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Riassunto completo “La filosofia del medioevo” di Etienne Gilson, Appunti di Filosofia

Recensione completa di 871 pagine, filosofia del medioevo completo fino all’appendice.

Tipologia: Appunti

2022/2023

In vendita dal 05/09/2023

mariasantabarreca
mariasantabarreca 🇮🇹

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Scarica Riassunto completo “La filosofia del medioevo” di Etienne Gilson e più Appunti in PDF di Filosofia solo su Docsity! Etienne Gilson- la filosofia del medioevo Incontro filosofia e religione a partire dal II sec. La bibbia non parla di filosofia ma di fede (vangelo Giovanni -logos o verbo- o epistole san Paolo- subordinazione ragione alla fede “la follia di dio è più sapiente della sapienza degli uomini”, perché dio ha dotato l’uomo della possibilità di conoscerlo)—> dal cristianesimo all’ellenismo e non viceversa come elementi d’interpretazione e comprensione e non come elementi costitutivi della fede stessa: così come San Giovanni dice ai pagani: il nostro Cristo è ciò che voi chiamate verbo, San Paolo dice agli storici: la vostra fede in Cristo è ciò che voi chiamate sapienza. Patristica è una denominazione sbagliata perché non solo Padri della chiesa, anche chiamati sancti ,ma opere scritte da dottori della chiesa o solo da scrittori ecclesiastici. Un padre della chiesa, deve presentare quattro caratteristiche: ortodossia dottrinale, santità di vita, riconoscimento da parte della chiesa e relativa antichità. Se mancano di antichità vengono denominati dottori della chiesa. I. Padri greci Nel XII-XIII sec philosophi e sancti significheranno concezioni del mondo elaborati dalla sapienza pagana contrapposti ai padri della chiesa che parlo in nome della rivelazione cristiana. Ma non opposizione netta, diversi atteggiamenti. Padri apologisti o apologeti Fin dal II sec., scrivono apologie ovvero arringhe giuridiche per ottenere dagli imperatori romani il riconoscimento del diritto dei cristiani a vivere in un impero pagano. Veicolano una visione giudeo-cristiana dell’universo retto da un dio unico, creatore ex nihilo dell’universo. Tra le prime apologie quadrato che non ci è pervenuta e Aristide. - San Giustino martire: nel dialogus cum tryphone racconta la sua conversione. Da una educazione pagana, lui si rivolse prima agli stoici ma questi ignoravano dio, poi ai peripatetici e successivamente ai pitagorici ma non aveva tempo di discutere prima di musica, astronomia e geometria. Trovò una soluzione nei discepoli di Platone, ma scambio il platonismo per una religione. Cristianesimo vs platonismo: le anime vivono immortali non perché sono vita , ma perché la ricevono: l’anima vive perché dio vuole. Nell’ apologia I, poi seguita dall’apologia II viene discussa la rivelazione divina se anteriore o posteriore al verbo fatto carne nella figura di cristo e la condanna di chi è vissuto prima della rivelazione. Giustino afferma un anteriorità della rivelazione universale rispetto a cristo, e una ragione seminale data a tutti. Vi sono stati cristiani e non anche prima di cristo. Considerato il verbo come verità, tutti i filosofi pagani che hanno ricercato la verità, e quindi il verbo, erano sulla strada giusta. Dio “anonimo” che si fa riconoscere attraverso il verbo (diverso da dio per numero e non per nozione), primogenito di dio prima della creazione del mondo. Il verbo è anche dio ma di secondo grado, lo spirito santo in terzo luogo. Tripartizione che si riflette anche nell’uomo: corpo, anima o spirito. L’anima può morire. Inoltre l’uomo non è sottoposto stoicamente al destino ma è responsabile delle proprie azioni e merita un premio o un castigo da dio. - vs. Taziano, discepolo di Giustino, Prima convertitosi (orario ad graecos: giustificazione cristianesimo contro la cultura ellenistica, sentimento antiellenico affermando che la filosofia non è stata inventata dai greci ma questi hanno attinto dalla bibbia ed è anche inutile criticare la filosofia che si contraddice da sola) e poi andato verso l’agnosticismo fino ad aderire nel 172 alla gnosi di Valentino. Poi fondò o restaurò la setta degli encratiti: sostituisce l’acqua al vino nel sacramento dell’eucarestia.critica alla magia e alla fatalità (vs. Stoicismo e necessità): come per Giustino il cristiano è padrone di se stesso; lui afferma che gli angeli decaduti insegnarono la fatalità all’uomo. Dio è invisibile, puro spirito, domina la materia e non è immanente ad essa. L’anima del mondo quindi non può essere dio, ma è subordinato ad esso. Come Giustino: verbo è la prima opera di dio. Taziano specifica che il verbo non è creato per divisione, allontanato da ciò che è diviso ma per distribuzione che non produce mancanza da ciò cui è tratto. Il verbo di Taziano ne trova la materia fatta, come il demiurgo di Platone, ne la crea dal nulla come il Dio della Bibbia ma sembra piuttosto proiettarla fuori di sé. Dopo il verbo: angeli capaci di bene e male—> demoni dopo la defezione del primo angelo—> gli uomini che li seguirono divennero mortali (narrazione in stile apologetico per i lettori). L’anima (pneuma immateriale e psiche materiale) è mortale: essa muore con il corpo se non conosce verità per poi resuscitare alla fine del mondo per ricevere la morte o l’immortalità. - Melitone, vescovo di sardi, presenta dopo Giustino il cristianesimo come filosofia dei cristiani: apologia indirizzata a marco Aurelio e proposta di far diventare la filosofia fede dell’impero romano (non si sa quale filosofia) cfr. De civitate dei di Agostino. - Atenagora: Legatio pro christianis, vero il 177, verso marco Aurelio e commodo sulla persecuzioni dei cristiani. Lui si limita a constatare semplicemente una vicinanza tra filosofia e rivelazione. Atenagora fa molti passi avanti nel pensiero cristiano: bisogna apprendere da dio unicamente dalla rivelazione, che può poi essere interpretata con l’ausilio della ragione con la dimostrazione della fede. Prima dimostrazione che attualmente si conosce dell'unicità del Dio cristiano: se ci fossero stati molti dei o si sarebbero trovati nel medesimo luogo o si sarebbero trovati ciascuno in un luogo separato, ma non potevano trovarsi il medesimo luogo perché non potevano avere eguale natura. Non potevano essere di eguale natura perché solo gli esseri generati gli uni dagli altri sono uguali. Ma se ammettiamo che ciascuno di questi dei abbia occupato un posto proprio, in altri mondi, non potendo esercitare potenza sul nostro, la loro potenza sarà finita e non saranno dunque dei. Dimostrazione debole: Atenagora non riesce a pensare dio se non in relazione allo spazio. Sulla teologia del verbo fa un passo avanti rispetto i suoi predecessori: non verbo come un’altro dio ma generazione del verbo come mantiene la visione di una persona distinta prodotta in vista della creazione. De resurrectione mortuorum: possibilità della resurrezione dei corpi. 3 argomenti: la causa della nascita dell’uomo ci garantisce la sua perpetuità (si ha torto di dire che la restituzione deve aver luogo perché sia possibile il giudizio ultimo, perché i bambini morti troppo presto per aver mai potuto fare nel bene nel male non dovrebbero resuscitare), dio non ha creato solo le anime, ma uomini (unità anima corpo —> aristotelismo> platonismo), occorre dunque che sia l'anima che il corpo abbiano destini medesimi, e infine a ciascun uomo è dovuto il giusto compenso. - Teofilo d’Antiochia: “un Tiziano senza talento” Gli apologisti del Il secolo hanno dunque intrapreso il compito immenso d'esprimere l'universo mentale dei Cristiani in un linguaggio espressamente concepito per esprimere l'universo mentale dei Greci. Gnosticismo del II sec e avversari: unione uomo-dio, ricerca esperienza di contato personale per unirsi realmente a lui. Lo gnosticismo come tentativo di certe mitologie filosofiche per assorbire il cristianesimo a loro vantaggio. Conoscenza accessibile al cristiano che vuole sostituirsi alla fede vs. quella che vi si sottomette per scrutare nel mistero. Antiguidaismo e Gesù chiamato solo a trasmettere una conoscenza che salva, per rimediare all’errore iniziale del demiurgo che crea il mondo e anche il male. - Marcione: la cui dottrina ci è nota solo grazie alla confutazione degli avversari cristiani. Lui considera antitetici il dio degli ebrei che finisce per essere giustiziere e il dio straniero (che si palesa solo con la venuta di cristo) che è bontà e ha pietà per la materia già cattiva e creata. - Valentino: abisso come principio maschile e un principio femminile, silenzio. Dalla loro unione nacquero intelletto e verità (prima tetrade). Intelletto e verità generano il verbo e la vita, che generano a loro volta l’uomo, la chiesa e 10 eoni (la prima ogdoade). Da uomo e chiesa ne nascono altri 12. Ogdoade + decade + dodecade = pleroma. è opera di dio, che creandola ha creato il tempo. Critica materia increata platonica: invece ogni cosa riceve una propria materia. Quattro elementi, con le proprie qualità caratteristiche, che raggiungono il loro luogo naturale. - San Gregorio di Nissa: 2 zone dell’universo: quella del mondo visibile e quella del mondo invisibile. L'uomo appartiene con il corpo al mondo visibile, con l'anima a quell'invisibile serve da legami tra i due (occupa la sommità del mondo visibile). Spiegare unione corpo- anima: l’anima dotata di ragione (tesi che accetterà poi Tommaso d’Aquino) ma Gregorio nega la preesistenza dell'anima al corpo, tesi Origeniana, E qui inevitabile corollario è quello della trasmigrazione. E dato che non poteva esser creata dopo il corpo: corpo e l'anima sono creati da Dio simultaneamente. L’anima è presente in tutto il corpo e preludendo le idee di leibniz, Gregorio e ritiene che anche dopo la morte l'anima non si separa mai dagli elementi che formano il suo corpo. Noi possediamo un verbo, c'è un'espressione razionale del nostro pensiero. Dio deve essere dunque concepito come pensiero supremo che genera il verbo nel quale si esprime. Il suo verbo non è passeggero come il nostro ma eternamente sussistente e dotato di volontà onnipotente e buona. La nostra parola mentale imita la generazione eterna del verbo divino e la sua inseparabilità dal nostro pensiero esprime la consustanzialità del verbo dal pensiero, così anche il fiato emesso dal nostro corpo imita il procedere dello spirito Santo, è come la respirazione procede dall'unità del corpo e dell’anima, lo spirito Santo procede contemporaneamente dal padre e dal figlio. La ragione rende quindi testimonianza della verità del dogma trinitario e conferma la superiorità della nozione cristiana su quella degli ebrei e dei pagani: i primi conoscono l'unità della natura divina ma ignorano la distinzione delle persone e i secondi moltiplicano le persone senza conoscere l’unità. L’uomo fatto a somiglianza di dio è diventato irriconoscibile, in quanto avendo libero arbitrio ha scelto male e il suo corpo è diventato mortale. Dio lo prevedeva e ha creato i due sessi per mantenere la perpetuità. Senza il peccato originale gli uomini si sarebbero moltiplicati in modo puramente spirituale, come gli angeli. L’uomo si salverà con la volontà ma non senza l’aiuto della grazia, per recuperare l’amore di dio (cfr. Pascal). Fede e carità per la restaurazione della somiglianza divina cancellato dal peccato. Sulla derivabilità della materia da dio immateriale: la materia come viene concepita dall'uomo non è altro che confusione e mescolanza di pure nozioni come leggerezza, pesantezza, quantità, qualità. La materia non è questa mescolanza ma l’intelligibile che fa fa fondamento alla realtà sensibile. Se questo suo pensiero verrà ripreso da san Bernardo di Chiaravalle, la sua escatologia rimane la parte debole della sua opera, influenzata da origine, parla del ritrovamento della prima perfezione del mondo senza eccettuare dannati e demoni. Su questa scia poi anche Giovanni scoto. - Nella confusione tra i due Gregori, un opera attribuita a loro “de natura hominis” oggi è attribuita a Nemesio: centralità scienza natura umana, che studia un microcosmo legame tra mondo degli spirito e dei corpi che è l’uomo. Questo o diventerà simile a dio o degraderà a seconda che si volga verso beni spirituali o a beni del corpo. Tutto dipende dall’idea che ci facciamo di anima (2 dottrine: Platone- anima sostanza- e aristotele- anima non sostanza). Nemesio: platone> aristotele ovvero pensa che l’anima non è l’atto del corpo ma una sostanza incorporea che spingerebbe l’uomo a perseguire i desideri di questa piuttosto che quelli carnali. [Per gli aristotelici il problema è spiegare come, dopo la morte, l'anima possa sussistere senza il corpo, in attesa della resurrezione; per i platonici il difficile è spiegare come il composto di due sostanze, di cui almeno una autosufficiente, possa avere un’unità]. Nemesio sull’unità corpo- anima: contro la definizione dell’anima come abito di platone lui ricorre ad ammonio sacca e a Plotino, secondo il quale gli intelligibili sono do tale natura che possono unirsi ai corpi capaci di riceverli e tuttavia rimanerne distinti: sappiamo che l’anima è unita al corpo perché percepisce le sue modificazioni ma siamo parimenti sicuri che non si confonde con esso, es: sonno o estasi ed è immortale. Qui nemesio si riavvicina ad aristotele: accetta la teoria dei 4 elementi dotati di caratteristiche specifiche che lui fa derivare da dio. Ma la bibbia non parla di materia, ma solo di creazione ex nihilo. L’anima possiede 3 facoltà: immaginazione (fantasma), memoria (rememoratio) e intelletto. Sull’intelletto nemesio preferisce attenersi a platone ritenendolo legato all’anima, complemento necessario per l’essenza, e non come aristotele come complemento della conoscenza—> così la parte irrazionale dell’anima non è un anima separata e a sa volta comprende due parti: quella che obbedisce alla ragione distinta in appetitiva e irascibile (sede delle passioni: piaceri e pene) e quella che non obedisce (funzione nutritiva, generativa e vitale). Per quanto riguarda la distinzione tra atto volontario involontario e l'analisi dell'atto volontario in deliberazione della ragione, giudizio e infine scelta si ha una ripresa di Aristotele. La scelta diventa giudizio e desiderio, simbolo di unità di corpo e anima. L'uomo è libero. Recap: metafisica di platone e scienza di Aristotele. - Macario d’egitto (materialista), Sinesio (neoplatonico), teodoreto (giustificazione filosofi) Da Dionigi a Giovanni damasceno: - pseudo Dionigi/ il mistico o dionigi l’aeropagita possibile autore di una delle fonti più importanti del pensiero medievale: il corpus aeropagiticum (testi ritenuti apocrifi). Si professa discepolo di san paolo. “Io non ho mai discusso contro quelli che sono nell'errore, verso il suo modo sicuro per distruggerlo e di stabilire inconfutabilmente la verità”. “Dei nomi divini” (che verrà ripreso da Tommaso). I nomi che nascondono l'intelligibile sotto il sensibile non sono adatti se non la nostra condizione. “I fondamenti teologici” , Opera non pervenutaci mostravano che Dio è incomprensibile ai sensi, e non si può nominarlo. Conviene applicare a dio prima tutti i nomi che gli dalla scrittura (teologia affermativa) ma conviene successivamente negarli tutti (teologia negativa) per giungere nel dire che Dio merita ciascuno di questi nomi in un senso inconcepibile per la ragione umana (teologia superlativa). “la teologia mistica": egli trascende contemporaneamente l'affermazione e la negazione. Dio non è il bene , non il male ma l’iper-bene. Dio per Dionigi è un po' come il Dio di Platone nella Repubblica: luce che irradia e penetra tutte le cose. La luce divina (che è l’essere stesso) si trasmette attraverso una cascata e qui gradi sono descritti nei trattati: “della gerarchia celeste", "della gerarchia ecclesiastica”. L'amore fa uscire l'uomo dalla gerarchia in quanto si disperde in una molteplicità di esseri soltanto per radunarli poi ricondurre all'unità della loro origine. L’amore è estatico. In un universo in cui tutto è buono, il male è non essere: senza sostanza e realtà tollerato da Dio perché egli regge natura e libertà senza violentarle. Il rapporto la creazione, Dio è dunque il bene, in rapporto a se stesso, il nome che meno male gli si addice è quello di essere. Idee divine: sì Agostino, Anselmo, Bonaventura e Tommaso le identificano con Dio, Dionigi che subordina a lui. Le idee partecipano dell'essere, che non è lui stesso che è una partecipazione di Dio. Riprendono la terminologia di Plotino: il molteplice non può esistere senza l’uno ma l’uno può esistere senza il molteplice. - Massimo di crisopoli/il confessore: “intorno ad alcuni passi particolarmente difficili di dionigi e di Gregorio di nazianzo: dio monade, e molteplicità derivata da lui ma senza alternarne la purezza. Creazione come manifestazione di dio. Gerarchia degli esseri: alcuni legati alla propria essenza, altri liberi di avanzare o indietreggiare seguendo il bene o il male come l’uomo, avente un corpo materiale e l’anima immateriale. Non diciamo più, come origine, che l’anima esiste prima del corpo: saremmo condotti all’errore di credere che dio non ha creato i corpi che no come prigioni. Dio ha voluto anche i corpi, è quindi conveniente ammettere che corpo e anima vengano certi simultaneamente. La funzione dell’uomo è quella di raccogliere il molteplice nell’unità della sua conoscenza e di riunirlo in dio. Ma l’uomo fece il contrario dissolvendosi nel molteplice, allora dio si fece uomo. La redenzione rende possibile la visione e la partecipazione dell’estasi felice: dalla somiglianza di dio al il cristo che vive nell’uomo. Arriverà il giorno in cui l’universo ritornerà alla sua causa: prima scomparirà la distinzione tra sessi, poi la terra abitata si unirà al paradiso terrestre, poi diventerà simile al cielo perché verrà abitata da uomini divenuti simili agli angeli, e allora s’abolirà la distinzione sensibile- intelligibile. Sintesi neoplatonica. - Filopono: contemporaneamente cristiano e commentatore di aristotele (ripreso poi da san Tommaso contro averroè: intelletto agente o universale, o non è dio, presente nell’animata che proviene da fuori, e infine ogni uomo possiede un intelletto ora in potenza ora in atto). - Giovanni damasceno/damasco: “la forte della conoscenza”, in cui una terza parte “de fide orthodoxa”: non esiste un solo uomo in cui naturalmente non si è inserita la conoscenza che Dio esiste, ma non innata. Mettendo in opera il principio Paolino secondo cui Dio è conoscibile per noi partendo dalle creature, Giovanni stabilisce l'esistenza di Dio dimostrando che tutto ciò che ci è dato dall'esperienza sensibile è mutevole, ed è creato da un essere incerto. Inoltre contro epicuro, prova che l’ordine e la distribuzione delle cose non possono risultare dal caso. Che dio esista è manifesto, ma rimane sconosciuto all’uomo. Gli attributi che noi diamo a dio non lo descrivono: dio al di la della conoscenza perché al di la dell’essenza. Dio “possiede e raduna in se la totalità dell’essere, come un oceano di realtà infinito e illimitato” formula ripresa da Tommaso. Recap. Di fine capitolo: platonismo dei padri, ma non si può far derivare la loro fede dalla filosofia, non si può dire che i padri erano platonici. Affinità Cristiano platoniche: dio come provvidenza, esistenza di un mondo sopra sensibile divino di cui il mondo sensibile non è che l'immagine, spiritualità dell'anima e la sua superiorità sul corpo, illuminazione dell'anima da parte di Dio, necessità di dominare il corpo, immortalità dell'anima e una vita oltre la tomba ove essa riceverà il premio o il castigo. La filosofia più assimilabile al pensiero cristiano. II: Padri latini: metà III sec. Il latino si sostituisce al greco come lingua liturgica della comunità cristiana di Roma e si troverà instaurato il suo uso come lingua letteraria cristiana. Dagli apologisti a sant’Ambrogio: - Tertulliano: prima si convertì al cristianesimo ma poi aderì al montanismo e vi si scagliò contro (il cristianesimo), e infine costituì una setta sulla sua personale dottrina. Applica la regola “longae prescriptionis possessio” alle sacre scritture respingendo le interpretazioni degli gnostici, poiché le sacre scritture commentate da cristiani fin dall'origine gli appartengono. La fede è regola inflessibile e sufficiente, per questa visione nasce una opposizione radicale verso la filosofia: quelle correnti filosofiche che si avvicinavano alla verità di Dio lo facevano per caso, una felice cecità. Antifilosofismo e anti-razionalismo: ma si esita a credere che esso abbia posto il criterio di verità nell’assurdo. Trattando della natura dell'anima egli si esprime con un materialista: l'anima è un corpo dotato di tre dimensioni, approfitta del corpo di cui prede la forma per nutrirsi, ed è ereditaria e con lei il peccato originale. Ma allo stesso modo si è conservata anche la somiglianza di dio e per questo si può dire che ogni uomo è naturalmente cristiano. Poiché tutto ciò che esiste è corporeo, e dio esiste, allora dio è corporeo (il corpo più sottile e tenue di tutti), crea una sostanza spirituale che è il verbo. Lo spirito santo poi non rompe l’unità di dio, come un fiume con il suo estuario. Ma la relazione padre-figlio rimane inespressa poiché se il figlio non è eterno come il padre orche da lui creato tuttavia la sua generazione non più nemmeno avvenire nel tempo, il quale non incomincia se non con le creature. La dottrina di Tertulliano risulta semplicistica. fede cristiana che cerca di spingere il più innanzi possibile l'intelligenza del suo contenuto, con l'aiuto di una tecnica filosofica i cui elementi principali sono presi a prestito dal neoplatonismo, specialmente da Plotino: tra questi la definizione dell'uomo giustificata da Platone nell'Alcibiade e poi ripresa da Plotino ovvero che l'uomo è un'anima che si serve di un corpo. Il corpo è modificato dalle ciò che colpisce i nostri sensi, ma l’anima no e in base a queste modificazioni crea le sensazioni, che non sono passioni ma azioni dell’anima. Sensazioni non possono essere oggetto di conoscenza perché sono instabili vs. Verità intelligibili presenti nell’anima stessa che sono necessarie, immutabili ed eterne. La verità non deriva dall'oggetto sensibile quindi la sua garanzia deriva dal trascendente. La verità è nella ragione , al di sopra della ragione: c’è nell’uomo qualcosa che supera l’uomo. Perché questa è verità deriverà da qualcosa eterno, necessario e immutabile: dio, verità contemporaneamente intima al pensiero e trascendente il pensiero. Tra tutti i nomi uno lo designa meglio degli altri: “ego sum qui sum”, egli è l’essere stesso, immutabile perché non soggetto al non- essere in qualsiasi atto di cambiamento (profondo accordo con platone sull’essenzialità di dio testimoniano nell’"De civitate dei”). Ripreso ma fuorviato dagli agostiniani nel medioevo: es: Anselmo e Bonaventura cercheranno il concetto di essenzialità di Dio di che provare che la sua esistenza evidente immediatamente, cosa che Agostino non fa. “Confessioni”: sulla trinità contrariamente ai greci non parte dalle persone per definirne la natura ma dalla natura divina proseguendo fino alle persone. Una sola natura divina sussistente in tre persone. Agostino giunge a ciò da un analisi psicologica basata sulla somiglianza dell’uomo a dio: l’anima è, come il padre, e genera l’intelligenza di se stessa, come il figlio o verbo; e il rapporto di questo essere con la sua intelligenza è una vita, come lo spirito santo. Così conoscere se stessi è conoscere dio. Sovranamente immutabile dio non ha dispiegato nel tempo la sua opera creatrice ma contiene eternamente in se i modelli archetipi di tutti gli esseri possibili, le idee in- create e consustanziali a dio. Dio ha creato il mondo in un solo istante, dio che fu, che è e che sarà, il racconto dell’opera dei 6 giorni è solo allegorico. Sviluppo perpetuo di un mondo che si dispiega nel tempo ma le cui specie sono già presenti fin dall’origine. “De anima et eius origine”: Agostino lascia irrisolta la questione della nascita delle anime. Nonostante l’influenza del platonismo Agostino non giunge mai ad affermare che la materia sia cattiva o che il corpo sia la prigione dell’anima , ma lo è diventato dopo il peccato originale. Il male non esiste, perché tutto l’essere è bene ed è dio: il male è privazione. Male non Naturale ma morale, dipende dal cattivo uso che si fa del libero arbitrio (in se positivo anche se contiene il pericolo di sbagliare perché l’uomo deve volere il bene). Il peccato originale, ha avuto come conseguenza la ribellione del corpo contro l’anima: di qui vengono concupiscenza e ignoranza. L’anima creata per reggere il corpo, finisce per farsi reggere da questo e assimilarne le immagini, anzi da qualcosa della sua sostanza per formarle. Quando l’anima sfinita non si riconosce più tale ma solo come corpo, il corpo diviene la tomba dell’anima, e quest’ultima necessita di un aiuto della redenzione/grazia (concetto nodale per Agostino) perché non riesce con il libero arbitrio. Grazia non elimina il l.arbitrio ma lo integra: non sopprime la volontà ma la rende buona per volgersi verso l’intelligibile. La ragione da inferiore a superiore. Attraverso la carità i Cristiani fanno quello che si erano prefissati platone e plotino. Città temporali abitante anche dai cristiani, i quali tuttavia fanno parte della “città di dio” (“de civitate dei: su questo si fonda la storia universale). Come dice Tommaso Agostino segue i platonici quando più la fede cattolica lo consentiva, ma Agostino la supera anche per quanto riguarda il mondo con aristotele. Da boezio a Gregorio magno: - Boezio (470-525) accusato di cospirazione fu imprigionato e giustiziato. Difficoltà nel costatare l’autenticità dei suoi scritti in cui il cristianesimo risulta indiscutibile: non si sa realmente se è martire, o anche solo un autore cristiano. La scoperta dello Holder nel 1877 di un frammento di cassiodoro che attribuisce a boezio un librum de sancta tritiate et capita quaedam dogmatica, sembra aver posto fine alla questione. Si deve a boezio un commento sull’ “introduzione” (isagoge) di Porfirio tradotta da Vittorino, la traduzione di Aristotele , una serie di trattati di logica. Le riflessioni sulla logica saranno punto fermo per tutto il medioevo, fino a che l’organon completo di aristotele non fu tradotto in latino nel XIII sec. Boezio voleva tradurre tutti i trattati di Aristotele tutti gli aloni di Platone e dimostrare l’accordo di queste dottrine, ma non realizzo mai questo progetto. “De consolatio philosophiae”: immagine allegorica della filosofia, che è amore per la sapienza. La Sapienza è reale: pensiero vivente, causa di tutte le cose, che sussiste in sé stessa e illumina il pensiero dell'uomo tanto da attirarlo a se con l’amore. La filosofia può quindi essere considerata indifferentemente come il conseguimento della sapienza, la ricerca di Dio o l'amore di Dio. La filosofia si divide in due specie: teorica o speculativa, attiva o pratica. La speculativa si suddivide in tante scienze quanto sono le classi degli esseri da studiare, tre tipi di esseri sono oggetti di conoscenza vera quali gli intellettibili (esseri fuori materia: dio e gli angeli, forse anche le anime prima di cadere nei corpi, la cui scienza è la teologia), gli intelligibili (esseri concepibili dal puro pensiero ma caduti nei corpi come le anime studiate da quelle che noi potremmo definire psicologia), e i naturali (studiati dalla fisiologia/fisica). Quadrivium (aritmetica, geometria, astronomia e musica che sono le vie verso la sapienza). La filosofia pratica si divide secondo gli atti che si devono compiere in tre parti: comportarsi da soli mediante l'acquisizione delle virtù, far regnare queste stesse virtù, amministrazione della società domestica. Trivium (grammatica, retorica e logica che si propongono il modo di esprimere la conoscenza). La logica è un'arte piuttosto che una scienza, parte della filosofia ma anche strumento al servizio della filosofia. Me logica di Boezio è un commento di quella di Aristotele, in cui traspare il desiderio di interpretarla secondo la filosofia di Platone (come aveva fatto Porfirio) sul problema degli universali. Nei commenti all'introduzione delle categorie di Aristotele prevale la risposta aristotelica secondo cui le idee non sono sostanze poiché genere e specie sono comuni a un gruppo di individui e ciò che è comune non può essere esso stesso un individuo. Ma supponendo che essi siano solo delle semplici nozioni della mente: in questo caso pensandole non penseremmo nulla. Boezio allora prende in prestito una soluzione da Alessandro d’Afrodisia: i sensi ci danno le cose in stato di confusione o di composizione ed è lo spirito li estrae dai corpi ma pensandoli sempre come non esistenti se non unitamente alla realtà. Astrazioni: gli universali sussistono in unione con le cose sensibili ma li si conosce separatamente dai corpi. Tesi più aristotelica che platinica presente nel commento alle categorie ma nel de consolatio philosophiae vediamo un intelligenza capace di contemplare la forma senza la materia. Per lui, come per agostino, la sensazione non è passione ma l’atto dell’anima: Le sensazioni ci aiutano solo a volgerci verso le idee. Se san Vittore o Goffredo pensavano ad un boezio oscillante tra platone e Aristotele, oggi siamo consapevoli del platonismo di boezio: scienza dell’intellettibile> intellegibile e l’intellettibile per eccellenza è dio. Di lui abbiamo una conoscenza innata, è bene supremo, e colui di cui non si può pensare nulla di maggiore (cfr. Anselmo). L’imperfetto rende necessario l’esistenza del perfetto, e di un perfetto supremo per evitare il regresso. Dio è beatitudine: lo stato di perfezione che consiste nel possedere tutti i beni, gli uomini non possono diventare beati se non partecipando a Dio. Dio inoltre sfugge alle determinazioni del nostro pensiero ed è uno. La ragione dell’unita della trinità sta nella non-differenza. Sfugge a tutte la categorie (cfr. Giovanni scoto eriugena). Sull’origine dell’anima: verso platone e macrobio sulla preesistenza delle anime (dagli intelettibili agli intelligibili). Boezio accesa ad una gerarchia delle attività conoscitive: teologia, psicologia e fisiologia. Sulla volontà, parlerà di ruota della fortuna ma come conciliare provvidenza e libertà? Problema dei futuri contingenti presente in aristotele. Boezio risponde pensando a un Dio che prevede infallibilmente gli altri liberi ma in quanto liberi. Egli non prevede ma provvede perché in lui le dimensioni temporali collassano in un perpetuo presente. Fisiologia: nel riassunto del commento di caldidio al timeo presenta 2 questioni quali il rapporto della provvidenza col destino e la struttura metafisica degli esseri. Nel primo caso Boezio subordina il destino e la provvidenza poiché quest'ultima e Dio mentre il destino si muove nel tempo. Per quanto riguarda il secondo problema con Platone e Agostino egli identifica l'essere con il bene e il male con il non-essere, ma se le cose sono sostanzialmente buone in che cosa differiscono dal bene in sé e che Dio? Boezio risponde che nel composto c'è diversità tra l’essere (la forma che lo fa essere ciò che esso è) e ciò che è, in Dio no. - Cassiodoro, Isidoro di Siviglia (essenza delle cose rinvenibile nei nomi, etimologia), martino di bracara - Gregorio magno/papa gregorio I: lettera contro didietro che inizia ad insegnare grammatica: per Gregorio le arti liberali sono indispensabili ma al solo fine di comprendere le scritture. Latino cristiano> latino classico. Chiesa e società: popolo ebraico unito da legami di sangue e circoncisione. Popolo eletto “sarete il mio popolo particolare tra tutti gli altri popoli”. Teocrazia e negazione sincretismo, contro tutte le nazioni nemiche: per lo sterminio e non per estendere la fede. Da jahve a Dio (ideale universalistico dei profeti). Il germe dell’universalismo ebraico è il monoteismo. La città antica e la filosofia greca rimanevano legate alla visione etnica circoscritta. Le tue sono le forme di universalismo che si possono scoprire al di fuori del popolo ebraico solo quella di Alessandro magno (e poi augusto imperialismo militare basati sul culto personale) e quella degli stoici (Seneca si considera come cittadino d’una città comune agli dei agli uomini) ma lui nell'altra differivano specificatamente dall'universalismo cristiano. Grazie all’apostolato di san Paolo il privilegio religioso del popolo ebraico si ridusse a quello di essere stato scelto da Dio come testimone (dio signore tanto degli ebrei che dei gentili). Il nuovo regno non era di questo mondo. I legami già lenti che collegavano Roma ai popoli che vi vivevano, si disfecero completamente quando questi divenuti cristiani, vennero messi fuori legge e perseguitati dagli imperatori (“discorso vero”di Celso). O “lettera a diogneto” di ignoto autore: “ ogni patria straniera è per loro una patria, ed ogni patria è per loro straniera”. —> la situazione cambia con la conversione di Costantino ma l’invasione barbara fu tronfio pagano (perché essi predicavano la rovina dell’impero se questo avesse abbandonato i suoi dei). Contro essi Agostino scrive la città di dio (non c’è ragione per cui le due città non possono accordarsi). Babilonia che vuol dire confusone vs.società soprannaturale, fondata sulla sapienza cristiana, distinta dallo stato ma con esso compatibile. Le disgrazie di Roma significa semplicemente che la felicità non è di questo mondo. Agostino chiese ad orosio di dimostrare che I pagani soffrivano di sventure tanto più crudeli quanto essi stessi erano lontani dalla vera religione nell’opera “delitti e castighi”. Gelasio I: il re è sottomesso al potere spirituale, il vescovo a quello temporale. La patristica latina: hanno avuto una formazione basata su: cicerone sulla eloquenza che non è retorica e la formazione di un buon oratore attraverso le 7 arti liberali vs. Quintiliano per un uomo dabbene e le arti liberali comparivano solo come ausiliarie alla grammatica o allo studio delle belle lettere. Cicerone voleva formare il doctus orator e Quintiliano il via bonus dicendi peritus, perchè non conservare la stessa cultura dandole per fine quello di formare un “via christianus dicendi peritus”? Questa una delle riforme compiute da agostino: comprendere le scritture e saper utilizzare la retorica. Le scritture realizzano anche l’ideale ciceroniano! Il tipo di cultura trasmessa al medioevo dai padri latini era dunque una specie di eloquenzia cristiana. designa i modelli delle cose create sono eterne e coeterne a dio ma non completamente perché ricevono da dio la loro esistenza. Le idee sono in dio senza introdurre molteplicità, solo nei loro effetti esse ammettono distinzioni e si distribuiscono secondo un ordine. Il verbo di dio è la ragione e la causa creatrice, contemporaneamente semplice ed infinitamente molteplice, dell’universo creato. Dottrina delle idee presenta no poche difficoltà: se archetipi delle cose sono delle creature, necessariamente essi sono finiti; ma se sono finiti , come possono identificarsi con il verbo? Molti hanno quindi tentato di spiegare come per eriugena le idee non sono creature: prima dice che le idee sono lo stesso verbo, e se lui è incerto anche esse lo sono, poi paragona la creazione delle idee alla generazione del verbo dal padre, non dovrebbe qui esserci creazione ne in caso ne nell’altro. Si tratta dell’equivalenza del termine creatura: come generata o posteriore a dio. Ma l’anteriorità del verbo fa si che il verbo è il padre ma le idee sono solo un partecipazione di dio, e posteriori a lui non possono essere dio. Eriugena si sarebbe quindi posto non tanto sul piano della creazione causa- effetto ma della manifestazione di dio, una rivelazione e una teofania. La creazione è rivelazione e la rivelazione è creazione, preludendo la mistica del XIV sec, dio sconosciuto a se stesso se non per la rivelazione: per conoscersi è necessario cominciare ad essere, per questo si crea nelle idee. Processione del molteplice partendo dall'uno opera della terza persona della Santa trinità, lo spirito Santo. Ogni creatura riproducendo a modo suo l'immagine di Dio è definita da una trinità costitutiva: l'essenza che corrisponde al padre, la virtù attiva che corrisponde al figlio e l'operazione che corrisponde allo spirito Santo. Tema dell’illuminazione: il mondo cesserebbe di esistere se dio cessasse di irradiare luce. La loro sussistenza è l’illuminazione, la natura (cfr. Berkley) è il linguaggio con cui dio ci parla. L’illuminazione è gerarchica nelle tre teofanie: angeli, l’uomo e le sostanze visibili e corporee. Angeli immateriali, hanno una conoscenza immediata ma non diretta (nessuno vede dio e nemmeno le idee). Anche tra loro vi è una gerarchia, gli angeli meno nobili comunicano poi le teofanie all’ordine superiore della gerarchia ecclesiastica e attraverso sei agli altri ordini fino ai fedeli. L’uomo ben al di sotto degli angeli, ha una divisione di sessi dovuta al fatto che dio prevedeva il peccato. Considerato che tutto è teofania e l’illuminazione va dall’alto verso il basso, nell’uomo è contenuto tutto l'insieme degli esseri come tipi intelligibili più perfettamente che nella materia in cui in seguito si sparpagliano. Ciò che si trova in un corpo è la sostanza, ma la sua sostanza non è altro che la sua causa intelligibile, che sussiste eternamente in Dio. Considerato in Dio stesso, essa prende il titolo di essenza; presa in quanto realizzata in un corpo, essa riceve il nome di forma e genera una natura. L'essenza ci è incomprensibile, le nature ci sono comprensibili la loro mescolanza con le categorie, che è la materia. Presi a parte tutti questi elementi sono intelligibili. La materia è concepita come fatta di intelligibili coagulati e oggetto dei nostri sensi. Il fondo sostanziale degli esseri rimane dunque l’essenza intelligibile ed invisibile. L’anima può compiere 3 processi (imita la trinità di dio): come pensiero puro (con l’aiuto della grazia si volge oltre se stessa), come ragione (si volge a se stessa per legare le nozioni intelligibili), e la sensazione (atto dell’anima Silla scia di plotino e agostino). Ma l’anima non si scinde, resta unica, è il pensiero puro che si scinde via via scendendo verso genere e specie ma ricercando unità a partire da questi. Il ritorno a dio avviene grazie all’amore: il richiamo a dio si manifesta prima come mancanza o bisogno che eriugena chiama informitas dal non essere verso l’essere. L’analisi inizia con la disgregazione del copro nei suoi elementi e la separazione con l’anima: la morte, ultimo momento di divisione. La morte è la 1 tappa del ritorno verso dio, la 2 sarà la resurrezione dei corpi, per poi nella 3 si ricongiungeranno all’anima: il corpo diventerà vita, la vita senso, il senso ragione, la ragione pensiero puro. 4 tappa reintegrerà l’anima umana nella sua causa prima o Idea o con l’anima, il corpo che essa ha riassorbito. 5 e ultima: il mondo ritorna al paradiso e non vi sarà che dio e tutto riacquisterà la natura plenaria. Una riunione senza mescolanza ne composizione. Questa analisi è frutto di natura e grazia. Questa escatologia si adatta benissimo agli eletti. Cosa ne è dei dannati? Pensare ad un castigo materiale senza materia non è più possibile per eriugena, e tantomeno pensarlo eterno perché significherebbe far vincere il peccato. Risulta quindi vana la dottrina dei premi e dei castighi eterni e il male verrà eliminato. Ciascuno sarà dannato o beatificato nella sua coscienza. Il tormento sarà l’assenza di dio. Da enrico d’Auxerre a gerberto d’Aurillac: evoluzione cultura latina nelle scuole abbaziali e cattedrali tra IX e X sec: - Servato lupo (ciceroniano), smaragdo (espone le difficolta di un grammatico cristiano: vero latino per i cristiani è quello della bibbia vs. umanisti), micron di saint-riquier, hadoard, Eirico d’auxerre (aristotelismo e eriugenismo), e il suo allievi, Remigio d’auxerre (muore quando vi è il vuoto del X sec). - Abbone di cluny (importantissimo per la ricostruzione del corpus aristotelico con le traduzioni delle categorie, del de interpretazione e i trattati di Boezio sugli analitici), e Gerberto d’Aurillac che conosceva a fondo trivium e quadrivium e come abbone basava lo studio della logica non solo sulle opere fino ad allora tradotte di aristotele ma anche sui commenti di boezio. Per quanto poi sia diventato papa , sotto il nome di Silvestro II, non mostrò remore nel suo amore per le lettere (andava in cerca di manoscritti). La suora Hrosvita per mostrare la superiorità delle sacre scritture rispetto agli scritti pagani scrive 6 commedie sullo stile di terenzio . Così nasce il teatro cristiano. Ad eccezione di eriugena in questo periodo l’assenza di grandi teologie e dottrine metafisiche è sensibile. D’altro canto vi si percepisce un ossessione per la cultura classica (es: italia grammaticale in cui si distinse vilgardo a cui apparvero 3 demoni sotto le vesti di Virgilio, Orazio e giovenale che lo ringraziarono del suo amore per le loro opere e gli promisero di associarlo alla loro gloria, dopodiché perdendo la ragione si mise a sostenere dottrine contrarie alla ragione e fu condannato come eretico. IV. La filosofia nel secolo XI: Dialettici e teologi: trivium e quadrivium tanto importanti che si manifestarono pretese di sottomettere il dogma alle esigenze della deduzione sillogistica. - Anselmo di besate/il peripatetico, Berengario di Tours (allievo di fulberto fondatore della scuola di chartes) il quale riprende eriugena per l’importanza della dialettica e della ragione (non usare la ragione, che è stata fatta a immagine e somiglianza di dio, significherebbe rinunciare al proprio titolo d’onore). Ma va oltre: posizioni eretiche sul dogma dell’eucarestia. - A questi rispondono altri rivendicando un distacco dalle scienze pagane e il bisogno di ripristinare l’importanza della pura teologia come otloh di saint- emmeran, manegoldo di Lautembach ma soprattutto san Pier Damiani: dio che l’uomo ha bisogno per salvarsi è solo e soltanto il contenuto delle scritture. “De ordine eremitarum” compila una biblioteca sui libri che bastano ad un monaco non solo per salvare la sua anima ma anche per salvare quella degli altri. Se la filosofia fosse stata necessaria Dio avrebbe mandato dei filosofi per convertire gli uomini e non altri uomini semplici. La filosofia è un'invenzione del diavolo. “De divina onnipotentia” vs . San Gerolamo che dice che dio può far tutti tranne non far accadere quello che è accaduto (lui risponde che se non fosse stato per dio, non sarebbero accadute, dio è eterno presente). Ruscellino e il nominalismo: il problema degli universali s’arricchisce nel solo XI di una nuova soluzione, il nominalismo. Idea= parola che la designa vs realtà qui è reale solo ciò che è nell’individuo. La più celebre applicazione che Roscellino abbia fatto del suo nominalismo alla teologia è la sua interpretazione triteista del dogma della trinità. In dio, come negli individui, sono le persone ad essere reali: ciascuno dei nomi di padre, figlio e spirito santo designa una cosa a se. La trinità si compone quindi di 3 sostanze distinte , benché esse non abbiano che una sola potenza e una sola volontà. Aver chiamato con sostanze ciò che i latini hanno chiamato persone. Anselmo di Canterbury: /D’aosta (1033- 1109) fu nominato arcivescovo di Canterbury. Deve molto ad Agostino. Rapporti fede - ragione: monologion scritto su richiesta di alcuni monaci di Bec per provare l’esietsnza e l’essenza di dio attraverso la ragione e non sulla scrittura. Con lui si conclude la controversia dialettici- antidialettici. Due fonti di conoscenza sono a disposizione per l’uomo: fede e ragione, ma rifiuta di sottomettere le scritture alla fede. La fede è il dato da cui l’uomo deve partire: si crede per intendere. Ma inversamente prende posizioni contro gli avversari della dialettica: bisogna sforzarsi di comprendere razionalmente dio che si crede per fede altrimenti si incappa nella presunzione di un illuminazione terminata, di una verità stabile. Ma dove si può arrivare a conoscere con la ragione? Anselmo non pensa si possa giungere a capire il mistero. —> trinità e incarnazione attraverso la filosofia del XI che consisteva soltanto nella dialettica di Aristotele: dimostra con dimostrazioni logicamente necessarie che dio esiste , che è uno in tre persone e il verbo doveva incarnarsi per salvare gli uomini. Prove esistenza di dio, ispirate a sant’Anselmo ma lo superano, nel monologio: 1) le cose sono ineguali in perfezione , 2)tutto ciò che possiede più o meno una perfezione ce l’ha dalla sua partecipazione a questa perfezione. Ad esempio il bene , non astratto ma nel nostro desiderio tangibile di volerne far parte. L’uomo è portato a chiedersi la causa del bene. Ma il bene è bene solo in relazione ad un bene assoluto. Deve quindi esistere dio. Inoltre tutto ciò che esiste ha una causa, non esistono per se o si riproducono reciprocamente, ma una causa che esiste per se che è dio. Una terza dimostrazione: basandoci sulla gerarchia delle perfezioni dell’essere, non volendo ammettere l’infinità degli esseri , si deve posse una sostanza superiore alle altre senza essere inferiore a nessuna. Anselmo completa questa prova con la prova ontologica del proslogion: hai occorre una sola prova che sia autosufficiente: partendo dall’assunto della fede che dio esiste e non si può pensare nulla di maggiore vs. stolto che ha dio nell’intelligenza anche se non ne comprende l’esistenza, ma se la pensa la comprende. E se la pensa e la comprende questa deve esistere. Anselmo trova un avversario in Gaunilone e le isole beate. — >recap: la nozione di essere assoluto , chiede in un certo modo la posizione della sua esistenza da parte del pensiero che la percepisce. Identificazione pensiero esistenza verrà ripresa da san Bonaventura, Descartes, leibniz, hegel e rifiutata in kant, Tommaso d’Aquino e Locke. Dio è l’essentia ma se in lui essere e essenza coincidono, gli esseri ricevono la loro esistenza da dio. O dio è la causa produttrice dell’universo oppure egli è la materia di cui è formato . Ma in questo caso si ricadrebbe in un panteismo. Bisogna quindi ammettere che il mondo sia stato creato ex nihilo. Ma sebbene non esisteva come materia esso esisteva come forma, immagine o regola. Dottrina delle idee divine contraria a quella eriugeniana delle idee create. Gia presenti nel suo pensiero le creature sono uscite per effetto del verbo (non paragonabile alle parole degli uomini). Bisogna attribuire a dio solo perfezioni positive che siano assolute e non relative e che sono migliori di tutto ciò che è diverso da loro. Inoltre egli è semplice, è in ogni luogo e in ogni tempo senza esser chiuso in nessun luogo e nessun tempo. L’anima umana è l’unica tra le creature a ricordarsi di se stessa, comprendersi e amarsi rispecchiando così la trinità divina. Si oppone alle tendenze nominalistiche di roscellino, con un ontologia a cui è legata la verità. Nel “de veritate” afferma che ogni cosa è vera in quanto essa è ciò che deve essere secondo la sua idea in dio. C’è una sola verità in ciò che è vero ed è dio. Cristianità e società: rapporti chiesa stato X e IX sec: papa Adriano I a carlomagno, si riferisce a lui in termini di alleanza e protezione, sancita poi con l’incoronazione di carlo da parte di papa Leone III, nell’800. Il crollo dell’impero carolingio porta in auge un altra idea , quella della civitas dei di agostino associata alla chiesa, o ancora meglio alla cristianità che piano si ergeva come capace di riallacciare alla chiesa di roma popoli e accidenti ma anche per essenza ma per Abelardo sbagliano quando dicono che le cose distinte rimangono uguali , se non essenzialmente, indifferentemente. Per Abelardo l’errore sta nel considerare gli universali come cose reali se no in loro stessi, almeno negli individui. Bisogna attribuire l’universalità alle parole (non alla maniera di roscellino), la cui validità si poggia sullo status delle cose. Non si tratta di ammettere un essenza comune, ma che per natura alcuni individui si trovano nello stesso status di altri. Universale è cio che si può predicare di più cose, nel pensiero designa un immagine confusa estratta da una pluralità di individui di natura simile, nello stesso stato. Le idee, in quanto atto unico e semplice sono proprie di dio mentre l’uomo pensando al particolare si può servire dell’intellezione, ma pensando all’universale può giungere solo all’opinione. L’intelletto sbaglia quando considera separato ciò che separatamente non esiste, quando va oltre l’astrazione pensando ad una separazione ontologica (cfr. Ockham). Quindi genere e specie esistono solo nell’intelletto, sono corporee in quanto parole, incorporee come significato, sussistono nei sensibili e se questi smettono di esistere, gli universali mantengono il significato. Abelardo affermando che gli universali non sono realtà, ha contribuito a rifare della logica una scienza autonoma. Sulla morale, nell’opera “scito de ipsum” abelardo parte dalla distinzione tra vizio e peccato, corrispondenti nell’inclinazione al male e nell’acconsentirvi. Ma la moralità dell’azione si confonde con l’intenzione: anche intenzioni buone possono portare ad atti malvagi. Problema dell’esclusione dei miscredenti dal regno di dio. Ripreso poi nella teologia Christiana: riprendendo san Giustino, alcuni filosofi, sebbene senza rivelazione, hanno perseguito la verità di cristo, quindi non sono soggetti alla dannazione. In linea alla visione del cristianesimo come verità che comprende e integra le altre, “dialogo tra un filosofo, un ebreo e un cristiano”. —>Avversari di abelardo: il già citato guglielmo, suo maestro, che sosteneva sugli universali le tesi già confutate della communitas universalium e dell’indifferenza. E la teoria del gruppo attribuita a josselino sebbene lo status di abelardo non sia molto diverso. Inoltre vi è abelardo di Bath. La mistica speculativa: - San bernardo (“cantico dei cantici”) sostiene che la conoscenza delle scienze profane sia infimi rispetto a quelle delle scienze sacre e si oppone per questo motivo ad abelardo e a Gilberto de la Porrèe. É uno dei fondatori della mistica medievale. La via che conduce a cristo è l’umiltà, bisogna umiliarsi e sminuirsi: giungendo ai tre gradini della verità, dopo i dodici dell’umiltà. I tre gradini sono riconoscere la propria miseria, carità e pentimento degli errori e contemplazione. L’apogeo è l’estasi dell’anima, sebbene l’uomo rimane sempre distaccato dalla sostanza divina, la cui unione può avvenire solo nella visione beatifica. La influenza di san bernardo è dovuta al fatto che egli ha dato un’interpretazione della sua esperienza personale dell’estasi. Essa non si può descrivere, perché individuale, ma si può speculare sulle cause che la rendono possibile. Quello che San Bernardo chiama unione con Dio non è una comunità di essenza tra l'umano e divino ma un riconoscere la somiglianza con Dio nella propria volontà, che è carità, e un amarsi come dio ci ama. Il peccato: volere se stessi per se stessi e non volere se stessi e il resto per dio. Mistica fa un tutt’uno con la vita cristiana: rieducarsi all’amore disinteressato per dio, finendo così per amare se stessi. - Guglielmo di san teodorico: la sua è anche una dottrina dell’amore ma legata alla dottrina agostiniana della memoria. L’amore di dio è stato inserito nel cuore della sua creatura, ma il peccato originale distoglie l’uomo da questa tendenza all’amore. L’uomo deve conoscere se stesso e ritrovare in se la memoria di dio. Memoria, volontà e ragione (trinità creata). Memoria dataci da dio che volge ragione e volontà verso lui. - Isacco: ricerca dio meno sul piano dell’estasi e più sulla metafisica. La sua opera più celebre è “ Epistola ad quemàdam familiare usum de anima”: vi sono tre realtà quali anima, corpo e dio. L’anima è posta tra dio e il corpo, è similitudo omnium. La parte bassa dell'anima, immaginazione, è imparentata con la parte più elevata del corpo che è la sensibilità; la parte più elevata dell'anima, l'intelligenza, è imparentata con Dio. Prende in prestito da boezio a proposito dell’intelletto e dell’intelligenza: il primo conosce le cose incorporee la seconda conosce il solo supremo e puro incorporeo che è dio. Il secondo focolare della mistica speculativa del XII sec. È l’abbazia parigina degli agostiniani di san Vittore. - Ugo di san Vittore: in accordo con san Bernardo è severo nei confronti della dialettica. “Imparate tutto e vedrete che non c’è niente di più inutile”. Le scienze si riducono a quattro che contengono tutte le altre: la scienza teorica, scienza pratica, la meccanica, e la logica. All'interno di queste ci sono sette scienze che meritano in maniera particolare di essere studiate sono quelle che formano il trivium e il quadrivium. Vediamo come sebbene mistico egli promuove lo studio delle scienze profane. La sua teoria della conoscenza è la teoria aristotelica dell’astrazione. “De sacramentis”: e scienze profane hanno il compito di indagare la creazione, le sacre scritture la restaurazione. Ugo ammette, come farà Descartes, che dio non vuole le cose perché sono giuste ma sono giuste perché lui le vuole. - Riccardo di san Vittore: prova dell’esistenza di dio. Alano di lilla e Nicola di Amiens: (razionalizzazione della teologia, con assiomi e postulati, per combattere gli eretici con la loro arma: la ragione). - Alano, una delle più grandi figure del XII secolo. Le sue opere si volgono a combattere le eresie: come i catari che, come una sopravvivenza del dualismo di Mani, credono nella luce contrapposta alle tenebre. Condannano matrimonio e unioni sessuali, ma alano sottolinea come tutto sia stato creato da dio, anche il diavolo. E che il matrimonio renda le unioni sessuali non peccaminose. Sull’immortalità delle anime: l’uomo ha due spiriti: uno razionale, incorporeo e immortale e uno fisico e naturale che perisce con il corpo. Altra eresia a cui si contrappone è quella dei valdesi: monoteisti come i cristiani ma avversari della trinità come gli ebrei speravano in una beatitudine materiale dopo la morte, praticavano la poligamia e rimproveravano i cristiani per l’uso delle immagini. “De fide catholica”: convincere gli eretici partendo trattando la teologia come scienza, attraverso assiomi (riprende questo da boezio) raccolti nel “ maximae theologiae”. L’obiettivo è trovare una massima immediatamente evidente, che non possa essere provata da nessun’altra e possa servire a provare se stessa: la monade è ciò per cui ogni cosa è una, ed è dio. Perfettamente semplice, la monade produce il molteplice ma genera l’unità, che è il figlio. Riprendendo un testo che lui attribuisce a Ermete trimegisto: se la monade genera, non può generare che una monade , e il suo ardore si riflette su se stessa perché lo spirito santo procede dal padre al figlio. La monade è principio e fine senza avere lei stessa principio e fine. La forma divina è forma di tutta ma formata da niente. “Anticlaudianus” (sulla naso ita dell’uomo perfetto), “de planctu naturae” (naturalismo cristiano). - Nicola di Amiens: “de arte catholicae fidei”: combattere gli eretici con la ragione tramite una serie di definizioni, assiomi e postulati per formare poi teoremi secondo il metodo geometrico. L’universo del XII sec: descritto da Onorio d’Autun nell’opera “De imagine mundi” , opera non scientifica e volgarizzata che fa ampio uso dell’etimologia, dell’interpretazione simbolica e del ragionamento per analogia. Mundus= ovunque in movivemento. Presente prima nel pensiero divino, poi creato nella materia ad immagine del suo archetipo, poi riceve le sue specie e forme con i 6 giorni e infine dura nel tempo e sarà rinnovato da dio alla fine dei tempi. Il mondo fatto dai 4 elementi, possedenti qualità che ne permettono i rapporti. La terra, è pesante e occupa il centro (5 zone quali circoli settentrionale, solstiziale equinoziale, brumale e australe; la parte abitabile che è quella solstiziale si divide in europa, Asia- il primo ad est del paradiso terrestre- e africa- dove vi è l’isola perduta) e al centro del quale abbiamo l’inferno. Sopra la terra vi è l’acqua, da aequor perché piena, e poi l’aria e i 4 venti. Poi abbiamo il fuoco, elemento più puro, con i 7 pianeti o astri erranti e sulla loro musica che ispira la musica degli uomini che usa imitano con le 7 note. Sopra il fuoco—> il firmamento/cielo acqueo —> cielo degli spiriti (angeli) —> cielo dei cieli e dio. Sacerdozio e regalità: ripresa storia delle città mistiche di agostino da parte di ottone di Frisiga che inizia a parlare di un integrazione di babilonia, che egli riconosce negli imperi sempre più decadenti, nella città di dio, da lui rivista nella chiesa. L’integrazione ordine temporale nella chiesa: Ugo di san Vittore sulla base della teocrazia ebraica dell’antico testamento, Onorio d’autun (il re è un laico che riceve la sua autorità sugli altri laici dal sacerdozio), Giovanni di salisbury, san bernardo (che fa della distinzione tra temporale e spirituale una distinzione interna alla chiesa). Da qui una posizione particolare nei trattati di York di autore sconosciuto: che afferma l’eguaglianza tra vescovi, e tra vescovi e papa, e tra chiesa di Roma e altre chiese, e la supremazia di un re ma che sia anche sacerdote. Infatti cristo è re, e il suo essere tale è legato alla sua divinità, ma si fa sacerdote quando si fa umano. Quindi l’esser sacerdote viene dopo l’esser re. Il bilancio del XII sec: leggere. VI. Le filosofie orientali: la filosofia araba ed ebraica si sono sviluppati prima della filosofia medievale in occidente. La filosofia araba: la speculazione ellenica beneficiò della diffusione della religione cristiana in Mesopotamia e in siria. La necessità dei siriani appena convertiti di imparare il greco per leggere l’antico e il nuovo testamento, li aveva messi in grado di iniziarli alla scienza e alla filosofia greca. Dunque si insegnava filosofia , matematica e medicina dove si insegnava teologia. Le scuole siriache (come edessa) furono gli intermediari attraverso i quali il pensiero greco è giunto agli arabi. Il pensiero arabo pose sotto l’autorità di aristotele una sintesi di aristotelismo e neoplatonismo. - Al- kindi: soprattutto un enciclopedista, tra le sue opere “de intellectu” per chiarire il senso della distinzione aristotelica tra intelletto agente e intelletto possibile. Il pensiero occidentale, partito dal problema degli universali non sospettava nulla di questa difficoltà. Con lui vediamo come il pensiero arabo ha ammesso fin dalle origini, sotto l’influenza di alessandro d’afrodisia, che non c’è che un intelligenza agente per tutti gli uomini. Ciascuno ha il proprio intelletto in potenza che, sotto l’azione di questa intelligenza agente separata , passa dalla potenza all’atto. - Al-farabi: “concordanza di platone e aristotele”: non è corretto sostenere che la filosofia araba sia solo aristotelica, c’è chi come lui ha fatto grandi soffrii per conciliarli. Sul problema di conciliare una concezione greca dell’essere e del mondo con la nozione biblica di creazione: al farabi lo risolve grazie alla distinzione di essenza ed esistenza negli esseri creati. Per includere l’essenza sotto l’esistenza ci vorrà bisogno di una nuova riforma metafisica ad opera di Tommaso d’Aquino. Divide a sua volta l’intelletto in : intelletto in potenza rispetto alla conoscenza che può acquisire, intelletto in atto rispetto a questa conoscenza, intelletto acquisito e intelletto agente, primo motore immobile. - Avicenna: (980-1037), studiò medicina, fisica giurisprudenza e così via finché non incappò nella metafisica di aristotele, che riuscì a comprendere solo grazie alla spiegazione di al-farabi. Tra le sue opere quella che influenzò il pensiero occidentale è “al-shifa” ( la guarigione): una specie di summa o enciclopedia filosofica in 18 volume che contiene la sua interpretazione, e non un semplice commento, della filosofia di Aristotele. Anche qui la dottrina di Aristotele si combinava felicemente con il neoplatonismo. La logica: come per arrostitele si basa sulla distinzione tra intentio prima e intentio secunda, ovvero il primo oggetto dell'intelletto che l'individuo concreto e il suo oggetto secondo che è la nostra conoscenza stessa del reale. L'universale è creature fatte di forma e materia si incastrano tra loro in virtù delle loro forme -aspetto neoplatonico- ma per quanto riguarda la cosmogonia si distacca dal platonismo: il ondo deriva dalla volontà). —> influenzato pensiero cristiano. - moseh ben majmon: riprende Aristotele e platone tendendo verso il pensiero del primo, per questo sarà seguito anche da Tommaso. “Giuda dei perplessi”: summa teologica scolastica ebraica, sulla conciliazione scienza e filosofia. L’oggetto proprio della filosofia è la conferma razionale della legge. Filosofica dimostra che la prova aristotelica in favore dell'eternità del mondo non sono conclusive, la creazione del mondo non è impossibile dal punto di vista della ragione e in mancanza di una prova decisiva in un senso nell'altro è conveniente accettare la dottrina mosaica della creazione nel tempo (ma dio è indefinibile se non per via di attributi negativi). Ma che sia creato ex nihilo nel tempo , o sia eterno il mondo è in movimento e necessita un primo motore( cfr. Tommaso). Contro ibn gebirol egli ammette che le intelligenze pure sono esenti da ogni materia è che esiste una materia dei corpi celesti differente da quella dei corpi terrestri. VII. L’influenza greco-araba nel XIII sec e la fondazione dell’Università: L’influenza greco-araba: il progresso tecnologico e filosofico del XIII sec ha fatto seguito all’invasione in occidente latino da parte delle filosofie arabe ed ebraiche ,e quasi contemporaneamente delle opere scientifiche , metafisiche e morali di aristotele attraverso l’opera di traduzione ad esempio di Gerardo di Cremona, gundissalino, o Giovanni ispano. Con loro si trasferisce in occidente l’aristotelismo arabo, ovvero mischiato al neoplatonismo, e il platonismo quasi puro di proclo e Plotino. Ad esempio la trad. del “liber de causis”, che fu un potente appoggio per i fautori della tesi che le idee sono create, concepite come non costerne a dio, mentre l’uono è prima dell’eternità. Il primo a subire questa spinta neoplatonica fu gundissalino: la cui opera personale è preziosa per testimoniare le prime reazioni dei cristiani a contatto con le filosofie arabe ed ebraiche anteriori ad averroè, e il loro modo di interpretare il mondo, derivato come ad es la filosofia di boezio da platonismo. —> complesso teologico: scritti che riuniscono platonismi cristiani e arabi/ebraici, che intrecciandosi tra loro risultano difficile da distinguere. Il successo di avicenna fu immediato presso i cristiani, al punto che si parla di “avicennismo latino” ma l’espressione è infelice: in quanto non si può citare nemmeno un filosofo che abbia seguito fino in fondo la dottrina di avicenna, anzi parecchie volte nel XIII sec ritroveremo la poetica di Avicenna subordinata a quella di Sant’Agostino , un agostiniano avicennizzante (il dio che da luce di agostino è identificato con l’intelletto agente di Avicenna). Infatti al farabi e avvicenna insegnano che vi è un intelletto agente separato, i cristiani hanno tentato di mettere dio al di sopra di questa o identificarla con essa. Opere che combinano Avicenna ai platonismi già noti (agostino, Dionigi, falcidio, boezio, Giovanni scoto eriugena…): de anima attribuita a gundissalino, il de differentia anime et spiritus attribuito a Ben luca (immortalità dell’anima avicenniana + calcidio con la dottrina dell’intelligentia) e de fluxu entis attribuito ancora a gundissalino (che cuce grossolanamente Avicenna con gli altri autori). Insomma, il pensiero cristiano si è piegato sotto la spinta araba: smarrendo la dottrina biblica della creazione sotto la metafisica lussureggiante delle processioni del mondo a partire da Dio. Non si riesce a definire se questi pensieri siano stati alla base di dottrine come: - Amarico di bene (di lui ci restano solo frammenti), accusato di panteismo perché identifica l’essere di dio con l’essere delle creature. In realtà non sappiamo se quando affrenava “dio è tutto” lo intendeva nel senso dell’esse omnium di Dionigi o come panteismo appunto (comete formule di eriugena). Un suo discepolo, un almariciano, Bernardo mise insieme le asserzioni di san paolo e san Giovanni che affermano che tutte le cose create da dio vivono in lui con il tema de unitate giungendo ad affermare che tutto è dio. Ma il pensiero di amarico non si può discernere con certezza. - Davide di dinant: come eriugena divide l’essere, in 3 indivisibili: hyle (materia) , nous o pensiero di cui sono composte le anime e dio primo indivisibile delle sostanze separate. Ma aggiunge Tommaso che Davide riteneva queste cose una medesima cosa, non dio ma l’essere. Infatti l’argomentazione di Davide poggia sul fatto che ne dio ne la materia hanno forme e per essere assimilate il nostro intelletto deve essere di pari natura, una natura che va oltre le categorie poiché non avendo forma non è sostanza, ma è potenzialità pura, una materia che va oltre le categorie. Davide di dinant rappresenta molto bene l’antico platonismo latino che cede all’Aristotele di alessandro di afrodisiaco e alla sua dottrina dell'intelletto umano come pura potenzialità ma ne nel suo caso ne in quello di almarico si hanno prove di influenza araba. Ma si è scoperto un Trattato anonimo dove queste influenze si complicano maggiormente mescolandosi con l’elemento religioso: un opera che parla del viaggi delle anime dopo la morte attraverso le dieci felicità e le dieci miserie generali. In ogni modo l’influenza araba ha penetrato alcuni ambienti cristiani intorno all’anno 1200. L'inevitabile conflitto tra filosofia araba e teologia cristiana avviene verso l'inizio del XIII secolo all'università di Parigi che si era allora appena costituita. Nel 1120 tutti i maestri e gli studenti delle scuole cattedrali di Parigi si riuniscono in un solo corpo riconosciuto da Filippo Augusto e dal Papa Innocenzo III e di cui Roberto di courcon sanziona gli stati nel nel 1215. L'università di Parigi, la più antica delle grandi università medievali viene così costituita. É qui che fanno la loro apparizione le traduzioni di Aristotele e dei suoi commentatori arabi, gli illustri maestri che insegnavano a Parigi non ignorano questo complesso di nuove idee che cominciano ad affluire. Ma con l’arrivo delle opere di averroè, capiscono man mano il pericolo che la sua dottrina contiene, fino a che san Bonaventura non lo denuncerà. Incomincia allora una grande epoca della teologia e della filosofia scolastica che coincide con lo sforzo dei pensatori cristiani di incanalare l'ondata greco-araba, o di arginarla. L’autorità ecclesiastica inizia a proibire: 1210 , il concilio provinciale a Parigi guidato da Pietro di corbeil proibisce sotto la pena di scomunica che si insegnano a Parigi, sia in pubblico che in privato, le opere di Aristotele sulla filosofia naturale, o i loro commenti. Nel 1215 lo studio dell’organon era ancora autorizzato negli studi dell'Università di Parigi sanzionati da Roberto di courcon ma la metafisica, i libri della fisica e di scienza naturale vengono proibiti come le dottrine di Davide di denant o almarico (curioso come la causa di aristotele venga confusa con quella di due eretici, come se condividesse con loro il panteismo). Ma la fisica di aristotele metteva in gioco dei principi e dei concetti così elastici e fecondi per la spiegazione le cose naturali che non si ci rassegniava volentieri a rinunciarvi: a Tolosa rimaneva autorizzato l'insegnamento di aristotele e i maestri se ne vantavano. Inoltre anche i maestri più rigorosi hanno tenuto conto dell’aristotelismo e della filaofia araba perché sebbene era vietato insegnarla , non lo era confutarla, ma per confutare delle dottrine era necessario prima di tutto conoscerle. Infatti dal 13 aprile 1231 il papa Gregorio IX rinnova il divieto: restava proibito insegnare la fisica di Aristotele, ma soltanto finché essa fosse stata sottoposta a censura e purgata dai suoi errori. 10 giorni più tardi il papa nomina una conimmissione che doveva fare proprio questo lavoro di revisione per rendere utilizzabile nell'insegnamento la filosofia naturale di Aristotele tuttavia non si vede che il lavoro dei teologi incaricati in questo compito che ha dato dei risultati positivi. Ma Aristotele si infiltra da ogni parte guadagnando continuamente terreno tanto che quando Innocenzo IV estenderà la proibizione anche all'Università di Tolosa (1245) e quando urbano IV la rinnoverà questi decreti giungeranno troppo tardi e resteranno inoperanti. Inoltre per quanto riguarda gli ordini francescani: aristotelismo accetto dai francescani (che riprendeva soprattutto Sant’Agostino), ma diviene il fulcro della dottrina per i domenicani (il nome più illustre Tommaso). Una terza dottrina era quella degli averroisti (se si prende averroè alla lettera risulta difficile unire religione e filosofia) e una quarta che riprende gli arabi ma solo per l’aspetto naturale e non metafisico (come Ruggero bacone). La fondazione delle università: università nel medioevo non indica un complesso centralizzato e organizzato di studi ma l’insieme degli studenti e degli insegnanti di una stessa città. Sebbene la prima università, per come oggi la concepiamo, sia nata a Bologna, la prima dal punto di vista filosofico e teologico è quella di Parigi. Tre cause hanno contribuito alla sua fondazione e al suo sviluppo: un ambiente scolastico estremamente fiorente fin dal XII sec (l’insegnamento impartito dai Vittorini e da maestri come Abelardo aveva contribuito ad attirare a Parigi un gran numero di studenti), e l’appoggio dei re di francia (per accrescere il lustro della città, e di conseguenza la loro influenza all’estero) che sopratutto del papa Innocenzo III e i suoi successori. L’università di Parigi si sarebbe costituita anche senza l’intervento dei papi ma è impossibile capire ciò che le assicurò un posto unico tra tutte le università medievali senza tener cinto dell’intervento del papato. Ma l’università di Parigi del XIII sec era divisa in due tendenze contraddittorie: una sarebbe giunta a farne un centro di studi puramente scientifico e disinteressato (basato sulla fisica , la logica e la morale di Aristotele), l’altra cercava di subordinare questi studi alla teologia (ancora agostiniana, che riprendeva di Aristotele solo la dialettica). Queste due tendenze vengono armonizzate da Alberto magno e Tommaso. Papi come Innocenzo III e Gregorio IX capirono il peso che poteva esercitare la facoltà di teologia dell’università di Parigi , per diffondere la verità religiosa o errori che avrebbero finito per distruggerla, (e non potendo arginare il peso ormai forte della filosofia) cercarono allora di porre la teologia come guida per evitare di commettere errori (come trasgredire i confini dell’interpretazione delle scritture delineati dai padri). Con Innocenzo III divenne centro d’irradiamento ed elemento essenziale della chiesa universale. L’università di oxford mantiene invece un distacco e un originalità in quanto il relativo isolamento e il fatto che i papi se ne disinteressassero risparmiarono a questa università l’invasione immediata dell’aristotelismo tomista e il conformismo filosofico. L’interesse religioso non era meno vivo che a Parigi, ma il modo di subordinare le scienze e la teologia rimase più libero, più agile e meno immediatamente utilitaristico. Aristotele fu ammirato ad Oxford come a Parigi, ma il suo dominio non si esercitò allo stesso modo poiché mentre a Parigi sviluppando la tradizione dialettica del XII sec veniva utilizzata soprattutto l'armatura logica aristotelica Oxford si interessava soprattutto dell'elemento empirico dell'aristotelismo e fece passare il metafisico dopo lo scienziato. Il quadrivium, il cui studio si riduceva a poca cosa all'università di Parigi, era invece insegnato con la massima cura in quella di Oxford. Così nel momento stesso in cui l'aristotelismo dialettico trionfava a Parigi terminando di soffocare ciò che poteva esservi sopravvissuto d'interesse per le scienze matematiche naturali, l'insegnamento di Oxford preparava l'empirismo occamista la cui reazione, nel XIV secolo, avrebbe fatto vacillare il tomismo di quella stessa università di Parigi dove esso aveva riportato i suoi più bei successi. I due metodi principali di insegnamento in tutte le università erano la lezione (lettura e spiegazione di un testo) e la disputa (questiones disputatae e questiones quodlibertales). Profonda influenza delle scuole sulla filosofia medievale: opere di sant Tommaso ad accezione della summa contra gentes sono create in vista dell’insegnamento, come le opere fondamentali di bonaventura. L’esilio delle belle lettere: dall'arrivo di Alcuino in francia fino al XII sec niente sembra ancora minacciare la cultura classica latina di cicerone , di Quintiliano e di Agostino. La situazione cambia però all’inizio del XIII sec in seguito alla traduzione di Aristotele: viene abbandonata la vecchia grammatica, per una grammatica minima richiesta per l’uso corrente del latino. Lo studio delle lettere non scompare completamente nel XIII secolo, ma viene soffocata dalla filosofia e dalla teologia scolastica, ad esempio nell’università di Parigi. Si trattava di risolvere i problemi con la logica ed evitare di rimandare ad esempi presi dai migliori autori latini, dalla teologia di tipo patristico, basata sull’eloquentia classica, alla teologia scolastica la cui dialettica detta il metodo. La grammatica tanto avicenna, non parla di essere necessario e possibile ma di qualcosa che è l'essere stesso (il bene o il vero) e ciò che è qualcosa a cui l’essere conviene o può naturalmente convenire (che contiene tutto ciò che rientra o può rientrare nelle categorie, e che si distingue subito dall’essere divino). Come per duns scoto, questa filosofia può partire a dimostrare Dio dal sensibile ma giunge più facilmente partendo dall'idea dell’essere. Tuttavia mentre scoto accetterà la dottrina dell'univocità dell’essere di avicenna, Enrico invece non ammette una nozione dell’essere univoca a dio e alle creature (criticato da scoto). Contro la tesi eriugeniana della creazione delle idee divine, afferma che l’essere ideale è oggetto di conoscenza dell’essere divino, è l’essere dell’essenza in quanto essenza. Per aggirare lo scoglio eriugeriano della creazione delle idee divine, Enrico attribuisce all’idea un Esse essentiae, posizione criticata da Duns Scoto che attribuirà all’idea divina un Esse intelligibile, Esse diminutum, appoggiato e unito a quello dell’intelletto divino. Contrariamente a quanto afferma avicenna nella sua metafisica riguardo le idee e il passaggio all’esistenza dei possibili contenuti nell’intelletto divino (Dio non può non acconsentire alle generazioni intelligibili che emanano dal suo intelletto), Enrico ritiene che l’atto creatore si distingue dallo stesso essere divino soltanto nel nostro pensiero e che quindi l’intelletto divino non conosca l’esistenza che mediante l’atto della volontà divina. L’esistenza quindi non si distingue realmente dall’essenza (polemica contro Egidio romano). Ciò che distingue la creatura dal creatore è il fatto che dio è inseparabile dalla sua esistenza, mentre l’esistenza attuale della creatura dipende dalla libera volontà di dio. Con la creazione nasce l’identità, la quale si definisce con una duplice negazione: quella che nega ogni differenza di questo essere nei riguardi di sé stesso e quello che nega ogni identità di questo essere con uno diverso da lui. L’uomo si definisce come unione di un corpo e di un’anima razionale, quest’ultima rimane aperta alle influenze intelligibili ma dev’essere aiutata dalla luce divina. Infatti, accettando la distinzione ormai classica dell’intelletto possibile e dell’intelletto agente, Enrico si distacca dalla spiegazione dell’astrazione di tommaso d’Aquino poiché afferma che noi giungiamo si a vedere ciò che la cosa è, ma non la sua essenza intelligibile per la quale abbiamo appunto bisogno della luce divina. La luce divina deve seguire una riflessione che parta non dal sensibile ma al contrario dalla nozione di essere. Identificando il dio illuminatore di agostino con l’intelligenza agente di avicenna, ma limitandolo a sua volta ad un’azione regolatrice egli fissa sotto la sicurezza delle idee divine l’instabilità naturale dei giudizi umani. - Altri scritti minori opera di scrittori secolari vicini ma differenti dal tomismo: Goffredo di fontaines “quaestiones quodlibetales”(vs. Tommaso e l’esse come atto della forma; passività dell’intelletto e della volontà, quest’ultima ha un oggetto troppo indeterminato, ovvero il bene assoluto, e per questo è indeterminata vs. Spontaneità radicale del volere che affermerà duns scoto); e Pietro d’auvergne. vi è inoltre Enrico bate che si distacca dallo stile della scolastica per ricercare un accordo tra platone e Aristotele, ma tendente maggiormente verso il primo. Da alessandro di hales a Raimondo Lullo: - Alessandro di hales: il primo maestro francescano all’università di Parigi. “Padre e maestro” di san Bonaventura. Il suo nome rimane legato alla “summa theologica” la quale comprende cos’ tanti brani che non è possibile stabilire con certezza il pensiero dell’autore. - Il suo successore fu Giovanni de la Rochelle, a differenza di guglielmo d’auvergne che ha sottolineato con forza l’identità dell’essenza dell’anima e delle sue facoltà, lui introduce una distinzione e una gerarchia specifica tra le facoltà: il senso percepisce il corpo, l’immaginazione la somiglianza dei corpi, la ragione la natura dei corpi, l’intelletto gli spiriti creati, l’intelligenza lo spirito increato. L’aristoelismo vede qui una vittoria poiché in Giovanni come in Alberto magno e san tommaso , e contrariamente a guglielmo d’auvergne, attribuisce ad ogni anima umana un intelletto agente che le è proprio, segno di dio sulla sua opera. - San Bonaventura (Giovanni di Fidanza): [nel 1256 insieme a tommaso d’Aquino gli venne affidata la cattedra]. Bonaventura parla dell’itinerario dell’anima verso dio, verso un amore assoluto che riuscirà a raggiungere pienamente solo a fine pellegrinaggio attraverso questa via illuminatrice. Gli oggetti contengono la rivelazione di dio (grazie ad una somiglianza di espressione con dio*, non una somiglianza ontologica) e l’anima la coglie per innalzarsi con la fede (nessuna conoscenza è solida come la fede ed è dalla fede che nasce la speculazione filosofica perché l’uomo cerca di capire ciò che ama). Ma dopo il peccato originale la ragione non basta, necessita l’aiuto della grazia divina. *dio è come un libro che è stato scritto per essere letto dall’uomo . Tre tappe fondamentali in questa ascesa: ricercare la vestigia di dio nel mondo sensibile (evidenze sensibili), la sua immagine nella nostra anima (non più ombre o vestigia ma dio stesso, che non è solo la causa ma l’oggetto stesso. Infatti per definire qualunque sostanza particolare bisogna richiamarsi a principi sempre più elevati fino all’idea dell’essere per se. Bonaventura va qui oltre Agostini affermando che il nostro intelletto è congiunto alla stessa verità eterna. Ma ciò che è inseparabile dal nostro intelletto è l’affermazione dell’esistenza di dio, non la comprensione della sua essenza), e infine giungere alla mistica per l’adorazione di dio (bisogna concedere tutto al dono di dio, allo spirito santo). Ritornando alla seconda tappa: l’anima è sostanza intelligibile e forma del corpo organizzato che essa anima, è una ma le sue facoltà variano, al variare degli oggetti ai quali essa si applica. Bonaventura sembra voler conciliare la dottrina aristotelica della sensazione concepita come passione con la teoria agostiniana e plotiniana della sensazione concepita come azione dell’anima: l’anima subisce spiritualmente l’azione esercitata da oggetto esterni ma reagisce subito dando un giudizio che è la conoscenza sensibile. Ogni anima possiede un intelletto possibile e un intelletto agente , la cui funzione è quella di rendere capace il possibile di svolgere il processo di astrazione (dal sensibile all’intelligibile). Come l’intelletto possibile non è privo di attualità, l’intelletto agente non è esente da ogni potenzialità. Se fosse atto puro, esso sarebbe un intelligenza agente separata , come quella di cui parla avicenna invece per Bonaventura intelletto possibile e agente sono due funzioni della medesima anima per astrarre. Inoltre l’astrazione è necessaria per conoscere solo ciò che è estraneo, ma non per se stessi e dio —>elemento platonico stavolta, lui tenta di rinnovare la sintesi agostiniana di platonismo e aristotelismo che afferma la teoria dell’illuminazione dell’intelletto da parte delle idee di dio, ma che non sono realtà inaccessibili ma che agiscono immediatamente sull’uomo per regolarne la conoscenza. Bonaventura riprende questa tesi dicendo che non raggiungiamo mai le idee divine ma che queste sono la regola immediata delle nostre conoscenze. Ma se ogni conoscenza vera suppone che noi raggiungiamo le ragioni eterne, e se raggiungiamo solo confusamente queste ragioni eterne, ne segue che non abbiamo nessuna conoscenza pienamente fondata. Noi abbiamo delle conoscenze certe e chiare solo per i principi creati che dio ha posto in noi. Se i principi della conoscenza sono chiari, le idee eterne, la cui azione regola il nostro intelletto sottomettendolo a questi principi sfuggono alla nostra vista, ma sono esse a conferire ai principi il loro valore. Questo duplice aspetto della conoscenza perché l’anima è intermedia tra le cose e dio. Sul problema se il mondo è eterno o creato nel tempo: aristotele e averroè ritengono l’universo sia eterno come il movimento che vi si dispiega vs. San tommaso sosterrà la creazione nel tempo, in accordo alle scritture, come farà bonaventura (il quale afferma che all’infinità già trascorso non può aggiungersi altro infinito; che l’infinito delle rivoluzioni lunari sarebbe 12 volte maggiore a quello delle rivoluzioni solari; non avendo limite iniziale non è potuto giungere al limite attuale poiché la distanza da trascorrere sarebbe stata infinita e infine non potrebbe esistere un infinità di anime immortali). Se osserviamo la creazione vediamo come la materia è possibilità (non atto puro) ed è dall’unione materia-forma che si crea il principio di individuazione: così non si sarà obbligati ad ammettere con Tommaso che gli angeli non avendo materia non sono individui, e si può invece sostenere la sopravvivenza dell’anima dopo la morte (poiché già in se l’anima è completa , composta dalla sua materia e dalla sua forma , così come il corpo). Due altre dottrine che abbraccia san bonaventura sono quella della pluralità delle forme (almeno due: una generale che è la forma della luce alla quale partecipano tutte le cose e l’altra o le altre che sono particolari e sono le forme dei misti, degli elementi) e quella delle ragioni seminali : la materia riceve la sua natura dalla forma come abbiamo detto, ma la riceve immediatamente dalle forme sostanziali che sono in se allo stato latente. San bonaventura viene definito un mistico ma teorico, poiché ha fatto appello alle risorse della filosofia. Non è inesatto qualificare come agostinismo questa dottrina ma non del tutto: la composizione ilomorfica delle sostanze spirituali poteva richiamarsi ad alcuni testi di agostino ma le sue stesse formule venivano da gebirol (ed essa sarà la prima a cadere), la pluralità delle forme resisterà più a lungo grazie all’appoggio che troverà nella dottrina di avicenna, ma nemmeno essa era autenticamente agostiniana; le ragioni seminali e l’illuminazione divina potevano invece richiamarsi a buon diritto a Sant’Agostino. - Altri rappresentati del complesso agostiniano: Eustachio di Arras, Gualtiero di bruges, Matteo d’acquasparta (in cui vi si ritrovano anche le tesi classiche agostiniane ma contrapposte apertamente a quelle tomiste: ilomorfismo perché distinzione essenza- esistenza non basterebbe da sola a spiegare la differenza creatore- creature; individuazione per la materia e forma vs individuazione tomista per materia e quantità; ragioni seminali vs dottrina tomista della causalità) - la stessa tradizione si conserva fino all’inizio del XIV secolo: Ruggero marston (che interpretando Aristotele come al farabi e aviacenna dichiara che L intelletto agente è una sostanza separata, è Dio. Ammette che ciascun uomo ha il suo intelletto agente, ma L astrazione che opera questo intelletto agente necessità l’intervento della luce divina); pietro olivi (il quale giunge ad affermare che l’anima intellettuale non è la forma del corpo, a questo scopo concorrono soltanto l’anima sensitiva e vegetativa. Questa tesi sarà condannata nel 1311 al concilio di Vienna. Così risoluto su questa questione risulta invece titubante sulla dottrina dell illuminazione dichiarandosi incapace di risolverla. Ma viene riconosciuto per aver avanzato ipotesi nel campo della fisica e della psicologia quale la teoria dell’ impetus e la solidarietà delle facoltà dell’anima che si influenzano attraverso azioni mediate); la tesi della colligantia delle facoltà dell anima, così come la tesi condannata dal concilio di Vienna, si ritrova anche in pietro di trabes che come olivi imbocca nuove vie allontanandosi dall agostiniano ma senza avvicinarsi al tomismo. Pietro ancor più esplicitamente di olivi nega che Dio sia la luce dell’intelletto perché se così fosse ogni essere intelligente dovrebbe vedere naturalmente l’essenza di Dio; vitale di four (la cui opera è stata erroneamente attribuita a lungo a duns scoto) afferma che l’esistenza non aggiunge alla sua essenza null’altro che un rapporto con la sua causa efficiente. Così non è un assoluto che sopraggiungerebbe all’essenza ma l’essenza stessa attualizzata per la sua partecipazione all’essere divino. L’esistenza è la causa dell individuazione. - Il complesso agostiniano sembra disgregarsi ancor più nettamente in certi francescani della fine del XIII sec specialmente in Riccardo di Middleton (che riprende alcune tesi tomiste ma va contro tommaso ad esempio nella conoscenza del singolare). Affermando la pura possibilità della metrite non ammette le ragioni seminali ma conserva una pluralità delle forme e trova nella stessa indivisibilità dell’essenza il principio di individuazione. Riccardo è noto per le sue tesi che hanno portato ad un progresso nel campo della fisica (che in generale vanno contro il necessitassimo greco): come un universo ne finito ne infinitamente diviso, o la possibilità di una kilwardby oppone le due dottrine e i due ordini: l’agostinismo dei francani e l’aristotelismo dei domenicani. Ad esempio lui pensa che ad ogni uomo corrisponde un intelletto agente creato , ma aggiunge ad esso un intelletto agente superiore, che è dio. Così facendo si distacca sia da avicenna e san tommaso per i quali lìiltelletto agente non è dio, e riprende l’agostinismo. - Tra le opere in cerca di autore abbiamo la “summa philosophiae” che si data intorno al 1260-1270 e si attribuisce all’ambiente filosofico di oxford. Veicola la visione dell’universo nel XIII sec. Divisa in trattati, il I è una storia della filosofia che comincia con Abramo ( da lui nasce il monoteismo e li insegna agli egiziani aritmetica e matematica), vi furono poi greci e latini, arabi e spagnoli mussulmani o Cristiniani e per finire i contemporanei. I migliori dei contemporanei non erano per questo autore delle autorità: rifiuta di metterli sullo stesso piano occidentali con un avicenna, un averroè, o un boezio. Porla inoltre delle autorità di aristotele e platone elogiando uno più per lo stile e l’eloquenza e l’altro per aver creato un’arte, una dottrina organizzata ma più arrogante e quindi malvisto all’epoca degli arabi. Inoltre l’autore distingue teosofi (autori ispirati da dio come Mosè e i profeti) e teologi (aventi minore autorità e divisi in 3: quelli riconosciuti dai pontefici come santi, quelli la cui dottrina è parimenti valida ma non riconosciuti tali, e infine i “collazionatori di summe”). I teologi hanno il compito di esplicare quello che i teosofi hanno omesso per far comprendere meglio i fedeli. La fede cattolica non ha bisogno della ragione , ma può ricorrervi per proteggersi da miscredenti ed eretici. Il II trattato parla di verità, necessariamente eterne e incausata, che è garante del principio di non contraddizione. Trattato III: la scienza (basata su concetto di anità o di quiddità)che esiste in quanto esiste una verità ricercata dalla facoltà intellettiva. Aristotele ha classificato bene le scienze, ma bisogna porre in testa la teosofia e si può completare la sua classificazione con quella di Al farabi che al gazali ha seguito. Le scienze differiscono dalle arti in quanto la scienza prende in considerazione le cause della sua verità, mentre un'arte opera secondo una verità già stabilita. Ci eccelle in scienza è filosofo , chi eccelle in arte è maestro. Trattato IV: anità, materia prima conoscibile solo in rapporto alla forma che corrisponde all’atto. La materia prima è unica, è potenzialità universale, incorporea, hyle o Silva (platone è il primo ad aver raggiunto questa nazione che è sfuggita ad aristotele). La materia riceve la sostanza dalla forma sostanziali, in questi termini l’autore ammette l’ilomorfismo. Non distingue esistenza e essenza dicendo oltre che l’essenza per cui essa è. È esattamente lo stesso essere di quello che per cui essa è, considerato ora come esistenza ora come ciò che esiste (trattato V). Le idee esistenti nell’intelletto divino sono la causa delle cose naturali (in favore di platone vs. Aristotele che secondo l’autore sbaglia a confutarlo). Per l’autore della summa come in eriugena, la moltiplicazione dell’Idea è opera della volontà; invece egli rifiuta esplicitamente la dottrina di eriugena che secondo lui pone le idee come creatrici quando il solo vero creatore è dio (trattato VI). L’idea viene tripartita: l’idea propriamente detta che risulta dal ritorno in se stesso dell’intelletto increato, essenze o specie che nascono in dio dalla sua contemplazione amorosa dell’idea, e le teofanie (impressioni intelligibili prodotte dal bene supremo Sulle creature dotate di intelletto). Gli esseri intelligenti non unibili a dei corpi si chiamano intelligenze (sono dei veri e propor individui), quelle che si possono unire a dei corpi si chiamano anime. L’anità dell’anima: l'anima è una sostanza incorporea e intelligente che si può unire al suo corpo e si può separare da esso (anche esse come gli angeli sono individui separati e formati da materia -non estesa ovviamente- e forma, così come il proprio intelletto possibile e il proprio intelletto agente attraverso i quali ricevono e apprendono gli intelligibili). Il resto dell’opera è consacrato alla psicologia, astronomia, 4 elementi, meteore … Da Alberto magno a Teodorico di vriberg: progressiva adozione del peripatismo. Il XIII secolo è l’epoca in cui il pensiero cristiano a preso coscienza delle sue implicazioni filosofiche più profonde, che vertevano già sulla filosofia aristotelica, grazie soprattutto alla collaborazione di due geni straordinari, entrambi dell'ordine di San Domenico: sant’Alberto magno e san tommaso. Tommaso deve molto al maestro Alberto magno. - Alberto magno/alberto di bollstadt o Alberto di colonia: capendo la portata del sapere greco-arabo si è posto l’obiettivo di conoscerlo per poterlo interpretare ed assimilare affinché costituisse una risorsa per la cristianità con un ardore e u avidità che lo contraddistinse. Alberto ebbe un trionfo immediato perché non si limitò a copiare (scriba), a porre rimedio alle piccole lacune (compilatore), o a commentare le opere di aristotele ma venne definito un autore perché vi aggiunge il suo pensiero personale, le proprie idee. Inoltre lo si cita come autorità (Ruggero bacone dice che nessuno, nemmeno Gesù aveva potuto godere dell’autorità da vivo) e lo si studiava nelle scuole. Uno dei suoi maggiori meriti, considerato un momento decisivo per la stiorua della f. Mediavele ma anche del pensiero occidentale è la distinzione definitiva tra filosofia e religione. I teologi riformisti lo additeranno come la causa della sottomissione della religione alla ragione ma non è così, anzi, permette una progressiva restrizione delle esegesi teologiche imposte alla ragione, e inversamente delle responsabilità filosofiche imposte alla teologia. Il pensiero del medioevo non si sottopone a quello del filosofo greco, ma se ne libera escludendo esplicitamente da certi campi l'autorità concessa al filosofo. Già prima di lui, Giovanni scoto eriugena, Anselmo o Abelardo avevano stipulato un accordo tra fede e religione ma finivano per affermare che tutto ciò che si credeva si poteva comprendere. Alberto invece, riconosce in aristotele un maestro nelle scienze dove l’uomo può disputare, basate su ciò che vive in prima persona. La natura è tanto vasta da non dare motivo di compromettere la ragione cercando di farlo uscire adesso. Mentre misteri teologici ( rivelazione, resurrezione , incarnazione) devono rimanere relegati alla rivelazione. Tutte le opere di Alberto magno (che noi conosciamo formano 4 blocchi distinti: summa de creaturis, IV libro sententiarum, vasto insieme di trattati sulle diverse parti della filosofia, e summa theologica) non sono ancora state pubblicate e quelle che lo sono state sono relativamente poco lette dagli storici poiché la loro interpretazione risulta difficile: sia perché Alberto ha una tendenza fortemente assimilatrice in quanto raccogliere quante più definizioni e spiegazioni possibili e poi le respinge, concilia interpreta ma spesso è difficile sapere quello che ha formalmente eliminato; e inoltre aldilà della realtà dell'oggetto della sua fede cristiana e di quella dei fatti che lui poteva osservare personalmente non si sbilancia molto sul suo pensiero personale come filosofo. Ad esempio egli sa che si possono portare delle ragioni probabili in favore della tesi di Avicenna, secondo la quale le sfere celesti emanano direttamente da Dio attraverso le intelligenze, ma che non si può dimostrare (cercare nelle sue opere una cosmogonia filosofica personale significa cercare qualcosa che forse non esiste) o ancora per quanto riguarda la creazione del mondo nel tempo gli sembra più plausibile che non sia stato creato nel tempo ma non può dimostrare ne l’uno ne l’altro. Si può disputare sull’uomo, composto da anima e corpo: Alberto ammette come avicenna, che l’anima è una sostanza intellettuale e che l’essere dorma del corpo non appartiene alla sua essenza (vs. Tommaso d’Aquino), ma è una delle sue funzioni. [mette insieme la definizione di anima di Aristotele e l’essenza dell’anima di Platone?!]. l’universale si incontra ante rem, nell’intelletto di dio. Gli universali così concepiti sono le idee divine. Creando il mondo, dio conferisce alla metrica le forme distinte che non sono che delle immagini degli universali divini. Conoscere le cose significa per noi trasformare l'universale in re in un universale post rem , cioè liberarlo dalla sua materia e rimetterlo in una posizione intelligibile analoga a quella che essi hanno eternamente in dio. La sua poetica concilia l’illuminazione neoplatonica di agostino e Dionigi e l’empirismo aristotelico. Egli rifiuta nettamente la teoria dell’intelletto agente avicenniana e averroista. Nella sua summa enumera 30 argomenti in favore dell’unità dell’intelletto vs. 36 argomenti contro. Poiché Alberto sostiene che l’anima non è solo forma di un corpo ma è una sostanza spirituale a se, essa deve essere fornita di facoltà: di un intelletto agente (luce causa prima della conoscenza , capace di causare l’intelligibile) e si un intelletto possibile (tabula rasa in potenza che passa all’atto tramite l’agente). L’obiettivo umano dovrebbe quindi essere quello di attualizzare il suo intelletto possibile ed elevarsi dal sensibile all’intelligibile. Ma in quanto l’anima è immagine di dio rimane aperta all'illuminazione divina, che sovrasta e guida l’intelletto acquisito. Più che in Tommaso la sua opera polimorfa fu ripresa dai grandi mistici renani. - Allievi: Ugo ripelin (ugo di strasburgo) e ulrico di strasburgo: principi scienza teleologica: dio è verità suprema e la causa di ogni verità, non può ingannare o ingannarci, si deve credere in tutto ciò che dicono coloro attraverso i quali dio prova che è lui che ci parla confermando le sue parole con segni, la scrittura è vera. Nonostante il dilagare della teoria aristotelica questo riprende i temi neoplatonici di Alberto magno: processione gerarchica universale in forma conoscitiva, illuminazione, identificazione dell’essere e delle forme. - Teodorico di vriberg: domenicano, non un allievo di alberto magno ma uno dei pensatori tra Alberto e eckhart in cui è venuta ad interporsi l’influenza di proclo grazie alle traduzioni di guglielmo di moerbecke. Dal punto di vista scientifico e ottico sembra conoscere e riprendere bacone e witelo: problema dell’arcobaleno, riflessione semplice e doppia rifrazione. Per Teodorico l'intelletto agente è per sua essenza esemplare di tutto l'essere in quanto essere, e per questo esso è intellettualmente tutto l'essere, è evidente che allo stesso modo e con la stessa semplice interazione con cui conosce se stesso per essenza, esso conosce l'essere totale, come questo si produce in Dio secondo il suo modo e il modo divino. Da Tommaso d’Aquino a Egidio romano: - San Tommaso (1224-1274 tra roccasecca, e insegnamento tra parigi e italia). I suoi primi scritti risalgono al 1 soggiorno a Parigi ma le opere più importanti risalgono all’insegnamento in italia e al 2 soggiorno a parigi. La sua opera può essere distinta in: commenti ad aristotele (svolge contemporaneamente interpretazione e critica; il commento alle sentenze ci fa conoscere il suo pensiero mi formazione, ancora tentato da alcune formule avicenniane che correggerà con i commenti ad Aristotele), summe (summa theologiae e summa contra gentes con un esposizione diretta ma semplificata al massimo del pensiero diretto di tommaso nella prima, approfondita nella seconda), e questiones disputatae (che danno un ulteriore approfondimento). Riprendendo il maestro albero magno lo sviluppo della filosofia tomista si basa sulla distinzione tra fede e ragione e la necessità del loro accordo. Filosofia si occupa di ciò che si conosce con la ragione, la teologia si fonda invece sulla rivelazione. Ma si deve riconoscere che essi dominano in comune un certo numero di posizioni, e dato che ne l’una ne l’altra può ingannarci (quando le usiamo correttamente), la verità ella ragione si collegherebbe alla verità della rivelazione con una catena di rapporti veri e intelligibili se il nostro spirito potesse capire a pieno i dati della fede. Abbiamo il dovere di affinare l’interpretazione razionale dei dati della fede Possiamo considerarle come costituenti una verità totale. Infatti tommaso distingue una teologia rivelata dal dogma e una teologia naturale elaborata dalla ragione che tenta di risolvere e capire le parti dimostrabili delle scritture. Ed è qui che Tommaso da prova del suo genio, in una filosofia esposta sotto l’ordine teologico: all’esistenza di dio alle cose sensibili. La dimostrazione dell’esistenza di dio è necessaria perché dio non è evidente alla nostra mente finita che non ha il concetto di infinito (viene chiuso così l’argomento ontologico di anselmo). (Tutte le prove tomiste hanno due elementi: constatazione di una realtà sensibile da spiegare , e l’affermazione di una catena causale con al vertice dio). Ma basandosi su aristotele tommaso parte dalle cose sensibili e dal movimento, che necessita una causa. O la serie è infinita , e nulla spiegherebbe l’esistenza del “doppia verità” (infatti venne condannato ad esempio sigieri di bramante- afferma facendo leva sulla verità della regione ma superiorità della fede tesi inaccettabili per le fede come l’eternità del tempo e delle specie o l’eterno ritorno o ancora l’unità dell’intelletto agente che permette di legare il corpo all’anima razionale e per questo può anche essere una causando problemi per la dottrina dell’immortalità dell’anima personale). Un altro maestro parigino condannato fu boezio di dacia che in realtà non va contro la fede ma la ignora affermando che dio è raggiungibile solo attraverso la filosofia. Sapienza e società: in maniera più o meno netta si guarda alla sapienza come unica e discernente dalle sacre scritture. L’implicazione politico-sociale era quella della sottomissione del potere temporale a quello sacrale (Ruggero bacone con la repubblica fidelium o Bartolomeo di lucca o persino Tommaso che sosteneva una teocrazia pontificia) fino a che i discepoli latini di averroè non staccano la filosofia dalla teologia rompendo l’unita della sapienza cristiana. Può darsi che gli avversari della teocrazia pontificia siano stati i primi a fondare, sulla separazione averroista della teologia e della filosofia, una separazione della chiesa e dello Stato. Questa visione duale viene ripresa nel de monarchia di dante che sostiene un accordo tra due universalismi. Il bilancio del XIII secolo: con Tommaso l’Essere non è più ciò che è, che lo si intenda alla maniera platonica o aristotelica, ma ciò che è atto puro di esistenza IX. La filosofia nel XIV secolo: la fine del XIII e l’inizio del XIV hanno visto comparire delle sintesi dottrinali di grande stile , come quelle di duns scoto e di guglielmo di ockham, o delle opere di metro eckhart scritte inevitabilmente in funzione di quelli della generazione precedente ma non aderenti a questi. Duns scoto e i realisti del XIV secolo: - Giovanni duns, detto Giovanni duns scoto perché nato in scozia. (1266-1308 visse solo 42 anni). Parla della doppia limitazione della metafisica: che non può raggiungere Dio in se stesso, che è oggetto della teologia, ma solo in quanto Dio è essere, ma la nostra metafisica è una scienza dell'essere in quanto essere costruita dall'intelletto finito che conosce attraverso dati sensibili. La metafisica rimane valida solo se ha per oggetto una nozione dell'essere così completamente astratta e indeterminata che possa applicarsi indifferentemente a tutto ciò che è. L'essere univoco per il metafisico che non si può indagare a partire dalle cose sensibili perché il Dio che si raggiungerà rimarrà relegato all'ordine fisico quindi per raggiungere un principio primo che sia causa del mondo nel suo stesso essere bisogna fondarsi sull'essere stesso (e non a partire da dio come fa Anselmo). La dimostrazione dell'esistenza di Dio sarà dunque a posteriori, risalirà dagli effetti alle cause, ma gli effetti da cui si partirà non saranno gli esseri contingenti dati dell'esperienza sensibile. Inoltre non resta nemmeno nel piano dell'esistenza attuale come San Tommaso ma trasla la discussione al piano delle proprietà dell'essere in quanto essere. La nozione univoca di essere in quanto essere quindi la condizione della possibilità stessa di una scienza che trascende la fisica è il punto di partenza obbligato della metafisica. Come affermava Avicenna questa nozione astratta è la prima di tutte, non è una realtà fisica particolare, né un universale preso nella sua generalità logica ma rappresenta la realtà intelligibile che coincide con la natura stessa dell'essere in quanto essere avente delle proprietà le prime dei quali sono i modi ovvero le determinazioni intrinseche possibili. I primi modi dell'essere sono il finito e l’infinito, questa divisione risulta anteriore anche a quella delle categorie aristoteliche perché queste risultano soltanto in esseri finiti. La prima prova dell'esistenza di Dio si fonda su queste proprietà complementari dell'essere: la causalità e la producibilità. Su questa base si coglie la necessità di una triplice “primalità”: sì necessita una causa prima, un fine ultimo e perfetto in sommo grado. Se l’essere primo è possibile, per definizione esso esiste, inoltre essendo incausato esso sarà infinto; inoltre in quanto primo ordine della perfezione questo è l’intelligente sommo. L'infinito di Dio è provato dall'inclinazione naturale della nostra volontà verso un bene supremo e della nostra intelligenza verso una suprema verità (d'accordo con Anselmo afferma che l'idea dell'essere infinito ci sembra così perfettamente intelligibile da non poter non essere un oggetto reale). Quest'infinito che possiamo dimostrare, non possiamo comprenderlo, ma possiamo riconoscergli un unità tra gli attributi (vs Cartesio). Adesso avendo posto come Dio l'essere necessario accessibile alla speculazione metafisica Duns si trova allo stesso punto di avicenna ma nel momento di spiegare il rapporto con gli esseri finiti avicenna afferma che il possibile emana il necessario per necessità, mentre Duns afferma che il possibile viene dal necessario per un atto di libertà. La libertà della volontà di Dio non può tuttavia volere il contraddittorio, ma solo ciò che è possibile logicamente, non è quindi un arbitrio libero. Ma Dio crea solo perché lo vuole, è l'unica causa per la quale Dio ha voluto le cose è la sua volontà. La sua dottrina infatti parla di un essere univoco, non di atti analogici di esistenza, e necessita quindi un atto separatore per garantire la contingenza del possibile: la volontà che risulta padrona assoluta della scelta e delle combinazioni delle essenze nei limiti della non contraddizione (essa non è sottomessa al bene, è il bene ad esser sottomesso). Duns scoto non tiene alle idee platoniche e insiste sulla posteriorità delle essenza rispetto al pensiero di dio. In questo è meno platonico di Tommaso, ma una volta prodotte le essenze, diventa il contrario, e scoto riconosce alle forme una realtà più stabile di quanto non avesse fatto Tommaso. Il suo realismo delle forme si esprime della teoria della distinzione formale, residuo dell’antica dottrina della pluralità delle forme: l’intelletto percepisce un costituente formale ,di un essere reale, separato dagli altri. Questa separazione è evidente anche nella creazione degli universali che non ‘imprigiona’ l’essenza della cosa altrimenti la metafisica sarebbe logica. L’essenza è sia l’universale sia l’individuale. Il reale non è in se ne pura individualità (altrimenti sarebbe vano astrarre- è importante per scoto preservare l’individualità che non sta nella forma ma in un ecceità interna alla forma stessa) ne pura universalità. Per scoto la volontà ordina all’intelletto, sebbene sembri che questo la precede, ma è la volontà a determinare le idee attraverso cui noi conosciamo e quindi a causare l’atto. Questa visione ci permette di prevedere una concezione della libertà più volontarista che intellettualista. La sua dottrina si distacca da quella di Tommaso (e restringe il campo di ciò che è compito della filosofia indagare): se Tommaso mantiene come valide dimostrazioni a posteriori dall’effetto alla causa, scoto afferma che questo procedimento non porta a dimostrazione alcuna e conseguentemente tutte le prove dell’esistenza di dio sono relative. Questa distinzione apparentemente sottile si riverbera ad esempio sulla dimostrazione degli attributi di dio. Tra questi alcuni si possono dimostrare a posteriori come dio è prima causa efficiente, ultimo fine, perfezione suprema, essere trascendente… altri riconosciuti dai cattolici ma non dai filosofi sono dio onnipotente, onnipresente, immensi, vero, giusto e misericordioso, e provvidenza. Se i primi attributi potevano dedursi per ragione naturale questi sono solo dei credibilia. Scoto non pensa che la provvidenza sia dimostrabile con la ragione. Sull’immortalità dell’anima: non pensa sia dimostrabile con la ragione, a priori. Può farlo solo la fede, la quale in quanto scienza pratica e non speculativa deve farsi carico di tutto ciò a cui non è possibile arrivare logicamente secondo una dimostrazione a priori (in realtà scoto riconosce che ogni conoscenza parte dal sensibile ma tende a usare sto concetti che una volta appresi diventano necessari). Filosofia e teologia procedono insieme meno di quanto facessero in Tommaso. Anche il punto di partenza è diverso: l’Aristotele di Tommaso è quello di averroè, quello di scoto è quello di avicenna (sebbene entrambi romperanno con i loro predecessori*). E inoltre tra Tommaso e scoto si colloca cronologicamente la condanna all’averroismo del 1277. * san tommaso rompe con averroè trasportando la metafisica aristotelica della sostanza, con il determinismo che comporta, sul piano di una metafisica degli atti di esistenza, con la libertà e la contingenza che essa comporta. Duns scoto invece rompe con avicenna rimproverandogli di aver ornato la metafisica con i nastri della teologia. Duns scoto fu però prima di tutto un teologo infatti afferma che i filosofi non hanno mai potuto elevarsi con la ragione soltanto alla nozione di un dio libero (come ha fatto lui) ma si sono fermati alla prima causa necessaria.lo scetticismo filosofico del XIV sec lo su vede nascere qui, nella critica di scoto alla teologia naturale e ben presto lo si vedrà anche in Ockham. - Discepoli di duns scoto: Francesco di meyronnes (fedele ai due capisaldi dello scoutismo: univocità dell’essere e distinzione formale ma si distacca da scoto ammettendo che le idee divine non sono formalmente identiche e assolutamente coeterne a dio ritornando a Sant’Agostino su questo punto. Francesco fa questo perché ritiene le idee qualcosa di più di un esse cognitum, uno essenzialità. Dal punto di vista politica rovescia la teoria di dante del de monarchia: il monarca deve essere il papa e non l’imperatore); Giovanni di bassoles e altri francescani…. Guglielmo d’alnwick, Giovanni di ripa (o Giovanni di marchia-che parla della dottrina sui futuri contingenti); Ugolino Malabranca (che giunge ad affermare che la filosofia si serve solo di mezzi falsi o semplicemente probabili); Tommaso di bradwardine (determinismo teologico) Da giacomo Metz a guido terrena: - Giacomo di Metz: domenicano per cui avrebbe dovuto stare alla dottrina tomista. Invece egli risolve contro Tommaso il problema dell’individuazione che non può cercarsi della materia quanto nella sostanza e quindi nella forma. Inoltre la parola mentale non è come in sant Tommaso un effetto dell’atto di conoscenza ma è la conoscenza stessa pervenuta dalla collaborazione del fantasma (l’impressione materiale che risulta dalle cose sensibili) con l’intelletto agente ( che ne aggiunge una virtù spirituale). Queste tesi gli procurarono non poche critiche. Riprende enrico di Gand nella teoria della distinzione triplice degli modi dell’essere e delle categorie e quindi della relazione che non ha un essere proprio , tranne quello del relativo. La stressa dottrina si ritrova in durando. - Durando di san poziano: censurato più volte perché non in linea con il tomismo, riteneva vana la fede cieca in qualsiasi dottrina che non fosse rivelata ma appartenesse ad un dottore pur celebre che sia. - Pietro aureolo: in accordo con aristotele e in disaccordo con duns scoto afferma che l’anima o l’intelletto è la forma del corpore non poteva sussistere senza di questo. Questa tesi metteva in serie difficoltà il dogma cristiano perché non si conciliava con l’immortalità dell’anima, non solo, si scontrava anche contro la conoscenza intellettuale, pietro si giustifica solo perché questa tesi era stata accettata dal concilio di Vienna e così come il dogma della trinità afferma sia indimostrabile. Per quanto riguarda la conoscenza giunge ad affermare una conoscenza diretta, basata solo sull’esperienza, non basata su nulla di esterno, senza specie intelligibili tomiste (poiché questo tipo di conoscenza presupporrebbe un anima che non è solo forma del corpo). E reintroduceva la quiddità di avicenna. Il suo è chiamato concettualismo ma possiamo notare come insieme alla specie intelligibile lui elimini anche il concetto. Il concetto è la cosa stessa in quanto conosciuta. Rimane quindi solo la realtà conoscibile. - Enrico di harclay: prima di ockham si spinge contro il realismo della natura communis di avicenna. Lui giunge ad affermare che non può esserci una natura communis alla maniera di scoto (ecceità) che si individualizza nell’essitenza reale ma che sarebbe comune per la natura (?) Ma ockham lo criticherà poi per essere rimasto ancorato ad una forma di realismo quando questo ritorna alla posizione di Abelardo considerando una stessa cosa singolare sotto un concetto e universale sotto un altro concetto. Per ockham l’universale non esiste in alcun modo fuori dal pensiero. - Guglielmo farinier (tesi simile a quella di enrico), Gerardo di Bologna e guido terrena. stessi teologi. L'averroismo resta infatti una dottrina impermeabile, se non per il dogma cristiano. - Giovanni di jardun e Marsilio di padova; Taddeo da Parma; angelo di Arezzo; Il misticismo speculativo: L'ontologia della forma, che si era sviluppata da Boezio ad Alberto Magno attraverso Gilberto de la Porrée, aveva una forte tendenza a riunirsi alla dialettica neoplatonica dell'Uno che le aveva dato le origini. Questa tendenza era stata controbilanciata, particolarmente in Alberto Magno, dall'identificazione cristiana del l'Essere con Dio che rendeva assai difficile porre l'Uno al di sopra dell'Essere. - Sembra che questa barriera abbia finito coi cedere, sotto la pressione di Proclo, nella dottrina di Giovanni Eckhart (1260-1327). Nelle “ quesiones” sull’essere va contro Tommaso affermando che Dio non conosce perché è, ma è perché conosce. Egli è qui consapevole di andare contro il testo dell'esodo ma poiché la teologia negativa del Maimonide rafforza in modo inatteso l’ontologia di proclo egli si serve di quella per interpretare questo. Eckhart considera dio come colui che ha il privilegio d’essere puro da ogni essere. Le parole chiave per eckhart sono unus e videns: riprende la triade agostiniana affermando che dio è prima di tutto uno ed intelligere (niente fuori di dio è intelletto tutto intero, se toto intellectus), che crea la molteplicità come crea il figlio che è la vita dal quale procede l’essere che è lo spirito santo. Si ricollega così nuovamente alla dottrina cristiana di dio= essere ma solo al terzo ordine. Se l’essere è uno, e niente fuori di dio è uno, dio che caratterizza la creatura è la nullità che esiste solo in quanto somigli all’intelletto. Per quanto riguarda l’anima eckhart si spinge oltre il neoplatonismo di aperto magno e riconoscendo le tre facoltà agostiniane dell’anima : memoria, intelletto, e volontà ne aggiunge un altra che è una favilla dell’intelletto divino (increata e increabile). Cittadella dell’anima punto di unione con dio da raggiungere con la povertà. Tutte le prescrizioni tradizionali della morale sono secondarie e vane. - Discepoli: giovanni tauler (gemut verso il fondo dell’anima); enrico Suso; giovanni ruysbroeck (non solo passività alla grazia ma anche volontà- “l’ornamento delle nozze spirituali”- lo studio delle influenze della sua mistica si intreccia con quelle di Hendrik herp o harphius anche se Gilson mostra come queste siano in realtà differenti e la stessa dottrina attribuita a harphius non sia unanime). Giovanni Gerson e il bilancio del XIV secolo: dalla diatriba della Francia con il papato e lo schieramento dell’università di parigi in favore del re, si inizia a delineare una scissione dottrinale interna all’università tra la dottrina aristotelica e quella nominalista. Questo scisma trova nel XIV secolo il suo testimone in: - Giovanni Gerson: che denuncia il clima dei confusione intellettuale che spingeva i suoi contemporanei a trattare la logica da metafisico e la metafisica da logico. X. Il ritorno delle belle lettere e il bilancio del medioevo Il XIV sec ha richiamato le belle lettere dall’esilio che durava dalla fine del XII secolo. Il ritorno delle lettere in Italia: grazie a Petrarca (sotto l’influenza di cicerone e Agostino, che non rinnega la classicità!! Petrarca si volge contro quella che definisce barbarie dei dialettici di Parigi ). La difesa del poesia viene portata avanti da salutati. Le opposizioni dell’ordine monastico si vedono ad esempio in giovanni Dominici ma la vittoria delle belle lettere era ormai chiara. Se Petrarca aveva riportato le lettere latine sotto il patronato di agostino, Bruni introduce le lettere greche sotto il patronato di Basilio. Il ritorno delle lettere in Francia: il ritorno dell’eloquenza era qui facilitato all’ostilità verso la teologia scolastica. Erroneo giudizio di Petrarca sulla francia dove tuttavia non si ha un gusto per l’eloquenza ciceroniana, ma un eloquenza subordinata alla teologia, eloquenzia ancella della teologia (clemanges). Il bilancio del pensiero medievale: non solo una ripresa dell’antichità ma un dibattito tra fede e ragione che vede: o l'accettazione dell'Aristotele di Averroè come espressione della ragione naturale e la separazione di ragione e fede come fecero gli averroisti, o la conservazione del dogma tale e quale che chiede alla ragione soltanto una conferma probabile come fanno i nominalisti, o la Trasformazione della dottrina aristotelica e del senso del suo primo principio come fece San Tommaso. È anacronistico considerare il medioevo come chiuso in se stesso, oscuro, perché la filosofia moderna e contemporanea attinge di continuo dalle sue idee.
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