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RIASSUNTO COMPLETO P. Cherchi Usai, Una passione infiammabile Filmologia (00354), Sintesi del corso di Storia E Critica Del Cinema

Riassunto del libro Paolo Cherchi Usai, Una passione infiammabile. Guida allo studio del cinema muto, Torino, UTET, 1991 di FILMOLOGIA (00354), 12 crediti, prof. Michele Canosa. Argomenti: studio del cinema muto, materialità della pellicola (supporto, formati, colore, suono), proiezione (velocità, ratio, campo di visione), decadimento del nitrato di cellulosa, archivi del film, rapporto tra ricercatore e cineteca, fonti (d'epoca, secondarie, filmografie), schede di visionatura, restauro e duplicazione, copia originale. Corso di laurea: DAMS. Università di Bologna Alma Mater Studiorum.

Tipologia: Sintesi del corso

2022/2023

In vendita dal 06/08/2023

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Scarica RIASSUNTO COMPLETO P. Cherchi Usai, Una passione infiammabile Filmologia (00354) e più Sintesi del corso in PDF di Storia E Critica Del Cinema solo su Docsity! UNA PASSIONE INFIAMMABILE DI PAOLO CHERCHI USAI REGOLE 1. In caso di ritrovamento di una pellicola in nitrato non bisogna proiettarlo. Occorre invece rivolgersi al più vicino archivio del film che avrà cura di preservarlo in condizioni di sicurezza e, se necessario, di restaurarlo; 2. Ogni documento d’epoca relativo al cinema muto dovrebbe essere consultato analiticamente piuttosto che selettivamente; 3. Se un libro o un articolo sul cinema muto presenta un dato controverso, e non offre alcuna possibilità di verificarne l’esattezza, è bene diffidarne; 4. Il lavoro in cineteca comporta un accordo sui diritti e doveri reciproci del ricercatore e dell’archivista. Entrambe le parti devono far sì che il momento della consultazione del film contribuisca a una miglior conoscenza dell’opera e alla sua salvaguardia materiale; 5. Le tracce utili all’identificazione di un film, siano esse interne oppure esterne al fotogramma, costituiscono indizi eliminativi da utilizzare comparativamente e non sono prove conclusive sulla sua identità; 6. È necessario distinguere sempre le informazioni ricavate dalla copia da quelle ottenute consultando le fonti d’epoca e le altre fonti secondarie; 7. Ogni film è un oggetto unico, dotato di proprie caratteristiche fisiche ed estetiche e perciò solamente parzialmente omologabile ad altre pellicole che recano lo stesso titolo; 8. La “copia originale” di un film è un oggetto plurimo, frammentato in un numero di versioni pari al numero delle copie sopravvissute. Formati Il formato 35mm è considerato lo standard (all’epoca era sufficiente tagliare una pellicola 70mm a metà, standard delle macchine fotografiche Eastman), tuttavia esistono molte varianti:  75mm (Louis Lumiére, 1898);  70 mm senza perforazioni, ratio 3:4 (American Mutoscope & Biograph Company);  63mm, 5 perforazioni, ratio 1:1,75 (Veryscope, 1897);  60mm, 4 perforazioni (Prestwick, a partire dal 1896 circa);  60mm, 15 perforazioni ogni 4 fotogrammi (Georges Demeny, a partire dal 1896 circa);  28mm, perforazione asimmetrica: 3 su un lato, 1 sull'altro (Pathé) - primo formato che fece concorrenza al successo del 35 mm grazie all’ottima resa qualitativa, supporto safety;  17,5 mm, 1 perforazione interlinea, tra un fotogramma e l'altro (Warwick Trading Company, 1902) - da utilizzare sulla Biokam, per uso amatoriale, consente di riprendere stampare e proiettare i film;  16mm (Eastman Kodak, 1920-23) - pellicola amatoriale per eccellenza, estratta dalla cinepresa e trasformata direttamente in copia positiva proiettabile e su supporto safety;  15mm, perforata al centro (Gaumont, 1900) - per mdp portatili sperimentali;  9,5 mm (Pathé) - per uso amatoriale, fa concorrenza al 16 mm, supporto safety. Altri formati, più inconsueti:  35mm diviso in 4 parti (Itala Film) - utilizzabile per 4 diverse riprese;  33mm Home Kinetoscope (Edison) - tre strisce di fotogrammi di larghezza poco superiore ai 5 millimetri, ciascuna divisa da una linea di perforazioni;  35mm circa Kino-Salon (Messter) - quattro serie di fotogrammi e 3 linee di perforazioni;  120mm Oko (Proszynski, 1913) - dalle dimensioni abnormi. Paper prints Negli USA, le immagini contenute nei film a 35mm vengono ristampate a scopo di documentazione su strisce di carta fotografica (paper prints) perforata come la pellicola vera e propria. Questi film non sono proiettabili, ma possono essere riprodotti su pellicola fotografica con ottimi risultati. Molti film americani delle origini sono sopravvissuti solamente in questa versione. 1.3 Colore Pellicole (dalle origini-metà anni 20) pellicola B/N otocromatica:  sensibile a: raggi ultravioletti, violetti e blu;  poco sensibile a: giallo, verde;  insensibile a: rosso e verde. Data l'insensibilità a rosso e verde è necessario un continuo controllo degli equilibri cromatici nelle inquadrature e dei colori degli oggetti sulla scena. È propensa alla colorazione manuale con pennello. (1912) pellicola pancromatica - prodotta dalla Eastman Kodak per conto della Gaumont. Sensibile a quasi tutte le radiazioni visibili dello spettro, riproduce una gamma di grigi intermedi ampia, è tuttavia poco sensibile alla luce. Da questa esigenza ha origine il mutamento dell'illuminotecnica. Inizialmente è poco utilizzata a causa dell'ingente costo, successivamente diventa il supporto preferito dalle grandi compagnie di produzione. Tecniche di colorazione (origini-1906) Colorazione a mano - usata per le pellicole ortocromatiche. Siccome è molto difficile che con l'applicazione tramite sottilissimi pennelli il colore occupi un’area regolare del fotogramma, le macchie di colore paiono come nuvole che avvolgono la scena. (1906-1915 circa) Colorazione a pochoir (o stencil in inglese, o Pathécolor) - sistema di colorazione meccanica del supporto brevettato nel 1906 dalla Pathé, permette l’uso di 6 tonalità diverse: le aree da colorare sono ritagliate (a mano o mediante pantografi) su copie matrici che vengono successivamente appoggiate sulle copie positive; ciascuna tinta è applicata al film attraverso le sagome così ottenute, mediante pennelli o tamponi intrisi di colore. Diviene un sistema infrequente dopo il 1915, per costi e difficoltà. Successivamente si inventano tecniche di colorazione monocrome, che conferiscono un colore uniforme: 1. Tintura (o imbibizione) - ottenuta grazie all’applicazione di una vernice colorata sul supporto, mediante imbibizione della gelatina in una soluzione acquosa di materie coloranti. Supporto interamente colorato, sia nelle parti scure sia in quelle chiare. 2. Viraggio - un sale metallico colorato si sostituisce all’argento nell’emulsione senza tingere la gelatina del film. Risultano colorate solamente le aree su cui si è depositato l’argento dell’emulsione. In proiezione quindi le zone rimanenti del fotogramma appaiono come superfici bianche. 3. Mordenzatura - l’immagine fotografica è trattata con un sale d’argento non solubile, capace di fissare un colorante organico. Risultano colorate solamente le aree su cui si è depositato l’argento dell’emulsione. In proiezione quindi le zone rimanenti del fotogramma appaiono come superfici bianche. Tintura, viraggio, mordenzatura e colorazione meccanica possono presentarsi insieme sulla stessa inquadratura moltiplicando le possibilità creative delle tecniche. Nascono successivamente i sistemi: Kinemacolor (1906), Chronochrome Gaumont (1913), Agfacolor (1915), Colcim (1916) e le pellicole lenticolari Keller-Dorian/Berthon.  (1899) primi esperimenti di Frederick Marshall Lee e Edward Raymond Turner - tentativi di realizzare film a colori mediante la sovrapposizione di immagini in rosso, verde e blu.  (1906) Kinemacolor (George Albert Smith) - filtro semitrasparente diviso in due settori (rosso e blu-verde) montato davanti all'obiettivo della mdp, alla proiezione alla velocità di 32 fotogrammi al secondo venivano usati gli stessi filtri colorati così da fondere i due colori primari. L'invenzione viene imitata (sistema Colcim, Chronochrome Gaumont, sistema Keller- Dorian/Berthon).  (1915 circa) Kodachrome (Eastman Kodak) - primo supporto cinematografico sensibile al colore, la pellicola registra in fase di ripresa solo 2 colori.  (1919) Techinicolor (Herbert T. Kalmus, W.B. Westcott, Daniel Frost Comstock) - basato sul principio della sintesi sottrattiva dei colori. Fior di loto (The Toll of the Sea, Chester M. Franklin, 1922, Metro Pictures): primo film a colori Hollywodiano, è ricavato da due negativi e costituito da due esemplari positivi con colori separati, cementati l'uno a ridosso dell'altro. 1.4 Suono Le proiezioni sono accompagnate da:  commento di imbonitori - guidano il pubblico nella visione delle immagini sullo schermo. Anche in Giappone è presente la tradizione dei commentatori in sala, i benshi.  esecuzione di musica dal vivo - improvvisazioni al pianoforte oppure musica composta su commissione (cori, orchestre, cantanti d'opera). es. L'assassinat du Duc de Guise (Calmettes, Le Bargy, 1908, Pathé) - con musiche di Camille Saint-Saens, primo film per cui è stata composta appositamente una colonna sonora. es. Intolerance (D.W. Griffith, 1916) - evento monumentale, fu accompagnato da un'orchestra di 46 elementi e da un coro di 16 voci. es. Gloria Transita (J. Gildermejer, 1917) – cantanti lirici in sala cantano in sincrono con il labiale dei personaggi.  musica da dispositivi meccanici – gli esercenti dei cinema non possono permettersi grandi eventi musicali, perciò fanno eseguire brani di pubblico dominio a pianisti, organisti o piccole ensemble oppure ricorrono a strumenti musicali meccanici con nastri di carta perforata. (1889) Kinephonograph (Edison) - sistema di sincronizzazione musica-film con un grammofono a cilindro associato al Kinetoscope. (1896) Berliner Grammophon (Pathé) - sistema per la sincronizzazione di dischi fonografici con le immagini. Tuttavia il sistema di amplificazione del suono risulta inefficiente. Molte sono le successive sperimentazioni: Gaumont, Pineaud in Francia, Goldschmidt e Ruhmer in Germania, Duddel e Th. Simon in Gran Bretagna.  (1906) Eugène-Auguste Lauste brevetta una macchina per registrare simultaneamente immagini e suono sullo stesso supporto;  (1918) Tri-Ergon (Vogt, Engl, Massolle) - sistema di registrazione fotografica del suono su pellicola separata dal film. Progetto poi ampliato da Kovalendov (1920);  (1923) Phonofilm (Lee De Forest) - la colonna sonora è collocata sullo stesso supporto delle immagini ed è leggibile da una cellula fotoelettrica; Nel frattempo la Fox acquista i diritti dei sistemi Tri-Ergon e Phonofilm per applicare il suono a pellicole realizzate in precedenza.  (1926) Don Giovanni e Lucrezia Borgia (Don Juan, Alan Crosland, 1926, Warner Bros.) - film sincronizzato a dischi di 33 1/2 giri riprodotti tramite sistema Vitaphone;  (1926) Il sovietico Tager studia la colonna sonora a densità variabile;  (1927) La Fox distribuisce Movietone News in cui personaggi storici come Mussolini fanno sentire la propria voce;  (1927) Il cantante di Jazz (The Jazz Singer, Alan Crosland, 1927, Warner Bros.) - primo lungometraggio a soggetto con sequenze parlate, accanto a parti cantate. I film sincronizzati su disco vengono distribuiti parallelamente a quelli dotati di colonna sonora su pellicola, che poi surclasseranno i primi. REGOLA 1 – In caso di ritrovamento di una pellicola in nitrato non bisogna proiettarlo. Occorre invece rivolgersi al più vicino archivio del film che avrà cura di preservarlo in condizioni di sicurezza e, se necessario, di restaurarlo. Non dobbiamo mai tentare di esaminare pellicole in nitrato se non abbiamo a disposizione le apparecchiature adatte. La tentazione di guardare quel che c’è in una bobina appena ritrovata è indubbiamente forte, ma cedendo alla curiosità rischieremmo di distruggerlo per sempre. Un film in nitrato si riconosce grazie alla scritta “nitrate film” sul bordo della pellicola. Se la scritta è “safety film” si può essere quasi certi che non ci sia pericolo, ma comunque non si può essere noncuranti. Nel dubbio è meglio lasciare il film com’è e non buttare via la scatola che lo contiene. La decomposizione di un film non può essere fermata ma solo rallentata, perciò si conserva per prolungarne la vita finché non è possibile trasferirlo di supporto: come i film su nitrato venivano trasferiti su triacetato, quelli in triacetato sono trasferiti su poliestere. Il nastro magnetico è ancor più deperibile della pellicola, quindi non è un supporto adatto al trasferimento. Neanche i safety film sono del tutto stabili. La base delle pellicole non infiammabili prodotte durante l’epoca del muto, come il 16mm è il diacetato di cellulosa, più sicuro del nitrato ma soggetto anch’esso a decomposizione. Il fenomeno riguarda anche i film successivi, stampati su base in triacetato di cellulosa, ed è noto come sindrome dell’aceto (vinegar syndrome), per il fortissimo odore acidulo emanato dalla pellicola quando il processo di decadimento è in corso. Il film diventa fragile, si accartoccia e non è possibile svolgerlo perché si spezza facilmente. 1.9 Riproduzione Data la loro fragilità, le copie d’epoca non possono e non devono essere proiettate. La FIAF (International Federation of Film Archives) ha decretato che i film devono essere riprodotti su supporti il più simili possibile all’originale. Dalla copia originale viene ricavato un negativo d'archivio. Da questo negativo si ottengono delle copie di consultazione. Per praticità la duplicazione avviene su pellicole 35 mm (anche nel caso di originali in 16 mm). Spesso i film a colori sono riprodotti in bianco e nero, a meno che il colore eserciti un ruolo fondamentale per la comprensione e il giudizio estetico dell'opera. Dal punto di vista metodologico è errato, ma i criteri sono soprattutto tecnici:  il duplicato non è in grado di restituire con assoluta fedeltà la trasparenza e i colori del nitrato;  i colori su pellicola svaniscono rapidamente - si predilige quindi la conservazione delle immagini in sé, trascurando il colore. La riproduzione può portare ad alcune imperfezioni che non derivano dalla copia d’epoca ma dal modo in cui essa è stata manipolata e poi duplicata:  doppio interlinea - fotogramma attraversato nel senso della larghezza da una linea opaca, per lo più adiacente al margine superiore o inferiore del fotogramma;  stretching - i fotogrammi sono proiettati a velocità maggiore (adattati allo standard 24 fps) o minore riproducendo due o più volte gli stessi fotogrammi. I movimenti sono rallentati o irregolari;  quadro tagliato - fotogrammi tagliati sulla parte sinistra per inserire una colonna sonora oppure adattare la pellicola ai mascherini dei proiettori moderni;  alterazione del contrasto - valori chiaroscurali alterati da ristampa inaccurata dell’originale;  sonorizzazione - aggiunta di musica in epoca posteriore rispetto alla distribuzione dell’epoca;  immagini fisse (freeze frames) - corrispondenti a inquadrature o didascalie danneggiate o sopravvissute in forma di brevissimi frammenti;  didascalie sostitutive - rifatte dall’archivio o ricavate da fonti primarie poiché quelle originali sono difficilmente leggibili;  fotogrammi di scena - inseriti per integrare eventuali lacune. CAP 2 - DOVE SI TROVANO I FILM? 2.1 Dal collezionista alla cineteca Negli anni ‘40 alcune figure del cinema (es. Ernest Lindgren UK, Henri Langlois FR, James Card USA, Jacques Ledoux BEL, Maria Adriana Prolo ITA) decisero di dare vita a progetti che hanno introdotto alla nascita delle cineteche. All'epoca ancora si faceva fatica a convincere gli intellettuali che il cinema fosse una forma d'arte al pari delle altre. L'accesso generalizzato alle cineteche è un fenomeno recente, sviluppatosi grazie alla collaborazione con collezionisti privati di pellicole a cui le cineteche si rivolgevano per raccogliere, depositare e proiettare le copie sopravvissute facendo mantenere al collezionista qualche forma di proprietà legale (nonostante le modalità di recupero di tali reperti da parte dei collezionisti siano a volte non chiare). Nelle cineteche infatti è reperibile sono la parte più nota di un settore poco esplorato come il cinema muto. Compito della cineteca tra i tanti è infatti quello di mantenersi in buoni rapporti con i collezionisti, per convincerli che l’asetticità dell’archivio sia meglio di una cabina di proiezione improvvisata e che le condizioni di conservazione dell'archivio siano preferibili a quelli dell'ambiente domestico. Non è possibile quantificare con esattezza attraverso un censimento attendibile quante pellicole sono rimaste al di fuori degli archivi. L'Italia si trova in una posizione privilegiata:  5 archivi internazionali;  diverse collezioni pubbliche;  diverse collezioni private;  manifestazioni annuali dedicate al cinema muto. La più grande istituzione di archivi internazionali è la FIAF (The International Federation of Film Archives / Fédération internationale des archives du film), nata nel 1938 grazie a Iris Barry, John Abbott, Frank Hensel, Henri Langlois e Olwen Vaughan. La FIAF ha i seguenti 6 obiettivi: 1. no profit - non operare a fini di lucro, allineandosi agli obiettivi delle istituzioni che salvaguardando il patrimonio artistico; 2. coordinare l’attività delle istituzioni che si dedicano alla ricerca e alla salvaguardia del film; 3. incoraggiare la raccolta e la conservazione delle pellicole e dei materiali non-film; 4. favorire la creazione di archivi del film nei paesi che ne sono privi; 5. sviluppare la cooperazione fra le cineteche e lo scambio dei materiali; 6. promuovere e facilitare le ricerche degli studiosi. In origine erano solo 4 le istituzioni che aderivano al progetto FIAF: 1. Reichsfilmarchiv [non più esistente] (Berlino); 2. National Film Library, poi National Film Archive [ora BFI National Archive] (Londra); 3. Cinématèque Française (Parigi); 4. MoMA - Museum of Modern Art (New York). Col passare del tempo sono aumentate, fino a diventare circa 100 negli anni ’90. 2.2 La situazione italiana Cineteche aderenti alla FIAF: USA - 10 archivi, Italia - 5 archivi, Francia - 5 archivi, Germania - 4 archivi, Gran Bretagna – 3 archivi, Austria, Australia, Brasile, Canada, Colombia, Messico, Spagna, Uruguay – 2 archivi. Nei rimanenti paesi esiste un solo archivio aderente oppure nessuno. Le 5 maggiori cineteche in Italia che aderiscono alla FIAF prevedono l’accesso a fondi pubblici secondo determinate regole. Le cineteche più importanti sono al Centro-Nord: 1. Torino - Museo Nazionale del Cinema - primo archivio del cinema italiano in ordine di fondazione (1941 grazie a Maria Adriana Prolo). L’importanza del fondo non sta tanto nel numero modesto della collezione (1500 lungometraggi, 700 cortometraggi), ma nella rarità dei reperti: o copie rare o uniche al mondo; o opere depositate da Pastrone poco prima della sua morte; o oggetti e apparecchiature pre-cinema, precedenti l’invenzione del cinema (2000 circa); o numerosi materiali non-film: 100.000 fotografie, 150. 000 manifesti. 2. Milano - Cineteca Italiana - fondata nel 1947 da Luigi Comencini e Mario Ferrari. Si distingue come prima cineteca per numero di fotografie. o 12.000 pellicole (10.000 lungometraggi); o copie uniche anni ’10-’20-’30; o numerose copie tedesche e danesi di importanza storica; o 250 apparecchiature d'epoca; o materiali non-film: 600.000 fotografie (al primo posto), 8.000 manifesti. 3. Roma - Cineteca Nazionale - fondata nel 1949 come emanazione del Centro Sperimentale di Cinematografia è un servizio pubblico autonomo che ha il compito di raccogliere tutte le pellicole soggette a deposito legale prodotte in Italia: o 25.000 pellicole (15.000 lungometraggi, 10.000 cortometraggi) - è l’archivio quantitativamente più grande; o ha la più grande biblioteca specializzata in cinema (28.000 volumi, 15.000 sceneggiature); o specializzato nel cinema del Secondo Dopoguerra; o offre programmi di insegnamento sull’uso dei materiali d’archivio; o materiali non-film: 200.000 fotografie, 2.000 manifesti. 4. Bologna - Cineteca Comunale [ora Fondazione Cineteca di Bologna] - esiste dal 1967 come sezione della Biblioteca dell’Archiginnasio, viene rifondata nel 1974, dal 1989 è parte della FIAF. o è l’unica a disporre di un laboratorio di restauro (L’Immagine Ritrovata); o 5.000 pellicole, ma in costante crescita e con numeroso materiale di epoca muta; o materiali non-film: 160.000 fotografie; o biblioteca specializzata (10.000 volumi). 5. Gemona del Friuli (Udine) - Cineteca del Friuli – nasce nel 1977 grazie a Livio Jacob e Piera Patat collezionisti ispirati da Angelo R. Humouda, fa parte della FIAF dal 1989. È la prima a ideare un festival per mostrare i film conservati: dal 1982 organizza le Giornate del Cinema Muto di Pordenone, forum di confronto fra tecniche di restauro, copie ritrovate, esperimenti di accompagnamento musicale.  5.000 pellicole (per la maggior parte mute, molti 16mm);  biblioteca specializzata (5.000 volumi, 10.000 fotografie); Oltre a queste ci sono le cineteche regionali e gli archivi spontanei, sorti grazie all'iniziativa di singoli. 3.3 Le fonti secondarie  fonte secondaria - ogni informazione che riassume o interpreta una conoscenza desunta dal periodo studiato (un riassunto o un'interpretazione a posteriori). Se la fonte primaria offre il dato nudo e crudo, la fonte secondaria intende spiegare il senso di questo dato in relazione alle altre informazioni. Negli studi sul cinema muto questa operazione è stata condotta su basi arbitrarie: molte informazioni scritte non sono basate sulla realtà, ma derivano da necessità storiografiche, culturali ed ideologiche. es. Alcune affermazioni apodittiche e considerazioni inesatte sono parte di miti e luoghi comuni originati dalla volontà di legittimare intellettualmente a una disciplina che non era considerata tale. es. The Jazz Singer (1927) - considerato il “primo film sonoro”. es. Il gabinetto del dottor Caligari (1920) - considerato il primo film espressionista tedesco. es. Georges Méliès realizzò 1500 film; es. Cabiria (1914) di Pastone - il primo a impiegare il carrello per i trackin shots. REGOLA 3 - Se un libro o un articolo sul cinema muto presenta un dato controverso, e non offre alcuna possibilità di verificarne l’esattezza, è bene diffidarne. Occorre fare però 2 distinzioni:  concedere margine d’errore agli storici di decenni precedenti che non disponevano degli strumenti documentari e metodologici ora diffusi;  la ricerca storica, estetica e teorica del cinema ha conseguito buoni risultati e ha cambiato la mentalità degli studiosi. es. Molti libri pubblicati tra anni ’40 e ‘70 sono inattendibili. 3.4 L’incubo delle filmografie Bisogna sempre inserire un film in un contesto corretto per poterlo valutare appieno. Le filmografie servono a stabilire priorità, sviluppi e influenze reciproche mettendo in prospettiva i singoli film. es. Un film muto che utilizza in modo creativo l'illuminazione artificiale può essere considerato innovativo o tardo a seconda del periodo in cui è stato prodotto. Lo scopo principale di una filmografia è l'essere un agile, affidabile e duraturo strumento di consultazione e di identificazione. Non esiste una filmografia ideale, ma solo delle filmografie possibili e parziali. Redatta la filmografia, occorre realizzare una bibliografia contenente tutte le fonti di ciascun informazione. In caso di informazioni incerte occorre indicarlo con il simbolo [?]. Esistono 4 modalità per preparare una filmografia, qui in ordine cronologico crescente:  filmografia culturale (fine anni ‘30 - metà anni ‘50) - priva di pretese scientifiche, ha datazione e attribuzioni erronea, titoli incompleti o inesatti, ma è utile a riscoprire o rivalutare un autore misconosciuto;  filmografia analogica (fine anni ‘40) - modalità utopica che ha la pretesa di creare una filmografia universale; si realizza copiando diligentemente i listini di produzione delle società. Dà le basi di una metodologia storiografica che riproduce i dati di origine senza stravolgerli; es. Georges Sadoul produce così le prime filmografie di Méliès e Griffith.  filmografia autoriale (anni ‘60, nata nel contesto della critica francese) - evoluzione della filmografia culturale, ma con un'ambizione scientifica. Difficile da verificare causa fonti non chiare;  filmografia analitica - riprende tutte le precedenti, è tuttora la più utilizzata e può originare due risultati opposti: filmografie consapevolmente incomplete oppure compilazioni poco agili che comprendono ogni dettaglio, anche film mai completati. I dati essenziali di una filmografia sono:  titolo del film - con ogni variante;  nomi - di chi ha partecipato alla realizzazione, con relativi ruoli tecnici e nomi di personaggi interpretati;  compagnie di produzione e distribuzione;  lunghezza della pellicola / durata - espressa in metri o piedi, a seconda del sistema metrico dei vari paesi. Se la lunghezza è data in rulli, ma non dobbiamo tentare di ricavare il metraggio del film dal loro numero perché può essere variabile. es. USA e Europa - 1 rullo = 300m (1000 piedi); es. Svezia - 1 rullo = 500+ m ma talvolta 1 rullo indica anche lo split reel USA; es. USA – split reel = 100-150 m.  riassunto della trama;  data - dipende dalle necessità della ricerca. Quale sia la più valida, in presenza di prove documentarie contrastante, è argomento di discussione: o data di inizio lavorazione - se l'interesse è su questioni tecniche o sulla carriera di un attore o regista o se occorre stabilire chi ha il primato su un certo elemento, tecnico o creativo; o data di fine lavorazione; o data dell’approvazione o la revisione in censura - di solito precede la data di uscita del film; o data di pubblica distribuzione (o release) - diffusa nel mondo anglosassone, è utile per studiare l'influsso di un film su opere successive. È la data in cui il titolo è messo a disposizione degli esercenti - può corrispondere o meno alla prima proiezione pubblica; o data della prima proiezione pubblica (metodo più diffuso); CAP 4 - IL LAVORO SULLA COPIA 4.1 Come ci si rivolge alle cineteche Una volta identificato l’oggetto di ricerca, occorre contattare l'archivio che conserva i film, specificando la natura della richiesta e chiedendo le condizioni alle quali è possibile visionare le copie. REGOLA 4 - Il lavoro in cineteca comporta un accordo sui diritti e doveri reciproci del ricercatore e dell’archivista. Entrambe le parti devono far sì che il momento della consultazione del film contribuisca a una miglior conoscenza dell’opera e alla sua salvaguardia materiale. La politica di diffidenza è di solito dovuta a 3 motivi: 1. impossibilità di accertare status giuridico del film, spesso acquisiti all’insaputa dei legittimi proprietari (che spesso smettono di occuparsene dopo lo sfruttamento commerciale del film); 2. lotta per conservare le copie; 3. inciviltà di chi abusa del diritto ad accedere ai film. L’archivista ha il compito di incrementare, proteggere, valorizzare e divulgare il patrimonio della cineteca. La responsabilità del ricercatore è alta perché a seconda del suo comportamento, o di chi lo ha preceduto o che seguirà, l’archivio modulerà le proprie politiche (di apertura o diffidenza) rispetto al pubblico. Il ricercatore che si rivolge alla cineteca dispone di alcuni elementari diritti:  informazione sul patrimonio della cineteca;  accesso ai materiali di consultazione;  possibilità di prendere visione delle notizie correlate agli oggetti in possesso della cineteca;  opportunità di ricerca su copie di qualità comparabile agli originali. Il ricercatore ha anche consapevolezza dei propri doveri:  richieste formulate in modo chiaro (lista di titoli con dati precisi: data, produzione, regia) poiché l’archivista non ha il compito di sostituirsi al ricercatore;  trattare i materiali con cura preservandone l'integrità (per questione di sicurezza le copie in nitrato non possono essere maneggiate dal ricercatore);  sottoporre con anticipo le richieste, soprattutto se si tratta di un programma di visionatura massiva che richiede un'organizzazione preventiva;  non insistere nel caso i materiali siano sottoposti a restrizioni di carattere legale;  mettere a disposizione dell’archivio i risultati della ricerca (condizioni copia, info filmografiche). 4.2 Gli strumenti del mestiere Una pellicola può essere sottoposta a 2 tipi di utilizzazione:  attiva - al tavolo di montaggio;  passiva - in sala di proiezione. Se si esamina direttamente la pellicola è necessario utilizzare i seguenti strumenti:  guanti di garza - per evitare graffi e impronte;  lente d’ingrandimento;  micrometro;  tabella comparativa delle lunghezze e delle durate;  tabelle di edge codes;  macchina fotografica dotata di apparato per la riproduzione di fotogrammi; Una copia in nitrato ha sempre delle caratteristiche che variano in base alla casa di produzione, apprezzabili solo se la dimensione è almeno 35mm:  interlinea (da esaminare su copia d’epoca) - spazio tra un fotogramma e l'altro;  profilo del fotogramma;  scritte ai lati del fotogramma, tra le perforazioni (da esaminare su copia d’epoca) - codici di identificazione con nomi e date per contrastare la duplicazione illegale: Anche i fabbricanti di pellicola vergine usano i codici di identificazione in base all’anno di messa in commercio;  area scura - segna la distanza tra profilo del fotogramma negativo e contorno del fotogramma positivo;  ombra (o impronta) - delle perforazioni del negativo permette di stabilire se un esemplare sia stato ricavato direttamente dal negativo d'origine oppure se esso sia il risultato di uno o più passaggi;  numero, ampiezza e profilo delle perforazioni;  spessore della pellicola – queste variazioni cessano di essere significative dopo il 1915. REGOLA 5 - Le tracce utili all’identificazione di un film, siano esse interne oppure esterne al fotogramma, costituiscono indizi eliminativi da utilizzare comparativamente e non sono prove conclusive sulla sua identità. es. Se tra le perforazioni è presente il marchio Pathé del 1907, non si può essere comunque del tutto sicuri che sia effettivamente un film del 1907. Sicuramente la pellicola non è stata stampata prima del 1907. Questi dati vanno incrociati con altri a disposizione per verificare la plausibilità. es. film a colori sulla Passione di Cristo conservato al MOMA di New York, presenta un montaggio di 3 edizioni differenti che però appare coerente e appartenente a un'unica edizione: Pathé 1902 (Gesù arriva sul Golgota), 1913 (crocifissione) e 1906 (morte). 4.5 La scheda di visionatura Bisogna trascrivere le informazioni ricavate dall’esame della copia in forma agile e completa, senza che ciò comporti un sovraccarico di lavoro sproporzionato alle necessità e ai risultati che vogliamo ottenere. La scheda di visionatura è uno strumento metodico di lavoro suscettibile di correzioni, aggiunte, riscritture. Il suo valore sarà tanto più duraturo quanto più ci sforzeremo di inserirvi informazioni che vanno al di là dei nostri bisogni immediati. REGOLA 6 - È necessario distinguere sempre le informazioni ricavate dalla copia da quelle ottenute consultando le fonti d’epoca e le altre fonti secondarie. Elementi da citare nella scheda di visionatura:  titolo - La prima riga della scheda è riservata alla denominazione ufficiale del film, sulla seconda il titolo del film così come appare nella copia. Occorre verificare anche quando è stato apposto il titolo sulla copia; Se il titolo non è disponibile si assegna un titolo che riassume il contenuto e lo si pone tra parentesi quadre o tonde.  paese d'origine;  indicazioni bibliografiche di riviste da cui si prendono i dati;  data prima proiezione per pubblico pagante o data prima notizia uscita film o data visto censura;  genere;  casa di produzione;  luogo da cui proviene la copia consultata e dove è stata visionata (molto importante);  tipo di apparecchiatura utilizzata per la visione;  data della visione - l’esperienza influisce sui dati che notiamo;  formato;  natura del supporto (es. safety, nitrato);  assenza o presenza di colore, tipologia di colorazione impiegata;  lingua delle didascalie;  numero di rulli rispetto alla quantità complessiva di bobine della copia completa;  lunghezza e durata in rapporto alla velocità di proiezione;  numero di archivio - chiarisce l’identità dell’esemplare;  segni particolari della copia (cifre, simboli, lettere, marchi, sigle, ecc... ). es. GEH 35 S bn (nt) moviola 15. 1. 82, r. 1, 3 su 3, 1640 ft., 18'13" (24fps), AK-314. Ovvero: film identificato con numero d'archivio AK-314 visto alla George Eastman House di Rochester, New York su copia 35 millimetri safety, in bianco e nero, senza titoli, su una Steenbeck il 15 gennaio 1982, film incompleto (solo le bobine 1 e 3 di un film da 3 rulli), lungo 1640 piedi, della durata di 18 minuti e 13 secondi se proiettato alla velocità di 24 fotogrammi al secondo. Numero d’archivio: AK-314. REGOLA 7 - Ogni film è un oggetto unico, dotato di proprie caratteristiche fisiche ed estetiche e perciò solamente parzialmente omologabile ad altre pellicole che recano lo stesso titolo. N.B. È preferibile consultare copie in 35 mm rispetto a 16 mm perché queste ultime potrebbero essere dei duplicati scadenti. È preferibile consultare copie in nitrato perché sono più trasparenti e nitide. Inoltre permette di verificare aspetti del film che la copia safety deforma o cancella. Per gli ingrandimenti di fotogramma la catalogazione il procedimento è:  attribuire un numero d'ordine al negativo e alle immagini scattate;  una volta sviluppato il negativo metterlo in una busta numerata;  redigere un elenco dei negativi, con i numeri delle foto e i titoli dei relativi film;  ogni volta che si stampa una foto, scrivere sul retro il numero del negativo corrispondente. CAP 5 - SAPER VEDERE IL CINEMA MUTO 5.1 Lo spettatore e il restauro Il film va visto considerando:  dimensione materiale della pellicola;  dimensione tecnica-ambientale della proiezione. Per un film muto bisogna sforzarsi di immaginare le condizioni in cui è stato proiettato all'epoca in cui è stato distribuito, con la consapevolezza che tali condizioni non possono essere replicate del tutto, non solo per questioni tecniche, ma anche per differenze psicologiche-culturali dovute alla distanza storica, mai colmabile del tutto. Il pubblico dell'epoca aveva necessariamente aspettative e mentalità diverse da uno spettatore contemporaneo.  restauro - sintesi di tutti gli interventi sull'esemplare d'epoca secondo una coerente visione di ciò che il film sarebbe stato in origine e di come esso dovrebbe apparire al pubblico contemporaneo. È il restauro ad avere il compito di avvicinare lo spettatore odierno all'esperienza spettatoriale dell'epoca. I restauri tendono a 2 scopi: 1. effetto spettacolare; 2. rigore filologico (o coerenza metodologica) - un restauro è tanto più compiuto quanto più il risultato finale dell'operazione riflette non solo il disegno originario del film, ma anche le incongruenze e le lacune che la copia giunta fino a noi rivela in forma di tagli, rifacimenti, aggiunte. Tutte queste cautele tuttavia rischiano di rendere il film un acrostico di codici, emendamenti e interruzioni che tolgono al pubblico il piacere di vedere un film. Il dilemma è scegliere tra un'incompleta autenticità o una bellezza artificiale. Nel recupero del cinema muto la ricerca dell'autenticità deve essere condotta con la coscienza di ciò che è possibile ottenere da essa ma anche con uno spiccato senso del limite. es. Se un'inquadratura è mancante, viene segnalata dal restauratore con una didascalia o una foto di scena corrispondente al contenuto, o con un'inquadratura di colore neutro. es. Se delle inquadrature sono state aggiunte in epoca successiva, verranno tagliate. es. Le didascalie ricostruite vengono segnalate come tali. Una volta restaurato da un’istituzione il film può avere 4 risultati: 1. trovato imperfetto - così come lo si è trovato, con le lacune e imperfezioni - l'intervento consiste nel duplicare il film su un altro supporto ed eliminare i difetti più appariscenti; 2. più vicino alla prima proiezione - nella versione più vicina che si ritiene sia stata mostrata per la prima volta - la copia è integrata da informazioni visive supplementari utili a spiegare le deformazioni o l'incompetenza dell'oggetto; es. Intolerance (1916) di D. W. Griffith, versione del New York Film Festival – con la scoperta dei primi frame di tutte le inquadrature e delle indicazioni sulla partitura originale, nel 1989 è presentata una versione più aderente alla narrazione originale, con la stessa musica eseguita nel 1916. Tuttavia i freeze frame posti laddove presenti lacune tolgono piacere spettatoriale e la musica originale poco sofisticata smorza la partecipazione emotiva. 3. alterato con espresse intenzioni note da chi ha realizzato il film - la copia ripristina l'aspetto dell'opera così come essa avrebbe dovuto essere prima che altri fattori materiali, storici ed economici né provocassero l'alterazione. Talvolta l’alterazione è voluta dall’autore del film stesso; 4. nuovo oggetto ma non oggetto storico - manipolazione (d’archivio o d’autore) per creare un oggetto nuovo che non va confuso con l'identità storica dell'oggetto. es. Metropolis (1926) di Fritz Lang – nel 1984 riproposto con musiche di Giorgio Moroder.
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