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Riassunto configurazione della territorialità, Angelo Turco , Sintesi del corso di Geografia

Sintesi per l'esame basato sul libro, università degli studi di bergamo

Tipologia: Sintesi del corso

2016/2017
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Valeria.Catanzaro
Valeria.Catanzaro 🇮🇹

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Scarica Riassunto configurazione della territorialità, Angelo Turco e più Sintesi del corso in PDF di Geografia solo su Docsity! CONFIGURAZIONE DELLA TERRITORIALITÀ PRIMA PARTE – FONDAZIONI: L’AGIRE TERRITORIALE LA TERRITORIALIZZAZIONE COME DISPOSITIVO SOCIALE 1. Il processo di territorializzazione Homo geographicus produce una grande quantità di artefatti. Il processo di territorializzazione istituisce tre forme di controllo sulla superficie terrestre, a cui essi possono essere ricondotti. Queste tre forme di controllo investono rispettivamente il piano simbolico, quello materiale e quello organizzativo. • Il controllo simbolico ha a che fare con i significati del mondo: come si vede, come si percepisce con tutti i sensi, come si rappresenta. Tra tutti gli scrigni che raccolgono questi significati e li veicolano, uno emerge su tutti: la parola. E l’atto territoriale legato alla parola è la denominazione: il conferimento di nomi alla superficie terrestre. Le significazioni sono create e modificate attraverso acquisizioni conoscitive, permutazioni immaginative, adattamenti ai gusti o ai bisogni umani, individuali e collettivi. Esse vengono poi impostate l’una con l’altra, formano reti di connessione. • Il controllo materiale ha a che fare con la corporeità del mondo. Incide sulle fattezze fisiche della superficie terrestre, ne altera il profilo visivo, ne modifica le proprietà. L’uomo avrà bisogno di tecniche per fare costruire e svilupperà una conoscenza raffinata dei materiali. È la reificazione del mondo: si tratta di dotare la realtà che ci è data di nuovi attributi per adattarla alle nostre esigenze. La trasformazione materiale della superficie terrestre ha delle regole: chi fa cosa, come e quando; chi costruisce e chi utilizza, e quali condizioni. E dove. • Il controllo organizzativo ha a che fare con l’efficacia dell’agire territoriale. Consiste nella strutturazione o identificazione degli ambienti d’esercizio di una qualche regola, di una competenza, di un potere. Costituiscono delle strutture territoriali rivolte all’esecuzione di un qualche programma socialmente rilevante. 2. Il controllo simbolico 2.1. Semantiche Lo sguardo dell’osservatore, ignaro e preoccupato, si posa su un mondo chiassoso nella sua varietà che però non confessa nulla: ogni sforzo rivolto a fare di un lembo della superficie terrestre la casa dell’uomo, uno spazio dove la società si insedia creando e rendendo stabili le condizioni della propria esistenza e della propria riproduzione. Ma le cose, se da un lato sovraccaricano l’osservatore di stimoli numerosi e multiformi, dall’altro lato lo costringono a un obbligo imperioso e costante di decifrazione. Non danno con la loro presenza nessuna garanzia riguardo alla durata né alla qualità dell’esistenza umana. La natura è allo stesso tempo un serbatoio di significati alla ricerca di significati. La verità diventa conquista per prove, errori, intuizione. Il primo fare è comprendere, l’appropriazione intellettuale è l’atto originario che conferisce a ciò che è dato, lo spazio naturale, un valore antropologico e lo rende per tale via un artefatto, ossia un territorio. Prova di questa appropriazione è il nome. Vanno tenute presenti due circostanze: • Il nome prima che fosse conferito non esisteva • Di conseguenza, il sito non esisteva prima che fosse denominato: non esisteva quale realtà separata da una totalità indifferenziata e dotata di attributi che la fanno ora riconoscere per ciò che essa è grazie al nome che la designa. Il controllo simbolico ha a che fare con il modellamento e l’appropriazione intellettuale del territorio e ciò si realizza tramite il ricorso al linguaggio. Le denominazioni possono essere orientate a produrre e veicolare cognizioni diversificate. I designatori referenziali hanno lo scopo di istituire riferimenti sulla superficie terrestre e possono essere considerati come abbreviazioni di descrizioni. I designatori simbolici cristallizzano al suolo valori socialmente prodotti e condivisi; si fondano su credenze che alimentano il serbatoio metafisico della comunità. I designatori performativi racchiudono concetti la cui forza risiede in un contenuto di verità accertata o giustificata. 2.2. Sintassi Il designatore rispecchia ed arricchisce il patrimonio culturale. Nel fare ciò esso sviluppa dinamiche molteplici che nel loro intreccio come nel loro esito sociale possono essere colte solo ad un livello analitico adeguato. Due dinamiche: la prima riguarda la secrezione ideologica dell’atto denominativo e il mondo attraverso cui la cognizione territoriale si fa regola di condotta sociale. La seconda riguarda l’autoreferenza denominativa, l’attitudine del designatore ad assumere profili simbolici capaci di incidere sull’intero processo di territorializzazione. Il territorio appare come un campo semiotico: ciò vuol dire che i componenti hanno valore di segno. Nel momento stesso in cui si costituisce linguisticamente, la geografia attiva e sostiene una semiosi al cui interno varie semiosi possono essere individuate e specificate in rapporto a singoli designatori o gruppi di designatori. Analisi della semiosi: processo in cui qualcosa funziona da segno per un interprete. La semiosi è concentrata su un veicolo segnico, cioè su un designatore che incorpora un’informazione e la trasmette. Esso attiva tre tipi di rapporti che hanno a che fare: • con la formazione segnica • con le connessioni che si sviluppano tra il veicolo segnico definito ed altri veicoli segnici • con l’attività interpretativa del destinatario dell’informazione veicolata del segno. rispettare vincoli. La città è la collettività che possiede e vuol conservare la coscienza di sé. Ciò che conta è la qualità della dimora, la sua grandezza, la sua forma, il suo stile. La sua posizione nel territorio urbano è decisiva nel rivelare il gusto e soprattutto la posizione sociale di chi la abita. Emerge nella città il luogo pubblico. Può trattarsi di spazi aperti, la piazza con le sue funzioni molteplici: discussione degli affari, mercato, sosta e passeggio. In questo ambiente costruito si realizza l’autonomia della specie. 4. Il controllo organizzativo: la strutturazione 2.8. Dare senso In ogni atlante si possono trovare due planisferi: uno indica le caratteristiche fisiche del nostro pianeta; l’altro presenta l’estensione terrestre ripartita in Stati. È questo secondo planisfero che ha colpito G. Perec. Nel suo atlante la Francia si presenta in viola; ma un loro colore hanno tutti gli altri Stati. Ciò che ha colpito Perec è una constatazione: il mondo, grande, è suddiviso dagli uomini in unità più piccola. Questa operazione serve ad una funzione sociale, la politica. Il colore simboleggia un corpo di regole in base alle quali si esercita la funzione politica: linea punteggiata indica le frontiere dello Stato, le regole valgono in quell’ambito, mentre fuori ne valgono altre. Strutturazione: ognuno degli spazi che queste linee delimitano è una struttura. Si tratta dei contesti territoriali in cui la società realizza i suoi obiettivi. Ogni finalità è associata ad un contesto. Ogni struttura si costituisce a partire da un’esigenza sociale. Il suo sviluppo spaziale dipenderanno dalla natura di quella esigenza, dalla forza con cui la collettività la vuole, dalle regole che ne consentono la realizzazione pratica sul territorio. Ognuna di queste formazioni territoriali possiede un certo grado di autonomia: ogni struttura ha una sua specifica funzione. E però ognuna di esse dipende in qualche modo dalle altre. 2.9. La multistabilità strutturale Le finalità di una struttura possono essere di due tipi: • Funzioni costitutive, quelle per cui la struttura è stata creata • Funzioni accessorie, quelle che la struttura sviluppa nel corso della sua esistenza. Il rapporto tra funzioni costitutive e funzioni accessorie è complesso. Le funzioni accessorie sono sviluppate autonomamente dalla struttura territoriale. Le strutture accrescono le loro funzioni per meglio assolvere al compito che la società ha loro conferito. Così una struttura in origine politica può arricchirsi di funzioni economiche. Autoreferenza strutturale: le strutture sono in grado di apprendere attraverso l’auto- osservazione e l’esperienza e capaci di mutare, in base a tale apprendimento, il proprio comportamento. Tra le cose che le strutture apprendono è una sorta di consapevolezza della propria esistenza, che diventa per esse una condizione da proteggere e mantenere il più a lungo possibile. L’autoreferenza strutturale conduce le formazioni geografiche a pensare se stesse non soltanto in termini strumentali, quali dispositivi sociali messi in piedi per realizzare un obiettivo ma anche in termini auto consistenti, in rapporto cioè a se stesse. LA TERRA DISCORSIVA •.1. Strategie del riferimento: funzioni Le attività che possono stabilire una posizione, possono sottrarre se stessi al pericolo di perdersi. Sapere in ogni momento dove si è, dove è cosa in rapporto a cosa e situarsi in qualche modo rispetto a tale rapporto, equivale a placare la sete di conoscenza. Avere consapevolezza della propria posizione sapere come conservare questa consapevolezza durante gli spostamenti, contribuisce a fabbricare il sistema di sicurezza su cui si fonda la personalità. Ciò vuol dire che il riferimento minimizza i tempi dello spostamento, oppure la fatica; ma ciò vuol dire che il riferimento garantisce la sicurezza: funzione che in certi contesti è cruciale per la vita e ka stessa riproduzione del gruppo. Il riferimento stimola la comunicazione interpersonale e la organizza socialmente secondo molteplici assetti discorsivi. Se ne distinguono due: semantizzazione e figurativizzazione. La prima chiama in causa le radici biologiche del linguaggio. La discorsività semantica si articola a partire da designatori referenziali in base a una serie di coppie oppositive ( sopra-sotto, davanti-didietro, destra-sinistra ) e senza pretesa di esaustività ( vicino-lontano, lungo-breve, largo-stretto ecc ). La coppia iniziale dà conto della verticalità, segnata come da un’asimmetria del corpo imputabile alla forza di gravità; la seconda coppia dà conto di una dimensione dell’orizzontale a sua volta segnata da un’asimmetria corporale; la terza coppia si esplica anch’essa sul piano orizzontale e sebbene non comporti obblighi di direzionalità , è portatrice di un’ulteriore asimmetria corporale legata alla destrezza. Il raccordo che il linguaggio effettua tra l’orientamento spaziale e le asimmetrie fisiche del corpo umano, ha una ricaduta sul controllo simbolico perché esso produce delle polarità dove la superficie terrestre si avvia a diventare teatro di simbolizzazioni sempre più sofisticate dove entrano in gioco ulteriori differenziazioni corporali. La figurativizzazione si colloca all’interno della riflessione sulla narratività e rinvia alla spazializzazione: il racconto che informa su situazione ed eventi si sviluppa sempre su un piano astratto; quando tende a riprodurre il reale , esso identifica attori i quali agiscono secondo certe scansioni temporali, in un quadro spaziale. •.2. Strategie del riferimento: modalità La denominazione referenziale può concepirsi come il catalogo delle stranezze di cui ogni società fa esperienza. La compilazione del catalogo si rivela un’opera lunga e di grande impegno ma la sua struttura è sobria. Si regge su due cardini: la semplicità e la stabilità delle cose che devono essere denominate. Tali cardini si relativizzano mano a mano che la catalogazione procede. I codici che governano la significazione si addensano nell’ambito della denotazione. Quando il riferimento è identificato nel dominio naturale dove emerge una referenzialità originaria che si appoggia ai segni immediati. Il sistema di rappresentazione cui la referenzialità originaria dà luogo realizza sempre un compromesso tra un passato storico particolare e le caratteristiche di un ambiente determinato. La referenzialità riflessa è costruita quando il riferimento si fissa al suolo per il tramite di un artefatto grazie ad un carattere della superficie terrestre che già rinvia a un territorio. Dei due tipi di referenzialità, il primo si impone per il suo connotato pervasivo. Esso si costruisce nel dominio della natura e sebbene possa riguardare ogni suo componente, di fatto assume quelli più semplici e stabili legati al tema generale della drammatizzazione del profilo visivo e quindi alla rottura della continuità strutturale del paesaggio. Il riferimento originario assume fenomenologie esterne alla superficie terrestre, che finiscono con il risolversi in predicati evidenti e riconoscibili di essa. Una prima famiglia ricomprende le manifestazioni atmosferiche. Una ulteriore famiglia ha a che fare con i corpi celesti. Tra essi il sole svolge una funzione primaria: consente di stabilire universalmente una posizione ma riconduce il riferimento alla centralità della persona. 1. Simbolismi designativi •.3. Il territorio come archivio culturale La simbolizzazione geografica mobilita valori come sacro, giusto, buono, bello, armonioso, dolce, nobile. Nella pratica designativa gli opposti di questi valori vengono solo sussunti. Ciò che invece ha a che fare con il male può trovarsi ovunque ed è solo in circostanze particolari che esso viene depositato in un sito specifico. La denominazione simbolica proietta il territorio al centro di rappresentazioni, emozioni, pratiche idonee a soddisfare i bisogni identitari e atte ad associare la vita e la riproduzione sociale. La denominazione simbolica esprime uno specifico stile cognitivo attraverso due livelli d’espressione: il primo è il territorio come repertorio testimoniale; il secondo è il territorio come dispositivo ermeneutico. 3.2. Impianti designativi e conoscenza scientifica Il rapporto tra conoscenze scientifiche e saperi performativi: i secondi precedono le prime, si basano sulla trasmissione orale e mescolano elementi osservativi con credenze di ogni natura. La scienza è il prodotto di un lungo processo storico, destinato a non avere fine. La scienza qualifica la conoscenza per il modo con cui questa è prodotto. Ma essa resta un’attività socialmente condizionata. Le tecnologie dell’intelletto non obbligano allo sviluppo della scienza: ne costituiscono la condizione. Lo sviluppo scientifico può seguire differenziati percorsi. Tali percorsi non dipendono solo dal sapere scientifico. Quei percorsi da un lato vanno raccordati a credenze, valori, progetti che sono peculiari di una data società; dall’altro lato, chiedono che si facciano i conti con lo stato e il funzionamento dell’economia e della politica. Scienza occidentale: modo specifico in cui la scienza come corpo conoscitivo è venuto costituendosi storicamente in Europa e in Occidente. Il pensiero razionale viene prima della scienza. SECONDA PARTE – CONFIGURAZIONE: LA TERRITORIALITà DEL MONDO IL PAESAGGIO 1. Il bisogno di paesaggio: mimesi e comprensione tacita L’idea di paesaggio è intesa come architettura prima da cui tutte le altre deriverebbero. Si potrebbe osservare che è ben difficile pensare l’esistenza stessa di un paesaggio senza lo sguardo che lo crea e che è costitutivamente un’opera dell’uomo. Per quanto modificato, rielaborato simbolicamente e fisicamente dalle collettività umane rispetto alla sua condizione di architettura prima, il paesaggio tende a imporsi come scena originaria. Il che vuol dire che il paesaggio si confonde con la natura. Ne consegue che anche ciò che viene dopo, ciò che manifestamente è un artefatto tende ad essere intrigato percettivamente in questa sorta di scena pre- formata che lo naturalizza. Duncan osserva che la lettura del paesaggio che fa il cittadino può essere un’attività cosciente e articolata oppure può essere una forma di coscienza pratica: una sorta di tacita comprensione da parte di coloro che partecipano a un dato sistema culturale. La comprensione tacita è all’origine della presa di coscienza del paesaggio. 2. Il dispositivo paesistico: interazione simbolica 2.1. Lo statuto dello sguardo Il paesaggio è il risultato di un’interazione simbolica tra la sostanza comunicativa dell’agire territoriale e la qualità dell’osservatore. Turri stabilisce un’analogia tra il paesaggio e la rappresentazione teatrale in cui lo spettatore non svolge solo una funzione contemplativa ma cooperativa. Lo spettatore partecipa alla creatività spettacolare: è la sua qualità fondamentale. L’osservatore costruisce il paesaggio come espressione figurale di un territorio che egli coglie in modo intenzionale. Meneghetti, di fronte al paesaggio di Capo Sunion, introduce a una riflessione: seppure immediata, l’esperienza del paesaggio non si risolve affatto nell’immediatezza. Essa fa i conti con le varie soggettività e con i ruoli attoriali diversificati, stati emotivi mutevoli, conoscenze razionali solide. Idea di identità narrativa: soggetto non definisce tanto se stesso in base a predicati ma piuttosto si autorappresenta come il protagonista di una storia. Il dispositivo di narrazione consiste in tre livelli semantici che hanno come riferimento unitario l’azione: • L’azione in atto, ciò che faccio • L’azione ricostruita, ciò che io ho fatto • L’azione anticipata, ciò che io mi accingo a fare Il flusso narrativo definisce il soggetto come protagonista di una storia e lo dota di identità, si alimenta di una pratica relazionale: la mia vita vissuta al presente, come insieme di rapporti che io ho con il mondo, cioè con gli altri uomini. È l’esperienza che io ho in questo momento con il paesaggio che osservo e che contribuisco, nella mia qualità di spettatore, a costruire. Questa pratica relazionale si connette con altri due tipi di pratiche. Il primo, memoriale, si incarica di restituire il passato per sequenze di eventi per semplici evocazioni. Dal punto di vista paesistico, le pratiche memoriali assumono un peso spesso decisivo giacchè piegano la realtà osservata alle attese percettive che suscitano le esperienze passate. Il secondo tipo di pratiche, progettuale, si incarica non solo di prefigurare un programma, quanto di mettere entro un ordine provvisorio le aspettative che noi incessantemente maturiamo, e di dare una forma al desiderio. L’esperienza paesistica è qualcosa che, pur riconducibile al soggetto, non è al soggetto circoscrivibile; essa va contestualizzata socialmente. Le condizioni sociali postulano una relazione forte e immanente tra individuo e collettività nella quale l’uno per l’altra fungono, nelle diverse situazioni, come vincolo e/o come risorsa. 2.2. Lo spazio intelligente Spazio intelligente: il soggetto ha rapporti con altri uomini sul territorio e interagisce con il territorio come tale, con uno spazio dotato di valore antropologico perché significato, reificato, strutturato. Il territorio è densità storica. Esso si compone di artefatti, tanto materiali quanto simbolici ed organizzativi. 2.1. Il paesaggio è uno spazio liminare Natura liminare del paesaggio: liminare è uno spazio al margine. Frontiera tra azione individuale e sociale, tra attualità e potenzialità, tra superficie e profondità. La liminarità si prospetta come condizione di passaggio. La chiave per accedere alla liminarità non sta nel cogliere questo o quell’elemento del territorio. E neanche la composizione nel suo insieme. L’accesso alla comprensione consiste nell’afferrare proprio il paesaggio: le circostanze, la direzione, gli esiti possibili. Il paesaggio si pensa. 2.2. Il paesaggio è uno spazio pubblico Natura pubblica del paesaggio: particolare qualità pubblica è la sociotopia, formazione geografica costruita dal basso, nella quale legalità dell’ordine costituito si formula, si negozia, si definisce la legittimità dei comportamenti sociali. Si modella la condotta sciale quale espressione di valori partecipati perché creati o ri- creati nell’azione pubblica. 3. La coesione osservativa Il paesaggio è una totalità costruita dall’interazione simbolica tra lo spettatore e quello spazio intelligente che si pone come spazio liminare e come spazio pubblico. In nessun modo esso può essere considerato come fisso e confuso con gli oggetti che lo compongono. Il paesaggio è una totalità percettiva nel cui seno possono riconoscersi delle unità di significato che possiamo chiamare iconemi. I valori e le significazioni racchiusi negli iconemi e da essi veicolati non sono dei contenuti statici, ma altamente dinamici, variando essi nel tempo col variare dei gusti, delle sensibilità, degli interessi. Un modello generale di dinamismo della qualità iconica del territorio è offerto da McLuhan chiamato modello clichè/archetipo. Il clichè è l’ abitudine che non parla più, è l’elemento che non si vede più, è l’icona che scompare. L’archetipo è l’icona che appare in un contesto percettivo diverso, che può essere modificato da nuove immissioni di oggetti, da nuove sensibilità dello sguardo, da nuovi orientamenti del processo di territorializzazione. Coesione osservativa: va immaginata in due sensi. Il primo ha a che fare con la coesione vertebrata: parliamo degli accostamenti fisici tra elementi, delle associazioni visuali che, nella loro materialità evidente e palpabile, descrivono la qualità iconica del territorio. Il secondo ha a che fare con la coesione epidittica: il paesaggio viene colto in una sua dimensione dimostrativa cioè un modello che si volge alle credenze metafisiche, alle passioni, alle emozioni, alle idee di bellezza e di giustizia e alle evocazioni morali del paesaggio. 4. Eteroscopie, scenografie, paesaggio Il paesaggio è una configurazione della territorialità. In quanto tale non esiste come dato puramente naturale. 2. Fantasmagorie del luogo Configurazione della territorialità, il luogo accompagna la costruzione geografica, ponendosi come premessa per territorializzazioni. Dispositivo di individualizzazione, il luogo frantuma le strategie di omologazione che le pratiche linguistiche offrono alle pratiche spaziale. Per cui un posto vale l’altro, tranne qualche vincolo posizionale metrico o fisico-naturale con l’avvertenza che vincoli di questo tipo sono tutti provvisori, rimovibili. Le località sono scambiabili a piacimento. La problematica geografica del luogo ci dice che non tutti i siti sono fungibili. Processo umano volto a conferire un valore specifico ai quadri geografici. La qualità topica fonda l’agire e discende dall’azione. 2.1. Il diavolo veste Prada Location è una localizzazione, un sostantivo che si potrebbe dire località in italiano. Location ha assunto vari significati con il tempo. Dal punto di vista geografico, un accrescimento di significato non va visto solo come un’implementazione semantica, ma piuttosto come una sorta di effetto-soglia in forza del quale il designatore cambia status referenziale. Subisce una riduzione di complessità quando il lavoro sociale lo rende idoneo a descrivere un’azione rendendolo funzionale ai nuovi bisogni espressivi. Questo passaggio segna una topogenesi: l’apparizione del luogo nella sua utilizzabilità sociale come destinazione funzionale, come spazio dedicato e concreto tra la pratica sociale e i predicati locali. Quando location ( segmento astratto e virtuale della superficie terrestre ) diventa una location ( voce di cinema secondo wikipedia ) si mettono in moto diversi processi: • si dota il designatore di una sua efficace referenziale. • Si libera il designatore della sua prigione referenziale e lo si impiega con valenze extra-referenziale, vale a dire performative oppure simboliche. 2.2. Luoghi comuni Idea che il luogo è l’evento ( qualcuno sarà mai stato a waterloo? Eppure tutti conoscono waterloo ). La traslazione dell’evento nel luogo è limitato alle grandi occorrenze, ma si effettua continuamente. È così che appaiono i luoghi comuni, quelli che appartengono per un tempo lungo a un’intera collettività perché ne hanno cambiato la storia. 2.3. Baci e Nutella, Hydro-Quebec e il computer di Mr. Friedman La biografia di location ci ha fatto inciampare nella relazione co-implicativa tra l’azione e il luogo in cui essa trova svolgimento. La topogenesi è marcata da indicalità locazionale forte. Accanto a quelle forte ci sono delle indicalità locazionali deboli. Tra le indicalità locazionali forti troviamo quelle in cui l’azione ha un decisivo radicamento locale che ci appare come una localizzazione tecnica. Inoltre, ci sono anche quelle in cui si rende nulla e persino impensabile un’azione che non si faccia nel luogo deputato, in quel luogo. AMBIENTE 1. L’ambiente come geographicalness della natura 1.1. L’ambiente, forma territoriale della natura La natura può essere considerata come un sistema auto consistente: un insieme di oggetti, di relazioni, di eventi che si mostrano e si svolgono secondo certe caratteristiche, indipendentemente dall’azione e dalla volontà umana. Ma quando parliamo di territorio, la conoscenza della natura non è neutra. Il soggetto conoscente non si rivolge al mondo che gli sta intorno come un semplice spettatore, egli è un attore. L’attività conoscitiva è interessata: l’uomo nel mentre osserva, si auto-osserva, puntando a comprendere quale è la forma della relazione che lo lega al sistema di cui è parte. L’uomo che comprende ricerca le vie per agire. Egli possiede già le ragioni per cui deve farlo: ha la consapevolezza di sé. Deve agire se vuole portare a termine il proprio progetto di vita. La natura è la sua fondamentale condizione di vita, poi ne creerà altre come società, territorio, istituzioni. 1.2. La natura come fonte di diritti fondamentali La natura acquista gradatamente lo status di diritto da rivendicare e da proteggere. Lo status giuridico dell’ambiente è un’acquisizione decisiva della natura e ha due livelli: il primo riguarda le norme di tutela del bene ambientale; il secondo che è superiore al primo, riguarda la riflessione dottrinale relativamente recente e innovativa sia per quanto riguarda la concezione filosofica che per quanto riguarda gli effetti sugli istituti del diritto positivo: la natura cessa di essere un semplice bene ed entra a far parte della famiglia dei diritti umani. La natura inerisce alla qualità umana, serve a fare dell’uomo ciò che egli è sia come soggetto che si auto realizza che come specie che si conserva perpetuandosi. Il diritto all’ambiente conosce un processo di specificazone che ha due direzioni: la prima collega all’uomo come soggetto che si autorealizza. La concezione della propria identità personale è un autentico processo vitale nel quale la natura interviene in più modi: come mediatore delle rappresentazioni collettive in cui si sviluppa la relazione intima con il luogo, come canale di partecipazione al cosmo. La seconda direzione si spinge al cuore di una geografia della vita e prende in carico l’esistenza delle piante e degli animali. L’esperienza religiosa è stata sempre attenta alla vita in tutte le sue espressioni. 1.3. Ambiente e giustizia sociale Nella scia dei diritti, la natura genera rivendicazioni di giustizia ambientale ( disaccordo per localizzazione della fabbrica inquinante, centrale nucleare ecc ). Il dissenso pone un problema di divergenza tra chi paga i costi e chi trae benefici. Si pone in due modi: uno contrappone un attore( impresa ) che incamera i benefici della localizzazione, ad un altro attore che ne supporta i costi ambientali. Il secondo modo contrappone una collettività ampia ad una più ristretta: la localizzazione favorisce la prima ma i costi ambientali vengono fatti sopportare solo alla seconda. Essi sono due temi di giustizia sociale che si sviluppano in rapporto alla trasformazione fisica delle qualità naturali di un luogo determinato per effetto dell’occupazione di spazio, dell’uso di qualità ambientali, dell’alterazione del paesaggio. 2. Governance ambientale e sviluppo sostenibile Ogni discorso sulla Governance ambientale chiama in causa il concetto di sviluppo sostenibile. L’idea di sviluppo sostenibile ha una storia legata alla dichiarazione di Rio (1992). Essa ha posto l’accento sui contenuti economici e ambientali dello sviluppo . l’equazione tra incremento di ricchezza dei popoli e durata della crescita sarebbe realizzata dal rispetto per la natura. L’approccio dell’ONU allo sviluppo sostenibile presenta dei limiti. Il primo è l’assunzione di un’idea globale di ambiente: la natura planetaria resta troppo complessa per essere compresa nella sua totalità per questo la diagnosi sul processo di degradazione perde le sue caratteristiche scientifiche e diventa un’opinione. Chi attiverebbe i flussi di scambio a livello internazionale, chi ne regolerebbe intensità, ritmi e direzione? Due attori: gli stati ai quali la dichiarazione di Rio attribuisce un ruolo preminente e attori non-statali, multinazionali e grandi imprese. Gli stati si faranno portatori di istanze espresse dalle collettività locali. Gli attori non- statali sono soggetti a norme internazionali di diritto privato e non hanno obblighi né politici né morali nei confronti dell’ambiente, delle comunità dello sviluppo , dell’equità della distribuzione della ricchezza. 3. Il conflitto ambientale Un secondo aspetto della Governance è il conflitto ambientale che ha per oggetto la natura e può sorgere in epoche storiche e ambiti socio-culturali diversi. Si possono indicare le diverse arene di contesa ambientale in rapporto alla scienza, al diritto, all’economia e alla politica. Ciascuna arena di contesa può contenere elementi propri di altre arene di contesa, può interagire con altre controversie in atto o può porsi come base per lo sviluppo di tensioni ulteriori. Protagonisti del conflitto possono essere specifici dell’arena di cui si parla, quanto generali operanti in un’altra arena. Percorso introduzione/reintroduzione dei grandi carnivori (lupo,orso) in tre importanti Parchi Nazionali appenninici. 1.4. L’analisi degli attori
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