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Riassunto considerazioni su colonialismo e razzismo, Sintesi del corso di Sociologia

Sintesi del testo breve ma esaustiva.

Tipologia: Sintesi del corso

2019/2020

Caricato il 08/07/2020

ophelia.lia
ophelia.lia 🇮🇹

4.3

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Scarica Riassunto considerazioni su colonialismo e razzismo e più Sintesi del corso in PDF di Sociologia solo su Docsity! CONSIDERAZIONI SU COLONIALISMO E RAZZISMO 1. Colonizzazione e imperialismo Quando si parla di colonizzazione solitamente si pensa a quella attuata dagli europei verso il resto del mondo, ma bisogna pensare anche a quella del Giappone. La colonizzazione moderna è in stretto rapporto con il fenomeno dell’imperialismo, in particolare all’imperialismo inteso come fase finale del capitalismo. Il concetto di imperialismo era stato elaborato dal pensiero politico britannico dell’età vittoriana, inteso come politica di dominazione mondiale come logica maturazione dell’estensione del potere territoriale e finanziario della Gran Bretagna e del suo allora indiscutibile primato. 2. Altre colonie: fenomeni comparabili? L’identificazione del colonialismo quale fenomeno dell’età moderna è tutt’ora di accezione corrente, benché non consenta sempre di vedere in tutti i loro aspetti i processi storici che si sono sviluppati. Forse un’analisi meno delineata temporalmente può consentire di mettere a fuoco le relazioni tra “diversi”, il formarsi del senso di identità dei vari gruppi e la nascita di atteggiamenti razzisti. Ci si può quindi chiedere se forme di colonizzazione diverse da quella moderna abbiano portato con loro razismo e forme di negazione dell’altro. 3. Il modello romano di colonizzazione e fusione. Il concetto di colonia precede di molti secoli l’espansione delle società moderne e capitaliste. Il concetto di colonia è romano: una volta sottomessa militarmente una regione il potere romano vi si insediava, insieme a soldati destinati a divenire contadini, a produrre ad accoppiarsi con le donne del posto e controllare il territorio. Le colonie romane erano colonie di difesa, insediamento e popolamento. 4. Le città- colonie dei greci: realtà separate dall’entroterra? Anche la colonizzazione greca può dare spunti di riflessione: anch’essa comportò fenomeni di violenza (Polifemo non è solo una invenzione letteraria, ma anche testimonianza degli interminabili scontri tra genti primitive che vivevano nell’entroterra e genti astute provenienti dal mare). Dallo studio della storia greca, come ad esempio la Magna Grecia, si nota il fitto contesto dei rapporti tra gli insediamenti fuori dalla Grecia e i luoghi di origine. La colonizzazione greca ha più affinità rispetto alla romana, con quella moderna: perché i greci prefigurano una gestione della società e del territorio tipica della colonizzazione moderna. Non bisogna mai dimenticare tuttavia che su tutte le relazioni sociali del mondo antico mediterraneo ha avuto un grande peso la schiavitù. 5. La centralità cinese, dominio o fusione? La Cina si è allargata dal centro verso l’esterno fondendo in unità genti,culture, territori una volta che questi erano posti o si ponevano in rapporto con il centro: non a caso il nome cinese della Cina è Paese/Stato del Centro. Alle origini ci fu sicuramente una confluenza di nuclei umani nella valle del fiume Giallo, ambiente naturale relativamente omogeneo e favorevole ai contatti. Il passo decisivo per l’unificazione fu tuttavia l’elaborazione di una scrittura indipendente dalle espressioni orali locali, poiché legata alla rappresentazione grafica dei concetti. L’elemento caratterizzante della formazione di una identità unica fu quindi l’emergere graduale di una civiltà comune, una cultura sia materiale che scientifico- politica. La diffusione della civiltà non avvenne tanto per conquista militare ma per penetrazione graduale, per estensione e adattamento di tecniche e pratiche materiali. Questo fenomeno comportò sicuramente scontri ed episodi di violenza, ma che fu sostenuto soprattutto dai vantaggi che l’appartenenza alla comune identità e civiltà garantiva sul piano materiale. Successivamente venne il processo violento di unificazione politica messa in atto dalla dinastia Han, quando lo stato cinese iniziò un sistematico programma di colonizzazione sul territorio. Gli spostamenti da nord a sud messi in atto da questo meccanismo furono stupefacenti: milioni di contadini si trasferirono nelle zone meno popolate mescolandosi con le genti locale. Il processo si colonizzazione cinese ha delle affinità con quello romano: le zone pacificate venivano trasformate in seguito all’insediamento di villaggi di contadini (in realtà entrambi i modelli di colonizzazione funzionarono solo grazie ad un efficiente modello di aratro in ferro che consentiva a coloro che si insediavano di raggiungere livelli di prosperità impensabili per le società precedenti alla fusione). 6. L’assimilazione antitesi del razzismo? Il modello di colonizzazione che trasformò genti diverse in cinesi han può essere considerato un modello alternativo a quello della colonizzazione moderna che prevede una netta separazione tra dominatori e dominati, quando non su esplicite scelte razziste. Nella storia della Cina tuttavia non si è mai fatto appello a un unitario corredo genetico di tutti i cinesi, quanto piuttosto alla loro comune identità di cultura, di valori condivisi e di pratiche agricole e tecniche. Prima o poi tutti sarebbero entrati nel mondo degli han: prima di tutto perché il processo è stato più o meno rapido, ma anche per la netta superiorità economica degli han e quindi il loro potenziale sfruttamento se coloro che volevano rimanere “altri”. Questo modello ha in se un potenziale di contestazione della logica razzista. 7. Un’identità fondata su valori o su pratiche di vita? Riguardo a questo interrogativo ci sono almeno due casi da ricordare: il primo è quello del VIII-IX secolo, quando l’islam di provenienza iraniana tolse all’impero cinese l’egemonia sull’asia centrale, convertendo le popolazioni che vi erano insediate. I convertiti non modificarono il loro modo di vivere e lavorare, la loro religione e non svilupparono nemmeno un’opposizione al potere politico imperiale, tuttavia essi non erano più considerati han ma hui, ovvero un gruppo fondato su valori di riferimento specifici e diversi. Il secondo casi rilevante è la scomparsa dalla Cina di popolazioni ebraiche, gli ebrei non furono mai perseguitati ma scomparvero assimilati e assorbiti dagli hui. 8. Stati tributari: non colonie né protettorati. Il modello di espansione cinese nel complesso sembra essere l’antitesi della colonizzazione fondata sul razzismo e la separazione. Il Vietnam fu per 12 secoli sottoposto al dominio cinese, in forme simili a quelle che divennero e rimasero le province meridionali della Cina, ma gli Yue- Viet non divennero mai han. I vietnamiti insomma non vennero mai assimilati, anche se accettarono internamente il modello politico cinese e lo tennero poi a fondamento del loro stato (il Vietnam divenne indipendente nel X secolo). Eppure la classe vietnamita dominante era profondamente influenzata dalla cultura e dalla politica cinese nelle sue pratiche di controllo di gestione della società e della popolazione. Inoltre nella continua espansione del Vietnam verso il sud il modello cinese venne applicato alla lettera. Un altro caso simile fu quello della Corea: la Corea non fu oggetto di potere diretto dell’impero e neppure di successive invasioni, ma soltanto di forme di controllo indirette attraverso l’insediamento di basi militari o la strumentalizzazione di forze politiche locali particolarmente legate al centro. Anche la Corea fu un luogo di elaborazione di un’autonoma variante del modello cinese (come il Vietnam), ma mantenne sempre una sua individualità separata. Entrambi questi luoghi furono luoghi di elaborazione di concetti del rapporto tributario tra entità politiche autonome e la Cina. Questo rapporto non implicava nessuna barriera razziale né una condizione di sfruttamento. L’inclusione nell’area della Cina era sicuramente vantaggiosa, cosa che ci fa capire quanto fu rozzo il tentativo dell’Europa dell’800 che omologò il rapporto tributario al regime di protettorato. portato a una netta coincidenza tra discriminazione etnica e sociale tra proprietari e contadini. (La soppressione delle ultime società indigene è tuttora in corsa). 17. Spostamenti di popolazione e processi di conquista. Per molti anni la cultura bianca nord-americana ha posto in secondo piano lo sterminio dei native americans rispetto alla celebrazione delle lotte dei pionieri e dei loro valori. Lo sterminio degli indigeni, attuato con le armi ma anche con mezzi più feroci, come la voluta diffusione del vaiolo tra tribù immunologicamente indifese o la deliberata promozione tra loro dell’alcolismo, ha inflitto all’ambiente un danno che si è poi rivelato irrecuperabile. L’espansione europea nel mondo ebbe due conseguenze correlate: da un lato l’assoggettamento di territori e genti, dall’altro il trasferimento al di fuori della loro terra d’origine di uomini e donne europee, rese eccedenti dal rapido aumento della popolazione. 18. Il vantaggio costituito dall’America vuota. Di questo esodo l’America settentrionale fu il teatro principale, fu infatti l’epoca aperta dal 1942 a mettere in moto un flusso costante di spostamento di popolazione o piuttosto di trasferimento di manodopera. Tutto ciò ha avuto uno straordinario rilievo per le società dei paesi ricchi, poiché alleviò le tensioni connesse alla fine delle sicurezze e delle garanzie dell’agricoltura medioevale, quando in molti paesi europei gran parte dei contadini divenne superflua. La storia dell’Inghilterra del XVII secolo fu profondamente segnata dall’emigrazione oltreoceano. L’America vuota fu un fattore decisivo per rendere sopportabili le tensioni sociali prima in Inghilterra e poi in Irlanda, Germania, Italia, Polonia e Grecia. L’emigrazione europea della fine dell’800 si estese anche a regioni dell’America latina precedentemente poco popolate. Il continente americano ha avuto un ruolo fondamentale per l’insediamento di grandi masse e la valorizzazione di grandi risorse. 19. I portoghesi, la strada verso oriente fa meno vittime. I portoghesi si comportarono in modo diverso dagli spagnoli: poiché non lasciarono nella storia una scia di orrore come quella lasciata invece dalla conquista spagnola dell’America, sebbene anche i portoghesi mirassero alla conversione degli infedeli. Il loro insediamento fu graduale ed esseri diedero luogo a moltissimi meticci. 20. Si cerca in Africa la manodopera mancante in America. La carenza di forza lavoro fu uno dei grandi problemi che si posero ai colonizzatori dell’America. Le grandissime piantagioni rispondevano a nuove necessità dell’economia europea, ma la carenza di manodopera continuava a costituire un grave problema che venne risolto con la tratta degli schiavi. 21. La schiavitù africana ingigantita dal commercio europeo. La schiavitù in Africa aveva radici molto antiche, che fino alla fine dell’800 fu controllata soprattutto dagli arabi, che utilizzavano gli schiavi per produrre beni che gli europei richiedevano. I mercanti europei intervennero soltanto nelle fasi finali del processo che trasformava gli africani in schiavi. 22. Il più devastante dei flussi migratori. La schiavitù africana e la tratta degli schiavi furono dei fenomeni devastanti:le razzie di schiavi ponevano una tribù contro l’altra e facevano della guerra una componente essenziale dei rapporti tra genti e formazioni statali. Per gli europei e soprattutto gli inglesi la tratta atlantica configurò il cosiddetto sistema triangolare: dall’Europa partivano armi, che in Africa venivano cedute in cambio di schiavi, che in America, e soprattutto nei caraibi, venivano venduti in cambio di zucchero che veniva poi portato in Europa. Questo tipo di scambio era condotto in modo del tutto diseguale in quella che gli economisti hanno definito economia di tratta: proverbiale lo scambio di perline e altri oggetti privi di valore con schiavi o altre merci. Questo fenomeno della tratta atlantica accentuò tra gli europei il disprezzo per valori e l’identità degli “altri”, il nero veniva considerato cosa nel senso letterale del termine. 23. Gli schiavi neri e il razzismo. Nulla ha contribuito quanto la ratta atlantica a radicare la logica del razzismo nel mondo moderno. La cultura di origine dei neri è stata più di ogni altra erosa proprio dalla disgregazione delle comunità di appartenenza, dalle quali venivano prelevati tutti i giovani maschi. I meccanismi della tratta mescolarono le genti dell’Africa occidentale e gli schiavi d’America sono divenuti una gente nuova che dimostra con la sua prestanza fisica e spesso la sua non comune bellezza, l’inferiorità biologica rispetto a quelle che pretendono di essere delle razze pure. 24. Alla ricerca di un’Asia non ancora disprezzata. Nel XVI secolo iniziò la penetrazione europea nell’Asia orientale. Il rapporto tra Europa e Asia fu molto più complesso e articolato rispetto a quello tra Americhe e Africa. Gli europei non conoscevano l’Asia e ne aveva una visione mistica e in generale positiva. Gli europei, in particolare portoghesi e spagnoli si avventurarono in Asia alla ricerca di spezie e cristiani. Gli europei sapevano perfettamente che le merci provenienti dall’Asia, e che fino a quel momento erano state commercializzate dagli arabi, erano appetibili, ma essi non avevano nulla con cui scambiarle, per cui erano costretti a pagarle in metalli preziosi. Gli europei volevano non pagare e riuscirono in breve a farlo utilizzando la loro superiore forza militare e instaurando gradualmente il loro controllo pulito sull’Asia. Una volta divenuti padroni avrebbero anche disprezzato gli orientali, ma inizialmente non contestavano il valore della loro cultura e della loro civiltà. La colonizzazione europea dell’Asia fu quindi un processo storico assai lungo e diversificato. 25. Portoghesi e spagnoli per primi: ma l’Asia non è l’America. Inizialmente la presenza europea in Asia era costituita principalmente da portoghesi, che intimavano con le armi indonesiano e malesi, ma allo stesso tempo li proteggevano dai rivali e da rivolte popolari. Essi tuttavia non assumevano nei confronti della società indigena e dei cinesi un atteggiamento razzista, ottenendo così una certa influenza sulla società ma non imposero mai il loro controllo. Diversa fu l’esperienza degli spagnoli nelle Filippine, dove portarono la pratica della conversione forzata degli indigeni, la concessione delle terre e della manodopera ai pochi spagnoli presenti (tramite il sistema dell’encomienda) e la concessione di vasti poteri alla chiesa. Si stabilì un rapporto di interdipendenza. 26. È olandese la prima colonizzazione capitalistica. Sulla scia dei portoghesi arrivano i mercanti olandesi, che rappresentavano una società molto più ricca ed evoluta di quelle iberiche. Nel 1602 era stata creata la Società olandese delle Indie orientali, la quale aveva il diritto di rappresentare lo stato e di esercitare il commercio con l’Olanda, in condizioni di monopolio, di spezie e altri generi che inizialmente venivano solo raccolti, solo più tardi anche espressamente coltivati. (la produzione destinata all’esportazione di generi diversi da quelli necessari alla sussistenza delle popolazioni locali riprodusse su larga scala quanto era accaduto nei caraibi con le piantagioni di zucchero di canna). Tra il 1600 e il 1700 l’Olanda instaurò il suo dominio sul mondo malese (escluse le Filippine) e divenne la potenza egemone dell’Asia sud- orientale. L’esigenza del traffico internazionale degli olandesi richiamò nelle aree portuali dell’Asia un grande numero di immigrati cinesi, che gestirono il piccolo commercio e anche l’usura. L’Olanda rimase sempre un paese di commercianti che seppero valorizzare le terre da loro controllate. Benché sotto certi aspetti Giava venne trasformata in un giardino tropicale per la produzione delle merci, la società giavese fu sconvolta dalla colonizzazione. La terra destinata al riso non aumentava, anzi spesso diminuiva, ma soprattutto diminuiva la forza lavoro che non poteva più occuparsi delle risaie e che era invece costretta a coltivare i raccolti imposti dai colonizzatori. 27. In India la crisi politica facilita la colonizzazione. Nel 1600 venne fondata la compagnia delle indie orientali a Londra, che dovette contendersi il dominio con i francesi e che rimase in una posizione piuttosto marginale fino a che l’impero Mugal rimase forte. Per imporsi completamente e assumere il controllo gli inglesi dovettero aspettare la crisi dell’impero Mugal, che non solo seppero utilizzare a loro vantaggio, ma anche oculatamente accelerare e aggravare con la loro azione politica e con la vendita di armi. 28. I preziosi manufatti di un paese ricco e produttivo. I mercanti inglesi esportavano dall’India non tanto materie prime o prodotti agricoli grezzi, ma manufatti artigianali, soprattutto le cotonate, l’India era allora insieme alla Cina il più grande paese manifatturiero del mondo. Il problema era soprattutto quello di non sapere che cosa vendere agli indiani per pagare le loro merci, anche se presto il commercio di armi diede un grande contributo a riequilibrare la bilancia del commercio. I dirigenti della compagnia cercarono da un lato di abbassare i prezzi delle merci e dall’altro di trovare altre fonti di guadagno, non per forza legate al commercio. In particolare per abbassare i prezzi delle merci gli inglesi intervennero sempre più direttamente nei meccanismi di produzione, in particolare nel settore tessile. Il Bengala divenne un’area industriale tessile a carattere mondiale, ma i tessitori erano completamente spossessati del loro lavoro. 29. Il potere politico come fonte di imposte e di guadagno. Nonostante le pratiche commerciali di rapina il bilancio della compagnia era deficitario per gli elevati costi militari e civili. Bisognava quindi trovare altre entrate, e questo passaggio avvenne nel 1757, quando gli inglesi ottennero con un trattato il diritto di esercitare il potere fiscale sul Bengala. Si passò poi all’esercizio di una piena sovranità politica, utilizzando imprese militari e giochi politici. Due terzi degli indiani erano sottoposti al potere britannico, rendendosi così una fonte di guadagno per gli inglesi. Le tasse ebbero effetti sconvolgenti sulla società indiana: primo fra tutti la privatizzazione delle terre dove solitamente la terra era affidata alla gestione dei villaggi. Così nell’800 l’India divenne una società povera, mentre in precedenza almeno dal punto di vista economico era una delle aree forti e stabili del mondo. 30. La logica del potere britannico sull’India. Non si deve pensare che gli inglesi abbiano esportati grandi quantità di merci, piuttosto sfruttarono la popolazione tramite le imposte. Il rapporto degli inglesi con gli indiani fu molto complesso: fu innanzitutto contraddistinto da atteggiamenti razzisti che si esprimevano nella totale separatezza tra i popoli, gli indiani venivano infatti usati come servitori o burocrati subalterni, ma non vennero mai frequentati come uguali. I funzionari inglesi inoltre ritenevano gli indiani incapaci di fare da se per quanto riguarda giustizia e modernizzazione, e per questo si sentivano legittimati a intervenire. 40. L’Africa infiltrata dagli europei: sempre nuovi schiavi. La cultura occidentale ha accreditato l’immagine dell’Africa come un continente nero privo di valori. A conferma di questo atteggiamento, che costituisce il più grave caso di negazione della cultura e dell’identità altrui, il fatto che gli europei hanno sempre negato all’Africa l’esistenza di una sua storia, gli studi degli ultimi decenni hanno invece messo in evidenza la ricca diversificazione delle civiltà africane tradizionali. Su tutti gli eventi e gli sviluppi politici, militari e religiosi, dominava comunque la spinta a cercare nel cuore dell’Africa uomini che potessero lavorare gratuitamente per produrre beni da esportare. 41. Nuovi bisogni di materie prime e spartizione dell’Africa. Nella seconda metà del XIX secolo gli europei in Africa modificarono la politica che seguivano da oltre 2 secoli, e a partire dal 1880 l’africa venne spartita tra le maggiori potenze coloniali. I conquistatori venivano preceduti da spedizioni geografiche che accertavano la disponibilità di materie prime, ma anche le possibili vie di comunicazione, come fiumi ferrovie.. Alla fine si delineò nell’Africa occidentale un complesso di colonie francesi, mentre nell’Africa orientale un insieme di colonie britanniche. La Rissa per l’Africa, conferenza di Berlino del 1885, fu organizzata al fine di evitare scontri tra i conquistatori e per spartire il territorio tra gli europei in base al principio che un territorio non occupato dai bianchi era privo di possessori ed era contraddistinto da un vuoto di potenza. L’Africa portava già i segni di due secoli di rapporti ineguali, che avevano scatenato lotte tra africani, impoverimento e abbandono di territori … Furono tolte agli africani vaste estensioni di terra passate a piantatori europee, ma l’introduzione di grandi colture, come quella del cacao, beneficarono solo una piccola parte della popolazione, mentre crearono grandi carenze alimentari per molti abitanti che in precedenza producevano con tecniche primitive di sussistenza. La colonizzazione dell’Africa fu condotta sempre all’insegna della totale negazione del valore del negro. 42. La fine dell’era coloniale. Con la prima guerra mondiale l’epoca d’oro dell’espansione europea era giunta a termine, e la seconda guerra mondiale con l’indebolimento soprattutto economico di tutte quelle che erano state le potenze coloniali europee, sancì la fine della colonizzazione europea. La decisione, nel 1947, di dare all’India la sua indipendenza rendeva inevitabile l’abbandono delle colonie asiatiche, la Francia tuttavia ritenne necessario mantenere le sue posizioni imperiali quale garanzia della sua grandezza e pagò per questo un prezzo molto alto. Lo svolgersi del processo che portò tanti popoli all’indipendenza trovò una grande spinta dal successo della rivoluzione cinese nel 1949, che si intrecciò con al crisi del sistema coloniale. 43. Non più colonizzatori e colonizzati, ma solo ricchi e poveri. Una volta terminata l’epoca degli imperi coloniali non si può più parlare di colonizzatori e colonizzati, ciò non toglie tuttavia che nel mondo ancora oggi si parla di persone ricche e persone povere. La polarizzazione tra ricchi e poveri vede scendere nelle spire delle povertà, relativa ma anche assoluta, strati sociali che un tempo fruivano di redditi medi (come avviene in paesi dell’America latina). La povertà tuttavia non ha più netti confini geografici, e riappare anche in Europa e negli USA: in ogni società, ma in proporzione diversa da caso a caso, si va delineando uno strato di persone che è posto fuori dal processo sociale e non hanno possibilità ragionevoli di reinserirsi nella vita produttiva . La proporzione degli esclusi è comunque più forte nei paesi poveri rispetto che in quelli più ricchi e sviluppati. 44. La forza dei vincitori e la memoria dei vinti. Il bilancio storico sulla colonizzazione è quindi reso difficile dagli eventi seguiti alla sua fine, dato che gli assetti di potere economico determinati dalla colonizzazione sono lungi dall’essere superati o attenuati. È certamente presente la tendenza di coloro che ancora traggono beneficio da quanto avvenne nel mondo dopo il 1492 a giustificare il fenomeno del colonialismo, portando come prova il fallimento delle alternative. È infatti naturale che ogni fatto sia vissuto in 2 modi: da chi ne trae o ne ha tratto beneficio, e da chi ne ha subito o subisce tuttora i danni. Chi ha tratto beneficio tende a definire quel fatto storico come glorioso e fondamentale, mentre chi ne ha subito i danni lo percepisce come una catastrofe, come un lutto, e tende a rievocare il mondo di prima come un mondo felice, in nome di una memoria che guarda il rovescio della storia: la memoria dei vinti. Nella cultura corrente oggi nel mondo, fondata sul principio della competizione e della sopravvivenza del più adatto, la memoria dei vinti viene vista come qualcosa che deve essere cancellato o quantomeno ignorato. Hegel tuttavia affermava che mai nulla è perduto nella storia dell’umanità: la memoria dei vinti da parte della storia e della cultura dell’umanità alla stessa stregua della memoria dei vincitori. La verità tuttavia non può essere trovata nell’uno o nell’altra memoria, ma nel rapporto tra le due, e la condanna morale di quella violenza non è sufficiente, ma è necessaria l’analisi dei motivi, dei processi storici che avevano generato quei rapporti di forza.
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