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riassunto con commento personale del libro "IO DENTRO GLI SPARI", Dispense di Italiano

riassunto lungo e dettagliato con commento personale del libro "IO DENTRO GLI SPARI"

Tipologia: Dispense

2020/2021
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Caricato il 05/08/2023

tommy-z81
tommy-z81 🇮🇹

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Scarica riassunto con commento personale del libro "IO DENTRO GLI SPARI" e più Dispense in PDF di Italiano solo su Docsity! Recensione del libro Il titolo del libro che ho letto è “io dentro gli spari” di Silvana Gandolfi. I protagonisti di questo libro sono due ragazzi di nome Santino, un bambino di sei anni e Lucio, un ragazzo di undici anni. Santino vive in un paesino in provincia di Palermo con il padre Alfonso, la madre Assunta, la nonna Nunzia e il nonno Mico, invece Lucio vive con la madre e la sorella minore Ilaria a Livorno. In realtà i due ragazzi sono la medesima persona: Santino assiste all’omicidio di suo padre e suo nonno da parte della mafia e testimonia contro gli assassini dei sui parenti, per questo è costretto a trasferirsi a Livorno con la madre e la sorella e a cambiare nome. La storia inizia con Santino, un bambino di sei anni, che vive con i genitori e i nonni in un paese in provincia di Palermo. Nella famiglia lavorava solo il padre e lavorava per la mafia. Il suo compito era di trasportare con un camion delle merci rubate. Ogni tanto per incontrare il mafioso che gli dava il lavoro, Pasquale Loscataglia, si davano appuntamento in una vecchia città abbandonata, la città fantasma. Un giorno, visto che Santino doveva fare la comunione e i soldi non bastavano, dovette andare a lavorare anche il nonno. La sera il padre e il nonno tornarono a casa con i soldi che bastavano per la comunione di Santino, però quei soldi li avevano presi dalla vendita di una parte della merce rubata che il padre di Santino trasportava per la mafia. Il padre e il nonno sapevano bene che quei soldi li avrebbero dovuti restituire, per questo andarono con Santino alla città fantasma. Portarono anche Santino perché così magari Pasquale Loscataglia, vedendolo, li avrebbe concesso i soldi per la comunione. Quando arrivarono alla città fantasma non videro nessuno e per questo Santino scese dalla macchina per andare ad accarezzare una capretta bianca. Sentì dei forti rumori e torno alla macchina e, quando arrivò, vide il cadavere del nonno e del padre. Quindi iniziò a correre dentro la città fantasma per trovare un rifugio, però questo non bastò e venne colpito due volte: un proiettile sul gomito e l’altro sulla coscia. Nonostante questo riconobbe i due assassini: erano Pasquale Loscataglia e un’altra persona che non aveva mai visto. Si nascose dentro un edificio instabile e si rifugiò dietro una scalinata, però si addormentò. Quando si svegliò notò che la scala era crollata, quindi probabilmente Pasquale Loscataglia, nel tentavo di salire, la fece crollare e pensò che Santino fosse morto. Poi si riaddormentò. Quando si risvegliò si trovò in un ospedale con molte infermiere carine e notò che davanti alla sua stanza c’erano di guardia dei poliziotti. Gli dissero che lui era già stato operato alla coscia e al gomito, i punti in cui era stato sparato. Però credette che quello che gli era successo era solo un sogno; si ricordava solo della capra bianca e credeva che il resto fosse un sogno. Gli vennero a parlare molti psicologhi per verificare se fosse stato in grado di parlare con i poliziotti per testimoniare. Una notte si svegliò e si ricordò tutto e agitandosi chiamo la madre alla quale raccontò tutto l’accaduto. Quando suo zio venne a sapere che si era ricordato tutto disse a Santino di non parlare con i poliziotti per non essere un infame. Poi Santino buttò anche il portafortuna che gli aveva regalato Pasquale. Un giorno andò a visitarlo un magistrato di nome Francesco, il cui soprannome da parte di Santino era il cacciatore. La sera però Santino tornò in quel bar dove c’era il cartello pubblicitario “la sibilla” e dal telefono fisso di quel bar chiamò Eugenia e le disse dove si trovava e visto che l’abitazione della sibilla era vicino di andare a dare un’occhiata. Quando arrivò vide una macchina con dentro un bambino di quattro anni, si chiamava Toti ed era in macchina da solo. Lucio chiacchierò un po’ con Toti che gli disse che il padre aveva dimenticato qualcosa dalla sibilla. Gli disse anche che il padre lo avrebbe portato a mangiare dei buonissimi cannoli Inoltre Lucio notò che al collo Toti aveva lo stesso portafortuna che gli aveva regalato Pasquale Loscataglia. Quando il padre di Toti arrivò Lucio si nascose dietro un’altra macchina e riconobbe la voce, era Pasquale Loscataglia. Quindi scappò e si nascose nella folla che c’era per la festa della Santa. Nella processione trovò un ottimo nascondiglio e chiamò Eugenia terrorizzato che Pasquale lo stesse cercando. Gli disse di chiamare Francesco e di dirgli il luogo in cui Pasquale era diretto e Eugenia lo fece venire a prendere da una macchina della polizia. Una volta arrivato a casa Eugenia gli disse che Pasquale Loscataglia era stato preso. Lucio raccontò tutto ad Eugenia e tornò a dormire. Il giorno dopo dovette andare in tribunale a testimoniare contro Pasquale Loscataglia. Francesco portò anche la sibilla in tribunale per interrogarla e all’interrogatorio assistette anche Lucio. La sibilla riconobbe subito Lucio. Nell’interrogatorio la sibilla ammise che Pasquale Loscataglia le aveva chiesto di fare una fattura a morte contro Lucio, ma lei non la fece perché non avrebbe mai fatto fatture a morte contro i bambini e allora Pasquale la obbligo a farla contro la madre. Per questo Francesco chiese di annullarla e la sibilla fece dei riti strani e diede a Lucio una collana che la madre avrebbe dovuto portare per due settimane al collo per annullare del tutto la fattura a morte. Finalmente venne una macchina a prendere Lucio e Ilaria per riportarli a Livorno dalla mamma. Questo libro mi è piaciuto molto perché è tratto da una storia vera, la storia di un bambino che sconfigge la mafia dopo avergli portato via il padre e il nonno. Il mio indice di gradimento da 1 a 5 è 5 La frase del libri che mi è piaciuta di più è la frase in cui santino disse al magistrato le parole che gli aveva detto lo zio: “col cavolo che parlo, mica sono un infame”. Questo fa capire che un mafioso è capace di non dire la verità a costo di andare in prigione per non essere un infame.
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