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Riassunto con commento del libro "Nazionalismi di frontiera", Prove d'esame di Storia Contemporanea

Riassunto con commento del libro "Nazionalismi di frontiera", fatto per l'esame di nazioni e processi nazionali in età contemporanea, UniBo

Tipologia: Prove d'esame

2022/2023

Caricato il 12/04/2024

LeilaCavalli
LeilaCavalli 🇮🇹

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Scarica Riassunto con commento del libro "Nazionalismi di frontiera" e più Prove d'esame in PDF di Storia Contemporanea solo su Docsity! 1. Lorenzo De Giusti - Matricola 0001028034 - 0962 Storia – 1 anno in corso Marina Cattaruzza- “Nazionalismi di frontiera. Identità contrapposte sull’Adriatico nord-orientale 1850-1950.” Edito da Rubbettino nel 2003 NAZIONALISMI DI FRONTIERA 2. L’opera racconta la storia della nascita di nazionalismo e idea di nazione della ristretta area geografica della Venezia-Giulia, e lo fa partendo dall’inizio. L’autrice parte spiegando la situazione di Trieste durante la dominazione Asburgica, poiché fu in quel periodo dove le varie etnie ,con il crescente desiderio di avere una propria nazione, iniziarono a creare spaccature culturali tra loro e a creare differenze sociali. Trieste era infatti conosciuta come un “melting pot” di etnie, che molto spesso si univano per scioperi o proteste (come italiani e sloveni in sciopero nel 1902). Questo fino al 1907, quando , a causa della tensione per il periodo prebellico, nasce l’organizzazione nazionale operaia slovena (NDO, Narodna delavska organizacija), un movimento a stampo nazionale e socialista, il cui nemico era l’uomo italiano che ruba il lavoro a quello sloveno. Possiamo notare quindi un cambiamento radicale abbastanza rapido nei rapporti tra le varie etnie, che ormai rivendicano ognuna il proprio spazio geografico nella realtà della Venezia-Giulia. Cattaruzza poi si concentra sul cosiddetto sentimento “irredentista” delle città italiane sotto dominio asburgico (come Gorizia ,Pola ,Fiume e Zara) concentrandosi particolarmente su Fiume e sulla sua situazione “dualista”. A Fiume, infatti, intervengono anche gli Ungheresi contro le rivolte slovene introducendo le proprie leggi nella città, che prima era considerata autonoma. Fiume era infatti fondamentale per gli Ungheresi, che si imposero fino alla fine per mantenerla sotto il loro controllo. Le due fazioni rivali per quanto riguarda i rivoltosi, erano i sokolisti slavi e gli irredentisti italiani, che si scontrarono l’una contro l’altra sia in politica che nell’ambito sociale. Tuttavia, una risoluzione si ebbe soltanto tra il 1918 e il 1919, quando L’Ungheria venne disgregata. Ciò, infatti, pose fine all’autonomismo di Fiume, per far posto all’annessione italiana. L’autrice poi analizza anche il caso di Pisino, città divisa tra l’influenza Veneziana e l’arrivo di popolazioni slave nell’ ‘800. Queste popolazioni slave vennero “italianizzate”, e Cattaruzza ci spiega come l’italiano fosse la lingua dei borghesi e delle persone di prestigio. Nella questione di Pisino è centrale la posizione della chiesa, infatti (con l’allontanamento dalla città della popolazione tedesca) le due principali fazioni erano irredentisti italiani e associazioni croate, le quali si riunivano nella casa del parroco definito prete- politico. La chiesa assunse sempre dipiù un ruolo centrale nella disputa tra slavi ed italiani, in quanto si sviluppò un vero e proprio conflitto il cui centro era la lingua liturgica e di insegnamento da usare nelle diocesi istriane. Tutte le diocesi erano infatti multietniche, e ogni area geografica si differenziava dalle altre. Per esempio, nella Venezia-Giulia, c’era una grande differenza culturale e linguistica tra campagna e città, e ciò comportava ancora più scontri sul tema religioso-linguistico. Questa disputa non cessò di esistere, anzi venne sempre più usata come arma politica nazionalista da entrambe le parti. L’autrice ci spiega infatti come, durante il fascismo, a Trento e nell’Istria fu imposta la lingua italiana come lingua liturgica e ,nelle scuole, venne resa obbligatoria l’ora di religione esclusivamente in italiano. Ciò era parte della grande politica di “italianizzazione” e di assimilazione voluto da Mussolini nel tentativo di creare il suo impero, ma fu anche una diretta conseguenza dei Patti Lateranensi. Cattaruzza poi si concentra ancor ’dipiù sull’Italia come paese fascista e le sue politiche applicate a quelle regioni geografiche multietniche. Essa ci porta l’esempio degli Sloveni scacciati dalle loro terre per far posto a coloni italiani o della totale messa al bando delle lingue straniere. Di fatto Mussolini stava applicando la cosiddetta politica della “difesa della razza”, che prevedeva una totale sottomissione delle minoranze ed un abbandono della cultura slava ,considerata inferiore, per diventare dei “buoni fascisti”. Come ultimo tema, l’autrice approfondisce la lotta al nazifascismo di Tito che si abbatté sull’Istria italiana. Essa fu infatti una lotta multietnica e presto diventò creatrice di stereotipi, quali Slavo= comunista e Italiano= fascista, e la rappresentazione di ciò si ha nel drammatico fenomeno delle foibe. Gli italiani
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