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RIASSUNTO COMPLETO Nuovi lineamenti di economia politica di M. Corsi e A. Roncaglia, Appunti di Economia Politica

Riassunto completo del libro "Nuovi lineamenti di economia politica", di M. Corsi e A. Roncaglia, preparato per l'esame di Economia politica, completo di tutti i capitoli ed i relativi paragrafi. Il testo presenta tutti i temi affrontati dal libro, riassunti e analizzati al meglio, molto spesso con grafici, schemi, classificazioni e schematizzazioni per aiutare nello studio.

Tipologia: Appunti

2019/2020

In vendita dal 15/07/2021

FedericaBeli
FedericaBeli 🇮🇹

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Scarica RIASSUNTO COMPLETO Nuovi lineamenti di economia politica di M. Corsi e A. Roncaglia e più Appunti in PDF di Economia Politica solo su Docsity! CAPITOLO 1 L'ECONOMIA E | SISTEMI ECONOMICI Gli economisti hanno di fronte una realtà sociale complessa e in continuo movimento e devono quindi essere dotati di sensibilità per scegliere ipotesi più semplici che non si distacchino troppo dalla realtà, ricordandosi sempre il rigore logico. Ogni economista deve quindi riunire in sé le migliori qualità dell’uomo d'affari assieme alle migliori qualità del fisico teorico e dato che basano le loro osservazioni e le loro analisi su una propria visione della società, ci sono varie concezioni di teorie diverse. NASCITA DELL'ECONOMIA POLITICA Le discussioni tra gli economisti riguardano in particolare le diverse concezioni dei contenuti e degli obiettivi della scienza economica, quindi, nel corso del tempo si sono susseguite varie concezioni del pensiero economico. «Il termine “economia politica”: = viene dal greco: “Economia” indica le regole della buona gestione della famiglia e “Pol società nel suo complesso e non alla famiglia. = Siinizia adutilizzare nel Seicento, ma diventa di uso comune solo nell'Ottocento e verso alla fine dell'Ottocento si diffonde l’utilizzo del termine “economica” (“economics” in inglese), che evidenzia la somiglianza della materia con le scienze naturali. EVOLUZIONE DELL'ECONOMIA E DELL'ECONOMIA POLITICA: > Questione morale > Prima che l'economia si affermasse come scienza autonoma, lo studio delle questioni economiche ha riguardato l'ambito filosofico e quello teologico, si trattava di problemi di buon governo, del giusto comportamento da tenere nei rapporti con gli altri. Una questione molto dibattuta era quella del giusto prezzo, che riguardava la necessità di fornire ai mercanti indicazioni sul comportamento moralmente giusto da tenere nel mondo degli affari. > Nel ‘400/7500 > Machiavelli e l’arte del governare > si affermano e consolidano gli Stati nazionali e Machiavelli studia l’arte del governo e l'economia come problema distinto e autonomo da quelli della morale e molti scrittori danno consigli ai governanti sul modo migliore per rendere lo Stato ricco e potente. > Nel ‘600 > Petty e il Mercantilismo > si inizia ad usare il termine “economia politica” e con Petty si inizia a parlare della nascita dell'economia come scienza autonoma. L'obiettivo dichiarato è quello di descrivere il funzionamento della società misurando i fenomeni economici ividuando leggi, cioè relazioni sistematiche fra i diversi aspetti della realtà economica, senza nessun tipo di giudizio (descrizione/ metodo scientifico/ misurare). Anche Petty si rivolge ai governanti, in particolare a quelli inglesi, consigliandogli il miglior modo di arricchire lo Stato: egli considera il potere economico come direttamente collegato al potere militare. Si afferma quindi il concetto di mercantilismo > la ricchezza delle nazioni è uguale al potere economico. È possibile affermare, quindi, che l'economia politica nasca nel momento in cui si realizza che il funzionamento del sistema economico presenta delle regolarità, che si affermano indipendentemente dagli attori economici e dalle loro volontà. a” si riferisce alla «* Siè fatta poi una distinzione tra: 1) APPROCCIO CLASSICO + ECONOMIA POLITICA COME SCIENZA SOCIALE: ® ADAMSMITH > èilprimo economista a adottare il punto di vista moderno, cioè a considerare le questioni economiche dal punto di vista del benessere dei cittadini, anziché da quello della forza economica dello Stato: nel suo libro (Indagine sulla natura e le cause della ricchezza delle nazioni), con ricchezza delle nazioni intende il reddito pro capite, ottenuto dividendo il prodotto nazionale complessivo per il numero degli abitanti (il prodotto pro-capite è tutt'oggi usato come principale indicatore del tenore di vita di un Paese). Smith adotta anche la moderna caratterizzazione della società come divisa in 3 classi sociali: 1) Capitalisti 2) Proprietari terrieri 3) Lavoratori Il reddito nazionale, cioè il prodotto nazionale, ossia il valore di tutto ciò che viene prodotto nel corso dell’anno in una data nazione, viene distribuito fra queste tre classi sotto forma di: 1. Profitti > pericapitalisti 2. Rendite > peri proprietari terrieri 3. Salario > peri lavoratori ® DAVIDRICARCO > considera come obiettivo dell'economia politica lo studio delle leggi che regolano la distribuzione del reddito tra le classi sociali, poiché la distribuzione è il principale fattore che determina lo sviluppo economico. Il suo studio riguarda quindi l’analisi delle leggi di distribuzione del reddito: = isalari sono destinati all’acquisto di beni di consumo necessari alla sopravvivenza dei lavoratori = le rendite sono destinate all'acquisto di beni di lusso per i proprietari terrieri = iprofitti sono investiti, cioè impiegati per acquistare nuovi mezzi di produzione in modo da produrre di più nei periodi successivi. Per questo un aumento delle rendite a danno dei profitti costituisce un ostacolo allo sviluppo economico. Smith e Ricardo, come altri economisti della loro epoca sono i c.d. economi l'economia politica come una scienza sociale, che studia le caratteristiche della produzione, della distribuzione e dell’impiego del reddito. lassici, perché considerano un sistema sociale dal punto di ista 2) APPROCCIO MARGINALISTA > ECONOMIA POLITICA COME SCIENZA DEL COMPORTAMENTO RAZIONALE: Secondo questa concezione, i bisogni o scopi degli individui hanno tre caratteristiche, ossia sono: 1. Molteplici > gli individui desiderano molte cose contemporaneamente 2. Ordinabili > gli individui sanno quale importanza relativa attribuire ai vari desideri ed esistono infatti bisogni primari e bisogni secondari 3. Illimitati > è necessario stabilire una graduatoria d’intensità proprio perché i desideri sono illimitati Non è possibile avere tutto ciò che desideriamo, perché i mezzi di cui si dispone, le risorse, sono limitate. Il problema economico consiste nello stabilire qual è il modo migliore di utilizzare le risorse scarse a propria disposizione. Quindi, l'economia è la scienza del comportamento razionale degli uomini, in particolare: = il problema del consumatore sta nello stabilire qual è il modo più razionale di impiegare il suo reddito, quindi quali beni comprare, in modo da soddisfare al massimo i propri desideri; = il problema del produttore sta nel decidere cosa e quanto produrre, quale tra le varie tecniche di produzione utilizzare per ottenere il massimo dei profitti, tenendo conto sia del costo dei vari mezzi di produzione sia dei prezzi che i vari acquirenti sono disposti a pagare. Quindi secondo la concezione marginalista, l'economia politica è un metodo utilizzato per aiutare l'individuo a fare delle scelte con lo scopo di raggiungere un obiettivo utilizzando al meglio gli strumenti che ha a disposizione, quindi l'economia politica è la scienza che studia la condotta umana come relazioni tra scopo e mezzi scarsi applicabili ad usi alternativi. LE LEGGI ECONOMICHE Tra i due approcci c'è anche una fondamentale differenza di metodo: ® APPROCCIO CLASSICO + Considerano l'economia politica come una scienza sociale, con il passare del tempo la società si modifica cambiando la natura stessa della scienza economia, quindi, i sistemi economici sono soggetti a cambiamenti continui, quantitativi, qualitativi e irreversibili e ogni società avrà le sue specifiche leggi economiche. Gli economisti distinguono diverse forme sociali (tribale, schiavistica, feudale, capitalistica). Il compito dell’economista è quindi quello di spiegare il funzionamento del sistema economico in cui vive, infatti, se i cambiamenti sono sostanziali sarebbe meglio creare una nuova teoria, diversa da quelle usate dagli economisti del passato. Le nuove teorie possono essere le migliori per spiegare la realtà di oggi, ma allo stesso tempo possono essere meno valide delle vecchie teorie nello spiegare la realtà di ieri, quindi la scienza economica si è adeguata ai cambiamenti verificatesi nella realtà. ® APPROCCIO MARGINALISTA > L'economia politica viene vista come teoria del comportamento razionale, per cui il problema economico di fondo resta lo stesso in ogni società ed epoca. Cambiano le istituzioni sociali, i rapporti di forza tra gruppi sociali e individui, ma ogni soggetto economico avrà sempre il problema di come utilizzare nel migliore modi le risorse scarse che ha a disposizione. Le loro azioni seguiranno, quindi, uno stesso schema logico, ossia massimizzare o minimizzare qualche variabile tenendo conto di uno o più vincoli. L'economista non può essere neutrale rispetto all'oggetto delle sue indagini perché fa parte della società ed è influenzato in vari modi dalla sua particolare posizione della società stessa e quindi c'è un rapporto molto stretto fra la posizione ideologica di un economista, le sue convinzioni politiche, e gli indirizzi della sua ricerca teorica. 2 SETTORI ECONOMICI Con il tempo sono cambiate le proporzioni tra i settori in cui viene generalmente divisa l'economia: 1) AGRICOLTURA > nei Paesi industrializzati è possibile notare una continua riduzione in questo settore 2) INDUSTRIA > ha visto aumentare la sua quota sul totale degli addetti, ma negli ultimi decenni anche la quota degli occupati in questo settore ha mostrato una tendenza a diminuire. Per vari decenni è aumentata la quota dei lavoratori presso le grandi e medie imprese, a spese della quota dei dipendenti delle piccole imprese. Negli ultimi anni, invece, si è assistito ad un aumento dei dipendenti delle piccole imprese contemporaneamente ad una decrescita di quelli delle medie e grandi imprese. 3) SERVIZI > continua la crescita che ha interessato i lavoratori dipendenti e indipendenti del settore privato e i lavoratori della pubblica amministrazione. I cambiamenti nelle proporzioni fra i tre grandi settori economici si riflettono in cambiamenti nei rapporti di forza tra le grandi classi sociali con i proprietari terrieri ridotti drasticamente e poi lavoratori e capitalisti. «* Icambiamenti dipendono da 3 fattori: 1. Cambiamenti nella produttività > innovazioni di processo nei settori “tradizionali”, innovazioni di prodotto nei settori nuovi 2. Cambiamenti nel consumo > dai beni primari ai beni secondari 3. Relazioni intersettoriali > output del settore A è input del settore B. GLI INDICATORI DI SVILUPPO EQUO E SOSTENIBILE Gli indicatori di sviluppo diversi servono per descrivere in termini quantitativi, lo stadio di sviluppo raggiunto da un certo paese in un determinato momento della sua storia e possono valutare se la crescita economica misurata in termini di prodotto nazionale o reddito pro capite ha portato davvero a un miglioramento del tenore di vita della popolazione. Per descrivere lo stadio di sviluppo economico in un certo Paese in termini qualitativi è necessari ricorrere a degli indicatori di sviluppo: * Reddito pro capite > misura la quantità di beni di cui ciascun individuo può disporre e permette di effettuare confronti nel tempo e dello spazio ® Svilupposostenibile >sviluppo economico compatibile con la salvaguardia dell'ambiente naturale ® Indicatoriatti a misurare il benessere equo e sostenibile + per comprendere meglio il rapporto tra sviluppo economico e progresso della società ® Indice dello sviluppo umano > speranze di vita, reddito pro-capite, indice di alfabetizzazione I vari indicatori concordano nel mettere in rilievo l’esistenza di uno stretto legame tra il processo di sviluppo economico e il miglioramento sostanziale nella qualità della vita. Economia come disciplina che studia i fattori che determinano lo sviluppo economico e le trasformazioni sociali. CAPITOLO 2 LA DIVISIONE DEL LAVORO TEORIA SMITHIANA DELLA DIVISIONE DEL LAVORO di oggi sono tutti basati sulla sono ruoli diversi, svolti da gruppi diversi e la posizione sociale di ciascuna persona e di ciascun gruppo di persone è isione sociale del lavoro e all’interno del sistema economico ci determinata dal ruolo svolto. Esistono due tipi di isione del lavoro: ® DIVISIONE ORIZZONTALE (o macroeconomica) > le varie unità produttive si raggruppano in settori diversi, producendo beni o gruppi di beni diversi. Divisione del sistema economico in diversi settori, rami o industrie. e DIVISIONE VERTICALE (o microeconomica) > all’interno di ciascuna unità produttiva o impresa, i diversi lavoratori o gruppi di lavoratori svolgono compiti diversi. Divisione in diverse figure professionali. Il processo di crescente divisione del lavoro è l'aspetto principale dello sviluppo economico. L’evoluzione della divisione del lavoro determina il continuo mutamento della struttura produttiva, dei rapporti sociali, della distribuzione del reddito, dei consumi. Il principale punto di riferimento sull'argomento è SMITH. DIVISIONE DEL LAVORO E RICCHEZZA DELLE NAZIONI «FATTORI CHE DETERMINANO LA “RICCHEZZA DELLE NAZIONI” (RdN) Per Smith la scienza economica ha il compito di studiare la “natura e le cause della ricchezza delle nazioni” e identifica la ricchezza di un paese con il grado di sviluppo economico espresso dal reddito medio pro capite, che per Smith dipende da: "produttività media dei lavoratori impiegati nella produzione di merci (lavoratori produttivi) "quota dei lavoratori produttivi sul totale della popolazione. Indichiamo: ® Y reddito nazionale complessivo e N popolazione (numero di abitanti) e L> numero dei lavoratori produttivi e TT > produttività media del lavoro è Y/N È reddito pro capite > la produttività media del lavoro n è pari al rapporto fra il reddito Y e il numero dei lavoratoriL > mt = Y/L È Il reddito nazionale Y è pari al n. dei lavoratori produttivi L per la loro produttività median > Y = Lt > Il reddito pro-capite Y/N si ottiene dividendo per N il primo e il secondo membro dell'espressione che corrisponde a L/N, la quota di lavoratori sul tot. della popolazione en > Y/N = L/N DIVISIONE DEL LAVORO E PRODUTTIVITA” La divisione del lavoro gioca un ruolo centrale nello spiegare la ricchezza delle nazioni, in quanto, la produttività dei lavoratori dipende a sua volta dal grado di divisione del lavoro raggiunto nel sistema economico. Smith in due brani illustra: * legamettra divisione del lavoro e produttività > si produce di più se ad ogni lavoratore è assegnato un determinato compito ed è addestrato a questo dato compito ® cause della connessione tra divisione del lavoro e produttività > anche con questo grande aumento della quantità di lavoro, a seguito della divisione del lavoro, lo stesso numero di persone riesce a svolgere ugualmente tale lavoro e questo è dovuto a tre circostanze: 1. aumento di destrezza di ogni singolo operaio 2. risparmio del tempo che di solito si perde per passare da un lavoro all’altro 3. invenzione di un gran numero di macchine che facilitano e abbreviano il lavoro. DIVISIONE DEL LAVORO E ALLARGAMENTO DEI MERCATI La divisione del lavoro progredisce se è favorita da un allargamento dei mercati. Ad esempio, se un operaio produce da solo 10 spilli al giorno, gli spilli saranno costosissimi, ma l'operaio potrà one del lavoro nella trovare gli acquirenti in una cerchia abbastanza ristretta di persone. Introducendo la di produzione degli spilli la piccola fabbrica con dieci operai produce 50000 spilli al giorno: gli spilli costano molto meno, ma bisogna vendere 50000 spilli al giorno. Quindi il mercato di sbocco per questa determinata produzione deve essere molto più ampia. L'ampiezza del mercato può crescere a sua volta se si verificano l'una e/o l’altra delle seguenti circostanze: 1. secresce il reddito spendibile dei consumatori, quindi se cresce il numero di consumatori o il reddito pro-capite 2. selo Stato elimina tutte le barriere alle libertà del commercio 3. se il miglioramento dei trasporti permette a ciascuna impresa di raggiungere con i suoi prodotti aree man mano più distanti dal centro di produzione. Figura 1 accumulazione 7 ° fattori istituzionali LN |< e di costume Y divisione VIN [fe n [t del lavoro A »i ampiezza miglioramento +» dei mercati dei trasporti x edelle politiche comunicazioni economiche e PerSmithlaricchezza delle nazioni, intesa come Y/N, dipende da due fattori, ossia L/N e x ® La produttività media (rt) dipende dallo stadio raggiunto dal processo di crescente divisione del lavoro che a sua volta dipende dall’ampiezza dei mercati di sbocco. ® L’ampiezza dei mercati di sbocco dipende da: " Y/N = dalle politiche più o meno liberiste adottate dalle autorità pubbliche " miglioramento dei trasporti ® L/Ndipende dallo stadio raggiunto dal processo di accumulazione e da fattori istituzionali e di costume che a loro volta sono influenzati dalle scelte politiche delle autorità pubbliche. L'adozione di politiche tendenti ad eliminare gli ostacoli al libero commercio e a favorire l'allargamento dei mercati può mettere in moto una spirale virtuosa: allargamento dei mercati > crescente divisione del lavoro > aumento della produttività > aumento reddito pro capite (scelte politiche che favoriscono un aumento della L/N) > ulteriore allargamento dei mercati IL FUNZIONAMENTO DEL SISTEMA ECONOMICO COME PROCESSO CIRCOLARE Gli economisti classici concepiscono il funzionamento del sistema economico come un processo circolare basato su determinate quantità di varie merci disponibili quando l’attività produttiva ha inizio e sono utilizzate come: e Mezzidi produzione > cioè come materie prime ® Mezzidi sussistenza > destinate ai lavoratori (es. alimenti, vestiti e simili) AI termine dell'attività produttiva, si ottiene un prodotto costituito dalle stesse merci, anche se in quantità differenti. Il SISTEMA PRODUTTIVO o SISTEMA ECONOMICO > è l’insieme delle attività produttive che vengono svolte in un determinato paese ed è vitale se la quantità prodotta di ogni merce è uguale o superiore alla quantità della stessa merce utilizzata nei vari settori come mezzo di produzione o di sussistenza. Il sovrappiù > è l'eccesso di prodotto rispetto alle quantità utilizzate nel processo produttivo ed è, quindi, composto da varie merci. Questo sistema è vitale perché alla fine del periodo ci sono quantità disponibili per iniziare un nuovo ciclo produttivo analogo al precedente. In particolare, si distingue tra: Secondo lui il capitalismo è solo una fase intermedia della storia della società umana, infatti come è preceduto da altre forme di organizzazione sociale, così dovrà lasciare il posto a nuove forme di organizzazione sociale. Il compito principale dello scienziato sociale dovrebbe essere quello di studiare le leggi di movimento del capitalismo: capire come è nato, come si è modificato e per quali motivi dovrà lasciare il posto a una nuova forma di organizzazione sociale ossia il socialismo. Marx individua la principale legge di movimento delle società capitalistiche in una crescente polarizzazione economica e sociale: " impoverimento progressivo di una quota crescente di popolazione = concentrazione in poche mani di un crescente potere economico e politico In particolare, Marx prevede una crescente proletarizzazione > la formazione di masse sempre più ampie di operai non qualificati. Da qui l’affermazione di un crollo inevitabile del capitalismo e del suo necessario superamento con il passaggio a una società socialista. La previsione di Marx è basata sui cambiamenti tecnologici, in particolare verso una crescente concentrazione della produzione industriale in poche grani piccoli imprenditori e dei piccoli artigiani indipendenti che sarebbero assorbiti nelle file dei lavoratori. imprese e la riduzione del numero dei C'è quindi un bipolarismo tra: "proletariato sempre più numeroso = unaclasse di capitali. Contemporaneamente altri fattori hanno portato alla formazione di un’ampia e crescente classe media i sempre meno numerosa e sempre più potente connessa alla riduzione della quota dei lavoratori direttamente impiegati nella produzione di beni e l'aumento della quota di lavoratori produttori di servizi Il rafforzamento politico ed economico dei lavoratori dipendenti ha poi favorito una crescita dei loro redditi parallela alla crescita della produttività. Ciò ha accresciuto la capacità di risparmio dei lavoratori, quindi anche la diffusione dell’azionariato, ossia il possesso di quote di proprietà delle grandi imprese industriali, grazie alla sua diffusione e al peso del settore pubblico nell'economia. Il processo di concentrazione industriale non ha portato a una parallela concentrazione in poche mani della totalità o quasi della ricchezza e del potere economico. DIVISIONE SCIENTIFICA DEL LAVORO Con l'affermazione delle catene di montaggio e quindi dell’operaio parcellizzato, costretto a ripetere incessantemente le stesse azioni, si ha una rapida diffusione delle teorie sulla divisione scientifica del lavoro, in particolare delle teorie di Taylor. TAYLORISMO > è un’analisi scientifica del processo lavorativo e nella scomposizione dell’attività di ciascun operaio nelle operazioni elementari, con un’esatta definizione delle operazioni lavorative e la misurazione dei tempi di lavoro (“analisi tempi e metodi”) che comporta un massimo ritmo di lavoro possibile agli operai. Da qui deriva una reazione al taylorismo, basata sull'importanza della motivazione del lavoratore per la sua stessa produttività e tale reazione ha assunto varie forme quali: " laricercadi una maggiore flessi nell’organizzazione del lavoro = unampliamento della sfera di responsabilità dei lavoratori = laricercadi unloro maggiore coinvolgimento nella gestione dell'impresa LE UTOPIE E LA REALTA” 10 I cambiamenti tecnologici comportano cambiamenti della divisione sociale del lavoro e quindi nella struttura sociale, ma secondo molti autori il continuo progresso tecnologico può portare al superamento del problema economico, quindi a un regno dell'abbondanza in cui la società è in grado di assicurare a tutti la soddisfazione dei bisogni essenziali della vita. Generalmente il raggiungimento di questi risultati è connesso all'adozione di profondi cambiamenti nella struttura sociale e quindi le varie utopie di società perfette vengono proposte come soluzione al problema economico. Tra queste si ricordano: " lasocietà comunista proposta da Marx, in cui è superato il lavoro costrittivo e la stratificazione sociale ad esso associata. "Società automatizzata diffusasi con l'affermarsi della rivoluzione microelettronica: con le scoperte informatiche gli uomini sarebbero liberati da ogni compito lavorativo. In realtà, anche questa resta un'utopia, perché il processo tecnologico non può eliminare ogni residuo di lavoro costrittivo. Anche se consapevoli che la meta è irraggiungibile, si presta attenzione al problema della ripartizione nella società ivo, quindi quello della struttura sociale. Fra le proposte di una più equa distribuzione del lavoro costrittivo all’interno della società, importante è quella di un esercito del lavoro di Labini secondo cui in questo esercito andrebbero arruolati tutti i cittadini per un determinato del lavoro costri periodo di tempo, a una certa età e gli verrebbe affidato lo svolgimento dei meno piacevoli fra i lavori ineliminabili. Questo permette di riaffermare la convinzione che l'economia politica è una scienza della società e che la società va studiata nella sua evoluzione e ci aiuta a riconoscere l'economia politica come uno studio che non è fine a sé stesso, ma ha l’obiettivo di individuare i vincoli e le possibilità aperte. CAPITOLO 3 LA TEORIA DEL VALORE MERCATO E CONCORRENZA La divisione sociale del lavoro richiede che soggetti diversi, autonomi l’uno dall'altro e operanti i produzione necessari per creare un nuovo ciclo produttivo. settori differenti, acquistino l’uno dall'altro i mezzi Questi scambi tra vari settori, necessari per il continuo funzionamento del sistema: = Possono essere coordinati da un'autorità centrale, attraverso un piano di ripartizione del prodotto globale del sistema tra i vari settori e tra le varie unità produttive + economia pianificata centralmente. >» avvengono liberamente > In un'economia di mercato Si ha così un mercato. ® MERCATO > un insieme di rapporti di scambio che si ripetono seguendo schemi sufficientemente regolari. Il mercato collega fra di loro le unità produttive che operano nei vari settori dell'economia in due modi: «* Attraverso gli scambi sul mercato ciascuna unità produttiva ottiene dalle altre, in cambio dei propri prodotti, quanto le è necessario per continuare la sua attività. «* Il mercato collega fra loro le varie unità produttive attraverso la concorrenza reciproca. ® CONCORRENZA > aspetto centrale per tutta la teoria economica: * chi desidera acquistare qualche merce, cerca di spendere il meno possibile, rivolgendo quindi all’unità produttiva che è disposta a cedere la merce desiderata al prezzo più basso. In condizioni ideali, senza ostacoli, nessun produttore può chiedere un prezzo superiore senza perdere tutti i clienti. = Le unità produttive che vendono le proprie merci sul mercato cercano di ricavarne il massimo, quindi, preferiscono vendere a quegli acquirenti che sono disposti a pagare il prezzo più alto. In condizioni ideali, nessun acquirente può ottenere la merce pagando un prezzo inferiore a quello degli altri. ® LEGGE DEL PREZZO UNICO > risultato necessario della concorrenza, si ha quando la pressione concorrenziale on incontra ostacoli di alcun tipo, il prezzo di ciascuna merce è unico per tutti i su venditori e acquireni venditori e tutti gli acquirenti. CONCORRENZA TRA CAPITALISTI 11 In una economia capitalistica occorre considerare anche la concorrenza tra i capitalisti, che lega l’uno all’altro i vari settori produttivi. Importante a riguardo è l'intervento di DAVID RICARDO > ciascun capitalista ha l’obiettivo di ottenere il massimo rendimento possibile dal suo capitale e nel perseguire questo obiettivo sceglierà quale merce produrre e offrire sul mercato, cioè in quale settore economico investire il proprio capitale e, quindi, sposterà il suo capitale tra i vari settori. ® LIBERA CONCORRENZA > situazione in cui i capitalisti non incontrano ostacoli di alcun tipo quando decidono di spostare da un settore all’altro i loro fondi. In questa condizione non è possibile che un settore offra ai capitalisti un rendimento maggiore degli altri settori per un lungo periodo, perché altrimenti tutti i capitali muoverebbero verso di esso e non è possibile che un settore offra ai capitalisti un rendimento inferiore a quello degli altri settori per un lungo periodo di tempo perché tutti i capitalisti lo abbandonerebbero. In una situazione di libera concorrenza il rendimento dei capitali tende ad essere uguale in tutti i settori. ® SAGGIO DEL PROFITTO > indica il rendimento dei capitali ed è pari al rapporto tra profitti totali e capitale anticipato e come effetto della concorrenza, si uniforma tra i diversi fattori. La concorrenza tra i capitalisti, basata sulla possibilità di spostare fondi da un settore all’altro, collega i diversi settori in un unico mercato, corrispondente all'insieme dei rapporti economici che hanno luogo fra i vari soggetti che compongono un determinato sistema economico. I rapporti di scambio tra i vari settori sono regolati da due gruppi di fattori: * La struttura produttiva del sistema, cioè la tecnologia > indica, per ogni settore, quali quantità dei vari mezzi di produzione sono necessarie per ottenere una data quantità di prodotto e quindi quali merci ciascun settore deve acquistare dagli altri per continuare la sua attività produttiva " lfattiche determinano il saggio del profitto > i fattori che determinano la distribuzione del reddito tra le varie classi sociali * TEORIA DEL VALORE > riguarda quell'insieme di scambi tra settori/ classi sociali che permettono il regolare funzionamento di un'economia di mercato, basata sulla divisione del lavoro. Una volta fissate le regole, si possono fissare: = Iprezzi deibeni, ossia i loro rapporti di scambio " Levariabi tributive, ossia il saggio del profitto e il salario VALORE DI SCAMBIO E VALORE D’USO ® VALOREDISCAMBIO > è il valore che ogni merce assume quando gli scambi si ripetono regolarmente e deve rispettare le condizioni di riproduzione del sistema economico: = deve essere tale da permettere all'unità produttiva di ottenere in cambio merci sufficienti a ricostruire le proprie scorte di mezzi di produzione e di sussistenza in modo da potere dare vita a un nuovo ciclo produttivo = Deve permettere all'imprenditore di ottenere un profitto sul capitale anticipato suffii continuare l’attività produttiva nel settore in questione: ciò accade quando il valore di scambio permette di iente ad indurlo a recuperare i costi di produzione e di ottenere un saggio di profitto corrispondente a quello ottenibile in altri settori. Il valore di scambio è, quindi, il potere di acquistare altri beni che il possesso di quell'oggetto comporta, quindi il prezzo reale (concreto) di quel prodotto. e VALORED’USO > esprime l'utilità di un oggetto particolare e quindi è il valore che il consumatore da al bene. Per gli economisti classici è un prerequisito del valore di scambio. Quindi, un bene che non abbia alcuna utilità, e che non sia desiderato da nessuno, non può avere un valore di scambio positivo (es. Smith su diamanti/ acqua). PREZZO DI MERCATO E PREZZO NATURALE 12 Quindi, l'equilibrio del consumatore è raggiunto quando i suoi acquisti sono ripartiti fra i vari beni in modo che sia uguale l’UMA ponderata di ciascun bene (UMA 1/p1 = UMA2/p2). La scuola marginalista considera il problema economico come un problema di scelta razionale tra mezzi limitati per la soddisfazione di bisogni illimitati. Secondo il principio di razionalità: * II COMPORTAMENTO DEL CONSUMATORE È RAZIONALE > quando cerca di ottenere il massimo risultato con un dato ammontare di mezzi a disposizione. Obiettivo del consumatore è la soddisfazione (o utilità) dei suoi bisogni da massimizzare e il vincolo è l'ammontare di risorse a disposizione. + II COMPORTAMENTO DEL PRODUTTORE È RAZIONALE + quando cerca di minimizzare i costi necessari per ottenere una data quantità di prodotto. Obiettivo del produttore è rappresentato dai costi da minimizzare e il vincolo è rappresentato dalla quantità di prodotto che si deve ottenere. BISOGNI DEL CONSUMATORE E BENI ECONOMICI L'obiettivo del consumatore è la massima soddisfazione dei suoi bisogni. | bisogni sono illimitati e possono essere: * Bisogni primari > riguardano le necessità della vita * Bisogni secondari > riguardano la soddisfazione di semplici desideri. Includono anche i bisogni di status, ossia il desiderio di “stare meglio del vicino” e sono un tipo di bisogni che non può raggiungere il punto di saturazione. La soddisfazione dei bisogni richiede l'utilizzo di beni economici. Bene economico + un oggetto che non è disponibile in natura in quantità illimitata, o più precisamente quando non è disponibile in natura in quantità sufficiente a permettere a tutti il raggiungimento del limite di saturazione per quel bisogno. Possono essere distinti in: * Beni materiali i, di cui fanno parte servizi e diritti soggettivi lurevoli, che possono essere usati più volte = Beninon durevoli, che possono essere usati solo una volta = Beni complementari, che vanno usati congiuntamente * Benisostituibili, che possono essere usati alternativamente per soddisfare uno stesso bisogno * Beniindivisibili L'EQUILIBRIO DEL CONSUMATORE Abbiamo già visto che gli economisti marginalisti basano la loro analisi sul principio dell'utilità marginale decrescente, cioè sull’idea che i bisogni diminuiscono d’intensità man mano che vengono soddisfatti. Inoltre, l'utilità è soggettiva: varia da persona a persona, a seconda dei gusti di ciascuno. Nel nostro esempio dei libri e dei dischi, abbiamo misurato sia l'utilità marginale sia quella totale in termini di moneta. Ma non è necessario che l’utilità totale sia misurabile: l’uti delle prime dosi di un bene necessario come il cibo può essere infinita, e allora sarà infinita l'utilità totale di qualsiasi quantità di cibo. Ciò che è necessario è che siano possibili confronti di utilità fra le varie dosi dei vari beni, per stabilire se una certa dose di un certo bene sia più utile di una certa dose di un altro bene. La concezione cardinale dell’uti (utilità misurabile) può allora essere sostituita da una concezione ordinale dell’uti (UTILITÀ CONFRONTABILE, in termini di maggiore, uguale e minore). Di fatto, questa sostituzione è avvenuta nel corso dello sviluppo della scuola marginalista. Su queste basi, il risultato principale cui arriva la teoria marginalista del comportamento del consumatore è quello sopra indicato come teorema del livellamento delle utilità marginali ponderate. Ogni consumatore, comportandosi da soggetto economico razionale, sceglierà fra i vari beni a sua disposizione sul mercato in modo da massimizzare la propria soddisfazione, tenendo conto del vincolo dei soldi a sua disposizione da spendere. Ciò significa che acquisterà una dose addizionale di un bene qualsiasi, solo se non potrà ottenere un'utilità maggiore acquistando una dose addizionale di qualche altro bene. Di conseguenza, l’equilibrio del consumatore è raggiunto quando i suoi acquisti sono ripartiti fra i vari beni in modo che sia eguale l’utilità marginale di ciascun bene (cioè l'utilità addizionale ottenuta grazie all'acquisto dell'ultima dose di ciascun bene). Naturalmente occorre tener conto della possibilità che i vari beni abbiano prezzi diversi: se i libri costano il doppio dei dischi, l’utilità dell’ultimo libro dev'essere doppia rispetto a quella dell’ultimo disco. In altri termini, quella che dev'essere eguale per tutti i beni è l'utilità marginale ponderata, cioè l’utilità dell'ultima unità di moneta spesa nell’acquisto di ciascuno di essi (0, in altri termini, l'utilità dell'ultima dose di ciascun bene divisa per il rispettivo prezzo). 15 Questo risultato vale quando i vari beni sono di li a piacere, di modo che il consumatore è libero di stabilire con precisione la quantità da acquistare di ciascuno di essi. Spesso tuttavia il consumatore si trova di fronte ai cosiddetti beni indivisibili: ad esempio, con 10.000 euro in tasca il consumatore può decidere di acquistare un’automobile o una barca, ma non può ripartire la somma di cui dispone tra i due beni, stabilendo «quanta» automobile e «quanta» barca comprare in modo che l’ultima lira spesa in una «dose marginale» di automobile renda la stessa utilità dell'ultimo euro speso in una «dose marginale» di barca. La teoria economica spesso ricorre a ipotesi palesemente irrealistiche nella costruzione dei suoi teoremi: una fra tali ipotesi è appunto quella della continuità nella funzione di utilità del consumatore, cioè l'ipotesi che sia possibile variare per piccole dosi (al limite, per quantità infinitesime) la quantità consumata di ciascun bene. Questa ipotesi è necessaria, in particolare, per la validità del teorema del livellamento delle utilità marginali ponderate. (Grazie a questa ipotesi, le curve a scalini che rappresentano l’utilità marginale e totale dei libri e dei dischi nei grafici illustrati nel $ 40 diventano curve continue.) CAPITOLO 5 LA TEORIA MARGINALISTA DELL’IMPRESA Continuando a studiare il comportamento di un singolo soggetto economico, considerandolo non solo come consumatore-acquirente, ma anche come produttore-venditore, in genere, un consumatore ha una certa somma di denaro da spendere in quanto se la è procurata sopportando un certo sacrificio, ad esempio lavorando. e DISUTILITÀ O UTILITÀ NEGATIVA > le azioni che comportano un sacrificio implicano disutilità. Si tratta di azioni che vengono compiute non perché siano fonte di soddisfazione in sé, ma perché permettono di ottenere qualcosa (una certa quantità di prodotto, una certa somma di denaro) che possiamo poi utilizzare come mezzo per soddisfare bisogni. ® DISUTILITÀ MARGINALE O DISUTILITÀ ADDIZIONALE > deriva dall’ultima dose di sacri esempio, disutilità dell'ultima ora di lavoro). e DISUTILITÀ MARGINALE DECRESCENTE >(ad esempio) il sacrificio di lavorare per un’ora al giorno non è notevole, ma ogni ora aggiuntiva di lavoro comporta un sacrificio addizionale man mano maggiore; la sedicesima ora di lavoro giornaliero incide su bisogni essenziali, arrivando a limitare il tempo necessario per io compiuto (ad mangiare e dormire, per non parlare di tutto il resto. Esempio di Robinson Crusoe > prendendo come esempio un individuo isolato come Robinson Crusoe (esempio molto comune tra i marginalisti) solo nella sua isola, che affronta il problema di come organizzare la sua vita. Semplificando, possiamo ridurre il suo problema a una scelta tra più o meno lavoro da un lato, più o meno cibo dall’altro. Il lavoro presenta una disutilità marginale crescente mentre il cibo presenta un’utilità marginale decrescente. ore disutilità quantità utilità dell'ultima dellultima dilavoro radi dicibo unità di cibo lavoro I 10 1 1000 2 15 2 500 3 20 3 200 4 25 4 100 5 30 5 80 6 35 6 7 7 40 7 60 8 50 8 50 9 60 9 40 10 U) 10 30 n 80 n 2% 12 100 12 10 Supponendo che in ogni ora di lavoro Crusoe ottiene un'unità di cibo seguendo le utilità e le disutilità marginali di dosi successive di cibo e di lavoro (giornaliere), l'utilità marginale della prima unità di cibo è molto alta e potrebbe 16 anche essere infinita e quel che importa è nettamente superiore alla disutilità marginale della prima ora di lavoro. L'utilità marginale del cibo si mantiene superiore alla disutilità marginale del lavoro fin quando non arriviamo all'ottava ora e all'ottava unità di cibo. Da quel momento in poi, l'utilità marginale del cibo risulta inferiore alla disutilità marginale del lavoro: ogni ora di lavoro in più comporta un sacrificio addizionale che è superiore, secondo Crusoe, all’utilità addizionale procurategli da ogni unità di cibo in più. Di conseguenza, Crusoe deciderà di lavorare otto ore, accontentandosi di otto unità di cibo. L'equilibrio è raggiunto quando la disutilità marginale del lavoro, che è crescente, risulta eguale all’utilità marginale del cibo, che è decrescente. EQUILIBRIO DEL PRODUTTORE-CONSUMATORE ità Sieve disutiità marginale del lavoro (curva d'offerta) utilità marginale del deo e (curva di comanda) ore di lavoro 910 1 12 @ unità di prodotto N.B. Cfr. tab. a p. 100, colonna 2 per la curva di offerta e colonna 4 per la curva di domanda. Il grafico può anche essere letto in un altro modo: >» Curva crescente > rappresenta la disutilità marginale, quindi descrive la situazione dal punto di vista del produttore, ossia ci dice quale sacrificio deve compiere il produttore per ogni unità addizionale di bene da portare sul mercato e quindi qual è il prezzo minimo del bene in questione necessario per indurre il produttore ad offrire quell’unità addizionale Può essere interpretata come CURVA D'OFFERTA (insieme dei prezzi d'offerta) > indica, per ogni data quantità di prodotto, il prezzo minimo necessario durre il produttore a offrire sul mercato quella quantità di prodotto >» Curva decrescente > rappresenta l'utilità marginale, quindi descrive la situazione dal punto di vista del à il consumatore ricava da ogni unità addizionale di bene acquistato e consumatore, ossia ci dice quale util quindi qual è il prezzo massimo che il consumatore è disposto a pagare per l'acquisto di quella unità addizionale. Può essere interpretata come CURVA DI DOMANDA (insieme dei prezzi di domanda) + indica, per ogni quantità di prodotto, il prezzo massimo che induce il consumatore ad acquistare sul mercato quella quantità di prodotto. >» Il punto d'incontro tra la curva d'offerta e la curva di domanda determina un prezzo e una quantità che assicurano l’EQUILIBRIO DI MERCATO > eguaglianza fra la quantità del bene offerta dal produttore e la quantità domandata dall'acquirente. L'IMPRESA E | “FATTORI DI PRODUZIONE” IMPRESA > soggetto economico che organizza la produzione di beni e/o servi ‘oordinando fattori produttivi diversi. «* Nelle imprese la produzione è organizzata in base ai principi della divisione del lavoro, di modo che ogni lavoratore ha un suo compito specifico, utilizzando strumenti e materie prime specifiche. «* L'impresa: "può assumere figure giuridiche diverse: imprese personali, società a responsabilità limitata, società per azioni ® può fornire un solo prodotto o servizio oppure più prodotti o più servizi simultaneamente 17 ** Di conseguenza, ciascun singolo operatore considera il prezzo di equilibrio (il prezzo che eguaglia la quantità del bene complessivamente domandata e quella complessivamente offerta sul mercato) come un dato sul quale non può influire con la propria azione. «Ogni operatore accetta il prezzo (price-takers) e su questa base decide la quantità da offrire o domandare (quantity-makers). CURVE COLLETTIVE DI OFFERTA E CURVE COLLETTIVE DI DOMANDA = Ogniconsumatore ha una curva di domanda individuale e hanno tutte un andamento decrescente: se il prezzo aumenta, ogni consumatore riduce la quantità del bene che domanda sul mercato. = Ogniproduttore ha una curva di offerta individuale e hanno tutte un andamento crescente: all'aumentare del prezzo, ogni produttore aumenta la quantità del bene che offre sul mercato. Per l'ipotesi di concorrenza, il comportamento di ciascun singolo consumatore o produttore non influisce sulle condizioni generali del mercato e sul comportamento degli altri operatori presenti sul mercato stesso. Così per ciascun bene ogni singola curva individuale di domanda e offerta è indipendente dalle altre curve individuali di domanda e offerta. > Possiamo raggruppare tutte le curve individuali di domanda e ricavarne una CURVA COLLETTIVA DI DOMANDA > Possiamo raggruppare tutte le curve individuali dell'offerta e ricavarne la CURVA COLLETTIVA D'OFFERTA t è acea_ è na na > PUNTO DI EQUILIBRIO DI MERCATO + è quello nel quale le due curve si incontrano, in cui domanda e offerta coincidono. > Per prezzi inferiori a quello di equilibrio, come P1, la domanda supera l'offerta: Alcuni consumatori restano almeno in parte insoddisfatti, non riuscendo ad acquistare quanto desiderano. Fra i consumatori insoddisfatti, ve ne saranno alcuni disposti a pagare un prezzo più alto, pur di effettuare gli acquisti desiderati: la pressione delle loro richieste, cioè, in sostanza, la concorrenza fra i consumatori, farà salire il prezzo verso il livello di equilibrio. > Per prezzi superiori a quello di equilibrio, come P2, l'offerta supera la domanda: | produttori non riusciranno a vendere tutta la merce portata al mercato. Almeno alcuni produttori saranno disposti ad accettare prezzi inferiori, pur di non restare con merce invenduta: la pressione della concorrenza tra i produttori farà allora scendere il prezzo verso il livello di equilibrio. IL MIRACOLO DEL MERCATO È quello di assicurare automaticamente un equilibrio, fra le decisioni di domanda prese da una miriade di consumatori indipendentemente l’uno dall'altro, e le decisioni di offerta prese anch'esse da numerosi soggetti economici indipendenti. Il ruolo riequilibratore > affidato al prezzo e ai suoi movimenti, che segnalano ai soggetti economici la situazione corrente del mercato, scarsità o eccesso, permettendo loro di prendere le decisioni più opportune. LE ELASTICITA” È importante sapere di quanto variano l'offerta e la domanda e le elasticità-prezzo, infatti, misurano se offerta o domanda reagiscono molto o poco a una data variazione di prezzo > ELASTICITA’ AL PREZZO DELLA QUANTITA’ OFFERTA > e (0) = è data dal rapporto fra la variazione percentuale dell’offerta e la variazione percentuale del prezzo 20 * Quandol’elasticità è superiore a 1 > l'offerta è elastica, ossia basta una piccola variazione del prezzo per provocare una variazione relativamente ampia della quantità offerta * Quandol’elasticità è minore di 1 > l'offerta è rigida, ossia il prezzo varia ma la quantità offerta subisce modifiche relativamente piccole > ELASTICITA’ AL PREZZO DELLA QUANTITA’ DOMANDATA > e (d)= è data dal rapporto fra la variazione percentuale della domanda e la variazione percentuale del prezzo In questo caso all'aumentare del prezzo la quantità domandata diminuisce, quindi, l'elasticità della domanda viene calcolata facendo il rapporto fra la riduzione percentuale della domanda (in valore assoluto) e l'aumento percentuale del prezzo * Quandol’elasticità è superiore a 1 > la domanda è elastica, ossia basta una piccola variazione del prezzo per provocare una variazione relativamente ampia della quantità domandata * Quandol’elasticità è minore di 1 > la domanda è rigida, ossia il prezzo varia ma la quantità domandata subisce modifiche relativamente piccole * Quandol’elasticità è pari a 1 si ha un’elasticità unitaria > curve a spesa costante, infatti l'aumento percentuale del prezzo è esattamente compensato da una corrispondente riduzione proporzionale della quantità domandata, di modo che la spesa complessiva del consumatore (pari al prodotto tra pezzo e quantità domandata) resta invariata. Occorre un po’ di tempo, prima che la domanda e l'offerta si adeguino a una variazione di prezzo. Distinzione tra: * elasticità di breve o brevissimo periodo > reazioni più o meno immediate di consumatori e venditori * elasticità di medio o lungo periodo > reazioni dopo un arco di tempo più lungo » ELASTICITA’ INCROCIATA DELLA DOMANDA > epb (a) = Misura la reazione della quantità consumata di un bene A (a), al variare del prezzo del bene B (po) = ep(a)>0> sostitui = epb(a)<0> complementari » ELASTICITA’ AL REDDITO DELLA QUANTITA’ DOMANDATA > ey (d) = È pari al rapporto tra variazione percentuale della domanda e variazione percentuale del reddito. In genere l'aumento del reddito provoca un aumento della domanda dei beni di consumo, quindi l'elasticità al reddito della quantità domandata è in genere positiva. = ey(d)<0> inferiori > LEGGE DI ENGEL = 0<ey(d)<1> primari = ey(d)>1> lusso LA CONCORRENZA MONOPOLISTICA o CONCORRENZA IMPERFETTA Considerato dalla teoria marginalista come un caso intermedio fra la concorrenza perfetta e il monopolio assoluto, tipica si una situazione in cui nell'industria sono presenti numerose imprese, ma ciascuna di esse gode di un certo potere di mercato. L'esempio tipico è quello del commercio minuto, come la drogheria. Come nel caso di monopolio, il prezzo deve diminuire per ottenere un aumento della quantità venduta e quindi il punto di equilibrio è caratterizzato dall’eguaglianza fra ricavo marginale e costo marginale. 2) TEORIA CLASSSICA Il criterio degli economisti classici per distinguere varie forme di mercato e quindi se c'è o meno l’esistenza di condizioni concorrenziali si basa sull’esistenza o meno di ostacoli all’ingresso di nuove imprese sul mercato, ossia ostacoli alla libera circolazione di capitali e lavoratori da un settore all’altro: a) C'è LIBERA CONCORRENZA + quando non c'è nessun ostacolo. b) C'è un MONOPOLIO > quando l'ingresso di nuove imprese nel mercato è del tutto impossibile. 21 Situazione analoga è quella del cartello monopolistico che si verifica quando nel settore opera più di un'impresa, ma gli operatori presenti sul mercato si mettono d’accordo per impedire l'ingresso di nuovi concorrenti. c) C'è un OLIGOPOLIO o CONCORRENZA IMPERFETTA > quando ci sono barriere all'entrata, ma sono supera] anche se ad un certo costo. ® LA TEORIA CLASSICA DELL'OLIGOPOLIO BARRIERE ALL'ENTRATA E OLIGOPOLIO, SETTORI ECONOMICI E FORME DI MERCATO Si parla di oligopolio quando ci sono barriere all'entrata, ma sono superabil > Oligopolio concentrato > quando il prodotto dell’industria è omogeneo (cioè quando gli acquirenti non anche se ad un certo costo. vedono alcuna differenza fra le diverse imprese per quanto riguarda la qualità del prodotto e guardano solo il prezzo) e le barriere all'entrata derivano dall’esistenza di discontinuità tecnologiche. In varie industrie, i grossi impianti sono molto più produttivi degli impianti piccoli, ma nel mercato c'è posto solo per un numero limitato di impianti. Quindi, l'apertura di un nuovo grosso impianto provocherebbe di colpo un brusco aumento della quantità prodotta e, quindi, una sensibile diminuzione del prezzo sul mercato. È tipico delle industrie manufatturiere che producono mezzi di produzione. > Oligopolio differenziato > quando il fattore principale che ostacola l'ingresso di nuove imprese nel settore è costituito dall'esistenza di un mercato specifico per ogni impresa all’interno dell'industria. La barriera all'entrata di nuove imprese nel settore è costituita dal costo che i nuovi venuti dovrebbero sopportare per conquistarsi un proprio spazio di mercato, (ad esempio in campagne pubblicitarie) quindi in questi casi ogni impresa riesce a garantirsi un certo grado di fedeltà della propria clientela. È tipico delle industrie produttrici di beni di consumo non durevoli > Gli oligopoli misti > presentano sia le discontinuità tecnologiche (oligopolio decentrato) sia i mercati speci per le varie imprese e l’importanza delle spese pubblicitarie (oligopolio differenziato). Sono tipici delle industrie manifatturiere che producono beni di consumo durevoli. > Concorrenza imperfetta > caso analogo all’oligopolio differenziato, ma con un maggior numero di imprese, ma molto più piccole. Situazione in cui ciascuna impresa ha un vantaggio di localizzazione nei confronti della sua clientela, o almeno di parte di essa, di modo che la concorrenza di un nuovo potenziale entrante è limitata nel tempo e dalle spese necessarie per crearsi una propria clientela. (Es. fruttivendolo). Prevale la concorrenza imperfetta nel settore dei servizi privati, nell'edilizia residenziale e non residenziale per i lavori relativamente piccoli. Nell’agricoltura è finora prevalsa una situazione più vicina alla concorrenza. IL PREZZO DI EQUILIBRIO IN OLIGOPOLIO Nelle industrie oligopolistiche le imprese già presenti sul mercato possono ottenere profitti superiori a quelli prevalenti nei settori concorrenziali, senza che nuove imprese siano indotte a entrare nel mercato. > Nelcaso dell’oligopolio concentrato > la nuova impresa guarda ai profitti che potrà ottenere dopo il suo ingresso nel settore e non ai profitti che le imprese già presenti ottengono. = Selanuova impresa progetta un nuovo grosso impianto deve tenere conto di quello che succederà quando questo entrerà in funzione: l’utilizzo del nuovo impianto farà aumentare sensibilmente la produzione e quindi ci sarò un calo del prezzo che, a sua volta, provocherà una diminuzione dei profitti per unità di prodotto (pari alla differenza fra il prezzo e il costo medio). Questo scoraggia l'ingresso sia di nuove imprese con impianti di grandi dimensioni che quelle con piccoli impianti, che sono meno produttivi di quelli grandi e quindi in genere non permettono di ottenere un profitto per unità di prodotto superiore al normale. = Anchegli impianti piccoli possono ottenere profitti superiori al normale nel caso in cui le loro dimensioni non siano trascurabili, di modo che anche l’ingresso di una nuova impresa con un impianto piccolo è sufficiente a provocare una diminuzione di prezzo e quindi una riduzione di profitto per unità di prodotto. 22 Costi totali 60.000 50.000 40000 € 3000 20.000 10.000 Costi Fissi Totali 0 10 20 30 40 50 60 70 s0 90 10 Quantità Capacita sagitita >» RICAVOTOTALE (Rr) > è l'importo in denaro ottenuto da una impresa mediante la vendita di quantità q di prodotto a un prezzo unitario p ed è pari al prodotto della quantità venduta q per il prezzo unitario p ricavo totale at RT=pa 7 > PROFITTO TOTALE > pari alla differenza tra ricavo totale e costo totale e diminuisce man mano che scende la quantità prodotta > PROFITTO UNITARIO > guadagno generato considerando soltanto una unità di prodotto BREVE E LUNGO PERIODO > BREVE PERIODO + l'impresa non può modificare la propria dotazione di K fisso ma solo la quantità di lavoro e K circolante: il numero di imprese è dato, quindi non possono entrare nuove imprese. >» LUNGO PERIODO > L'impresa può adattare macchinari e impianti al livello di produzione prescelto poiché tutti i costi sono variabili, quindi il numero di imprese è variabile e nel mercato possono entrare nuove imprese. IL GRAFICO DEL “BREAK-EVEN POINT” Questo grafico analizza la situazione dell'impresa al variare del grado di utilizzo degli impianti e si riferisce al breve periodo LA GUERRA DEI PREZZI La guerra dei prezzi consiste in brusche riduzioni dei prezzi decise dalle maggiori imprese di un settore per costringere qualche altra impresa già presente sul mercato ad abbandonare il campo. > PREZZO DI ELIMINAZIONE DI LUNGO PERIODO (corrisponde al punto di fuga di lungo periodo) > È appena inferiore al prezzo che consente all'impresa che si vuole eliminare di recuperare i costi e di ottenere un profitto normale. A questa impresa non conviene investire nel rinnovo degli impianti e quindi resterà nel settore fin quando gli impianti sono utilizzabili. > PREZZO DI ELIMINAZIONE DI BREVE PERIODO (corrisponde al punto di fuga di breve periodo) > È appena inferiore ai costi variabili unitari dell'impresa che si vuole eliminare dal mercato. L'impresa ha quindi perdite tanto maggiori quanto più produce e minimizza le perdite interrompendo immediatamente la produzione. E’ ilvero prezzo a cui si deve scendere se si vuole veramente scatenare una guerra dei prezzi. «* Le imprese maggiori decidono di scatenare una guerra dei prezzi, quando i guadagni otteni in tal modo sono superiori ai costi della lotta. = 1guadagni > sono pari agli extraprofitti addizionali ottenibili occupando lo spazio di mercato inizialmente occupato dalle imprese. 25 = Icosti della lotta > sono dati dal calo delle entrate che le imprese che scatenano la guerra subiscono fino alla conclusione della guerra stessa. Più precisamente la riduzione delle entrate è pari alla riduzione di prezzo necessaria per scatenare la guerra, cioè alla differenza fra il prezzo di equilibrio oligopolistico e il “prezzo di eliminazione”, moltiplicata per la quantità di prodotto che le imprese attaccanti sono costrette a vendere al prezzo di eliminazione in tutto il periodo della guerra dei prezzi. ** Le grandi imprese possono facilmente scatenare una guerra dei prezzi contro le piccole imprese perché queste ultime hanno impianti tecnologicamente meno validi, caratterizzati da costi variabili relativamente elevati. Ma i guadagni ottenibili con la cacciata delle piccole imprese sono molto modesti. «> È difficile scatenare una guerra dei prezzi contro uno o più grandi imprese, perché queste imprese sono in genere dotate di impianti efficienti caratterizzati da costi variabili relativamente bassi e quindi la riduzione dei prezzi necessaria per indurre queste imprese a uscire dal mercato è molto forte. «* Inoltre, spesso queste imprese hanno la forza finanziaria di sopportare perdite anche sensi di tempo piuttosto lungo. per un periodo Le guerre dei prezzi sono eventi eccezionali. Infatti, prevale una “guerra di movimento” > basata su riduzioni di prezzo modeste e mascherate sotto forma di sconti o di facilitazioni di pagamento o (nel caso di oligopolio differenziato) su campagne pubblicitarie straordinarie. IL PRINCIPIO DEL COSTO PIENO Le imprese oligopolistiche variano il prezzo del proprio prodotto solo quando cambiano i fattori che determinano il prezzo di equilibrio e il più soggetto a variazioni è il costo di produzione che determina il prezzo concorrenziale (e aggiungendo l’extraprofitto anche il prezzo di equilibrio oligopolistico). » COSTO MEDIO UNITARIO (o COSTO DI PRODUZIONE) > c = K/qn+t v È pari alla somma dei costi fissi unitari (determinati dividendo i costi fissi totali K per il numero di unità prodotte in corrispondenza del grado normale di utilizzo degli impianti qn) e dei costi variabili unitari. > COSTO VARIABILE UNITARIO (v) è v= mp+ en+l È pari alla somma di tre elementi: il costo delle materie prime (mp), il costo dell'energia (en) e il costo del lavoro | >» COSTO DEL LAVORO PER UNITA’ PRODUTTIVA (CLUP) > 1= w/o È pari al rapporto tra il salario orario (w) e la produttività oraria del lavoratore (0) che indica quante unità di prodotto ottiene in un'ora di lavoro > PREZZO >P=v+K/qn+g È pari alla somma tra costi variabili unitari, costi fissi unitari e profitto unitario (g) * Differenzatrailprezzoeilcosto variabile: a) Serve a coprire i costi fissi b) Serve a fornire un profitto unitario (g) Di fronte a una variazione dei costi le imprese oligopolistiche tendono a seguire il c.d. PRINCIPIO DEL COSTO PIENO, > consiste nel variare il prezzo in proporzione alle variazioni del costo unitario di produzione. Più precisamente consiste in due operazioni distinte: 1) pi=v1+ qvioppure p1= (1+q)vi è (1+q)=p1/vi L'impresa guarda al vecchio prezzo di equilibrio (p:) e al vecchio valore dei costi variabili (vi). Su questa base calcola il margine proporzionale o mark-up (q) prevalente nella vecchia situazione, facendo il rapporto tra prezzo e costo variabile e ottenendo l’incognita 1 + q MARK-UP > margine che si aggiunge ai costi di produzione per determinare il prezzo di vendita. 2) P2=v2+ Qqv2oppure p2= (1+q) v2 Se il costo variabile cambia e sale a v, l'impresa applica il vecchio mark-up al nuovo valore del costo variabile unit io e ottiene il nuovo prezzo (p2) L'idea di base di questo procedimento è che i costi fissi si muovono più o meno proporzionalmente ai costi variabili. Se i costi fissi aumentano nella stessa proporzione dei costi variabili anche il profitto unitario aumenta nella stessa proporzione. 26 Questo mostra che in numerosi settori le imprese hanno il potere di fissare i prezzi, anche se nel farlo devono tenere conto della concorrenza delle altre imprese già presenti sul mercato. LE POLITICHE ANTIMONOPOLISTICHE Fin dalla nascita delle economie di mercato si è presentato il problema di impedire che tra i soggetti economici si formino concentrazioni di potere troppo rilevanti e/o che le differenze di potere vengano utilizzate per distorcere il funzionamento del mercato a vantaggio dei più potenti. Nella fase di avvio della rivoluzione industriale, Smith attacca le grandi compagnie commerciali che controllano in condizioni di monopolio i traffici su lunga distanza. Nella fase di sviluppo della teoria marginalista, il potere di mercato viene identificato con la dimensione dell'impresa, perciò le politiche antimonopolistiche tendono a favorire le piccole imprese e provvedono come rimedio principale lo smembramento delle imprese troppo ampie. In molti paesi la legislazione antimonopolistica si limita a vietare che le imprese di un certo settore si accordino formalmente in cartelli o trust o adottino comportamenti collusivi per ostacolare l'ingresso di nuovi concorrenti nel settore o per abolire la concorrenza. In alcuni casi il monopolio viene considerato inevitabile come ad es. per le reti telefoniche, l’elettricità ecc. Queste attività possono essere affidate ad aziende pubbliche e in questo caso c'è il problema della “cattura del controllo” ossia dell'influenza che le grandi compagnie monopolistiche possono esercitare sull'organismo pubblico che dovrebbe sorvegliare e fissare i prezzi dei loro prodotti. Lo sviluppo della teoria dell’oligopolio basata sul concetto di barriere all'entrata e della teoria dei mercati accessibili ha poi determinato una revisione nelle strategie della politica antimonopolistica: si combattono quegli elementi che ostacolano l'ingresso di nuove imprese nel settore. Per seguire questo orientamento, le politiche antimonopolistiche devono essere flessibili, mentre la concezione che individua il potere di mercato nella dimensione dell'impresa può affidarsi a norme generali, ad esempio vietando il superamento di una certa quota di mercato all'impresa maggiore. CAPITOLO 7 PRODUZIONE E OCCUPAZIONE: LA TEORIA KEYNESIANA FLUSSO CIRCOLARE DEL REDDITO Il flusso circolare del reddito va visto in un sistema economico come un flusso circolare di produzione e spesa. In un’economia chiusa e senza Stato ci sono due gruppi di soggetti economici - le imprese(E), - le famiglie (H). E’ quindi necessario analizzare il seguente grafico Gli elementi sono: - Y= Reddito; - C=consumo; - S=(Y-C) = Risparmio; - = Investimenti. Nello specifico: = irisparmiS costituiscono un aumento delle attività finanziarie delle famiglie, = gliinvestimenti | costituiscono un utilizzo di tali saldi finanziari per aumentare le dotazioni di fattori produttivi; = ilreddito Yè il denaro che affluisce alle famiglie; = ilconsumoCe investimenti rappresentano il denaro che affluisce alle imprese, in cambio dei beni e servizi che esse producono. = Le frecce rappresentano flussi di denaro. 27 ® a prezzi correnti > cioè ai prezzi dell’anno cui si riferiscono i dati; le variazioni nel tempo degli aggregati di contabilità nazionale, ad esempio del Pil, dipendono sia da variazioni nelle quantità prodotte di beni e servizi, sia da variazioni dei prezzi. ® a prezzi costanti > cioè ai prezzi di un anno preso come riferimento; le variazioni nel tempo esprimono solo le variazioni « reali » nella produzione, mentre sono stati eliminati gli effetti delle variazioni dei prezzi. CONTO DELLE RISORSE E DEGLI IMPIEGHI Il conto economico delle risorse e degli impieghi in contabilità nazionale indica l'andamento delle transazioni economiche effettuate dai soggetti economici sia all’interno che all’esterno dei confini della nazione in oggetto. Esso può essere rappresentato secondo il seguente schema: ® Risorse > date da: prodotto interno lordo a prezzi di mercato (Y) + importazioni di beni e servizi (F); * impieghi > dati da: consu i interni (C) + investimenti fissi lordi (1) + esportazioni di beni e servizi (X) + variazione delle scorte (A). Ovviamente per la logica del rispetto della partita doppia, dovrà essere rispettata la seguente uguaglianza: totale delle risorse = totale degli impieghi &Y+F=C+1+X+A4 FLUSSO CIRCOLARE DEL REDDITO IN ECONOMIA APERTA CON STATO Nel flusso circolare del reddito in economia aperta con stato si aggiungono due elementi: tasse (T) e spesa pubblica (G). Questo è rappresentato dal seguente grafico FLUSSI FINANZIARI E CONTO RISORSE E IMPIEGHI In questa economia "parte del reddito ricevuto va alla pubblica amministrazione sotto forma di tasse (T) ® quanto resta viene definito reddito disponibile (Yaisp = Y - T) che in parte viene speso in C e in parte risparmiato La formula è quindi: Y-T=C+S | risparmi S vengono trasformati in attività finanziarie (come depositi bancari, titoli del debito pubblico, azioni e obbligazioni emesse dalle imprese) e da esse vengono tratti i fondi destinati all'acquisto di beni d’investimento (1). Si possono presentare tre diverse ipotesi: 1. no risparmi impresa, 2. no stipendi ai dipendenti pubblici 3. no imposte per le imprese La tesi centrale di Keynes è che le imprese decidono quanto produrre, e quindi quanti lavoratori impiegare, guardando alla domanda peri loro prodotti. Importante è l'elemento DA, cioè la somma di denaro che affluisce alle imprese in cambio dei beni e servizi che esse producono > DA = C+1+G+XF Se le imprese decidono quanto produrre sulla base della domanda aggregata, questa risulta eguale al reddito nazionale > DA=Y Da cui Y=C+1+G+XF. Possiamo riscrivere la stessa relazione come conto delle risorse e degli impieghi -->Y+F=C+1+G+X. FLUSSI FINANZIARI E CONTO RISORSE E IMPIEGHI E SALDI SETTORIALI Per ottenere i saldi settoriali si procede: - Conto Risorse e impieghi: Y+F=C+1+G+X; - Y=T+C+5S; - Si combinano questi due punti: T+C+S+F=C+1+G+X; - si ottengono i saldi settoriali > (S-1)+(T-G)+(F-X)=0 30 I saldi, o bilanci, settoriali indicano le entrate e le perdite di un sistema economico statale a partire dai sottosistemi che lo compongono. Come sappiamo, ogni economia statale può essere suddivisa in tre macrosettori, ossia quello governativo (pubblico), quello non governativo (privato) e quello estero. Ognuno di essi presenta dei flussi finanziari in entrata ed in uscita e per questo vanno visti come interconnessi. Questo è stato teorizzato dall’economista britannico Wynne Godley ed implica l'impossibilità che tutti i macrosettori risultino in surplus e deficit allo stesso tempo. Formalmente, la teoria di Godley, con (0) che sta ad indicare il saldo complessivo, si esprime con la formula dei saldi settoriali (S- 1) + (T- G)+(F-X)=0 Gross Govermment Saving (GGSAVE) ‘GPSAVE-GPOI Private s00 2 surplus! 3 40 s; © 2 È Government s deficit 8 eo N -1,200 2001 2002 2003 2004 2005/2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 Shaded areas indicate US recessions. FRED ‘2012 research stlovisfed.org ve pot IDENTITÀ CONTABILI Le relazioni sopra illustrate sono identità contabili se considerate nell’ambito della contabilità nazionale data la definizione di investimenti come inclusivi della variazione non desiderata delle scorte (differenza tra entrate e costi delle imprese), e quella di profitti e risparmi come residui (differenza tra reddito disponibile delle famiglie e consumi). In ogni caso, si tratta di relazioni che risultano sempre verificate ex post. La Teoria keynesiana concentra invece l’attenzione sugli investimenti ex ante, ossia al netto delle variazioni non desiderate delle scorte, le identità contabili si trasformano allora in condizioni di equilibrio che sono verificate ex ante se e solo se le variazioni non desiderate delle scorte sono nulle. Nel caso di economia chiusa e senza Stato S = | è interpretabile come identità contabile ex post o come condizione di equilibrio ex ante a seconda dell’interpretazione che si dà degli investimenti I, ossia comprensivi o no della variazione non desiderata delle scorte. TEORIA KEYNESIANA DEL CONSUMO E DEL RISPARMIO (ECONOMIA CHIUSA SENZA STATO) Secondo Keynes la domanda di consumi dipende dal livello di reddito distribuito e, più esattamente, tale domanda varia in relazione diretta con il variare del reddito. Indicando con C il consumo e con Y il reddito stiamo affermando che: C = f(Y). Inoltre, afferma che un individuo è incline ad accrescere il proprio consumo al crescere del proprio reddito, ma non nella stessa misura in cui cresce il reddito. Questa affermazione introduce la definizione di propensione marginale al consumo che risulta essere decrescente al crescere del reddito: mano a mano che il reddito di un individuo aumenta questi consuma una frazione via via decrescente delle variazioni positive del reddito. LA FUNZIONE DEL CONSUMO > C = C + cY = C> componente esogena ; AC ; ; = 0<c<1> + propensione marginale al consumo = Propensione media al consumo > £ > decresce al crescere del Y CA LA FUNZIONE DEL CONSUMO: C = € +cY La componente C è rappresentata geometricamente dall’intercetta della retta del consumo con l’asse delle ordinate (corrispondente al valore Y =0) 31 La propensione marginale al consumo misura l'inclinazione della retta. La propensione media è rappresentata dall’inclinazione delle rette che congiungono l'origine degli assi con i punti della retta del consumo: al crescere del reddito tale inclinazione diminuisce in modo evidente. LA FUNZIONE DEL RISPARMIO > S=Y-C=Y-C-cY=-C+(1-0)Y=-C+sY Sa La propensione marginale al risparmio s; misura l’inclinazione della retta; è pari a (1-c); anch’essa compresa tra 0 e 1; |__R_ » ; 45 | 7 v corrisponde a va ci La propensione medi. Ì Quindi: ; . c = Propensione media al consumo > 7 ; ; AC = Propensione marginale al consumo > c "% ; . ; PIENI = Propensione media al risparmio > 5 = Propensione marginale al risparmio > s =È >i ù Ha n xo + ia V | " Ha n | 4 | V o ° ù n Ha Vediamo un esempio con il grafico ia c (44 AY AC AC/AY Prapensione | Incremento | Incremento | Propensione Reddito | Consumo media del del marginale al consumo reddito consumo | al consumo 100 80 0,8 - - - 110 87 0,79 10 7 0,7 s SY AS ASIAY Propensione Incremento Propensione Risparmio media del marginale al risparmio risparmio al risparmio | 20 0,2 * se 23 0,21 | 8 0,3 Altri elementi da tenere in considerazione sono: ® Illusione monetaria > variazioni percentuali del reddito nominale sono percepite come variazioni percentuali del reddito reale quindi la propensione al consumo rimane invariata. ® Reddito > è unflusso, cioè una grandezza che può essere misurata solo in riferimento a un certo periodo di tempo. ® Ricchezza > è uno stock, cioè una grandezza che può essere misurata solo in riferimento a un certo momento nel tempo :Ya> Ya d cA< CB Ex. Ya= 100, Yg = 100; Ca = 0,10 > 100; Ca = 0,90 > 90 Ca = 0,10 > 100; Cg = 0,90 + 90: C = 190 AYa=-100 AYg= +100 -> AC4= -10; AC8 = +90; AC = 80 + Ricchezza e consumi: a parità di Y i più ricchi hanno una propensione al consumo maggiore: i meno ricchi risparmiano di più per aumentare la ricchezza Con ioni del credito al consumatore + molti beni di consumo durevole (automobili, elettrodomestici, 32 Esempio: - 1= 1000; - c=0,83s=0,2 in equilibrio S = 1000 e quindi Y= 5000 * Condizione di equilibrio se gli investimenti sono fissi al valore T:- C+ sY =T Reddito di equilibrio: Y= 1 A A= C+ è la componente autonoma di DA = C+/ IL MOLTIPLICATORE DEL REDDITO Nulla garantisce che Ye, così determinato, corrisponda alla piena occupazione e al pieno utilizzo della capacità produttiva disponibile nel sistema economico. Se nel sistema esistono lavoratori disoccupati e capacità produttiva inutilizzata, n aumento di DApuò provocare un aumento della produzione 20 16 sE (Aumento {Aumento A dei dei 100° > 100 _ risparmi) 80 A risparmi) 64... (Aumento (Aumento A (Aumento ea 7 (Aumento Seal dela N n t della {Aumento della \ ; ” ; n investimenti) produzione Gure O produzione ‘dei produzione e del reddito) consumi) ® del reddito) consumi) © del reddito) (Sempre in un'economia chiusa senza Stato) Si parte da una situazione di equilibrio nel flusso circolare del reddito, in cui esistono sia lavoratori disoccupati sia capacità produttiva inutilizzata. Se aumentano gli investimenti e quindi la domanda globale, anche la produzione e il reddito aumentano. Il moltiplicatore del reddito > è quel numero per il quale occorre moltiplicare la variazione dell’investimento (il moltiplicando) per ottenere la variazione di reddito necessaria a ristabilire l'equilibrio nel flusso circolare del reddito > AY=aA4Î dove a = 1/s = 1/(1-c) è il moltiplicatore. UNA RAPPRESENTAZIONE GRAFICA DELL’EQUILIBRIO DEL REDDITO La teoria keynesiana viene spesso illustrata, in una versione semplificata, con un grafico che rappresenta l'equilibrio tra domanda e offerta aggregata, la cosiddetta “croce keynesiana”. Ipotizziamo che: - economia chiusa senza Stato è le uniche detrazioni dal flusso circolare del reddito sono i risparmi S, e le uniche immissioni sono gli investimenti I; - gli investimenti | ex ante restano costanti al variare del reddito; - i consumi sono una funzione crescente del reddito. In questa versione semplificata della teoria keynesiana: = la domandaaggregata D è pari alla somma della domanda di beni di consumo e di investimento (C +/) = l’offerta aggregata è pari al reddito, Y, ed è eguale per d jone alla somma di consumi e risparmi (C +5), dato che i risparmi sono definiti come la parte del reddito che non viene destinata a spese per consumi. eC=C+cY * Y= offerta aggregata *Yo>Y=D «1=Ì 35 IL PARADOSSO DEL RISPARMIO i Se 1 s (e quindi V c) © inclinazione di S se si YY Questo risultato, apparentemente paradossale (la decisione di S li lascia invariati, e provoca invece una Wdi Y), è una logica conseguenza della teoria keynesiana, senza Stato e resto del mondo. Infatti | è dato, e S in equilibrio dev'essere eguale al; di conseguenza, anche S non può variare. Se 1 s, che indica la forza del deflusso dei S dal flusso circolare del reddito, si mette in moto un processo moltiplicativo verso il basso, che si ferma solo quando la Y di Y ha riportato in equilibrio il sistema. Nella nuova situazione di equilibrio, le famiglie risparmiano una quota maggiore di Y, ma Y stesso è diminuito, lasciando invariato (ed eguale a 1) S. CURVA IS Il modello IS rappresenta l’equilibrio del mercato dei beni/ capitali. Sì Si x &I SL 1 2 Ss / » : » Y I C ia ar Ciascun punto della retta /S rappresenta combinazioni di reddito Y e di tasso di interesse i che soddisfano la condizione Keynesiana di equilibrio nel flusso circolare del reddito. Infatti, gli investimenti generati da quel livello del tasso d’interesse risultano eguali ai risparmi generati da quel livello del reddito, dato il modo in cui la retta /S è costruita. La retta /S è decrescente, ossia è inclinata negativamente per effetto della relazione inversa tra la spesa per gli investimenti (1) e il tasso di interesse. Quando aumenta il tasso di interesse (i) le imprese devono pagare una maggiore quantità di interessi per accedere a un finanziamento e, quindi, riducono le proprie attività di investimento. Quando il tasso di interesse si abbassa, invece, il costo del finanziamento si riduce e le imprese sono portate ad aumentare i propri investimenti (1). La spesa per investimenti (I) è una componente della domanda aggregata e, pertanto, qualsiasi variazione della spesa degli investimenti genera una variazione dello stesso segno nella domanda aggregata (DA) e, infine, sul livello del reddito (Y). Perciò a livelli più elevati del reddito di equilibrio sono associati livelli meno elevati del tasso d'interesse. L'ACCELERATORE Il moltiplicatore esprime l’effetto che gli investimenti hanno sul reddito Y tramite la domanda aggregata. 36 Ma gli investimenti in impianti e macchinari costituiscono anche un aumento della capacità produttiva delle imprese. Se per semplicità trascuriamo la possibilità di sfruttare il margine di capacità produttiva inutilizzata supponendo che esso resti costante nel tempo), la capacità produttiva delle imprese deve aumentare in proporzione all'aumento di produzione. Gli investimenti complessivi di un sistema economico dipendono dalle variazioni del reddito nazionale. ESEMPIO Impresa tessile con 10 telai in cui - ognitelaio: o costa 40000 euro; o produce 2000 metri di stoffa l’anno; - ilvalore produzione annuale è 10000; - il capitale (K) è: 400000; - ilvalore totale di produzione annuale (Y) è: 100000; il rapporto capitale reddito è: 400000/ 100000 = 4 Obiettivo: AY = 10000 con tecnologia costante -+ serve un nuovo telaio e quindi un investimento pari a 40000 ossia il capitale deve aumentare di 40000, quindi AK = 40000 K In questo esempio il rapporto incrementale capitale reddito è uguale al rapporto medio capitale reddito, ossia si 3334 > acceleratore: v = AK AY Il principio dell’acceleratore è: fs AY=4K > I= vAY IL MODELLO DI HARROD Il tasso garantito di crescita di Harrod indica un sentiero di crescita del sistema economico lungo il quale i due effetti degli investimenti (di stimolo alla domanda aggregata e di contributo all'espansione della capacità produttiva) si equilibrano, di modo che: = la maggiore domanda “giustifica” la maggiore capacità produttiva, = lamaggiore capacità produttiva “permette di soddisfare” la maggiore domanda. Prendendo in considerazione un'economia chiusa senza Stato: - S= sY > teoria keynesiana del consumo/risparmio; - 1=vAY > principio dell’acceleratore; - I1=S condizione di equilibrio del reddito vAY = . ; ; AY_s Tasso di crescita garantito > gw = vii TASSO DI CRESCITA NATURALE " Y=PILN=livello della popolazione lavoratrice e 7 = i (1v = N = nefacciamoillogaritmo (2) Ig (Y)= Ig (N) = Poichéillogaritmo di un prodotto è uguale alla somma dei logaritmi la (2) diviene: (3) lg (Y) = Igrr + Ig(N) = Nefacciola differenza logaritmica nel tempo: (4) Ig (Ye) — lg(Y0) = [Ig(rzwa) = Lg ()] + [lg(Ne:) -Lg(Nò] "Poiché la differenza nel tempo dei logaritmi corrisponde ai tassi di crescita (o decrescita) la (4) può essere scritta come tassi di crescita (o decrescita): (5) gn=n+î I simboli sopra espressi sono: - n tasso di crescita della popolazione lavoratrice; - TT > tasso di crescita della produ ità del lavoro; - gn> tasso dicrescita di piena occupazione. ESEMPIO = Int1N=1000 (piena occupazione), 7 100, + Y= 10000 = Int2N=1030 (n= 0,03 ossia 3%) Se ît = 0,10 ossia 10%: quale sarà il nuovo tasso di crescita naturale? - con approssimazione gn=0,10 + 0,03 = 0,13; - senza approssimazione (devo aggiungere n * ît ) sl =0,10+0,03+0,10 + 0,03 = 0,133 37 " inparte, vigilanza sul sistema creditizio italiano; contribuisce alle altre funzioni, in particolare all'attuazione della politica monetaria, nell’ambito del Sistema Europeo delle Banche Centrali (Sebc). Banca centrale europea > dal 1°gennaio 1999, con l’arrivo dell’Unione Monetaria Europea, alcune delle funzioni indicate sopra, in particolare la responsabilità della politica monetaria, sono passate in tutto o in parte alla Banca Centrale Europea, con sede a Francoforte. LA CREAZIONE DI MONETA BANCARIA 20 16 12,8 A (riserve) A (riserve) SM (riserve) 100 (deposito ®& 80 >, 50 64 >» di » 512» iniziale) (prestito) Cn: (altro depositi (altro prestito) riflesso) prestito) Persona A deposita 100 euro presso una banca > si tratta di un deposito effettivo. Subito dopo il deposito, la somma va a finire nella cassaforte della banca; a questo punto la banca ha: - unattivo di 100, ossia i soldi in cassa; - un passivo di 100, ossia il debito verso chi ha effettuato il deposito. La banca concede a persona B un prestito di 80 euro, il quale ritira gli 80 euro, e li utilizza per pagare persona C, dal quale ha comprato, ad esempio, materie prime. La banca ha ancora: - 100 euro di attivo + 20 di riserve, e 80 di credito verso B; - 100 euro di passivo > il debito verso A per le 100 euro di deposito originario. La persona C può versare sul suo conto corrente le 80 euro ricevute da B, e quindi si ha: - unnuovo attivo di 80 > 16 di riserve, e 64 di credito verso il cliente cui ha concesso un prestito; - unnuovo passivo di 80 > il debito verso C per gli 80 euro depositati. Il processo di creazione di nuovi depositi e di concessione di nuovi prestiti può andare avanti fino a quando i 100 euro originariamente depositati (B) non saranno tutti trasformati iserve (R) > B=R Se le riserve sono pari a un quinto dei depositi, questo significa che nel complesso i nuovi depositi possono essere pari a 500 euro: - 100 euro di deposito originario, - più 400 euro di depositi derivati, corrispondenti a un eguale ammontare di prestiti. L'ammontare complessivo dei depositi effettivi e riflessi presso il sistema bancario può dunque risultare un multiplo (il quintuplo, nel nostro esempio) dei biglietti a corso legale originariamente depositati presso le banche. Abbiamo quindi come elementi: a corso legale; e riflessivi; " cr=coefficiente di riserva; * B=R>=oD>D=18; soli ; sl " Il moltiplicatore dei depositi: — cr IL COEFFICIENTE DI PATRIMONIALIZZAZIONE Il coefficiente di patrimonializzazione è il rapporto tra le diverse attività della banca (prestiti alla clientela, investimenti in obbligazioni e azioni,...) ponderate in base al rischio e il patrimonio proprio della banca stessa. Il patrimonio proprio della banca è uguale a: "capitale sociale e accantonamenti dai profitti non distribuiti come dividendi, "obbligazioni subordinate, che in caso di difficoltà della banca sono rimborsabili solo dopo aver soddisfatto tutti gli altri creditori. E’ la Banca dei Regolamenti Internazionali con Accordi di Basilea a fissare i valori minimi del coefficiente di patrimonializzazione. PIRAMIDE CAPOVOLTA DEL CREDITO E DEFINIZIONI DI MONETA Il credito può essere rappresentato da una piramide capovolta: = Basemonetaria > composta da circolante e riserve bancarie; = M13 è composta da circolante, depositi bancari e postali in conto corrente non vincolato, assegni circolari, vaglia cambiari, depositi in conto corrente presso il Tesoro; 40 = M2 è composta dagli stessi elementi di M1, più i certificati di deposito delle banche con scadenza inferiore a 18 mesi, conti correnti vincolati e depositi a risparmio presso le banche, libretti postali; = M3> include anche attività finanziarie molto liquide, come i Bot, le accettazioni bancarie, la raccolta bancaria pronti contro termine. Il credito totale interno (Cti) > è pari al valore dei finanziamenti ottenuti dal settore privato dell'economia all’interno del paese più il debito del settore statale sull’interno. L'ampiezza della base monetaria dipende dall’azione della banca centrale. BANCA CENTRALE E AMPIEZZA DELLA BASE MONETARIA La Banca centrale influisce sulla base monetaria in vari modi: ® Operazioni di mercato aperto > emette o riduce la BM acquistando o vendendo titoli; = Banca delle banche > emette BM dando a prestito a banche private; " Gestionedelle riserve di valuta estera > emette o riduce la BM: esportatore o importatore cambia i dollari con euro o gli euro con i dollari presso la propria banca la quale li consegna alla BC in cambio di euro (dollari. > X--F>0> 1 euro IL CONTROLLO DELLA LIQUIDITÀ La liquidità può essere: = liquidità primaria (LP) > la Banca centrale crea moneta legale ossia BM; "liquidità secondaria (LS) > il Sistema bancario crea moneta bancaria che è moneta fiduciaria. La Banca centrale controlla direttamente la liquidità primaria e indirettamente la liquidità secondaria. La Banca centrale ha tre strumenti per controllare la liquidità: 1. variando la BM; 2. variandoil coefficiente di riserva; 3. variando il tasso di sconto (o sui tassi praticati sui finanziamenti alle banche private). La Banca centrale influenza la facilità con cui è possibile ottenere prestiti e il loro costo. In particolare: * la politica monetaria espansiva > intende aumentare la quantità di moneta complessiva; * la politica monetaria restrittiva > intende ridurre la quantità di moneta complessiva. OBBLIGAZIONI Quando lo Stato o una grande impresa hanno bisogno di un grosso prestito, possono suddividere il prestito in molte quote, e offrirle in sottoscrizione al pubblico, specificando le condizioni del prestito, cioè il tasso d’interesse e la data del rimborso. ESEMPIO Le Edizioni Laterza possono desiderare 100 milioni di euro in prestito, e per ottenerli più facilmente possono offrire a privati risparmiatori e alle banche 100.000 quote da 1000 euro ciascuna. Sei = 5%, ogni quota frutterà 50 euro l’anno, fino al momento del rimborso. Quanti sottoscrivono il prestito (cioè pagano 1000 euro per quota alle Edizioni Laterza) ricevono dalle Edizioni Laterza, o dalle banche che curano la collocazione del prestito, i relativi certificati obbligazionari. Questi certificati sono fogli di carta, ovviamente stampati in modo da evitare falsificazioni, sui quali viene indicata la data di emissione e quella di rimborso del prestito, il valore nominale di ciascuna quota, il valore e la data di scadenza di ciascuna cedola (per il pagamento degli interessi). In forma semplificata, l'obbligazione si presenta come segue: - Prestito obbligazionario: «Edizioni Laterza I, 2017-2021». - Le Edizioni Laterza Spa si impegnano a rimborsare al presentatore del presente titolo 1.000 euro al 31 dicembre 2021 e a pagare alle rispettive scadenze le somme sotto indicate per interessi - Cedola n.1: 31.12.2017 euro 50 - Cedola n.2: 31.12.2018 euro 50 - Cedola n.3: 31.12.2019 euro 50 - Cedola n.4: 31.12.2020 euro 50 - Cedola n.5: 31.12.2021 euro 50 Sempre più spesso in realtà, specie nel caso dei titoli del debito pubblico, i certificati obbligazionari non vengono stampati. Un'apposita società, la Monte Titoli, oltre ad offrire una gestione centralizzata dei certificati azionari, collabora con le banche per gestire le emissioni obbligazionarie tramite semplici scritture contabili, riducendo al minimo i costi di gestione tramite l'utilizzo di sistemi informatici. I risparmiatori aprono presso le banche “con titoli”, nei quali vengono accreditate le obbligazioni acquistate; in caso di vendita, l'accredito viene trasferito sul conto titoli del nuovo acquirente; le cedole e il rimborso del titolo alla scadenza— o il suo contro valore in caso di vendita-vengono accreditati su un conto corrente indicato dall’intestatario del conto titoli. 41 VANTAGGI DELLE OBBLIGAZIONI Le obbligazioni hanno due vantaggi importanti: * poterimpegnare una somma limitata > l'investimento minimo di ciascun sottoscrittore è dato dal valore di una singola quota (mille euro nel nostro esempio); " potercedereaterzi il certificato obbligazionario prima della scadenza del prestito > questa possibi garantita dalla quotazione in Borsa dei principali prestiti obbligazionari, il che significa che ogni giorno in Borsa vengono acquistati e venduti certificati obbligazionari. Nel far questo, ogni giorno viene determinato un prezzo di mercato per ciascun prestito obbligazionario: un prezzo tale da assicurare l'equilibrio tra le offerte di vendita e le richieste di acquisto. PREZZO E TASSO DI INTERESSE DELLE OBBLIGAZIONI Abbiamo come elementi: * V=valore nominale > cioè alla somma che viene rimborsata, per ogni certificato obbligazionario, alla scadenza del prestito; " pm= prezzo di mercato; " c=cedola; " i=tassodi iteresse nominale; * ic=tasso diinteresse corrente; Considerando per semplicità obbligazioni senza scadenza: » i=5 7 e " ic=z—- pm - tempo lic= 10% ossia le nuove obbligazioni offriranno cedole da 100 euro per ogni quota da 1000 euro. - Vecchie obbligazioni - ic=-£-> 10%= > pm=500 pm pm - altempo lic = 4% ossia le nuove obbligazioni offriranno cedole da 40 euro per ogni quota da 1000 euro. - Vecchie obbligazioni - ie=--> 4%= 2° > pm=1250 pm pm Il prezzo di mercato del titolo obbligazionario si muove nella stessa proporzione, ma in direzione inversa rispetto al tasso d'interesse. AZIONI In Borsa vengono trattate anche altre attività finanziarie legate a una particolare figura giuridica: la società per azioni. > La nascita di una società per azi i verifica quando un gruppo di persone decide di investire ciascuno una certa somma in un'impresa comune: ognuno diventa comproprietario dell'impresa stessa in proporzione alla quota del suo investimento. > Il totale delle somme complessivamente investite in questo modo in una data società viene indicato come capitale sociale. In cambio, la società emette azioni per un valore complessivo corrispondente al capitale sociale; ogni azione rappresenta una quota di proprietà dell’impresa, e ciascun investitore riceve un certo numero di azioni, proporzionale al suo investimento. >» Ogniazionista può al massimo perdere il valore dell’investimento effettuato, se l'impresa fallisce e il valore delle azioni scende a zero. Se invece le cose vanno bene, e l’impresa fa profitti, questi vengono distribuiti sotto forma di dividendi ai proprietari delle azioni. > Le azioni possono essere vendute e acquistate. In questo modo, il proprietario delle azioni non è legato al suo investimento per tutta la durata del progetto (che può essere molto lunga, come nel caso dei canali navigabili o delle centrali elettriche). Se ha bisogno immediato di denaro, l’azionista può vendere le sue azioni a qualcun altro, che gli subentra come comproprietario della società. Anzi, la vendita delle azioni è anche il modo usuale di abbandonare una società sulla cui gestione non si è più d'accordo, o che si ritiene abbia scarse prospettive di profitto. > Ingenere, quando la società va male il valore delle azioni diminuisce, e quando la società va bene il valore delle azio! aumenta. » Il rischio di perdite è così compensato dalla possibi! alla somma investita in azioni di quella società. ‘à di realizzare guadagni; in ogni caso il rischio di perdite è limitato LE TEORIE DELLA MONETA Come detto le funzioni della moneta sono: ® unità di conto; = mezzodi scambio; *riservadivalore. 42 Trappola de Per tassi molto alti, tutti gli operatori Equilibrio nel mercato monetario L'equilibrio nel mercato monetario è espresso da: M=Ly+L Vediamo i singoli elementi: M > è esogena perché dipende da sistema bancario; Ly > è endogeno perché Ly = kY e Y è esogeno rispetto al mercato monetario; Li> è endogeno perché L: = -hi e i è endogeno al mercato monetario; M-Ly> è illivello d’equilibrio di Li. Li=M-Ly quantità di moneta Mery Me mercato monetario > > > > > > IM>hp.Y>Ly 1M31M-Ly) individui hanno più M e a parità di i trasformano parte di È M in titoli ‘1 domanda di titoli + © pm tpmdyi vVi>NLi + Me mercato monetario VWVIVWVWW SM>(hp.Y3 Ly) SM3Y(M-Ly) individui hanno meno M e per ricostituire scorte di M vendono titoli 9 offerta di lid ypm Lpmd3 Yi Vi>yLli 45 aspetteranno una riduzione, dunque si avrà una sola “squadra” di Ribassisti. ie rende Li eguale all'offerta di moneta che resta disponibile una volta soddisfatta la domanda di moneta a scopo di transazione cioè > quantità di moneta quantità di moneta Fe mercato monetario > IY>3 NL > ILy3YUM-L) > a parità di M gli individui aumentano scorte vendendo titoli > € offerta di titoli > Y pm > ypm>Ii > Pi >yli St u quant î nu > di moneta + Y e mercato monetario > VY>VL > $ly>1M-Ly) > a parità di M si ha più disponibilità per acquistare titoli > 1 domanda di titoli >» ‘domandadititoli > © pm > pm>yi > Vi>ALi Teoria keynesiana della moneta ® Aspettative su mercati monetari + Politica monetaria > tasso di pen interesse; ® Tasso di interesse + aspettative sul mercato reale > investimenti; ® Investimenti + principio del moltiplicatore > Reddito e occupazione. =» M-i>I+>Y> occupazione " Effettoretroazione:Y>Ly>i " IM3 Yi 3 D' 3 IV 3 My d NI VI 3 4Y' ma ®» N'> JI” e IY' > 4Y” quindi resta effetto positivo diun aumento dell'offerta di moneta CURVA LM Ciascun punto della retta LM rappresenta un possibile equilibrio per il mercato monetario. Più precisamente, ciascun punto su questa retta rappresenta un livello del reddito e un livello del tasso d’interesse che assicurano l’equili 46 domanda e offerta di moneta. Infatti, quel livello del reddito genera una domanda di moneta per transazioni, che sommata alla domanda di moneta a scopo speculativo generata da quel livello del tasso d'interesse dà una domanda complessiva di moneta pari all'offerta M. La retta LM è crescente a causa delle ipotesi keynesiane sulla domanda di moneta: al crescere del reddito cresce la domanda di moneta a scopo di transazione, L, > data l'offerta di moneta M, l'aumento di Lydev'essere bilanciato da una riduzione di Li, la domanda speculativa di moneta, e ciò richiede un aumento del tasso d'interesse i. Perciò al crescere di Y deve crescere anche i, per mantenere l’equilibrio tra domanda e offerta di moneta. CAPITOLO 9 MONETA E OCCUPAZIONE MONETA E OCCUPAZIONE Il problema del rapporto tra moneta e finanza da un lato e produzione e occupazione dall’altro lato, ha avuto soluzioni radicalmente diverse nella storia del pensiero economico, ed è tuttora oggetto di vivaci controversie. Nello specifico troviamo: ® Concezione classica = Concezione neoclassica (o marginalista) = Concezione keynesiana 1. CONCEZIONE CLASSICA Questa concezione si fonda sulla legge di Say secondo cui “l’offerta crea la propria domanda”. Le imprese, nel loro complesso, possono vendere tutto ciò che producono, o in altre parole, non sono possibili crisi generali da sovraproduzione. " YeL=f + accumulazionedi KossiaI » I=f(profitti, Mnon- suvariabili reali Ricardo accetta la teoria quantitativa della moneta. Petty considera M come «grasso per il corpo umano» : ® M + 1 mercato + 7 divisione del lavoro + T La © prof > NI 2. CONCEZIONE NEOCLASSICA (O MATGINALISTA) Le economie di mercato tendono ad assicurare l'equilibrio, ossia piena occupazione e pieno utilizzo della capacità produttiva. Infatti, quando sui mercati di L e K prevalgono condizioni di concorrenza perfetta: ® il salario reale = PML; tasso di interesse = PMK > assicura l'equilibrio tra domanda e offerta; "il tasso di interesse è una variabile “reale” > nasce dal confronto con PMK (lato I) e con preferenza intertemporale consumo (lato S). Fenomeno transitorio: Von Mises e il risparmio forzato > risparmio imposto dallo Stato ai cittadini in periodi di emergenza mediante prelevamenti sul reddito, obbligatori come le imposte ma, a differenza di queste, rimborsabili | rinuncia, da parte dei consumatori, a determinati beni e consumi, resa necessaria dall'aumento dei prezzi conseguente all’inflazione = I>S- 7 moneta bancaria per soddisfare la domanda di crediti degli imprenditori + 1 P + VW potere d'acquisto > VC > 1 S forzato > tutti gli investimenti si realizzano > 1 offerta + W P > si ritorna all'equilibrio 3. CONCEZIONE KEYNESIANA Secondo Keynes le variabili monetarie influiscono direttamente sui valori di equilibrio delle variabili reali. " iè - determinato nel mercato monetario, dalla scelta tra moneta e titoli, e non nel mercato dei fondi a prestito; - influisce su/etramite il moltiplicatore sul livello di equilibrio di Y e Lavoro. Il sistema economico non realizza necessariamente la piena occupazione: vi può essere persistente disoccupazione e sottoutilizzo della capacità produttiva disponibile. Le aspettative giocano un ruolo centrale poichè influiscono su / e su Li. La variabilità delle aspettative + analisi su “catene brevi di nessi causali” (come la catena che collega il reddito agli investimenti, tramite il moltiplicatore). Inutile l’analisi dell'equilibrio economico generale, in cui: - ogni variabile dipende, direttamente o indirettamente, da tutte le altre; 47 > Ipotesi del reddito permanente (Friedman) > i consumi dipendono non dal reddito del periodo corrente, come avviene nella teoria keynesiana, bensì dal reddito di lungo periodo; nel caso di un aumento del reddito corrente, in genere solo una parte di tale aumento sarà considerata permanente e influirà sul livello dei consumi: la propensione marginale al consumo rispetto al reddito corrente è significativamente più bassa di quella relativa al reddito di lungo periodo, o reddito permanente. Scuola di Chicago (monetarismo) La scuola di Chicago ha fiducia nei meccanismi riequilibratori del mercato e ostilità all'intervento pubblico nell’Economia: ® intervento pubblico efficace solo nel breve periodo > offerta di M, può influire su Y e sull'occupazione solo nel breve periodo; nel lungo periodo le variazioni dell'offerta di M influiscono solo su P; = glistessi effetti di breve periodo sono incerti, e possono anzi risultare negativi. Gli interventi di pol ritardi e di incertezze: - relativi alla valutazione della situazione su cui intervenire - relativi al passaggio dalla valutazione alla decisione dell’intervento e alla sua attuazione; - relativi al passaggio dall’attuazione dell’intervento al momento in cui si esplicano i suoi effetti (impatto). Questi interventi pubblici destabilizzano. Post-Keynesiani | cosidetti post-keynesiani, ossia Robinson, Kahn, Kaldor, Weintraub, criticano lo schema IS-LM perché assenti aspettative riguardanti / e Li * Aspettative > volatilità > variabilità dell'impatto di i su/ e Li " noall’equilibrio simultaneo su tutti i mercati * finanzaLi>i+ aspettative > / + Y ed Lavoro è a moneta non è neutrale L’offerta di moneta è endogena > il livello di M determinato non solo dalla Banca centrale ma anche da a intermediari finanziari. 2. ECONOMIA CHIUSA CON STATO L'economia chiusa con lo Stato e, quindi, con il settore pubblico può essere rappresentata dallo schema s n IL SETTORE PUBBLICO DELL'ECONOMIA La condizione di equilibrio per il flusso circolare del reddito è > S+T=1+6G In questo caso l indica investimenti ex ante, desiderati dagli imprenditori, e non quelli ex post, che includono le variazioni non desiderate delle scorte. Le variabili del settore pubblico sono: = G=G > spesa pubblica esogena; " T=tY> tasse endogene; " t= “aliquota fiscale”, indica sia pressione fiscale media (T/Y) sia pressione fiscale marginale (AT/ AY) REDDITO DI EQUILIBRIO * -C+s(1-t)Y+tY=I+G " [t+s(1-t))Y=C+I+G Poiché 1- s = c la parentesi quadra diviene: t+s(1-t)=t+s-st=s+t(1-s) =s+ct Quindi, il reddito d’equilibrio > Y=a*A Dove: - a=1/(s+ct) - A=C+I+G LA PRESENZA DELLO STATO NELL’ECONOMIA La presenza dello Stato nell'economia è cresciuta notevolmente, in tutti i paesi industrializzati, dall’i oggi. Possiamo fare due distinzioni. izio del secolo ad 50 La prima tra: » compiti tradizionali dello Stato > ossia difesa, ordine pubblico, amministrazione della giustizia (oltre alle infrastrutture essenziali, come le strade); = compiti “sociali” > ossia istruzione, assistenza sanitaria, redistribuzione del reddito a favore dei ceti più deboli (ad esempio, con le pensioni di invalidità e di vecchiaia). La seconda tra: = intervento diretto > in attività produttive, non solo nei cosiddetti servizi pubblici, come le poste e le ferrovie, ma anche in settori in cui lo Stato compete con l’iniziativa privata, come le banche o l'energia; * intervento indiretto > sulle attività economiche private, STATO E MERCATO: 3 POSIZIONI Sul rapporto tra stato e mercato ci sono tre diverse posizioni: > contrapposizione tra Stato e mercato; > superiorità della pianificazione; > intervento pubblico integra e sostiene mercato: - per svolgere compiti che i privati non svolgerebbero assistenza sociale; - per regolamentare secondo obiettivi generali (normativa anti- monopolistica, anti-inquinamento...); - per sostenere l’attività produttiva (politiche economiche di tipo keynesiano); - per svolgere ttamente o controllare attività che per motivi tecnici tendono verso condizioni (poste, elettri E' importante tenere in considerazione il settore non-profit Ssoggetti giuridici privati che hanno finalità sociali, e che per questo motivo in vari casi godono di uno status particolare FALLIMENTI DEL MERCATO: ESTERNALITÀ Il fallimento del mercato sia ha in tutte le situazioni in cui domanda e offerta. I casi in cui ciò si verifica dipendono essenzialmente dalla presenza di esternalità > effetti delle nostre attività di produzione e consumo che ricadono su altri, senza che questi siano coinvolti nella decisione di produrre e consumare. Esistono due tipi di esternalità: * Esternalità negative (Ev) > quando, ad esempio, un'automobile inquina l’aria con i suoi gas di scarico, o quando la bottega del falegname con il suo rumore disturba il vicinato. En = Costo sociale > costo privato (il costo sociale include anche gli oneri che ricadono su altri). * Esternalità positive (Es) > i fiori sul terrazzo sono un piacere anche per la vista dei vicini, e — un esempio classico — la spesa di denaro e di tempo per l’istruzione sostenuta da un individuo contribuisce, sia pur in piccolo, al progresso culturale dell'intera società, attraverso le interazioni che questi ha con i suoi concittadini Es = beneficio sociale> beneficio private (il beneficio sociale include anche la valutazione degli effetti positivi dell’attività svolta da una persona che ricadono su altri. Lo Stato può intervenire: - tasse per Y Exy; sussidi per Es (difficile valutare); - interventi normativi; FALLIMENTI DI MERCATO: BENI PUBBLICI I beni pubblici sono quei beni il cui consumo da parte di un individuo non preclude il consumo da parte di un altro. Questi possono essere: = a consumo obbligato, e disponibili per l’intera collettività (ad esempio la difesa, l'ordine pubblico, la giustizia); = disponibili solo per chi lo desidera (ad esempio i giardini pubblici). Difficile, se non impossibile, ottenere un pagamento nel momento in cui vengono consumati: ad esempio, il problema del free rider, cioè di chi riesce a usufruire del bene senza aver contribuito a pagarne i costi. Per questo la spesa per i beni pubblici è in genere a carico dello Stato. BILANCIO PUBBLICO > Saldo bilancio pubblico = G-T" >» Disavanzo pubblico o deficit di bilancio = D= (G-T)>0 > D=G-tY Questo può essere visto nel seguente grafico: monopolio mercato non riesce ad assicurare un equilibrio ottimale tra 51 Y Yo Kn Y EFFETTO DI UN AG SUD > Dè una funzione del reddito; > AGinfluenzail livello del reddito di equilibrio Nel valutare questo effetto si deve tenere conto anche del fatto che il reddito di equilibrio varia A4D AY, t stet-t sect 1.t a 22-1-t(2) 1. - - A4G 1 UG) 1 st+et s+et s+et st+et 1-t » aD=[s ==|aG s+ct. L’effetto di AG sul disavanzo è positivo, lo fa aumentare, oppure riduce un eventuale avanzo, ma in misura minore della variazione della spesa pubblica, visto che la frazione che moltiplica AG è minore dell'unità perché il denominatore è maggiore del numeratore TEOREMA DEL BILANCIO IN PAREGGIO Moltiplicatore del reddito con G e T: » -C+s(Y-T)+T=IÎ+G =» sY+(1-s)T=C+1+G » sY+cT=C+Î+G 1 2:23 = " Y=G55 (C+1+G-cT) Ipotesi bilancio in pareggio > AG=AT + 4D=0 Moltiplicato con pareggio di bilancio DY=7> (0G-ch6)=1- AG=0G> a=1 DEBITO PUBBLICO Il settore pubblico si trova spesso in situazioni di disavanzo che devono essere finanziate attraverso l’accesso a risorse private. A tal fine lo stato emette titoli pubblici, da vendere sul mercato dei titoli. In questo modo viene generato il cosiddetto debito pubblico, dato dall’accumulo di titoli pubblici emessi nel corso del tempo per finanziare ripetuti disavanzi pubblici. DISAVANZO E DEBITO PUBBLICO La presenza del debito pubblico (B) modifica l’espressione del disavanzo pubblico > D = (G - T) + iB Dove: - iB= servizio del debito = ammontare di interessi pagati ai detentori dei titoli pubblici (famiglie o operatori finanziari); - (G-T)= disavanzo primario (o avanzo primario a secondo del segno). Per finanziare D lo stato deve sempre emettere nuovi titoli, possiamo scrivere che D = AB, ricavando una nuova espressione 3 AB=(G-T)+ iB Effetto valanga: anche se (G- T)=0,AB=iB>0 Condizione per arrestare accumulazione debito > T - G = iB STABILIZZAZIONE DEL DEBITO Più il governo rimanda la cosiddetta stabilizzazione del debito, maggiore diventa il debito e di conseguenza maggiore è l’avanzo da raggiungere. Più facile è stabilizzare la dimensione relativa del debito: rapporto debito/Pil = b = B/Y Per avere Ab + AB = AY è sufficiente » G=T * iB=AY,sepoiB=Y>É=; IL DEBITO PUBBLICO ITALIANO NELLA STORIA 52 aM Un altro caso è quando aumenta M. 4 1.1M > dato Y costante 2.Comporta Li tramite Vi 3vi> MN>NN 4. Retroazione reale > TY > TLY > allora deve Ni pery Li INTERAZIONE TRA POLITICA FISCALE ESPANSIVA E POLITICA MONETARIA ESPANSIVA MG > TY > Dx compensato da DM o COME FINANZIARE LA SPESA PUBBLICA Le scelte di pol iscale e monetaria sono collegate dalla necessità di scegliere il modo in cui finanziare la spesa pubblica. 55 Infatti, un aumento di spesa pubblica in disavanzo, cioè non accompagnato da un corrispondente aumento delle entrate pubbliche, può essere finanziato dallo Stato: = facendosi prestare soldi dai risparmiatori, tramite l'emissione di destra, LM ferma; " stampandoe cedendo cartamoneta, quindi aumento dell'offerta di moneta si ha contemporaneamente politica fiscale e politica monetaria espansiva > IS si sposta in alto a destra e LM si sposta in basso a destra. oli del debito pubblico > IS si sposta in alto a CRITICHE ALL’ UTILIZZO DELLO SCHEMA IS-LM PER ANALISI POLITICHE L’analisi «aggregata» della politica economica trascura aspetti importanti, quali gli effetti sulla distribuzione del reddito, o sui vari settori dell'economia, che fra l’altro dipendono dalla spesa pubblica e dal prelievo fiscale (cioè dalle specifiche voci di spesa e di entrata dello Stato). L'esposizione che precede si basa su un'ipotesi implicita: che restino costanti le aspettative degli operatori economici sulla redditività futura dei vari progetti d'investimento e sui livelli futuri del tasso d’interesse. Infatti, i cambiamenti delle aspettative provocherebbero spostamenti della funzione dell’investimento e della funzione della domanda speculativa di moneta, quindi delle curve IS e LM, che si aggiungerebbero agli spostamenti di queste curve provocati dalla politica fiscale e monetaria, complicando il ragionamento e privando di validità generale i risultati ai quali si è giunti. Ma è ragionevole pensare che un intervento di politica economica non lasci le aspettative invariate, a maggior ragione se teniamo conto della loro notevole instabilità. IL RECENTE DIBATTITO DI POLITICA ECONOMICA Oggetto del dibattito > efficacia della politica fiscale e monetaria Posizioni: 1) Approccio marginalista > sintesi neoclassica > ci sono due posizio1 = Breve periodo > gli interventi di politica fiscale e monetaria sono efficaci, almeno nel breve periodo, e sono quindi strumenti utili per il controllo delle oscillazioni cicliche dell'economia. Tuttavia, il sostegno del reddito e dell’occupazione ha un prezzo in termini di maggiore inflazione, a causa di una relazione inversa tra tasso di disoccupazione e tasso di crescita dei salari monetari («curva di Phillips»). = Lungo periodo > molti esponenti della sintesi neoclassica accolgono l’idea di una curva di Phillips verticale; secondo tale concezione il tasso di disoccupazione di equilibrio non può essere influenzato dalle politiche fiscali e monetarie espansive, dato che il salario reale resta invariato; infatti il salario monetario cresce allo stesso ritmo dei prezzi, di modo che nel lungo periodo l’unico risultato delle politiche monetarie espansive è un aumento dell'inflazione. > Monetaristi > ci sono due posizioni: * Breve periodo > i ritardi, di lunghezza incerta, negli effetti della politica monetaria e fiscale anticiclica (cioè di breve periodo) sono tali da renderla sconsigliabile, perché può accentuare le fluttuazioni del reddito anziché ridurne l'ampiezza. ® Lungo periodo > il tentativo di sostenere il livello del reddito e di ridurre il tasso di disoccupazione ha il solo risultato di far salire il tasso d'inflazione («curva di Phillips verticale»). E’ opportuno che lo Stato segua norme di comportamento prefissate, in modo da assicurare la stabilità delle condizioni in cui agiscono gli operatori privati; in particolare, M deve crescere a un tasso costante, pari al tasso di crescita reale di Y, in modo da favorire la stabilità di P. Inoltre, è comunque opportuno che lo Stato riduca al minimo la sua presenza nell'economia. Nel lungo periodo, dato che l'occupazione deve restare stabile al livello di piena occupazione, l'aumento di G comporta una riduzione equivalente della spesa privata (cioè la prima «spiazza» la seconda; si parla così di effetto di spiazzamento). L'espansione dell’area pubblica, in cui manca l'incentivo del profitto alla ricerca dell'efficienza, favorirebbe lo spreco di risorse e modificherebbe la composizione del prodotto rispetto alle preferenze dei privati cittadini, provocando loro una perdita di benessere. dell'offerta ituisce un disincentivo all’i iva private > una riduzione del peso dello Stato nell'economia stimolerebbe un’espansione dell'attività produttiva privata e quindi un aumento del reddito nazionale. Il settore pubblico potrebbe avvantaggiarsi di una riduzione della pressione fiscale, cioè della quota di reddito prelevata dallo Stato. Se l'aliquota media d'imposta (t) passa dal 20% al 15%, mentre il reddito (Y) sale da 500 a 1000, le entrate fiscali (7 = tY) passano da 100 a 150. Curva di Laffer > Al di sotto di T = 0A (il max) un dato T (esempio 08) può essere raggiunto con due t: (20% e 85%). Secondo Laffer oggi i paesi più sviluppati si trovano sul lato destro della curva, per cui una riduzione delle aliquote fiscali provocherebbe un, e non una Y diT. 56 de 1% 100% a 2006 85% 100% + Gli elementi sono: » T=entratefiscali " t=aliquota fiscale " T=tY Critica 3 Valido se max di Tper t bassi, esempio il 25 non valido se max di Tper talti (esempio 50 e oltre), cioè superiore alle t oggi prevalenti nei paesi industrializzati. Questione: qual è il max? > scuola delle aspettative razionali Hanno una posizione ancora più drastica di quella dei monetaristi: qualsiasi intervento di politica economica che sia previsto dagli operatori privati è inefficace nel breve periodo e nel lungo periodo. Gli operatori economici hanno una concezione corretta (cioè conforme alla teoria marginalista) del modo di funzionamento del sistema economico, e sono perciò in grado di prevedere la posizione di equilibrio dell'economia. Pertanto, tutti i mercati sono continuament equilibrio, incluso il mercato del lavoro. Infatti, gli operatori econo! jon vengono trat inganno da politiche che, fermo restando il salario reale al suo livello di equilibrio, non possono avere effetto sul tasso di disoccupazione, ma solo sul tasso d'inflazione. Teorema di equivalenza ricardiana > la politica fiscale basata sulla spesa pubblica in disavanzo non ha alcun effetto sul livello di produzione e di occupazione. Gli operatori economici sanno che un t della G finanziato in via immediata con emissione di titoli del debito pubblico comporta un t 7 nel futuro, per oneri del debito (interessi e quote di rimborso). In un sistema economico in concorrenza perfetta, il i rispecchia le preferenze intertemporali dei soggetti economici (cioè la misura in cui preferiscono consumi immediati a consumi futuri). | soggetti economici, «scontano» correttamente quanto accadrà in futuro: e considerano equivalente un aumento immediato del prelievo fiscale t (7)1a un eguale aumento del debito pubblicot (debito)1, che comporta un aumento del prelievo fiscale in (debito)1, chec omporta un aumento del prelievo fiscale in futuro pari alla crescita del debito pubblico maggiorato degli interessi > MG)1> 1 (T)2 = Ndebito1(1+i). Posizioni comuni: = relazione inversa tra salario reale e domanda di lavoro; equilibrio dell'occupazione e del salario reale sono determinati dall’incontro tra domanda e offerta di lavoro; ivello del salario reale superiore a quello che assicura l’equilibrio tra domanda e offerta di lavoro. Differenze riguardanti essenzialmente gli effetti di breve periodo della politica fiscale e monetaria: * sintesi neoclassica > positivi; = monetaristi-> di segno incerto ma sostanzialmente negativi perché possono accentuare le fluttuazioni di Y; ® aspettative razionali + nulli. 2) Approccio Post-Keynesiano Le tesi principali derivanti dalla teoria keynesiana dell'occupazione, e dalle critiche di Keynes e Sraffa alla tesi marginalista di un mercato del lavoro che in condizioni di concorrenza tende automaticamente alla piena occupazione: "accentuata instabilità intrinseca delle economie di mercato, " possibilità di situazioni persistenti di elevata disoccupazione. Ruolo rilevante, se non decisivo, dello Stato nell'economia: = acausa dell'instabilità intrinseca delle economie di mercato, le autorità di politica economica debbono essere pronte a intervenire non appena si manifesti una crisi finanziaria, per impedirne lo sviluppo che, come in un castello di carte, potrebbe portare a un crollo di proporzioni disastrose; = acausa di una possibile persistente elevata disoccupazione, la politica monetaria e soprattutto la politica fiscale debbono essere usate sistematicamente a stimolo e sostegno della produzione e dell'occupazione. 57 Dividendo ogni lato per P e riordinando i termini si ottiene: 77 = mr + W/P, ovvero, prodotto pro capite = profitti reali pro capite + salari reali pro capite. Con m, nt e W, il P stabilito dalle imprese implica uno specifico salario reale(w”): wP=7(1-m) [PRW: price-determined real wage] ”w A i i i I Ì xy N mana profitti realt n -— PRW | Sipesalori reali ld lu, w EQUILIBRIO IN CONCORRENZA IMPERFETTA Se U < Us è a un livello più basso, il BRW è maggiore di PRW > la più bassa disoccupazione aumenta il potere contrattuale dei sindacati e accresce la porzione di prodotto pro capite che essi richiedono. Dato che le imprese non sono disposte a diminuire i loro profitti per venire incontro alle accresciute istanze sindacali, ci si trova in un vicolo cieco. Ci sono solo due modi per risolvere questa incongruenza tra le due istanze: - la disoccupazione viene spinta sino a raggiungere il valore d’equilibrio Ue : l’t U indebolisce la posizione dei sindacati e «| BRW portandolo a coincidere con PRW; - ne è modificato affinché U = Ue, spostando o la retta BRW o la retta PRW. CUNEO FISCALE Il governo riduce le tasse che gravano sui redditi da lavoro > una più bassa tassazione consente ai sindacati di contrattare un salario monetario più basso, perché ciò che conta per i lavoratori è la paga netta percepita. Il punto fondamentale è che quando si include lo stato nell'analisi, il prodotto pro capite deve essere diviso in tre parti: salari reali, profitti reali e reddito reale da imposizione. Se lo stato riduce il prelievo fiscale sul salario, le due istanze “private” possono trovare un accordo a un più basso livello di disoccupazione. MODELLO NAIRU Il modello del mercato del lavoro in concorrenza imperfetta fornisce una razionalizzazione per l'origine dell’inflazione in linea con la teoria keynesiana dell’inflazione da costi. A ogni dato livello di produttività del lavoro (cioè di prodotto pro capite), le imprese richiedono, attraverso le loro decisioni di P, un certo ammontare di produzione nella forma di profitti reali pro capite. Anche i lavoratori, attraverso i sindac: rivendicano una quota di produzione tramite il salario reale, contrattando un salario monetario che tiene conto del livello di P atteso. 60 Se queste istanze ammontano a più di quanto è disponibile sulla base del livello di produttività, allora l’inflazione aumenta poiché ognuna delle due parti cerca di assicurarsi che la sua richiesta sia soddisfatta attraverso il meccanismo di fissazione dei prezzi o dei salari. C'è un unico U al quale tali richieste sono soddisfatte con un’inflazione costante: il NAIRU. NAIRU (non accelerating inflation rate of unemployment)> tasso di disoccupazione al quale l'inflazione non accelera. Il NAIRU non è un tasso di disoccupazione al quale corrisponde un equilibrio di domanda e offerta. Anzi c'è disoccupazione involontaria in corrispondenza del NAIRU, nel senso che vi sono lavoratori disponibili a lavorare al salario reale esistente, ma che non riescono a trovare un'occupazione. Ilivelli effettivi di U e di produzione sono determinati dalla DA nel mercato dei beni: " seillivello di DA genera un U inferiore al tasso d’equilibrio, allora si avrà un’inflazione crescente; = sella disoccupazione è al di sopra del tasso d’equilibrio, si avrà un’inflazione decrescente (deflazione). Intuitivamente è chiaro perché l'inflazione sia costante in corrispondenza del tasso di disoccupazione d’equilibrio: il salario reale richiesto dai sindacati è uguale al salario reale che deriva dalle decisioni di prezzo delle imprese (le due rette BRW e PRW si intersecano). w, | __ ai PRW | TO | L_ TT N Quando U è al di sotto del NAIRU e le istanze contrapposte sono incompati l’inflazione invece aumenta. Prendiamo di nuovo un semplice esempio. Supponiamo che UL, sia inferiore al NAIRU, che il salario reale corrente sia uguale al salario reale determinato dal prezzo, wP, e che i sindacati si attendano un tasso d'inflazione del 6%. Con una disoccupazione UL il salario reale contrattato sarà maggiore del salario reale determinato dal prezzo e i sindacati cercheranno quindi di negoziare un aumento del salario monetario che porterà il salario reale fino a wB. Poiché si attendono che l'inflazione sia del 6%, essi contratteranno un aumento del salario monetario più elevato del 6% in modo da conseguire w®. Con i salari monetari fissati in modo da aumentare più del 6%, le imprese dovranno aumentare P di più del 6% se vogliono raggiungere il margine di profitto desiderato. In questo modo osserviamo un aumento dei salari monetari e dei prezzi maggiore del 6%, quindi una disoccupazione più bassa del NAIRU si accompagna ad una inflazione crescente. Considerando un tasso di disoccupazione più elevato del NAIRU, lo stesso ragionamento produce il risultato che l’inflazione è decrescente. Ciò dimostra che soltanto in corrispondenza del NAIRU è possibile conciliare le due istanze contrapposte e mantenere l'inflazione costante Supponiamo che l’inflazione nell'economia sia pari al 6%. I sindacati iniziano la loro negoziazione salariale riuscendo ad assicurarsi un salario reale in linea con le proprie aspettative di prezzo future. Per mantenere il salario reale costante (e uguale a wP) essi richiedono un aumento del salario monetario tale da compensare l'atteso aumento di P. Supponiamo che ci si attenda un aumento di P del 6%, in linea con l'andamento passato dell'inflazione (aspettative adattive). Verrà quindi contrattato un aumento del 6% del salario monetario. Le imprese devono fissare P in modo da assicurarsi il loro margine di profitto. Con i salari monetari fissati in modo da aumentare del 6%, le imprese devono aumentare anche P del 6% in modo da mantenere in variato il loro margine di profitto. Con un aumento sia dei prezzi sia dei salari monetari del 6%, il salario reale contrattato (w8) resta uguale al salario reale determinato dal prezzo (W°) in corrispondenza del tasso di disoccupazione d’equilibrio (NAIRU). DISOCCUPAZIONE Anche in questo caso, possiamo individuare due posizioni contrapposte nell'analisi del problema della disoccupazione: quella «marginalista» e quella «keynesiana». Ovviamente a ogni tipo di spiegazione corrisponde la proposta di particolari ricette di politica economica. TEORIA MARGINALISTA 61 In concorrenza perfetta il mercato tende automaticamente ad assicurare il raggiungimento della piena occupazione e del pieno utilizzo della capacità produttiva disponibile, attraverso le variazioni del salario (il “prezzo” del fattore produttivo lavoro). Se c'è disoccupazione, essa è causata dalle imperfezioni nel funzionamento del mercato. Ce ne sono diverse: = la più importante è la non-concorrenzialità del mercato del lavoro, ossia la forza contrattuale dei sindacati impedisce le diminuzioni del salario che sarebbero necessarie per ristabilire la piena occupazione. = quella che dipende dal “tempo di ricerca”; = quellache dipende dal fatto che le qualifiche professionali conseguite dai lavoratori non corrispondono a quelle richieste dai datori di lavoro; = la disoccupazione volontaria. I rimedi proposti per ridurre la disoccupazione seguono in modo logico dalla diagnosi del problema. La soluzione è garantire la piena concorrenza sul mercato del lavoro e favorire la diffusione delle informazioni sui posti di lavoro disponibili e sulle qualifiche più richieste. TEORIA KEYNESIANA Secondo Keynes la disoccupazione dipende da una carenza di domanda effettiva > aspettative pessimistiche degli imprenditori sulle possibilità di smercio del loro prodotto, a causa delle quali gli imprenditori sono indotti ad utilizzare solo in parte la capacità produttiva di cui dispongono, e a limitare gli investimenti. Una riduzione dei salari non è condizione né necessaria né sufficiente per ripristinare la piena occupazione. Inoltre, la disoccupazione keynesiana è disoccupazione involontaria, nel senso che i disoccupati sarebbero disposti a lavorare al salario corrente. INFLAZIONE Inflazione > P= Per parlare dell'inflazione si analizzeranno: misure, cause e politiche. P2-P1 MISURE DELL’INFLAZIONE > Deflatore implicito del reddito nazionale > è utilizzato per distinguere le variazioni “reali” del reddito di un paese dalle variazioni “nominali”. E’ usato per «deflazionare» i dati relativi all'andamento del reddito nazionale, cioè per eliminare da questi dati gli effetti dell’inflazione, portando in evidenza le variazioni reali del reddito, da cui dipendono la forza economica del paese e il tenore di vita dei suoi cittadini. > L'indice dei prezzi alla produzione Pp > esprime l'andamento dei prezzi rilevati “all’uscita delle fabbriche”. E’ importante poichè permette di seguire l'andamento dei ricavi lordi delle imprese. | è un punto di riferimento peri peggiora se, a tasso di cambio costante, l’indice dei prezzi alla produzione in Italia cresce più rapidamente che negli altri paesi.) » L'indice dei prezzi al consumo Pc > esprime l'andamento dei prezzi pagati per l’acquisto di beni e servizi dai consumatori. > Pc - Pp= margini per l’intermediazione commerciale (oltre che dalle imposte indirette, come l’Iva). Inoltre, Pc esprime anche l'andamento dei prezzi dei servizi, che invece non sono considerati in P,. Perciò Pc - Pp > 0 quando i prezzi dei servizi (ad esempio i biglietti dei cinema) crescono più rapidamente dei prezzi dei beni. (Ciò accade spesso, perché in genere la produttività nel settore dei servizi cresce meno rapidamente che nel settore della produzione dei beni.) > Conflitti imprenditori-lavoratori: "Imprenditori > Pp - È "Lavoratori > W- Pc Pp <W< Pc > nessuno si avvantaggia TEORIA QUANTITATIVA DELL'INFLAZIONE ello generale dei prezzi; ice della quantità fisica dei beni scambiati nell’unità di tempo e fissato al livello di piena occupazione; >» M= quantità di moneta; > V= velocità MV di circolazione e determinato da fattori istituzionali SihaPQ= MV >P =" ‘ PV dipende da © M. La soluzione è controllare M INFLAZIONE DI DOMANDA 62 Per le partite correnti, come per la bilancia commerciale, all’attivo vanno registrate le relazioni economiche che danno luogo a un afflusso di denaro verso l’Italia, e al passivo quelle che danno luogo a un deflusso di denaro 2. CONTO CAPITALE Il conto capitale include: * acquisizioni e cessioni delle cosiddette attività intangibili (risorse naturali, licenze, contratti di leasing e risorse di marketing); " itrasferimenti di proprietà di beni capitali (ad esempio macchinari) e i trasferimenti di fondi collegati all'acquisizione o alla cessione di beni capitali; | trasferimenti conto capitale sono ripartiti in funzione del settore istituzionale che effettua o riceve il trasferimento nell'economia (amministrazioni pubbliche o altri settori): un afflusso di denaro in seguito, ad esempio, alla sottoscrizione di titoli pubblici italiani da parte di una banca estera corrisponde a un peggioramento nella posizione patrimoniale dell’Italia, perché crescono i nostri debiti verso l'estero; - viceversa, il rimborso dei titoli, che appare come un passivo nella bilancia dei pagamenti, corrisponde a un miglioramento nella nostra situazione patrimoniale, perché il nostro indebitamento verso l'estero viene ridotto. 3. ERRORI E OMISSIONI Oltre agli usuali errori statistici di misurazione, rientrano tutte le transazioni con l’estero che sono sfuggite alle registrazioni ufficiali, come il contrabbando di merci e soprattutto le fughe di capitali. E' possibile stimare il totale di questa voci, ma non le sue singole componenti. In varie occasioni la voce «errori e omissioni» ha raggiunto dimensioni notevoli; in Italia, ad esempio, per decenni è stata negativa e cospicua. SALDO DEL CONTO FINANZIARIO C'è infine una voce da contrapporre al saldo totale di bilancia dei pagamenti: il saldo del conto finanziario, che prende in esame gli investimenti diretti, quelli di portafoglio, e la variazione delle riserve ufficiali. Questa voce assicura l'equilibrio contabile della bilancia dei pagamenti, compensandone esattamente il saldo totale. SALDO DELLA BILANCIA DEI PAGAMENTI Si indica con: * Bpilsaldoglobale di bilancia dei pagamenti, = Bcilsaldo delconto corrente, " Bkil saldo del conto capitale capitale. Si ottiene la seguente identità + Bp = Bc +Bk Ciascuno dei tre saldi può essere positivo, negativo o nullo, ma dati due dei tre saldi, il terzo è automaticamente determinato. Tenendo conto del conto finanziario (Bf), possiamo scrivere + B = Bf. Se il primo termine è negativo (passivo della bilancia) anche il secondo lo è (con deflusso di riserve). Se invece la bilancia è in attivo abbiamo un afflusso di riserve. BILANCIA DEI PAGAMENTI Lo schema che segue illustra la struttura della bilancia dei pagamenti italiana. > All’attivo, con segno + > sono indicate le voci che comportano un afflusso di denaro per il nostro paese, > al passivo, con segno - > le voci che comportano un deflusso di denaro dal nostro paese verso l'estero. Giugno 2015 Giugno 2016 Crediti Debiti Saldo Crediti Debiti Saldo Conto corrente . 51.155 49.296 1.859 (84.117) (46.932) (7.188) MEFGÌ.uciminizn nino 36.040 92.555 3.484 (36.029) (30.856) (6.179) SEMIZI. . 8.534 7.650 884 (8.637) (7.774) (863) Redditi primati... . 4.754 6.145 -1.394 (7.838) (6.342) (2.496) Redditi secondari . 1.830 2.945 -1.115 (1.613) (2.959) (-1.347) Conto capitale .. 389 388 1 (831) (428) (403) Attività Passività Saldo Attività Passività Saldo Conto finanziario ()... 57 1.125 1.282 (0.603) (7.297) (2.306) Investimenti diretti . 682 -1.524 2.205 (4.628) (2.225) (2.403) Investimenti di portafogli... 5.249 7.870 13.149 (392) (3.673) (4.085) DEFIvati ("9 . 416 - 416 (117) - (117) Altri investimenti. . -6.597 10.518 247.415 (4.503) (8.745) (4.162) Riserve ufficiali... . 926 - 926 (117) - (117) Errori e omissioni.. - - 43.142 - . (+5.282) IL TASSO DI CAMBIO 65 Il tasso di cambio “valuta” è il mezzo di pagamento con cui vengono effettuate le transazioni economiche tra residenti e non residenti. Ci sono: "tasso di cambio e > il numero di unità di moneta nazionale che occorrono per acquistare un'unità di valuta; "tasso rambio bilaterale nominale > è il numero di unità di moneta nazionale (euro) che occorrono per acquistare una unità di moneta di un altro paese (dollari, sterline, yen, ecc..); * tasso di cambio effettivo (o multilaterale) > è il prezzo di un paniere di monete estere, rappresentative del commercio estero del paese in questione. IL TASSO DI CAMBIO REALE ePf CP =» Pò è un indice dei prezzi interni, = Pf > è indice dei prezzi esteri nè: - un indicatore del prezzo relativo tra prodotti esteri e prodotti interni, ovvero delle cosiddette ragioni di scambio, - indicatore della competi ‘à del sistema economico: un aumento di ll comporta un guadagno di competiti , poiché indica che le merci interne costano relativamente di meno; EQUILIBRIO DEI CONTI CON L'ESTERO Le autorità monetarie devono assicurare l'equilibrio dei conti con l’estero, per mantenere al livello desiderato le riserve valutarie nazionali. Di conseguenza, le autorità monetarie devono intervenire quando si manifestano squilibri non transitori nel saldo di bilancia dei pagamenti. Un saldo passivo di bilancia dei pagamenti costituisce un problema più grave di un saldo attivo, perché con un saldo passivo che persiste nel tempo a un certo punto le riserve valutarie si esauriscono, mentre nel caso di un saldo attivo persistente è sempre possibile lasciarle accumulare. LE IMPRESE MULTINAZIONALI Fra le voci della bilancia dei pagamenti abbiamo parlato di investimenti diretti riguardanti il fenomeno delle imprese multinazionali (o transnazionali), cioè di imprese, o gruppi di imprese, le cui attività si svolgono in più paesi contemporaneamente. Gli aspetti principali del modo di operare delle imprese multinazionali riguardano: 1. pianificazione dello sviluppo; 2. fissazione dei prezzi; 3. dell’assetto proprietario 1. PIANIFICAZIONE DELLO SVILUPPO Riguarda le decisioni sulla scelta dei paesi in cui operare che nel lungo periodo determinano le dimensioni e la redditività dell’impresa. Tali decisioni perciò sono di competenza dei massimi vertici decisionali dell'impresa. Fattori di scelta: = le prospettive di sviluppo del mercato nazionale in cui l'impianto verrebbe collocato; " l’esistenzadi accordio di barriere doganali che facilitino o ostacolino le esportazioni; = le condizioni del mercato del lavoro locale; " l’atteggiamento del governo del paese ospitante verso gli investimenti esteri e verso le multinazionali. Su tutto domina la strategia generale di gruppo. 2. LA FISSAZIONE DEI PREZZI Il P dipende dal costo diretto (costo del lavoro per unità di prodotto, costo delle materie prime e dell'energia). AI costo diretto si aggiunge un margine lordo per coprire le spese generali, per l’ammortamento degli impianti, e per garantire un margine di profitto. Il margine lordo dipende dalla struttura del mercato (barriere all'entrata) e dalle prospettive di espansione della domanda. Le decisioni sui prezzi sono centralizzate per l’intero gruppo multinazionale, anziché decentrate a livello di filiale, e tengono conto della strategia generale del gruppo. Prezzi di trasferimento: per i trasferimenti di merci da una ad altra filiale dello stesso gruppo multinazionale. Manovrando i prezzi di trasferimento, le imprese multinazionali sono in grado di spostare fondi da una filiale all'altra e da un paese all’altro, in modo da speculare sulle variazioni dei tassi di cambio, e da ridurre al minimo i pagamenti per tasse. 3. ASSETTO PROPRIETARIO E’ visibile soprattutto nella struttura organizzativa dell'impresa multinazionale. L'organizzazione è fortemente accentrata presso la casa- madre, la quale si riserva le decisioni di fondo sulle strategie di sviluppo, condiziona la vita delle filiali (decisioni centralizzate sui prezzi e sui flussi finanziari); in essa è concentrata la ricerca. La nazionalità degli azionisti condiziona l’ottica stessa in cui si muove il gruppo; alla stessa nazionalità comunemente appartengono i massimi gradi dirigenziali dell'impresa, mentre i dirigenti delle filiali, se originari del paese ospitante, di rado possono aspirare a raggiungere i vertici. CAPITOLO 12 SISTEMI MONETARI E AREE VALUTARIE: L’UNIONE EUROPEA E L’EURO 66 IL SISTEMA AUREO (GOLD STANDARD) Si sviluppa nella prima fase dello sviluppo capitalistico. Le merci acquistate all’estero non potevano essere pagate con la cartamoneta emessa dalle banche nazionali, ma dovevano essere pagate in oro, che costituiva il mezzo di pagamento per gli scambi internazionali. Le banche dei vari paesi hanno stabilito una rete di rapporti finanziari che ha permesso di ridurre al minimo i trasferimenti di oro. L’importatore inglese versava sterline alla sua banca, e otteneva così una lettera di cambio da inviare all’esportatore francese, cioè una lettera del proprio banchiere a una banca francese, in cui si incaricava quest'ultima di pagare una determinata somma in franchi francesi all’esportatore francese. A questo punto la banca inglese si ritrovava con un attivo costituito dalle sterline versate nelle sue casse dall’importatore, e con un passivo corrispondente, costituito dal debito verso la banca francese. Quest'ultima, a fronte dell'attivo costituito dal credito verso la banca inglese, si trovava con un passivo corrispondente alla riduzione delle proprie riserve a causa del pagamento effettuato all’esportatore francese se le esportazioni inglesi verso la Francia fossero risultate eguali in valore alle esportazioni francesi verso l’Inghilterra, i debiti e i crediti reciproci tra le banche inglesi e quelle francesi si sarebbero compensati. In questo caso non c'era bisogno di alcun movimento d’oro tra i due paesi: viaggiavano solo le lettere di cambio, che rappresentavano un mezzo di scambio internazionale creato dalle banche. Come la moneta bancaria all’interno di ciascun paese, le lettere di cambio erano una moneta fiduciaria, basata sulla fiducia nella capacità delle banche di pagare oro o monete auree su presentazione delle lettere di cambio stesse. SISTEMA A BASE AUREA (GOLD-EXCHANGE STANDARD) Si diffonde dopo la Seconda guerra mondiale con gli accordi di Bretton- Woods. All’interno di ciascun paese i biglietti emessi dalla banca centrale hanno corso legale e non sono più convertibi oro. Fuori dei confini nazionali questi biglietti di banca non hanno corso legale; tuttavia il $ statunitense è accettato volentieri, in pagamento di merci o servizi, anche dai cittadini di altri paesi, grazie alla particolare posizione di forza degli USA. Il $ è la moneta internazionale: - come mezzo di pagamento nelle relazioni economiche internazionali; - comeriserva valutaria. Gli USA convertono in oro, a un prezzo fisso i $ presentati alla Federal Reserve, dalle BC degli altri paesi. 1$ si accumulano nelle RU degli altri paesi possono essere considerati equivalenti a riserve auree. A differenza di tutte le altre valute, il $ conserva la caratteristica di essere convertibile in oro, pur se la convertibilità in oro non è generale, ma è limitata ai dollari in possesso delle BC degli altri paesi aderenti all'accordo di Bretton Woods (e a quelli che man mano diventano membri del FMI, creato dagli accordi di Bretton Woods). Ci può esser » convertibilità reciproca delle varie valute > in ciascun paese la BC si impegna ad acquistare e vendere valuta estera in cambio di valuta nazionale. * Sistema di tassi di cambio fissi > ciascun paese stabilisce per la propria valuta un tasso di cambio fissato in riferimento al dollaro (o all'oro), e comunica questo tasso di cambio al FMI. Le vendite e gli acquisti di valuta estera da parte della BC awengono a tassi di cambio che possono oscillare solo di poco attorno ai tassi di cambio ufficiali comunicati al FMI. SQUILIBRI STRUTTURALI La BC può non essere in grado di difendere il tasso di cambio fisso quando si ha ABP < 0 ampio e persistente -> 4 RU rapidamente, e tendono a scomparire-> impossibilità di IMP. Viceversa, con ABP > 0 ampio e persistente -> t RU eccessivo. Con un ABP ampio e persistente (squilibrio strutturale), la BC è costretta a fissare un e', che assicura il riequilibrio dei conti con l'estero. Se Ae ampia, in base agli accordi di Bretton Woods essa va concordata con il FMI. FONDO MONETARIO INTERNAZIONALE (FMI) Il Fondo Monetario Internazionale è elemento fondamentale degli accordi di Bretton Woods. Il FMI è un organismo che svolge vari compiti necessari al buon funzionamento del sistema monetario internazionale tra i quali facilitare i pagamenti multilaterali. Si tratta di una funzione simile a quella delle «stanze di compensazione» dove le banche verificano i debiti e i crediti reciproci, «compensando» i primi con i secondi, in modo da ridurre al minimo i trasferimenti di moneta: se A deve a B 11 milioni, e B deve a C 11 milioni, mentre C deve ad A 10 milioni, basta che A paghi a C1 milione per saldare tutti i debiti e i crediti. Con la Banca delle BC: prestiti alle BC con RU in esaurimento temporaneo; se passivi persistenti -> interventi «strutturali» (t e , una svalutazione). In occasione dei prestiti, il Fmi può imporre al paese in difficoltà l’adozione di politiche economiche dirette a riequilibrare la BP. Nel 1967, ha emesso una speciale moneta internazionale, i Diritti Speciali di Prelievo, il cui valore legato a quello di un gruppo («paniere») delle principali valute. Le emissioni di Dsp debbono essere autorizzate, di volta in volta, da una maggioranza qualificata dei paesi membri del FMI. | Dps mira a sostituire una moneta sovranazionale, la cui emissione è controllata da tutti i paesi congiuntamente, a una moneta nazionale — $ — come base del sistema monetario internazionale. La loro emissione è stata finora poco sfruttata; SISTEMA A CAMBI FLUTTUTANTI Durante gli anni 60 > ABP <0 di USA persistenti ->t RU nel RAM -> USA non avevano riserve d’oro per garantire conversione in oro dei $ del RAM. 67
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