Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Riassunto completo libro TECNICHE E ARCHITETTURA di Campioli e Lavagna, Sintesi del corso di Tecnologia Dei Materiali

capitolo 1 - L'edificio come sistema capitolo 2 - Materiali capitolo 3 - La struttura portante capitolo 4 - Le chiusure capitolo 5 - Le partizioni interne capitolo 6 - Gli impianti capitolo 7 - Progettare, costruire e gestire l'edificio

Cosa imparerai

  • Che materiali vengono utilizzati per la rivestimento esterno e interno delle pareti opache?
  • Che tipi di coperture continue vengono classificate nel documento?
  • Che materiali vengono menzionati nel documento come materiali ceramici?
  • Quali sono le caratteristiche necessarie per le pareti perimetrali opache a massa?
  • Quali sono le funzioni attribuibili a ciascun strato nelle pareti omogenee?

Tipologia: Sintesi del corso

2021/2022
In offerta
30 Punti
Discount

Offerta a tempo limitato


Caricato il 29/11/2022

GiorgiaRef
GiorgiaRef 🇮🇹

4.4

(36)

3 documenti

1 / 66

Toggle sidebar
Discount

In offerta

Spesso scaricati insieme


Documenti correlati


Anteprima parziale del testo

Scarica Riassunto completo libro TECNICHE E ARCHITETTURA di Campioli e Lavagna e più Sintesi del corso in PDF di Tecnologia Dei Materiali solo su Docsity! Riassunto TECNICHE E ARCHITETTURA A. Campioli e M. Lavagna CAPITOLO 1. L’EDIFICIO COME SISTEMA pp. 1 - 15 IL PROGETTO TRA VINCOLI E POSSIBILITÀ Il progetto di un edificio deve confrontarsi con vincoli fisici, materici, normativi; nello stesso tempo il progetto è un atto creativo. Il progetto deve essere concepito come risposta a un bisogno espresso o inespresso. Pertanto, nella fase preliminare di progetto, si rendono necessarie la definizione delle esigenze che attendono di essere corrisposte e la declinazione di queste in un quadro di requisiti, così da quantificare e qualificare i bisogni da soddisfare in relazione alle attività previste e alle condizioni del contesto. Il progetto deve innanzitutto confrontarsi con i vincoli normativi: paesaggistici, urbanistici, edilizi, igienico- sanitari, acustici, comfort e risparmio energetico. Le norme fissano i requisiti obbligatori. Oltre ai vincoli normativi, il progetto è chiamato a confrontarsi con vincoli di tipo culturale, caratteri del contesto legati alla cultura materiale locale. Il progetto è inoltre condizionato dalla disponibilità di risorse; risorse naturali, materie prime alla base della costruzione (requisito: reperibilità) e risorse intellettuali, conoscenze relative alle tecniche esecutive. La sintesi progettuale si manifesta anche nel comporre il rapporto tra forme degli spazi e materiali e tecniche utilizzate per costruirli. Lo stesso soddisfacimento dei requisiti di progetto deriva dalla stretta interrelazione tra le prestazioni garantite dai singoli componenti dell’edificio e i rapporti tra le prestazioni delle parti assemblate. Un edificio può quindi essere considerato un sistema, costituenti che, nel loro insieme, ciascuno con ruolo e un contributo specifico, danno risposta ai requisiti posti alla base del progetto. 1.1 ESIGENZE, REQUISITI, PRESTAZIONI L’individuazione delle esigenze avviene attraverso l’analisi dei bisogni da soddisfare, tenendo conto dei vincoli normativi, culturali, ambientali, economici del contesto in cui il progetto si colloca. La norma UNI 10838:1999 contiene le definizioni: - esigenza: ciò che di necessità si richiede per il corretto svolgimento di un’attività dell’utente o di una funzione tecnologica. - requisito: traduzione di un’esigenza in fattori atti a individuare le condizioni di soddisfacimento da parte di un organismo edilizio o di sue parti spaziali o tecniche, in determinate condizioni d’uso e di sollecitazione. - prestazione: servizio reso e comportamento reale dell’organismo edilizio e delle sue parti nelle effettive condizioni d’uso e di sollecitazione. La classificazione delle esigenze degli utenti del sistema edificio è contenuta nella norma UNI 8289:1981: sicurezza, benessere, fruibilità, aspetto, gestione, integrabilità, salvaguardia ambientale. Una volta definito preliminarmente il quadro delle esigenze, queste vengono tradotte dal progettista in requisiti del progetto, andando a individuare le caratteristiche delle diverse parti di edificio. I requisiti sono la trasposizione tecnica delle esigenze. La loro individuazione deriva dall’analisi delle esigenze confrontate con i fattori ambientali ed economici relativi al singolo progetto. Tali caratteristiche di tipo “funzionale” sono indipendenti dal materiale; il progettista deve poi individuare quale materiale garantisce quelle caratteristiche. La norma UNI 8290-2:1983 illustra l’elenco di possibili requisiti, ad esempio rispetto alla classe di esigenze della gestione, come l’affidabilità nel tempo, la manutenibilità, la riparabilità, la stabilità morfologica… Per soddisfare i requisiti devono essere fatte determinate scelte di progetto che riguardano sia le caratteristiche dei materiali, sia le caratteristiche degli elementi costruttivi, sia le relazioni tra le diverse parti d’opera. La prestazione è il risultato conseguito in relazione al comportamento effettivo dei materiali e dei componenti scelti o delle soluzioni spaziali o relazionali individuate. 1.2 SISTEMA AMBIENTALE E SISTEMA TECNOLOGICO 1 Esiste una continuità logica e metodologica nei nessi cognitivi e ideativi che si stabiliscono, entro il processo di progettazione, tra i materiali per la costruzione, i componenti edilizi e l’organismo architettonico. Attraverso processi di trasformazione e produzione i materiali divengono componenti edilizi e attraverso processi di assemblaggio i componenti edilizi diventano l’edificio. Il sistema ambientale è l’insieme delle unità ambientali e degli elementi spaziali, definiti nelle loro prestazioni e nelle loro relazioni. L’elemento o unità spaziale è la porzione di spazio fruibile destinata allo svolgimento delle attività di un’unità ambientale. Il sistema ambientale è caratterizzato dalla dimensione, dalla geometria e dalla posizione reciproca, indipendentemente dalle caratteristiche dei materiali che delimitano gli spazi. Il sistema tecnologico è l’insieme strutturato delle unità tecnologiche e degli elementi tecnici, definiti nelle loro prestazioni e nelle loro relazioni. L’elemento tecnico è il prodotto è il prodotto edilizio più o meno complesso capace di svolgere completamente o parzialmente funzioni proprie di una o più unità tecnologiche e che si configura come componente caratterizzante di un subsistema tecnologico. Una volta definiti i requisisti degli elementi tecnici, per progettare bisogna conoscere i modelli funzionali. I modelli funzionali definiscono le parti o strati funzionali caratterizzanti gli elementi tecnici, in rapporto ai requisiti che connotano gli elementi stessi. Così come l’edificio si articola in sistema ambientale e sistema tecnologico, così anche i requisisti e le prestazioni del sistema edilizio si articolano in requisisti e prestazioni ambientali e requisiti e prestazioni tecnologiche. 1.3 LA SCOMPOSIZIONE DELL’EDIFICIO IN SUBSISTEMI Ogni parte dell’edificio svolge un compito preciso, in relazione alla sua funzione e alla sua posizione. L’edificio può essere scomposto in subsistemi (unità tecnologiche) ed elementi costruttivi (elementi tecnici). La norma UNI 8290-1:1981 Edilizia residenziale. Sistema tecnologico. Classificazione e terminologia Illustra l’articolazione delle unità tecnologiche e degli elementi tecnici in cui è scomposto il sistema tecnologico. Per unità tecnologica si intende un’unità che si identifica con un raggruppamento di funzioni, compatibili tecnologicamente, necessarie per l’ottenimento di prestazioni ambientali. Per elemento tecnico si intende un elemento che si identifica con un prodotto edilizio, più o meno complesso, capace di svolgere completamente o parzialmente funzioni proprie di una o più unità tecnologiche. 1.4 TECNICHE E CICLO DI VITA Gli edifici sono costituiti da materiali che subiscono un processo di trasformazione per diventare prodotti edilizi, i quali, a loro volta, tramite un processo di costruzione vanno a comporre l’edificio. Una volta terminata la vita utile dell’edificio, a causa di un degrado fisico del manufatto o di obsolescenza funzionale o decadimento dell’uso per cui era stato costruito, l’edificio subisce un processo di dismissione e le sue parti componenti possono essere smaltite in discarica o riutilizzate oppure riciclate, tramite un nuovo processo di trasformazione dei materiali. La prima fase del ciclo di vita è quella dell’approvvigionamento delle materie prime. Le materie prime provengono da risorse naturali, prevalentemente di tipo minerale, che richiedono un processo di estrazione. L’attività estrattiva ha un notevole impatto sull’ambiente. Risorse ti tipo vegetale sono invece rinnovabili, e oltretutto non richiedono un processo di estrazione ma semplicemente un’attività di prelievo. Le materie prime così ottenute sono entità dotate di una propria consistenza fisica, peso e massa, capaci di adeguarsi a una forma utile come base alle lavorazioni industriali. Ci sono casi particolari in cui le materie prime vengono portate direttamente in cantiere senza subire lavorazioni intermedie. Nel caso della pietra e del legno massello, le materie prime coincidono già con il materiale. In alcuni casi le materie prime subiscono un primo processo di trasformazione, che consiste nella produzione del materiale, in una forma tale però da non essere già disponibile come componente della 2 Un ultimo elemento da considerare è la propensione di un materiale a conservare inalterate le proprie caratteristiche durante l’esercizio. 1.2.2 Materiali ed efficienza ambientale Gli attuali orientamenti progettuali volti alla riduzione delle pressioni sull’ambiente impongono una considerevole attenzione nella fase delle scelte tecnologico-costruttive e soprattutto materiche. L’eco- compatibilità è un attributo difficilmente stimabile a livello di prodotto in quanto strettamente relazionato dall’uso. La posizione fondamentalista di chi fa riferimento solo ad ambiti materici di comprovata “naturalità” rischia di non prendere in considerazione la vita utile prolungata nel tempo dell’edificio, la stabilità, la resistenza meccanica, la sicurezza al fuoco, l’igienicità e salubrità... Altro aspetto è l’obiettivo del riciclo, a condizione che il suo perseguimento non implichi una riduzione della durata dei componenti. Occorre osservare che il processo di riciclo determina a sua volta consumi di energia e impatti ambientali. Inoltre, non sempre materiali riciclabili in potenza vengono realmente riciclati a fine vita, sia per la scarsità di strutture, sia per il fatto che la messa in opera spesso compromette la separabilità degli elementi. Un discorso diverso deve essere fatto per quanto riguarda l’impiego di materiali e prodotti provenienti dal processo di riciclo, particolarmente interessante per quei materiali che conservano le caratteristiche prestazionali di partenza. Ulteriore aspetto è la distanza tra siti di estrazione, lavorazione e messa in opera. La metodologia LCA offre la possibilità di misurare gli impatti prodotti da un materiale o da un prodotto rispetto a determinati indicatori lungo le diverse fasi che ne caratterizzano il ciclo di vita. 2.1 MATERIALI LAPIDEI NATURALI Materiali ottenuti dall’estrazione di rocce e resi adatti all’utilizzo in ambito delle costruzioni. 2.1.1 I materiali lapidei nell’architettura 2.1.2 Classificazioni Proprietà fisiche, meccaniche, aderenza alle malte, durevolezza, durezza e segabilità, scolpibilità e tenacità, spaccabilità, lucidabilità. 2.1.2.1 Classificazione per genesi -rocce magmatiche: derivano dal raffreddamento e successiva solidificazione del magma. A seconda della velocità del raffreddamento si suddividono in intrusive ed effusive. Le prime solidificano al di sotto della crosta in maniera lenta, elevato livello di cristallizzazione. Le seconde raffreddamento veloce, sopra la crosta terrestre, struttura vetrosa. -rocce sedimentarie: si formano in seguito a processi di erosione, trasporto e sedimentazione di rocce più antiche. Per azione dell’acqua sedimentano in detriti, sabbia e ghiaia. Solidificano per mezzo di leganti naturali (processo=diagenesi). Caratteristiche diverse che dipendono dalle rocce originarie e dal legante. -rocce metamorfiche: derivano da rocce di differente natura che hanno subito modificazioni a causa del variare di temperatura e pressione (processo metamorfico o metamorfismo). 2.1.2.2 Classificazione per composizione -rocce solfatiche: costituite principalmente di gesso -rocce carbonatiche: carbonato di calcio, molto diffuse ed utilizzate (es: calcari, marmi, travertino) -rocce silicatiche: silice e silicati. Le più importanti di origine magmatica (granito) e sedimentaria (tufi, arenarie, argille). 2.1.2.3 Classificazione commerciale -marmo: rocce con struttura cristallina, caratteristiche compatte e lucidabili. Adatte per funzioni strutturali ed estetiche. -granito: struttura fanero-cristallina, caratteristiche compatte e lucidabili. Adatte per funzioni strutturali ed estetiche. -travertino: rocce calcaree sedimentarie di deposito chimico. Funzioni strutturali ed estetiche, solo alcune lucidabili. -pietra: composizione mineralogica svariatissima, funzioni sia strutturali che estetiche. 2.1.3 Processo produttivo 2.1.3.1 Coltivazione 5 Insieme di operazioni atte al reperimento e al trasporto della materia prima. Le cave si dividono in due tipi: a gradoni (a giorno) o a fossa (al di sotto della superficie). Diversi metodi di estrazione: esplosivo, cunei metallici o idraulici, filo diamantato o elicoidale; più avanzati taglio con fiamma e taglio ad acqua. 2.1.3.2 Lavorazioni Tre fasi principali: -la segagione: ottenere lastre di tra i 1,5 e 6 cm. I piani di divisibilità sono il verso, il secondo e il contro. -la finitura perimetrale: ottenere conformazioni geometriche -la finitura superficiale: particolari finiture attraverso metodi come la levigatura, la sabbiatura ecc. 2.1.4 Profilo ambientale Nella fase di estrazione ci sono due aspetti principali: il consumo di risorse non rinnovabili e il degrado del paesaggio. Il trasporto determina significativi impatti. Nelle fasi di trasformazione gli impatti sono limitati alla produzione di polveri, consumo di energia per i macchinari e produzione di scarti. Nella fase di messa in opera possono essere ridotti tramite l’assemblaggio a secco che ne facilita anche il riutilizzo. Per quanto riguarda l’uso e la manutenzione i materiali lapidei richiedono una manutenzione ridotta ma necessitano di grande cura nella scelta dei sistemi di assemblaggio. 2.2 MALTE, CALCESTRUZZO SEMPLICE E ARMATO Conglomerati artificiali ottenuti mediante la miscelazione di acqua, sabbia, ghiaia ed elementi inerti di piccole dimensioni con leganti ottenuti dalla frantumazione e cottura di materiali di origine minerale. 2.2.1 Malte e calcestruzzo nell’architettura 2.2.2 Composizione e prodotti 2.2.2.1 Leganti, aggregati e additivi Le malte e i calcestruzzi sono costituiti da una miscela di leganti, aggregati, additivi e acqua. Leganti Materiali ottenuti dalla cottura di materiali di origine minerale. Se mescolati con acqua, danno vita a un impasto che indurendosi aderisce in maniera irreversibile alle superfici. Esistono due tipi di leganti: aerei e idraulici. I primi induriscono solo in presenza di aria, i secondi sia in presenza di aria che di acqua. Le principali famiglie di leganti sono: -il gesso: risultante dalla cottura della pietra da gesso a temperatura tra i 130 e i 170 gradi. Se mescolato con acqua ne assorbe la quantità persa durante la cottura e si indurisce in meno di un’ora. Vari tipi tra cui quello da muro, per manufatti, per intonaco e per sottofondi. -la calce aerea: induce solo in presenza di aria. Composta da calcare, carbonato di calcio, cotto a 900 gradi. Ciò che si ottiene è definito calce viva la quale, una volta aggiunta acqua, diventa calce spenta. Normalmente utilizzata come malta per intonaco e murature o realizzazione di stucchi decorativi. -la calce idraulica: indurisce anche in presenza di acqua. Ricavata dalla cottura di marne o miscele di carbonato di calcio e argilla. Principalmente utilizzata per realizzare intonaci e murature. -il cemento: tipo idraulico. Ricavato dalla miscela con acqua di materiali differenti macinati che variano a seconda del tipo di cemento che può essere comune, per impieghi particolari o speciale. Aggregati Materiali minerali in forma granulare, di origine naturale o artificiale, e costituiscono lo scheletro strutturale delle malte e dei calcestruzzi. Granulometria varia (malte 0,1 – 7mm; calcestruzzi 3 – 30 mm). Additivi Prodotti chimici che migliorano alcune caratteristiche del materiale. Tra i più utilizzati: -aumento della fluidità (quindi lavorabilità) -acceleranti o ritardanti -areanti, introdurre microbolle d’aria all’interno del materiale al fine di resistere ai cicli di gelo e disgelo. 2.2.2.2 Prodotti La distinzione più diffusa si basa sul tipo di legante impiegato. Malte Impasto di calci aeree o idrauliche, sabbia, acqua ed eventuali additivi. 6 A seconda della calce utilizzata si dividono in malte aeree (gesso, calce aerea, sabbia, acqua) e idrauliche (cemento o calce idraulica, aggregati, acqua). In alternativa è possibile utilizzare calce aerea e aggregante adatto, si parla di malte pozzolaniche o cocciopesto. Malta bastarda quando c’è più di un legante. Utilizzate per realizzare intonaci o con funzione di legante per murature. Calcestruzzo Miscela di legante idraulico (cemento), aggregati, acqua ed eventualmente additivi. Oltre a quello normale vi sono calcestruzzi leggeri, cellulari e alveolari. Nel calcestruzzo leggero gli aggregati sono sostituiti da materiali leggeri in granuli come argilla espansa e perlite espansa. I calcestruzzi cellulare e alveolare, per mezzo di additivi, sono caratterizzati dalla presenza di piccole cavità nella propria struttura. Impiegati per realizzare sottofondi, riempimenti e strutture portanti. Calcestruzzo armato Calcestruzzo con armatura metallica composta da barre di acciaio. Il c.a. può essere ad armatura lasca (annegata) o precompresso (armatura tesa e rilasciata dopo l’indurimento così da sopportare sollecitazioni maggiori). 2.2.3 Processo produttivo Prima fase di produzione e reperimento, seconda fase di miscelazione e messa in opera. 2.2.3.1 Produzione dei leganti Diverso a seconda del legante 2.2.3.2 Gesso Deriva da pietra di origine sedimentaria. Estratta in blocchi, macinata e cotta allo scopo di conferirle proprietà leganti. Superati i 100 gradi il gesso biidratato (estratto) perde acqua e si trasforma in semidratato. Sopra i 150 gradi gesso cotto. Sopra i 180 gradi gesso cotto a morte. Per essere utilizzato come legante va nuovamente idratato con la corretta quantità di acqua, tranne il gesso cotto a morte che verrà miscelato anche con particolari sostanze (catalizzatori). 2.2.3.3. Calce aerea Necessaria la cottura a temperature molto elevate (950 – 1000 gradi) della roccia calcarea. Una volta raggiunta la temperatura il calcare si divide in ossido di calcio e anidride carbonica. A temperature più elevate si ottiene la calce stracotta o cotta a morte, prodotto difficilmente idratabile. Per essere messo in opera all’ossido di calcio viene aggiunta una quantità di acqua maggiore per portare a compimento il processo di spegnimento. 2.2.3.4. Calce idraulica Tre tipi: -calce idraulica vera e propria, ottenuta dalla cottura di calcari argillosi o dalla miscela di calcari e argille. Cottura superiore ai 900 gradi così da ottenere un legante idraulico per mezzo della presenza di silicati e alluminati di calcio. -calce idraulica composta da cemento portland diluito (comunemente in commercio), vanno aggiunti inerti macinati e un additivo aerante. -calce idraulica ottenuta dalla miscelazione di calce aerea e materiali pozzolanici, stesso processo produttivo della calce aerea alla quale viene aggiunta della pozzolana naturale o artificiale. 2.2.3.5 Cemento Miscelazione e macinazione (nella cava, a secco o a umido, tramite mulini rotanti con barre in acciaio) delle materie prime (argilla, calcare, sabbia) cotte a 1450 gradi. Materiale raffreddato e miscelato con gesso adatto a regolare la presa. 2.2.3.6 Reperimento degli aggregati Principalmente di origine naturale e derivante da rocce di vario tipo. Fasi di preparazione della cava, estrazione e trasporto. Gli aggregati più fini (es sabbia) vengono prelevati dal mare o dal letto del fiume, nella falda o soldo la falda acquifera. Oltre a quelli di origine naturale, è possibile trovare aggregati provenienti da processi di riciclaggio. 7 Compensati e paniforti Il compensato è prodotto mediante l’incollaggio sotto pressione di almeno tre strati sottili di legno ottenuti per tranciatura o per sfogliatura. Ogni strato è disposto in modo da avere le fibre perpendicolari rispetto allo strato sottostante. Nel caso di più di tre strati abbiamo un prodotto multistrato, minore imbarcamento, minore costo, maggiore resistenza, lavorabilità. Il paniforte è un pannello realizzato dal rivestimento di listelli o lamelle di legno massiccio con strati di sfogliato disposti con le fibre ortogonali. Principalmente utilizzato per rivestimenti, soffittature, pareti divisorie, arredamento. Pannelli tamburati Strato esterno in compensato, cornice in listelli e anima in materiale leggero (di solito materiali a struttura alveolare o schiume sintetiche). Spesso i fogli esterni sono materiali di diversa natura come lamiere metalliche sottili, fogli di materiali plastici, lastre di fibra minerale. Caratterizzati da rigidezza, stabilità dimensionale, leggerezza e lavorabilità. Utilizzati per porte interne e pannellature. Pannelli truciolati e pannelli di fibre -pannelli truciolari: incollaggio e compressione di residui di segheria, fatti essiccare e agglomerati a pressione attraverso resine sintetiche. -pannelli di fibre: pressatura di un materasso di fibre di legno ricavato dalla sfibratura e accorpamento di cascami provenienti da varie lavorazioni per mezzo di resine. Superfici lisce e poco porose. Utilizzati come rivestimenti, finiture, casseforme. Pannelli di fibra di legno Sottili strisce di legno, tagliate nel verso della fibratura, impregnate con sostanze antiputrescenti e ignifughe e successivamente agglomerate con materiale legante. Impiegati per controsoffittature, pareti preintonacate, pareti isolate e isolamento acustico a pavimento. Pannelli OSB Fibre di conifera lunghe circa 150mm e spessore 0,4 mm, trattate separatamente per la realizzazione dello strato intermedio e degli strati esterni. Caratteristiche meccaniche superiori ad altri derivati; impiegati nella realizzazione di solai e chiusure verticali. 2.4.3 Processo produttivo Varia a seconda che si tratti di legno massiccio o derivati. 2.4.3.1 Abbattimento Compiuto nel periodo in cui l’attività vegetativa della pianta è cessata, quando si riduce la presenza d’acqua 2.4.3.2 Riduzione alle dimensioni commerciali Due differenti tipi di taglio: taglio tangenziale (economico ma aspetto non costante) e taglio di quarto o radiale (esteticamente uniformi). 2.4.3.3 Stagionatura Processo in cui il legno perde l’acqua. Due tipi: naturale e artificiale. La prima avviene all’aria aperta e dura minimo 7 o 8 mesi. La seconda per mezzo di aria calda, per poche settimane. Processo fondamentale per un corretto uso costruttivo. 2.4.3.4 Processo produttivo dei derivati Possibilità di utilizzare materiali di scarto. La materia prima viene lavorata, mediante segagione, sfogliatura o tranciatura per poi essere ulteriormente trattata per mezzo di presse e colle. Può essere prevista nell’ultima fase l’aggiunta di additivi e, in alcuni derivati che prevedono l’accoppiamento con altri materiali, un’ulteriore fase di lavorazione. 2.4.4 Profilo ambientale Legno considerabile risorsa rinnovabile, rispettando i ritmi di abbattimento e ripiantumazione. Inoltre il legno presenta il vantaggio di accumulare nel suo processo di crescita significative quantità di anidride carbonica che vengono rilasciate solo nel caso di combustione a fine vita. Trasporto a seconda della distanza. Gli impatti della fase di produzione dipendono dai processi di lavorazione. Nella fase di messa in opera, i sistemi a secco, incastro o con l’utilizzo di chiodi, garantiscono una reversibilità. Nel fine vita il legno è facilmente riciclabile, in base al tipo di derivato. 10 2.5 METALLI: L’ACCIAIO Elementi chimici che presentano una struttura cristallina caratterizzata dalla presenza di elettroni liberi. Metalli non ferrosi Argento, oro, magnesio, titanio. Nel settore edilizio: -alluminio: ottenuto dalla coltivazione a giorno della bauxite e quindi dalla sua cottura e affinazione. Altamente lavorabile, leggero, lucidabile. -piombo: ridotta resistenza a trazione, consistenti variazioni dimensionali in relazione alle escursioni term. -zinco: resistente agli agenti atmosferici, spesso utilizzato come rivestimento di altri metalli. -rame: colore rosso brillante e buona resistenza, lavorabilità e deformabilità. Resistente agli agenti atmosferici attraverso patina verde composta da sali. Metalli ferrosi Ferro e tutte le sue leghe ossia ghisa, acciaio e leghe d’acciaio. Il ferro viene estratto dai suoi minerali mediante riduzione con carbonio ad alta temperatura (2000 gradi). Si ottiene una lega ferro-carbonio caratterizzata da un’elevata fragilità e ossidabilità. Per questo motivo si usa raramente la ghisa in forma grezza, ma si procede ad ulteriori lavorazioni. L’acciaio è caratterizzato da un punto di fusione più elevato della ghisa, ma anche di maggiore lavorabilità e minore fragilità. L’acciaio può essere a sua volta legato ad altri metalli, esempio acciaio inossidabile (aggiunta di cromo e altri) e acciaio cor-ten (aggiunta di rame, manganese, cromo, nickel, fosforo) per agenti atmosferici. 2.5.1 L’acciaio nell’architettura 2.5.2 Semilavorati e prodotti 2.5.2.1 Profilati laminati a caldo Tra i più utilizzati, adatti alla realizzazione di strutture portanti. Presenti in sezioni aperte o tubolari, dimensioni varie. Uniti tramite saldatura o bullonatura tra loro oppure tramite fazzoletti in lamiera. 2.5.2.2 Lamiere Ottenute attraverso un processo di laminazione a caldo. -lamiere larghezza fino a 3m e spessore fino a 40mm. Generalmente utilizzate per realizzare piastre di fondazione o profilati composti per mezzo di saldatura -lamiere sottili: realizzate con acciai di elevata duttilità. Realizzate per laminazione, a freddo o a caldo. Generalmente usate per prodotti leggeri e comunque dotati di buona resistenza meccanica. Possono subire altre lavorazioni per ottenere lamiere stirate, lamiere forate o microforate e possono essere tagliate tramite getto d’acqua o laser. Unite mediante saldatura, bullonatura, aggraffatura, rivettatura. 2.5.2.3 Profilati e lamiere formati a freddo Le lamiere sottili possono essere sottoposte a un processo di presso-piegatura a freddo per ottenere elementi lineari profilati, con sezione aperta oppure tubolare, e lamiere sagomate la cui sezione presenta nervature trapezoidali chiamate greche. In questo modo si ottengono elementi con peso ridotto ma dotati di una elevata rigidezza dovuta alla piegatura. 2.5.2.4 Profilati tubolari Possono avere sezione circolare, quadrata, rettangolare o complessa. Si distinguono in: -tubi senza saldatura: processo di laminazione a caldo che prevede dapprima la foratura di una barra e in seguito una laminazione che consente di ottenere spessore ridotto ma buona lunghezza. -tubi con saldatura: lavorazione di lamiere per ottenere varie sezioni e dimensioni. Prima fase di formatura del tubo per laminazione, seguita da fase di saldatura. 2.5.2.5 Grigliati, reti e reti tessute -grigliati: formati per elettrosaldatura di lamelle di differenti tipi, parallele, piane o dentate, con tondi o per mezzo dell’orditura a incastro di elementi trasversali e paralleli. -reti: intreccio di fili preventivamente piegati -reti tessute: tessitura di fili metallici su telai meccanici. Si produce un reticolo formato da fili di ordito, paralleli alla lunghezza, e fili di trama, paralleli alla larghezza. 2.5.3 Processo produttivo 11 Due modalità di produzione siderurgica: la prima consente la produzione di acciaio a partire dai minerali del ferro (ciclo integrale), la seconda a partire dalla ghisa grezza e dai rottami ferrosi (ciclo con forno elettrico). In Italia numerosi impianti dotati di forno elettrico. Il ciclo integrale è molto articolato: -viene preparata una miscela di minerali di ferro, carbone coke e fondenti che svolgono la funzione di eliminare le impurità aggregandole alla loppa (facilmente asportabile perché galleggia). -la miscela, detta carica, viene calata all’interno di un altoforno; in questa fase possono essere aggiunti rottami di ferro -dal basso arriva aria calda (sopra i 1000 gradi) che alimenta la combustione del coke. -la temperatura all’interno del forno supera i 2000 gradi determinando la fusione del minerale, che si deposita. -si ottiene così una ghisa grezza, colabile in appositi stampi. -al fine di ottenere l’acciaio, la ghisa viene sottoposta ad affinazione attraverso il convertitore, che ne provoca la riduzione del tenore del carbonio. Il ciclo con forno elettrico: -il materiale di partenza è ghisa grezza prodotta dagli altiforni e da rottami di ferro. -nel forno si genera un arco elettrico che trasforma il materiale in plasma a temperature molto elevate (15000 gradi) All’uscita dal convertitore o dal forno elettrico, l’acciaio fuso può essere trattato in due modi: -colata nelle lingottiere di rame -colata continua che accoppia il processo di solidificazione dell’acciaio con quello di una prima laminazione. Colato in lingottiere di rame raffreddate mediante un’intercapedine d’acqua. L’acciaio allo stato pastoso viene quindi collocato su nastri trasportatori lungo i quali subisce un processo di prima formatura e si raffredda. 2.5.3.1 Lavorazioni Laminazione Indurre i semilavorati di acciaio (bramme, blumi e billette) al passaggio tra una serie di coppie di cilindri rotanti al fine di diminuire lo spessore e aumentare larghezza e lunghezza. Può avvenire a caldo o a freddo: nel primo caso l’acciaio viene preriscaldato a 1000-1300 gradi e la sua lavorazione termina prima che torni a meno di 800 gradi, cos’ da migliorare plasticità e lavorabilità. Nel secondo caso si produce un incrudimento (aumento proprietà meccaniche), seguito da processo di ricottura a 900 gradi, ottenendo prodotti con elevate qualità meccaniche e precisione. Estrusione Acciaio compresso e fatto passare attraverso una matrice che ne determina la forma. Trafilatura Indurre il passaggio del materiale all’interno di una serie di fori con diametro decrescente, così da raggiungere la sezione desiderata. A differenza dell’estrusione, il materiale è tirato. Di norma effettuata a freddo con successiva ricottura. Stampaggio Pressatura all’interno di stampi Piegatura Di norma per lavorazione di lamiere, prevede l’utilizzo di presse con punzoni e matrici oppure profilatrici a rulli. Fucinatura Formatura attraverso la battitura con un maglio. 2.5.4 Profilo ambientale Nella fase di estrazione e produzione distinguiamo tra acciaio prodotto a partire da minerali ferrosi e acciaio prodotto da rottami; nel primo caso consideriamo risorsa non rinnovabile e impatti paesaggistici. La fase di produzione richiede quantità elevate di energia. Nella fase di costruzione riduce il consumo, soprattutto grazie all’assemblaggio a secco che limita gli scarti. A fine vita elevata reversibilità e riciclo. 2.6 VETRO 12 Impatto paesaggistico nei luoghi di estrazione. Fasi di lavorazione e fusione grande impatto energetico. Trasporto relativo alla distanza. Fine vita, materiale totalmente riciclabile. 2.7 MATERIE PLASTICHE Costituite da polimeri, ossia macromolecole composte dall’unione di monomeri. A fine 800 la prima plastica interamente sintetica, la resina fenolica, capostipite di un processo in continua evoluzione. 2.7.1 Le materie plastiche nell’architettura 2.7.2 Classificazione Classificate a seconda del loro comportamento in seguito all’effetto di azioni termiche. 2.7.2.1 Polimeri termoplastici Caratterizzati dalla proprietà di rammollire se riscaldati, così da diventare malleabili e lavorabili. Tra i materiali termoplastici più diffusi in edilizia: -polietilene (PE): costituito quasi unicamente da idrocarburi. Elevato grado di lavorabilità, può essere colorato e unito tramite saldatura. Utilizzato per tubature, teli impermeabili e pavimentazioni; -polipropilene (PP): molto simile a sopra, maggiore resistenza agli agenti chimici a discapito della lavorabilità; -polivinilcloruro (PVC): resistenza chimica, meccanica e lavorabilità. Utilizzato per tubature, profili di serramenti, rivestimenti esterni e pavimentazioni; -polistirene (PS): fragilità, di norma additivato con stabilizzatori per aumentarne la resistenza. Sottoposto a processi di espansione ed estrusione al fine di realizzare materiali per isolamento termico e acustico; -poliuretano (PUR): distinguiamo tra poliuretani rigidi compatti e poliuretani espansi morbidi o rigidi. Gli ultimi utilizzati come materiali isolanti. Poliuretani rigidi ad alta densità possono essere utilizzati per elementi autoportanti di grandi dimensioni; -polimetilmetacrilato (PMMA) o vetro acrilico: ottime qualità ottiche e di resistenza alle abrasioni. Impiegato in sostituzione del vetro, caratterizzato da elevato coefficiente di dilatazione termica, importante da considerare nella fase di montaggio. -policarbonato (PC): trasparenza, resistenza meccanica e termica, durezza, buone proprietà elettriche. Come il PMMA utilizzato in sostituzione al vetro ed è prodotto anche in lastre alveolari per migliorare le prestazioni termiche. -polimeri contenenti fluoro: elevata resistenza chimica, superficie resistente alle radiazioni e agli sbalzi termici. Il PTFE è un materiale particolarmente costoso, diffuso nel settore chimico, automobilistico ed elettrico. Materiale stabile, resistente allo sporco, non combustibile e resistente ad abrasioni e rottura. il processo di espansione assume caratteristiche di traspirabilità e impermeabilità. impiegato per la realizzazione di membrane tessili soggette a particolari sollecitazioni. L’ETFE materiale prodotto in film, estremamente stabile, autopulente, adatto a sopportare elevate sollecitazioni meccaniche. Utilizzato negli involucri trasparenti. Interessante per la realizzazione di cuscini pneumatici costituiti dall'accoppiamento di due o più film separati da aria. 2.7.2.2 Polimeri termoindurenti Termo stabili e insolubili a seguito di reazioni di reticolazione. Arrivato a una certa temperatura si decompone, non si fonde. Rispetto ai termoplastici la lavorazione è meno facile rapida, ma la resistenza meccanica e termica è più elevata. La riciclabilità è possibile ma difficoltosa. I più utilizzati in edilizia sono: -resine fenoliche: utilizzate sia sotto forma di additivi per la realizzazione di composti di materie plastiche e fibre sia, una volta espanse, come isolanti termici; -resine epossidiche (EP): usate per la realizzazione di rivestimenti, collanti e di materiali compositi mediante l'aggiunta di un rinforzo fibroso. 2.7.2.3 Elastomeri anche definiti gomme, sono materiali elastici, cioè si è sottoposti alle sollecitazioni meccaniche, raggiungono dimensioni molto elevate ma venuta meno la sollecitazione hanno anche la capacità di tornare alle dimensioni di partenza. Largamente utilizzati per la realizzazione di giunzioni e guarnizioni. Il più 15 utilizzato è lo stirolo-betadine-caucciù (SBR), impiegato per la realizzazione di rivestimenti orizzontali, teli impermeabili, isolamento di cavi e guarnizioni. Molto simili agli elastomeri è la categoria dei siliconi anche se non si tratta propriamente di materie plastiche. 2.7.3 Processo produttivo 2.7.3.1 Produzione dei polimeri Fase iniziale costituita dalla produzione dei monomeri e quindi dalla loro trasformazione in polimeri sotto forma di granuli. 2.7.3.2 Additivazione I principali additivi utilizzati nella lavorazione delle materie plastiche sono: -cariche: costituite da particelle di sostanze organiche o inorganiche, Fungono da diluenti per i polimeri termoindurenti, riducendone la fragilità. -rinforzanti: aumentare rigidezza e resistenza, anche alla deformazione termica -coloranti: solubili e non solubili. nel primo caso la materia plastica viene semplicemente ricoperta dal colore mentre nel secondo intrisa di esso. -stabilizzatori: ridurre i problemi causati dalla radiazione solare, sotto forma sia di calore che di luce. -plastificanti: aumentare la flessibilità del materiale e la sua resistenza agli urti, ossia renderlo maggiormente elastico. -antifiamma: modificano il comportamento al fuoco, in caso di incendio tali additivi operano un raffreddamento o un rivestimento del materiale interessato così da impedire ai gas infiammabili di alimentare le fiamme. -propellenti: permettono l'espansione dei polimeri così da migliorarne le caratteristiche di isolamento termico e acustico. 2.7.3.3 Formatura Processi differenti a seconda del tipo di prodotto finale ed è il materiale plastico su cui si opera la lavorazione. Solo nel caso di polimeri termoplastici i processi di formatura sono reversibili. I procedimenti di formatura più comuni sono: -estrusione: trasformare il materiale in fogli, tubi, profili con l'utilizzo di una pressa che forza il passaggio della materia plastica attraverso una matrice, attribuendole la forma desiderata. -calandratura: utilizzo di rulli in sequenza che consentono di ottenere nastri continui di spessori sottili. Con questo tipo di lavorazione è possibile inserire all'interno dei nastri altri materiali, come ad esempio fibre o tessuti. -stampaggio: può venire per compressione, per rotazione, per iniezione. Nel primo caso il materiale plastico viene inserito in un contenitore, portato alla corretta temperatura, è formato attraverso una pressa. nel secondo caso la materia viene fatta aderire a uno stampo esterno così da ottenere forme cave. Nel terzo caso il materiale viene spinto a pressione all'interno dello stampo a pressione molto elevata nello stampo. Quando il materiale è polimerizzato, l'elemento viene estratto dallo stampo. -deformazione plastica o termoformatura: utilizzata solo per i materiali termoplastici, consiste in una deformazione dell'elemento, in questo caso già un semilavorato, facendo in modo che si adatti per forma alle caratteristiche richieste. -formatura per giunzione: unione di differenti semilavorati attraverso tecniche diverse. 2.7.4 Profilo ambientale Elevato consumo di risorse non rinnovabili e di energia ma anche caratterizzati da una durata molto lunga e da una bassa densità. Fine vita, materie riciclate. 2.8 TESSILI TECNICI Materiali che rispondono a esigenze tecnico-qualitative molto elevate e ai più svariati campi di impiego, derivano dalla lavorazione di materie prime che possono avere origine minerale, vegetale oppure sintetica. Utilizzati per la realizzazione di tensostrutture, elementi di rivestimento e componenti per la protezione dalla radiazione solare. 2.8.1 I materiali tessili nell’architettura 16 2.8.2 Classificazioni Una prima articolazione può essere fatta distinguendo tra: -tessili tecnici ottenuti mediante la tessitura di fibre di diverso tipo, di origine vegetale, minerale o sintetica, utilizzati senza alcun tipo di trattamento. -tessili tecnici prodotti mediante la tessitura di fibre precedentemente rivestite con polimeri. -tessili tecnici ottenuti medianti rivestimento di tessuti realizzati in fibre minerali o sintetiche con polimeri. Questi ultimi con riferimento alla composizione, possono essere ulteriormente articolati in due grandi gruppi: i testi di tecnici multi-componente e i mono-componente. 2.8.2.1 Tessili tecnici multi-componente Tessuti rivestiti da resine polimeriche. I più diffusi sono il poliestere PVC, il vetro-silicone e il vetro-PTFE. Tessuto poliestere-PVC Costituito da un tessuto in fibre di poliestere accoppiato, mediante spalmatura, ha una matrice in PVC. È il materiale più diffuso per la realizzazione di tensostrutture a membrana, essendo caratterizzato dal migliore rapporto tra il costo e la prestazione. Commercializzato in differenti tipologie caratterizzate da un diverso rapporto tra lo spessore del tessuto e quello della matrice. Tessuto vetro-silicone Costituito da un tessuto di fibre di vetro accoppiato, mediante spalmatura, a una matrice in silicone. scarsamente utilizzato per la sensibilità agli agenti atmosferici e la tendenza a caricarsi elettrostaticamente attraendo lo sporco e rendendone difficile la rimozione. L'utilizzo del tessuto di fibre di vetro come materiale di base rende inadatto l'impiego in situazioni temporanee che richiedono il continuo dispiegamento ripiegamento della membrana. Tessuto vetro-PTFE Costituito da un tessuto in fibre di vetro accoppiato a una matrice in PTFE, mediante spalmatura. Offre elevate prestazioni di durata, di inerzia chimica verso gli agenti atmosferici e di resistenza alla radiazione solare. Largamente utilizzato per applicazioni in edifici di carattere permanente, in particolare per la copertura di stadi, aree fieristiche e siti archeologici. L'utilizzo del tessuto di fibre di vetro come materiale di base rende inadatto l'impiego in situazioni temporanee che richiedono il continuo dispiegamento ripiegamento della membrana. 2.8.2.2 Tessili tecnici monocomponente Il più utilizzato oggi nel settore delle costruzioni è costituito dal tessuto di PTFE espanso accoppiato per spalmatura a una matrice, anch'essa in PTFE. materiale particolarmente performante grazie alla proprietà di incombustibilità, inerzia chimica, resistenza allo sporco, all’abrasione e alla rottura da politetrafluoroetilene. Ottime proprietà di traslucenza che può arrivare anche al 40%. La sua resistenza al piegamento lo rende particolarmente idoneo all'impiego in strutture temporanee e trasformabili. 2.8.3 Processo produttivo I test di tecnici sono costituiti da un tessuto di fibre al quale può essere accoppiato una matrice. 2.8.3.1 Tessitura Lavorazione delle fibre, ottenute per estrusione nel caso delle fibre sintetiche, al fine di formare un tessuto di norma biassiale composto dall'accoppiamento secondo schemi prestabiliti in trama e ordito. Questo trattamento aumenta la flessibilità del tessuto. 2.8.3.2 Rivestimento e finissaggio Entrambe le lavorazioni hanno come fine quello di migliorare alcune caratteristiche proprie del tessuto, come ad esempio la resistenza meccanica agli agenti atmosferici, la durabilità, la manutenibilità, la qualità estetica. Il rivestimento può avvenire attraverso diverse lavorazioni a seconda che il materiale di rivestimento si presenti in forma fluida oppure densa. Nel primo caso avviene attraverso -Spalmatura: preparazione della miscela, filtrata più volte per eliminare possibili impurità, la quale viene amalgamata e privata delle possibili bolle d'aria attraverso un movimento rotatorio. Aggiunto un adesivo al composto, per aumentarne l'aderenza, e quindi adesso viene depositato sul tessuto per mezzo di un coltello adatto a compiere una vera e propria spalmatura. 17 -finissaggio: trattamento della superficie del prodotto per aumentarne la resistenza agli agenti atmosferici, la punibilità e la valenza estetica. Può venire per mezzo dell'applicazione di un film protettivo, di un sottile strato di vernice o di serigrafia. -Levigatura e lucidatura: trattamento con levigatrici a doppia direzione. i materiali fibro- rinforzati polimerici hanno molteplici applicazioni nel settore delle costruzioni. possono essere realizzate scocche a geometria complessa, molto leggere e al contempo molto resistenti da utilizzare sia come elementi di rivestimento sia come elementi strutturali. 2.9.4 Materiali fibro-rinforzati per il consolidamento strutturale tre tecniche di intervento: -la prima prevede l'utilizzo di elementi preformati, costituiti da componenti di varia forma preparati in stabilimenti mediante zione e incollati all'elemento strutturale da rinforzare; -la seconda prevede l'impiego di sistemi impregnati in sito, costituiti da fogli o tessuti di fibre uni o multi- direzionali impregnati con una resina che può fungere anche da adesivo con l'elemento strutturale da rinforzare. -La terza prevede l'impiego di sistemi pre impregnati costituiti da fogli o tessuti di fibre uni o molti- direzionali, pre impregnati con resina parzialmente polimeri rizzata e incollati all'elemento strutturale da rinforzare con o senza l'uso di resine aggiuntive. 2.9.5 Profilo ambientale il consumo di risorse e gli impatti prodotti sono quelli imputabili ai materiali di partenza. la caratterizzazione ambientale del processo di lavorazione dei fibro- rinforzati polimerici è molto simile a quella dei processi produttivi dei polimeri senza rinforzo così come, la caratterizzazione ambientale del processo di lavorazione dei fibro- rinforzati amatrice cementizia è molto simile a quella del calcestruzzo. A fine vita i materiali di partenza non possono essere più separati, ciò rende impossibile il riciclo. 2.10 MATERIALI ISOLANTI Utilizzati per la realizzazione delle chiusure con lo scopo di ottenere adeguate condizioni di comfort termico e acustico contenendo i relativi consumi. Caratterizzati da una conducibilità termica molto bassa e sono pertanto adatti a garantire isolamento tra ambienti di temperatura differente. La loro prestazione acustica dipende invece dalla struttura del materiale, quelli fibrosi e a celle risultano particolarmente efficaci. 2.10.1 Classificazioni -materiali sciolti: possono presentarsi in granuli o in fibre; -feltri: di solito si presentano come materassini arrotolati, costituiti da stratificazione di fibre minerali con possibile aggiunta di leganti; -pannelli: elementi rigidi che possono presentare uno strato superficiale di rivestimento e un bordo sagomato per permetterne l’incastro; -rotoli: accoppiamento di listelli disposti si di una membrana di norma di origine bituminosa; -coppelle e cordoli: forme particolari adatte per l’isolamento per tubazioni. In relazione alla struttura, i materiali isolanti possono essere fibrosi, a celle chiuse, a celle aperte. In relazione all’origine della materia, possono essere di origine vegetale, minerale e sintetica. 2.10.1.1 Isolanti di origine vegetale Oltre ai più diffusi che vediamo di seguito, negli ultimi anni abbiamo materiali orientati alla bioedilizia, quali fibra di canapa, fibra di kenaf, fibra di lino, fibra di cocco. Fibra di legno Prodotti in pannelli rigidi e semirigidi, di diverso spessore e densità, e in forma sfusa. Per produrre l'isolante in fibra di legno vengono utilizzati legnami principalmente di conifere in quanto caratterizzati da fibre molto lunghe. Ma utilizzati anche scarti. La produzione dei pannelli può avvenire con processo a secco oppure a umido. Nel processo a secco le fibre vengono miscelate con un collante e quindi pressate per ottenere la densità desiderata. Nel processo a umido le fibre vengono miscelate con acqua e additivi, come solfato di alluminio o sali di boro, che garantiscono protezione dal fuoco e dai parassiti. La pasta che si ricava viene quindi pressata alla densità desiderata e fatta essiccare. 20 Buone prestazioni di isolamento termico e acustico e possono contribuire alla regolazione del livello di umidità. Inoltre, grazie all'elevato calore specifico del legno, il loro impiego risulta efficace per chiusure alle quali sia richiesta una buona inerzia termica. A fine vita, se non danneggiati, i pannelli possono essere riutilizzati. Fibra di legno mineralizzata Prodotti in pannelli ottenuti mediante la mineralizzazione di fibre di legno lunghe con magnesite caustica calcinata, oppure con cemento Portland. Le fibre di legno sono ricavate da legname da alberi a crescita rapida o dalla lavorazione di scarti. la mineralizzazione con magnesite consiste in un processo durante il quale le fibre di legno vengono inumidite e mescolate con una sospensione di magnesite. Le fibre sono quindi sottoposte a pressione e temperatura elevate per ottenere pannelli. La mineralizzazione con cemento Portland avviene invece mediante la miscelazione delle fibre con ossidi di ferro, acqua e cemento in modo tale che la lignina si leghi con quest'ultimo. Il composto viene quindi collocato in stampi e pressato a bassa temperatura. La mineralizzazione mantiene inalterate le proprietà meccaniche del legno ma ne annulla i processi di deterioramento biologico, rende le fibre perfettamente inerti, aumenta la resistenza al fuoco. A fine vita i pannelli non possono essere riciclati. Fibra di cellulosa Prodotti in forma sposa e in pannelli rigidi e semirigidi, ricavati dalla macinazione e dalla sfibra tura della carta in fiocchi, che vengono trattati con sali di boro per aumentarne la resistenza al fuoco e alle muffe. I pannelli semirigidi sono prodotti mediante tessitura dei fiocchi e con fibre sintetiche o naturali, mentre quelli rigidi mediante pressatura caldo con fibre di sostegno e leganti. Elevate caratteristiche di isolamento termico e di permeabilità al vapore. A fine vita possono essere riutilizzati. Sughero e sughero espanso Prodotti in pannelli e in forma sfusa. La materia prima è costituita da sughero proveniente dalla prima raccolta delle cortecce delle querce da sughero oppure da sughero di riciclo. Corteccia e materiale di riciclo vengono macinati in granuli che possono essere utilizzati direttamente come materiali sfusi oppure avviati al processo di produzione di pannelli agglomerati mediante Colle sintetiche o naturali. Per migliorarne le prestazioni di isolamento, il sughero può essere sottoposto a espansione. In alcuni casi particolari il granulato, espanso oppure no, può essere additivato con bitume o resine di formaldeide con funzioni impregnanti. Se contaminati da queste sostanze, essi possono essere riciclati nella produzione di isolanti da sottoporre ai medesimi processi di impugnatura, oppure avviati alla termovalorizzazione. 2.10.1.2 Isolanti di origine minerale Lana di vetro e lana di roccia La lana di vetro è costituita da fibre di vetro, prodotti a partire da vetro riciclato, sabbia quarzo rosa, calcare, analogamente al vetro in lastra. Le fibre vengono apprezzate con resine sintetiche, oppure impregnate con oli minerali e quindi sottoposte a un trattamento termico a 250 ° con il quale si ottiene la polimerizzazione dei leganti. La lana di roccia è costituita da fibre di roccia prodotte con la fusione ad alta temperatura di roccia vulcanica con calcare, coke e altri additivi. Le fibre vengono quindi unite mediante eleganti di origine organica che le rendono stabili e idrofobe e poi essiccate a una temperatura di 200 ° Che determina la polimerizzazione. Entrambe sono disponibili in pannelli rigidi di diversi spessori ed, in Feltri, in rotoli e sfusa, impiegata per insufflaggio all'interno delle cavità. Offrono ottime prestazioni di isolamento termico e si prestano, per la loro conformazione fibrosa, a essere impiegate anche come isolanti di tipo acustico. Elevata permeabilità al vapore. Riutilizzabili. Vetro cellulare espanso Composto da sabbia quarzo rosa, dolomia, carbonato di calcio e azoto e viene prodotto in pannelli e in forma sfusa. Le materie vengono miscelate, portate a fusione e fatte vetrificare. La massa viene quindi ridotta in polvere. Si aggiunge carbonio e il composto viene introdotto in stampi speciali e riscaldato nuovamente così da permettere la formazione di bolle di gas che fanno espandere la miscela. Particolarmente resistente a compressione e impermeabile al vapore. Può essere riciclato a condizione che non sia stato contaminato con altri materiali come, ad esempio, le spalmature bituminose. 21 Perlite espansa Prodotto in pannelli e in forma sfusa a partire dalla perlite, una roccia di origine vulcanica caratterizzata da una struttura cellulare microporosa. la roccia viene macinata finemente e quindi portata elevata temperatura per determinarne l'espansione. Una volta espansa può essere utilizzata in granuli oppure miscelata con fibre di cellulosa e amido e quindi inserite in stampi per produrre lastre. è inoltre possibile produrre lastre multistrato aggregando più lastre di materiale con spessori differenti. Se sotto forma di granuli, può essere riutilizzata. Vermiculite espansa Prodotta a partire dalla vermiculite, un silicato di alluminio, ferro e magnesio. Il processo produttivo avviene frantumando il silicato e portandola a una temperatura di 1000 °. In questo modo si determina l'evaporazione dell'acqua contenuta nella materia prima con la conseguente espansione dei granuli. Si presenta in commercio sotto forma di granulato sfuso, la più utilizzata, oppure di pannelli realizzati attraverso la pressatura in stampi dei granuli espansi con l'aggiunta di bitume, silicati o resine sintetiche. Nel caso non vengano contaminati da altre sostanze, è possibile il loro riutilizzo. Argilla espansa Prodotta quasi esclusivamente in forma scusa e deriva dalla lavorazione di argilla, caratterizzata da ridotto contenuto di calcare, che viene macinata e quindi espansa mediante cottura ad alta temperatura. Il processo di espansione dei granuli può essere implementato grazie all'utilizzo di oli pesanti. A fine vita può essere utilizzata come isolante oppure come aggregato per la realizzazione di calcestruzzi alleggeriti. 2.10.1.3 Isolanti di origine sintetica Derivano da un complesso processo di lavorazione del petrolio. Polistirene espanso sintetizzato (EPS) prodotto a partire dalla polimerizzazione di una miscela di stirene con un agente schiumogeno che consente di ottenere dei granuli di polistirene di 3 mm di diametro. Attraverso un trattamento a vapore i granuli di polistirene subiscono poi un'espansione che ne aumenta il volume fino a 50 volte. I granuli di polistirene espanso vengono quindi portati a maturazione in appositi silos, nei quali vengono eliminati gli eventuali residui di espandente e di vapore acqueo. I granuli possono essere utilizzati in forma scusa, oppure sottoposti nuovamente all'azione del vapore acqueo all'interno di stampi, che provoca un'ulteriore espansione del materiale plastico e la formazione di blocchi omogenei che possono poi essere selezionati secondo diversi formati. Buon potere termoisolante che varia in funzione delle diverse densità con le quali viene prodotto, non assorbe acqua e ha una bassa permeabilità al vapore acqueo. A fine vita il materiale può essere riutilizzato, sei integro, oppure sminuzzato e utilizzato per la realizzazione di imballi o di calcestruzzi alleggeriti e laterizi porizzati appunto Polistirene espanso estruso (XPS) prodotto a partire dalla polimerizzazione di una miscela di stirene con agenti schiumogeni, ritardanti di fiamma e stabilizzanti. In questo caso il granulato di polistirene viene miscelato con agenti espandenti, ignifuganti e stabilizzatori e portato a fusione. la massa viene spinta la pressione nella trafila e, all'uscita, la differenza di pressione determina l'espansione del polistirene. Si ottiene dunque un materiale isolante a celle chiuse sotto forma di blocchi definiti dimensionalmente dal disegno della trafila e caratterizzati dalla presenza di una pellicola sulle superficie esterne. Buon potere termoisolante, non assorbe acqua, bassa permeabilità al vapore acqueo. A fine vita, sei integro, può essere riutilizzato. Poliuretano espanso rigido Polimero termoindurente a celle chiuse, prodotto attraverso la reazione chimica di polioli, polisocianati e agenti espandenti. Trova applicazione a spruzzo in opera, oppure sotto forma di lastre e di pannelli con rivestimento flessibile. L'applicazione a spruzzo avviene mediante pistole che nebulizzano una miscela dei due componenti che solidifica aderendo al supporto. Le lastre sono ricavate dal sezionamento di blocchi prodotti facendo reagire i due componenti in apposite blocchiere. i pannelli con rivestimento sono invece ottenuti attraverso lo spruzzo dei due componenti su un supporto costituito da carte e cartoni, bitumati e non, da pellicole metalliche, da fibre minerali e da multistrati adottati in funzione delle diverse esigenze applicative. Conducibilità molto bassa, elevata resistenza compressione, permeabilità al vapore elevata nelle lastre non rivestite, mentre in quelle rivestite varia in funzione del tipo di rivestimento. A fine vita, il materiale può essere riciclato mediante macinazione, aggiunta di leganti e pressatura. 22 - tradizionali (esecuzione dei lavori sul luogo di intervento, elevata manualità e manodopera) - industrializzati (impiego manuale in cantiere supportato da attrezzature) - prefabbricati (cesure temporale e spaziale, elementi costruttivi precostruiti e assemblati in cantiere) 3.2.1 Strutture a parete portante Strutture la cui funzione statica è affidata ad elementi continui. I carichi verticali vengono trasmessi ai sottostanti elementi verticali e da qui convogliati alle fondazioni. La struttura trilitica è una struttura stabile rispetto all’azione di forze verticali ma instabile se sottoposta a forze orizzontali; l’irrigidimento avviene attraverso elementi verticali di irrigidimento (pareti di taglio, nuclei di controventatura) che ne assicurano la stabilità. Se però il nodo di connessione tra solai e pilastri è un incastro, il sistema diventa stabile. I solai vengono orditi in modo da appoggiare sui muri portanti, con travetti che scaricano il loro peso sulla trave posta sulla sommità del muro portante distribuendo uniformemente il carico. Negli edifici multipiano la trave è inserita nel muro portante. Esistono 3 schemi strutturali: 1. gli elementi che sorreggono i solai sono disposti secondo la lunghezza dell’edificio e ne costituiscono le due facciate longitudinali, gli elementi di irrigidimento sono disposti ortogonalmente; facciata vincolata nelle aperture, distribuzione interna più libera. 2. gli elementi che sorreggono i solai sono disposti trasversalmente rispetto alla facciata dell’edificio e fungono da irrigidimento alle azioni orizzontali a loro parallele, gli elementi di irrigidimento longitudinale sono distribuiti all’interno dell’edificio; facciata libera nella scelta delle aperture, distribuzione interna vincolata dal passo strutturale. 3. gli elementi portanti tridimensionali svolgono anche la funzione di irrigidimento; utilizzato per vani scala perché rigido dal punto di vista distributivo. Vantaggi: contemporanea costruzione di involucro e struttura portante, forte grado di isolamento termico e acustico. Svantaggi: lentezza costruttiva e scarsa flessibilità degli interni. 3.2.1.1 in mattoni o blocchi Praticità legata alle ridotte dimensioni degli elementi ed elevata resistenza meccanica alla compressione. Si ottengono dall’assemblaggio di elementi modulari prefabbricati di piccole dimensioni (funzione statica) mediante strati di materiali leganti (ripartiscono i carichi in modo uniforme sulle superfici dei blocchi). La tecnica muraria è caratterizzata dall’ordinata disposizione degli elementi posti in opera tramite lo sfalsamento dei giunti. I materiali utilizzati vengono scelti in funzione della disponibilità locale (pietra o laterizio); questo contribuisce alla diffusione della tecnica grazie a reperibilità ed economicità. Tradizionalmente utilizzati mattoni pieni che davano spessore a seconda della sistemazione: murature a una testa, a due teste, a tre teste… Oggi blocchi forati per rendere elementi più leggeri e dotati di maggiori proprietà isolanti e buone prestazioni meccaniche; più utilizzato laterizio affiancato dal calcestruzzo. Resiste a compressione ma non a trazione quindi previsti controventamenti costituiti da muri di spina rispetto alla giacitura principale oppure da stessi solai concatenati alla muratura. Per una maggiore resistenza meccanica è possibile ricorrere ad una muratura portante armata inserendo armature verticali all’interno dei blocchi e armature orizzontali nei giunti di malta; i materiali utilizzati per gli orizzontamenti possono essere diversi purchè resistenti a sollecitazioni di trazione e flessione. I solai, indipendentemente dal materiale, devono essere inseriti nella struttura muraria al momento in cui la parte in elevazione raggiunge la quota desiderata mediante travi di bordo (cordoli, distribuiscono i carichi uniformemente) in cemento armato per solai in laterocemento e cemento armato oppure in appositi appoggi ricavati nella parete per le travature di solai in acciaio o legno. 3.2.1.2 in calcestruzzo armato gettato in opera Sfruttano le proprietà dell’accostamento tra calcestruzzo e armatura metallica per la costruzione di setti portanti che costituiscono gli elementi continui di appoggio e sostegno dell’organismo edilizio. Vantaggio: contrarre tempi di esecuzione (ai quali va aggiunto tempo di maturazione del getto); svantaggio: scarsa coibenza termoacustica del c.a. 25 Generalmente impiegato nei vani scala e ascensori, muri di controventamento, muri perimetrali di ambienti interrati, pareti di compartimentazione antincendio. Il getto in opera avviene entro apposite forme di contenimento (casseri) che possono essere “a perdere” se rimangono (pannelli in fibre di legno o polistirene o in schiume poliuretaniche che rigide conferiscono leggerezza e coibenza termo-acustica, oltre ad essere facilmente trasportabili) oppure “reimpiegabili” (processi tecnologici di tipo industrializzato). 3.2.1.3 a pannelli prefabbricati Messa in opera di elementi realizzati industrialmente e assemblati in cantiere (tempi ridotti in loco). Le strutture realizzate con pannelli prefabbricati sono costituite da elementi piani bidimensionali o tridimensionali, assemblati a secco con piastre metalliche o con getti di completamento. Nel caso di sistemi prefabbricati bidimensionali, i pannelli possono essere monostrato (solo parte strutturale) o multistrato (interposizione di materiale isolante termoacustico fra i due strati esterni che fungono da supporto meccanico e rivestimento); I pannelli non vengono intonacati; la realizzazione avviene mediante posa in opera degli elementi verticali successivamente resi solidali ai solai tramite armature metalliche e getti di completamento. Nel caso di sistemi prefabbricati tridimensionali, almeno due pannelli sono realizzati in calcestruzzo, solidali tra loro e disposti su piani ortogonali; si configurano come sistemi aperti (a L o T), semiaperti (a C), chiusi (quattro o più piani collegati tra loro). 3.2.1.4 in legno Utilizzato un particolare prodotto, l’X-lam, costituito da pannelli di legno massiccio incollati tra loro in maniera simile al legno lamellare, a strati incrociati per aumentare la resistenza meccanica. L’X-lam permette di costruire strutture in altezza come le soluzioni in muratura. I solai funzionano come una piastra, scaricando i pesi in entrambe le direzioni; i muri portanti hanno una disposizione planimetrica a scatola, in modo da sorreggere i solai in entrambe le direzioni. Questo permette di avere ridotte dimensioni. Data l’elevata prefabbricazione si hanno tempi di realizzazione ridotti; buona capacità di isolamento termoacustico; non sono previste architravi grazie alla elevata rigidità e resistenza dei panelli. 3.2.2 Strutture a telaio Strutture puntiformi formate da supporti verticali isolati (pilastri) ed elementi orizzontali lineari (travi) e bidimensionali (solai), connessi in modo da formare un insieme omogeneo indeformabile. I carichi verticali vengono raccolti dai solai e trasferiti alle travi. I pilastri sono elementi verticali che assolvono la funzione statica di sostenere i carichi verticali e di trasmetterli al sistema di fondazione. Tutti i materiali devono essere in grado di resistere a sollecitazioni di compressione, flessione e taglio. Le strutture portanti in elevazione possono essere suddivise, a seconda del materiale, in telai in c.a., acciaio o legno. Particolare importanza all’esecuzione dei giunti strutturali dei diversi componenti, punti maggiormente sollecitati dell’intero reticolo portante. L’intero sistema può essere irrigidito mediante strutture di controvento o nuclei irrigidenti che garantiscono la stabilità statica. La struttura a telaio risulta molto meno ingombrante; il problema che si pone è la costruzione di un sistema di chiusura verso l’esterno che garantisca le medesime prestazioni termoacustiche mantenendo leggerezza. La struttura puntiforme consente la realizzazione di elementi di chiusura completamente vetrati, tuttavia induce problemi di scarso isolamento termoacustico dovuto alla scarsa massa e ponti termici. 3.2.2.1 in calcestruzzo armato Vantaggio: le caratteristiche fisiche e meccaniche del conglomerato cementizio consentono la realizzazione di componenti su misura e la protezione dal fuoco e dall’ossidazione dei ferri d’armatura, a costi di costruzione relativamente bassi. Svantaggio: scarsa coibenza termoacustica, difficoltà di adattamento, demolizione e smaltimento e notevole peso proprio. Realizzazione - in opera: getto entro casseri in legno a perdere o pannelli componibili metallici reimpiegabili; prima realizzazione di pilastri di un piano fino all’intradosso delle travi, poi tavolato continuo orizzontale su cui vengono poste le armature delle travi, i travetti, i solai e le pignatte, successivamente getto di calcestruzzo. 26 Per garantire continuità strutturale dei pilastri occorre prolungare i ferri longitudinali. La rimozione dei casseri avviene solo dopo la sufficiente maturazione del getto. - componenti prefabbricati: assemblati mediante getto di modesta entità o in opera di completamento. Raramente utilizzati nel settore residenziale ma molto utilizzate per capannoni industriali ed edifici commerciali di grandi dimensioni. Pilastri Sezione quadrata o rettangolare, con armatura longitudinale costituita da tondini verticali in acciaio che corrono lungo l’intera altezza del pilastro e sono posti lungo il perimetro della pianta in corrispondenza degli spigoli e delle fibre tese. I ferri longitudinali sono collegati trasversalmente da staffe orizzontali preposte al contenimento del calcestruzzo e alla riduzione della dilatazione trasversale del pilastro. Le staffe possono essere isolate a interasse costante o semplici (sezione rettangolare o quadrata o a T) o con avvolgimento a spirale (sezione circolare o poligonale). I pilastri prefabbricati hanno dimensioni e caratteristiche variabili, muniti di mensole di sostegno per l’appoggio delle travi, appoggiati su fondazioni a plinto o gettate in opera. Travi Possono essere variamente sagomate e armate con ferri longitudinali per assorbire i momenti flettenti agli appoggi e in mezzeria con staffe e ferri piegati disposti trasversalmente per far fronte alle azioni di taglio. L’altezza della trave dipende dalla luce, possono essere ribassate (quando l’h è maggiore del solaio e la trave sporge inferiormente), oppure in spessore (quando l’h è pari al solaio. Casseratura più semplice, stesso tavolato per il getto. Non pone vincoli nelle partizioni interne. Non adatto alle zone sismiche. Maggiore impiego di materiale). Generalmente le travi dovrebbero avere un’altezza superiore del solaio. - in opera: predisposizione di armatura analoga a quella dei pilastri. Successivamente alla realizzazione dell’armatura della trave viene realizzata la casseratura per il getto in opera del calcestruzzo. - prefabbricate: messe in opera a secco o con getto di completamento. Solai - solette a sezione piena monolitici: c.a. di spessore costante o munite di nervature, a seconda dei carichi e della luce; nel primo caso coprono luci di 2-3 m, nel secondo caso luci maggiori. Le nervature costituiscono dei piccoli travetti di irrigidimento e sostegno della piastra, spessore e quantità ridotti - solai misti con elementi di alleggerimento in laterizio o in materiale isolante: più diffusi. Prima del getto si posizionano gli elementi di alleggerimento, che hanno lo scopo di casseri a perdere, tra le armature dei travetti. Gli elementi di alleggerimento sono in genere in laterizio forato (pignatte), migliorano la coibenza termoacustica del solaio e vengono alternati con piccole nervature armate in calcestruzzo. Uso residenziale. I solai possono essere gettati in opera o parzialmente prefabbricati. Nel caso di solai esterni in corrispondenza di balconi aggettanti, sono possibili due soluzioni costruttive: - solai a sbalzo: solaio interno prolungato, sfrutta la continuità strutturale dei travetti di armatura. Occorre che il solaio interno sia ordito nella direzione dello sbalzo e che dunque la trave perimetrale sia portante. Aggetto massimo di 1,5-2 m - solai appoggiati a mensole: prolungate le travi che funzionano da mensola e sostengono il solaio. Occorre che le travi portanti siano in direzione dello sbalzo, e che il solaio sia interno che esterno siano orditi parallelamente alla facciata. Possibili aggetti maggiori. Nel caso di solai prefabbricati possono essere realizzate nervature in calcestruzzo (tegoli) posate a secco oppure solai di tipo misto con getto di completamento in opera; nel secondo caso distinguiamo: - solai a pannelli prefabbricati in laterocemento: blocchi forati in laterizio disposti in file accostate, tra le quali vengono gettate in stabilimento una o due nervature di c.a. dandogli la resistenza necessaria per diventare portanti nella fase di montaggio. Non richiedono sostegni provvisori. Posizionamento in opera, disposizione di un’armatura metallica nelle nervature, getto di completamento che riempie le nervature. - solai a pannelli prefabbricati tipo predalles: lastra sottile di c.a. con armatura in tralicci metallici ed elementi di alleggerimento (da stabilimento). Gli elementi di alleggerimento possono essere in laterizio o polistirolo e materiale isolante. In cantiere la lastra predalle funge da cassero di contenimento ed ha una superficie di intradosso piana e regolare, per questo diffusamente utilizzata tra spazi interrati e primo piano fuori terra. 3.2.2.2 in acciaio 27 Oggi: innovazioni riguardano materiali e forma; la copertura di grandi luci può dunque avvenire tramite strutture reticolari (combinazione triangolare di elementi retti, forze scomposte in più direzioni, elementi più leggeri) o resistenti “per forma” (trasmissione delle sollecitazioni attraverso forze normali semplici: arco per compressione, cavo sospeso per trazione. Forma strutturale coincide con l’andamento delle sollecitazioni, espressione materica del percorso delle forze). 3.3.1 Capriate Copertura di piccole e grandi luci, sostenuta direttamente dalle strutture in elevazione verticali o da travi perimetrali e preposta al sostegno del manto di copertura. Sulle strutture verticali vengono trasmessi solo i carichi verticali. Gli elementi che costituiscono la capriata sono: - puntoni: travi inclinate incastrate al vertice, destinate al sostegno dell’orditura secondaria. Sollecitati principalmente a compressione. - monaco: elemento verticale soggetto a sforzi di trazione, inserito tra il vertice dei puntoni e il corrente orizzontale inferiore, dal quale rimane distanziato mediante una staffa. Assicura il collegamento a cerniera tra puntoni e si collega alla catena tramite cravatta metallica priva di fissaggi. - catena: corrente inferiore orizzontale che connette le basi dei due puntoni. Sollecitata a trazione e contrasta l’apertura dei puntoni. - contraffissi (o saette): elementi inclinati soggetti a sforzi di compressione che collegano la mezzeria dei puntoni con l’estremità inferiore del monaco. Contrastano la flessione. - arcarecci: elementi che formano un’orditura secondaria, disposti trasversalmente alla capriata e sostenuti dai puntoni. - dormiente: trave che appoggia direttamente sulla muratura perimetrale, sulla quale si appoggiano le capriate in caso di muratura portante. Le capriate in legno vengono utilizzate per luci modeste (5-7 m); economicità, rapida esecuzione, semplice lavorazione e montaggio, scarsa durabilità nel tempo. Si distinguono capriata semplice (due puntoni, catena e monaco, 7 m), capriata palladiana (aggiunta di saette fra monaco e puntoni, 7-12 m), capriata composta (due puntoni, due sottopuntoni, una catena, una sottocatena, tre monaci). Per luci superiori si preferisce usare sistemi misti, sostituendo gli elementi tesi con cavi metallici più sottili (più resistenza, meno peso). 3.3.2 Strutture reticolari piane Travi reticolari costituite da elementi lineari (aste) complanari vincolate tra loro. Le aste orizzontali superiori (sollecitate a compressione) e inferiori (sollecitate a trazione) sono dette briglie o correnti; le aste verticali sono detti montanti; le aste inclinate sono dette diagonali (sollecitate a trazione e compressione). I punti di giunzione sono definiti nodi. La struttura reticolare è all’origine della capriata semplice, le prime applicazioni sono i ponti. Il disegno che creano le aste è un insieme di triangoli con lo scopo di ricondurre le sollecitazioni di flessione a sollecitazioni di compressione e trazione lungo le aste. 3.3.3 Strutture reticolari spaziali: griglie e frames Strutture in elevazione spaziali costituite da elementi lineari (aste) di sezione ridotta che si sviluppano nelle tre direzioni dello spazio, in modo da evitare instabilità laterale. Le aste lineari sono connesse mediante appositi nodi che permettono di costituire reticoli tridimensionali. La struttura risulta quindi composta da piramidi. Adatto a edifici di pianta quadrata grazie a maggiori rigidezza e leggerezza. I materiali adottati sono metalli, legno, cartone e bambù. In funzione delle caratteristiche dell’elemento di giunzione possono essere ottenute strutture con caratteristiche morfologiche e strutturali diverse. 3.3.4 Strutture spaziali a superficie curva 3.3.4.1 Volte e cupole Nella volta i carichi vengono scaricati tramite azioni di mutuo contrasto tra i singoli elementi. Gli appoggi ricevono spinte non solo di tipo verticale, ma anche di tipo orizzontale, assorbite da muri di adeguato 30 spessore oppure, più tipicamente, da una catena inferiore, in corrispondenza del piano d’imposta. Le volte vengono distinte in semplici (a botte, a vela) oppure complesse (a padiglione, a crociera) La cupola è costituita da una serie di archi identici, impostati attorno a una base circolare, che convergono nella chiave di volta. Per realizzare volte e cupole è necessario predisporre una struttura provvisoria in legno di sostegno dei conci, definita centina. La posa dei mattoni avviene all’estradosso della centina che viene disarmata solo dopo la posa. 3.3.4.2 Gusci in calcestruzzo armato Superfici di particolare conformazione spaziale tridimensionale curva. La loro morfologia deriva dalle tipologie di coperture dell’edilizia storica con la differenza del materiale, il cemento armato, che permette una sensibile riduzione delle sezioni da realizzare. La resistenza a trazione e a flessione forniscono la possibilità di realizzare grandi coperture con l’impiego di piccole quantità di materiale. Si possono realizzare superfici a curvatura semplice (per rotazione) o a doppia curvatura (per traslazione). Le volte sottili possono essere rinforzate mediante l’aggiunta di nervature principali. Per la realizzazione di grandi interventi è possibile ricorrere alla scomposizione della copertura in parti minori: settori della struttura di semplice realizzazione mediante processi di industrializzazione, prefabbricati, posti in opera e resi un elemento monolitico attraverso un getto di completamento in calcestruzzo. 3.3.5 Tensostrutture Sottoposte soltanto a sollecitazioni di trazione. Spesso utilizzate per coperture di edifici o costruzioni temporanee. Generalmente composte da cavi e tiranti che sorreggono coperture in tela o lamiera. 3.3.5.1 a cavi La struttura portante è costituita da funi di acciaio. Le funi possono essere stabilizzate con pre-tensione (la configurazione rimane stabile) o possono essere non pre-tese (forma variabile in relazione ai carichi agenti). Impiegate per la copertura di grandi luci grazie alla resistenza dell’acciaio sollecitato a trazione. Rischi di instabilità dovuti alla leggerezza. Le funi sono costituite da più trefoli (più fili di acciaio avvolti a un filo centrale) avvolti attorno a un nucleo centrale. Il collegamento tra le singole funi avviene mediante morsetti e giunzioni longitudinali; le funi sono collegate agli elementi di ancoraggio. La copertura è generalmente in lamiera grecata o in materiale trasparente o in lamine di legno. 3.3.5.1 a membrana Struttura portante e materiale di copertura diventano un’unica identità. Coprono luci limitate. Realizzate con membrane sintetiche continue e impermeabili, con bordi rinforzati nei punti di ancoraggio. La giunzione tra le varie parti di membrana avviene per saldatura e cucitura. I materiali sono tutti ininfiammabili. CAPITOLO 4. LE CHIUSURE pp. 191 - 314 PROTEZIONE RISPARMIO ENERGETICO BENESSERE La chiusura di un edificio è l’insieme delle unità tecnologiche e degli elementi tecnici che hanno funzione di separare e proteggere gli spazi interni rispetto all’esterno. Alle chiusure è demandato il soddisfacimento di due principali classi esigenziali, il benessere e la sicurezza, a cui si affiancano altre importanti classi di esigenze, ossia la salvaguardia ambientale, l’aspetto e la gestione. A partire da queste esigenze si declinano i più importanti requisiti che un sistema di chiusura deve soddisfare: controllo del flusso luminoso, dell’inerzia termica, della condensa interstiziale e superficiale, delle dispersioni di calore, isolamento acustico, isolamento termico, manutenibilità, pulibilità, resistenza al fuoco, resistenza alle intrusioni, resistenza all’irraggiamento, resistenza meccanica, ventilazione. La chiusura può dunque essere considerata al tempo stesso delimitazione fisica e filtro. ISOLAMENTO TERMICO Per isolamento termico si intende la capacità di una parete di ridurre il flusso di calore che la attraversa per conduzione quando le condizioni di temperatura dei due ambienti che essa separa sono differenti. 31 Il parametro che definisce l’isolamento termico è la resistenza termica R, misurata in m2K/W; il suo inverso è la trasmittanza termica U. Tali valori dipendono dalle caratteristiche di conducibilità termica (W/mK) dei materiali impiegati e dallo spessore impiegato. Tendenzialmente, più il materiale è leggero, più è isolante termicamente. L’isolamento termico deve essere uniformemente distribuito lungo tutto lo sviluppo perimetrale delle chiusure. Interruzioni di tale continuità determinano dei ponti termici, particolarmente problematici sia per la dispersione di calore sia per la formazione di condensa superficiale e ammaloramenti. I punti particolarmente critici in cui possono formarsi ponti termici sono in corrispondenza dell’incontro tra struttura portante e chiusure e tra chiusure opache e serramenti. ISOLAMENTO ACUSTICO Le chiusure devono garantire la protezione degli spazi interni dai rumori esterni. L’arresto della propagazione delle onde sonore può essere ottenuto attraverso la massa della parete o per interposizione di uno strato di interruzione (isolante o intercapedine). INERZIA TERMICA La ricerca di porosità che caratterizza l’evoluzione dei materiali e dei prodotti al fine di migliorare le prestazioni di isolamento termico, va a detrimento dell’inerzia termica dell’involucro, poiché rende leggeri i materiali e riduce la massa termica. Per garantire l’inerzia termica occorre utilizzare materiali dotati di elevata capacità termica e di elevata densità (solo il legno è caratterizzato da elevata capacità termica e densità non troppo elevata). La capacità termica è la capacità da parte dei materiali da costruzione di immagazzinare calore. In generale la capacità termica è proporzionale alla massa, quindi maggiore è la quantità di materiale impiegato, maggiore è la capacità della chiusura di conservare calore. I materiali dotati di elevata capacità termica sono l’acqua, il terreno, il laterizio, la pietra e il calcestruzzo. Gli isolanti termici invece hanno una bassa capacità termica. Risultato comfort e risparmio energetico. CONTROLLO DELLA CONDENSA INTERSTIZIALE Nell’aria è sempre presente vapore acqueo. Più l’aria è calda, più vapore contiene. Per definire il contenuto di vapore presente nell’aria si parla di umidità relativa, che percentualmente esprime il rapporto tra quantità di vapore realmente contenuto e quantità massima di vapore che l’aria potrebbe contenere a una certa temperatura. Se l’aria contenente vapore acqueo lambisce una superficie fredda, l’aria raggiunge il punto di rugiada e il vapore acqueo condensa trasformandosi in acqua. La formazione di condensa superficiale in genere avviene sulle superfici dei vetri in inverno, in corrispondenza dei ponti termici o negli strati interni delle chiusure. Per evitare fenomeni di condensazione interstiziale, è necessario inserire uno strato con funzione di barriera al vapore in corrispondenza della faccia dello strato isolante rivolta verso l’ambiente più interno. 4.1 CHIUSURE VERTICALI OPACHE Per chiusura verticale si intende l’unità tecnologica che separa verticalmente l’interno dell’edificio dall’esterno. Le chiusure verticali opache possono essere distinte in: - pareti perimetrali verticali a massa - pareti perimetrali verticali leggere Le chiusure verticali devono soddisfare i requisiti di - isolamento termico - inerzia termica - isolamento acustico - controllo della condensa interstiziale - controllo della condensa superficiale - resistenza meccanica ai carichi verticali e alle sollecitazioni orizzontali - resistenza al fuoco Il soddisfacimento dei requisiti implica una scomposizione della parete in strati funzionali distinti, organizzati in modo tale da formare pareti omogenee, nel caso si compongano di elemento continui, o pareti multistrato se composte da più elementi distinti. A ciascun elemento è attribuibile una o più funzioni che ne permettono la distinzione in: 32 strato isolante interno. Il montaggio delle diverse parti avviene completamente a secco, tramite avvitaggio. Si procede realizzando una intelaiatura di elementi verticali, definiti montanti, che coprono l’altezza di piano e che vengono fissati da solaio a solaio. Una volta realizzata l’intelaiatura, che può prevedere anche il posizionamento di elementi orizzontali, definiti traversi, nel caso di aperture o in relazione alla dimensione dei pannelli di rivestimento, si procede a mettere in opera i diversi strati, tipicamente costituiti da materiale isolante in intercapedine e lastre di rivestimento, interno ed esterno. Essendo costituite prevalentemente di materiale isolante, si tratta di soluzioni dotate di elevate capacità di isolamento termico ma prive di inerzia termica. 4.1.2.1 Chiusure leggere con montanti in acciaio Le chiusure leggere con montanti in acciaio sono in genere pareti non portanti. La chiusura consiste in una intelaiatura metallica con profilati a C piegati a freddo in acciaio dello spessore di 8/10 di mm, a cui vengono fissati i pannelli prefabbricati che costituiscono i diversi strati funzionali. Il telaio metallico può correre a filo esterno rispetto alla struttura portante, ancorato alla testa dei solai, oppure essere appoggiato sopra al solaio e interrompersi all’incontro con la struttura portante. In questo caso vengono fissate delle guide orizzontali a U a pavimento lungo il perimetro esterno, per l’inserimento e il fissaggio dei montanti verticali. La stratigrafia essenziale si compone di uno strato di isolamento termico e acustico, collocato in corrispondenza dell’intelaiatura, che viene rivestito con un rivestimento esterno e uno interno. Al telaio di montanti e traversi in acciaio zincato o alluminio vengono applicati i pannelli mediante fissaggio meccanico (viti). Lo strato di finitura esterno in generale è costituito da sistemi di rivestimento a pannelli prefabbricati. Lo strato di finitura interno in genere è costituito da pannelli di gesso rivestito (cartongesso). 4.1.2.2 Chiusure leggere con montanti in legno Le chiusure leggere con montanti in legno sono in genere pareti non portanti. I montanti sono in genere elementi semplici, ossia segati in legno massello, con larghezza 5 cm e profondità variabile in relazione allo spessore della parete. I montanti vengono fissati da solaio a solaio e possono correre continui a filo esterno della facciata oppure essere fissati lungo il perimetro da intradosso di solaio. In genere ai montanti verticali vengono fissati pannelli di OSB che contribuiscono a rendere resistente la parete dal punto di vista meccanico (irrigidimento) e a sorreggere meglio gli isolanti in intercapedine, oltre a costituire elementi di tenuta all’aria e di protezione all’acqua. In genere il rivestimento esterno è in legno e viene sorretto da una propria sottostruttura in travetti di legno. 4.1.2.3 Chiusure leggere con pannelli sandwich Le chiusure leggere possono essere realizzate con pannelli prefabbricati in cui i diversi strati arrivino in cantiere già assemblati tra di loro. I pannelli sandwich sono costituiti da due pannelli di rivestimento, all’interno dei quali viene collocato uno strato isolante. La limitata resistenza meccanica rende i pannelli esclusivamente non portanti. Possono essere fissati direttamente alla struttura portante oppure a montanti intermedi. Tipicamente i pannelli corrono con continuità a filo esterno rispetto alla struttura portante per cui vengono definite facciate a cortina. Sia in orizzontale sia in verticale, i pannelli vengono normalmente fissati tra di loro tramite giunti a incastro e avvitati ai montanti di sostegno. Prevalentemente i pannelli sandwich sono formati da due lamiere grecate metalliche, le cui nervature servono da irrigidimento per il pannello, all’interno delle quali viene iniettato un materiale termocoibente. 4.1.3 Rivestimenti Il rivestimento esterno delle chiusure opache costituisce l’elemento che maggiormente concorre a definire le caratteristiche estetiche dell’edificio. Il suo ruolo principale però è quello di protezione dagli agenti atmosferici, in particolare dalla pioggia. In alcuni casi è la superficie esterna del tamponamento stesso a costituire il rivestimento: è il caso di murature, setti e pannelli in calcestruzzo faccia vista, o di facciate a pannelli leggeri. Generalmente però il rivestimento esterno è distinto dalla struttura retrostante e sovrapposto a essa con successive lavorazioni o montaggi, si parlerà quindi di finitura o rivestimento. Più propriamente si intende per finitura l’applicazione, sulle pareti verticali esterne, di uno strato di intonaco, la cui superficie esterna può essere successivamente trattata con pitture o vernici. Per rivestimento si intende invece l’applicazione, sulle pareti verticali esterne, di un qualsiasi materiale di spessore ridotto. I materiali di rivestimento possono essere materiali tradizionali (direttamente applicati allo strato di muratura tramite 35 incollaggio allo strato resistente o appesi a una sottostruttura metallica) e materiali non tradizionali (appesi tramite sottostruttura metallica). 4.1.3.1 Intonaco L’intonaco costituisce uno dei sistemi più economici di finitura, è costituito da un insieme di strati di malta e viene applicato a superfici interne ed esterne. Svolge il compito di supporto per ulteriori strati di finitura. Le malte devono essere impermeabili all’acqua quindi vengono utilizzate malte che utilizzano il cemento e/o calce idraulica come principali leganti e la sabbia silicea come inerte, in quanto meno soggette a fenomeni di ritiro e fessurazioni. Una caratteristica propria del rivestimento a intonaco è l’essere una superficie di “sacrificio” da rinnovare periodicamente. La prassi esecutiva prevede la realizzazione dell’intonaco a più strati per tre diverse motivazioni: - diverse funzioni garantite dagli strati - contenimento del ritiro idraulico - permette di variare la granulometria della sabbia e le caratteristiche del legante, così da ottenere una porosità decrescente dall’esterno verso l’interno e favorire il necessario scambio di vapore fra superficie interna ed esterna Nell’intonaco tradizionale a tre strati: 1.rinzaffo: funge da strato di aggrappo al supporto e di sommario livellamento 2.arriccio: costituisce il corpo dell’intonaco con prevalente funzione di tenuta all’acqua e di resistenza meccanica 3.finitura: realizza la finitura superficiale e contribuisce a creare una prima barriera, permeabile al vapore, che si oppone alla penetrazione dell’acqua e delle sostanze aggressive. A seconda dei componenti delle malte e della lavorazione della superficie finale si avranno le diverse tipologie di intonaco: intonaco civile, a gesso, a stucco, a marmiglia, martellinato ecc. Quando l’intonaco non può aderire direttamente al supporto, tra gli strati si inseriscono reti di armatura, in genere in fibra di vetro, o si utilizzano speciali collanti sintetici. Tale soluzione può riguardare intere superfici, oppure zone singolari di tamponature. 4.1.3.2 Rivestimenti incollati o graffiati Tradizionalmente i rivestimenti erano costituiti da uno strato sottile di materiale pregiato che veniva applicato sulle murature tramite incollaggio. I possibili materiali di rivestimento sono: - pietre naturali e marmi - pietre artificiali - materiali ceramici Essi possono essere applicabili su ogni parete, in opera o in stabilimento su elementi prefabbricati. Il fissaggio alla parete dei rivestimenti può avvenire con strati continui (collanti) o, nel caso di rivestimento pesante, mediante zanche o staffe metalliche; l’intercapedine di pochi centimetri tra lastra e supporto è poi successivamente riempita con malta di allettamento o boiacca semifluida. 4.1.3.3 Rivestimenti con sottostruttura metallica e fissaggio meccanico I rivestimenti possono essere costituiti da pannelli di varie dimensioni e di spessore sottile fissati meccanicamente a una sottostruttura, costituita da montanti fissati con tasselli (fischer) allo strato di supporto della chiusura. La sottostruttura permette di distanziare il rivestimento dal supporto e di realizzare così un’intercapedine d’aria che possa ospitare anche il materiale isolante. I montanti, in genere metallici oppure in legno, vengono fissati alla muratura, nel caso di chiusure a massa, oppure ai montanti dell’intelaiatura di sostegno, nel caso delle chiusure leggere. Il rivestimento esterno viene fissato in corrispondenza dei quattro vertici ai montanti metallici tramite sistemi di fissaggio meccanico puntuale che rendano reversibili le operazioni di montaggio. Il fissaggio dei pannelli può avvenire con elementi visibili o non visibili. I giunti tra i pannelli di rivestimento possono essere aperti o sigillati con elementi a tenuta elastica per consentire le dilatazioni del rivestimento. I sistemi di posa a giunto aperto, se da un lato migliorano l’aerazione dell’intercapedine, dall’altro presentano degli inconvenienti permettendo l’infiltrazione di polvere e di acqua. In intercapedine si possono innescare meccanismi convettivi in grado di realizzare il funzionamento di una parete ventilata. In questo caso il rivestimento non deve essere massivo e deve scaldarsi quando irraggiato. I materiali che possono essere utilizzati per rivestimenti “appesi” sono: - elementi lapidei naturali o artificiali in lastre dello spessore di 0,5-2 cm 36 - elementi ceramici, in forma di lastre di grandi dimensioni, o in cotto, sia in forma di piastrella sia di tavella estrusa - calcestruzzi fibrorinforzati, come fibro cemento e GRC - laminati plastici - lamiere metalliche, in acciaio zincato o preverniciato o inox, in alluminio anodizzato o preverniciato, in rame 4.2 CHIUSURE TRASPARENTI L’esigenza di far entrare all’interno la radiazione solare per il comfort termico e la luce naturale per il comfort visivo richiede che le chiusure esterne possano essere, almeno in parte, caratterizzate dall’attributo della trasparenza. Inoltre, per garantire l’ingresso negli spazi interni e per permettere il ricambio d’aria devono essere presenti nelle chiusure delle parti apribili. I serramenti esterni sono gli elementi che hanno il ruolo di garantire le stesse prestazioni delle chiusure opache quando sono chiusi, ma di permettere al contempo l’ingresso ella luce naturale e della radiazione solare negli ambienti interni e la visibilità tra interno ed esterno. Inoltre, essendo generalmente apribili, i serramenti esterni svolgono il ruolo di garantire sia il passaggio delle persone sia la ventilazione naturale. I serramenti esterni si distinguono in: - finestre, che permettono la ventilazione e l’illuminazione naturale, l’ingresso della radiazione solare e la visibilità tra interno ed esterno. - le porte-finestre, che oltre alle funzioni delle finestre, consentono anche il passaggio di persone - le porte, che possono essere elementi opachi e la cui funzione principale è quella di consentire il passaggio di persone - le luci fisse, che hanno funzioni analoghe alle finestre, a esclusione della ventilazione Tali elementi costituiscono una interruzione nella continuità delle chiusure opache e caratterizzano l’immagine architettonica dell’edificio, che si compone di rapporti tra pieni e vuoti. Le superfici vetrate devono consentire condizioni di illuminazione interna e di areazione compatibili e idonee con le attività che si svolgono all’interno dei locali. La scelta delle dimensioni di un serramento deve essere fatta tenendo conti di vari fattori quali la destinazione dei locali, le esigenze di illuminazione naturale, le condizioni climatiche del sito dell’edificio, l’esposizione della facciata, e ancora la presenza di ostruzioni, la profondità del vano da illuminare, la posizione più o meno baricentrica rispetto all’ambiente. I serramenti costituiscono la parte più vulnerabile sotto il profilo termico e acustico dell’involucro esterno. 4.2.1 Le parti di un serramento 4.2.1.1 Vetrocamera Il materiale che, per eccellenza, consente la realizzazione di superfici trasparenti è il vetro. Possono essere utilizzati anche altri materiali plastici, come policarbonato, ma per usi particolari e con minori prestazioni di trasparenza. Il vetro viene utilizzato in lastre sottili (4-8mm) per garantire la massima trasparenza e per ridurre il peso dei serramenti e favorire la movimentazione. Per cercare di migliorare le prestazioni termiche delle superfici trasparenti viene utilizzato il vetrocamera, ossia la composizione di due lastre di vetrocamera, ossia la composizione di due lastre di vetro unite al perimetro da distanziatori e intervallate da un’intercapedine d’aria ferma, che contribuisce a migliorare l’isolamento termico e a ridurre l’effetto di superficie fredda, poiché una lastra rimane a contatto con l’ambiente interno e l’altra lastra con l’ambiente esterno, assumendone le rispettive temperature. La trasmittanza termica del vetrocamera si riduce al crescere dell’intercapedine fino ai 25mm. Per migliorare ulteriormente il potere termoisolante del vetrocamera possono essere utilizzati vetri di nuova generazione, come i vetri a basso-emissioni: sulla superficie della lastra del vetrocamera rivolta verso lo spazio d’aria interno vengono depositati degli ossidi metallici che contribuiscono a ridurre le dispersioni termiche. Ulteriori miglioramenti si hanno se vengono posti nell’intercapedine gas nobili. Per migliorare le prestazioni acustiche in genere si agisce sulla massa delle lastre vetrate, aumentandone lo spessore. Per migliorare le prestazioni termo-acustiche possono essere adottati, in contesti particolarmente freddi o particolarmente rumorosi, vetri camera tripli, costituiti da tre lastre di vetro, intervallate da due intercapedini d’aria. D’estate il vetro può creare surriscaldamento. 37 lievemente inclinato verso l’esterno e sporgere rispetto alla chiusura verticale opaca. Quando il serramento è una porta o una porta finestra, l’elemento posto a contatto con la parte inferiore del serramento viene definito soglia. Può essere una soglia a battuta, quando crea un dislivello tra le quote dei due pavimenti, oppure una soglia a raso quando i pavimenti sono allo stesso livello. 4.2.3.3 Modalità di attacco e fissaggio Nelle chiusure a massa costruite in opera vi è sempre una differenza dimensionale tra il vano finestra e il serramento, che va colmata tramite elementi di raccordo tra serramento e muratura. L’elemento di raccordo tra serramento e muratura, che svolge anche il ruolo di “livellamento” rispetto alla scabrosità della muratura a rustico, è il controtelaio. Il controtelaio è costituito da profili di legno o metallici predisposti per il montaggio del telaio fisso del serramento. Di norma è costituito da due ritti e un traverso opportunamente controventati con elementi provvisionali, in modo da impedire il loro svergolamento in fase di posa in opera. Nel caso di parete in muratura, il controtelaio viene fissato alla parete tramite zanche, elementi metallici con estremità ripiegata che vengono inglobati in uno strato di malta per fissarli alla muratura. Nel caso di parete leggera, il serramento viene in genere fissato direttamente ai montanti. Il controtelaio viene nascosto dallo strato di rivestimento della parete opaca o da coprifili. 4.2.4 Declinazioni materiche 4.2.4.1 Serramenti in legno Nella fabbricazione di serramenti esterni vengono selezionate le essenze lignee dotate di maggiore resistenza meccanica, indeformabilità e resistenza agli agenti naturali. In generale i legni resinosi rispondono a questi requisiti. Le superfici lignee vengono sottoposte a trattamenti protettivi: deresinazione, trattamento antiparassitario, impermeabilizzazione, apprettatura, strato di collegamento, verniciatura o pitturazione o laccatura. In genere i telai non sono elementi in legno unici (legno massiccio), ma sono l’unione di più pezzi di legno (legno lamellare), connessi tra di loro tramite chiodatura o con piastre metalliche oppure, più comunemente, per incastro e incollaggio, che garantisce stabilità nel tempo. 4.2.4.2 Serramenti in alluminio La formatura per estrusione da la possibilità di predisporre tutte le sedi e le sagomature occorrenti per l’applicazione di guarnizioni, vetri, fermavetri, battute, camere d’aria, sigillanti ecc. Normalmente i pezzi vengono accoppiati a scatto, per infilaggio o mediante elementi di collegamenti in materiale plastico. L’alluminio tende ad alterarsi in presenza di ossigeno. Le tecniche più ricorrenti per la finitura superficiale del materiale consistono nella anodizzazione e nella verniciatura. La prima si attua mediante un processo elettrolitico che tende ad aumentare artificialmente lo spessore di ossido protettivo. La verniciatura consiste in tre fasi fondamentali: preparazione della superficie, conversione chimica del metallo, applicazione della vernice. 4.2.4.3 Serramenti in acciaio I serramenti in acciaio vengono realizzati con profili ottenuti dalla piegatura a freddo di lamiere in acciaio zincato. Oltre all’acciaio zincato, sottoposto a verniciatura, i profili possono essere realizzati anche in acciaio inox, acciaio corten o in lega di rame e zinco preossidata, lasciando a vista il materiale. La caratteristica peculiare dell’acciaio inossidabile è la facilità di manutenzione in quanto il materiale non è rivestito da alcun ulteriore trattamento superficiale; l’acciaio inox ha la proprietà di non arrugginire se esposto all’atmosfera. La caratteristica peculiare dell’acciaio cor-ten è l’elevata resistenza meccanica, che consente di realizzare serramenti dalle grandi dimensioni e peso con profili di sezioni molto contenute. Gli acciai corten sono leghe alto-resistenziali auto-passivanti che non richiedono interventi di manutenzione e sono particolarmente durevoli e resistenti nel tempo. La larghezza a vista del telaio è di circa 45 mm lungo il perimetro e di 60 mm nel nodo centrale. Lo spessore del telaio è di 55-60 mm nei telai non a taglio termico (per applicazioni non abitative) e di circa 65 mm nei telai a taglio termico. 4.2.4.4 Serramenti in PVC Il PVC è un materiale sintetico composto da acido cloridrico, etilene e ossigeno. Le materie prime alla base del processo produttivo sono petrolio (43%) e salgemma (57%). Il PVC utilizzato per i serramenti è il tipo rigido. Le sostanze che vengono aggiunte sono stabilizzanti per impedirne l’invecchiamento e la degradazione, pigmenti per colorare, plastificanti per conferire maggiore flessibilità ed elasticità e additivi 40 specifici come lubrificanti per facilitarne la lavorazione. Si ottengono per estrusione sia le barre rigide, che successivamente, tagliate a misura e saldate, andranno a costituire i telai dei serramenti, sia le guarnizioni flessibili in esse inserite. Trattandosi di un materiale plastico, ha un buon comportamento termoisolante e un elevato coefficiente di dilatazione ma non è particolarmente resistente dal punto di vista meccanico, per cui nelle cavità del profilo vengono inseriti dei profili di acciaio zincato, come rinforzo strutturale. 4.2.4.5 Serramenti ibridi in legno-alluminio L’accoppiamento legno-alluminio è nato negli anni Settanta con l’adozione di profili di battuta in alluminio su telai in legno, per garantire maggiore durata nel tempo delle prestazioni di tenuta all’acqua e all’aria. Attualmente i telai misti sono costituiti da una sezione portante in alluminio verso l’esterno. L’obiettivo è quello di abbinare la resistenza agli agenti atmosferici dell’alluminio alla piacevolezza estetica e tattilità gradevole e alla buona coibenza termica del legno verso l’interno. Serramenti misti possono prevedere anche l’accoppiamento di PVC e alluminio o PVC e legno. 4.3 CHIUSURE CONTINUE L’evoluzione della tecnica costruttiva dei serramenti e dei sistemi di fissaggio ha permesso di realizzare sistemi modulari adatti a chiudere esternamente l’intera facciata degli edifici in maniera continua. Questi sistemi sono costituiti da un’intelaiatura metallica di sostegno e da specchiature trasparenti e opache. Le facciate continue sono un particolare tipo di chiusura verticale, adottata prevalentemente a partire dagli anni Sessanta negli edifici con struttura portante puntiforme, costituita da montanti metallici appesi ai solai, sui quali sono montati serramenti apribili, vetrocamera fissi o pannelli opachi. Il sistema di chiusura della facciata continua corre a filo esterno rispetto alla struttura portante. A seconda delle modalità di fissaggio delle lastre vetrate le chiusure continue si distinguono in -facciate continue a montanti traversi -facciate continue a cellule -vetrate strutturali -vetrate strutturali sospese Le facciate continue sono composte da elementi modulari ripetuti, eseguiti in officina e montati in opera tramite assemblaggio a secco, dunque reversibili. I pannelli di tamponamento opachi in genere sono pannelli sandwich, realizzati con un riempimento di materiale isolante e materiali di rivestimento interno ed esterno diversi. 4.3.1 Facciate continue a montanti e traversi Le facciate continue a montanti e traversi sono formate da un reticolo di montanti verticali, fissati alla struttura portante dell’edificio in corrispondenza dei solai, e di traversi orizzontali, che delimitano le specchiature nelle quali possono essere inseriti i serramenti apribili, i vetrocamera fissi o i pannelli di tamponamento opachi. I montanti e traversi sono profili in alluminio o in acciaio di forma tubolare rettangolare a sezione cava. Il montaggio in opera avviene dall’esterno. Si procede prima al fissaggio dei montanti ai solai di interpiano mediante collegamento meccanico a elementi meccanici inseriti nella struttura al momento del getto o saldati successivamente a piastre metalliche predisposte nella struttura. Dal momento che l’assemblaggio è a secco, tramite avvitaggio, il sistema è reversibile. 4.3.2 Facciate continue a cellule La facciata continua con costruzione a cellule è costituita da moduli preassemblati interconnessi, di altezza corrispondente a uno o più piani, completi di pannelli di tamponamento. Le facciate continue a cellule sono dunque composte da elementi modulari prefabbricati in stabilimento e vengono fissati direttamente alla struttura portante dell’edificio. Questa tipologia è particolarmente adatta agli edifici di altezza elevata perché non richiedono particolari operazioni in loco, se non il fissaggio. Nei solai viene predisposto un profilo a L metallico che consente il fissaggio alla struttura portante. 4.3.3 Vetrate strutturali Le facciate continue con silicone strutturale sono simili alle facciate continue a montanti e traversi, ma cambia la modalità di fissaggio del vetrocamera e dei pannelli. In questo sistema viene incollato in stabilimento lungo il perimetro su profili di alluminio o acciaio mediante un sigillante siliconico e poi il 41 profilo viene fissato ai montanti e traversi. In questo modo si elimina l’effetto reticolo in facciata, aumentando invece l’effetto di trasparenza della vetrata. In genere questo tipo di facciata non presenta aperture e la climatizzazione interna è affidata a sistemi meccanici; tuttavia è possibile avere delle lastre che sono intelaiate a una cerniera e che usano come battuta i profili in silicone, creando finestre apribili. Un vantaggio è la riduzione delle vibrazioni. 4.3.4 Vetrate strutturali sospese Le vetrate strutturali sospese sono costituite da particolare lastre di vetro stratificate o unite al perimetro, dotate di fori conici in corrispondenza degli angoli, nei quali si inseriscono speciali dispositivi di fissaggio puntiformi, denominati rotules, che le tengono appese e che hanno il compito di trasferire i carichi a una struttura portante di acciaio e alluminio retrostante, senza la necessità di profilati perimetrali. Le routes presentano uno snodo sferico che di fatto trasforma il punto di connessione tra vetro ed elemento metallico in una vera e propria cerniera. La tenuta all’aria e all’acqua è ottenuta da una sigillatura applicata tra un bordo e l’altro delle lastre. In questo modo si ottiene una notevole trasparenza della chiusura, anche se si riducono le prestazioni di isolamento termico e acustico. 4.4 SCHERMATURE Gli schermi hanno la funzione principale di controllare o impedire l’ingresso della radiazione solare, il passaggio della luce naturale e la visuale tra interno ed esterno (privacy). In particolare le schermature svolgono la funzione di regolare l’ingresso della luce, per evitare fenomeni di abbagliamento o per oscurare completamente gli ambienti interni durante la notte, e della radiazione solare, per evitare il surriscaldamento degli spazi in estate. Affinchè gli schermi siano efficaci devono essere esterni rispetto alla superficie trasparente. Le variabili da tenere in considerazione nella progettazione di tali subsistemi sono essenzialmente: -le caratteristiche tipologico-funzionali dell’edificio -l’ampiezza e l’orientamento delle superfici vetrate -le condizioni bioclimatiche del contesto in cui viene inserito l’edificio Per convenzione si usa verificare le condizioni di soleggiamento della facciata sud a mezzogiorno dei due giorni che rappresentano le due condizioni estreme di altezza solare, ossia i solstizi estivo e invernale: l’obiettivo è quello di verificare che la radiazione solare entri nell’edificio attraverso le vetrate in inverno e sia invece schermata in estate. Alla latitudine di 45° nord, alle ore 12 del 21 giugno il sole ha un’altezza di 66°, mentre alle ore 12 del 21 dicembre il sole ha un’altezza di 22°. Anche la vegetazione può essere utilizzata come elemento schermante, soprattutto se caducifoglie. Il tipo di schermatura varia in relazione all’esposizione della facciata: la facciata sud viene irraggiata nelle ore centrali del giorno, quando il sole è alto rispetto all’orizzonte, per cui sono efficaci schermature orizzontali; le facciate este e ovest sono irraggiate nelle ore in cui il sole è basso per cui sono efficaci le schermature verticali. La facciata nord non viene mai irraggiata. Le schermature possono essere fisse e integrate nelle parti dell’edificio oppure mobili e costituite da un elemento applicato all’edificio. Le schermature mobili possono essere posizionate a filo facciata o esterne; nel secondo caso l’elemento consente di ombreggiare anche il terrazzo garantendo maggiore confort e privacy. 4.4.1 Schermature fisse Alle nostre latitudini, per schermare durante il periodo estivo una finestra collocata nella facciata esposta a sud, ma garantire al contempo in inverno l’ingresso della radiazione solare, la schermatura più efficace è un aggetto orizzontale collocato al di sopra della finestra. L’aggetto può essere applicato con la funzione esclusiva di schermo, oppure far parte integrante dell’edificio. 4.4.2 Schermature mobili Le schermature mobili consentono una maggiore flessibilità di gestione dell’ingresso della radiazione solare e della luce. Per essere efficaci rispetto alla radiazione solare devono essere collocate esternamente rispetto alla vetrata. Possono essere utilizzate in corrispondenza sia delle finestre sia di portefinestre. La movimentazione in genere avviene manualmente, ma può anche essere gestita meccanicamente. 4.4.2.1 Persiane a stecche 42 Nelle coperture discontinue il manto è realizzato materiali che garantiscono la tenuta all'acqua grazie al modo con cui sono collegati. I tetti a falde si adattano facilmente a ogni situazione climatica, assumendo forme, pendenze e sporti rispondenti alle diverse esigenze. Possono essere a una falda, a due falde, a quattro falde o a falda curva. Un particolare tipo di copertura falde e il tetto a mansarda, dove le falde hanno pendenza multipla: Le falde partono dalla linea di gronda con pendenza elevata e poi si piegano verso il colmo con pendenza minore. In questo modo l'ambiente sottostante risulta abitabile. La struttura portante tipica dei tetti a falde e la capriata. Tra i puntoni vengono orditi gli arcarecci o correnti o terzere, al di sopra dei quali viene posizionata una doppia orditura di travetti e listelli su cui vanno ad appoggiarsi le tegole o il manto di copertura finale. In alcuni casi gli strati di isolamento richiedono la presenza di un tavolato continuo, posto sotto i listelli. Nel caso di solai di copertura continui, il solaio è inclinato e al di sopra viene collocata una doppia orditura di listelli che sorregge il manto di copertura e permette di ottenere uno spazio. Che ospita l'eventuale strato di isolamento termico e l'eventuale strato di ventilazione. 4.5.1.1 Elementi costituenti le coperture discontinue Le coperture discontinue sono caratterizzate da una o più superfici inclinate. La pendenza della falda è data dal rapporto Tra la differenza di altezza delle linee di gronda e di colmo e la distanza di tali linee in proiezione ortogonale. La linea di colmo e la linea orizzontale di intersezione delle falde con pendenza divergente. La linea di compluvio e la linea di intersezione tra due falde con pendenza convergente. La linea di displuvio e la linea inclinata di intersezione tra due falde divergenti. Sia la linea di colmo che la linea di displuvio vengono realizzate con pezzi speciali sovrapposti al manto, in modo tale da evitare infiltrazioni. La linea di compluvio viene invece realizzata tramite converse; In genere si tratta di lamiere metalliche collocate al di sotto del manto di tenuta come elemento di raccolta delle acque. La linea di gronda e la linea perimetrale inferiore delle falde virgola in corrispondenza dei canali di raccolta delle acque. Il sistema di raccolta dell'acqua delle falde è costituito da: canali di gronda, converse e pluviali. I canali di gronda sono canali orizzontali per la raccolta delle acque di falda, di sezione semicircolare o trapezoidale, del diametro di 8 10 cm, realizzati in lamiera zincata, rame o PVC. I pluviali sono tubi verticali che permettono la discesa a terra dell'acqua raccolta dai canali di gronda. Quando gli edifici sono di modesta altezza al posto dei pluviali possono essere utilizzati doccioni, elementi terminali dei canali di gronda, costituiti da una sporgenza che fa cadere direttamente al suolo l'acqua raccolta. I manti di copertura possono essere: - tegole in laterizio (buona durata e discreta resistenza meccanica. Si dividono in tegole curve e piane) - tegole di cemento (coprono falde di pendenza variabile 17-35%. Modalità di posa analoghe al laterizio) - lastre di pietra (piccole dimensioni, ardesia materiale impermeabile elevata resistenza alle basse temperature. Forte pendenza 45-60%. Lastre fissate perpendicolarmente alla linea di gronda e su listelli o tavolati di legno) - lamiere grecate di acciaio o alluminio o rame (spessore 8-10mm, leggere, resistenti a gelo e corrosione, impermeabili) - lastre in fibrocemento (sottili, impermeabili e resistenti al gelo. Pendenza da 25% a verticale. Messe in opera su listelli di legno) 4.5.1.2 Tipi di coperture discontinue in relazione a isolamento e ventilazione Le diverse tipologie di coperture discontinue dipendono dalla sequenza di elementi estratti funzionali che le costituiscono: -Copertura discontinua non isolata e non ventilata (depositi o edifici industriali) - Copertura discontinua isolata e non ventilata (risparmio energetico, abitabile nel sottotetto) - Copertura discontinua ventilata non isolata (non adatta a edifici residenziali) - copertura discontinua isolata e ventilata (adatta a luoghi con forti escursioni termiche. Se il sottotetto è ventilato, non è abitabile) Nel caso di copertura ventilata, lo strato di ventilazione può essere uno degli strati di copertura oppure lo spazio sottotetto. 4.5.2 Coperture a elementi continui Nelle coperture continue lo strato di tenuta all'acqua hai realizzato senza alcuna interruzione, utilizzando materiali impermeabilizzanti realizzati in teli saldati insieme durante la posa in opera. Va garantita una pendenza minima per assicurare lo smaltimento delle acque verso gli scarichi. Essendo la struttura portante 45 piana deve essere previsto uno strato di pendenza posto al di sotto dello strato di tenuta all'acqua: un massetto in calcestruzzo al di sopra dello strato portante oppure dell'isolante. Le coperture continue possono essere non praticabili oppure praticabili: nel caso di tetti piani praticabili, la copertura può essere una terrazza fruibile solo per le persone, un tetto carrabile accessibile per il parcheggio di veicoli leggeri e pesanti, oppure un tetto giardino. Essendo la guaina impermeabile sensibile, è opportuno che venga previsto uno strato di protezione nei casi in cui non venga collocata una pavimentazione. Lo strato di ghiaia deve essere uniforme e avere uno spessore variabile tra i 4 e gli 8 cm. 4.5.2.1 Elementi costituenti le coperture continue Gli elementi costituenti le coperture continue sono i pluviali, i rilievi verticali, le soglie, i giunti. I pluviali vengono posti in opera nei punti più bassi della copertura e facendo in modo che lo strato impermeabile che riveste la corona del bocchettone non si trovi a un livello superiore del piano di calpestio della copertura. I rilievi verticali comprendono: bordi del letto, parapetti, più lucernari, camini e volumi tecnici. Nel caso di rilievi verticali, la guaina impermeabile deve risvoltare in verticale di almeno 15 cm per evitare infiltrazioni. L'applicazione della membrana impermeabile può essere realizzata direttamente sulla superficie verticale oppure su una lastra metallica a L. Lo strato di tenuta deve essere protetto da eventuali infiltrazioni dall'alto, tramite una scossalina “a cappello” del rilievo verticale. Le soglie di accesso alla copertura da uno spazio interno devono prevedere la continuità del rivestimento impermeabile al di sopra del livello massimo delle acque che la copertura può dover contenere prima dello smaltimento. I giunti di dilatazione strutturale sono delle discontinuità dello strato di tenuta che consentono variazioni dimensionali dei materiali costituenti. 4.5.2.2 Tipi di coperture continue in relazione a isolamento e ventilazione Le coperture continue vengono classificate in base agli strati funzionali che le costituiscono: - Copertura continua non isolata (costituita semplicemente dall'elemento impermeabile collocato sopra l'elemento portante. Utilizzata per spazi pubblici aperti) - Copertura continua isolata (prevede l'inserimento, tra l'elemento di tenuta dell'acqua e gli strati sottostanti, di uno strato di isolamento termico) - Copertura continua, isolata rovescia (Prevede l'inserimento di uno strato di isolante termico posizionato a rovescio ossia al di sopra del manto impermeabile. La circolazione di acqua al di sotto dello strato isolante provoca d'estate un miglioramento delle condizioni igrotermiche, evitando il surriscaldamento degli ambienti sottostanti ma d'inverno un peggioramento del rendimento termico e un aumento di umidità) - Copertura continua, isolata e ventilata (Lo strato di ventilazione è collocato tra l'isolamento termico e il manto di impermeabilizzazione. L'Intercapedine Areata che si viene così a creare tra i due supporti, deve essere in diretta comunicazione con l'esterno attraverso aperture) 4.5.2.3 Tipi di coperture continue in relazione ad accessibilità e uso Le coperture continue piane possono essere classificate anche in base all' accessibilità. In particolare si individuano: - coperture accessibili solo per manutenzione (sopportano sollecitazioni di carico limitate) - Coperture accessibili ai pedoni (Devono garantire, con la loro geometria, l'accessibilità e presentano quindi una pendenza minore del 5%. I materiali isolanti e di impermeabilizzazione impiegati devono resistere alla compressione indotta dai carichi) - coperture accessibili ai veicoli (L'elemento resistente e dimensionato in base ai carichi e sovraccarichi che deve sopportare. Lo strato di tenuta e l'isolante devono resistere a compressione e a sforzi) - Coperture giardino (Presentano una pendenza minore del 5% e Preferibilmente maggiore dell' 1%. Lo strato resistente è dimensionato in modo tale da sopportare il sovraccarico distribuito della terra di coltura, virgola che presenta uno spessore variabile da un minimo di 30 cm a 1 m. Sopra la membrana impermeabile e alla sua eventuale protezione sono collocati gli strati necessari per lo sviluppo della vegetazione: strato di terriccio, strato filtrante, strato drenante in ghiaietto fine o lastre filtranti sintetiche. 4.5.3 Coperture trasparenti Le coperture trasparenti sono caratterizzate da un elemento di separazione tra interno ed esterno trasparente, che assolve contemporaneamente il ruolo di tenuta all'acqua e isolamento termico e acustico. 46 Il grado di isolamento termico e acustico di queste coperture è molto limitato, che però consentono l'illuminazione naturale degli spazi interni. Le coperture a montanti e traversi prevedono un sistema simile a quello delle facciate continue che, nel caso di falde o luci di grandezza superiore a 6 m, necessita di una struttura portante generalmente metallica. I profilati utilizzati si differenziano da quelli per le facciate continue: presentano una doppia canalizzazione, una per la raccolta della condensa che si può formare, l'altra per il deflusso dell'acqua e la ventilazione del vetrocamera. Le coperture costituite da vetrate sospese prevedono una struttura portante sulla quale vengono appoggiate o sospese le lastre di vetro attraverso l'impiego di sistemi di fissaggio puntiformi. 4.6 CHIUSURE ORIZZONTALI INFERIORI Le chiusure orizzontali inferiori sono le unità tecnologiche che delimitano inferiormente lo spazio interno riscaldato. In relazione al rapporto dell'edificio con il suolo, esse possono confinare con il terreno con lo spazio esterno oppure con uno spazio non riscaldato interrato. Uno dei requisiti fondamentali delle chiusure orizzontali inferiori è l'isolamento termico. Se la chiusura inferiore confina con lo spazio esterno, il livello di isolamento termico dovrebbe essere simile a quello delle chiusure verticali. Se la chiusura confina con il terreno, essendo il terreno una temperatura costante durante l'anno, la dispersione termica è ridotta, per cui anche il livello di isolamento termico della chiusura può essere inferiore. Nel caso di chiusura confinante con uno spazio interrato non riscaldato, tale spazio sarà una temperatura comunque superiore alla temperatura esterna e quindi le dispersioni termiche saranno inferiori rispetto a quelle che avvengono nelle chiusure verticali. Nel caso di chiusura inferiore di controterra occorre anche confrontarsi con il problema dell'umidità di risalita del terreno e prevedere dunque opportune barriere impermeabilizzanti o vespai aerati. 4.6.1 Chiusure inferiori controterra Le chiusure controterra si hanno quando il piano di fondazione coincide anche con il primo solaio che forma la pavimentazione di uno spazio interno abitabile. Una delle problematiche è il contatto con l’umidità del terreno. Per questo si rende necessario “separare”, sollevando grazie alla realizzazione di un vespaio areato. Il vespaio areato è una camera d’aria, si usava e si usa tuttora costruirlo di ghiaia grossa su cui appoggiare il successivo basamento dell’edificio. Le soluzioni costruttive contemporanee prevedono l’uso di casseformi modulari in plastica riciclata che, posate e agganciate tra di loro, fungono da cassaforma a perdere per la realizzazione di un piano orizzontale al di sotto del quale si forma una cavità ventilata. Il sistema è completato da pannelli in plastica che permettono di gettare le travi di fondazione insieme al pavimento. Le cavità che si formano devono essere messe in collegamento con l’esterno tramite la creazione di opportune aperture sulle travi intermedie e sui cordoli perimetrali, per provocare una ventilazione naturale. 4.6.2 Chiusure inferiori su spazio non riscaldato Nel caso in cui al di sotto del piano abitabile riscaldato siano presenti degli spazi interrati non riscaldati, adibiti a garage o a cantine, la chiusura inferiore coincide con il solaio di separazione tra piano abitabile e spazio interrato. Non è necessario realizzare un vespaio areato ad di sotto del piano interrato, di conseguenza in genere il solaio di pavimentazione dello spazio interrato non riscaldato viene realizzato posizionando uno strato di riempimento del piano di fondazione in ghiaia grossa su cui appoggiare il successivo basamento del pavimento dello spazio interrato. Invece il solaio di separazione tra spazio abitativo fuori terra e spazio interrato dovrà essere realizzato con un adeguato isolamento termico e acustico. La parte strutturale del solaio può essere realizzata in maniera simile agli altri piani. Molto spesso si usano però solai predalles, costituiti da una lastra inferiore prefabbricata che funge da cassero del getto di completamento in calcestruzzo. Il vantaggio è il fatto di avere un piano inferiore già finito. 47 Le pareti leggere possono essere posate sia sulla soletta al rustico sia sul pavimento finito. Sia all’intradosso sia all’estradosso viene collocata una guida, fissata meccanicamente ogni 50-60cm o con incollaggio con adesivi poliuretanici. Dopo la posa delle guide vengono collati i montanti, con un interasse di 40-60cm; il fissaggio delle lastre ai montanti avviene mediante viti autofilettanti. Per consentire la dilatazione delle lastre è necessario prevedere una fuga perimetrale di almeno 3mm; l’intercapedine che si crea costituisce un cavedio attrezzabile, facilmente accessibile per ispezioni. Le pareti leggere hanno prestazioni inferiori a quelle di massa per quanto riguarda la resistenza meccanica. La resistenza della parete è funzione delle dimensioni dei profili in acciaio zincato (50-75-100mm), dello spessore delle lastre (12,5-15-18mm) e del loro numero, dell’interasse tra montanti (600-400-300mm). Le prestazioni dipendono dai vari strati funzionali. Per quanto riguarda l’isolamento acustico, non è la massa a determinare il potere fonoisolante ma il funzionamento del sistema massa-aria-massa. I parametri che incidono sul comportamento acustico sono: - spessore delle lastre - spessore dell’intercapedine - coibentazione interna - raddoppio dell’orditura per evitare ponti acustici in corrispondenza dei montanti Da evitare lastre di grosso spessore. L’aria contenuta nell’intercapedine si comporta come uno smorzatore della propagazione acustica; per evitare di perdere questo vantaggio quando l’intercapedine supera i 15cm, si inserisce del materiale isolante. Per ovviare al ponte acustico occorre tagliare i primi strati della pavimentazione e appoggiare i profilati a U direttamente sullo strato portante del solaio. Importante la continuità dello strato isolante interno. 5.1.3 Pareti interne verticali mobili Le pareti mobili consentono di realizzare una separazione degli ambienti in maniera flessibile e temporanea, in relazione alle esigenze degli utenti. Basse prestazioni dal punto di vista acustico e termico, solo funzione di separazione. La movimentazione avviene tramite scorrimento, rotazione, ripiegamenti. Le pareti scorrevoli sono costituite da pannelli che scorrono su guide e binari a pavimento e a soffitto; le pareti pivotanti determinano un’apertura parziale o totale degli spazi, pannelli vincolati attraverso cerniere cilindriche poste a soffitto e pavimento; le pareti pieghevoli sono elementi collegati mediante cerniere in modo da ripiegare le ante alle pareti; le pareti basculanti si muovono per rototraslazione in modo da essere ripiegate sul soffitto ed evitare ingombri. 5.1.4 Porte Diverse tipologie in base al tipo di movimento dell’anta rispetto alla parete fissa: rotazione, traslazione, miste. La porta più diffusa è quella a battente, la cui rotazione consente un’apertura dell’anta di 90-180 gradi; la porta a ventola simile ma apertura a spingere e ritorno dell’anta in posizione iniziale; la porta scorrevole e a libro sono adottate per risolvere problemi di ingombro. I vani porta devono essere architravati. Nelle murature a mattoni o blocchi gli architravi vengono generalmente realizzati in cemento armato, mentre nelle pareti leggere viene utilizzate una traversa metallica. In aderenza al “taglio” nella parete viene fissato un controtelaio, formato da due montanti e una traversa di legno o metallo. La funzione del controtelaio è di assorbire i difetti di realizzazione. Un coprigiunto nasconde alla vista le discontinuità tra controtelaio e muro. Al controtelaio è collegato il telaio fisso, che contorna e sostiene la parte apribile dal serramento, fungendo anche da battuta. Su di esso vengono montate le cerniere della porta. L’elemento apribile dell’infisso viene definito anta o battente ed è collegato al telaio fisso tramite cerniere o binari. 5.2 CONTROSOFFITTI 50 Le principali funzioni a cui deve assolvere un controsoffitto sono: occultamento dell’intradosso del solaio, comfort acustico dell’ambiente sottostante sia in termini di fonoisolamento che di fonoassorbimento, isolamento termico e creazione di vani tecnici per il passaggio di reti impiantistiche e canalizzazioni; può anche proteggere dagli incendi. Si possono realizzare controsoffitti continui o discontinui. I controsoffitti continui sono inamovibili, realizzati con rete metallica e intonaco, e non consentono l’ispezionabilità e la flessibilità. I controsoffitti discontinui possono aperti oppure chiusi, con struttura a vista o nascosta, a giunto aperto o chiuso. Sono costituiti da una struttura semplice o doppia incrociata e da un rivestimento in lastre. All’interno vengono collocati materiali isolanti. I profili portanti, ai quali vengono fissati i pannelli, possono essere assicelle di legno o guide in profili leggeri di lamiera d’acciaio piegata a T o U, appesi alla soletta mediante tiranti metallici, ferri piatti con fori di regolazione o sistemi di lamiere scorrevoli per variazioni di lunghezza. L’ancoraggio può avvenire direttamente al solaio: nei solai di struttura in acciaio sono ancorati alla lamiera grecata tramite tasselli o direttamente ancorati alle ali delle travi con fascette e caviglie metalliche. Gli strati funzionali sono: - Intercapedine attrezzabile - isolamento termico - isolamento acustico - assorbimento acustico - rivestimento In assenza dell’intercapedine gli impianti devono essere collocati in traccia. Nell’intercapedine è anche possibile inserire degli strati isolanti. 5.3 PAVIMENTAZIONI Le pavimentazioni sono gli elementi di finitura della parte superiore del solaio. Vengono poste in opera dopo la realizzazione della struttura portante, delle chiusure verticali e in genere dopo le partizioni verticali. Gli strati di pavimentazione devono essere resistenti agli urti e garantire il comfort acustico e termico. Gli strati di finitura devono essere caratterizzati da elasticità, per assorbire eventuali deformazioni del solaio sotto carico, e impermeabilità. L’estradosso del solaio può essere costituito da vari stati funzionali, in relazione ai requisiti del progetto: - strato attrezzabile con impianti - isolamento termico - ammortizzazione acustica - assorbimento acustico - impermeabilizzazione - rivestimento Le tubazioni vengono in genere appoggiate al rustico di solaio e poi inglobate in un getto di calcestruzzo leggero, chiamato massetto, su cui poi vengono appoggiati gli altri strati. Questa soluzione rende difficoltosa l’ispezionabilità degli impianti per cui esistono soluzioni innovative a secco, realizzate con materiali inerti sciolti come sabbia e perlite. Nel terziario è diffuso l’uso di pavimenti sopraelevati, contenenti anche gli impianti di climatizzazione. Nei pavimenti sopraelevati la pavimentazione è appoggiata sopra a elementi di sostegno puntuali (piedini) di altezza regolabile, che permettono la creazione di un’intercapedine continua. Gli strati dell’estradosso del solaio possono accogliere elementi scaldanti che veicolano fluidi termoconvettivi. Per evitare che il calore si disperda verso il basso viene in genere collocato uno strato isolante. Gli elementi radianti vengono in genere collocati al di sopra del massetto e dello strato isolante e al di sotto dello strato di allettamento del rivestimento. Lo strato di isolamento termico contribuisce anche all’isolamento acustico. Per ridurre la trasmissione dei rumori d’urto è necessario interrompere la continuità del percorso per via solida delle vibrazioni. Ciò può essere ottenuto con varie tecniche: 51 - rivestimento del solaio con uno strato smorzante superficiale (pavimento resiliente) - inserimento di materiali elastici che desolidarizzino gli strati costituiti da materiale rigido, tramite l’interposizione di materiale elastico tra solaio e pavimento. Lo strato di impermeabilizzazione viene in genere collocato direttamente a contatto con la struttura portante, oppure può essere distanziato da questa con uno strato di livellamento. Il rivestimento dell’estradosso del solaio ha una funzione di finitura a vista. I rivestimenti di pavimento possono essere continui o discontinui, di piccole o grandi dimensioni. Strati integrativi: - Strato di allettamento realizza un’adesione continua, mediante malta, tra strato di finitura superiore e supporto sottostante - Strato di livellamento assicura orizzontalità degli strati di finitura. È possibile realizzare solai e strati di pavimentazione completamente a secco. CAPITOLO 6. GLI IMPIANTI pp. 359 - 417 INTEGRAZIONE IMPIANTISTICA Gli impianti tecnici sono l’insieme delle unità tecnologiche e degli elementi tecnici aventi la funzione di consentire l’uso dei flussi energetici, informativi e materiali, indispensabili per garantire la funzionalità dell’edificio e il conseguente allontanamento degli eventuali prodotti di scarto. L’illuminazione, il controllo della temperatura dell’aria, la disponibilità di acqua, l’eliminazione dell’acqua di scarto, l’accessibilità all’energia elettrica, la ventilazione, il trasporto delle persone a più piani, rispondono a bisogni sempre più articolati. 6.1 IMPIANTI DI PRODUZIONE ENERGETICA 6.1.1 Generatori di energia a grande scala Vantaggi legati all’ottimizzazione nel funzionamento degli impianti di grande dimensione, criticità nel trasporto dell’energia utile. 6.1.1.1 Generazione di energia elettrica Prevalentemente in grande scala con fonti energetiche non rinnovabili, rinnovabili (in misura ridotta ma crescente) e cogenerazione. In Italia importiamo il 13% del fabbisogno nazionale. Centrali termoelettriche Bruciano principalmente combustibili fossili, per lo più importati. La maggior parte delle centrali t. usa gas naturale (63%), poi carbone e derivati petroliferi. Solo il 7% deriva da centrali alimentate a biomassa o rifiuti solidi industriali. Elevati impatti ambientali. Centrali idroelettriche Trasforma l’energia idraulica in energia elettrica. In corrispondenza di un dislivello, viene creata una diga che forma il bacino. L’acqua viene forzatamente fatta passare all’interno di condotte verticali e verso il basso. A differenza delle centrali a bacino, le centrali con impianti ad accumulazione sono dotate di un bacino di raccolta anche a valle: l’acqua che ha generato energia viene riportata al bacino e così via. 14% del fabbisogno nazionale. Risorsa definita rinnovabile. Rispetto alle centrali termoelettriche, non impattano con emissioni inquinanti, ma mina l’equilibrio paesaggistico in modo rilevante. Parchi fotovoltaici – solar farms I campi fotovoltaici sono installazioni di impianti fotovoltaici con potenza di almeno 1MW (estensione 3 ettari) su superfici soleggiate. La concentrazione spaziale e l’aumento di potenza e l’ottimizzazione dei processi di manutenzione, riducono i costi dell’energia. La resa del campo dipende dal luogo e dall’angolo di inclinazione ottimale per i pannelli. La configurazione del campo e la densità dipendono dagli studi per evitare l’ombreggiamento, in genere i moduli vengono collocati in stringhe. I supporti possono essere statici oppure mobili. Generatori eolici – wind farms 52 di vetro è inserito un anello di bario. questa tipologia di collettori offre elevati risultati in termini di efficienza e di prestazioni in giornate di tempo nuvoloso, in presenza di vento e di basse temperature. Un impianto solare termico è un circuito idraulico soggetto a molte sollecitazioni di pressione, temperatura e agenti atmosferici rispetto a un normale impianto idraulico di riscaldamento interno all'edificio. Sonde geotermiche Il terreno è una inesauribile fonte di calore, sia proveniente dal nucleo terrestre, sia assorbito dalla radiazione solare. A pochi metri di profondità della superficie terrestre il terreno mantiene una temperatura quasi costante per tutto l'anno. La geotermia a bassa entalpia sfrutta il sottosuolo come serbatoio di calore: nei mesi invernali il calore viene trasferito in superficie per riscaldare l'edificio, viceversa in estate il calore in eccesso viene dato al terreno per raffrescare l'edificio. Tale scambio di calore viene realizzato con pompe di calore abbinate a sonde geotermiche che permettono di riscaldare e raffrescare gli edifici con un unico impianto, con un alto rendimento e con un fabbisogno di energia elettrica contenuto rispetto alle prestazioni. L'impianto è composto da: -una o più sonde geotermiche inserite in profondità nel terreno per scambiare calore; -una pompa di calore installata all'interno dell'edificio; -un sistema di distribuzione del calore “a bassa temperatura” all'interno dell'edificio. Ogni sonda è formata da due moduli, ciascuno dei quali costituito da una coppia di tubi in polietilene Uniti a formare un circuito chiuso all'interno dei quali circola un fluido glicolato. 6.2 IMPIANTI DI CLIMATIZZAZIONE 6.2.1 Impianti di riscaldamento 6.2.1.1 Generatori di calore Negli edifici residenziali esistenti in genere è presente solo l'impianto di riscaldamento, costituito da un generatore di calore (caldaia) alimentato da un combustibile. Il generatore di calore è collocato in un locale tecnico, in genere interrato oppure collocato in copertura poi in una costruzione esterna all'edificio, dotato di camino per l'evacuazione dei fumi. Può essere inoltre collocato all'interno del singolo appartamento, essere unico nell'intero edificio oppure essere unico alla scala di quartiere tramite una rete di distribuzione. Più la soluzione è centralizzata a grande scala, maggiore è il risparmio energetico e di gestione. Il generatore di calore, attraverso la combustione del combustibile, produce l'energia termica necessaria al sistema. Nelle utenze collegate a un sistema di teleriscaldamento urbano, il gruppo termico è sostituito da uno scambiatore di calore che alimenta la rete di distribuzione dell'edificio. Caldaia a condensazione Le caldaie a condensazione hanno un rendimento di combustione molto elevato. Alimentate da gas naturale o metano. Dalla combustione del gas viene prodotto calore e fumi. Se la temperatura dei fumi viene abbassata al di sotto del punto di rugiada, attraverso la condensazione dei fumi può essere recuperata una quantità di calore. ogni combustibile ha un potere calorifico, che si articola in potere calorifico inferiore e superiore. Queste caldaie richiedono uno scarico dell'acqua di condensa, dunque l'allacciamento agli scarichi idrici. Inoltre sono molto costose; ma l'impianto si ripaga grazie ai risparmi di gestione. Queste caldaie operano con temperature dell'acqua inferiori rispetto alle caldaie tradizionali, quindi si abbinano bene con sistemi scaldanti a bassa temperatura come i pannelli radianti o i ventilconvettori. Pompe di calore Le pompe di calore sono macchine frigorifere che, funzionando con un ciclo inverso rispetto a quello tradizionale, vengono utilizzate per fornire calore, quindi per riscaldare un ambiente. La pompa di calore può funzionare sia elettricamente sia con calore prelevato dai combustibili fossili o da altre fonti termiche quali il sole; Quelle più comuni sono alimentate a energia elettrica e sfruttano un ciclo compressione. Per funzionare devono operare tra due ambienti, quello da raffreddare e quello da riscaldare appunto il calore fornito all'ambiente da riscaldare corrisponde alla somma del calore sottratto all'esterno e dell'equivalente termico del lavoro speso per azionare la macchina. A seconda del fluido utilizzato all'interno dei due scambiatori, che sono l’evaporatore per l'ambiente esterno e il condensatore per l'ambiente interno, sono classificate in: aria- aria, aria- acqua, terra- acqua. L'attuale diffusione di questi 55 impianti deriva dal loro elevato rendimento, che è inversamente proporzionale alla differenza di temperatura tra sorgente fredda e pozzo caldo. 6.2.1.2 Reti di distribuzione e terminali Le reti di distribuzione hanno la funzione di trasportare il fluido termovettore riscaldato dal gruppo termico ai terminali scaldanti. La rete è composta da tubazioni, pompe di circolazione e organi di intercettazione e di regolazione. Per distribuire il calore ai diversi piani dell'edificio occorre prevedere delle colonne montanti, sia di mandata sia di ritorno. Per il loro passaggio è necessario prevedere dei cavedi, con delle asole nei solai, senza interferire con la struttura portante. Per consentire agli utenti una distribuzione personalizzata del calore, si stanno diffondendo gli impianti di riscaldamento a zone, caratterizzate da una pluralità di reti di distribuzione orizzontale e valvole di zona collegate al termostato ambiente, tra il circuito del singolo appartamento e la colonna montante. Quando occorre alimentare più circuiti collegati a diverse zone termiche vengono realizzati dei collettori di distribuzione. I radiatori Corpi scaldanti tradizionalmente più diffusi appunto elementi entro cui scorre il fluido scaldante proveniente dalla caldaia e che cedono il calore attraverso le loro pareti appunto i radiatori presentano una serie di canali alle cui estremità vi sono gli attacchi di ingresso e uscita del fluido scaldante. I materiali utilizzati sono in genere l'acciaio o l'alluminio. Vengono generalmente posizionati sotto finestra. Termoconvettori e ventilconvettori I termoconvettori sono costituiti da tubi alettati posti orizzontalmente a breve distanza dal pavimento, racchiusi in una nicchia addossata alla parete e chiusi anteriormente da un pannello in legno o in lamiera di acciaio verniciata, dotato di un'apertura inferiore e di un'apertura superiore. L'aria riscaldata dalla batteria sale nella nicchia per tiraggio naturale ed esce dall'apertura superiore; questo attira l'aria fredda dal basso che, passando attraverso la batteria, si riscalda ed esce dall'alto. Rispetto ai radiatori più economici, minore inerzia termica, difficili da pulire è soggetto all'accumulo di polvere. I ventilconvettori sono simili ai termoconvettori ma vengono usati negli impianti di climatizzazione sia per il raffrescamento estivo sia per il riscaldamento invernale. Qui l'aria passa attraverso la batteria di tubi alettati spinta da un ventilatore anziché per tiraggio naturale. Può essere collocato non solo a pavimento ma anche a parete o a soffitto. Grazie allo scambio termico forzato hanno una maggiore potenza termica e una più rapida messa a regime dell'impianto in caso di uso discontinuo; allo stesso tempo si tratta di apparecchi rumorosi poco usati nel residenziale. Un'ulteriore categoria è quella dei convettori radianti ventilati elettrici, il cui riscaldamento elettrico diretto consente una notevole velocità di risposta Dove l'occupazione è limitata a poche ore giornaliere. Pannelli radianti Costituiti da tubi, distribuiti uniformemente nella pavimentazione e integrata in essa, entro cui scorre l'acqua calda a basse temperature. L'obiettivo eccetera e calore per irraggiamento e quindi far diventare calda l'intera superficie a contatto con l'ambiente. Occorre dunque integrare i pannelli in elementi a Massa, la cui inerzia termica consente di diventare corpi caldi. In passato i tubi dei pannelli radianti erano in rame o acciaio e venivano annegati nel massetto della pavimentazione stesi a serpentina; oggi vasta diffusione dei sistemi a secco, costituiti da tubi in materiale plastico già abbinati a un pannello sottostante che integra lo strato isolante ed è predisposto con sedi per la collocazione dei tubi. Questo pannello viene collocato in genere al di sopra del massetto, che rimane lo strato abito all'integrazione degli impianti, idrici ed elettrici. Al di sopra del pannello radiante viene realizzato un ulteriore massetto di spessore molto contenuto. ulteriore recente innovazione e l'utilizzo di pannelli radianti a parete e a soffitto, con tubi in plastica negati nell'intonaco oppure nei pannelli in cartongesso. Dal punto di vista del comfort, i pannelli radianti non comportano movimento d'aria, non sono rumorosi, hanno una distribuzione del calore uniforme e sono invisibili. 6.2.2 Impianti di condizionamento estivo Quando l'edificio nasce dotato solamente dell'impianto di riscaldamento e si vuole integrare anche il controllo del raffrescamento estivo, si ricorre l'installazione di condizionatori autonomi, all'interno dei quali è presente la macchina frigorifera, la sezione di raffreddamento del condensatore e l'unità di trattamento dell'aria. Altra possibilità è quella degli split system, ossia condizionatori dove vi è un'unità esterna, composta da compressore e condensatore, è una unità interna detta fan-coil, costituita dall'evaporatore. 56 l'unità esterna può essere una pompa di calore aria- acqua come macchina frigorifera, predisposta anche per il funzionamento invernale. altra possibilità, diffusa in passato, e quella dei condizionatori da finestra, con una macchina frigorifera esterna e due tubi di raccordo con l'interno che in genere attraversano i vetri dei serramenti. Un'ultima tipologia sono gli spot Cooler, condizionatori monoblocco su rotelle, è da collocare all'interno e dotati di un tubo di raccordo con l'esterno da cui esce l'aria calda. 6.2.3 Impianti di condizionamento estivo/invernale A differenza dell'impianto di riscaldamento agisce non solo sulla temperatura ma anche l'umidità relativa, sulla purezza dell'aria e sulla velocità dell'aria. Oltre al generatore di calore, è necessario prevedere una macchina frigorifera in grado di produrre l’acqua refrigerata per alimentare le batterie di raffreddamento in estate. Nel caso di macchine frigorifere ad assorbimento, esse devono essere alimentate con acqua calda e richiedono un sistema di raffreddamento ingombrante. Il generatore di calorie e frigorie può anche essere unico, nel caso per esempio della pompa di calore. Il fluido termovettore può essere l'aria o l'acqua. Nel caso dell'aria, la rete di distribuzione è costituita da catalizzatori in lamiera zincata entro cui viene convogliata l'aria trattata, e gli elementi terminali sono chiamati diffusori. L'aria viene sempre fatta passare attraverso la sezione di filtraggio; sono poi presenti una sezione di umidificazione e di deumidificazione. Nel caso dell'acqua, sia una situazione simile all'impianto di riscaldamento: la rete di distribuzione è costituita da tubazioni di mandata e ritorno del fluido termovettore e i terminali sono costituiti da unità di trattamento aria oppure da pannelli radianti. Rispetto ai tradizionali impianti di condizionamento ad aria la resa è superiore e il consumo energetico ridotto. Inoltre vi è un vantaggio anche in termini di comfort, in quanto si evita il movimento dell'aria. Lo svantaggio rispetto ai sistemi ad aria riguarda l’innalzamento dell’umidità relativa con il rischio della formazione di condensa superficiale sul pavimento, in quanto il sistema non prevede un trattamento di deumidificazione dell’aria. Questo aspetto può essere risolto favorendo la ventilazione naturale oppure installando un deumidificatore. Se si integra l’impianto con sonde geotermiche, in estate il pavimento radiante sfrutta la temperatura dell’acqua della sonda geotermica per raffreddare la massa e l’irraggiamento per raffrescare l’ambiente. 6.2.4 Impianti di ventilazione La ventilazione degli ambienti è una necessità per garantire la respirabilità dell'aria, la purezza dell'aria e regolare l'umidità. Può essere di tipo naturale, garantita da una adeguata progettazione delle aperture oppure di tipo meccanico. la ventilazione meccanica è obbligatoria nel caso di determinati ambienti pubblici affollati o quando i locali bagno non sono aerati direttamente. In molti edifici per il terziario per avere un controllo automatizzato delle condizioni di comfort interne si progetta un involucro con poche possibilità di apertura e si delega all'impianto di ventilazione meccanica controllata la garanzia di adeguati ricambi d'aria. L'idea di costruire in volo crisi gelati sta estendendosi anche a residenziale poiché i ricambi d'aria invernali comportano un notevole spreco di energia. questo modello di efficienza energetica solleva però delle perplessità in relazione ai risvolti psicologici e gestionali. 6.3 IMPIANTI IDROSANITARI L'impianto idrosanitario svolge il ruolo di distribuire alle varie utenze dell'edificio l'acqua fredda e l'acqua calda, dal punto di allacciamento alla rete pubblica dell'acqua potabile fino all'apparecchio sanitario. La rete di distribuzione dell'acquedotto pubblico ha una certa pressione; negli edifici bassi tale pressione è sufficiente mentre negli edifici alti è necessaria un'autoclave per aumentare la pressione. La tipologia di distribuzione più diffusa è quella a colonne montanti, che corrono all'interno di cavedi impiantistici correttamente progettati in corrispondenza di bagni e cucine senza interferire con la struttura portante. Lungo la rete sono presenti valvole di intercettazione che separano le diverse utenze e permettono di chiudere un circuito in caso di manutenzione. La produzione dell'acqua calda sanitaria può avvenire tramite lo stesso generatore di calore dell'impianto di riscaldamento oppure può essere prodotto tramite impianti di produzione da fonti rinnovabili. Negli edifici esistenti è possibile trovare ancora situazioni in cui la produzione di ACS non è centralizzata, bensì autonoma con boiler individuali alimentati a gas o energia elettrica. 6.4 IMPIANTI DI SMALTIMENTO O RICICLO DEI LIQUIDI 57 I campi fotovoltaici sono installazioni di impianti fotovoltaici con potenza di almeno 1MW (estensione 3 ettari) su superfici soleggiate. La concentrazione spaziale e l’aumento di potenza e l’ottimizzazione dei processi di manutenzione, riducono i costi dell’energia. La resa del campo dipende dal luogo e dall’angolo di inclinazione ottimale per i pannelli. La configurazione del campo e la densità dipendono dagli studi per evitare l’ombreggiamento, in genere i moduli vengono collocati in stringhe. I supporti possono essere statici oppure mobili. Generatori eolici – wind farms Energia ottenuta dal vento, ovvero prodotto della conversione dell’energia cinetica di un flusso d’aria in altre forme di energia (elettrica o meccanica). Prima forma vele delle navi. In seguito, mulini a vento, prima in Asia e poi in Europa. Oggi tramutata in energia elettrica tramite aerogeneratori. Quelli originari hanno l’asse di rotazione orizzontale, torre in cemento armato. Pale in fibra di vetro o alluminio, velocità fino a 200Km/h. Nuovi generatori, che montano anche 3 pale, sono collegati mediante cavi interrati alla rete di trasmissione dell’energia. In mare diametro rotore 100 altezza torre 180m, a terra 40-100. 3% fabbisogno. 6.1.1.2 Cogenerazione di energia termica ed elettrica Molte nuove centrali elettriche nascono utilizzando impianti di produzione combinata nei quali l'energia primaria di una qualsiasi fonte combustibile viene convertita in energia elettrica in energia termica, prodotte congiuntamente ed entrambe considerate energia utile. La produzione combinata consiste in un processo di trasformazione di energia chimica in energia meccanica e la trasformazione dell'energia meccanica sia in energia elettrica sia in calore, considerato in genere di scarto. La produzione combinata presuppone la possibilità di utilizzare il calore in prossimità del luogo stesso di produzione. Se il calore viene prodotto a temperatura relativamente bassa, si privilegiano impieghi di tipo civile; In questi casi il fluido vettore è quasi sempre l'acqua. Se il calore prodotto è più “pregiato”, generalmente viene utilizzato sotto forma di vapore in lavorazioni industriali. la produzione combinata di energia elettrica e calore può incrementare l'efficienza di utilizzo del combustibile fossile oltre l'80%. impianti di cogenerazione possono essere installati anche a piccola scala, all'interno degli edifici. Esistono anche soluzioni innovative di cogenerazione da fonti rinnovabili, come nel caso del solare termodinamico, che sfrutta il calore del sole per produrre sia energia termica sia energia elettrica. Centrali a combustibili fossili Costituiscono la tipologia di centrale più diffusa anche nell'ambito dei processi di cogenerazione. Il combustibile principalmente utilizzato è il gas metano. l'impianto è costituito da un motore a quattro tempi turbo compresso, accoppiato a un generatore elettrico che produce energia elettrica che viene immessa nella rete di distribuzione di energia elettrica e un sistema di recupero dell'energia termica generata. Il recupero dell'energia termica avviene attraverso il circuito di raffreddamento motore e dallo scambio termico con i gas di scarico, ottenendo acqua calda, oppure acqua calda e vapore. Centrali a biomasse L'energia chimica della massa vegetale viene trasformata in energia termica, attraverso la combustione diretta o del biogas da essa derivato, e successivamente trasformata in energia meccanica e poi in elettrica. Generalmente si sfrutta il calore di scarto per alimentare una rete di teleriscaldamento. La vegetazione è una fonte rinnovabile di energia che si articola in biomasse solide, combustibili liquidi e gassosi. La Direttiva 2003/30/CE stabilisce l'obiettivo, per ogni Stato membro, la sostituzione dei carburanti derivanti dal petrolio con biocarburanti per una quota pari al 10%. I biocarburanti sono principalmente il biodiesel e l'alcool. particolarmente interessante invece è l'uso di scarti delle attività agro-forestali, residui delle lavorazioni del legno e scarti delle industrie agroalimentari. Un aspetto critico riguarda il fatto che la produzione di energia da biomasse comporta un processo di combustione con rilascio inquinanti di anidride carbonica, ossidi di azoto, ossidi di zolfo e polveri sottili. Termovalorizzatori Impianti principalmente utilizzati per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani indifferenziati mediante un processo di combustione ad alta temperatura che genera come prodotti di scarto emissioni gassose, ceneri e polveri. Negli impianti più moderni il calore sviluppato viene recuperato. Pur essendo molto meno inquinanti rispetto ai vecchi inceneritori, il processo di termovalorizzazione dei rifiuti solidi urbani comporta 60 il rischio dell'emissione di diossine nei fumi di scarico. Tuttavia, l'impatto ambientale viene minimizzato dalla presenza di filtri e dalla corretta gestione del processo di incenerimento dei rifiuti. 6.1.1.3 Distribuzione del calore tramite teleriscaldamento Il teleriscaldamento è una modalità di distribuzione del calore che consiste in una rete di tubazioni isolate e interrate, che trasportano acqua calda, acqua surriscaldata o vapore dalla centrale di produzione alle abitazioni con successivo ritorno dei suddetti alla stessa centrale. Le tubazioni infatti devono essere doppie. In questo modo non vengono installati impianti di produzione del calore nei singoli edifici. la scelta di un impianto di teleriscaldamento deriva in genere dalla disponibilità di un fluido caldo come co- prodotto di un impianto di cogenerazione oppure per sfruttare il calore prodotto dall'incenerimento dei rifiuti solidi urbani. Altre fonti di energia utilizzate per il teleriscaldamento sono la geotermia (Ferrara) e il solare termico. ulteriore fonte di energia possibile e l'uso di calore di scarto da processi industriali. 6.1.2 Produzione di energia a piccola scala Lo scopo è evitare la creazione di grandi centrali deturpanti il paesaggio e creanti occupazione di suolo. 6.1.2.1 Produzione di energia elettrica Le politiche europee stanno spingendo alla realizzazione di edifici dotati di impianti in grado di generare in loco più energia di quella necessaria all'edificio stesso, per poi distribuirla in rete. La necessità di collegare gli impianti di produzione di energia elettrica deriva anche dalla difficoltà di “stoccaggio” di tale energia. Pannelli fotovoltaici L'inserimento di impianti fotovoltaici sta diventando prassi diffusa in quanto resa obbligatoria nelle nuove costruzioni e nelle riqualificazioni dalla normativa. La maggior parte delle installazioni coinvolge la copertura, ma vengono utilizzati anche superfici verticali come chiusure verticali, parapetti, schermature. La cella fotovoltaica, elemento base nella costruzione di un modulo fotovoltaico, è costituita da una lamina di materiale semiconduttore di colore nero o blu. Il modulo fotovoltaico in silicio è composto da un Sandwich laminato: la cella è avvolta da acetato di vinile e vetro. Turbine minieoliche La produzione di energia elettrica da fonte eolica realizzata con l'utilizzo di generatori di altezza inferiore a 30 m e con potenza installata inferiore ai 100 kW viene definita minieolico. Gli aerogeneratori possono essere al servizio di un'utenza isolata non collegata alla rete elettrica. La differenza con il grande eolico risiede nella possibilità di operare con regimi di vento inferiori a quelli richiesti dalle enormi macchine industriali. Gli aerogeneratori dovrebbero essere montati su torri di altezza appropriata, per renderli più elevati rispetto a qualsiasi ostacolo che possa rallentare il vento o generare turbolenza. 6.1.2.2 Produzione di energia termica Collettori solari termici I pannelli solari sono elementi impiantistici in grado di trasformare la radiazione solare in energia termica, che viene utilizzata principalmente per l'acqua calda sanitaria e, se prodotta in eccesso, può essere utilizzata per integrare il sistema di riscaldamento. La tipologia più diffusa è quella dei pannelli solari piani. In questo caso il collettore solare è costituito da una piastra metallica assorbente, colorata di scuro per attirare maggiormente la radiazione, coibentata inferiormente con materiale isolante e protetta esternamente da una lastra vetrata, che consente di ricevere la radiazione ma evita di disperdere il calore, e da una lastra in alluminio. Il funzionamento dei collettori solari si basa sul principio dell'effetto serra: La piastra assorbitrice si scalda e la radiazione rimane all'interno grazie alla protezione del vetro. All'interno della piastra sono ricavati dei canali dove passa un fluido termovettore che assorbe il calore. il corretto funzionamento dell'impianto dipende dalla corretta esposizione alla radiazione solare: occorre posizionare i pannelli verso sud e inclinarli perché ricevano la massima radiazione. Per garantire una continua disponibilità di acqua calda nel corso del giorno, occorre prevedere dei sistemi di accumulo e un impianto integrativo tradizionale. altra tipologia di collettori solari sono i moduli con tubi sottovuoto. Questa soluzione sfrutta in modo ottimale la radiazione solare, in quanto i raggi solari colpiscono sempre i tubi con un angolo perpendicolare alla loro superficie, riducendo così le perdite per riflessione. Ogni tubo sottovuoto e strutturato con due tubi di vetro: il tubo esterno è composto di vetro borosilicato molto rigido, capace di resistere alla grandine; il tubo interno, anch'esso in vetro borosilicato, è coperto con un rivestimento selettivo per aumentare 61 l'assorbimento e ridurre la riflessione di calore. L'aria è aspirata tra i due vetri fino a formare il sottovuoto col quale si eliminano le perdite di calore conduttivo e convettivo. Per ottenere il sottovuoto tra i due strati di vetro è inserito un anello di bario. questa tipologia di collettori offre elevati risultati in termini di efficienza e di prestazioni in giornate di tempo nuvoloso, in presenza di vento e di basse temperature. Un impianto solare termico è un circuito idraulico soggetto a molte sollecitazioni di pressione, temperatura e agenti atmosferici rispetto a un normale impianto idraulico di riscaldamento interno all'edificio. Sonde geotermiche Il terreno è una inesauribile fonte di calore, sia proveniente dal nucleo terrestre, sia assorbito dalla radiazione solare. A pochi metri di profondità della superficie terrestre il terreno mantiene una temperatura quasi costante per tutto l'anno. La geotermia a bassa entalpia sfrutta il sottosuolo come serbatoio di calore: nei mesi invernali il calore viene trasferito in superficie per riscaldare l'edificio, viceversa in estate il calore in eccesso viene dato al terreno per raffrescare l'edificio. Tale scambio di calore viene realizzato con pompe di calore abbinate a sonde geotermiche che permettono di riscaldare e raffrescare gli edifici con un unico impianto, con un alto rendimento e con un fabbisogno di energia elettrica contenuto rispetto alle prestazioni. L'impianto è composto da: -una o più sonde geotermiche inserite in profondità nel terreno per scambiare calore; -una pompa di calore installata all'interno dell'edificio; -un sistema di distribuzione del calore “a bassa temperatura” all'interno dell'edificio. Ogni sonda è formata da due moduli, ciascuno dei quali costituito da una coppia di tubi in polietilene Uniti a formare un circuito chiuso all'interno dei quali circola un fluido glicolato. 6.2 IMPIANTI DI CLIMATIZZAZIONE 6.2.1 Impianti di riscaldamento 6.2.1.1 Generatori di calore Negli edifici residenziali esistenti in genere è presente solo l'impianto di riscaldamento, costituito da un generatore di calore (caldaia) alimentato da un combustibile. Il generatore di calore è collocato in un locale tecnico, in genere interrato oppure collocato in copertura poi in una costruzione esterna all'edificio, dotato di camino per l'evacuazione dei fumi. Può essere inoltre collocato all'interno del singolo appartamento, essere unico nell'intero edificio oppure essere unico alla scala di quartiere tramite una rete di distribuzione. Più la soluzione è centralizzata a grande scala, maggiore è il risparmio energetico e di gestione. Il generatore di calore, attraverso la combustione del combustibile, produce l'energia termica necessaria al sistema. Nelle utenze collegate a un sistema di teleriscaldamento urbano, il gruppo termico è sostituito da uno scambiatore di calore che alimenta la rete di distribuzione dell'edificio. Caldaia a condensazione Le caldaie a condensazione hanno un rendimento di combustione molto elevato. Alimentate da gas naturale o metano. Dalla combustione del gas viene prodotto calore e fumi. Se la temperatura dei fumi viene abbassata al di sotto del punto di rugiada, attraverso la condensazione dei fumi può essere recuperata una quantità di calore. ogni combustibile ha un potere calorifico, che si articola in potere calorifico inferiore e superiore. Queste caldaie richiedono uno scarico dell'acqua di condensa, dunque l'allacciamento agli scarichi idrici. Inoltre sono molto costose; ma l'impianto si ripaga grazie ai risparmi di gestione. Queste caldaie operano con temperature dell'acqua inferiori rispetto alle caldaie tradizionali, quindi si abbinano bene con sistemi scaldanti a bassa temperatura come i pannelli radianti o i ventilconvettori. Pompe di calore Le pompe di calore sono macchine frigorifere che, funzionando con un ciclo inverso rispetto a quello tradizionale, vengono utilizzate per fornire calore, quindi per riscaldare un ambiente. La pompa di calore può funzionare sia elettricamente sia con calore prelevato dai combustibili fossili o da altre fonti termiche quali il sole; Quelle più comuni sono alimentate a energia elettrica e sfruttano un ciclo compressione. Per funzionare devono operare tra due ambienti, quello da raffreddare e quello da riscaldare appunto il calore fornito all'ambiente da riscaldare corrisponde alla somma del calore sottratto all'esterno e dell'equivalente termico del lavoro speso per azionare la macchina. A seconda del fluido utilizzato 62 6.4 IMPIANTI DI SMALTIMENTO O RICICLO DEI LIQUIDI Gli impianti di smaltimento liquidi hanno la funzione di evacuare le acque di rifiuto prodotte nei fabbricati, sia in relazione agli usi domestici, sia in relazione alle acque meteoriche. All'interno dell'edificio sono presenti in tre tipologie di acque di scarico: acque bianche (smaltite in fognature oppure raccolti in apposite vasche per essere riutilizzate), acque nere (convogliate in fognatura) e acque grigie. Le reti di scarico sono costituite da tubazioni verticali distinte per acque chiare e acque nere che convogliano l'acqua fino al piano interrato. Da qui una conduttura orizzontale si raccorda alla fognatura. 6.4.1 Rete di scarico delle acque domestiche Gli apparecchi sanitari sono dotati di un dispositivo di scarico denominato sifone che, mediante la chiusura idraulica, impedisce l'ingresso di cattivi odori provenienti dalla rete di scarico. I tubi che collegano i sifoni dei singoli apparecchi alle colonne di scarico dovrebbero presentare una pendenza minima del 2% verso la colonna di scarico appunto tali tubazioni vengono realizzate prima degli strati di pavimentazione, appoggiando le tubazioni sul rustico di solaio e realizzando successivamente una gettata di calcestruzzo che integri le tubazioni. Oggi in genere, le tubazioni sono in polipropilene. Abbinata la rete di scarico deve essere prevista una rete di ventilazione; si tratta di tubazioni verticali che corrono parallelamente alla rete di scarico e sono a essa collegate. Tali tubazioni sono collegate con l'esterno in sommità. 6.4.2 Smaltimento delle acque nere e grigie Nei grandi centri urbani le acque nere provenienti dalla rete fognaria vengono trattate in appositi impianti di depurazione. Negli ultimi anni si stanno però affermando, in contesti periurbani, soluzioni alternative volte alla riduzione delle emissioni di acque reflue in fognatura. Tra i vari metodi vi è la fitodepurazione, un sistema naturale di depurazione delle acque reflue domestiche, agricole e talvolta industriali, che riproduce il principio di autodepurazione E consiste nella costruzione di un bacino impermeabilizzato riempito con materiale ghiaioso e vegetato da piante acquatiche. La depurazione avviene mediante l'azione combinata tra substrato ghiaioso, piante, refluo e microrganismi presenti. 6.4.3 Raccolta dell’acqua piovana Per contenere i consumi di acqua potabile ed evitare sovraccarichi in fognatura, si sta diffondendo l'uso di impianti di recupero dell'acqua piovana, il cui utilizzi sono sia esterni sia interni. I componenti di un impianto di raccolta dell'acqua piovana sono: il deviatore, che serve a separare le acque di prima pioggia da quelle destinate allo stoccaggio; il filtro, che serve a evitare l'immissione nel serbatoio dei corpi estranei raccolti dall'acqua piovana sul suo percorso; il serbatoio, in vetroresina o polietilene, che può essere fuori terra, all'interno dell'edificio o interrato esternamente all'edificio. ? L'acqua raccolta dallo scarico delle grondaie viene convogliata verso un filtro che ha la funzione di separare l'acqua dalla sporcizia più grossolana. L'acqua viene poi incanalata all'interno del serbatoio e tramite una tubazione la parte finale è rivolta verso l'alto allo scopo di non smuovere gli eventuali sedimenti sul fondo del serbatoio. L'aspirazione successiva dell'acqua all'interno del serbatoio avviene a qualche centimetro sotto il livello dell'acqua tramite un tubo flessibile con galleggiante, in modo da pescare l'acqua più pulita. 6.5 IMPIANTI ELETTRICI L'impianto elettrico è l'insieme di elementi tecnici del sistema edilizio che hanno la funzione di addurre distribuire ed erogare energia elettrica per usi domestici. La distribuzione dell'energia elettrica alle varie zone dell'edificio avviene per mezzo di cavi e conduttori; Il cavo elettrico è costituito da un insieme di conduttori isolati raccolti in un'unica guaina; il conduttore è un filo in metallo rivestito da uno strato di materiale plastico con funzione di isolante. Più cavi elettrici vengono raccolti in tubi in PVC rigido, con lo scopo di proteggere i cavi che vengono integrati o nel massetto o sotto intonaco. i terminali di utenza sono le prese a spina e gli interruttori e pulsante a parete per il comando degli apparecchi di illuminazione o di circuiti dedicati. Questi elementi richiedono una scatola specifica per l’installazione, in genere a incasso in parete. 6.6 CAVEDI IMPIANTISTICI 65 Le colonne montanti richiedono la predisposizione di una cavità inserita nel muro che attraversa verticalmente l'edificio. Tale cavità deve essere attentamente progettata per evitare che vada a interferire con la struttura portante in corrispondenza dei solai. Ogni ambiente di servizio richiederà dunque la presenza di un cavedio impiantistico in uno dei muri di perimetro; in genere si cerca di tenere accostati gli ambienti in modo da collocare il cavedio impiantistico nel muro di confine. Inoltre si cerca in genere di far coincidere ai diversi piani la collocazione di bagni e cucine, in modo da ottimizzare le colonne montanti. I cavedi impiantistici sono un elemento vincolante nella distribuzione interna, in quanto non possono essere spostati e non è possibile creare nuovi cavetti nel tempo. 6.7 IMPIANTI DI SOLLEVAMENTO VERTICALE Gli ascensori sono elevatori dotati di una cabina le cui dimensioni consentono l'accesso di persone. I montacarichi invece sono elevatori in cui le cabine non sono accessibili alle persone e la cui funzione è solo quella di trasportare oggetti. Il vano ascensore viene in genere realizzato in setti continui di calcestruzzo armato gettato in opera, quando è cieco, oppure con struttura telaio in acciaio e tamponamento vetrato quando si vuole realizzare un elemento trasparente. Le caratteristiche degli elevatori dipendono dalla velocità, dalla portata, dalla capacità di trasporto, intervallo di attesa al piano principale, durata del percorso. Gli ascensori sono prevalentemente ad azionamento elettrico e vengono classificati in relazione al sistema di trazione appunto per gli ascensori a fune deve essere previsto un vano di extracorsa in alto, contenente il macchinario a cui sono collegate le funi portanti della cabina e il contrappeso. In alternativa è possibile optare per ascensori idraulici o oleodinamici, in cui le cabine vengono sollevate da pistoni mossi da oli speciali portati a impressione tramite pompe azionate da motori elettrici. In questo caso il gruppo motore-pompa è collocato alla base del vano ascensore. 66
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved