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Riassunto Cottini Riassunto cottini, Appunti di Pedagogia

Riassunto del libro Cottini, di pedagogia anno 2020

Tipologia: Appunti

2020/2021

Caricato il 19/07/2021

Imma8906
Imma8906 🇮🇹

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Scarica Riassunto Cottini Riassunto cottini e più Appunti in PDF di Pedagogia solo su Docsity! DIDATTICA SPECIALE E INCLUSIONE SCOLASTICA - Lucio Cottini Introduzione Inclusive education: modello teorico nato negli anni ‘90 con lo scopo di rispondere alle diversità dei bisogni dei singoli studenti, promuovere un sistema educativo capace di intercettare le differenze e specificità di ognuno. Modello promosso e supportato dall'UNESCO (Conferenza di Salamanca, 1994, Carta di Lussemburgo, 1996, Convenzione sui diritti delle persone disabili, 2006). Non si tratta di indirizzarsi ad un allievo medio per poi aggiungere percorsi personalizzati, ma concepire una progettualità fin dall'inizio rivolta a tutti, tenendo conto delle differenze e orientandosi a promuovere per ciascuno le migliori opportunità di crescita personale —> rendere inclusivi i contesti, i metodi, gli atteggiamenti. Cottini individua 4 piani, integrati tra loro, che descrivono e orientano la riflessione sulla dimensione inclusiva (4 parti del libro): e Piano dell’affermazione dei principi di riferimento e Piano dell'organizzazione del contesto e delle procedure ai fini inclusivi e Piano metodologico-didattico » Piano dell’evidenza empirica (verifica della significatività operativa delle metodologie). Capitolo 1 - L'evoluzione del quadro normativo a supporto dell'inclusione ÉTÀ””"">O>M& e Anni ’60: l'approccio alla disabilità era prevalentemente medico, e si riteneva che l'alunno con disabilità potesse essere aiutato in maniera più incisiva se inserito in gruppi di bambini con deficit simili. Classi differenziali nella scuola media unica (legge n. 1859 del 1962) e sezioni speciali o scuole materne speciali per i casi più gravi per i bambini dai 3 ai 6 anni (legge n. 444 del 1968) —> istruzione separata e Anni ‘70: crisi delle istituzioni separate. Legge n. 118 del 1971 riconosce agli allievi in situazione di disabilità il diritto all'istruzione in classe comune, escludendo però i soggetti 1 più gravi; intorno al 1975 gli specialisti hanno iniziato a rifiutarsi di attestare la gravità della disabilità. 1974: viene costituita la Commissione Falcucci (era una senatrice) per studiare l'inserimento dei bambini con disabilita nella scuola comune; nel 1975 la commissione elabora un documento in cui viene ribadito che il superamento dell'emarginazione passa da un nuovo modo di concepire e attuare la scuola e che l'inserimento nelle scuole comuni di bambini con disabilità non implica il raggiungimento di mete culturali minime comuni. 1977: con la legge 517/1977 vengono abolite le classi differenziali e le scuole speciali —> questo favorisce il passaggio da inserimento a integrazione. La legge prevedeva la programmazione di attività per gruppi e interventi individualizzati e la presenza di insegnanti specializzati. Negli anni successivi sono state emanate altre leggi e circolari ministeriali per l'interpretazione della legge 517/1977 (vedi pag. 32) e Anni ‘80: legge n.215 del 1987 garantisce la frequenza della scuola media superiore a tutti i disabili. + 1992: legge quadro 104/1992 per l'assistenza, l'integrazione e i diritti delle persone con disabilità. Ha lo scopo di raccogliere organicamente le disposizioni precedenti e riempire vuoti legislativi. discussione verso un approccio inclusivo alle diversità, centrato sull'individuazione di obiettivi comuni a tutti gli allievi; questo orientamento è ancora solo accennato. 1994 - Dichiarazione di Salamanca —> chiaro impegno nei confronti del principio dell'educazione per tutti e per ciascuno, riconoscendo la necessità di bambini, giovani e adulti con BES di frequentare percorsi di formazione e istruzione all'interno de comuni sistemi educativi —> l'educazione delle persone con disabilità è parte integrante del compito della scuola regolare. Il raggiungimento di questo obiettivo richiede che le scuole predispongano percorsi educativi in grado di considerare anche i pisogni educativi di tutti gli allievi. Viene rovesciata la prospettiva sociale usuale dell'integrazione scolastica: sono i programmi scolastici che devono adattarsi ai bisogni dei bambini e non viceversa. 1996 - Carta di Lussemburgo —> articolata in tre parti. Principi fondamentali: ogni Stato membro deve adottare una legislazione che garantisca a tutti l'accesso a un sistema scolastico ordinario; viene data importanza al ruolo rivestito dai genitori, alla centralità dell'intervento avviato precocemente e fondato su una valutazione precisa e costante dei bisogni dell'individuo e dell'ambiente familiare. Strategie: riferite agli aspetti e alle attività concrete da mettere in atto quando si vogliono applicare i principi generali. Enfasi sulla qualità dell'insegnamento che deve mirare a un rapporto educativo globale e alla costruzione della rete tra famiglia, insegnanti e specialisti a supporto dei processi inclusivi. Proposte: riguardano le prospettive e i cambiamenti da attuare in futuro. 2006 - Convenzione sui diritti delle persone disabili elaborata dalle Nazioni Unite —> viene riconosciuto il diritto alla piena inclusione in ogni contesto delle persone con disabilità. La disabilità viene definita come il risultato dell'interazione tra persone con menomazioni e barriere comportamentali e ambientali in grado di impedire la loro piena ed effettiva partecipazione alla società sulla base di uguaglianza con gli altri —> riferimento al modello sociale della disabilità e all'ICF, che vede la disabilità come frutto di un complessa interazione di condizioni create dal contesto. La sfida dell'inclusione delle persone con disabilità non riguarda solo una piccola minoranza ma l'intero genere umano. Italia, 2009: Osservatorio Nazionale sulla condizione delle persone con 5 disabilità presso il Ministero del lavoro, della salute, delle politiche sociali con funzioni consultive e di supporto tecnico-scientifico e 2009, UNESCO - Linee guida sull'educazione inclusiva —> l'inclusione è vista come un processo in grado di rispondere alla diversità delle esigenze di tutti gli allievi, attraverso l'incremento delle possibilità di partecipazione all'apprendimento, alle culture e alle iniziative comunitarie. e In ambito europeo sono presenti numerose iniziative volte alla promozione dell'inclusione scolastica, tra queste grande importanza rivestono i Principi guida per promuovere la qualità nella scuola inclusiva del 2009, ovvero e Ampliare l'accesso all'istruzione e favorire la piena partecipazione e le opportunità educative a tutti gli studenti e Potenziare la formazione di tutti i docenti e Mettere in campo azioni in grado di promuovere una cultura condivisa e l'accoglienza delle diversità degli alunni e delle loro esigenze e Organizzare adeguatamente la “struttura di sostegno” e Prevedere sistemi di finanziamento certi, flessibili e preferibilmente decentrati e Sviluppare politiche orientate in prospettiva inclusiva e Avere una legislazione che ponga sempre l'inclusione come meta da raggiungere e 2014 - Cinque messaggi chiave per l'educazione inclusiva —> dal punto di ista operativo suggeriscono di agire: e Il prima possibile, in quanto tutti i bambini hanno diritto a ricevere il sostegno necessario, precocemente e ogniqualvolta serva e Considerando l'educazione inclusiva come un bene per tutti, che mira ad offrire istruzione di qualità a tutti gli alunni e Facendo riferimento a professionisti altamente qualificati e Peravere sitemi di sostegno e meccanismi di finanziamento che siano adeguati alla misurazione dell'efficienza e di quanto conseguito. Normativa italiana Con la legge 170/2010 sui DSA, la direttiva ministeriale del 2012 e la C.M. n. 8 del 203 sui BES, il MIUR è intervenuto sulla questione, con l'obiettivo di dare visibilità a una popolazione scolastica in difficoltà di apprendimento. Gli studenti con DSA hanno diritto a fruire di appositi provvedimenti dispensativi e compensativi, di una didattica individualizzata e personalizzata, che tenga conto elle peculiarità degli allievi e di adeguate forme di verifica e valutazione. Strumenti compensativi: dispositivi didattici e tecnologici in grado di sostituire o facilitare la prestazione richiesta nell'abilità deficitaria. Strumenti dispensativi: interventi che consentono all'allievo di non svolgere alcune prestazioni che, sempre a causa del disturbo, risultano particolarmente difficoltose e che non migliorano l'apprendimento. Le attività di recupero individualizzato, le modalità didattiche personalizzate nonché gli strumenti compensativi e le misure dispensative dovranno essere esplicitate e formalizzate all'interno del Piano didattico personalizzato (PDP) per la continuità didattica e la condivisione con le famiglie. Il fatto che con la certificazione DSA non sia prevista la presenza di un insegnante di sostegno sottolinea l'esigenza che tutti gli insegnanti sappiano intervenire in maniera adeguata. Nell'area dei BES vengono comprese due ampie condizioni di difficoltà scolastiche: i disturbi evolutivi specifici (DSA, deficit del linguaggio, di coordinazione motoria, disprassie, disfunzioni non verbali, ADHD, funzionamento intellettivo limite) e lo svantaggio socio-culturale e linguistico. Ogni scuola deve inserire nel PTOF il Piano annuale per l’inclusività (PAI). A proposito dei BES è interessante ricordare la posizione di Booth e Ainscow (autori dell'Index per l'inclusione), che sostituiscono il concetto di BES con quello di “ostacoli all'apprendimento e alla partecipazione”, che permette di evitare di identificare alcuni alunni come soggetti con BES Nel 1997 è stata proposta una revisione del ICIDH, chiamata ICIDH-2 con lo scopo di correggere l'impostazione lineare tra i concetti di menomazione, disabilità e handicap, proponendo una dinamica più complessa e introducendo il concetto di partecipazione attiva, che sarà centrale nel modello proposto dall'ICF; si è iniziato a focalizzare l'attenzione su aspetti psicosociali anche se la disabilità continua ad essere considerata come problema del singolo, cioè come una mancanza funzionale che deve essere compensata in modo da garantire all'individuo una vita il più possibile vicina a quella tipica —> rischio di confondere la persona e la sua identità con la condizione patologica. Modello sociale Prende avvio dall’attivismo politico di persone con disabilità. Attenzione sul ruolo disabilitante delle barriere sociali; tentativo di spostare l'attenzione dalle limitazioni funzionali delle persone in situazione di disabilità ai problemi causati dai contesti disabilitanti, costituiti da barriere e da culture che ostacolano alcuni individui. Disability studies: disciplina che mette in discussione in legame causale tra l'avere una menomazione e l'essere disabile, obiettivo di promuovere il cambiamento della società; le difficoltà di alcuni allievi non vengono negate, ma considerate una condizione intrinseca con cui gli insegnanti devono confrontarsi. Non ci si deve organizzare per intercettare i bisogni educativi degli allievi “normali", ma per rispondere ai bisogni di apprendimento di ciascuno; in questa prospettiva i BES non sono “bisogni dei diversi" ma tutte quelle esigenze che rinviano a difficoltà di sviluppo e apprendimento, temporanee o permanenti, che possono manifestarsi a prescindere da una condizione di disabilità. Gli esponenti dei Disability Studies sostengono che il sistema educativo italiano sia ancora dominato da una visione individuale, testimoniata dalla centralità della diagnosi e della sua gravità, che porta alla richiesta sempre maggiore di figure specializzate in grado di occuparsi degli specifici problemi. Modello ICF (1999) Può essere considerato come anello di congiunzione tra i due precedenti. Elemento centrale è il concetto di salute, inteso come un ideale che nessun individuo sperimenta in modo completo; approccio di tipo biopsicosociale, tenta di arrivare ad una sintesi in grado di fornire una prospettiva coerente delle diverse dimensioni ella salute a livello biologico, individuale e sociale. Due tipi di fattori alla base del funzionamento di ogni individuo: * Personali: attributi caratteristici di ogni persona (funzioni e 1 strutture corporee) e Ambientali: contesto fisico e sociale e impatto dei comportamenti di ognuno. (Modello descritto meglio nel capitolo 4) Modello delle capacità (Capability Approach) Formulato a metà degli anni '80 dall’economista e filosofo Amartya Sen, promosso in diversi ambiti. Il concetto di riferimento è quello dello “star bene” di Sen, che non dipende tanto dai mezzi che ogni individuo ha a disposizione, quanto dalla capacità di trasformare tali disponibilità in concrete realizzazioni e risultati nella direzioe che egli intende conseguire; è l'insieme dei traguardi potenzialmente raggiungibili (spazio delle capacità o capability set) o effettivamente realizzati (spazio dei funzionamenti o functionings) che contribuisce a determinare il benessere e la qualità di vita delle persone. Secondo questo modello la persona con disabilità ha il diritto di scegliere come gestire | propria vita e sviluppare tutte le proprie potenzialità, quindi gli interventi sociali avranno lo scopo non solo di compensare lo svantaggio, ma anche di incrementare la capacità della persona di poter scegliere. Il superamento della disabilità non coincide con l'adeguamento a una normalità, ma con l'ampliamento delle possibilità di scelta dell'individuo, della sua capacità di autodeterminazione. Il disturbo dello spettro dell'autismo è descritto da una diade di sintomi afferenti a deficit di attenzione e di interazione sociale e comportamenti, attività o interessi ristretti e ripetitivi. Il DSM-5 prevede dei criteri per la diagnosi di disturbo dello spettro dell'autismo, a loro volta declinati in specificatori che permettono di definire il quadro per ogni individuo, consentendo una valutazione della gravità. L'ICF si pone in continuità con le classificazioni precedenti, rovesciando però la prospettiva di analisi: non si considera la menomazione ma la salute e le potenzialità dell'individuo e le sue eventuali disabilità in relazione all'attività e alla partecipazione. In questo modo si pongono le basi per individuare compiutamente i bisogni e superare fino al possibile i limiti dell'attività e le restrizioni alla partecipazione. L'ICF è organizzato in due parti; la prima è formata da: . Funzioni corporee e strutture corporee » Attivitàe partecipazione La seconda invece prevede: . Fattori ambientali . Fattori personali (attualmente non classificati nell'ICF) Le componenti sono indicate con dei prefissi (ad esempio, b per le funzioni corporee), e sono a loro volta divise in capitoli, individuati da un numero. Le funzioni corporee sono le funzioni fisiologiche dei sistemi corporei, incluse quelle psicologiche; le strutture corporee sono parti anatomiche del corpo. Attività è l'esecuzione di un compito o di un'azione da parte di un individuo; partecipazione è il coinvolgimento di un individuo in una situazione di vita. | fattori ambientali sono caratteristiche del mondo fisico, sociale e degli atteggiamenti che possono avere un impatto sulle prestazioni di un individuo in un determinato contesto. All’interno di ciascun capitolo ci sono categorie a due, tre o quattro livelli, ognuna con una breve descrizione. Questa divisione porta alla costruzione di un codice idoneo al soggetto: le lettere (b, s, d, e) indicano le componenti, sono seguite da un numero che indica il capitolo (una cifra), seguito dal secondo livello (due cifre) e dal terzo e dal quarto (una cifra ciascuno). L'ICF è applicabile a qualsiasi persona che si trovi in qualsiasi condizione di salute, dove vi sia la necessità di valutarne lo stato di “salute” a livello corporeo, 1 personale o sociale. | codici richiedono l'uso di uno o più qualificatori i quali denotano l'entità del livello di salute o la gravità del problema in questione; vengon codificati con uno, due o più numeri dopo un punto; senza i qualificatori i codici non hanno un valore intrinseco, tutte le componenti sono qualificate usando la stessa scala. O masua 5. Significato da attribuire aî diversi "qualificatori”’ Qualificatori |. Significato L'ICF-CY cerca di rispondere alle esigenze connesse alla classificazione delle condizioni di salute e delle manifestazioni di disabilità di bambini e adolescenti, alla luce del fatto che tali situazioni sono diverse in età evolutiva rispetto all’età adulta. Deriva dall'ICF e prevede modifiche che riguardano alcuni codici e qualificatori per consentire una migliore inclusione di aspetti legati allo sviluppo in età evolutiva. Sono diventati oggetto di attenzione lo sviluppo cognitivo e del linguaggio, il gioco, l'apprendimento, la vita familiare, l'istruzione nei diversi domini e il campo delle tecnologie, descritte nella componente “fattori ambientali” come prodotti, strumenti e apparecchiature adattati o progettati apposta per migliorare il funzionamento di una persona. Dal punto di vista della codifica viene mantenuta la stessa struttura alfanumerica, con l'aggiunta di alcuni codici e qualificatori. In riferimento all'utilizzo della codifica ICF o ICF-CY con individui in situazione di disabilità dev'essere sempre evidente che attraverso questo strumento non si ottengono diagnosi cliniche ma dei Profili di funzionamento, in quanto lo scopo è descrivere la natura e la gravità delle limitazioni del funzionamento e i fattori ambientali che influiscono su di esso. ICF, ICF-CY E DIDATTICA SPECIALE Tre punti principali: è Il cambio di prospettiva, verso un concetto positivo di attività e partecipazione e La grande attenzione che viene riservata ai fattori contestuali e ambientali e Il ruolo paritetico che viene riconosciuto agli interventi clinici, riabilitativi, educativi e sociali L'ICF e l'ICF-CY non richiedono di indicare le cause di una menomazione o della disabilità, ma solo di specificarne gli effetti, a partire da una valutazione positiva del funzionamento per indicarne se e quanto ciascun soggetto se ne discosta abbandono dei termini con una connotazione negativa, come "menomazione"e "handicap" a favore di altri come “attività" e “partecipazione sociale”. Questi strumenti ci jnvitano a pensare maggiormente alla persona in una imensione diacronica, nella 1 differenziazione degli obiettivi, delle metodologie e delle valutazioni. 2. Progettare da subito i curricoli didattici per affrontare le differenze individuali. È la logica sviluppata dalla UDL (trasferire i principi della progettazione per tutti dal piano architettonico a quello dell'istruzione, attraverso un'azione centrata sui programmi di studio, i quali risultano eccessivamente rigidi). Intento del capitolo è indagare le prospettive di questa seconda strada. Progettare un curricolo flessibile fin dall'inizio offre molte più opportunità a ogni allievo di una classe di sentirsi accolto e stimolato, perché non presuppone il programma standard per tutti. Bisogna lavorare per modificare il curricolo comune, ampliandolo e differenziandolo dal punto di vista didattico, così che possa accogliere le esigenze del più alto numero di allievi possibile (Dovigo 2014, D'alonzo 2016). Il curricolo didattico Con esso ci si riferisce all'itinerario formativo indirizzato ai campi di esperienza o alle discipline, che viene considerato sia sotto il profilo dei contenuti formativi (il programma), che sotto quello della sua organizzazione didattica (la programmazione). Il riferimento normativo di fondo della prospettiva curricolare è rappresentato dalle disposizioni sull'autonomia delle istituzioni scolastiche (art. 21 della legge 59/1997) e dall'art. 8 del regolamento sull'autonomia (DPR 275/1999). Rappresenta il dispositivo didattico di riferimento per una scuola che voglia essere sempre più inclusiva e capace di valorizzare le differenze, nel momento in cui persegue i suoi obiettivi di fondo che sono quelli di istruire e educare. L'orientamento UDL offre un supporto prezioso a questo fine, per promuovere un'organizzazione della didattica aperta e flessibile, capace di considerare le caratteristiche diversificate degli allievi e di perseguire per tutti il successo formativo. L'approccio UDL A metà degli anni 80 l'architetto Ronald Mace studiò la conformazione degli edifici e dei prodotti al fine di renderli accessibili a tutte le persone, comprese quelle con esigenze particolari e con specifiche situazioni di disabilità. La filosofia progettuale dell’universal design prevede 7 principi: 1. Equità: essere impiegabile da chiunque 2. Flessibilità: adattarsi in modo flessibile alle diverse abilità degli individui 3. Semplicità: uso semplice e facile 4. Percettibilità: attenzione a trasmettere le informazioni sensoriali in maniera percepibile da tutti 5. Evitamento: organizzazione in grado di minimizzare i rischi e. Contenimento dello sforzo fisico: impiego di un livello minimo di sforzo e fatica per accedere a spazi fisici e servizi 7. Misure e spazi sufficienti: possibilità di rendere lo spazio idoneo per l'utilizzo Sulla stessa linea a livello europeo si è posto il movimento Design for all, il cui scopo è facilitare per tutti le pari opportunità di partecipazione in ogni aspetto della società. L'approccio UDL si trasferisce sul piano dell'istruzione e dell'apprendimento. | ricercatori del CAST hanno elaborato delle Linee Guida fondandole sui 3 principi fondamentali che prevedono la messa a disposizione di: e Molteplici mezzi di rappresentazione per dare agli studenti vari modi di acquisizione dell'informazione e della conoscenza. Gli allievi tendono a percepire e a comprendere in maniera diversa le info che vengono loro sottoposte, quindi bisogna prevedere delle modifiche sulle modalità di presentazione dei contenuti. e Molteplici mezzi di espressione per fornire agli studenti delle alternative 2 per dimostrare cosa sanno. Bisognerebbe privilegiare forme di valutazione autentica, nella quale gli allievi vengano chiamati a svolgere compiti reali. e Molteplici mezzi di impegno per colpire gli interessi degli studenti. Gli allievi esprimono modalità diversificate di coinvolgimento nei compiti in relazione a quanto sono motivati. La ricerca neuroscientifica sostiene questi principi e individue 3 reti che si usano nel processo di apprendimento: di riconoscimento, strategica e affettiva. Le linee guida tendono a allineare queste 3 reti con i rispettivi principi. In sintesi, adattare i curricoli agendo sui 3 principi detti può consentire di ridurre gli ostacoli all'apprendimento di vari allievi, per soddisfare i bisogni di tutti gli studenti sin dall'inizio. L'utilizzo della tecnologia digitale è molto importante nell'adattamento dei curricoli ma non deve essere l'unico mezzo per applicare l’UDL. Proposta di un modello per l'adattamento dei curricoli didattici Sono previste 3 dimensioni che caratterizzano momenti specifici della programmazione educativa: * La modalità con la quale possono venire presentate le proposte didattiche « Le forme utilizzabili dagli allievi per manifestare le proprie competenze e acquisizioni Nel libro inoltre è presente un esempio di attività didattica adattata in modalità UDL: “Alla scoperta della nostra regione di Luisa Zinant”. Si tratta di una quinta primaria. Nell'esempio è riportata l'attività ordinaria e la conseguente attività in modalità UDL: l'adattamento riguarda per lo più l'utilizzo di strumenti digitali come lo zoom (per leggere meglio le carte geografiche), l'utilizzo di carte geografiche in rilievo, creare e-book, fare presentazioni utilizzando vari software come power point, movie maker ecc. CAPITOLO 5 - CERCARE | PUNTI DI CONTATTO PER UNA PROGRAMMAZIONE INCLUSIVA Adottare l'orientamento UDL non fa venire meno l'esigenza di programmazioni Individualizzate per glia allievi con bisogni speciali. La sfida da accettare diventa quella di ricercare la massima individualizzazione delle attività, così come richiede la presenza di allievi con bes, garantendo nel contempo una loro effettiva inclusione nel gruppo classe: trovare il punto di contatto fra programmazione curricolare e programmazione individualizzata rappresenta uno degli obiettivi di fondo della didattica speciale. Itinerari metodologici praticabili a questo fine: 1. programmare congiuntamente per ricercare obiettivi comuni la prospettiva inclusiva può trovare una reale possibilità di concretizzarsi solo se si fonda su processi di programmazione integrata. Invece, osservando la realtà di molte scuole appare evidente come la programmazione individualizzata sia redatta spesso dal solo insegnante di sostegno, senza particolari coinvolgimenti dei colleghi curricolari e di altri operatori. L'adattamento degli obiettivi però non deve essere inteso a senso unico, cioè come semplice adeguamento della programmazione individualizzata per farla avvicinare a quella della classe. In alcune occasioni ci possono essere anche delle attività appositamente pensate a favore dell'allievo in difficoltà, alle quali partecipano pure i compagni. | compagni ne possono trarre vantaggio (cognitivo, sociale e anche per attivare una riflessione metacognitiva sui processi mentali che hanno portato alla risoluzione dei compiti). 2. Gli obiettivi possono essere avvicinati 2 In molte situazioni non risulta possibile determinare punti di contatto fra la programmazione curricolare e quella individualizzata. Il lavoro di avvicinamento degli obiettivi richiede un'azione sui contenuti didattici, i quali possono essere modificati, ridotti o tradotti per renderli adeguati alle esigenze dell'allievo in situazione di disabilità. L'utilizzo di disegni e immagini è uno dei mezzi più efficaci per far si che le attività da svolgere risultino più semplici. lanes descrive 3 modi di semplificazione dei libri di testo: e Evidenziare il testo attraverso cornici ingrandite contenenti i concetti essenziali e le relative immagini. e Schematizzare e ristrutturare il testo attraverso l'eliminazione di parti non essenziali, l'uso di un linguaggio semplice, il rafforzamento dell'idea principale con altre parole chiave. e Ridurre il testo con interventi mirati a elaborare brevi periodi riferiti ai concetti fondamentali, evidenziati e resi accessibili grazie a immagini affiancate ai concetti chiave. 3. Partecipare alla cultura del compito Anche quando non è possibile creare adattamenti degli obiettivi e delle metodologie che consentano apprendimenti significativi su compiti dello stesso tipo di quelli dei compagni, è comunque utile farlo partecipare alle attività della sua classe. L'allievo percepisce che le consegne destinate all'intero gruppo classe non gli sono totalmente estranee e questo facilita sicuramente il suo sentirsi parte integrante della classe. 4. Svolgere attività personalizzate all’interno o all’esterno della classe Le attività differenziate in confronto a quelle della classe in alcune situazioni possono essere sviluppate all'interno del contesto integrato, nel momento in cui l'ambiente risulta strutturato in modo particolare. Ci si riferisce a spazi che non siano rappresentati solo da banchi e cattedra ma dove ci siano anche altri luoghi in cui svolgere attività didattiche. Ad esempio spazi per la lettura, per il pc, per i lavori manuali ecc. sono necessarie modifiche strutturali e organizzative tali da rendere il contesto accogliente per tutti, anche per l'attività individualizzata di alcuni allievi con bisogni particolari. Attività di insegnamento “uno a uno" fuori dalla classe è fondamentale che rappresentino delle esperienze limitate temporalmente e che siano programmate nell'interesse dell'alunno e della sua integrazione. Nel libro viene riportato un esempio di programmazione integrata riferita a un allievo frequentante la seconda primaria con disabilità intellettiva. Se per quanto riguarda l'area linguistico-espressiva gli obiettivi sono quasi gli stessi e vengono perseguiti con criteri di accettabilità meno stringenti, per l'area logico- matematica è necessario invece un intervento personalizzato in cui viene utilizzato materiale concreto e strategie fornite dall'insegnante per fare operare in modo produttivo l'allievo. Capitolo 6 Il profilo dei docenti per la scuola dell’inclusione e i processi di formazione La scuola inclusiva si costruisce sulla qualità del personale. L'’OCSE suggerisce che migliorare la professionalità degli insegnanti produrrà un innalzamento del rendimento 2 * capacità interattive; e capacità di suscitare entusiasmo e motivazione; » capacità di riflettere sulla pratica di insegnamento. Attitudine ad analizzare e riflettere sulla propria attività > crescita professionale. Le competenze di ricerca e la sperimentazione sono fondamentali per ridisegnare il profilo professionale di un insegnante che dovrà individuare i percorsi didattici più efficaci, le metodologie e le strategie più utili. Il presupposto dell'agire del docente è la piena consapevolezza di quello che si fa, la sua comprensione, la possibilità di scegliere tra alternative di comportamento diverse, in modo da essere responsabili della scelta fatta. Nel profilo dell'insegnante ideale bisognerebbe far coesistere attributi personali e qualità professionali, oltre a fattori contestuali. Esigenza di considerare positivamente il valore della differenza, ma anche la difficoltà di insegnare in classe molto eterogenee > bisogna ritenere la pluralità una condizione favorevole e necessaria per educare e promuovere l'intelligenza sociale, la classe come metafora della costruzione sociale della conoscenza: “insieme ce la possiamo fare”. L'inclusione è responsabilità di tutti i docenti. La Commissione Europea nel 2007 ha effettuato un analisi della condizione del docente in Europa: se l'insegnante è ispirato dai valori dell'inclusività e dal bisogno di nutrire le potenzialità di tutti può avere una profonda influenza sulla società, giocando un ruolo vitale nell'avanzamento delle potenzialità umane e nelle future generazioni. Secondo la Commissione Europea le competenze necessarie sono: + identificare le esigenze specifiche e rispondere con un'ampia gamma di strategie didattiche; » sostenere lo sviluppo dei giovani affinché diventino pienamente autonomi; e aiutare ad acquisite le competenze elencate nel Quadro comune europeo di riferimento; è lavorare in contesti multiculturali (comprendere il valore della diversità e il rispetto della differenza); e collaborare con colleghi, genitori e comunità; e acquisire, sviluppare e utilizzare competenze manageriali. Anche European Agency for Development in Special Needs Education nel 2012 propone un profilo dei docenti inclusivi (pensando che possa essere posto come fondamento di una politica coordinata di formazione degli insegnanti a livello europeo), le premesse sono: e i valori e le aree di competenza servono a tutti gli insegnanti, dato che l'inclusione è responsabilità di tutti i docenti; * ivalori e le aree di competenza danno ai docenti le basi di cui hanno bisogno per lavorare con alunni che presentano una vasta gamma di esigenze didattiche e educative all'interno di una classe comune. Quindi l'inclusione è un approccio didattico valido per tutti gli studenti e non solo per determinati gruppi di alunni portatori di specifiche esigenze. | docenti devono: » valutare la diversità degli alunni, considerando la differenza come una risorsa e una ricchezza; e sostenere gli alunni, insegnanti chiamati a coltivare alte aspettative sul successo di ogni studente; e lavorare con gli altri, lavoro di gruppo come approccio essenziale per tutti i docenti; e sviluppare un aggiornamento professionale personale continuo. 3 Formare un sistema di competenze così complesso richiede tempo, disponibilità al cambiamento e auto riflessione, comprensione personale del bisogno formativo. La formazione va considerata un percorso iniziale che NON si esaurisce con momento iniziale e accumulo di esperienza sul campo. Una figura di sistema L'insegnante di sostegno come figura di sistema, non vuol dire delegargli tutti i compiti connessi alla formazione di allievi con disabilità o BES. Deve avere la funzione di perno della rete dei sostegni attivati. Criticità attuali: associazione dell'ins. di sostegno all'allievo con disabilità > delega, deresponsabilizzazione, uscite dalla classe non sempre giustificate. C'è bisogno di: reale allargamento e generalizzazione delle responsabilità. lanes (2014): proposta di evoluzione-superamento della figura dell'ins. di sostegno, dice “nei docenti di sostegno è fascisti u tesoro di energie che merita di essere liberato dalle rigidità distorte del sistema attuale”. Spiega che le modalità di nomina che enfatizzano la dimensione medica, la tipologia di ruolo svolto risulta differente da quello dei colleghi e appare nanche in spazi diversi. > Quindi basterebbe stravolgere l’organizzazione per risolvere le criticità? In effetti è carente una cultura dell'inclusione condivisa in tutti gli insegnamenti, ma la chiave di volta sta più nella formazione che nell'organizzazione strutturale (che va in ogni caso corretta). Il “riassorbimento” degli insegnanti di sostegno nei ruoli curricolari dovrebbe incrementare le compresente e la promozione di una didattica inclusiva, tuttavia possiamo già osservare che il migrare di ins. di sostegno verso ruoli comuni non ha prodotto modifiche significative di collaborazione tra ins. con i nuovi colleghi di sostegno. Formazione per tutti sui temi della pedagogia e didattica inclusiva + modifiche strutturali e organizzative per permettere il ruolo di perno all’ins. specializzato. Non è necessario che la nomina dell’ins. di sostegno sia basata sul numero di certificazioni sanitarie degli allievi con disabilità, ma sarebbe meglio decidere dopo una lettura dei bisogni di sostegno e della progettualità della scuola, attraverso un approccio integrato (istituzione educativa, famiglia, servizi specialistici, servizi territoriali). > Si spera che i GIT (decreto legislativo 66/2017) possano portare ad un cambiamento in questo ambito. Esigenza: portare la scuola al centro nell'individuazione dei bisogni e della richiesta di risorse, senza privarsi del contributo essenziali delle altre componenti, di modo che le certificazioni rappresentino un elemento per la nomina di ins. specializzati e non un condizione senza la quale non si può richiedere. In questo modo anche il PAI assumerebbe molta più importanza. Competenze generali e speciali Canevaro (1999): la fine delle istituzioni speciali non comporta l'annullamento dei bisogni speciali. Esigenza di creare contesti inclusivi senza sottovalutare bisogni specifici. > Promuovere il rapporto individuale, come sottolineatura dell'esigenza di individualizzazione, ricercata in contesti collettivi, in piccolo gruppo, esperienza di Tutoring, ... . Perché ciò avvenga sono richieste competenze inclusive di tutti gli insegnanti, ma anche conoscenze e capacità metodologico-didattiche speciali dell'ins. di sostegno. Sfida: coniugare la didattica curricular con le prospettive dell'inclusione. Possibilità, per ogni istituzione educativa, di approntare progetti formativi in grado di coniugare le esigenze dell'istruzione e dell'educazione che risultano essere complementari > esistenza di ruoli diversi che Interagiscano senza processi di delega o deresponsabilizzazione rappresenta una ricchezza. 3.Le politiche della formazione in Italia Competenze dell'ins. inclusivo investono il piano specifico della professione, quello personale e relazionale, attenzione anche al contesto e alla capacità di riflettere sul proprio operato. Competenze intese come un_agire "situato" (perché produce conseguenze in specifici contesti in rapporto a situazioni concrete), “distribuito” (si sviluppa con il supporto di oggetti e/o di tecnologie), “relazionale” (radicato in pratiche sociali che lo plasmano e lo modellano). Questo pensiero si deve riflettere sulle politiche formative. Il percorso universitario di base non può fornire tutte le conoscenze e le competenze necessario per lo sviluppo professionale continuo e progressivo > la formazione deve essere vista come un processo che occupa e qualifica l'intera carriera, insieme alla formazione in servizio. Decreti legislativi 2017 che concretizzano la legge 107/2015: delineano il modello per dormire figure sempre più orientate all’inclusione. La formazione degli insegnanti della scuola dell'infanzia e primaria Non vengono previste modifiche sull'organizzazione del corso di SFP. All’interno del curricolo: 31 CFU denominati “Insegnamenti per l'accoglienza di studenti disabili" (che andrebbe modificata in “Insegnamenti per la promozione dell’inclusione anche in presenza di allievi con BES”). Per l'accesso alla specializzazione per le attività di sostegno didattico sono richiesti: ulteriori 60 CFU. Il raddoppio della durata della formazione specifica sul sostegno avrà ripercussione favorevoli sulle politiche e sulle prassi inclusive se l'ampliamento del numero di CFU si connetterà con un piano formativo organico e unitario sul territorio nazionale. Rischio: che i 60 CFU per poter partecipare vengano assemblati in maniera confusa dagli insegnanti in formazione, senza derivarli da uno specifico profilo. Per acquisire questi CFU, Cottini propone laboratori operativi di almeno 80 ore ciascuno (4CFU) sui temi: è didattica inclusiva e disturbi dello spettro autistico; e didattica inclusiva e disabilità intellettiva; e didattica inclusiva e disabilità motoria; » didattica inclusiva e disabilità sensoriale (minoranza visiva); » didattica inclusiva e disabilità sensoriale (minoranza uditiva); e didattica inclusiva e disturbi evolutivi specifici; + lettura ed elaborazione del Profilo di funzionamento, del PEI e del progetto di vita; e Tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC) per l'inclusione. Esigenza di formare un professionista, l'insegnante inclusivo e non un tecnico della disabilità. La formazione degli insegnanti della scuola secondaria di primo e secondo grado Percorso triennale post concorso di Formazione iniziale, tirocinio e 3 Scuola secondaria di primo e secondo grado: il problema più grande è la formazione su temi inclusivi degli insegnanti curricolari. La qualità inclusiva della scuola secondaria dipende molto dalle prossime disposizioni legislative. Elemento soddisfacente di questi ultimi decreti legislativi: centralità data alla formazione in servizio. Parte terza Il piano metodologico-didattico L'inclusione passa attraverso le procedure didattiche > strategie e approcci didattici. Capitolo 7 La determinazione delle potenzialità di sviluppo e la valutazione delle competenze La valutazione ha un ruolo fondamentale nella programmazione. Conduzione + monitoraggio attività + documentazione degli esiti. Gli alunni hanno bisogno di avere un feedback e i docenti hanno necessità di verificare le prestazioni. Allievi con BES: delineazione delle potenzialità di sviluppo > necessità che la valutazione assuma una funzione orientativa con l'attenzione rivolta alle competenze oltre che alle abilità e alle conoscenze. 1. La determinazione dello sviluppo potenziale La rilevazione di capacità e difficoltà non è sufficiente: bisogna conoscere le prospettive di apprendimento, cioè cosa possono acquisire gli alunni in tempo abbastanza contenuti? La dimensione diacronico-procedurale della valutazione per gli alunni con disabilità deve caratterizzarsi nel progetto di vita. Il contributo di Vygotskij alla didattica Vygotskij: le funzioni mentali superiori dell'uomo hanno un'origine spiccatamente sociale per poi interiorizzarsi. “Ogni funzione psichica si presenta due volte nel corso dello sviluppo culturale degli uomini e si può osservare nello sviluppo dei bambini: prima sul piano sociale e successivamente su quello individuale; inizialmente come risultato di un'attività svolta fra le persone e successivamente come attività padroneggiata dall’individuo che opera da solo.” Lo sviluppo cognitivo della persona deve essere ricondotto alle sue interazioni nell'ambiente. Attraverso un processo di interiorizzazione, il comportamento esiste prima socialmente e poi diventa parte del comportamento interno. Le forme superiori delle funzioni mentali (attenzione selettiva, memoria strategica, problem solving, comprensione del linguaggio) sono prodotti da mediazione semiotica, cioè la possibilità di usare segni che conferiscono il potere di regolare e modificare forme naturali di comportamento e cognizione (esempio: un alunno sottolinea le informazioni più importanti in un testo per studiare > la capacità di memoria meccanica, forma naturale di comportamento, in questo modo viene trasformata in una forma culturale superiore). Per effettuare interiorizzazione e mediazione semiotica, è fondamentale il linguaggio nell'interazione fra le persone, il quale ha un'origine sociale e successivamente diventa egocentrico (discorso interno). Lo sviluppo delle forme superiori di processi mentali nei bambini avviene attraverso la loro acculturazione nella società mediante l'educazione > la pratica educativa deve enfatizzare l'aspetto interattivo (tra educatore e bambino e tra pari). L'apprendimento 4 cooperativo influenza l'alfabetizzazione e tutte le acquisizioni tipiche delle funzioni cognitive superiori dell'uomo. “L'apprendimento umano presuppone una specifica natura sociale e un processo atto a consentire ai bambini di far propria la vita intellettuale di coloro che li circondano”. Nella psicologia di V.: ruolo fondamentale dell'ambiente nel quale i bambini crescono e alla funzione svolta dagli adulti/bambini più grandi in quanto già esperti di cultura. Il concetto di zona di sviluppo prossimale = concetto che descrive le interrelazioni fra esterno e interno, fra i processi sociali e quelli cognitivi. Costrutto che si riferisce all'area situata tra le competenze della persona e il suo livello di sviluppo potenziale: “distanza tra livello attuale di sviluppo del bambino, cos' come è determinato da problem soling autonomo e il libello di sviluppo potenziale, cos' come è determinato attraverso il problem soling sotto la guida di un adulto o in collaborazione con i propri pari più capaci.” > differenza tra 2 prestazioni del bambino: senza e con aiuto. Vygotskij: critica i test psicologici della valutazione delle abilità > misure statiche, non si può stimare effettivamente il funzionamento mentale > da questa critica viene elaborato il metodo funzionale della “doppia stimolazione”: si presenta agli allievi, nel loro normale ambiente di vita, un compito considerato al di sopra delle loro possibilità del momento, vengono offerti nuovi stimoli (suggerimenti parziali, domande, alcune tipologie di abilità: - sequenziali: costituite da sequenze empiriche di azioni memorizzate - trasformative: costituite da una serie di passi che possono modificarsi in relazione all'azione da svolgere - traspositive: costituite da sequenze di passi differenziati in relazione alle azioni da svolgere, che richiedono di operare però con più piani possibili. Le competenze sono da intendersi come insiemi organizzati che mettono in gioco in maniera coordinata tre componenti: le conoscenze e le abilità e le metaqualità. La competenza è rappresentabile come un processo che si fonda sulla mobilitazione delle risorse dell'individuo come un “saper agire" in una determinata situazione o contesto, allo scopo di conseguire una prestazione significativa: un mostrare in ogni ambiente ciò che si sa fare con ciò che si sa (Wiggins). Si comprende come il concetto di competenza risulti complesso e articolato e come di conseguenza siano difficili da mettere a fuoco le modalità attraverso le quali verificare il possesso negli allievi. Come sostiene Trinchero per trovare gli indicatori del possesso di una competenza è necessario identificare con precisione i tratti che la caratterizzano e gli esiti osservabili che discendono da essi (descrittori della competenza) classificabili in termini di risorse mobilitate, di strutture di interpretazione della situazione problema, di strutture di azione e di strutture di autoregolazione della propria azione, quando l'allievo viene chiamato a esercitare la sua competenza in particolari contesti sfidanti. Perciò non è sufficiente una singola prestazione di un allievo, positiva o negativa che sia, per dire se egli possiede o meno una competenza, ma è necessario porlo ripetutamente di fronte a situazioni problematiche, in condizioni diverse, per essere in grado di dedurre l'esistenza di una competenza che sottende alle sue prestazioni. Questi compiti devono essere autentici, cioè connessi alla realtà, e l'osservazione non può limitarsi ad appurare la riuscita nell'attività, ma deve indagare anche il processo messo in atto dall'allievo il grado di consapevolezza che possiede circa l'approccio da adottare per ottenere risultati significativi. Come sottolineano anche le linee guida del Miur la competenza può essere accertata facendo ricorso a compiti di realtà, osservazioni sistematiche e autobiografie cognitive. | compiti autentici È possibile valutare il possesso di competenze da parte degli allievi solo in situazioni, perché si tratta, in concreto, delle capacità di assumere decisioni e di agire in modo pertinente e valido in attività contestualizzate e specifiche. L'autenticità della valutazione è legata alla possibilità di esaminare le prestazioni degli allievi nell'atto di svolgere compiti reali, che gli stessi allievi percepiscono come significativi in quanto facenti parte della propria esperienza di vita. Non tutto quello che è pratico e che si rifà alla vita reale rappresenta un compito autentico. La qualifica di autenticità è riferibile solo a quelle prove in grado di sollecitare un transfer di apprendimento, collegando il mondo vero dell'allievo al curricolo scolastico. Questo non significa che le conoscenze e le abilità vengano a perdere la loro rilevanza, al contrario, non è pensabile che si possono formare delle competenze in assenza di un solido bagaglio di conoscenze e abilità. La competenza costituisce il loro uso consapevole e appropriato. Come sostengono Arter e Bond valutare ciò che l'individuo riesce a fare i compiti reali significa valutare la sua capacità di mettere in atto processi di ordine superiore, quali pensare criticamente, risolvere problemi, riflettere metacognitivamente sulla propria esperienza, saper scegliere le soluzioni più efficienti in un ventaglio di soluzioni, lavorare efficacemente in gruppo, apprendere in modo costante. L'aggancio i compiti autentici risulta significativo anche ai fini in televisivi, il richiamo alle situazioni reali mette ogni di fronte alla possibilità di esprimere il proprio potenziale facendo riferimento a sapere estranei a quelli che utilizza nella realtà di ogni giorno. Come sottolineano anche le linee guida del Miur i progetti svolti dalle scuole entrano a pieno titolo nel ventaglio delle prove autentiche e le prestazioni e comportamenti degli alunni al loro interno sono elementi su cui basare la valutazione delle competenze. Il processo osservativo sulle competenze e la riflessione metacognitiva | risultati che si rilevano nell'esecuzione dei compiti autentici mostrano la manifestazione esterna della competenza, il prodotto non sono, però, in grado di fornire informazioni sul processo che ogni allievo mette in atto. Ne consegue l'esigenza di indagare, attraverso più o meno strutturati, alcuni parametri riferiti al percorso messo in atto dall'allievo, alla sua motivazione e qualità della partecipazione, all'assunzione di responsabilità e al livello di autonomia nell’organizzazione del lavoro, alla relazione E collaborazione attiva con i compagni, alla capacità di proporre e mettere in atto soluzioni originali e pertinenti per affrontare i compiti. Vari autori (McTighe, Ferrara, Castoldi) hanno proposto delle rubriche valutative. Si tratta di scale nelle quali sono indicate dimensioni e indicatori riferiti a una certa competenza. Castoldi individua alcune componenti principali che devono essere previste in una rubrica valutativa: - le dimensioni: indicano le caratteristiche peculiari - i criteri: definiscono i traguardi formativi - gli indicatori: precisano attraverso quali evidenze riconoscere la presenza o meno dei criteri - le ancore: forniscono esempi concreti di prestazione riferite agli indicatori prescelti -i livelli: precisano i gradi di raggiungimento dei criteri considerati sulla base di una scala ordinale che si dispone dal livello più elevato a quello meno elevato. | livelli sono espressi con degli aggettivi: avanzato, intermedio, 4 Come sostiene Mitchell ci sono tre fattori principali che devono essere tenuti in primo piano per la promozione di un clima positivo e favorevole: la qualità e l'intensità delle relazioni che si vengono a determinare; lo stimolo all'apprendimento di tutti e di ciascuno; la modalità di conduzione e gestione della classe da parte dell'insegnante, all'interno di un sistema di regole condivise. Va considerata con attenzione anche l'organizzazione della classe come ambiente fisico, che deve avere connotazioni accoglienti e gradevoli. Le procedure condivise, le regole precise, le routine rispettate sono indispensabili per creare un clima positivo; l'intenzionalità educativa trova il suo ambiente ideale nella chiarezza delle regole e non nel disordine. 1. La classe come contesto relazionale Gli elementi che giocano un ruolo fondamentale per la promozione di un'adeguata e significativa rete di relazioni nella classe sono relativi all'attenzione che viene dedicata a ogni allievo, all'accettazione e alla valorizzazione di ciascuno, alla coesione che si riesce a ottenere nella classe. È necessario che tutti avvertano di essere importanti per il proprio insegnante, il quale stabilisce una relazione significativa con ognuno, gli allievi devono sperimentare un senso di appartenenza. Per ciascun alunno è significativo sapere che l'insegnante si preoccupa per la sua situazione e che i compagni sono disponibili per aiutarlo a fare qualsiasi cosa. È fondamentale per l'insegnante usare sempre un atteggiamento cortese quando rivolge delle richieste, pretendendo, allo stesso tempo, il medesimo approccio da parte degli allievi. Occorre inoltre rispettare l'alunno anche quando commette azioni in appropriate mettendosi in una condizione di ascolto. L'atteggiamento aperto nei confronti delle opinioni degli allievi sollecita la partecipazione e promuove e la responsabilità dei singoli. Va messo in evidenza come le relazioni vengano attivate pure attraverso una conoscenza e valorizzazione delle differenze. Alcuni allievi, in particolare quelli che presentano BES, a causa delle frequenti esperienze di insuccesso che sperimentano, possono costruire e consolidare un senso di inadeguatezza, al quale si connette un atteggiamento di sfiducia e di rinuncia alla partecipazione attiva nel contesto della classe. Per evitare ciò è necessario che l'insegnante dedichi attenzioni positive ogni alunno, facendogli sentire il suo interesse e soprattutto la sua convinzione che possano farcela. Un ulteriore aspetto sul quale è possibile lavorare per migliorare il clima della classe nel senso dell'inclusività è quello di stimolare un reale senso di appartenenza di tutti gli allievi al gruppo. Festeggiare insieme alcune occasioni, non solo quelle classiche come compleanni, ma anche più informali può creare delle condizioni di reale vicinanza e rafforzare il senso di appartenenza e di identità dei componenti del gruppo classe. In questo contesto sistemico, anche le differenze rivestono un valore specifico, da promuovere come risorsa e non da penalizzare come elemento che si distanzia da un concetto precostituito di norma. Per quanto riguarda le situazioni di disabilità, nel momento in cui le stesse diventano oggetto di studio scientifico, stimolando la discussione e 5 l'approfondimento dei compagni, le paure e le incertezze diminuiscono e la diversità assume sempre più la valenza di condizione presente che non inficia la dignità e l'originalità della persona, anzi la esalta. La conoscenza facilita anche la comprensione di quelle che possono essere le risposte migliori e più naturali ai bisogni specifici degli allievi. 2. La classe come contesto di apprendimento. È fondamentale che oltre alle attenzioni particolari da dedicare a ciascuno alunno, l'insegnante adotti anche alcune procedure metodologiche che possano stimolare il successo formativo di tutti e anche attraverso questo promuovere un clima adeguato nella classe. Tre aspetti sono di sostanziale significato in merito: * l'attenzione a come vengono presentati gli obiettivi e le aspettative; » l'abbassamento dei livelli di competitività e la promozione della cooperazione; * il mostrare agli allievi come essi siano i veri responsabili del proprio successo, enfatizzando lo sviluppo di un locus of control interno. Comunicare gli obiettivi e le aspettative Va evidenziata l'importanza di illustrare chiaramente gli obiettivi in relazione all'apprendimento della classe degli studenti di raggiungere dei risultati insieme con uno sforzo comune che porta ognuno preoccuparsi sia del proprio apprendimento che di quello dei compagni. L'atteggiamento cooperativo favorisce una forte integrazione sociale e la creazione di uno spirito di solidarietà e di interdipendenza dove tutti si sentono importanti e utili. L'allievo, in un'organizzazione fondata sullo stimolo alla cooperazione, sperimenta che la relazione d'aiuto è alla base della vita della classe. Ognuno di questi modelli organizzativi della didattica è presente nella pratica quotidiana ma occorre fare attenzione a quello prevalente. Il lavoro di tipo cooperativo, comunque dovrebbe sovrastare gli altri due senza annullarli. In una scuola realmente inclusiva debbono trovare posto le realizzazioni e le esigenze di tutti gli allievi, anche di quelli tendenzialmente competitivi e individualisti , Infatti puntare solo al lavoro di gruppo, come unica metodologia valida e costruttiva, impedendo i momenti di riflessione personale e di sfida individuale o di gruppo, può creare a lungo andare un eccessivo timore di fare da soli, una dipendenza troppo forte dal gruppo, un abbassamento del senso di sfida e della motivazione. 2.3. Porre attenzione al locus Un elemento che condiziona i processi di apprendimento nella prospettiva del successo formativo e dello star bene a scuola è legato alla percezione, da parte degli allievi, di quanto sia importante lo sforzo personale per la determinazione dei risultati. Si tratta di quel processo di attribuzione del proprio successo a cause interne o esterne, che va sotto il nome di locus of control. Questa teoria di Weiner ipotizza che l'analisi delle cause alle quali le persone attribuiscono il successo o l'insuccesso delle proprie azioni risulta di fondamentale Importanza per determinare l'atteggiamento che assumeranno nei riguardi di vari compiti. Ad esempio il ritenere che i propri successi o insuccessi siano determinati dall'impegno personale è una modalità attributiva di tipo interno instabile, in quanto i risultati non sono definiti una volta per tutti, ma possono modificarsi in relazione al tipo di impegno, controllabile perché si può decidere quanto sforzo dedicare a diversi compiti. La fortuna, al contrario, è una 5 modalità attributiva di tipo esterno, sempre instabile e incontrollabile. È quindi molto importante rendere evidente agli allievi che sono responsabili del loro successo. Connessa allo stile di attribuzione vi è un'altra variabile cognitiva, la percezione di autoefficacia (Bandura), si tratta della convinzione che ogni allievo a sulla propria capacità di raggiungere i risultati desiderati nell'esecuzione dei compiti. Questa auto consapevolezza a effetti sostanziali sulla loro capacità di apprendimento e sulla costruzione di un buon livello di autostima e di identità psicologica. 3. La classe come contesto di regole condivise Prendere decisioni pertinenti e sapersi autocontrollare Ogni giorno un insegnante prende numerose decisioni, sia di tipo didattico che più prettamente legate alla gestione della classe. Queste ultime devono essere assunte in tempi rapidi e sulla base di sollecitazioni anche inaspettate. È evidente come sia necessaria una specifica abilità personale per affrontare positivamente i problemi e per decidere in maniera pertinente e rapida, tale abilità viene definita di problem solving e decision making. La capacità di problem solving non viene mai esplicitata e inserita nelle pianificazioni formative dell'insegnante e pure va sottolineata l'esigenza che l'insegnante possieda forti dosi di autocontrollo per poter affrontare contesti potenzialmente stressanti senza scaricare ansia e aggressività nelle interazioni. È diffusa l'idea che l'autocontrollo costituisca un tassello di quello che viene definito il carattere della persona, al contrario l'autocontrollo è il risultato di una serie di competenze che possono e devono essere apprese e continuamente affinate e migliorate. Condividere le regole La classe come sistema sociale complesso e articolato Siri Gesù regole precise, che devono essere accettate e rispettate da tutti. Questa condizione diventa davvero significativa nel momento in cui l'adesione alla regola da parte di ognuno è il frutto di una condivisione e non di semplice imposizione. È opportuno concordare con gli alunni regole e procedure, verificando che siano state comprese e illustrare al tempo stesso gli effetti dei comportamenti inadeguati. Per farsi che una regola venga interiorizzata e rispettata e necessario che ciascuno ne comprenda la funzioni, ossia si renda conto che si tratta di una condizione utile per la vita della classe. Risulta significativo creare, fin dei primi giorni di scuola, un momento di dialogo e confronto con gli allievi in modo che si sentano parte attiva nella definizione delle buone regole di comportamento. È utile cercare di specificare impositivo i comportamenti attesi, invece che come semplici negazioni: ad esempio dire che in classe si cammina e ci si sposta lentamente per non disturbare gli altri è diverso da sostenere che è vietato correre. Questo non significa bandire la negazione ma in ogni caso è opportuno tentare di sostituirla. Le regole una volta stabilite e concordate vanno rispettate e nel caso in cui questo non avvenga l'alunno o gli alunni dovranno assumersene la responsabilità, accettare le eventuali sanzioni decise e cercare di riparare. Il concetto di fondo non è quello di punizione ma di responsabilità. L'invito che viene rivolto agli insegnanti è quello di essere autorevoli e non autoritari. L'autorevolezza si conquista anche attraverso l'atteggiamento che viene mostrato che deve essere fermo e deciso ma non aggressivo e intimidatorio. 5 di imporre al soggetto delle soluzioni sociali preconfezionate, quanto di insegnare delle strategie di pensiero che consentano la scelta di una soluzione di problemi interpersonali fondata su attente e accurate valutazioni delle proprie azioni e di quelle altrui. In concreto la promozione di abilità per il problem solving interpersonale viene ricercata attraverso tre azioni principali: * generare il maggior numero di alternative per risolvere i problemi relazionali; e anticipare cosa potrebbe accadere; * pianificare passo dopo passo i mezzi per raggiungere i propri scopi. Spivack e Shure hanno proposto un programma per la scuola dell'infanzia e per le prime classi della scuola primaria e un programma per le classi finali della scuola primaria. Il programma per la scuola dell'infanzia e per le prime due classi della scuola primaria Il programma ICPS per la scuola dell'infanzia E per le prime due classi della scuola primaria propone due vini di lavoro principali: » la strutturazione di una serie di prerequisiti linguistico concettuali; e la ricerca di soluzioni alternative a un problema sociale e la valutazione delle loro potenziali conseguenze, vale a dire il problem solving interpersonale. Per essere in grado di costruire soluzioni alternative di fronte un problema, l'allievo deve padroneggiare alcune abilità linguistiche e concettuali di base. Le parole chiave su cui il programma si concentra sono: e, non, o, uguale, diverso ecc... sono usate in un contesto interpersonale, come aiuto per identificare preferenze individuali e differenze interpersonali. La struttura del programma prevede una serie di lezioni gioco della durata di circa 20 minuti ciascuna. Spivack e Shure ne riportano 11 relative ai prerequisiti linguistici, 14 sulla identificazione dei contenuti emozionali, 12 sul problem solving. Si tratta di semplici indicazioni metodologiche che l'insegnante può e deve ampliare in relazione all'età degli allievi e ai contenuti che vuole sviluppare. (Esempi nei riquadri da 1 a 5). Il programma per le ultime classi della scuola primaria Il programma indirizzato agli allievi delle ultime classi della scuola primaria ricalca nelle linee essenziali quello riferito ai bambini della scuola dell'infanzia e delle prime due classi della primaria. Anche in questo caso è prevista una serie di lezioni gioco interattive, la cui durata dovrebbe estendersi a 30/40 minuti per lezione. Sono indicati due livelli di attività finalizzate a sviluppare: * le abilità di problem solving, le attività sono indirizzate a favorire negli allievi l'apprezzamento dei sentimenti propri e altrui; * le abilità di ICPS. L'obiettivo è sempre quello di aiutare a generare il maggior numero di alternative per risolvere i problemi di ogni giorno, anticipare cosa potrebbe accadere come conseguenza di ogni azione e pianificare passo dopo passo i mezzi per raggiungere gli scopi prefissati. (Esempi nei riquadri 6 e 7). Attivazione della risorsa compagni per l'inclusione e problem solving interpersonale: un esempio di applicazione (Riquadro 8) 2. Educareall’aiuto: la Prosocialità Educare gli allievi alla messa in atto di condotte prosociali rappresenta chiaramente una condizione di grande importanza per lo sviluppo di didattiche finalizzate all'inclusione. Promuovere un atteggiamento orientato alla valorizzazione degli aspetti positivi dei compagni, alla promozione di azioni di aiuto e sostegno è la base sulla quale cercare di costruire quel clima favorevole all'inclusione. La messa in atto di azioni pro sociali di aiuto nei confronti di compagni in situazioni di disabilità o con altri bes dipende da una serie di condizioni che fanno riferimento al possesso delle seguenti capacità: abilità cognitive, assertività, empatia, autocontrollo. Abilità cognitive: capacità di leggere e interpretare lo stato di bisogno del compagno, della valutazione della educazione alla Pro socialità e attivazione della risorsa compagni Nel seguente capitolo vengono esposti ulteriori esempi su come favorire processi inclusivi in classi con presenza di allievi in situazione di disabilità. In particolare vengono esaminati i seguenti concetti: e il valore dell'inclusione scolastica riquadro 13; * cosa significa vivere con una disabilità riquadro 14; e l'individuazione di comportamenti pro sociali messi in atto nei confronti di persone con disabilità riquadro 15; * i diritti inalienabili di ogni persona riquadro 16. CAPITOLO 10: LE STRATEGIE COOPERATIVE | pari influiscono molto sull'apprendimento offrendo aiuto, tutoring, amicizia, feedback e contribuendo a rendere la classe un luogo piacevole. L'interazione con i compagni assume un'importanza fondamentale alla luce del concetto di zona di sviluppo prossimale di Vygotskij. Rapportarsi con i coetanei all’interno di un gruppo di collaborazione, infatti, consente a ognuno di operare all'interno della propria area di sviluppo prossimale, ottenendo in questo modo risultati più significativi di quelli conseguibili nelle normali attività individuali. 1. IL PEER TUTORING Consiste nel coinvolgimento di allievi in funzione di tutor, per favorire l'apprendimento di compagni, i quali, in questo modo, vengono ad assumere il ruolo di tutees. Il passaggio di competenze tra tutor e tutee avviene all'interno di un piano didattico ben strutturato, che prevede obbiettivi, tempi, modi, ruoli e adeguati materiali. | motivi che stanno alla base dell'efficacia della procedura di Peer Tutoring sono da ricercare nelle seguenti caratteristiche: e Consente un approccio individualizzato e Determina una forte motivazione in entrambi gli alunni coinvolti e Espone ognuno a prospettive diverse » Fornisce più fonti di feedback e di correzione degli errori e Aumenta le abilità comunicative degli allievi 6 e Promuove l'indipendenza e alimenta forme di autodeterminazione * Sollecita le relazioni dirette fra compagni. Anche gli allievi con disabilità o altre forme di BES possono svolgere il ruolo di tutor - forte gratificazione a livello di autostima. Il Peer Tutoring puo portare benefici: ai tutees, ai tutor, agli insegnanti e al sistema educativo. Tre modalità principali di Tutoring: «Fra allievi della stessa età -. un alunno opera come tutor e assiste i compagni per un certo periodo di tempo, trascorso il quale quel ruolo viene assolto da un altro ed egli torna a essere un discente. Tale modalità è sviluppata a favore di allievi in situazione di disabilità, si determina sempre un gap fra le competenze del tutor e quelle del tutee, che rende difficoltosa l'alternanza dei ruoli e la possibilità per l'allievo con BES di svolgere il ruolo di tutor. Fra allievi di diversa età il tutor assicura la possibilità di sviluppare insegnamenti individualizzati altrimenti impossibili, utilizzando materiali predisposti dall'insegnante. Molta cura deve essere posta nella formazione dei tutor. In questa tipologia gli allievi con BES possono ricoprire anche il ruolo di tutor e non solo quello di tutee. Con allievi in difficoltà nel ruolo di tutor. Molto interessante è anche il Tutoring esteso a tutta la classe (Class Wide Peer Tutoring), gli allievi della stessa età lavorano in coppia per svolgere un compito, alternandosi nella funzione di tutor e tutee. Possono anche essere organizzate gare nelle quali la classe viene divisa in due squadre di pari abilità, con le diverse coppie che guadagnano punti sulla base delle risposte corrette date con o senza assistenza del tutor. Mitchell suggerisce alcuni spunti per un'adeguata implementazione di esperienze di Tutoring estese all'intera classe: Assegnare in maniera random gli studenti in coppia e dire loro di alternare il ruolo di tutor e tutee Riassegnare le coppie settimanalmente Organizzare per il Tutoring uno spazio orario di 15/20 minuti per sessione su tre o quattro giorni a settimana Selezionare il materiale di autocorrezione Supervisionare attentamente gli allievi. Può essere aggiunto, inoltre, un osservatore per ogni coppia per controllare lo svolgimento del lavoro. Le variabili del Peer Tutoring per allievi con BES sono: Il contesto La selezione degli allievi da impiegare nel ruolo di tutor e tutee | contenuti I materiali didattici responsabilità individuale e le abilità cooperative e Monitorare gli allievi nel loro lavoro di gruppo e Strutturare le attività da svolgere a conclusione del lavoro. Per quanto riguarda i ruoli che gli allievi sono tenuti a ticoprire sono ruoli di tipo sociale e cognitivo (es. controllare i turni, registrare, incoraggiare la partecipazione, chiarire o parafrasare. Ecc ecc). e Complex Instruction -- Cohen evidenzia dei limiti nel lavoro di gruppo che utilizza gruppi eterogenei, poiché ritiene che la differenza di status dei membri incida in modo considerevole sulla partecipazione al lavoro. Il rischio è che il più bravo diventi sempre più bravo, perché incline ad Intervenire maggiormente. La risoluzione dei “compiti complessi” richiede una serie di abilità diverse che non possono essere possedute e messe in campo da un solo individuo. Cohen utilizza dei “centri di apprendimento”, nei quali gli studenti in gruppo lavorano in modo diverso su materiali differenti, ma collaborano attivamente fra loro. I gruppi sono solitamente formati da quattro o cinque allievi, salezionati casualmente con il sono controllo dell'effetto di status. Il ruolo assegnato all'insegnante ricalca sostanzialmente quello del metodo precedentemente descritto. Student Team Learning- Salvin descrive diversi metodi di apprendimento cooperativo che prevedono la competizione fra gruppi omogenei di abilità. Importante è la responsabilità individuale, in terminni di miglioramento del rendimento di ognuno. Sono state cinque tecniche principali di questo metodo: Student Team Achievement Division (STAD): prevede che gli insegnanti presentino inizialmente un nuovo argomento alla classe. In seguito la classe viene divisa in gruppi eterogenei di quattro membri. Gli allievi del gruppo approfondiscono da soli le informazioni e quindi assistono gli altri compagni del team. La valutazione del lavoro dei gruppi avviene attraverso prove settimanali a somministrazione individuale con annotazione dei punteggi. | punteggi individuali vengono somministrati per formare i punteggi del gruppo. | rusultati individuali e di gruppo vengono resi pubblici enfatizzando il miglioramento rispetto ai livelli precedenti. Teams-Game-Tournaments (TGT): i gruppi guadagnano punti se si impegnano in competizioni su contenuti scolastici. La fase iniziale è simile allo STAD, dopo la presentazione degli argomenti, gli studenti sono impegnati in tornei settimanali. | punteggi ottenuti hanno lo scopo di sostenere la motivazione legata alla competizione e non vengono utilizati per la valutazione di tipo scolastico. Puzzle JIGSAW): lavoro di gruppo nella quale gli studenti studiano individualmente parti di un contenuto diverse da quelle assegnate ai compagni del gruppo; le parti dell'argomento devono poi essere messe insieme per l'esito finale del lavoro. La procedura risulta più efficace quando l'obbiettivo didattico è quello di imparare concetti piuttosto che abilità. Dopo aver letto i fogli, alcuni studenti si incontrano in un “gruppo di esperti" temporaneo, composto da studenti che hanno studiato lo stesso argomento. Dopo un periodo di discussione, questi studenti ritornano nei rispettivi gruppi originali per insegnare agli altri membri tutto quello che sanno su quel tema. La valutazione è la stessa dello STAD e del TGT. Team Assisted Instruction (TAI): programma di matematica che prevede l'utilizzo congiunto di apprendimento individualizzato o cooperativo. La premessa di base è che gli studenti meno bravi 7 possono migliorare senza rallentare quelli bravi. Ciò si realizza mettendo studenti di livello basso, medio e alto in gruppi di quattro o cinque componenti. Le fasi di lavoro sono: e Gli studenti vengono testati e posti in un punto appropriato di un programma individualizzato + Lavorano in modo indipendente, ciascuno al proprio livello, e svolgono i loro compiti e Si incontrano in gruppi, in cui scambiano docmenti e relazioni, controllano le reciproche competenze matematiche, si aiutano a vicenda, ecce cc e Compilano una prova di verifica individuale e Al completamento dell'unità didattica, ogni gruppo riceve un punteggio complessivo ricavato dal numero medio di esercizi completati individualmente. Questa strategia risulta idonea a favorire l'integrazione scolastica di allievi in situazione di disabilità. || ruolo dell'insegnante è quello di introdurre i concetti complessi. Cooperative Integrated Reading and Composition (CIRC): apprendimento cooperativo specifico per l'insegnamento della lettura e della scrittura. | gruppi vengono formati, dopo una valutazione delle abilità di ogni alunno, da coppie con pari livello di competenze. Le componenti principali del CIRC cono tre: Nell'ellissi interna, invece, sono citate una serie di capacità e condizioni personali, le quali, pur non intervenendo direttamente nella processione delle informazioni, sono in grado di condizionare, in senso favorevole o meno, i processi riportati nel rettangolo. Per ultimo, va considerata l'importanza, ai fini dell'apprendimento, il ruolo esercitato dal contesto sociale e culturale di riferimento. Tutto ciò sottolinea il carattere dinamico dell'acquisizione della conoscenza. L'attenzione è una funzione essenziale per operare una scelta fra i vari stimoli. Ogni atto attentivo si articola in tre fasi, che prevedono l'orientamento verso gli stimoli, la loro elaborazione e la risposta specifica. La fase di elaborazione è particolarmente significativa per comprendere le caratteristiche del processo di apprendimento, presenta un’organizzazione multidimensionale con specifiche funzioni: «La selettività — capacità di inibire tutte le fonti di stimolazione irrilevanti per portare a termine il compito di apprendimento, consentendo così l'orientamento adeguato delle risorse cognitive di ogni persona. LA selettività consente inoltre di dare un ordine alle procedure da mettere in campo per affrontare con successo l'apprendimento. + La stabilità - denominata anche “attenzione sostenuta”, è il mantenersi per un certo tempo centrata su un compito o su un'attività, al fine di consentire l'espletamento. Le ultime due dimensioni sono strettamente integrate fra loro... - Lo shift - fa riferimento alla possibilità di spostare rapidamente il focus, in relazione alle richieste del compito » La capacità - attentiva per poter affrontare, con le adeguate risorse cognitive, le diverse situazioni sulle quali ci si concentra. La memoria di lavoro è un sistema deputato al mantenimento e 7 all'elaborazione temporanea delle informazioni mentre si effettuano compiti cognitivi di vario tipo. Tale sistema è composto da più componenti: e Esecutivo centrale - rappresenta il nucleo della memoria di lavoro, svolge funzioni attentive, di controllo e divisione. È la componente deputata a sovrintendere al funzionamento dei due sistemi periferici specializzati nell'elaborazione di particolari tipologie di materiale: linguistico il “ciclo fonologico” e visuospaziale il “taccuino”. Significativo è il modello proposto da Norman e Shallice, secondo cui la maggior parte delle attività sarebbe controllata da schemi, quando due o più schemi d'azione vengono attivati contemporaneamente, entrano in conflitto fra loro con il risultato che uno tenderà a inibire l’altro. Questo meccanismo di selezione viene definito contention scheduling. Oltre a questo meccanismo di regolazione semiautomatico, ne esiste un altro di controllo volontario denominato "sistema attentivo supervisore” (SAS). Questo livello di controllo è necessario quando si debbono affrontare situazioni nuove, inibire fonti di stimolazione poco funzionali, prendere decisioni volontarie o pianificare strategie. » Ciclo fonologico -. è in grado di conservare, in forma fonologica appunto, un numero ristretto di informazioni. Il ciclo fonologico si compone di due sottoinsiemi: è Sistema di controllo articolato: entra in funzione quando l'individuo è impegnato a eseguire dei compiti specifici, il ci numero è comunque sorprendentemente elevato. . Magazzino fonologico: mantiene al suo interno tutte le informazioni di natura linguistica. | due sottoinsiemi agiscono in maniera integrata e determinano quello che viene chiamato lo span verbale, cioè il numero di elementi fonologici che possono essere mantenuti in memoria di lavoro in funzione dello svolgimento di compiti cognitivi di varia natura. Taccuino visuospaziale - è un sistema multiforme costituito da due componenti: quella visiva e quella spaziale. La prima, legata agli aspetti visivi dell'immaginazione, risponde a domande sul “che cosa"; la seconda, è responsabile della localizzazione degli stimoli e risponde a domande circa il “dove”. Il taccuino svolge un ruolo fondamentale per la gestione delle immagini e per l'effettuazione di operazioni su di esse, per l'orientamento geografico e per la risoluzione di compiti spaziali. Buffer episodico - viene utilizzato come un'interfaccia tra i vari sistemi, i quali utilizzano codici differenti che devono essere integrati in una rappresentazione che tende ad assumere caratteristiche episodiche. Si tratta di un sistema a capacità limitata controllato dall’esecutivo centrale, che provvede a memorizzare episodi mettendo insieme informazioni provenienti da una varietà di fonti, modificandole e manipolandole in una rappresentazione che tiene conto anche dei parametri spaziali e temporali. La memoria a lungo termine consiste in un sistema estremamente complesso a cui non è demandato soltanto il compito di mantenere un grandissimo numero di dati e informazioni, ma anche quello di conservare una serie di meccanismi e processi mentali che agiscono su tali dati e che guidano gran parte del nostro comportamento. Squire prevede una distinzione tra: Memori esplicita - coinvolta nel richiamo e nel riconoscimento intenzionale di esperienze e infrmazioni. Si distingue in: e Memoria episodica: è la memoria autobiografica, nella quale vengono registrate tutte le nostre esperienze. Questi ricordi sono ricchi di dettagli, con particolare riferimento alla dimensione spazio-temporale. e Meoria semantica: enciclopedia mentale, l'insieme di conoscenze organizzate che possediamo a proposito delle parole e degli altri simboli verbali, del loro significato ecc. 7 Il programma di lavoro, per ogni strategia di memoria, prevede due itinerari didattici: e Il curricolo prerequisiti da adottare quando si vogliono insegnare strategie per le quali l'allievo manifesta deficit molto gravi. A questo livello sono previsti solo modalità di organizzazione dei materiali in relazione alla strategia che si insegna; e Il curricolo strategico, basato su una serie di esercitazioni di memorizzazione e recupero, da adottare quando l'allievo presenta deficit lievi o “di produzione”. 3. LA DIDATTICA METACOGNITIVA L'approccio metacognitivo tende a formare la capacità di essere gestori dei propri processi cognitivi, dirigendoli attivamente con valutazioni e indicazioni operative personali. Imparare a imparare è dunque l'obbiettivo di ordine superiore al quale si mira. L'educatore che adotta un approccio didattico di tipo metacognitivo può operare a quattro diversi livelli fra loro interconnessi: e Sulle conoscenze relative al funzionamento cognitivo generale + L'educatore fornisce all'allievo informazioni generali sul funzionamento della mente umana, adattandole chiaramente alle capacità di comprensione del soggetto. L'obbiettivo è quello di favorire la strutturazione di una teoria della mente. Anche con allievi che presentano disabilità intellettiva è possibile spiegare aspetti del funzionamento cognitivo, seppure a un livello non troppo sofisticato. e Sull'autoconsapevolezza del proprio funzionamento cognitivo - prende n considerazione il funzionamento della mente del bambino, distinta da quella generale considerata in precedenza. L'allievo viene aiutato ad apprezzare le capacità e i limiti della propria mente. Un ruolo molto importante è svolto dall'educatore, il quale fornisce dei feedback sulle prestazioni dell'alunno e lo stimola a indagare aspetti connessi al modo in cui i compiti sono condotti e i processi personali vengono attivati. Molto utili sono le strategie di autoistruzione e automonitoraggio. e Sull'uso di strategie di autoregolazione cognitiva tentativo di guidare l'allievo nel controllo dei propri processi cognitivi finalizzati alla risoluzione di compiti. I momenti che caratterizzano questo processo di autoregolazione sono i seguenti: è Fissarsi un chiaro obbiettivo e specificarlo e Darsi delle istruzioni per effettuare concretamente le operazioni pianificate » Osservare l'andamento del processo di apprendimento e Confrontare i dati raccolti e l'evoluzione del processo di apprendimento e Prendere decisioni circa l'opportunità di continuare con le azioni intraprese in quanto risultano efficaci o attivare correzioni e modifiche. è Sulle variabili psicologiche sottostanti -è importante sviluppare linee d'azione che tengono in considerazione queste variabili e che aiutano l'allievo a sviluppare una percezione positiva di sé, come persona capace si ottenere successo nei processi di apprendimento. 4. STRATEGIE DIDATTICHE PER LE FUNZIONI EDUCATIVE Le funzioni mediate dall'esecutivo centrale esercitano nell'apprendimento un ruolo importante e la loro carenza si connette a deficit che possono investire la pianificazione, la flessibilità e il controllo cognitivo e comportamentale. Si possono distinguere: + Disfunzioni esecutive riguardanti la sfera attentiva, con allievi incapaci di inibire stimoli e pensieri distraenti e non correlati al compito, oppure che manifestano comportamenti ripetitivi. e Disfunzioni riguardanti la memoria di lavoro, con allievi che incontrano difficoltà quando il compito richiede l'esecuzione in sequenza di una serie di prassi, oppure che presentano una forte dipendenza dal contesto. 6. FLIPPED CLASSROOM IN PROSPETTIVA INCLUSIVA La flipped classroom ("classe capovolta") è un esempio di rovesciamento delle tradizionali procedure didattiche; questa metodologia parte infatti dal presupposto che il primo approccio alla comprensione e allo studio dei contenuti didattici possa avvenire a casa anziché a scuola, attraverso l'utilizzo di particolari sussidi, mentre altri processi (come l'esercitarsi e il consolidare le acquisizioni) posso essere sviluppati più proficuamente all'interno della classe con il supporto e la guida dell'insegnante. Questa inversione, proposta soprattutto nelle scuole secondarie, può essere adattata efficacemente anche alla scuola primaria, consentendo la messa in campo di procedure significative nella prospettiva dell'inclusione. L'idea di flipped classroom si sviluppa a partire da esperienze di videoregistrazione e pubblicazioni in rete di lezioni a vantaggio degli allievi assenti; il fatto di accedere alle video lezioni a casa, senza vincoli di spazio/tempo, avendo la possibilità di riascoltare e rivedere il video a piacimento, rappresenta un aspetto importante di personalizzazione dell'insegnamento, una prima condizione per superare la standardizzazione della didattica così ricorrente nelle lezioni frontali. Inoltre la preliminare presa di contatto con i contenuti consente di organizzare in modo diverso il tempo a disposizione a scuola, dedicandolo all'approfondimento attraverso compiti/attività individuali e di gruppo, 8 promuovendo la natura attiva, sociale e sperimentata dell'apprendimento. Nello specifico, nella flipped classroom si prevedono sostanzialmente tre momenti di inversione: 1.visione preliminare di video predisposti dal docente/disponibili in rete e consultazione di materiali vari attinenti all'oggetto di studio al di fuori del contesto scolastico (momento reso significativo dalla diffusione di nuovi canali di comunicazione come le piattaforme online e dalla sempre più ampia disponibilità di risorse educative come audio-libri, video-lezioni, ma anche strumenti interattivi che consentono simulazioni, riproduzioni virtuali, contatti con esperti). Tutto ciò comporta interessanti vantaggi in quanto i ragazzi hanno già in mente cosa si farà in aula, avranno domande da porre più precise sull'argomento e potranno essere d'aiuto nella spiegazione a chi non ha ben compreso; inoltre se confrontato con una normale lezione, il tempo necessario per riepilogare l'argomento sarà breve (Maglioni e Biscaro, 2014). Oltretutto lo studio propedeutico fatto a casa (secondo la formulazione di Ausubel), può facilitare l'acquisizione di apprendimenti significativi e può rappresentare la base per la costruzione di "organizzatori anticipati", in quanto aiuta gli allievi a colmare il distacco tra le conoscenze già possedute e le nuove, partendo da un insegnamento preliminare più generale e passando successivamente all'acquisizione di contenuti specifici. 2.1 compiti, solitamente erano fatti a casa, vengono invece svolti a scuola, ciò riveste il maggior interesse ai fini inclusivi; infatti l'insegnante, dato che i suoi alunni sono già avviati alle argomentazioni da sviluppare grazie allo studio preliminare svolto a casa (progettato per essere funzionale a questa fase di appropriazione), ha più tempo a disposizione per variare l'approccio didattico, renderlo più interattivo e soprattutto maggiormente vicino agli interessi e alle capacità di ognuno. | contenuti vengono costruiti attraverso un approccio attivo di concreta sperimentazione guidata dall'insegnante e sostenuta dallo studio individuale, portando all'interiorizzazione delle conoscenze e delle abilità, e al loro esercizio in contesti reali (consolidamento delle competenze). 3.Il processo valutativo si viene a caratterizzare non come momento a se stante, ma come condizione didattica integrata strettamente all'effettuazione delle attività in classe; il fatto di svolgere dei compiti a scuola aumenta il numero di prove valutabili e consente il monitoraggio continuo del percorso di apprendimento degli allievi, la valutazione diviene così maggiormente formativa e può associarsi a forme di autovalutazione da parte degli allievi. A livello inclusivo, l'analisi individuale dei materiali che precede il lavoro in classe può essere organizzata in modo tale da tenere in debita considerazione le differenze che caratterizzano ogni gruppo di allievi: possono essere predisposti materiali diversificati sia per difficoltà di contenuti, sia per tipologia (filmati, immagini, testi, ...); ogni alunno a casa può organizzare il proprio studio personale al ritmo che trova più congeniale, inoltre in questa fase possono essere sollecitate interazioni dirette e supporti tra studenti attraverso la rete. Avere più tempo in classe per esercitazioni individuali e di gruppo facilita il supporto specifico ai singoli allievi da parte dell'insegnante e la messa in campo di didattiche inclusive come il peer tutoring e l'apprendimento cooperativo. Una volta consolidato questo modello di lavoro, si possono 8 ogni evento emotivo, globalità che si esprime con alterazioni a livello corporeo (che riguardano principalmente sistema cardiaco, respiratorio e ormonale), cognitivo (modificazioni dei pensieri e nelle modalità di processamento delle informazioni) e comportamentale (condotte di attacco/di fuga/stati di irrequietezza/...); i tre ambiti non si sommano semplicemente tra loro, ma interagiscono, moltiplicando gli effetti. Inoltre la definizione fa riferimento al ruolo delle emozioni in relazione agli obiettivi che ogni individuo persegue: gli stati emotivi infatti non sono da considerare come semplici fenomeni legati a processi neurofisiologici conseguenti a stimoli ambientali particolari o ad elaborazioni cognitive; essi sono funzionali anche a specifiche finalità (es. Preservare l'incolumità personale per paura) e hanno funzione proattiva, ovvero sono in grado di guidare il comportamento verso obiettivi ritenuti importanti (a seconda della significatività dell'obiettivo raggiunto o inibito, l'individuo può sperimentare emozioni differenziate per valenza ed intensità). In tal modo le emozioni entrano nella storia del soggetto e acquistano significatività in base ad essa. Invece la gestione delle transizioni con l'ambiente si riferisce alla capacità di rispondere in modo molto rapido sulla base di alcuni segnali ambientali, spostando le risorse dell'individuo da un segnale all'altro: es. Un individuo impegnato nello svolgimento di un compito, se percepisce un segnale di pericolo come ad esempio un forte rumore, percepisce la paura e adotta rapidamente un comportamento di fuga che lo distoglie da ciò che stava facendo. Alcune posizioni che incrociano l'approccio modularistico (Oatley, Johnson-Lairds, 1987) interpretano le emozioni come il modo in cui il cervello elabora le informazioni ambientali e consente l'attivazione progressiva ed il passaggio rapido da un modulo all'altro. Vedremo che questa condizione è assicurata dall'organizzazione del sistema nervoso che tende a processare le informazioni emozionali attraverso due vie: una connessa al sistema limbico che produce reazioni Immediate; un'altra mediata invece dalla corteccia cerebrale, che genera reazioni emotive più controllate e consapevoli, ma anche più lente. Le emozioni infine contribuiscono a regolare i livelli di attivazione delle risorse personali, poiché sono in grado si recuperare e orientare funzioni cognitive (attenzione, memoria,...) e motorie per assicurare una buona prestazione, contribuendo anche a resistere alla stanchezza e alla tentazione di sospendere il compito per passare ad attività più gradite. Le emozioni di un individuo quindi non sono connesse solo a condizioni ambientali, ma anche a immagini delle quali può non essere del tutto consapevole. LA DIMENSIONE EMOZIONALE: ALCUNE DISTINZIONI PRELIMINARI, L'obiettivo di arrivare alla delineazione di alcune linee di lavoro per promuovere un'adeguata autoregolazione emozionale richiede di analizzare le differenti tipologie di emozioni (distinzione fra emozioni di base/ primarie/ secondarie) e la differenziazione fra i termini emozioni - sentimenti - stati d'animo che talvolta vengono erroneamente utilizzati come sinonimi. Vi sono infatti emozioni di base - primarie presenti fin dalla nascita, fra cui rientrano paura, rabbia, felicità, tristezza e disgusto; esse consentono al neonato di proteggersi da stimolazioni negative e di adattarsi progressivamente alle richieste dell'ambiente. Vengono dette secondarie invece le emozioni che intervengono in seguito nello sviluppo, frutto del coinvolgimento del pensiero e dell'elaborazione di situazioni più complesse; esse possono venire influenzate da condizionamenti sociali, culturali e da processi educativi (tra queste vergogna, senso di colpa, orgoglio, imbarazzo,...). Tali tipologie di emozioni danno luogo a risposte differenti, relativamente rigide per quanto riguarda quelle di base (in quanto iscritte in precisi circuiti neurali), molto flessibili e diversificate per quanto riguarda invece le emozioni secondarie. Questa duplice modalità di articolazione delle risposte emozionali dipende primariamente dalla particolare organizzazione delle aree cerebrali coinvolte nell'elaborazione delle emozioni; fondamentale il ruolo svolto dall'amigdala, capace di integrare i 9 segnali provenienti dall'ipotalamo e dalla corteccia cerebrale (quindi un vero e proprio crocevia di emozioni): essa consente una scansione rapida della scena visiva per estrarre rapidamente l'informazione per distinguere se si è realmente di fronte a qualcosa di potenzialmente pericoloso; l'informazione viene trasmessa ai centri del tronco encefalico che mediano risposte rapide (es. fuga). In parallelo, una scansione più lenta e precisa dello stimolo visivo è svolta dalla corteccia visiva e l'informazione estratta viene usata nel processo decisionale di tipo razionale. La mente emozionale è dunque molto più rapida di quella pensante, questo spiega il perché non possiamo scegliere le emozioni che abbiamo: se trasferiamo questo concetto a livello scolastico, tutte le emozioni hanno legittimità di esistere, ma l'insegnante può sicuramente agire sulla legittimità o illegittimità del modo di esprimersi. La stretta connessione esistente tra amigdala e aree prefrontali (sede di attivazione di aspettative, convinzioni e memorie) è in grado di influenzare, con tempi un po' più lunghi, l'elaborazione dello stimolo nelle strutture subcorticali, conferendo a ogni individuo una grande ricchezza nell'espressione emotiva e una capacità di autoregolazione. Per concludere, la differenza tra emozioni primarie e secondarie è che le prime dipendono da circuiti presenti già alla nascita, che si attivano in presenza anche di poche stimolazioni; viceversa quelle secondarie si fondano su circuiti più complessi e richiedono sequenze di stimolazione più articolate per attivarsi. Questa distinzione tuttavia non va considerata come assoluta: studi in campo neuroevolutivo mostrano come alcune emozioni secondarie appaiano molto più precocemente che in passato (es. i.capacità intrapersonali (consapevolezza, autoaffermazione); li.capacità interpersonali (stabilire relazioni emotivamente intime); ili.adattabilità (flessibilità, comprensione della situazione emotiva); iv. strategie per la gestione dello stress; v.fattori motivazionali e relativi al tono dell'umore. È stato però grazie alle idee di Goleman che si è diffuso il dibattito sul valore della dimensione emotiva negli apprendimenti, e nello stabilirsi di relazioni significative e soddisfacenti anche nel campo educativo: egli considera l'intelligenza emotiva come una miscela equilibrata di motivazione, empatia, logica e autocontrollo, che consente, imparando a comprendere i propri sentimenti e quelli degli altri, di sviluppare una grande capacità di adattamento e di convogliare opportunamente e positivamente le proprie emozioni. L'intelligenza emotiva racchiude quindi cinque domini principali: (ivautoconsapevolezza delle proprie emozioni, ovvero una capacità di autovalutazione accurata che consente di conoscere e interpretare le emozioni, analizzare le informazioni al nostro interno per poter riconoscere i nostri punti di forza e di debolezza, guidandoci verso una migliore consapevolezza di obiettivi, valori,regole di vita,comportamenti, motivazioni, emozioni ; (ii) controllo delle emozioni, rende la persona capace di veicolare i propri stati emotivi in modo adeguato alla situazione, riuscendo meglio a tollerare condizioni frustranti e di stress (autocontrollo); (ii) automotivazione, capacità di dare un ordine alle proprie emozioni e canalizzare le energie interiori (in particolare di natura emotiva) per raggiungere obiettivi personali: (iv) riconoscimento delle emozioni altrui, consente di entrare in profondità nei pensieri e nei sentimenti di altre persone, leggerne i bisogni, valorizzare la diversità di ognuno, promuovere comportamenti prosociali e lo stabilirsi di una solidarietà emozionale (empatia); (v)_ gestione positiva delle relazioni interpersonali, capacità di gestire in modo proficuo le emozioni nei diversi ambienti sociali per stabilire relazioni, risolvere positivamente conflitti e negoziare soluzioni, comunicare efficacemente con tutti, cooperare per perseguire finalità collettive. Secondo Goleman tutti questi domini possono essere insegnati ai bambini, 9 per far sì che diventino adulti emotivamente intelligenti, costruttori di una società civile emotivamente più evoluta (elemento rilevante ai fini dello sviluppo di una prospettiva inclusiva). Alcuni studi neurofisiologici evidenziano come l'autoregolazione emozionale coinvolga gli stessi circuiti implicati in quella cognitiva e comportamentale: ogni individuo è un sistema integrato, per cui la competenza autoregolativa è sviluppabile attraverso esercizi di autoregolazione cognitiva, comportamentale ed emozionale e, allo stesso modo, tale abilità può essere applicata al comportamento, alla cognizione e alle emozioni. Levenson (1999) parlando di autoregolazione emozionale, distingue da un lato la capacità di modulare e regolare le emozioni per adeguarle alle prestazioni richieste (in questo caso le emozioni diventano oggetto di interventi regolativi), e dall'altro la possibilità di utilizzare le emozioni per organizzare comportamenti e processi cognitivi in vista di un risultato cognitivo o relazionale (le emozioni sono protagoniste dell'autoregolazione). L'autoregolazione appare quindi come competenza trasversale da esercitare tutte le età. Le strategie principali utilizzabili per favorire l'autoregolazione emozionale fanno riferimento diversi livelli di controllo e interazione con l'ambiente; in particolare il bambino può cercare di regolare le emozioni a tre livelli: 1° LIVELLO - Il bambino può cercare di regolare le emozioni gestendo le condizioni personali e situazionali che precedono l'attivazione emozionale. - tentativo di escludere/attenuare l'impatto di condizioni emotive problematiche; si tratta di far riferimento al ricordo delle emozioni provate in passato affrontando eventi simili, e intanto stimare quella che potrebbe essere la situazione emozionale nell'immediato e a distanza di tempo considerando le competenze emozionali attualmente disponibili (operazioni che richiedono il supporto di un adulto per poter essere progressivamente regolate). 2°LIVELLO - Il bambino può cercare di regolare le emozioni operando sull'interpretazione cognitiva delle emozioni al fine di prevenire o modificare una specifica reazione affettiva. - Per cercare di elaborare dal punto di vista cognitivo, stati emozionali potenzialmente negativi o determinanti reazioni comportamentali inadeguate, Gross propone di: * attribuire significati differenti (es. interpretare un rimprovero come uno stimolo a far meglio e non come atteggiamento punitivo); e reinterpretare l'attivazione emozionale, attribuendo significati diversi e positivi a stati fisiologici (es. ritenere l'aumento del battito cardiaco durante un compito non come pura dello stesso, Ma come eccitazione); * accrescere il proprio senso di autoefficacia per affrontare una prestazione ansiogena; e non dare assoluta centralità ad un evento nel quale si ha avuto un esito sfavorevole, contenendo così il livello negativo delle emozioni associate. 3° LIVELLO - Il bambino può cercare di regolare le emozioni cercando di modulare gli aspetti espressivi di un'emozione quando si è verificata, di tipo sia fisiologico che comportamentale. + quando l'emozione negativa si è manifestata, si può agire solo per cercare di modulare gli aspetti espressivi; l'obiettivo è quello di limitare il livello di attivazione, agendo sulle componenti corporee di un'emozione si tenta di controllare il comportamento senza attivare reazioni immediate e negative (es. rallentare il ritmo respiratorio, contare sottovoce per allentare la tensione,...) L'autoregolazione emotiva consiste quindi nella regolazione attiva di una o più di queste fasi al fine di ottimizzare il proprio livello di attivazione. L'azione degli adulti (soprattutto genitori e insegnanti) è fondamentale, anche per quanto riguarda la loro capacità di essere modelli positivi nella gestione delle proprie emozioni. 2. COME EDUCARE ALLE EMOZIONI NELLA PROSPETTIVA DELL'INCLUSIONE 9
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