture giovanili, un’area di impiego del tempo libero definita dall’appartenenza generazionale per quanto riguarda i gusti e le attività. Modi di vestire, gusti musicali e gruppi informali sono elementi che definiscono anche un segmento di mercato e una serie di pratiche di tempo libero.  gioventù come concetto socioculturale - “Gioventù” non è solo un concetto anagrafico ma anche e soprattutto un concetto socioculturale. Nei primi del ‘900 il termine riguarda la fascia d’età dai 14 ai 25 anni, nel secondo dopoguerra dai 18 ai 30 anni, di recente la soglia si alza sopra i 30 anni. Nell’800 la distinzione generazionale riguarda principalmente le classi alte. Mentre i figli dei ceti inferiori conservano una dipendenza dalla famiglia legata al precoce ingresso nel mondo del lavoro (figli di operai o in apprendistato), elevatosi man mano che la legislazione introduce dei limiti di età o mutano le consuetudini famigliari. Spesso questi giovani hanno poche possibilità di esprimersi come individui. Nelle campagne e nei piccoli centri il controllo sociale è molto stretto, ma l’ingresso nel mondo del lavoro, se in una città più grande, apre a nuovi orizzonti di libertà.  studenti o lavoratori - il tempo libero degli studenti si distingue dal tempo dei giovani lavoratori. Con l’espansione dell’istruzione universitaria, prima solo per i ceti medi, gli studenti hanno nuove sperimentazioni del tempo libero, talvolta vissuto come tempo della sregolatezza e degli eccessi.  bande giovanili - un fenomeno giovanile è la costituzione di gruppi e bande nelle aree urbane (in USA e Germania). Privi di fini politici, passano il tempo incontrandosi in punti di ritrovo come piazze o strade. Offrono un modello di occupazione del tempo libero in aperto contrasto con la Hitler Jugend e per questo sono oggetto di sorveglianza da parte della polizia.  anticonformismo - Il periodo la fra le due guerre consolida la percezione del mondo giovanile come un mondo a sé stante.  1942 - Parsons introduce il termine “culture giovanili” per descrivere i comportamenti dei gruppi giovanili. Nel Secondo Dopoguerra le bande assumono un’accezione rivoltosa e anticonformista, ma allo stesso tempo entrarono anche a far parte della cultura del consumo (es. beatnik anni 50 e hippie anni ‘60): danzano nuovi balli, ascoltano nuova musica, hanno un look mai visto prima, generando lo sconcerto delle generazioni più anziane. I movimenti di protesta del ’68 sono basati su una proposta culturale alternativa e politica critica verso cultura e società dei consumi. Allo stesso tempo i giovani sono assorbiti pienamente dalla società dei consumi: il consumo e il tempo libero assumono rilievo nella stessa definizione di gioventù. o anziani – con l’aumento della vita media e di speranza di vita di coloro che giungono alla pensione porta all’espansione del leisure al di fuori del mondo strettamente produttivo. Avviene un’apertura a nuove possibilità di svago per gli over 60: la terza età viene definita “leisure a tempo pieno”. Una spiccata propensione a godere di un ozio creativo è la generazione dei baby-boomers (nati fra la fine degli anni ‘50 e la fine degli anni ‘60), figli del benessere. Nelle fasi di ristrutturazione industriale avviene il fenomeno dei prepensionamenti: aumenta il bacino di fruitori di un tempo libero da pensionato per gruppi di età ancora relativamente giovani. In futuro è dubbio che i pensionati possano godere delle stesse risorse economiche rispetto alle pensioni attuali, viste le incerte prospettive di sostenibilità future di questi tutti i sistemi pensionistici occidentali. 3.6 Tempo di jogging Una delle forme più diffuse di occupazione del tempo libero è lo sport: come attività praticata da atleta o a cui assistere come spettacolo in qualità di tifoso. L’esercizio fisico è considerato un mezzo per rafforzare mente e corpo. Nel ‘900 lo sport ha finalità educative e propagandistiche, che poi saranno sovrastate da finalità ludiche e di intrattenimento:  In Europa l’esercizio fisico è: o associato all’idea di potenza della nazione - diventa un agente di nazionalizzazione del popolo attraverso la propagazione di associazioni sportive: è uno dei passatempi della classe borghese (es. ginnastica e tiro con l’arco); o strumento di propaganda - il successo di massa dello sport è trasformato in una pratica prediletta dai regimi autoritari, che se ne servono per scopi propagandistici. es. Olimpiadi di Berlino, 1938 durante il nazismo, costruzione stadi con il fascismo. o strumento per migliorare le prestazioni del lavoratore costretto a lavori ripetitivi.  USA - la ginnastica europea viene giudicata troppo ripetitiva, adatta a popoli soggetti a un’educazione autoritaria come i tedeschi. Infatti in USA i destinatari degli esercizi proposti sono i “colletti bianchi”, i membri della classe media dediti a lavori sedentari: lo sport serve a rompere la monotonia di queste occupazioni. A fine ‘800 lo sport ha anche una differenziazione di classe, mantenuta in parte anche nel ‘900. es. Gran Bretagna - il cricket è un gioco aristocratico e borghese mentre il calcio e il rugby sono riservati alle classi inferiori. Consentono di uscire dalla monotonia della vita quotidiana (e talvolta se diviene un lavoro consentono di trarre un beneficio economico). I movimenti socialisti e religiosi cercano di offrire un’alternativa allo sport borghese e professionistico:  per i socialisti - lo sport deve rappresentare i valori proletari e rifiutare l’individualismo e la competitività; es. 1913, nasce l’Internazionale di educazione fisica di matrice socialista, nel 1925 e 1931 sono organizzate le Olimpiadi operaie e i comunisti inventano le Spartachiadi. Nel 1937 ha luogo l’Olimpiade operaia unitaria con intento antifascista e nel Secondo Dopoguerra questa tradizione ha una ripresa con l’UISP.  per i religiosi - occorre evitare di incentivare l’agonismo eccessivo. 3.7 Tempo di spiaggia Evoluzione del turismo:  1600 – il turismo è prerogativa delle élite che possono permettersi di fare il Grand Tour, viaggio d’istruzione solitamente verso il Sud Europa (Francia e Italia). Il viaggio di massa è una pratica che si diffonde col tempo. Con lo sviluppo della rete ferroviaria aumenta anche la circolazione delle persone: migliorano i tempi di percorrenza e la qualità del viaggio, allo stesso tempo si abbassano i costi.  seconda metà ‘800 – in generale la vacanza per lunghi periodi rimane socialmente circoscritta, ma inizia a diffondersi l’usanza di trascorrere i giorni festivi al mare anche presso le classi lavoratrici, stimolando la nascita di attività economiche collaterali. Iniziano a diffondersi i primi viaggi organizzati a pagamento (Thomas Cook), le prime associazioni di appassionati di viaggi (Touring Club) e l’abitudine all’escursione (in bici e poi in auto). L’uso della bicicletta è inizialmente circoscritto a ceti medio-alti a causa del costo del mezzo.  1930s – Italia: il regime fascista organizza i treni per portare in località d’arte e di mare ceti popolari che non avrebbero potuto permetterselo.  1936 - Francia: il Fronte Popolare introduce il principio generalizzato delle ferie pagate, ora elemento fondamentale nei rapporti di lavoro. Il turismo oggi è un grande fenomeno sociale, atto individuale o collettivo che produce circolazione economica. Come il consumo in generale, anche la vacanza di massa è diventata un fenomeno differenziato per gusti individuali. all’interno del grande magazzino, tanto che i dipendenti di ciascun reparto finiscono per isolarsi o sentirsi in competizione l’uno con l’altro. Nell’evoluzione storica dei negozi, gli elementi che prevalgono di più sono la perdita di competenze specifiche e della standardizzazione delle prestazioni richieste all’addetto alla vendita. Fenomeno che si amplifica con l’introduzione del sistema di vendita a prezzo unico e in seguito del self-service (da fine anni ‘40).  in senso verticale: nella gerarchia - la suddivisione delle mansioni non avviene solo in senso orizzontale ma anche in verticale lungo una scala gerarchica che ordina tutto il personale dipendente:  direttore di reparto (caporeparto) – si occupa della gestione della sezione di sua competenza: reclutamento, direzione del personale al servizio del suo settore, attribuzione di premi a chi ha raggiunto i migliori risultati nelle vendite, oppure di infliggere multe o decretare il licenziamento;  vicecapo direttore - supervisione delle attività altrui, ovvero “l’occhio vigile” che controlla i dipendenti;  cassieri e commessi - figure centrali nell’organico, rivestono il ruolo più significativo perché a loro spetta il rapporto diretto con il cliente nell’atto della vendita. In molti casi l’assunzione di questo ruolo deve passare attraverso un apprendistato, periodo finalizzato all’insegnamento del mestiere che garantisce uno quota di manodopera a costi più bassi e più facilmente liquidabile nelle fasi di minor attività del magazzino;  apprendisti, fattorini e portieri.  salario - il massiccio ricorso all’assunzione di apprendisti ha come effetto la precarizzazione delle condizioni di lavoro degli addetti alle vendite. Il passaggio da apprendisti a commessi o aiuto commessi costituisce uno di quei cambiamenti di status che possono sancire gli avanzamenti di carriera. La scala gerarchica può essere percorsa dal basso verso l’alto attraverso un sistema di promozioni, non solo di ruolo ma anche di salario, che rappresenta anche uno strumento per rafforzare la fedeltà verso il luogo di lavoro. Lo stipendio base degli addetti alle vendite è piuttosto basso, tale da garantire a stento la gestione della quotidianità. È stata messa in evidenza la contraddizione fra la limitatezza dei possibili guadagni e la maggiore considerazione goduta dal lavoro come commesso rispetto a quello come operaio: la differenza risiede nel fatto che il primo consente di prendere parte al settore impiegatizio, e dunque di considerarsi parte di una differente classe sociale, quella della piccola borghesia. All’acquisizione di uno status quo più stimato, tuttavia non corrisponde un’effettiva stabilità nelle condizioni economiche. Fino agli anni ‘20 lo stipendio non è fisso e uguale per tutti, perché esso dipende dalle commissioni che si riescono ad ottenere attraverso la vendita della merce. Questo sistema pensato per incentivare la produttività introduce un forte spirito di competizione individuale e notevoli differenze di salario. Le commissioni poi tenderanno ad essere sostituite con buoni sconto utilizzabili per i prodotti in commercio nel negozio: consente di mantenere ancora bassi i salari in moneta, gratifica il personale (che può comprarsi prodotti altrimenti al di fuori della sua portata) e crea un doppio legame fra dipendenti e grande magazzino, rendendoli non più solo dipendenti ma anche consumatori.  orario - è uguale per tutti, scandito dall’apertura e dalla chiusura del magazzino. es. Francia, Bon Marchè (1880s) - 12 ore, dalle 8:00 alle 20:00, dal lunedì al sabato. es. Inghilterra, dalle 8:00 alle 18:00, domenica e sabato pomeriggio liberi. L’orario più ridotto è il risultato della diversa strategia del management dei grandi magazzini inglesi, che considera poco vantaggioso, nel rapporto tra ricavi e costi della manodopera, un lungo orario di apertura. Un altro passaggio è il ricorso al part-time (negli USA dagli anni ‘30 e in Europa dopo il 1945): porta all’introduzione nei grandi magazzini statunitensi di studenti e studentesse che non mirano ad un’occupazione stabile ma ad ottenere un’entrata temporanea che consenta loro di pagarsi l’università. 4.3 Una grande famiglia? Distintiva dei grandi magazzini è la conduzione paternalistica: secondo Miller il paternalismo non ha come scopo solo l’esercizio di un maggior controllo sull’organico, ma intende soprattutto forgiare un nuovo tipo di manodopera, efficacemente integrata in un sistema di vendita burocratizzato e nello stesso tempo in grado di recepire le trasformazioni sociali e culturali del mondo circostante. Gli obiettivi specifici sono:  riprodurre un modello famigliare capace di disinnescare la conflittualità insita nel rapporto fra i dipendenti e il datore di lavoro;  stimolare un forte senso di appartenenza all’azienda e di affezione al proprio lavoro, nonostante la spersonalizzazione dell’attività di vendita;  recuperare elementi caratteristici dei negozi a conduzione famigliare;  costruzione di una vita comunitaria attraverso: o vitto e alloggio (in GB living-in system) - dormitori per i dipendenti con settori rigidamente separati fra uomini e donne, di solito allestiti in locali adiacenti alla sede commerciale, mentre la mensa si trova nel suo seminterrato. Queste strutture consentono di regolamentare i tempi di lavoro e sorvegliare la sfera privata attraverso la condivisione della quotidianità, che rafforza il senso di appartenenza all’azienda e consolida l’identità di gruppo. I rapporti sentimentali interni sono individuati come possibili destabilizzatori dell’equilibrio collettivo. o offerta di attività ricreative e didattiche - con lo scopo di promuovere formazione tipica della classe media e favorire la coesione di gruppo (es. Bon Marché: corsi di lingua, scherma e musica nello stesso edificio dei grandi magazzini; Rinascente: gite collettive in città d’arte);  iniziative di carattere assistenziale - il Bon Marché offre per primo la possibilità di rivolgersi gratuitamente a un medico sul posto di lavoro. Nel 1876 è istituito il fondo previdenziale e nel 1886 il fondo pensionistico, gestito a discrezione della famiglia Boucicaut a seconda dell’andamento annuale dei profitti. Entrambi sono finanziati esclusivamente dall’azienda, senza alcun contributo da parte dei lavoratori. Per potervi accedere sono però necessari alcuni requisiti: o durata del proprio servizio (almeno 20 anni) o età anagrafica (donne 50 anni, uomini 60 anni). La progressiva assunzione della garanzia di tale sicurezza da parte dello Stato (welfare state) sposta le iniziative aziendali su assistenza e salute verso cure termali e colonie estive per bambini.  rigida disciplina - l’infrazione delle regole è sanzionata con ammende e multe. Il sistema delle sanzioni finanziarie incide in maniera significativa sul salario effettivamente percepito a fine mese. Per le infrazioni più gravi si può essere puniti con la retrocessione o con il licenziamento. La pratica del licenziamento facile serve a smaltire gli eccessi di manodopera nei periodi di minore attività e contribuire all’elevato tasso di ricambio del personale (turn over). Se per essere addetti alle vendite non sono richieste competenze specifiche, allora le persone chiamate a svolgere quel ruolo possono essere sostituite facilmente. Nell’intenso turn over risiede la contraddizione di fondo del paternalismo: esso riguarda un nucleo ristretto di dipendenti, poiché la maggior parte lascia o è costretto a lasciare il lavoro in tempi brevi. Le politiche pensate per creare una “grande famiglia” finiscono per dividerla dall’interno. Con il paternalismo vengono di conseguenza anche accentuate le divisioni fra coloro che hanno una posizione stabile (i veri dipendenti) e i lavoratori che vivono una condizione di precariato (con meno benefici). 4.4 Dai commessi alle commesse La figura della commessa è diventata un simbolo. Ma in realtà la prevalenza femminile nel personale dei grandi magazzini si manifesta nel corso del tempo. In Europa fino alla prima guerra mondiale il personale maschile è maggioritario. Mentre in USA già fine ‘800 è prevalente la componente femminile. Fattori per l’inversione del rapporto quantitativo fra uomini e donne: 1. convergenza con la svalutazione del lavoro delle donne, che quindi diventano adatte al lavoro poco specializzato agli occhi del management. Le donne sono considerate meno capaci e quindi anche meno pagate; 2. convenienza economica della manodopera femminile, di solito retribuita meno di quella maschile (2/3 del salario degli uomini o a volte sfiora la metà). Il differente trattamento economico è addirittura previsto dal contratto nazionale per i lavoratori del settore; 3. commesse donne per clienti donne - ripensamento delle tecniche di vendita più attente al mutato profilo del pubblico di consumatori. La maggiore qualità della commessa sembra risiedere nel saper intuire con maggior facilità la complessa “mentalità femminile” delle clienti. Per soddisfare sempre più donne che comprano occorrono sempre più donne che vendono: avviene un intreccio tra la costruzione sessuata tanto dei consumi di massa quanto dei sistemi di vendita (sex & selling). Le commesse donne assumono un profilo specifico:  donne locali - di solito non arrivano da fuori città perché le donne di solito non si spostano,  interruzione dell’avanzamento di carriera - avanzano di carriera ma poi si interrompono, non arrivando mai al vertice di posizioni come vice o caporeparto (con l’eccezione solo per i settori considerati “femminili” come casalinghi e prodotti di bellezza). Il processo di femminilizzazione sovverte i rapporti numerici, ma non dirigenziali: il lavoro commerciale è agito dalle donne ma governato dagli uomini.  interruzione della carriera a causa del matrimonio – da una parte le ragazze ambiscono a lasciare l’occupazione nel momento delle nozze, dall’altra il management preferisce manodopera giovane e priva di impegni famigliari. es. al Bon Marché le dipendenti che lasciano il lavoro per le nozze sono autorizzate a riscuotere l’intero fondo previdenziale, un incentivo alla dipartita.  disciplina lavorativa orientata a difendere la moralità delle ragazze - uomini e donne mangiano separati e le ragazze che alloggiano nel dormitorio devono rientrare molto presto e non possono ricevere visite. CAP 5 – GENERE E CONSUMI Se è vero che nelle società occidentali contemporanee siamo tutti consumatori è anche vero che tutti consumiamo in modo diverso, e che diversi modi di consumare contribuiscono a fissare per noi diverse identità sociali. Quando acquistiamo e usiamo le merci conserviamo gli atteggiamenti pratici e gli schemi normativi che abbiamo elaborato nel corso della vita a partire dalla particolare collocazione che occupiamo nella struttura sociale.  Bourdieu, La distinzione: critica sociale al gusto (1979) - i nostri gusti sono un dinamico congegno di selezione del mondo che non solo sottolinea ma riproduce le differenze sociali rendendole sempre più nostre. Bourdieu si è concentrato in particolare sulle differenze di classe e di educazione, ma anche le differenze di genere (quelle differenze sociali e culturali che sono organizzate secondo una logica binaria di appartenenza all’una o all’altra delle due classi sessuali maschio e femmina) hanno importanti effetti sulle nostre preferenze di consumo e sulla cultura materiale. Uomini e donne consumano in modo diverso e allo stesso tempo le merci e pratiche di consumo assumono carattere di “maschilità” o di “femminilità”. Quindi anche i gusti che ci sembrano così intimi da apparirci solo nostri sono in realtà riportabili a mappe sociali strettamente connesse al consolidarsi storico delle distinzioni di genere. es. i giocattoli sono importanti strumenti di socializzazione ai ruoli di genere: già dall’infanzia i bambini e le bambine tendono a negoziare la propria identità di genere utilizzando giocattoli che spesso incorporano visioni dominanti della femminilità, della maschilità e dei rapporti tra i sessi. es. il consumo di carne è legato alla mascolinità. es. l’attività sportiva è considerata dimostrazione di mascolinità. N.B.: “genere” è il termine italiano per indicare “gender”, sebbene non rappresenti una fedele traduzione: “gender” è connotato esclusivamente in senso sessuale, “genere” in italiano indica anche “tipo”. 5.1 Edonismo, disciplina e genesi della cultura di consumo Molti fenomeni connessi alla nascita della cultura del consumo sono anche fortemente connotati al genere. Inoltre uomini e donne contribuiscono in modo diverso alla moda, allo shopping e agli spazi domestici, oltre a essere associati a forme di devianza economica differenti (es. cleptomania associata alle donne):  Le differenze di genere contribuiscono alla cultura del consumo nelle diverse epoche storiche e contemporaneamente  anche le stesse pratiche di consumo definiscono l’ordine di genere e il rapporto tra i sessi. La genesi della cultura del consumo moderna è connessa:  alla rivoluzione industriale dell’800;  a pratiche già presenti nel tardo Medioevo nelle città (orientamento materialistico e commercio internazionale);  al ruolo delle donne, alla sfera dell’intimità e dei rapporti tra sessi.  Sombart, Lusso e capitalismo (1913) - analizza arte e letteratura dell’Europa medievale e del Rinascimento italiano: a partire già dalla fine del 1300 si instaura un legame tra la secolarizzazione dell’amore (il suo lento ma progressivo emanciparsi da finalità, istituzioni o regole religiose) e quelle forme di utilizzo dei beni e della ricchezza che prevedono il lusso e in generale un orientamento edonistico/estetico alle cose. L’amore diventa gradualmente più giustificabile in sé stesso e di conseguenza si sviluppa una nuova concezione edonistico-estetica della donna e dell’amore e si aprono le porte al raffinamento dei piaceri. Lo sviluppo della società dei consumi riceve impulso anche dalle cortigiane: incarnano e diffondono una nuova femminilità incentrata sulla gestione dei piaceri raffinati che suscita nell’intera società un’aspirazione all’intrattenimento elegante e alla magnificenza. Le spose borghesi, seguendo i gusti e lo stile della corte, portano poi nell’intero tessuto sociale nuovi desideri di consumo e quindi i nuovi rituali della domesticità raffinata e della femminilità estetizzata.  Campbell, L’etica romantica e lo spirito del consumismo moderno (1987) - trova affinità tra etica romantica e consumismo moderno: sono soprattutto le donne delle classi medie a consumare i romanzi rosa che permettono la diffusione di una nuova e particolare forma di edonismo legata al piacere dell’immaginazione. Campbell sostiene che il consumatore moderno sia un edonista della mente, che sogna ad occhi aperti sfruttando lo spettacolo delle merci, spostando i suoi sogni sempre più avanti nel tempo, attaccandoli ad oggetti del desiderio e poi staccandoli da essi non appena ne ha fatto esperienza. Gli insegnamenti romantici sfociano in un’etica edonistica che orienta i soggetti a realizzarsi come singoli in opposizione alla società: anziché migliorare se stessi mediante il lavoro, la disciplina e il sacrificio, i soggetti devono impegnarsi nell’esprimere se stessi attraverso una varietà di esperienze differenti e significative.  Bowlby, Shopping with Freud (1993) - l’edonismo estetizzante di ascendenza romantica trova incarnazione anche al maschile con la figura del dandy, oggetto di un acceso dibattito pubblico fra ‘800 e ‘900. Il dandy è connesso a una particolare accezione al piacere, come esperienza orientata al nuovo e al diverso e non come godimento di questo o quel particolare oggetto.  ‘700 – la capacità delle donne di consumare va addomesticata per consentire loro di apparire virtuosamente raffinate. Il disciplinamento dei consumi va di pari passo con le dinamiche di potere della famiglia: le donne cedono la propria dote di famiglia in cambio del diritto al mantenimento e allo spendere soldi per la casa.  ‘800 e primi ‘900 – nonostante le precedenti osservazioni, è ancora rilevante la negazione di sé tipica del protestantesimo. Si associano il consumo e i beni di lusso alla femminilità, intesa come leggerezza ed effeminatezza, utilizzando tale catena associativa per denunciare i rischi corsi dall’organizzazione patriarcale della famiglia e dalle tradizionali virtù civiche maschili. Ogni volta che la crescita economica apre la disponibilità di beni di consumo a nuovi gruppi sociali emergono sentimenti di forte ostilità verso la ricchezza materiale: il consumo è visto come l’espressione negativa del trionfo del mercato in grado di distruggere le tradizioni, l’autorità e la famiglia e di rendere gli uomini deboli e incapaci di difendere la propria patria. È attraverso forme di consumo produttivo, addomesticato e vicario che le donne possono esprimersi come consumatrici in modo adeguato e corretto. Sarà solo con il lento ma progressivo affermarsi di una visione nuova, più paritaria dei rapporti di genere all’interno della famiglia che le donne potranno consumare sempre di più per se stesse. 5.2 Lo shopping, la casa e la moda La sfera dei consumi offre alle donne uno spazio legittimo di azione, che però è costruito per confinarle in un ambito che rafforza la complementarità tra i sessi: lo shopping è emotivo, leggero, privato e femminile, mentre la produzione è razionale, seria, pubblica e maschile. Shopping Nella storia lo shopping è visto come:  divertimento elegante - dal ‘700 - nelle grandi città commerciali inglesi si sviluppa un orientamento edonistico-estetico dell’andare per compere. I negozi si configurano come luoghi di divertimento elegante, raggiungendo grandi dimensioni, con una spettacolarizzazione delle merci mediante l’allestimento di vetrine sempre più elaborate;  occasione di visibilità pubblica - i negozi sono tra i pochissimi luoghi pubblici in cui le donne sono ben accette e sovrane; o Rappaport, Shopping for Pleasure (2000) - sottolinea il ruolo di questi spazi commerciali nel favorire la crescita dell’autonomia e della visibilità pubblica delle donne, soprattutto di classe media, per altri versi confinate al ruolo di mogli o madri nel privato della sfera domestica. Lo shopping diventa quindi una nuova forma di sociabilità che costituisce il nucleo di una sfera pubblica femminile.  forma di disciplina - vedere le merci esposte senza acquistarle è una competenza. Guardare è un atto codificato e contenuto. Il desiderio delle giovani donne per le merci eleganti è un ricorrente oggetto di riflessione pubblica e genera ansie non solo come possibile indicatore di immoralità sessuale ma anche come opportunità di innalzarsi al di sopra delle proprie possibilità; o Abelson, When Ladies Go A-Thieving (1989) – a causa dei furti tra le donne della classe media viene codificata una nuova malattia, la cleptomania, un espediente che consente di continuare a punire le donne del popolo che rubano dai negozi generi di prima necessità e di non rompere l’incanto del grande magazzino per le classi medie, salvaguardandone principi e rispettabilità, incasellandole in una devianza individualizzata. Sfera domestica La casa borghese è concepita come:  luogo privato di non-lavoro anche grazie alle caratteristiche estetiche dei beni che entravano a far parte dell’ambiente domestico. Anche se le donne compiono lavoro non retribuito domestico o di cura, ogni riferimento al lavoro, alla meccanizzazione e alla funzionalità deve essere abolito, anche nel caso lo stesso oggetto abbia uno scopo funzionale. Questo perché per gli uomini della borghesia la casa deve essere un luogo confortevole, un rifugio dalle pressioni del lavoro, dove sono confortati da una moglie con funzioni “decorative” e di cura; es. la macchina da cucire è decorata con ornamenti, rimuovendo la connotazione industriale.  luogo di autonomia della donna - nel secondo dopo guerra, con nuove merci tecnologiche in commercio da utilizzare in casa, le marketing e pubblicità enfatizzano la ricerca di autonomia e l’autorealizzazione per sottolineare una nuova soggettività femminile attiva, autonoma (e femminista). Queste nuove merci in realtà non hanno davvero liberato tempo per le donne né le hanno poste al di là dei ruoli convenzionalmente femminili e delle disuguaglianze ad essi associati, ma anzi hanno spesso consentito loro di continuare a svolgere le proprie tradizionali mansioni di mogli e madri, dotandosi di nuove competenze e assumendosi nuove responsabilità. I prodotti “liberano” la donna, ma la incoronano anche “regina della casa”; Modi dello sport Lo sport nasce come dimensione maschile, mentre le donne faticano ad accedervi quanto gli uomini.  primi del ‘900 - dibattito che vede due posizioni: o entusiasmo nella prospettiva della diffusione delle attività sportive tra le donne; o timore che le atlete avrebbero compromesso le proprie future capacità di essere mogli e madri, finendo per essere elementi di disordine sociale e decadenza morale e fisica della nazione.  anni ‘70 - con il consolidarsi della pratica sportiva anche tra le donne, sono messe in discussione l’opposizione maschile-femminile e la competizione, mentre viene accentuato il divertimento.  ancora oggi tuttavia lo sport: o richiama all’opposizione maschile-femminile – anche in culture sportive unisex le donne hanno l’occasione di sviluppare significati e pratiche opposizionali, rafforzando capacità tradizionalmente definite maschili (es. forza e coraggio) ma sono anche indotte, quasi per compensazione, ad accentuare alcuni tratti della femminilità tradizionale (es. codici di abbigliamento e cura del corpo). o associa aggressività e virilità - lo sport è un campo di battaglia di riproduzione della mascolinità aggressiva: la partecipazione a sport di contatto che premiano l’aggressività non solo appare correlata ad un più disinvolto uso della violenza anche fuori dalla sfera sportiva ma rafforza l’impressione che gli uomini siano più improntati alla violenza, naturalizzando una consolidata associazione simbolica tra violenza e virilità. Ibridazione maschile-femminile Nuova maschilità In alcuni campi donne e uomini consumano in modo sottilmente diverso e promuovono nuove dimensioni della differenza. Il consumo di oggi tende a mischiare i codici tradizionalmente maschili e femminili e di proporre nuove visioni della mascolinità e della femminilità.  Edwards, Mort, Nixon - nei loro studi evidenziano come l’identità maschile sia sempre di più messa in gioco dai meccanismi della moda: codici visivi trasversali rispetto al genere, maschilità associata al “frivolo”, rappresentazione dell’uomo come oggetto del desiderio, usando codici visuali precedentemente riservati alla rappresentazione femminile. Il modello della rivista femminile è esteso anche al pubblico maschile includendo argomenti come shopping, moda e cura di sé. I consumi possono essere complici del superamento delle tradizionali identità di genere, ma questo implica anche la riproposizione e il rafforzamento delle distinzioni di classe. Le merci si mostrano quindi come catalizzatori di forme d’identità che destabilizzano alcuni dei confini sociali che passano attraverso il genere e la sessualità per stabilirne altri.  Hedbige – studio sulla Vespa: pubblicizzata come veicolo femminile, comodo ed elegante, divenne l’oggetto di culto della sottocultura giovanile Mod (giovani uomini in ascesa sociale). Attraverso di essa gli uomini possono opporre la propria mascolinità raffinata ed estetizzante a quella più tradizionale dei motociclisti rockettari. Il consolidarsi di una nuova mascolinità rimane sempre connotata in base all’appartenenza di classe elevata.  Secondo dopoguerra, Italia - la pubblicità comincia a proporre immagini di maschilità nuove, spesso associate a visioni più paritarie dei rapporti di coppia. L’accesso ai nuovi beni di massa si configura come un modo di essere maschi moderni, liberati dalle costrizione della campagna in cui non si può (e non si sa) consumare. Ibridità e trasgressione L’ibridazione di maschile e femminile nella cultura di consumo non avviene tramite un totale superamento della distinzione di genere, ma attraverso nuove forme sottili di differenza.  abbigliamento: fenomeno del power dressing – dagli anni ‘70, l’ingresso delle donne nel mondo del lavoro è stato accompagnato dall’utilizzo di codici del vestire ibridi: connotazioni maschili (autorità/distacco) con giacche e colori sobri e connotazioni femminili (sessualità/emotività) con gonne e tacchi alti. In questo modo le donne cercano di appropriarsi di alcune qualità espressive per essere accettate come compagne di lavoro competenti. La pubblicità è una forma simbolica essenzialmente ambigua: può riprodurre gerarchie sociali dominanti e allo stesso tempo appoggiarsi a nuovi orientamenti culturali, nuove identità emergenti e a tendenze sociali innovative. Allo stesso tempo:  rassicura le identità tradizionali, ma spingono a consumi destabilizzanti per l’ordine di genere;  solletica nuove sensibilità dei generi, ma le ancorano a consumi di ruoli tradizionali. Ibridità e trasgressione dei confini di genere, omosessualità e ambiguità sessuale sono codici importanti sia nella moda che nelle immagini pubblicitarie. La pubblicità veicola immagini non tradizionali del genere, anche solo per riuscire ad attirare l’attenzione di un pubblico distratto, facendo circolare immagini sovversive, marginali, devianti della maschilità e delle femminilità, arrivando anche a giocare sull’ambiguità sessuale, l’omosessualità, il travestitismo e l’immaginario drag.  dagli anni ‘70 - le immagini e le strategie commerciali cavalcano l’onda di movimenti progressisti o di protesta femministi: l’emancipazione femminile e il movimento femminista hanno fatto sì che i pubblicitari dovessero confezionare anche immagini di femminilità diverse da quelle tradizionali, costruendo le donne come consumatrici indipendenti. o Goldman - la pubblicità progressista neutralizza ogni pretesa di sovversione: la tradizione pubblicitaria rende il femminismo un feticcio, trasferendo gli obiettivi politici delle donne (indipendenza) in oggetti di consumo che finiscono per sostituirli. o Lasch - è la “logica di creazione della domanda” ad esigere che le donne fumino e bevano in pubblico, siano libere di andare in giro e rivendichino il loro diritto di vivere felici anziché vivere per gli altri. Questo ha incoraggiato una pseudo-emancipazione consumistica che assoggetta le donne stesse al nuovo paternalismo dell’industria pubblicitaria. 5.4 Democraticizzazione e genere dei consumi o Appadurai - i consumatori moderni sono vittime della velocità della moda tanto quanto i consumatori del passato delle società tradizionali erano vittime della stabilità delle leggi suntuarie, che limitavano il possesso di beni in base al censo. Il consumo moderno obbliga gli esseri umani a un’individualità obbligatoria: riprodurre se stessi, facendosi carico di un’incombente varietà di scelte nei confini simbolici delle diverse identità sociali, in particolare di genere. La cultura di consumo contemporanea dà valore alla ricerca di gratificazione personale ma l’accompagna a un’enfasi sul controllo dei desideri. Essa appoggia su una nozione di autonomia individuale sostantiva, che si realizza cioè nella dimostrazione della capacità di essere fedeli a sé stessi e alle proprie identità sociali di genere e di classe. L’espansione del libero mercato e l’avanzare del processo di mercificazione non si traduce infatti in un’eguaglianza di fatto né fra i consumatori né tra le pratiche di consumo. Non solo perché non tutti possiedono sufficiente denaro per gli acquisti ma soprattutto perché consumi diversi sono socialmente e moralmente sanzionati in modo diverso. CAP 6 – SPETTACOLO E MERCE Consumi, industria culturale e mass media In USA alcuni autori progressisti esprimono giudizi conservatori sul degrado dei valori civici della cultura nell’età delle masse:  Boorstin, The Image (1961) – compie un’analisi della sostituzione della realtà per mezzo di una pseudo-realtà basata sui media. Nell’età dei media, non-eventi e realtà basate sulla finzione diventano la sostanza della vita. La massima espressione di questa realtà fittizia è la celebrità, lo pseudo-evento umano.  Postman, Amusing Ourselves to Death (1985) - deplora la perdita di serietà e profondità della cultura contemporanea: sorrisi, suoni, applausi e gag hanno contaminato la politica, l’educazione e la religione tanto da rendere impossibile attendersi dalla gente discussioni pubbliche profonde o trattare temi complessi.  Gabler, Life: The Movie (1998) – critica il carattere totalizzante della cultura dell’intrattenimento, sostenendo che sono poche le sfere della vita contemporanea che non sono state contaminate dal virus dell’entertainment. Ciò che manca in queste analisi è la percezione della relazione fra intrattenimento e diffusione del consumo. Parlano di un mutamento culturale e ne indicano le cause, ma non guardano alle forze economiche e sociali che hanno prodotto le condizioni che vengono criticate. Queste critiche sono analizzate in maniera sistematica dalla corrente critica ispirata al marxismo (Scuola di Francoforte e Baudrillard) con una maggiore consapevolezza del fatto che la pervasività dell’intrattenimento e dello spettacolo è parte integrante della diffusione della società dei consumi.  Debord, La società dello spettacolo (1967) - il mondo dello spettacolo è mondo della merce che prevale sul mondo dell’esperienza vissuta. Lo spettacolo è funzionale al potere: per mezzo dello spettacolo l’ordine dominante parla senza fine sopra sé stesso in un monologo autocelebrativo. La perdita di qualità degli oggetti che loda e dei comportamenti che regola riecheggia i tratti di base di un reale processo di produzione che evita la realtà. Debord è convinto che questo fenomeno sia una forma specifica del neo capitalismo post-bellico. o Morin, L’industria culturale (1962) – Debord è influenzato da Morin, che aveva a sua volta parlato di un nuovo fenomeno: l’integrazione sociale raggiunta per mezzo dell’onnipresenza dei mass media. Egli sostiene che la rapida crescita ha portato a una grande frattura nella quale culture separate sono collassate in un’unica cultura borghese dell’individualismo e della separazione. Inoltre, sostiene che lo spettacolo non è una raccolta di immagini ma una relazione sociale tra la gente che è mediata dalle immagini. Lo spettacolo è quindi il prodotto della perdita di unità, il declino della comunità organica ed è solo una ricomposizione simulata di quell’unità.  dal romanzo - l’autorialità, la struttura e il carattere narrativo;  dai grandi magazzini - gli effetti sensazionali, l’architettura opulenta ed esotica e le ambientazioni eleganti;  dal teatro - gli attori, il personale professionale e il repertorio di forme di intrattenimento popolare. Alimenta questa illusione la diffusione di immagini in movimento tramite riproduzione tecnica. L’impatto del cinema nelle aree extra-urbane favorisce inoltre anche la diffusione di stampa, radio e consumismo, contribuendo al continuo flusso di immagini che caratterizza la cultura commerciale. Se il cinema europeo unisce aspirazioni artistiche con considerazioni commerciali, il cinema USA è considerato come parte dell’industria culturale e commerciale: va incontro a sogni e desideri del pubblico.  Eckert, The Carol Lombard in Macy’s Window (1991) e Gomery, Shared Pleasures (1992) - sostengono che le sale cinematografiche (di prima visione) si sviluppano proprio sul modello dei grandi magazzini, tanto da essere spesso situate vicine, sviluppando un’interdipendenza fra i due (sensazionalismo, ambientazioni, architettura). Mentre i magazzini pubblicizzano i film e tappezzano di ritratti delle star del cinema le loro vetrine, i film e le pubblicità orientano i desideri materiali del pubblico verso determinati prodotti. anni ’30 e ’40 – l’industria cinematografica americana è una fabbrica dei sogni o fabbrica del glamour: fornisce prodotti in serie per il consumo di massa. L’unica differenza tra cinema e altre industrie è che il cinema non soddisfa bisogni e situazioni concrete, ma appaga l’immaginazione. Il cinema offre la possibilità alle imprese commerciali di mettere in mostra le proprie merci: il carattere industriale dell’industria cinematografica è parte centrale della sua stessa promozione. In molti casi ciò implica accordi tra le case di produzione e le industrie su film specifici, mentre altri sono lasciati all’iniziativa locale degli espositori. o 1933 – viene introdotto il product-placement quando la Metro Goldwin Mayer sottoscrive un accordo da 5.000 dollari con la Coca Cola. I più preziosi prodotti di Hollywood sono le star del cinema, “merci umane” costruite e promosse con cura. A differenza delle altre élite, le star del cinema parlano direttamente ai sogni e alle aspirazioni delle masse: guardando i film, la gente proietta sui protagonisti le proprie aspettative e la propria vita interiore.  Morin, Le stars (1957) - mette in relazione il fenomeno delle celebrità del cinema con l’ascesa della classe operaia, un fatto che dovrebbe essere considerato un fenomeno umano totale. La lotta di classe si trasforma in nuove aspirazioni, nuove forme di partecipazione individuale.  1930, USA – il Ministero per il Commercio Estero comprende che il commercio è influenzato dai film, ovvero la domanda di merci statunitensi aumenta laddove sono proiettati ed esportati i film statunitensi. es. le star fanno da ambasciatrici del cinema e del commercio USA: negli anni ‘20 Mary Pickford e Douglas Fairbanks intraprendono viaggi promozionali internazionali, spesso pubblicizzando prodotti. es. la rivista USA Photoplay fa da tramite tra il film e il commercio offrendo anche informazioni commerciali. Già sperimentate dai grandi magazzini, si rafforzano le tecniche di vendita diversificate in base al genere:  Reekie, Temptations: Sex, Selling and the Department Store (1993) - nel 1930 forme di vendita differenziate in base al sesso sono ben radicate in numerose istituzioni di mercato. Le case di produzione e la stampa incoraggiano queste pratiche, invitando gli spettatori a identificarsi con prototipi e star sullo schermo e a prendere consigli sulla moda da loro. In quanto portatrici di modelli di comportamento, le stelle del cinema possono presentare nel modo migliore vestiti, cosmetici e altri prodotti. Nel secondo dopoguerra Hollywood vuole riconquistare i mercati europei. Viene modellata una femminilità seducente costruita e artificiale. Lo scopo è quello di rafforzare la penetrazione americana nei mercati europei e sviluppare un nuovo richiamo turistico per il pubblico americano con ambientazioni realistiche. es. cinema postbellico punta sul fascino sessuale con Rita Hayworth e Marilyn Monroe. La mentalità consumistica si diffonde in Europa lentamente, conseguenza delle provazioni materiali degli anni di guerra, della ricostruzione e dell’influenza americana agita tramite il Piano Marshall (1947).  Stacey - analisi delle ricezione dei film di Hollywood da parte delle donne inglesi negli anni post- bellici: le spettatrici non vogliono più assumere direttamente le sembianze di una star, ma incorporare indirettamente gli aspetti materiali dello stile di vita delle star nelle proprie esistenze. 6.5 Televisione e consumo di massa anni ‘50 - diffusione più capillare della televisione, che diventa il più importante mezzo di comunicazione dopo le sperimentazioni degli anni ‘20, ‘30 e ‘40. Vede significative differenze tra le televisioni americane e quelle europee:  televisioni americane - privilegiano l’impresa privata;  televisioni europee - controllate dallo Stato, anche in epoca democratica. In Europa le élite politiche europee non possono permettere che una rete di comunicazione tanto potente sia gestita da interessi privati. Tentano di utilizzarla per rallentare e indirizzare i processi di mutamento culturale che accompagnano lo sviluppo, esercitando stretto controllo anche sulla pubblicità. es. BBC proibisce ai presentatori di menzionare qualunque marchio commerciale. La televisione eclissa il cinema quale principale fonte di spettacolo orientato al consumo, per 4 ragioni: 1) il televisore stesso è un articolo di consumo - l’esperienza della visione collettiva alimenta una domanda di proprietà privata, ovvero dai bar si sposta dentro le case. Portando un televisore in casa, la gente partecipa alla costruzione di un nuovo modo di vivere che dà grande enfasi allo spazio domestico; 2) promuove la modernità - attraverso la varietà dei programmi, il mezzo televisivo informa sui moderni stili di vita, mode, beni e pratiche di consumo; 3) presenza di pubblicità - la pubblicità è contenuta, ma non del tutto assente. es. La BBC non trasmette pubblicità, ma dal 1955 un’emittente privata (ITV) finanziata dalla pubblicità offre un’alternativa ai telespettatori inglesi. es. 1957-1977 - la RAI crea il contenitore Carosello per ospitare la pubblicità in televisione. 4) familiarità dei personaggi televisivi - la televisione crea personaggi noti ad un pubblico esclusivamente nazionale. Sono scelte persone simpatiche, aperte alla modernità e utilizzate come testimonial di prodotti e stili di vita. es. Mike Buongiorno in Italia e Hughie Green in GB sono associati al denaro e al successo. La televisione diventa un fatto centrale nei processi in cui l’intrattenimento è una normale esperienza quotidiana, non solo perché entra nelle case (come già aveva fatto la radio), ma principalmente perché è un mezzo visuale che canalizza l’attenzione. Si consolida un’idea di tempo libero da trascorrere in veste di spettatore: la tv crea nuove sinergie con altre industrie e attività come lo sport, la musica e il teatro popolare, spesso specifiche ai singoli paesi. Sport e consumo Lo sport è vitale nel dare slancio e dinamismo al consumo, alcune discipline sportive più di altre:  ciclismo - uno degli sport più popolari in Francia e in Italia. es. Il Tour de France e il Giro d’Italia hanno origine nei primi del ‘900. Creati da vari giornali sportivi per rafforzare la propria diffusione, diventano fulcro di varie forme di pubblicità. es. in Italia Motta trasforma il panettone in un prodotto di fama nazionale premiando con un dolce gigante il vincitore di ciascuna tappa del giro.  gare automobilistiche - negli anni ‘50-‘60 diventa uno sport molto redditizio circondato da celebrità e fascino, in un contesto in cui la produzione di veicoli a motore privati emerge come forza motrice dello sviluppo economico. Le automobili diventano centro di fantasie e desideri. es. già negli anni ‘20-‘30 Hellé Nice, donna pilota conosciuta come la “regina della Bugatti”, pubblicizza molti prodotti, come la benzina della Esso e le sigarette Lucky Strike. 6.6 Cultura giovanile e stile La generazione cresciuta negli anni ‘50-‘60 è la prima a disporre e ad avere esperienza di una varietà di mass media dentro e fuori casa. I giovani di questo periodo sono consumatori molto ricettivi alla moda, prendono spunto dalle star ed emulano i propri coetanei. Si crea una stretta interazione fra consumo e spettacolo. Acconciature, trucco, scarpe e moda sono rapidamente oggetto di imitazione. es. Elvis Presley è un modello fisico che vede molti emulatori. I giovani costruiscono subculture che innovano in termini di stile e creano modelli e modi di vestire che i musicisti provenienti da questi ambienti accettano e diffondono. I giovani si oppongono alle autorità: i genitori, la scuola, la chiesa e la polizia. Addirittura l’abbigliamento distintivo che contrassegna gli adolescenti della classe operaia (jeans e giubbotti neri) è spesso considerato dalle autorità come un indizio di criminalità, vera o presunta. In Europa il rock and roll americano arriva da varie fonti ed entra nelle hit parade. Cruciali nel successo del genere e nello sviluppo di uno specifico mercato di musica giovanile sono il juke-box e l’innovazione dei singoli a 45 giri (1958) rispetto al disco a 78 giri. es. si diffonde la musica di Elvis Presley, Bill Haley, The Comets. es. i film del 1955 Il seme della violenza (Blackboard Jungle), regia di Richard Brooks e del 1956 Senza tregua il rock'n roll (Rock Around the Clock), regia di Fred F. Sears, consolidano l’interesse verso questo genere. Come le star del cinema, i cantanti sono spesso creazioni dell’industria culturale: le case discografiche tentano di proteggere i loro investimenti inserendoli in film, varietà televisivi e facendoli cantare nei villaggi vacanze o altri centri di intrattenimento. L’intenzione è quella di trasformarli da mode passeggere in artisti a tutto campo in grado di attrarre anche le famiglie. Presto gli elementi di innovazione e di originalità che li definivano vengono incanalati nelle aspirazioni convenzionali della vita borghese. es. Elvis costruisce Graceland a Memphis (Tennessee), tra “casa della star” e residenza coloniale. es. Andriano Celentano si trasferisce in una zona definita “Beverly Hills milanese”, quartiere del boom economico e dell’ostentazione dello status. 7.2 La nascita della marca  pubblicità tradizionale – esiste da sempre, se intesa come piazzare un’insegna o curarsi della reputazione. Contesto: economia rurale basata sulla produzione domestica e sul sistema di scambio; cultura basata sulla tradizione popolare, che cambia molto lentamente e non impone repentinamente nuove mode.  pubblicità moderna - dalla seconda metà ‘700 (GB e Europa del Nord) - intesa come istituzione economica e comunicativa dotata di un proprio metodo e di una propria razionalità. Contesto: moderna società dei consumi e con la creazione del ceto medio. Il ceto medio ha origine con lo sviluppo economico e l’urbanizzazione, che permettono a una fascia di popolazione abbastanza estesa di comprare oggetti quotidiani e qualche articolo di lusso. Inoltre lo sviluppo della stampa e i crescenti livelli di alfabetizzazione creano un’opinione pubblica mobile e geograficamente estesa che comincia a dettare nuove modi e gusti. Tramite l’emulazione, si diffondono rapidamente mode e innovazioni delle élite, delle aristocrazie e delle corti (profumi, tabacco, caffè, vino pregiato), prima irraggiungibili culturalmente ed economicamente alle masse popolari. Produttori e commercianti cominciano a costruire un’idea o un’identità attorno al proprio prodotto, cosicché l’opinione pubblica diffonda la fama del prodotto. Per le classi proletarie che si trovano in una condizione di mobilità geografica e sociale e che non hanno ancora articolato una specifica concezione della propria identità collettiva, questa sorta di consumo imitativo e vistoso funziona come strumento di identificazione della propria posizione sociale, che è anche un modo per distinguersi dagli emarginati. es. Wedgewood e Bentley, fabbricanti di porcellana, già nella seconda metà del Settecento capiscono che associare un’immagine nobile ed esclusiva al prodotto fa aumentare il prezzo sul mercato. Forniscono porcellane gratuite ai nobili cosicché l’idea che i prodotti siano nelle case dell’élite giustifichi un prezzo più alto rispetto alla concorrenza. La marca commerciale (brand) diventa un’istituzione nel moderno sistema pubblicitario: crea un rapporto proprietario con una serie di beni immateriali legati al prodotto. La marca è un modo di appropriarsi dell’immagine che si è creata nell’opinione pubblica intorno all’oggetto in vendita e aggiunge una dimensione di valore d’uso al prodotto. Consente un’identificazione parziale con le élite (aristocrazia, casa reale, ecc.) e richiama suggestioni legate all’espansione coloniale. es. sapone Pears e la missione educatrice dell’”uomo bianco”. 7.3 La scienza pubblicitaria in Europa e in America Nascita dell’arte pubblicitaria:  USA – fine ‘800 - nascono riviste illustrate a diffusione popolare che, grazie alle nuove tecnologie di produzione grafica, aprono un nuovo canale per la diffusione di testi ed immagini commerciali; es. Ladies Home Journal, Harper’s Bazaar, ecc.  Europa – fine ‘800/inizio ‘900 - sviluppo dell’estetica e dell’efficacia pervasiva del manifesto pubblicitario da affiggere, perché il consumo è concentrato nelle città. La ricerca dell’efficacia dell’immagine si collega alle ricerche dell’avanguardia modernista (formalisti, cubisti, futuristi): emerge un nuovo ruolo e linguaggio dell’arte nella nuova comunicazione moderna. es. Tolouse Lautrec in Francia, Cappiello e Metlicovitz in Italia (Borsalino, Cinzano, Campari). Nella seconda metà dell’800 avanzano le scoperte nel campo della psicologia, che tenta di spiegare i comportamenti di massa. La folla urbana è un fenomeno sociale recente e gli agenti di pubblicità cominciano a rivolgersi alla psicologia. In Francia questa ricerca prende 2 direzioni: 1. psicologia della folla - teorizzata da Gustave Le Bon, spiega la psicologia sociale dei nuovi gruppi: sono aggregazioni d’individui senza nessun legame profondo (non come la famiglia o la comunità locale) mosse da uno “spirito della folla” sopraindividuale e al di là del controllo dei singoli membri; 2. psicologia della suggestione - teorizzata da Jean-Martin Charcot, analizza e cura comportamenti inconsci o indesiderati (es. manie e isterismi) usando tecniche come l’ipnosi o la suggestione. Comune a questi approcci è l’idea che l’individuo sia impotente, o comunque debole, rispetto agli stimoli esterni, che lo condizionano a commettere specifiche azioni o lo conducono in particolari stati mentali. anni ’10 - questa concezione della mente apre la strada alla tecnica pubblicitaria persuasiva a sfondo psicologico:  Gérin e Espinadel, La publicité suggestive (1911) - scritto dai due medici francesi, il libro non ritiene rilevanti la razionalità o le capacità riflessive della mente umana. La maggior parte delle persone è invece guidata dalla tendenza all’immaginazione e all’emulazione: le persone imitano coloro che li circondano e sono influenzate dalle opinioni prevalenti. Lo scopo della pubblicità è quindi quello di utilizzare i nuovi media per creare una forte pressione persuasiva sulla mente del singolo attraverso la ripetizione. Più una marca è ripetuta, soprattutto se in ambienti diversi, più induce nuovi bisogni e desideri senza appellarsi alla razionalità: automaticamente il consumatore associa la marca al prodotto. L’efficacia di questa programmazione delle azioni in modo da farle coincidere con l’offerta di prodotti sul mercato si nota soprattutto nei momenti di poca resistenza. Dagli anni ‘20 agli anni ‘30 si passa dalla corrente del behaviorismo al concetto di persuasione debole:  anni ’20 in USA - è influente il behaviorismo di Watson (e del copywriter Resor): l’essere umano è aperto all’influenza degli stimoli esterni ma ritiene che questi siano più forti se rispondenti al suo contesto di vita intimo. Una pubblicità di successo deve quindi lavorare su una serie di emozioni di base, ben consolidate nel soggetto. Watson e Resor elaborano una filosofia pubblicitaria che pone l’accento sulle emozioni basilari (amore, paura, rabbia). Il risultato è un’estetica realista della pubblicità, nella quale il prodotto è presentato nella cornice molto concreta della vita privata del consumatore e dove è sottolineata la capacità della merce di risolvere i problemi che rischiano di compromettere i rapporti sociali dell’individuo. La pubblicità americana di questi anni prende la forma di una serie di tableaux sociali, nei quali i prodotti sono mostrati come elementi integranti dei processi culturali. Si diffonde un nuovo interesse per la segmentazione sociale dei consumatori: per rappresentare al meglio il mondo vitale del consumatore bisogna sapere in che modo questi mondi sono caratterizzati nei diversi gruppi di consumatori.  anni ’30 - la concezione del potere persuasivo della pubblicità è sostituita man mano dal concetto di persuasione debole, prevalente nell’industria pubblicitaria americana. Con la depressione e la forte crisi dell’industria statunitense, molti giovani pubblicitari europei tornano in patria portando dietro l’esperienza accumulata nelle grandi agenzie americane: in Europa la pubblicità è influenzata dal pragmatismo tipico della pubblicità americana. Questa possibilità di una programmazione scientifica della mente del consumatore è molto attraente per i politici che mirano a creare una società organizzata:  Svezia - la professione pubblicitaria e lo studio accademico dell’”economia della distribuzione” (poi detta marketing) contribuiscono alla costruzione di una modernità socialdemocratica, anche attraverso una riforma dei consumi;  Italia - la professione pubblicitaria è vicina agli ambienti riformisti del fascismo nei quali si intende utilizzare la teoria della suggestione come legittimazione scientifica per aspirare a un ruolo centrale nel processo di organizzazione sociale. Grazie a questa nuova scienza si possono non solo programmare desideri e bisogni materiali, ma anche opinioni e abitudini. 7. 4 La svolta sociologica La pubblicità va nella direzione della sociologia quando si crea un interesse per lo studio dei gruppi di consumatori e si sviluppano metodi di campionamento. La crescita e l’intensificazione della competitività degli spazi pubblicitari rende necessario definire il proprio pubblico in modo specifico, così da potersi vendere meglio sul mercato.  anni ’30, USA - nascita del sistema ABCD per le emittenti radio, sistema che divide gli ascoltatori in 4 classi in base ai dati sul reddito famigliare e la zona di residenza. È adottato prima dal Cooperative Analysis of Broadcasting negli USA e nel 1942 dal Nielsen Ratings Index. Si legano classe sociale e stile di vita: si suppone che l’appartenenza a una determinata classe comporti l’adozione di una particolare struttura di desideri, bisogni o motivazioni al consumo. Tuttavia questa deduzione non è il risultato di ricerche empiriche ma di speculazioni e luoghi comuni. Il sistema è introdotto inizialmente da agenzie di ricerca come Gallup e Nielsen, insieme ad emittenti come la CBS. Investono nello sviluppo di tecniche di ricerca sull’audience e in sistemi di classificazione per stabilire: o comparazione tra emittenti – indicare quindi una “misura comune” del loro valore; o prezzo dell’attenzione degli ascoltatori.  anni ’50, Europa – dopo alcune sperimentazioni negli anni ’30, compaiono istituzioni che finanziano ricerche di mercato sull’audience. La posizione del sistema ABCD è minacciata da una serie di nuovi sviluppi: o nuove nicchie di mercato - l’eccesso di capacità industriale ereditata dallo sforzo bellico crea una nuova differenziazione dei mercati e la scoperta di nuove nicchie; o cambiamento nel pubblico dei consumatori (o almeno nel ceto medio che è percepito come la classe che traina la cultura dei consumi). es. nel secondo dopoguerra molti ex soldati americani entrano nella classe dei colletti bianchi e lavorano nelle grandi corporation grazie all’incentivo statale dell’università gratuita (GI Bills). Contemporaneamente ottengono facilitazioni per insediarsi nelle abitazioni costruite nei nuovi suburbs (allocati intorno agli shopping mall). È un contesto nuovo, privo di una rete sociale tradizionale e una cultura condivisa, al contrario del quartiere urbano connotato da una forte identità o subcultura etnica. In questo nuovo scenario sono quindi i beni di consumo ad agire come strumenti di creazione di una comunità. es. un fenomeno simile avviene nella trasformazione dell’hinterland milanese.
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